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Sez. 3, Sentenza n. 37086 del 07/07/2004 Cc. (dep. 22/09/2004 ) Rv. 230031
Presidente: Savignano G. Estensore: Squassoni C. Relatore: Squassoni C. Imputato: Perniciaro. P.M. Passacantando G. (Conf.)
(Rigetta, Trib. Lib. Palermo, 19 Dicembre 2003)
MISURE DI SICUREZZA - PATRIMONIALI - Lottizzazione abusiva - Confisca - Obbligatorietà - Ragioni - Differenza con la confisca ex art. 240 cod. pen..

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Massima (Fonte CED cassazione)

In tema di confisca conseguente all'accertamento di una lottizzazione abusiva, non è applicabile la disciplina dell'art. 240 cod. pen. ma quella prevista dall'art. 19 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, che stabilisce la obbligatorietà della misura ogni qual volta il giudice penale accerti che vi è stata lottizzazione abusiva, indipendente dalla persona del condannato e dalla stessa esistenza di una sentenza di condanna. (La Corte ha osservato che la confisca in oggetto ha natura reale e non personale e quindi consegue anche ad una declaratoria di estinzione del reato per prescrizione od amnistia, ed è ugualmente applicabile nei confronti dei proprietari delle aree, anche se rimasti estranei al processo penale). 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Camera di consiglio
Dott. SAVIGNANO Giuseppe - Presidente - del 07/07/2004
Dott. ZUMBO Antonio - Consigliere - SENTENZA
Dott. ONORATO Pierluigi - Consigliere - N. 00919
Dott. SQUASSONI Claudia - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. GRILLO Carlo - Consigliere - N. 006790/2004
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) PERNICIARO SALVATORE N. IL 05/08/1951;
avverso ORDINANZA del 19/12/2003 TRIB. LIBERTÀ di PALERMO;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SQUASSONI CLAUDIA;
sentite le conclusioni del P.G. Dr. G. Passacantando: rigetto del ricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con sentenza 25.7.2004, il Tribunale di Termini Imerese ha condannato, tra l'altro, Perniciaro Salvatore per vari reati edilizi disponendo la confisca degli immobili abusivi; su tali beni, è stato disposto il sequestro preventivo con decreto 17.11.2003 avverso il quale l'imputato ha proposto riesame che il competente Tribunale, con la ordinanza in epigrafe precisata, ha respinto.
Per giungere a tale conclusione, i Giudici hanno ritenuto configurabili gli illeciti per la esistenza di una sentenza di condanna sia pure non definitiva. Relativamente alle esigenze cautelari, il Tribunale ha rilevato che gli immobili sono utilizzati senza che siano state realizzate le opere di urbanizzazione secondaria; tale situazione rende evidente che la disponibilità dei beni comporta un danneggiamento dell'ambiente ed il protrarsi delle conseguenze dei reati.
Per l'annullamento dell'ordinanza, l'imputato ricorre in Cassazione deducendo:
- che è persona estranea al reato e, pertanto, la confisca non obbligatoria è illegittima per il disposto dell'art. 240 c. 3 c.p.;
- che, non essendo stata depositata la sentenza di condanna al momento della decisione del Tribunale del riesame, non poteva darsi per scontato il fumus commissi delicti;
- che gli immobili oggetto della lottizzazione sono stati venduti con atti pubblici per cui è impossibile oggettivamente la prosecuzione della condotta antigiuridica;
- che, essendo i manufatti ultimati, i Giudici avrebbero dovuto indagare se l'attuale disponibilità del bene costituisca un elemento neutro sotto il profilo della offensività o implichi una ulteriore lesione del bene protetto (alla luce della sentenza Sezioni Unite 12878/20002);
- che, nel caso concreto, il mutamento di uso (da alberghiero a residenziale stagionale) non comportava un maggior carico urbanistico;
- che, pertanto, non è sorretto da adeguata motivazione il punto delle ritenute esigenze cautelari;
- che la ordinanza fonda le sue argomentazioni su una valutazione dell'uso del territorio di competenza esclusiva del Giudice amministrativo (art. 34 DLvo 80/1998 sostituito dagli artt. 1, 7 L. 205/2000).
Il Collegio ritiene che le deduzioni non siano meritevoli di accoglimento.
Per quanto concerne la prima censura, va precisato che la disciplina dell'art. 240 c.p. non è applicabile alla confisca in esame regolata dalla normativa derogatoria di cui all'art. 19 L. 47/1985 (ora art. 44 DPR 380/2001).
In base a tale previsione, la misura è obbligatoria ogni qual volta il Giudice penale accerti che vi è stata lottizzazione abusiva indipendentemente dalla persona del condannato e addirittura da una sentenza di condanna (potendo la confisca conseguire ad una declaratoria di prescrizione o di amnistia); in conseguenza della natura reale e non personale della confisca, la restituzione dell'area abusivamente lottizzata non è consentita dall'alt. 19 citato neppure a favore dei proprietari estranei al processo penale. Relativamente alla configurabilità del reato, la conclusione del Tribunale non è censurabile. Per l'applicazione del sequestro preventivo è necessaria e sufficiente la possibilità di inquadrare una fattispecie concreta in un determinata ipotesi di reato senza indagare nel merito della pretesa punitiva che forma oggetto di investigazioni nel processo principale.
Tale requisito è soddisfatto dalla emanazione di una sentenza di condanna che, qualunque siano i motivi a fondamento della decisione, supera il giudizio prognostico di seria verosimiglianza dell'ipotesi accusatoria e consente di ritenere non arbitraria la contestazione e, di conseguenza, applicabile la misura cautelare.
La circostanza che la condotta di lottizzazione abusiva sia terminata non è rilevante; la dizione dell'art. 321 c.p.p. è chiara nell'esplicitare che il Legislatore consente il sequestro preventivo nei casi in cui un reato sia già stato commesso attraverso la condotta nei reati formali e la produzione dello evento in quelli materiali.
La misura, nella previsione dell'art. 321 c. 1 c.p.p., tende a neutralizzare le ulteriori conseguenze del commesso reato che continuano nel tempo o approfondiscono in intensità l'offesa del bene giuridico protetto. Diversa è la funzione del sequestro preventivo funzionale alla confisca disciplinato dall'art. 321 c. 2 c.p.p. (come è evidenziato dall'avverbio "altrimenti") che costituisce una figura specifica e peculiare che si pone come rimedio distinto da quello regolato dal primo comma. La conferma che l'art. 321 c. 2 c.p.p. costituisca una ipotesi autonoma di sequestro preventivo, disciplinato secondo schemi propri, emerge dal fatto che la possibilità di chiedere la revoca della misura, quando risultino mancali o vengano meno le condizioni per la sua applicabilità, è limitata al caso di cui al comma primo. La particolarità del mezzo cautelare reale in esame consiste nella circostanza che per l'applicabilità di esso si può prescindere dai presupposti indefettibili per il sequestro tipico e, cioè, dal pericolo che la libera disponibilità dei beni aggravino o protraggano le conseguenze del reato e agevolino la commissione di altri illeciti. La previsione richiede solo che sia ipotizzabile, sia pure in termini di astrattezza, una fattispecie di reato e che le cose da sottoporre a sequestro siano suscettibili di confisca; tali condizioni sussistono nel caso concreto come sopra rilevato.
Pertanto, nessuna motivazione era dovuta in merito alla prognosi di pericolosità connessa alla libera disponibilità dei beni i quali, proprio perché confiscabili, sono di per sè pericolosi. Di conseguenza tutte le, pur articolare, deduzioni del ricorrente sul periculum in mora sono inconferenti.
Da ultimo, il Collegio rileva che la devoluzione al Giudice amministrativo delle controversie aventi ad oggetto i provvedimenti della P.A. concernenti la materia urbanistica e l'uso del territorio esclude la competenza del Giudice civile in materia, ma non di quello penale in merito ai reati edilizi.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 7 luglio 2004.
Depositato in Cancelleria il 22 settembre 2004