Corte Costituzionale, sent.163 del 27 giugno 2012, n. 163.
Elettrosmog. Piano nazionale banda larga d’intesa con le Regioni.
I commi 1 e 3 dell’articolo 30, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, sono costituzionalmente illegittimi per violazione del principio di leale collaborazione, nella parte in cui non prevedono che la predisposizione del progetto strategico “Piano nazionale banda larga”, avvenga d’intesa con la Conferenza unificata Stato-Regioni e che la sua realizzazione concreta sul territorio della singola Regione avvenga sulla base di un progetto concordato con la Regione interessata. Nonostante, la disciplina riconducibile al settore degli impianti di comunicazione elettronica, risponda alla necessità di soddisfare l’esigenza unitaria, in armonia con quanto prescritto dalle fonti comunitarie, di un programma strategico che definisca gli obiettivi nazionali volti ad assicurare la realizzazione delle infrastrutture inerenti agli impianti di comunicazione elettronica a banda larga, in maniera diffusa ed omogenea sull’intero territorio nazionale.
SENTENZA N. 163
ANNO 2012
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori: Presidente: Alfonso QUARANTA; Giudici : Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Sergio MATTARELLA, Mario Rosario MORELLI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’articolo 30, commi 1 e 3, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, promosso dalla Regione Liguria con ricorso notificato il 14 settembre 2011, depositato in cancelleria il 21 settembre 2011 ed iscritto al n. 99 del registro ricorsi 2011.
Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;
uditi nell’udienza pubblica del 18 aprile 2012 il Giudice relatore Giuseppe Tesauro;
uditi l’avvocato Giandomenico Falcon per la Regione Liguria e l’avvocato dello Stato Angelo Venturini per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1.— Con ricorso, notificato il 14 settembre 2011, depositato il successivo 21 settembre, la Regione Liguria ha promosso questione di legittimità costituzionale, in via principale, di varie disposizioni del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, ed in particolare dell’articolo 30, commi 1 e 3, in riferimento agli articoli 117, terzo comma, e 118 della Costituzione ed al principio di leale collaborazione.
La ricorrente premette che tale norma, al comma 1, stabilisce che «il Ministero dello sviluppo economico, con il concorso delle imprese e degli enti titolari di reti e impianti di comunicazione elettronica fissa o mobile, predispone un progetto strategico nel quale, sulla base del principio di sussidiarietà orizzontale e di partenariato pubblico-privato, sono individuati gli interventi finalizzati alla realizzazione dell’infrastruttura di telecomunicazione a banda larga e ultralarga, anche mediante la valorizzazione, l’ammodernamento e il coordinamento delle infrastrutture esistenti»; al comma 3, poi, dispone che, con un decreto del Ministro per lo sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sono adottati i «provvedimenti necessari per l’attuazione delle disposizioni dei commi precedenti». Una simile disciplina inciderebbe sulle materie «ordinamento delle comunicazioni» e «governo del territorio», attribuite alla potestà legislativa regionale concorrente, senza lasciare alcuno spazio alla Regione, ma addirittura demandandone ad un successivo decreto interministeriale la compiuta ed ulteriore regolamentazione.
La Regione, inoltre, pur riconoscendo che il potenziamento dell’infrastruttura di telecomunicazione a banda larga ed ultralarga è di interesse nazionale e che quindi può costituire compito da realizzare con strumenti di rilievo nazionale, non ritiene che sussistano i presupposti per la chiamata in sussidiarietà. L’intervento previsto dalle disposizioni impugnate non sarebbe, infatti, pertinente rispetto alla finalità perseguita, considerato che l’impegno statale a realizzare il progetto strategico sarebbe condizionato all’intervento del capitale privato, la cui disponibilità è aleatoria, né sarebbe proporzionato rispetto allo scopo, non essendoci alcun motivo per escludere la Regione dall’attuazione del progetto, anche ammesso che la sua definizione sia legittimamente spostata a livello centrale.
Ove pure si ritenesse legittima l’attrazione in sussidiarietà, sarebbe comunque evidente – secondo la ricorrente – l’illegittimità costituzionale delle norme impugnate, nella parte in cui, in violazione dell’art. 118, primo comma, Cost. e del principio di leale collaborazione, non prevedono che la predisposizione del progetto strategico avvenga d’intesa con la Conferenza Stato-Regioni e che la sua realizzazione concreta sul territorio avvenga sulla base del progetto concordato con la Regione interessata.
2.— Nel giudizio si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, che ha chiesto che questa Corte dichiari non fondate le censure promosse nei confronti dell’art. 30, commi 1 e 3, del d.l. n. 98 del 2011.
Il resistente ricorda che il progetto strategico di cui alle norme in esame mira al raggiungimento degli obiettivi dell’Agenda digitale europea, concernenti il diritto di accesso ad internet per tutti i cittadini, e che le infrastrutture ricomprese nel progetto strategico costituiscono, a loro volta, servizio di interesse economico generale in conformità all’art. 106 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea. Il Presidente del Consiglio dei ministri ricorda altresì che, posto che l’Agenzia digitale europea si pone l’obiettivo di creare un mercato unico per i contenuti e servizi on line, nell’ambito di tale iniziativa gli Stati membri sono tenuti ad elaborare strategie operative per internet ad alta velocità e ad orientare i finanziamenti pubblici, compresi i fondi strutturali, verso settori non totalmente coperti da investimenti privati. Pertanto, le norme impugnate rientrerebbero nell’ambito delle “prerogative” che l’art. 117, secondo comma, Cost. riserva alla competenza esclusiva statale, nel contesto degli impegni assunti a livello europeo, in quanto volte a favorire la promozione dell’innovazione e della concorrenza, con la creazione di un mercato unico delle telecomunicazioni.
3.— All’udienza pubblica le parti hanno insistito per l’accoglimento delle conclusioni svolte nelle difese scritte.
Considerato in diritto
1.— La Regione Liguria dubita della legittimità costituzionale dell’articolo 30, commi 1 e 3, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, nella parte in cui, al comma 1, stabilisce che «il Ministero dello sviluppo economico, con il concorso delle imprese e gli enti titolari di reti e impianti di comunicazione elettronica fissa o mobile, predispone un progetto strategico nel quale, sulla base del principio di sussidiarietà orizzontale e di partenariato pubblico-privato, sono individuati gli interventi finalizzati alla realizzazione dell’infrastruttura di telecomunicazione a banda larga e ultralarga, anche mediante la valorizzazione, l’ammodernamento e il coordinamento delle infrastrutture esistenti» e, al comma 3, prevede che, con un decreto del Ministro per lo sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sono adottati i «provvedimenti necessari per l’attuazione delle disposizioni dei commi precedenti».
Così disponendo, ad avviso della ricorrente, la norma impugnata, pur incidendo su materie attribuite alla potestà legislativa regionale concorrente, quali l’ordinamento delle comunicazioni ed il governo del territorio, non lascerebbe alcuno spazio alla Regione, demandando la compiuta ed ulteriore regolamentazione del settore ad un successivo decreto interministeriale a cui è affidata la realizzazione di un intervento concreto. Anche ove si volesse riconoscere che il potenziamento dell’infrastruttura di telecomunicazione a banda larga ed ultralarga possa costituire compito da attuare con strumenti di rilievo nazionale, ad avviso della Regione non sussisterebbero, nella specie, i presupposti per la chiamata in sussidiarietà. L’intervento previsto dalle disposizioni impugnate, infatti, non sarebbe pertinente rispetto alla finalità perseguita, posto che l’impegno statale a realizzare il progetto strategico sarebbe condizionato alla disponibilità del capitale privato, che è aleatoria. Inoltre, esso non sarebbe proporzionato rispetto allo scopo, non essendoci alcun motivo per escludere la Regione dall’attuazione del progetto, anche ammesso che la sua definizione sia legittimamente spostata a livello centrale.
Qualora, poi, si ritenesse legittima l’attrazione in sussidiarietà, sarebbe comunque violato il principio di leale collaborazione, non prevedendosi che la predisposizione del progetto strategico avvenga d’intesa con la Conferenza Stato-Regioni e che la sua realizzazione concreta sul territorio avvenga sulla base del progetto concordato con la Regione interessata.
2.— La questione è fondata nei termini di seguito precisati.
2.1.— Oggetto delle disposizioni impugnate è la predisposizione di un progetto strategico per l’individuazione degli interventi finalizzati alla realizzazione dell’infrastruttura di telecomunicazione a banda larga e ultralarga in continuità con il “Piano nazionale banda larga” di cui all’art. 1 della legge 18 giugno 2009 n. 69 (Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile), nonché la determinazione delle modalità di adozione dei provvedimenti attuativi del medesimo progetto, in vista dell’obiettivo della maggior diffusione possibile degli impianti di comunicazione elettronica a banda larga sull’intero territorio nazionale.
La disciplina oggetto delle disposizioni impugnate è espressamente collegata al «raggiungimento degli obiettivi dell’Agenda digitale europea» – di cui alla Comunicazione della Commissione europea del 19 maggio 2010 – concernenti il diritto di accesso a internet per tutti i cittadini «ad una velocità di connessione superiore a 30 Mb/s (e almeno per il 50% “al di sopra di 100 Mb/s”)» (così il comma 1 dell’art. 30 del d.l. n. 98 del 2011). L’Agenda digitale europea è stata qualificata dalla Commissione europea una delle sette iniziative “faro” della strategia Europa 2020 («una strategia per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva»), volta, ad un tempo, a stimolare la crescita economica e la competitività e ad offrire ai cittadini una migliore qualità della vita sotto forma di assistenza sanitaria migliore, trasporti più sicuri ed efficienti, ambiente più pulito, nuove possibilità di comunicazione e accesso più agevole ai servizi pubblici ed ai contenuti culturali.
Al fine di ottenere i risultati auspicati in ambito europeo, occorre, quindi, che i singoli Stati membri provvedano a realizzare una serie di azioni finalizzate ad agevolare la creazione delle infrastrutture di tali reti di comunicazioni, in modo da garantirne la diffusione sull’intero territorio nazionale, anche coprendo le aree sottoutilizzate. In tale prospettiva la stessa Commissione aveva stabilito, nella citata Comunicazione, che gli Stati membri avrebbero dovuto, fra l’altro, «elaborare e rendere operativi, entro il 2012, piani nazionali per la banda larga per raggiungere gli obiettivi in materia di copertura, velocità e adozione definiti nella Strategia Europa 2020», nonché «adottare misure, comprese disposizioni giuridiche, per facilitare gli investimenti nella banda larga». Successivamente, con la Comunicazione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle Regioni del 20 settembre 2010 su «La banda larga in Europa: investire nella crescita indotta dalla tecnologia digitale», la Commissione europea ha precisato che «gli obiettivi in materia di banda larga potranno essere raggiunti soltanto se tutti gli Stati membri vi si impegnano e attuano un programma operativo che definisca gli obiettivi nazionali». In tali programmi gli Stati membri dovrebbero inserire un «insieme equilibrato di interventi destinati a incentivare e a completare gli interventi del settore privato», incoraggiando gli investimenti privati «attraverso un appropriato coordinamento della pianificazione e delle norme in materia di condivisione delle infrastrutture fisiche e attraverso misure finanziarie mirate a ridurre i rischi e promuovere la creazione di nuove infrastrutture aperte».
In armonia con le richiamate indicazioni comunitarie, già le «Linee guida per i piani territoriali per la banda larga», elaborate dal Comitato interministeriale banda larga ed approvate dalla Conferenza unificata il 20 settembre 2007, in ragione dell’elevato grado di disomogeneità negli interventi territoriali, avevano auspicato l’adozione di piani organici e completi, adottati nel segno della collaborazione tra Governo, Regioni ed autonomie locali, oltre che con il coinvolgimento degli operatori privati e delle rappresentanze degli utenti.
Con la legge 18 giugno 2009 n. 69 era, poi, stato affidato al Governo, «nel rispetto delle competenze regionali e previa approvazione del CIPE», il compito di definire un programma di predisposizione degli interventi necessari alla realizzazione delle infrastrutture necessarie all’adeguamento delle reti di comunicazione elettronica, in specie nelle aree sottoutilizzate, e si erano identificati gli strumenti della finanza progetto e degli accordi di programma per il coinvolgimento dei diversi livelli territoriali di governo e degli operatori privati.
E’ in questo contesto che va collocato l’art. 30, commi 1 e 3, qui impugnato, del d.l. n. 98 del 2011, il quale ribadisce la necessità dell’adozione di un progetto strategico di individuazione, sull’intero territorio nazionale, degli interventi finalizzati alla realizzazione dell’infrastruttura di telecomunicazione a banda larga e ultralarga anche nelle aree sottoutilizzate.
Una simile disciplina, sebbene sia riconducibile, in via prevalente, alla materia dell’ordinamento delle comunicazioni, come riconosciuto da questa Corte in relazione al settore degli impianti di comunicazione elettronica (in particolare, sentenza n. 336 del 2005), risponde, tuttavia, alla necessità di soddisfare l’esigenza unitaria corrispondente all’adozione – in armonia con quanto prescritto dalle fonti comunitarie – di un programma (o progetto) strategico che definisca, con una «visione a lungo termine ed equilibrata dei costi e benefici» (così nella citata Comunicazione della Commissione UE 20 settembre del 2010 su “La banda larga”) gli obiettivi nazionali volti ad assicurare la realizzazione delle infrastrutture inerenti agli impianti di comunicazione elettronica a banda larga in maniera diffusa ed omogenea sull’intero territorio nazionale.
La sussistenza di un’esigenza di esercizio unitario della funzione amministrativa corrispondente all’adozione di un programma strategico e, conseguentemente, della sua regolamentazione, induce a ritenere che le disposizioni censurate, innegabilmente dettagliate ed addirittura autoapplicative, non siano lesive della competenza regionale in materia di ordinamento delle comunicazioni, in quanto legittimamente adottate dal legislatore statale in sussidiarietà ai sensi dell’art. 118 Cost.
Le misure da esse previste, infatti, in contrasto con quanto affermato dalla ricorrente, soddisfano, ad un tempo, sia il requisito della proporzionalità che quello della pertinenza rispetto allo scopo perseguito.
Quanto al primo, esso risulta dimostrato, non solo dalla necessità di dare attuazione alle indicazioni comunitarie (che fanno riferimento a programmi operativi atti a definire gli obiettivi nazionali), ma anche dalla stessa natura “strategica” del progetto, in relazione alla quale la realizzazione degli interventi in esso previsti (i quali devono essere individuati in termini omogenei sul territorio nazionale in modo da garantire che tutte le zone, anche quelle sottoutilizzate, siano raggiunte dalle necessarie infrastrutture di rete, idonee ad assicurare l’accesso a tutti alla banda larga ed ai servizi ad essa connessi) deve procedere “in modo unitario e coordinato” (così sentenza n. 165 del 2011; sentenza n. 303 del 2003).
Quanto al requisito della pertinenza, di cui la Regione dubita con riferimento all’intervento del capitale privato, occorre rilevarne la ricorrenza in considerazione del fatto che la realizzazione del progetto strategico di individuazione degli interventi finalizzati alla realizzazione dell’infrastruttura di telecomunicazione a banda larga e ultralarga non è demandata totalmente, ma neanche prevalentemente, alla disponibilità di capitale privato. La previsione del «concorso delle imprese e gli enti titolari di reti e impianti di comunicazione elettronica fissa o mobile» ed il riferimento al principio di sussidiarietà orizzontale e di partenariato pubblico-privato costituiscono mera attuazione della indicazione comunitaria secondo la quale i programmi operativi degli Stati membri devono definire un «insieme equilibrato di interventi destinati a incentivare e a completare gli interventi del settore privato» ed incoraggiare gli investimenti privati «attraverso un appropriato coordinamento della pianificazione e delle norme in materia di condivisione delle infrastrutture fisiche e attraverso misure finanziarie mirate a ridurre i rischi e promuovere la creazione di nuove infrastrutture aperte» (Comunicazione della Commissione UE del 2010 su “La banda larga in Europa”), senza sollevare in alcun modo lo Stato dal compito di provvedere.
2.2.— La censura proposta dalla Regione ricorrente inerente alla pretesa violazione del principio di leale collaborazione risulta, invece, fondata.
Le disposizioni impugnate, infatti, pur legittimamente adottate, incidendo su una materia di competenza regionale concorrente, non prevedono alcuna forma di coinvolgimento delle Regioni, né in relazione all’adozione del progetto strategico, né con riguardo alla realizzazione concreta sul territorio regionale degli interventi in esso previsti.
In tema di assoluta esigenza di esercizio unitario delle funzioni, questa Corte ha affermato che «affinché (…) nelle materie di cui all’art. 117, terzo e quarto comma, Cost., una legge statale possa legittimamente attribuire funzioni amministrative a livello centrale ed al tempo stesso regolarne l’esercizio, è necessario che essa detti una disciplina (…) che sia adottata a seguito di procedure che assicurino la partecipazione dei livelli di governo coinvolti attraverso strumenti di leale collaborazione o, comunque, attraverso adeguati meccanismi di cooperazione per l’esercizio concreto delle funzioni amministrative allocate in capo agli organi centrali» (da ultimo, sentenza n. 278 del 2010). Infatti, solo la presenza di tali presupposti, alla stregua di uno scrutinio stretto di costituzionalità, consente di giustificare la scelta statale dell’esercizio unitario di funzioni, allorquando emerga tale esigenza (si veda di recente, sentenza n. 232 del 2011).
Con riferimento, in specie, al rispetto del principio di leale collaborazione, la giurisprudenza di questa Corte ha precisato che «nei casi di attrazione in sussidiarietà di funzioni relative a materie rientranti nella competenza concorrente di Stato e Regioni, è necessario, per garantire il coinvolgimento delle Regioni interessate, il raggiungimento di un’intesa, in modo da contemperare le ragioni dell’esercizio unitario di date competenze e la garanzia delle funzioni costituzionalmente attribuite alle Regioni (ex plurimis, sentenze n. 383 del 2005 e n. 6 del 2004)» (sentenza n. 165 del 2011; v. anche sentenza n. 278 del 2010; sentenze n. 383 e n. 62 del 2005, n. 6 del 2004 e n. 303 del 2003).
In particolare, in relazione alla previsione della attribuzione allo Stato della determinazione degli indirizzi per lo sviluppo delle reti nazionali di trasporto dell’energia elettrica e di gas naturale, la Corte ha, inoltre, osservato che, premesso che la chiamata in sussidiarietà «può essere giustificata sulla base della necessità che in questa materia sia assicurata una visione unitaria per l’intero territorio nazionale», la «rilevanza del potere di emanazione di tali indirizzi sulla materia energetica e la sua sicura indiretta incidenza sul territorio e quindi sui relativi poteri regionali rende costituzionalmente obbligata la previsione di un’intesa in senso forte fra gli organi statali ed il sistema delle autonomie territoriali rappresentato in sede di Conferenza unificata» (sentenza n. 383 del 2005).
Anche in relazione alla normativa ora all’esame di questa Corte, la chiamata in sussidiarietà risulta giustificata dalla necessità che sia assicurata, nella materia della realizzazione delle infrastrutture di comunicazione elettronica sull’intero territorio nazionale, una visione unitaria. Nello stesso tempo, tuttavia, considerata la rilevanza del progetto strategico di individuazione degli interventi finalizzati alla realizzazione delle infrastrutture di telecomunicazione da banda larga ed ultralarga e la sua diretta incidenza su territorio e quindi sulle relative competenze regionali, anche in tal caso risulta costituzionalmente obbligata la previsione di un’intesa fra gli organi statali ed il sistema delle autonomie territoriali (Conferenza unificata Stato-Regioni), da un lato, con riguardo alla predisposizione del predetto progetto strategico, e, dall’altro, con le singole Regioni che siano, di volta in volta, interessate dagli specifici e concreti interventi di realizzazione del progetto sul proprio territorio.
Il comma 1 dell’art. 30 del d.l. n. 98 del 2011 è, pertanto, costituzionalmente illegittimo nella parte in cui prevede che il Ministero dello sviluppo economico, con il concorso delle imprese e gli enti titolari di reti e di impianti di comunicazione elettronica fissa o mobile, predisponga un progetto strategico, senza una previa intesa con la Conferenza unificata, in quanto viola il principio di leale collaborazione,
Del pari illegittima si rivela la disposizione di cui al comma 3 del medesimo art. 30 del citato d.l. n. 98 del 2011, nella parte in cui non prevede che, ogniqualvolta si provveda a dare realizzazione concreta sul territorio di una singola Regione a specifici interventi attuativi del progetto strategico, ciò avvenga sulla base di un’intesa con la Regione interessata. La Regione può essere, infatti, spogliata della propria capacità di disciplinare la funzione amministrativa attratta in sussidiarietà, «a condizione che ciò si accompagni alla previsione di un’intesa in sede di esercizio della funzione, con cui poter recuperare un’adeguata autonomia, che l’ordinamento riserva non già al sistema regionale complessivamente inteso, quanto piuttosto alla specifica Regione che sia stata privata di un proprio potere (sentenze n. 383 e n. 62 del 2005, n. 6 del 2004 e n. 303 del 2003)».
Per Questi Motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l’illegittimità costituzionale dell’articolo 30, commi 1 e 3, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, nella parte in cui, rispettivamente, non prevedono che la predisposizione del progetto strategico avvenga d’intesa con la Conferenza unificata Stato-Regioni (comma 1) e che la sua realizzazione concreta sul territorio della singola Regione avvenga sulla base di un progetto concordato con la Regione interessata (comma 3).
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20 giugno 2012.
F.to:
Alfonso QUARANTA, Presidente
Giuseppe TESAURO, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 27 giugno 2012.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: Gabriella MELATTI