Corte di Giustizia Sez. II 25 ottobre 2005
«Tutela dei consumatori– Contratti negoziati fuori dei locali commerciali – Contratto di mutuo connesso con l’acquisto di un bene immobile stipulato a domicilio – Diritto di revoca»
SENTENZA DELLA CORTE (Seconda Sezione)
25 ottobre 2005 (*)
«Tutela dei consumatori– Contratti negoziati fuori dei locali commerciali – Contratto di mutuo connesso con l’acquisto di un bene immobile stipulato a domicilio – Diritto di revoca»
Nel procedimento C-229/04,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dello Hanseatisches Oberlandesgericht in Bremen (Germania) con decisione 27 maggio 2004, pervenuta in cancelleria il 2 giugno 2004, nella causa tra
Crailsheimer Volksbank eG
e
Klaus Conrads,
Frank Schulzke e Petra Schulzke-Lösche,
Joachim Nitschke,
LA CORTE (Seconda Sezione),
composta dal sig. C.W.A. Timmermans, presidente di sezione, dai sigg. J. Makarczyk, C Gulmann (relatore), dalla sig.ra R. Silva de Lapuerta e dal sig. P. Kūris, giudici,
avvocato generale: sig. P. Léger
cancelliere: sig.ra M. Ferreira, amministratore principale,
vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 17 marzo 2005,
considerate le osservazioni presentate:
– per la Crailsheimer Volksbank eG, dagli avv.ti M. Siegmann e N. Polt, Rechtsanwälte;
– per il sig. Conrads, il sig. Schulzke e la sig.ra Schulzke-Lösche nonché il sig. Nitschke, dagli avv.ti E. Ahr e K.-O. Knops, Rechtsanwälte;
– per il governo tedesco, dai sigg. A. Dittrich e C.‑D. Quassowski, in qualità di agenti;
– per il governo francese, dalla sig.ra R. Loosli-Surrans, in qualità di agente;
– per la Commissione delle Comunità europee, dai sigg. A. Aresu e H. Kreppel nonché dalla sig.ra S. Gruenheid, in qualità di agenti,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 2 giugno 2005,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione della direttiva del Consiglio 20 dicembre 1985, 85/577/CEE, per la tutela dei consumatori in caso di contratti negoziati fuori dei locali commerciali (GU L 372, pag. 31; in prosieguo: la «direttiva»), e in particolare degli artt. 1, 2 e 5, n. 2, della medesima.
2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito di tre controversie tra la Crailsheimer Volksbank eG (in prosieguo: la «banca»), da un lato, e i sigg. K. Conrads, i coniugi F. Schulzke e P. Schulzke‑Losche, e. J. Nitschke (in prosieguo, congiuntamente, i «mutuatari»), dall’altro, circa la revoca, a norma del diritto nazionale applicabile in materia di vendite a domicilio, di contratti di credito sottoscritti dai mutuatari presso la banca per il finanziamento dell’acquisto di beni immobili.
Contesto normativo
La normativa comunitaria
3 La direttiva intende offrire ai consumatori degli Stati membri una tutela minima nel settore delle vendite a domicilio al fine di proteggerli dal rischio derivante da circostanze proprie alla stipula di un contratto fuori dei locali del commerciante. Il quarto e il quinto ‘considerando’ della direttiva sono così formulati:
«(…) la caratteristica dei contratti conclusi fuori dei locali commerciali del commerciante è che, di regola, il commerciante prende l’iniziativa della trattativa, il consumatore è impreparato di fronte a queste trattative e si trova preso di sorpresa; (…) il consumatore non ha spesso la possibilità di confrontare la qualità e il prezzo che gli vengono proposti con altre offerte; (…)
(…) è opportuno accordare al consumatore il diritto di rescissione da esercitarsi entro un termine non inferiore a sette giorni, per permettergli di valutare gli obblighi che derivano dal contratto».
4 L’art. 1, n. 1, della direttiva così dispone:
«La presente direttiva si applica ai contratti stipulati tra un commerciante che fornisce beni o servizi e un consumatore:
(…)
– durante una visita del commerciante:
i) al domicilio del consumatore o a quello di un altro consumatore;
(...)
qualora la visita non abbia luogo su espressa richiesta del consumatore».
5 L’art. 2 della direttiva precisa:
«Ai fini della presente direttiva s’intende per:
(...)
“commerciante”, la persona fisica o giuridica che, nel concludere la transazione in questione, agisce nell’ambito della propria attività commerciale o professionale, o la persona che agisce a nome o per conto di un commerciante».
6 L’art. 3, n. 2, lett. a), della direttiva così dispone:
«La presente direttiva non si applica:
a) ai contratti per la costruzione, vendita e locazione di beni immobili e ai contratti relativi ad altri diritti concernenti beni immobili.
(…)».
7 L’art. 4 della direttiva è così formulato:
«Il commerciante deve informare per iscritto il consumatore, nel caso di transazioni contemplate all’articolo 1, del suo diritto di rescindere il contratto entro i termini di cui all’articolo 5, nonché del nome e indirizzo della persona nei cui riguardi può essere esercitato tale diritto.
Detta informazione deve recare una data e menzionare gli elementi che permettono d’individuare il contratto. Essa è consegnata al consumatore:
a) al momento della stipulazione del contratto nel caso dell’articolo 1, paragrafo 1;
(…)
Gli Stati membri fanno sì che la loro legislazione nazionale preveda misure appropriate per la tutela dei consumatori qualora non venga fornita l’informazione di cui al presente articolo».
8 Secondo l’art. 5 della direttiva:
«1. Il consumatore ha il diritto di rescindere il proprio impegno indirizzando una comunicazione entro un termine di almeno 7 giorni dal momento in cui ha ricevuto l’informazione di cui all’articolo 4, e secondo le modalità e condizioni prescritte dalla legislazione nazionale. (…)
2. Con l’invio della comunicazione il consumatore è liberato da tutte le obbligazioni derivanti dal contratto rescisso».
9 L’art. 7 della direttiva prevede:
«Qualora il consumatore eserciti il proprio diritto di rescissione, gli effetti giuridici del recesso sono disciplinati a norma della legislazione nazionale, in particolare per quanto riguarda il rimborso dei pagamenti relativi a beni o a prestazioni di servizi, nonché la restituzione di merci ricevute».
10 L’art. 8 della direttiva è così formulato:
«La presente direttiva non osta a che gli stati membri adottino o mantengano in vigore disposizioni ancora più favorevoli in materia di tutela dei consumatori nel settore da essa disciplinato».
La giurisprudenza della Corte
11 Nella sentenza 13 dicembre 2001, causa C‑481/99, Heininger (Racc. pag. I‑9945), la Corte ha interpretato la direttiva sotto tre aspetti.
12 In primo luogo, ha giudicato che la direttiva si applica ai contratti di credito fondiario cioè ai contratti sottoscritti per finanziare l’acquisto di un bene immobile. Al punto 32 della detta sentenza ha deciso che, anche se un siffatto contratto si ricollega a un diritto su un bene immobile, in quanto il mutuo concesso dev’essere garantito da un’ipoteca, tale elemento del contratto non è sufficiente per poter ritenere che il detto contratto riguardi un diritto concernente beni immobili ai sensi dell’art. 3, n. 2, lett. a) della detta direttiva.
13 Ha poi ricordato che il consumatore che ha concluso un contratto di credito fondiario in una situazione di vendita a domicilio dispone del diritto di rescissione istituito dall’art. 5 della direttiva. Al punto 35 della stessa sentenza ha precisato che le conseguenze di un’eventuale revoca di tale contratto, intervenuta conformemente alle norme della detta direttiva, sul contratto di acquisto del bene immobile e sulla costituzione dell’ipoteca devono essere disciplinate dal diritto nazionale.
14 La Corte ha infine ricordato che il termine di sette giorni per esercitare il diritto di recesso dev’essere calcolato a partire dal momento in cui il consumatore ha ricevuto dal commerciante l’informazione relativa al suo diritto di recesso. Al punto 48 della citata sentenza Heininger, ha giudicato che la direttiva osta a che il legislatore nazionale applichi un termine di un anno dalla stipulazione del contratto per l’esercizio del diritto di recesso istituito dall’art. 5 di tale direttiva, qualora il consumatore non abbia beneficiato dell’informazione prevista dall’art. 4 dell direttiva medesima.
La normativa nazionale
15 La direttiva è stata trasposta nel diritto tedesco mediante la legge sulla revoca dei contratti conclusi a domicilio e di analoghe transazioni (Gesetz über den Widerruf von Haustürgeschäften und ähnlichen Geschäften) del 16 gennaio 1986 (BGBl. 1986 I, p. 122; in prosieguo: la «HWiG»).
16 Nella versione in vigore all’epoca dei fatti di cui alla causa a qua, l’art. 1, n. 1, della HwiG prevedeva:
«Qualora il cliente sia stato indotto a rendere una dichiarazione di volontà diretta alla stipulazione di un contratto avente ad oggetto una prestazione a titolo oneroso:
1. mediante trattative orali sul suo posto di lavoro o nella sfera del suo domicilio privato,
(…)
tale dichiarazione di volontà è efficace solo qualora il cliente non l’abbia revocata per iscritto entro una settimana».
17 L’art. 3 della HWiG così dispone:
«(1) In caso di revoca, ciascuna delle parti è tenuta a restituire all’altra le prestazioni ricevute. Il diritto di revoca non è escluso dal deterioramento o dalla perdita dell’oggetto o da altra impossibilità di restituire l’oggetto ricevuto. Il cliente responsabile del deterioramento, della perdita o dell’altra impossibilità è tenuto a corrispondere la differenza di valore o il valore dell’oggetto all’altra parte del contratto.
(2) Il cliente, qualora non sia stato informato conformemente all’art. 2 e non abbia avuto altrimenti conoscenza del suo diritto di revoca, è ritenuto responsabile del deterioramento, della perdita o dell’altra impossibilità di restituzione solo se non ha esercitato la vigilanza che è solito esercitare nei suoi affari.
(3) Il valore della cessione dell’uso o dell’utilizzazione di un bene nonché delle altre prestazioni fino al momento dell’esercizio del diritto di revoca, dev’essere rimborsato; la perdita di valore intervenuta a causa dell’adeguato utilizzo di un bene o di un’altra prestazione non è presa in considerazione.
(4) Il cliente può esigere dall’altra parte la compensazione delle spese necessarie effettuate sul bene».
18 L’art. 123 del codice civile tedesco (Bürgerliches Gesetzbuch),che verte sulla contestazione per atti dolosi o minacce, dispone:
«1. Chiunque può contestare una dichiarazione di volontà alla cui pronuncia sia stato indotto per atti dolosi o illecite minacce.
2. Qualora il dolo sia opera di terzi, la dichiarazione che doveva essere resa ad altra persona può essere contestata solo se tale persona era a conoscenza del dolo o avrebbe dovuto averne conoscenza (…)».
Le controversie di cui alla causa principale
19 Agli inizi degli anni ‘90, una società di promozione immobiliare faceva costruire nei pressi di Stoccarda un complesso di appartamenti destinati ad essere affittati, in particolare, a uomini d’affari. Tale complesso immobiliare doveva essere gestito come un albergo da una società di gestione operante in qualità di locatario.
20 Gli appartamenti venivano venduti in coproprietà a privati, tra i quali i mutuatari, come investimenti che presentavano vantaggi fiscali. La società di promozione immobiliare ricorreva a tal fine ai servizi di una società di vendita posta sotto il suo controllo che aveva, tra l’altro, elaborato uno «scadenziario» nel quale venivano riprese le varie tappe necessarie per la realizzazione dell’operazione di acquisto e del suo finanziamento. A sua volta, tale società di vendita faceva intervenire intermediari indipendenti, tra i quali il mediatore sig. W. (in prosieguo: il «mediatore»), il quale negoziava gli acquisti oggetto delle controversie di cui alle cause a qua. Il finanziamento dell’acquisto degli appartamenti nella maggior parte dei casi avveniva in un modo tale per cui un istituto bancario (la DSL‑Bank) assumeva a suo conto una parte delle spese con un’ipoteca di primo grado, mentre la banca, che aveva già finanziato il promotore per la costruzione dell’immobile, finanziava il resto delle spese con un’ipoteca di secondo grado.
21 Nelle tre cause a qua, il modo di operare del mediatore consisteva nell’intrattenersi, talvolta a più riprese, con i mutuatari nel loro domicilio privato al fine di presentare loro degli «esempi di calcolo» e di raccogliere le informazioni personali ed elementi circa la loro solvibilità in vista dell’istituzione di una domanda di finanziamento. Il mediatore ritornava qualche settimana più tardi per fare firmare i contratti di prestito che erano stati redatti nel frattempo dalla banca. Parallelamente a tali iniziative, i corrispondenti contratti di acquisto immobiliare o una procura che autorizzava a stipulare un siffatto contratto venivano verificati da notai.
22 Lo stabile veniva terminato nel febbraio 1993. Cinque mesi dopo tale data la società di gestione cessava di pagare il canone di affitto e, all’inizio del 1994, veniva dichiarata la cessazione dei pagamenti della stessa. La società di promozione immobiliare pagava il canone di locazione previsto sino alla fine del 1993 e nel 1995 falliva. Il tasso di occupazione pianificato non veniva mai raggiunto.
23 In seguito, i ricavi ottenuti dall’investimento si rivelavano insufficienti. In ragione delle restrizioni figuranti nella dichiarazione di ripartizione, gli alloggi non erano in pratica sfruttabili separatamente, essendo escluso ogni uso privato o affitto individuale.
24 Parimenti anche i mutuatari cessavano i loro pagamenti alla banca.
25 A seguito della disdetta dei contratti di prestito da parte dei mutuatari, la banca introduceva un’azione contro ciascuno di essi al fine di ottenere il pagamento dei suoi crediti nonché gli interessi di mora.
26 Per quanto riguarda il sig. Conrads, il Landgericht Bremen accoglieva la domanda della banca con sentenza 4 dicembre 2001.
27 A seguito dell’appello proposto da tale mutuatario avverso la detta sentenza, lo Hanseatisches Oberlandesgericht in Bremen procedeva a misure di istruzione al fine di stabilire se il contratto di prestito era stato concluso in una situazione di vendita a domicilio. Ne è risultato che il mediatore si è rivolto al detto mutuatario spontaneamente accordandosi con lui sulla partecipazione al piano di risparmio fiscale della società di promozione immobiliare in una situazione di vendita a domicilio. Con sentenza 16 gennaio 2003 lo Hanseatisches Oberlandesgericht in Bremen annullava la sentenza del Landgericht Bremen e respingeva la domanda in appello.
28 Lo Hanseatisches Oberlandesgericht in Bremen ha motivato tale rigetto sottolineando, in primo luogo, l’esistenza di una responsabilità della banca in ragione delle informazioni errate fornite sul controllo dell’utilizzo dei fondi e di altri elementi, opponendo, in secondo luogo, al diritto al rimborso del prestito le obiezioni formulate nei confronti del costruttore e giudicando, in terzo luogo, che la revoca del contratto di prestito ai sensi della HwiG era valida.
29 Su questo punto il giudice a quo ha dichiarato che si trattava di una situazione di vendita a domicilio. Per quanto riguarda la questione a chi tale situazione debba essere attribuita, ha citato e applicato i principi stabiliti in materia dall’undicesima sezione del Bundesgerichtshof. Su tale base lo Hanseatisches Oberlandesgericht in Bremen ha imputato alla banca la situazione di vendita a domicilio di cui attribuiva l’ignoranza alla negligenza della banca, affermando che il termine molto breve previsto dallo scadenziere avrebbe dovuto incentivarla a chiedere maggiori informazioni sulle circostanze nelle quali i contratti venivano negoziati. Invocando l’unità economica tra l’acquisto e il finanziamento, il giudice a quo rifiutava di accogliere la domanda di rimborso della banca ai sensi dell’art. 3 della HwiG.
30 A seguito del ricorso per «Revision» proposto dalla banca, il Bundesgerichtshof, con sentenza 27 gennaio 2004, annullava la sentenza dello Hanseatisches Oberlandesgericht in Bremen e rinviava la causa dinanzi allo stesso giudice affinché statuisse ex novo.
31 Per quanto riguarda il sig. Schulzke e la sig.ra Schulzke-Lösche, il Landgericht Bremen accoglieva la domanda della banca con sentenza 27 novembre 2001.
32 Lo Hanseatisches Oberlandesgericht in Bremen adito in appello da tali mutuatari procedeva all’audizione di un testimone. Tale misura ha rilevato che il contratto di mutuo era stato pure concluso a seguito della visita del mediatore nel domicilio dei mutuatari. L’istanza veniva sospesa, tenuto conto del ricorso per «Revision» nella causa relativa al sig. Conrads.
33 La domanda di rimborso del mutuo formulata dalla banca nei confronti del Sig. Nitschke veniva respinta dal Landgericht Bremen. La detta banca ha presentato appello avverso tale decisione dinanzi alloHanseatisches Oberlandesgericht in Bremen .
Le questioni pregiudiziali
34 Lo Hanseatisches Oberlandesgericht in Bremen precisa, in limine, che, a seguito della citata sentenza Heininger, in Germania è insorta una divergenza tra l’undicesima sezione del Bundesgerichtshof e una serie di giudici di primo e di secondo grado sulle conseguenze giuridiche di tale sentenza.
35 Secondo il giudice a quo, le condizioni del diritto di revoca previste dall’art. 1 della HwiG sono esse stesse controverse. Fa a questo proposito presente che, secondo la costante giurisprudenza del Bundesgerichtshof, il diritto di revoca non dipende soltanto dall’esistenza di una situazione di vendita a domicilio, ma anche dall’imputabilità di questa. Tale giurisprudenza deriverebbe dalla motivazione ufficiale allegata alla HwiG dove viene raccomandato d’interpretare l’art. 1 di tale legge sulla base dei principi giuridici dell’art. 123, n.2, del codice civile tedesco e cioè che è possibile imputare i comportamenti dolosi di un terzo a un contraente solo se quest’ultimo era o avrebbe dovuto essere a conoscenza dei comportamenti del terzo. Orbene, secondo il Bundesgerichtshof, ogni persona che, in una situazione di vendita a domicilio, viene presa alla sprovvista e è indotta a dare il proprio consenso a un contratto non dovrebbe essere trattata in modo migliore della vittima di un dolo. Lo Hanseatisches Oberlandesgericht in Bremen ritiene per contro che la direttiva non contiene alcun elemento che consenta di limitare in tal modo il diritto di revoca, poiché subordina tale diritto unicamente alla situazione di vendita a domicilio. La prima questione verte di conseguenza sulle condizioni nelle quali una situazione di vendita a domicilio dev’essere imputata al mutuante.
36 Lo Hanseatisches Oberlandesgericht in Bremen si domanda ancora se, in una situazione di vendita a domicilio, la revoca implica necessariamente un obbligo di rimborso. Le sue questioni da due a quattro vertono pertanto sulle conseguenze giuridiche della revoca.
37 A questo proposito, il giudice a quo fa presente che il Bundesgerichtshof parte dal principio che in situazioni quali quelle di cui alla causa a qua, il mutuatario deve rimborsare alla banca l’importo del credito anche quando tale importo è stato versato direttamente a un terzo, nella specie la società di promozione immobiliare. Il detto giudice aggiunge che il Bundesgerichtshof interpreta l’art. 3, n. 1, della HwiG nel senso che, a seguito della revoca del prestito, il mutuatario deve rimborsare l’importo del mutuo non già alle scadenza previste, ma immediatamente e in una volta sola.
38 Lo Hanseatisches Oberlandesgericht in Bremen fa riferimento alla domanda di pronuncia pregiudiziale del Landgericht Bochum nella causa Schulte, che ha dato luogo all’odierna sentenza (causa C‑350/03, non ancora pubblicata nella Raccolta), dove la Corte è stata pure interpellata sulle conseguenze giuridiche della revoca di un contratto di credito fondiario concluso in una situazione di vendita a domicilio.
39 Per quanto riguarda la seconda questione, la quale, come la terza questione del Landgericht Bochum nella citata causa, verte sull’obbligo di rimborso, il giudice a quo sostiene che, per salvaguardare l’effetto utile della direttiva e, in particolare, del suo art. 5, n. 2, il mutuatario non dev’essere tenuto a rimborsare l’importo del prestito quando, in una situazione di vendita a domicilio, non è stato soltanto incentivato a concludere il contratto di mutuo, ma allo stesso tempo è stato indotto in modo irreversibile ad accettare che l’importo del prestito fosse versato a un terzo senza poterne disporre. Da siffatta istruzione data dal consumatore preso alla sprovvista non dovrebbe derivare alcun obbligo di rimborso. Per quanto riguarda la terza e la quarta questione, lo Hanseatisches Oberlandesgericht in Bremen fa presente che esse corrispondono alla quarta questione del Landgericht Bochum nella citata causa Schulte.
40 Ciò considerato, lo Hanseatisches Oberlandesgericht in Bremen ha deciso di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1) Se sia compatibile con l’art. 1, n. 1, della direttiva (...) subordinare i diritti del consumatore, in particolare il suo diritto di recesso, non solo alla condizione che il contratto sia stato stipulato a domicilio, ai sensi dell’art. 1, n. 1, della direttiva (...), bensì anche ad ulteriori criteri d’imputabilità, quali quello del consapevole coinvolgimento di un terzo da parte del commerciante nella conclusione del contratto o quello della negligenza del commerciante con riguardo alla condotta del terzo nell’ambito della vendita conclusa a domicilio.
2) Se sia compatibile con l’art. 5, n. 2, della direttiva (...) il fatto che, nell’ambito di un mutuo immobiliare, il mutuatario, che abbia non solo stipulato il contratto di mutuo a domicilio, ma che, contemporaneamente e sempre a domicilio, abbia ordinato che il versamento del capitale avvenisse su un conto praticamente sottratto alla sua disponibilità, sia tenuto in caso di recesso a rimborsare al mutuante l’importo mutuato.
3) Se sia compatibile con l’art. 5, n. 2, della direttiva (...) il fatto che, nell’ambito di un mutuo immobiliare, il mutuatario – qualora a seguito del suo recesso sia obbligato a rimborsare l’importo mutuato – debba rimborsare tale importo non alle scadenze rateali pattuite nel contratto, bensì immediatamente ed in un’unica soluzione.
4) Se sia compatibile con l’art. 5, n. 2, della direttiva (...) il fatto che, nell’ambito di un mutuo immobiliare, il mutuatario – qualora sia obbligato a rimborsare l’importo mutuato anche in caso di recesso – debba corrispondere gli interessi al tasso di mercato».
Sulle questioni pregiudiziali
Sulla prima questione
41 Con tale questione il giudice a quo vuole in sostanza sapere se gli artt. 1 e 2 della direttiva devono essere interpretati nel senso che, qualora un terzo intervenga in nome e per conto di un commerciante nella trattativa o nella conclusione di un contratto, l’applicazione della direttiva possa essere subordinata non solo alla condizione che il contratto sia stato stipulato in una situazione di vendita contemplata all’art. 1 della direttiva, ma anche a quella che il commerciante sia stato o avrebbe dovuto essere stato a conoscenza del fatto che il contratto era stato stipulato in una siffatta situazione.
42 A questo proposito è sufficiente rilevare che l’esistenza di una siffatta condizione supplementare non trova alcun fondamento nella formulazione della direttiva. Infatti, l’art. 1 di tale direttiva precisa che essa si applica ai contratti stipulati tra un commerciante e un consumatore in una situazione di vendita a domicilio e, secondo l’art. 2 della medesima direttiva, con la nozione di «commerciante» ai fini di tale direttiva s’intende la persona che agisce a nome o per conto di un commerciante.
43 Del resto, ammettere una siffatta condizione supplementare sarebbe in contrasto con l’obiettivo della direttiva che è quello di tutelare il consumatore contro l’elemento di sorpresa che è inerente nella vendita a domicilio.
44 Tale interpretazione trova conferma nel punto 43 della sentenza 22 aprile 1999, causa C‑423/97, Travel Vac (Racc. pag. I‑2195), secondo il quale, affinché il consumatore possa avvalersi del diritto di revoca, è sufficiente che egli si trovi in una delle situazioni obiettive descritte all’art. 1 della detta direttiva e non è necessario esigere che sia dimostrato che egli sia stato indotto o manipolato dal commerciante.
45 Si deve di conseguenza risolvere la prima questione dichiarando che gli artt. 1 e 2 della direttiva devono essere interpretati nel senso che, qualora un terzo intervenga in nome o per conto di un commerciante nella negoziazione o nella stipula di un contratto, l’applicazione della direttiva non può essere subordinata alla condizione che il commerciante fosse o avrebbe dovuto essere stato a conoscenza del fatto che il contratto era stato stipulato in una situazione di vendita a domicilio rientrante sotto l’art. 1 della detta direttiva.
Sulla seconda, terza e quarta questione
46 Con tali questioni il giudice a quo vuole in sostanza sapere se la direttiva, e più esattamente il suo art. 5, n. 2, osti a che il mutuatario di un credito immobiliare debba in caso di revoca rimborsare al mutuante l’importo del prestito contratto in una situazione di vendita a domicilio in occasione della quale il mutuante ha fatto versare il detto importo su un conto del quale, in pratica, egli non poteva più disporre e, in caso contrario, se essa osta a che il mutuatario debba rimborsare il prestito non già alle scadenze previste nel contratto, ma immediatamente e in una sola volta pagando interessi al tasso di mercato.
47 Come rilevato dalla banca, dai mutuanti, dai governi tedesco e francese come pure dalla Commissione, si deve osservare che, come altresì constatato dal giudice a quo, la seconda, terza e quarta questione corrispondono in sostanza alla terza e quarta questione sollevate nel procedimento conclusosi con la sentenza Schulte.
48 Orbene, nel rispondere a tali questioni, la Corte ha dichiarato in tale sentenza che la direttiva, in particolare il suo art. 5, n. 2, non osta a che:
– il consumatore che si è avvalso del diritto di revoca conformemente a tale direttiva deve rimborsare al mutuante l’importo del prestito, anche se, secondo il dispositivo predisposto nell’investimento finanziario, il prestito serve esclusivamente al finanziamento dell’acquisto del bene immobile e venga versato direttamente al venditore di tale bene;
– sia richiesto che l’importo del prestito dev’essere rimborsato immediatamente;
– una normativa nazionale prevede l’obbligo per il consumatore, in caso di revoca di un contratto di credito immobiliare, non solo di rimborsare gli importi ricevuti in forza di tale contratto, ma anche di versare al mutuante gli interessi praticati sul mercato.
Tuttavia, in una situazione in cui, se la banca avesse rispettato l’obbligo di informare il consumatore del suo diritto di revoca, questi avrebbe potuto evitare di esporsi ai rischi inerenti ad investimenti come quelli di cui alle cause principali, l’art. 4 della direttiva impone agli Stati membri di fare in modo che la loro normativa nazionale tuteli i consumatori che non hanno potuto evitare di esporsi a siffatti rischi, con l’adozione di misure idonee a evitare loro di subire le conseguenze del verificarsi di siffatti rischi.
49 Di conseguenza, le questioni sollevate in termini identici a quelli della citata sentenza Schulte, devono essere risolte nel senso che la direttiva, in particolare l’art. 5, n. 2, non osta a che:
– il consumatore che si è avvalso del diritto di revoca conformemente a tale direttiva deve rimborsare al mutuante l’importo del prestito, anche se, secondo il dispositivo predisposto nell’investimento finanziario, il prestito serve esclusivamente al finanziamento dell’acquisto del bene immobile e venga versato direttamente al venditore di tale bene;
– sia richiesto che l’importo del prestito dev’essere rimborsato immediatamente;
– una normativa nazionale prevede l’obbligo per il consumatore, in caso di revoca di un contratto di credito immobiliare, non solo di rimborsare gli importi ricevuti in forza di tale contratto, ma anche di versare al mutuante gli interessi praticati sul mercato.
Tuttavia, in una situazione in cui, se la banca avesse rispettato l’obbligo di informare il consumatore del suo diritto di revoca, questi avrebbe potuto evitare di esporsi ai rischi inerenti ad investimenti come quelli di cui alle cause principali, l’art. 4 della direttiva impone agli Stati membri di fare in modo che la loro normativa nazionale tuteli i consumatori che non hanno potuto evitare di esporsi a siffatti rischi, con l’adozione di misure idonee a evitare loro di subire le conseguenze del verificarsi di siffatti rischi.
Sulle spese
50 Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute per sottoporre osservazioni alla Corte, diverse da quelle delle dette parti, non possono costituire oggetto di rimborso.
Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara:
1) Gli artt. 1 e 2 della direttiva del Consiglio 20 dicembre 1985, 85/577/CEE, per la tutela dei consumatori in caso di contratti negoziati fuori dei locali commerciali, devono essere interpretati nel senso che, qualora un terzo intervenga in nome o per conto di un commerciante nella negoziazione o nella stipula di un contratto, l’applicazione della direttiva non può essere subordinata alla condizione che il commerciante fosse o avrebbe dovuto essere a conoscenza del fatto che il contratto era stato stipulato in una situazione di vendita a domicilio rientrante sotto l’art. 1 della detta direttiva.
2) La direttiva 85/577, in particolare il suo art. 5, n. 2, non osta a che:
– il consumatore che si è avvalso del diritto di revoca conformemente a tale direttiva deve rimborsare al mutuante l’importo del prestito, anche se, secondo il dispositivo predisposto nell’investimento finanziario, il prestito serve esclusivamente al finanziamento dell’acquisto del bene immobile e venga versato direttamente al venditore di tale bene;
– sia richiesto che l’importo del prestito dev’essere rimborsato immediatamente;
– una normativa nazionale prevede l’obbligo per il consumatore, in caso di revoca di un contratto di credito immobiliare, non solo di rimborsare gli importi ricevuti in forza di tale contratto, ma anche di versare al mutuante gli interessi praticati sul mercato.
Tuttavia, in una situazione in cui, se la banca avesse rispettato l’obbligo di informare il consumatore del suo diritto di revoca, questi avrebbe potuto evitare di esporsi ai rischi inerenti ad investimenti come quelli di cui alle cause principali, l’art. 4 della direttiva 85/577 impone agli Stati membri di fare in modo che la loro normativa nazionale tuteli i consumatori che non hanno potuto evitare di esporsi a siffatti rischi, con l’adozione di misure idonee a evitare loro di subire le conseguenze del verificarsi di siffatti rischi.
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