Il Consiglio di Stato lima il decreto ministeriale sui criteri per l’ubicazione degli impianti di produzione energetica da fonti rinnovabili

di Stefano DELIPERI

Il Consiglio di Stato, con recentissima pronuncia in sede cautelare, ha provveduto a una limatura del D.M. 21 giugno 2024 (“Disciplina per l’individuazione di superfici e aree idonee per l’installazione di impianti a fonti rinnovabili”).

Dopo l’entrata in vigore del D.M. 21 giugno 2024, risulta senz’altro urgente (il termine per l’adozione delle conseguenti normative regionali scade agli inizi del 2025) procedere all’approvazione delle normative regionali e delle Province autonome sulle aree idonee e inidonee all’installazione degli impianti produttivi di energia da fonti rinnovabili, come previsto fin dall’art. 20 del decreto legislativo n. 199/2021 e s.m.i., In proposito, si ricorda che “le aree non incluse tra le aree idonee non possono essere dichiarate non idonee all'installazione di impianti di produzione di energia rinnovabile, in sede di pianificazione territoriale ovvero nell'ambito di singoli procedimenti, in ragione della sola mancata inclusione nel novero delle aree idonee” (art. 20, comma 7°, del decreto legislativo n. 199/2021 e s.m.i.), comportando, quindi, la necessità di un’individuazione puntuale delle aree non idonee sul piano normativo e sul piano cartografico.

Nelle more dell’individuazione delle aree idonee”, sono ritenute tali una serie di siti già compromessi (cave dismesse non ripristinate, aree ferroviarie, autostradali e aeroportuali, ecc.) ovvero, in via esemplificativa, aree agricole contigue a zone industriali e autostradali (art. 20, comma 8°, del decreto legislativo n. 199/2021 e s.m.i.).

La decisione cautelare dei Giudici amministrativi di secondo grado giunge, quindi, in un momento di grande importanza per la c.d. transizione energetica e le conseguenti attività legislative e amministrative.

Con l’ ordinanza Cons. Stato, Sez. IV, 14 novembre 2024, n. 4304 il Consiglio di Stato ha ritenuto di “accogliere la domanda di sospensione del decreto impugnato limitatamente alla sola norma dell’art. 7 comma 2 lettera c), che alle Regioni dà la ‘possibilità di fare salve le aree idonee di cui all'art. 20, comma 8” del decreto 199/2021’”, in quanto l’art. 20, comma 8°, del decreto legislativo n. 199/2021 e s.m.i. “già elenca le aree contemplate come idonee” e, quindi, “in tale disciplina di livello primario non sembra possa rinvenirsi spazio per una più restrittiva disciplina regionale”.

Tuttavia – e non potrebbe essere diversamente – lo stesso Collegio si premura di ricordare che permane “l’esercizio da parte della Regione dell’autonomia legislativa che le spetta in base alla Costituzione, dovendo solo in proposito tenersi conto della sospensione della norma del decreto ministeriale operata con quest’ordinanza

Conclude affermando che “ il D.M. 21 giugno 2023 va sospeso limitatamente alla sola norma dell’art. 7, comma 2, lettera c), che alle Regioni dà la possibilità di fare salve le aree idonee di cui all'art. 20, comma 8 del decreto 199/2021 chiarendosi che tali aree rimarranno disciplinate dall’art. 20 comma 8 del d. lgs. 199/2021 stesso sino al termine di efficacia di quest’ordinanza ”, cioè fino “alla pubblicazione della sentenza di merito che il Giudice di primo grado pronuncerà all’esito del procedimento, per cui l’udienza pubblica del 5 febbraio 2025 è già fissata”.

La sospensione cautelare ha, pertanto, efficacia soltanto fino alla pubblicazione della pronuncia del T.A.R. Lazio sul ricorso n. 10001/2024 R.G. la cui discussione sul merito è prevista all’udienza del 5 febbraio 2025, tuttavia il Consiglio di Stato appare aver fornito un indirizzo interpretativo ai Giudici di prime cure.

Ma non si può tralasciare il fatto – ben presente al Collegio – che “le Regioni sono tenute a provvedere con un atto legislativo, ancorché di contenuto sostanzialmente amministrativo. Quest’atto, come è ben noto, è sindacabile soltanto avanti la Corte costituzionale, nei limiti previsti per questo rimedio, che non sono esattamente sovrapponibili a quelli consentiti dall’ordinaria impugnazione di un atto amministrativo” e nella loro attività legislativa le Regioni e le Province autonome devono meramente “tener .. conto della sospensione della norma del decreto ministeriale”.

Inoltre, si deve ricordare che, nei confronti delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome “non sono ammissibili vincoli puntuali e concretidiscendenti da linee guida quali il D.M. 21 giugno 2024 ( Corte cost. n. 275/2011 e Corte cost. n. 224/2012).

Nel caso specifico della Regione autonoma della Sardegna – ma le altre Regioni e Province autonome sono in situazioni analoghe – devono esser sempre tenute presenti le competenze primarie di fonte statutaria in materia urbanistica (art. 3, comma 1°, letteraf, della legge cost. n. 3/1948 e s.m.i., statuto speciale per la Sardegna), nonchè quelle concorrenti in materia di energia (art. 117, comma 3°, cost.), per cui al Legislatore regionale sardo sono consentiti ampi margini di discrezionalità nell’individuazione di aree inidonee per ragioni di tutela paesaggistica e storico-culturale, come riconosciuto dalla stessa giurisprudenza costituzionale, secondo cui “l’attribuzione allo Stato della competenza a porre i princìpi fondamentali della materia ‘energia’ non annulla quella della Regione Sardegna a tutelare il paesaggio, così come la competenza regionale in materia paesaggistica non rende inapplicabili alla medesima Regione i princìpi di cui sopra”, potendosi ben “ipotizzare particolari limitazioni alla diffusione dei suddetti impianti” in quanto “ ove la scelta (delle aree non idonee, n.d.r.) debba essere operata da Regioni speciali, che possiedono una competenza legislativa primaria in alcune materie … l’ampiezza e la portata delle esclusioni deve essere valutata non alla stregua dei criteri generali validi per tutte le Regioni, ma in considerazione dell’esigenza di dare idonea tutela agli interessi sottesi alla competenza legislativa statutariamente attribuita ” (Corte cost. n. 224/2012).

L’efficacia del provvedimento cautelare adottato dal Consiglio di Stato appare in sostanza una semplice indicazione al legislatore regionale e provinciale e non costituisce certo motivo di ritardo o addirittura sospensione della potestà legislativa in attuazione di quegli obblighi di disciplina dell’utilizzo del territorio a cui le stesse Regioni e Province autonome, insieme allo Stato, si sono impegnate in sede di accordo adottato nella seduta della Conferenza unificata del 7 giugno 2024, poi trasfuso nel citato D.M. 21 giugno 2024.

L’individuazione delle aree idonee e non idonee per l’ubicazione delle varie categorie di impianti produttivi di energia da fonti rinnovabili costituisce un momento fondamentale per la corretta gestione del territorio nella delicata fase della transizione energetica.

Finora sono stati presentati il disegno di legge regionale a iniziativa della Giunta n. 45 del 2024 “Misure urgenti per l’individuazione di aree e superfici idonee e non idonee all’installazione e promozione di impianti a fonti di energia rinnovabile, e per la semplificazione dei procedimenti autorizzativi“ , attualmente in discussione presso il Consiglio regionale della Sardegna, e il disegno di legge n. 222 del 23 ottobre 2024 Individuazione delle superfici e delle aree per l’installazione di impianti a fonti rinnovabili in attuazione dell’art. 20, comma 4, del dlgs 8/11/21, n.199 e dell’art.3,comma 1,del decreto del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica del 21/06/24 (Disciplina per l’individuazione di superfici e aree idonee per l’installazione di impianti a fonti rinnovabili)” (referto tecnico, analisi tecnica normativa ) da parte della Giunta regionale della Puglia, per il quale è stata avviata una consultazione pubblica.

Dott. Stefano Deliperi



N. 04304/2024 REG.PROV.CAU.

N. 08055/2024 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

ORDINANZA

sul ricorso numero di registro generale 8055 del 2024, proposto dalla società RWE Renewables Italia S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Claudio Vivani, Elisabetta Sordini e Simone Abellonio, con domicilio digitale come da PEC da Registri di giustizia;

contro

la Presidenza del Consiglio dei Ministri e i Ministeri dell'ambiente e della sicurezza energetica, della cultura e dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi 12;
la Regione Autonoma della Sardegna, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Mattia Pani e Giovanni Parisi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di giustizia;
la Regione Siciliana, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi 12
la Conferenza unificata Stato Regioni ex art. 8 del D. Lgs. 28 agosto 1997, n. 281 presso la
le Regioni Umbria, Toscana, Basilicata, Campania, Puglia, Molise, Emilia Romagna, la Presidenza della Regione Siciliana e la Giunta regionale della Regione Siciliana, non costituite in giudizio

per l’annullamento ovvero la riforma

dell’ordinanza T.a.r. Lazio, sede di Roma, sez. III, 26 ottobre 2024 n.4835, che ha respinto l’istanza cautelare presentata con il ricorso n. 10001/2024 R.G. proposto per l’annullamento:

del D.M. 21 giugno 2023, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale 2 luglio 2024, serie generale n.153, adottato dal Ministero dell’ambiente e della sicurezza Energetica di concerto con il Ministero della cultura e il Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle Foreste e avente ad oggetto la “Disciplina per l’individuazione di superfici e aree idonee per l’installazione di impianti a fonti rinnovabili”;

di ogni altro atto presupposto, connesso ovvero consequenziale;

Visto l'art. 62 cod. proc. amm.;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Visti gli atti di costituzione in giudizio delle parti suindicate;

Vista la impugnata ordinanza cautelare del Tribunale amministrativo regionale di reiezione della domanda cautelare presentata dalla parte ricorrente in primo grado;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 14 novembre 2024 il Cons. Francesco Gambato Spisani e viste le conclusioni delle parti come da verbale;

Rilevato che:

- la ricorrente appellante è un’impresa attiva nel settore della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili;

- come tale, è interessata a realizzare una serie di impianti di questo tipo, in particolare alcuni parchi eolici ovvero agrivoltaici situati nelle regioni Sardegna ed Umbria, alcuni già autorizzati e da costruire, altri in corso di autorizzazione (appello, pp. 3-4 e 29 e ss., fatti non contestati);

- in questa sua qualità, ha impugnato il decreto interministeriale meglio indicato in epigrafe, attuativo della disciplina del d. lgs. 8 novembre 2021 n.199 in materia di “aree idonee”, che individua appunto le porzioni di territorio ove gli impianti di questo tipo possono essere realizzati, nei termini che ora si sintetizzano;

- il d. lgs. 199/2021 costituisce attuazione della direttiva europea 11 dicembre 2018 2018/2001 del Parlamento e del Consiglio, sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili e all’art. 20, come si è detto, contiene la “Disciplina per l'individuazione di superfici e aree idonee per l'installazione di impianti a fonti rinnovabili”;

- al comma 1 prima parte, questo art. 20 prevede che “Con uno o più decreti del Ministro della transizione ecologica di concerto con il Ministro della cultura, e il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali … sono stabiliti principi e criteri omogenei per l'individuazione delle superfici e delle aree idonee e non idonee all'installazione di impianti a fonti rinnovabili aventi una potenza complessiva almeno pari a quella individuata come necessaria dal PNIEC per il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo delle fonti rinnovabili, tenuto conto delle aree idonee ai sensi del comma 8”;

- sempre al comma 1, questo art. 20 prevede poi che i decreti in questione indichino “criteri per l'individuazione delle aree idonee all'installazione della potenza eolica e fotovoltaica indicata nel PNIEC”, ovvero nel relativo piano nazionale, “stabilendo le modalità per minimizzare il relativo impatto ambientale e la massima porzione di suolo occupabile dai suddetti impianti per unità di superficie, nonché dagli impianti a fonti rinnovabili di produzione di energia elettrica già installati e le superfici tecnicamente disponibili” e indichino inoltre “le modalità per individuare superfici, aree industriali dismesse e altre aree compromesse, aree abbandonate e marginali idonee”;

- al comma 3, l’art. 20 prevede ancora che “nella definizione della disciplina inerente le aree idonee, i decreti di cui al comma 1, tengono conto delle esigenze di tutela del patrimonio culturale e del paesaggio, delle aree agricole e forestali, della qualità dell'aria e dei corpi idrici, privilegiando l'utilizzo di superfici di strutture edificate, quali capannoni industriali e parcheggi, nonché di aree a destinazione industriale, artigianale, per servizi e logistica e verificando l'idoneità di aree non utilizzabili per altri scopi, ivi incluse le superfici agricole non utilizzabili, compatibilmente con le caratteristiche e le disponibilità delle risorse rinnovabili, delle infrastrutture di rete e della domanda elettrica, nonché tenendo in considerazione la dislocazione della domanda, gli eventuali vincoli di rete e il potenziale di sviluppo della rete stessa ”;

- al comma 4, l’art. 20 prevede ancora che “entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore dei medesimi decreti, le Regioni individuano con legge le aree idonee” e che ove la legge regionale manchi o non rispetti i principi, i criteri e gli obiettivi di cui ai decreti stessi, lo Stato, salva la posizione delle autonomie speciali, eserciti i poteri sostituitivi di cui all’art. 41 della l. 24 dicembre 2012 n.234;

- al comma 5, l’art. 20 prevede successivamente che “In sede di individuazione delle superfici e delle aree idonee per l'installazione di impianti a fonti rinnovabili sono rispettati i princìpi della minimizzazione degli impatti sull'ambiente, sul territorio, sul patrimonio culturale e sul paesaggio, fermo restando il vincolo del raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione” e tenuto conto della sostenibilità dei costi;

- al comma 7, l’art. 20 vieta poi che le aree non incluse fra quelle idonee siano per ciò solo considerate non idonee dalle varie amministrazioni competenti, in sede di pianificazione del territorio o di autorizzazione di singoli impianti;

- infine, al comma 8, l’art. 20 contiene una lunga lista di aree che sono considerate idonee nelle more dell’individuazione fatta sulla base dei decreti in questione;

- l’atto impugnato è appunto uno di questi decreti attuativi, emanato in base all’art. 20 comma 1 del d.lgs. 199/2021;

- la ricorrente appellante assume in sintesi che questo decreto, illegittimo in base ai motivi di cui appresso, le impedirebbe di realizzare gli impianti eolici già autorizzati denominati Alas e Phobos, siti rispettivamente in Sardegna ed in Umbria e di ottenere le richieste autorizzazioni per i parchi eolici Alas 2 e Lobadas, da realizzare in Sardegna, e per i parchi fotovoltaici Deimos e Florinas, da realizzare rispettivamente in Umbria ed in Sardegna (appello, pp. 29 e ss.);

- con l’ordinanza meglio indicata in epigrafe, il T.a.r. ha respinto la domanda cautelare contestuale a questo ricorso; in motivazione ha ritenuto che manchi il periculum, in quanto “il pregiudizio lamentato potrebbe soltanto conseguire all’esercizio della potestà legislativa regionale, che non risulta vincolata dai provvedimenti impugnati ad esprimersi in termini deteriori rispetto alle iniziative” della parte;

- contro quest’ordinanza, la ricorrente ha proposto appello cautelare, che contiene sei articolati motivi: con i primi cinque quanto al fumus ripropone i motivi dedotti nel ricorso di I grado; con l’ultimo critica la decisione impugnata quanto alla ritenuta mancanza di periculum, il tutto come segue;

- con il primo motivo di appello, deduce violazione dell’art. 20 commi 1 e 4 del d. lgs. 199/2021 quanto alle disposizioni dell’art. 3, commi 1 e 2, e dell’art. 1, comma 2 del decreto impugnato, nella parte in cui esse attribuiscono alle Regioni non solo il potere di individuare le aree idonee, come previsto dall’art. 20 del d. lgs. 199/2021, ma anche le aree inidonee, ciò che il d. lgs. 199/2021 stesso non consentirebbe. Sul punto, osserva in particolare che l’individuazione di queste aree inidonee dovrebbe avvenire con legge regionale, e quindi con un atto formalmente legislativo, ma sostanzialmente amministrativo. Sempre a suo dire, ciò nel momento in cui la legge regionale in questione fosse emanata, e contrastasse con quanto previsto dal d. lgs. 199/2021, porrebbe di fatto nel nulla la possibilità di ottenere la tutela giurisdizionale. Infatti, la tutela stessa potrebbe aver luogo soltanto nelle forme del sindacato di costituzionalità sulla legge regionale in questione, che notoriamente ha presupposti e limiti diversi e più limitati rispetto al sindacato di legittimità sugli atti amministrativi. Ciò contrasterebbe con norme sia sovranazionali, sia costituzionali, in particolare con il diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva sancito dagli artt. 7 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europa, dagli artt. 7 e 13 della Convenzione europea dei diritti dell’Uomo- CEDU e dagli artt. 24 e 113 della Costituzione e con il diritto al pacifico godimento dei propri beni sancito dall’art. 1 del Protocollo Aggiuntivo n. 1 della CEDU. In proposito, chiede di disporre “il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea al fine di chiarire se l’interpretazione dei suddetti principi … possa condurre ad esiti compatibili con il meccanismo introdotto dall’art. 20, commi 1 e 4, del D. Lgs. 199/2021” (appello, p. 12 § 16 in fine);

- con il secondo motivo, deduce violazione dell’art. 17 della l. 23 agosto 1988 n.400 e sostiene che il decreto impugnato, in quanto avrebbe natura di regolamento, si sarebbe dovuto adottare previo parere del Consiglio di Stato, comunicazione al Presidente del Consiglio e analisi di impatto della regolamentazione, adempimenti tutti pacificamente omessi;

- con il terzo motivo, ripete in sostanza i contenuti del primo motivo;

- con il quarto motivo, deduce in sintesi l’illegittimità del decreto impugnato per violazione dell’art. 20 commi 1, 3 e 8 del d. lgs. 199/2021. Sostiene in proposito anzitutto che i principi ed i criteri in esso contenuti sarebbero intanto del tutto generici e riproduttivi della norma di legge, e inoltre contrari alla norma di legge nella parte in cui conferiscono alle Regioni la già descritta facoltà di declassare le aree già considerate idonee dal comma 8 del decreto legislativo. Sostiene poi che il decreto impugnato violerebbe i principi europei e nazionali di massima diffusione dell’energia da fonti rinnovabili e di proporzionalità, in particolare quanto alla previsione, che non sarebbe autorizzata dal decreto legislativo, di cui all’art. 7 comma 3 del decreto impugnato, per cui le Regioni possono “stabilire una fascia di rispetto dal perimetro dei beni sottoposti a tutela di ampiezza differenziata a seconda della tipologia di impianto, proporzionata al bene oggetto di tutela, fino a un massimo di 7 chilometri”;

- con il quinto motivo, deduce violazione del principio europeo e costituzionale del legittimo affidamento, in particolare rispetto alle autorizzazioni già rilasciate;

- con il sesto motivo, critica la decisione cautelare impugnata nella parte in cui essa ha escluso il periculum. In proposito, premette che a suo avviso il pericolo nel ritardo che legittima la concessione di una misura cautelare va visto come pericolo che un danno possa verificarsi, e non come esistenza di un danno già prodottosi. In questi termini, sostiene che il periculum sarebbe attuale, perché, come si è detto, nel momento in cui le Regioni avranno emanato la legge regionale prevista dal decreto impugnato la tutela sarebbe nella sostanza non effettiva e si sarebbe prodotto un pregiudizio irreparabile. In proposito, osserva che ai sensi dell’art. 20, comma 4, del d. lgs. 199/2021, il termine per l’esercizio della potestà legislativa regionale è fissato in 180 giorni decorrenti dall’entrata in vigore del DM 21 giugno 2024, avvenuta in data 3 luglio 2024, e quindi va a scadere il 29 gennaio 2025. Ciò posto, deduce che il pericolo è reale, dal momento che alcune Regioni, come la Sardegna e l’Umbria, hanno già in corso di approvazione disegni di legge che bloccherebbero definitivamente i progetti di suo interesse sopra citati e comporterebbero l’inefficacia delle autorizzazioni già rilasciate. Premesso che secondo l’ordinanza cautelare di appello di questa Sezione 17 ottobre 2024, n. 3872, pronunciata in un caso consimile, con una sentenza di merito, l’eventuale accoglimento del ricorso potrebbe “acquistare la necessaria stabilità, al fine di poter orientare l’esercizio della potestà legislativa regionale e il possibile successivo intervento correttivo del Governo ai sensi dell’art. 41 della l. 234/2020” la parte appellante fa presente che ciò non è più possibile, dato che la scadenza di cui sopra è prossima; invita pertanto la Sezione a provvedere in sede cautelare, sospendendo il decreto ovvero in subordine almeno quanto alle sole disposizioni del decreto impugnato relative al potere di individuare le aree inidonee;

- con memoria 11 novembre 2024, la Regione Sardegna ha chiesto che l’appello sia respinto;

- con memoria 12 novembre 2024, la ricorrente appellante ha ribadito le sue asserite ragioni;

- all’esito della camera di consiglio 14 novembre 2024, la Sezione ha ritenuto di accogliere la domanda di sospensione del decreto impugnato limitatamente alla sola norma dell’art. 7 comma 2 lettera c), che alle Regioni dà la “possibilità di fare salve le aree idonee di cui all'art. 20, comma 8” del decreto 199/2021, per le ragioni che seguono;

- quanto al fumus, la norma in questione appare – al sommario esame proprio di questa fase cautelare – non pienamente conforme all’art. 20, comma 8, del d. lgs. 199/2021, il quale già elenca le aree contemplate come idonee: in tale disciplina di livello primario non sembra possa rinvenirsi spazio per una più restrittiva disciplina regionale;

- il Collegio non ritiene, poi, sussistere il contrasto con gli obiettivi del PNRR paventato dalla difesa dell’amministrazione, per due ragioni. In primo luogo, il decreto impugnato continua a vigere nella sua interezza, salva la norma sospesa di cui sopra. Inoltre (si veda l’Allegato riveduto della decisione di esecuzione del Consiglio relativa all'approvazione della valutazione del piano per la ripresa e la resilienza dell'Italia a p. 254), l’obiettivo M2C2-6 prevede “la creazione di un quadro normativo semplificato e accessibile per gli impianti alimentati da fonti di energia rinnovabile (FER) e per il ripotenziamento e l'ammodernamento degli impianti esistenti, in continuità con quanto previsto dal Decreto Semplificazioni; e la emanazione di una disciplina, condivisa con le Regioni e le altre amministrazioni dello Stato interessate, volta a definire i criteri per l'individuazione delle aree idonee e non idonee all'installazione di impianti di energie rinnovabili”. In tali termini, sarebbe semmai la disposizione sospesa ad andare in senso contrario, dato che potrebbe introdurre una componente di incertezza in un quadro già definito dalla norma di legge;

- quanto al periculum, ad avviso del Collegio, e così come dedotto dalla parte appellante, esso in generale va inteso come pericolo che un danno si possa verificare e non come pericolo di un danno già prodottosi. In questi termini, il presupposto – a differenza di quanto ritenuto dal Tribunale Amministrativo – deve ritenersi integrato, in quanto sulla base del decreto impugnato, ancora come correttamente evidenziato dalla parte appellante, le Regioni sono tenute a provvedere con un atto legislativo, ancorché di contenuto sostanzialmente amministrativo. Quest’atto, come è ben noto, è sindacabile soltanto avanti la Corte costituzionale, nei limiti previsti per questo rimedio, che non sono esattamente sovrapponibili a quelli consentiti dall’ordinaria impugnazione di un atto amministrativo. Di conseguenza, in mancanza della tutela cautelare, una decisione di merito potrebbe intervenire in un momento in cui i progetti di interesse della parte appellante potrebbero essere non più realizzabili per effetto della legge regionale sopravvenuta, con lesione del principio dell’effettività della tutela giurisdizionale;

- quanto sopra, ovviamente, fa salvo l’esercizio da parte della Regione dell’autonomia legislativa che le spetta in base alla Costituzione, dovendo solo in proposito tenersi conto della sospensione della norma del decreto ministeriale operata con quest’ordinanza;

- in conclusione, quindi, il D.M. 21 giugno 2023 va sospeso limitatamente alla sola norma dell’art. 7, comma 2, lettera c), che alle Regioni dà la “possibilità di fare salve le aree idonee di cui all'art. 20, comma 8” del decreto 199/2021 chiarendosi che tali aree rimarranno disciplinate dall’art. 20 comma 8 del d. lgs. 199/2021 stesso sino al termine di efficacia di quest’ordinanza, di cui appresso;

- ciò con effetto sino alla pubblicazione della sentenza di merito che il Giudice di primo grado pronuncerà all’esito del procedimento, per cui l’udienza pubblica del 5 febbraio 2025 è già fissata;

- spese di fase compensate;

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) accoglie l'appello (ricorso numero: 8055/2024) e, per l'effetto, in riforma dell'ordinanza impugnata, accoglie l'istanza cautelare in primo grado ai sensi e nei limiti di cui in motivazione.

Spese della presente fase cautelare compensate.

La presente ordinanza sarà eseguita dall'Amministrazione ed è depositata presso la segreteria della Sezione che provvederà a darne comunicazione alle parti.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 novembre 2024 con l'intervento dei magistrati:

Luigi Carbone, Presidente

Francesco Gambato Spisani, Consigliere, Estensore

Silvia Martino, Consigliere

Luca Monteferrante, Consigliere

Rosario Carrano, Consigliere

L'ESTENSORE

IL PRESIDENTE

Francesco Gambato Spisani

Luigi Carbone

IL SEGRETARIO

pubblicata il 14 novembre 2024