TAR Marche Sez. I n. 152 del 27 febbraio 2017
Rumore. Peggioramento della classificazione acustica del territorio

La zonizzazione acustica costituisce un vero e proprio esercizio di potere pianificatorio discrezionale, che ha lo scopo di migliorare, ove possibile, la situazione, e che non deve quindi limitarsi a fotografare la situazione esistente. E’ evidente, dunque, che il peggioramento della classificazione acustica del territorio è in linea di principio contraria allo spirito della normativa di settore.



Pubblicato il 27/02/2017

N. 00152/2017 REG.PROV.COLL.

N. 00149/2009 REG.RIC.

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 149 del 2009, proposto da:
Marcella Belogi, rappresentata e difesa dall'avvocato Alessandra Cinti, con domicilio eletto presso lo studio Avv. Francesco Perugini, in Ancona, corso Mazzini, 7;

contro

Comune di Montefelcino e Provincia di Pesaro e Urbino, in persona dei legali rappresentanti p.t., rappresentati e difesi dall'avvocato Aldo Valentini, con domicilio eletto presso lo studio Avv. Domenico D'Alessio, in Ancona, via Giannelli, 36;
Regione Marche, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avvocato Pasquale De Bellis, con domicilio eletto presso il. Servizio Legale della Regione, in Ancona, via Giannelli, 36;
Dirigente della P.F. Valutazioni ed Autorizzazioni Ambientali della Regione Marche, non costituito in giudizio;

nei confronti di

Società BSC S.r.l., rappresentata e difesa dall'avvocato Gianluca Saccomandi, con domicilio eletto presso lo studio Avv. Domenico D'Alessio, in Ancona, via Giannelli, 36;

per l'annullamento

previa sospensione

- della delibera del Consiglio Comunale di Montefelcino n. 28 del 5/11/2008 avente ad oggetto approvazione definitiva Variante al PRG, nella parte in cui prevede la nuova zona G3 tecnico distributiva di espansione in luogo della precedente destinazione agricola, in parte di proprietà della ricorrente;

- della delibera n. 51 del 25/10/2006;

- delle delibere n. 22 del 3/7/2007 e n. 23 del 5/7/2007;

- di tutti gli atti connessi, presupposti e consequenziali.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Montefelcino, della Provincia di Pesaro e Urbino, della Regione Marche e BSC S.r.l.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 febbraio 2017 il dott. Tommaso Capitanio e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. La ricorrente, nella sua qualità di conduttrice di un’azienda agricola, impugna la variante del PRG di Montefelcino approvata con deliberazione del C.C. n. 28 del 5 novembre 2008, nella parte in cui ai terreni sui quali viene svolta l’attività agricola è stata impressa destinazione G3 (“Tecnico distributiva di espansione”).

2. Premettendo di avere più in volte in passato chiesto al Comune di non modificare la precedente destinazione agricola dei lotti in argomento, la ricorrente deduce le censure di seguito riepilogate.

A) A carico della variante urbanistica:

a) violazione dell’art. 89 T.U. n. 380/2001 (in quanto il parere di compatibilità idraulica della variante è stato richiesto al competente ufficio provinciale dopo che la stessa variante era stata adottata);

b) contraddittorietà del predetto parere provinciale (in quanto il competente Servizio 4.4. della Provincia, pur avendo rilevato la mancanza di uno studio idrogeologico, ha rilasciato parere favorevole);

c) violazione dell’art. 16 della L.R. n. 34/1992 e del Piano Territoriale di Coordinamento (in quanto la variante non era corredata di alcuni degli elaborati prescritti dall’art. 16. Tale carenza era stata rilevata dalla Provincia con nota del 4 aprile 2008 e nel parere istruttorio reso ai sensi dell’art. 26 L.R. n. 34/1992);

d) omesso studio sul dimensionamento demografico della zona e violazione del P.T.C. (anche questa carenza era stata rilevata dalla Provincia, che aveva ipotizzato di chiedere lo stralcio di alcune aree);

e) omessa motivazione circa la destinazione G3 impressa alla zona, alla luce dei parametri del P.T.C. (ed in particolare con riguardo ai benefici che la trasformazione urbanistico-edilizia del comparto arrecherebbe alla città) e tenuto conto del fatto che i proprietari della maggior parte dei lotti (ossia la ricorrente e i suoi figli) non sono interessati a lottizzare o a vendere i terreni;

f) violazione degli artt. 20, 27 e 27-bis delle NTA del PPAR (in quanto l’estensione dei vincoli paesistico-ambientali insistenti sulle aree de quibus, in violazione degli indirizzi di tutela del PPAR, è stata notevolmente ridotta). La zona in questione, ai fini del PPAR, è classificata come area C “Qualità diffusa del paesaggio” e come area V “Alta percettività visuale”, per le quali l’indirizzo generale è quello della conservazione;

g) l’area è ricompresa in una ZPS, per cui a maggior ragione andava debitamente motivata la scelta di imprimere destinazione edificatoria.

B) A carico della valutazione di incidenza svolta dalla Regione Marche:

h) violazione delle direttive comunitarie nn. 74/409 e 92/43 e omessa considerazione del fatto che l’area ricade anche all’interno del SIC IT5310015;

i) illogicità della motivazione del parere favorevole della Regione (nella parte in cui si ritiene che gli ambienti in cui vivono le specie faunistiche interessate sono presenti anche altrove), tenuto conto altresì del fatto che, in pratica, la valutazione di incidenza viene rinviata alla fase di esecuzione dei singoli interventi.

C) A carico della variante del Piano Acustico Comunale:

l) illogicità della variante e sviamento di potere (in violazione della L.R. n. 28/2001, il P.A.C. è stato adattato alla variante urbanistico e non viceversa);

m) anche il P.A.C. avrebbe dovuto essere sottoposto a valutazione di incidenza, visto che interessa una ZPS;

n) violazione del principio di precauzione (al riguardo viene richiamata la sentenza della Corte di Giustizia UE n. 98/2006).

3. Si sono costituiti il Comune di Montefelcino, la Provincia di Pesaro e Urbino, la Regione Marche e la ditta BSC S.r.l., chiedendo il rigetto del ricorso.

Con ordinanza n. 693/2009 il Tribunale ha accolto la domanda cautelare (dopo averla inizialmente respinta con la precedente ordinanza n. 161/2009).

Alla pubblica udienza del 10 febbraio 2017 la causa è passata in decisione.

4. Il ricorso va accolto, per le ragioni di seguito esposte.

Si deve premettere che, in base ad un orientamento giurisprudenziale assolutamente consolidato, le scelte urbanistiche che il Comune compie in sede di approvazione del P.R.G. non sono di norma sindacabili nel merito, e ciò anche in ragione del fatto che lo strumento urbanistico generale dovrebbe, nel contempo, consolidare lo stadio di sviluppo urbanistico esistente (se necessario ponendo rimedio agli inconvenienti prodotti dalla mancata completa attuazione del P.R.G. previgente, eventualmente dovuta all’erroneità di talune precedenti scelte pianificatorie) e disegnare le linee di evoluzione futura del territorio. In questo senso, costituisce assunto giurisprudenziale altrettanto consolidato quello secondo cui non è di per sé illegittima la modifica, anche in peius, della destinazione impressa a determinate aree dal precedente strumento, salvo che non si sia consolidato in capo ai privati proprietari un affidamento particolarmente qualificato (risultante, ad esempio, da accordi con la P.A. o da convenzioni urbanistiche) e sempre che la scelta dell’amministrazione non si appalesi del tutto irrazionale e/o sviata nel fine (ex multis, Cons. Stato, n. 5478/2008 e n. 8514/2009).

In questo senso, dunque, il Collegio non ritiene che la scelta di imprimere ai terreni sui cui la ricorrente esercita l’impresa agricola la destinazione G3 sia di per sé illegittima (anche se potrebbe dubitarsi della sua opportunità, viste le osservazioni presentate dalla ricorrente e tenuto conto che ad oggi il comparto non è stato attuato) il problema risiedendo piuttosto negli atti del procedimento di formazione della variante qui contestata.

5. Va infatti considerato che, seppure a seguito della rilevante modifica del sistema delle competenze delineato dalla L. n. 1150/1942 e ripreso dalla legislazione urbanistica regionale di prima generazione il potere di approvazione del P.R.G. è attribuito ai Comuni (e non più al Ministero dei LL.PP. o alle Regioni), i pareri endoprocedimentali che debbono essere necessariamente acquisiti dal Comune nel corso del procedimento hanno un rilievo non secondario.

In particolare, per quanto specificamente dispone la L.R. Marche n. 34/1992, è fondamentale il parere di conformità espresso dalla Provincia, soprattutto nella parte in cui (art. 26, comma 3, della L.R. n. 34/1992) l’ente provinciale è chiamato ad esprimersi “…sulla conformità del P.R.G. con la normativa vigente e con le previsioni dei piani territoriali e dei programmi di carattere sovracomunale e, in particolare, con le previsioni e gli indirizzi del PPAR, del PIT e del PTC, ove vigenti .…”.

Ancora più rilevanti sono i pareri formulati dalle competenti autorità nel corso di sub-procedimenti autonomi eventualmente imposti da specifiche norme di settore (si pensi, per tutte, alla VAS, alla VIA o, come nella specie, alla valutazione di incidenza). Tali pareri, specie se negativi, hanno infatti natura vincolante, tale da imporre la modifica della pianificazione nella parte che risulti incompatibile con le risultanze dei relativi sub-procedimenti.

Naturalmente, i pareri de quibus debbono a loro volta essere espressi in conformità alle norme ed ai principi che regolano le singole materie oggetto di apporto consultivo.

6. Come anticipato, il Collegio ritiene che nella specie il procedimento di formazione della variante del P.R.G., limitatamente alla proprietà Belogi, sia viziato in parte proprio con riguardo ai pareri espressi dalla Provincia e dalla Regione, in parte per ragioni ascrivibili all’operato del Comune di Montefelcino.

7. Iniziando dal parere che la Provincia ha espresso ai sensi dell’art. 26 L.U. Marche, va respinta unicamente la censura relativa alla tempistica di acquisizione del parere di cui all’art. 89 T.U. n. 380/2001, visto che in parte qua la ricorrente non ha adeguatamente considerato che il citato art. 26 prevede una doppia adozione del P.R.G., per cui il parere ex art. 89 può legittimamente intervenire dopo l’adozione preliminare. Nella specie, peraltro, il Comune ha acquisito un ulteriore parere a seguito dell’adozione definitiva.

8. Il parere appare invece viziato dal punto di vista logico-motivazionale, nella parte in cui la Provincia, pur dopo aver rilevato un sovradimensionamento del piano ed aver preannunciato la richiesta di uno stralcio di determinate aree divenute edificabili, ha rilasciato un parere favorevole di conformità alla legge ed alla strumentazione sovraordinata (in particolare, al PPAR e al PTC).

8.1. Con riguardo al dimensionamento, la Provincia ha ritenuto di superare le iniziali riserve evidenziando che la gran parte delle nuove aree edificabili erano concentrate proprio nella zona di Sterpeti (ossia la frazione in cui ricadono i terreni dell’azienda agricola Belogi) e che questo costituisce una sorta di “male minore” rispetto alla individuazione di zone di espansione nelle parti collinari del territorio comunale (vedasi le considerazioni riportate a pagina 25 e ss. del parere provinciale).

Questo ragionamento è però contraddittorio, perché o il piano è correttamente dimensionato o non lo è, tertium non datur. A leggere integralmente il parere emerge la sensazione che la Provincia nutrisse forti dubbi circa la conformità della variante con il PTC (vedasi le considerazioni riportate alle pagg. 24 e 25 del parere), ma che alla fine abbia rilasciato ugualmente un giudizio favorevole, anche operando un sibillino riferimento a non meglio precisati diritti quesiti (che in subiecta materia, come detto al precedente punto 4., possono condizionare o addirittura vincolare la pianificazione solo se le precedenti destinazioni urbanistiche sono state trasfuse in accordi o convenzioni urbanistiche, atti che nella specie non esistono o, comunque, non sono stati versati in giudizio).

Un siffatto modus procedendi non è però conforme al ruolo che l’art. 26 della L.R. n. 34/1992 assegna alle Province.

Né rileva di per sé il fatto, sottolineato dalla difesa del Comune e della Provincia, che la variante abbia aumentato la quantità degli standards urbanistici ed abbia ridotto i previgenti indici di edificabilità, sia perché su questi aspetti il ricorso non muove alcuna censura, sia perché i predetti parametri possono al limite ridurre ma non eliminare le problematiche che potrebbero scaturire nel caso di attuazione della pianificazione (vedasi le considerazioni di cui al successivo paragrafo).

8.2. Anche dal punto di vista del rischio idraulico, il parere del competente Servizio 4.4. provinciale appare illogico, nella parte in cui (pagg. 11 e ss. sub Tavola 7.1. “Ponte degli Alberi – Sterpeti”) da un lato si evidenzia che la zona di Sterpeti è gravata da notevoli problematiche di natura idrologico-idraulica e soggetta a frequenti allagamenti e che fra gli elaborati a corredo della variante manca uno studio idraulico, mentre dall’altro lato viene rilasciato un parere favorevole condizionato all’obbligo di predisporre una serie di studi preliminari prima di procedere all’attuazione delle previsioni urbanistiche qui contestate.

Come recenti calamità naturali dovrebbero aver insegnato, il rischio idrogeologico è uno dei fattori che rende maggiormente fragile il territorio nazionale, per cui è indispensabile che già a livello pianificatorio vi sia l’accurata conoscenza del rischio (peraltro, a pagina 12, secondo alinea, del parere l’ufficio provinciale dichiara testualmente che il rischio idrogeologico attuale subirà un sensibile aggravamento a seguito delle significative trasformazioni urbanistiche in progetto).

8.3. Infine, il parere provinciale si rivela carente dal punto di vista istruttorio e motivazionale con riguardo alla conformità della variante con il PPAR.

Parte ricorrente ha infatti provato per tabulas (vedasi gli elaborati 15 e 16 allegati al ricorso) che la variante restringe notevolmente i vincoli gravanti sulle aree C e V. Con riguardo alle aree C, la variante addirittura “ritaglia” accuratamente le aree di proprietà Belogi in modo da situarle al di fuori della zona vincolata.

Il PPAR (art 23 delle NTA), con riguardo alle aree C e V, pone quale indirizzo generale di tutela la conservazione, consentendo solo le trasformazioni “…che siano compatibili con l’attuale configurazione paesistico-ambientale o determinino il ripristino e l’ulteriore qualificazione…”.

La Provincia aveva chiesto conto al Comune di tale riduzione dei vincoli, ma la relazione prodotta dai progettisti (documento allegato n. 17 al ricorso) non appare esaustiva e si fonda su affermazioni che confliggono palesemente con i citati elaborati nn. 15 e 16 depositati in giudizio da parte ricorrente. I progettisti, in effetti, affermano che in generale non vi è stata riduzione delle aree vincolate e che sono state escluse dalla classificazione solo le aree nelle quali il processo di urbanizzazione è più consolidato.

Ma, specie con riguardo alle aree V, tali assunti sono smentiti dalle tavole depositate in giudizio dalla ricorrente, per cui anche sotto questo profilo il parere provinciale si rivela illegittimo.

9. Ugualmente viziato dal punto di vista motivazionale è il parere regionale relativo alla valutazione di incidenza, il quale, seppure evidenzia correttamente che le aree di proprietà Belogi non rappresentano di per sé un habitat naturale (in quanto si tratta di terreni pianeggianti, privi di alberature e di vegetazione), conclude affermando che, in ogni caso, le specie che vivono nella zona possono trovare il proprio habitat in ambiti limitrofi. Il parere reca anche la prescrizione per cui i futuri interventi edilizi dovranno essere a loro volta sottoposti a valutazione di incidenza.

In parte qua il parere regionale è viziato da illogicità della motivazione, perché non tiene conto del fatto che la destinazione G3 (vedasi lo stralcio dell’art. 57 delle NTA – allegato n. 23 al ricorso) implica la realizzazione di uno o più centri commerciali e altre attività similiari, ossia di edifici di notevole volumetria e vocati a ricevere giornalmente un consistente afflusso di automezzi dei fornitori e dei clienti.

Una siffatta tipologia di struttura commerciale impedisce ex se qualsiasi possibilità di proliferazione o conservazione di specie animali esistenti, perché spezza innaturalmente la continuità del tradizionale paesaggio agrario e immette nell’ambiente rilevanti emissioni di ogni tipo (in specie, acustiche, che sono quelle più dannose per gli animali). Per cui la semplice previsione di corridoi ecologici, fasce verdi e zone verdi di rispetto non appare sufficiente a preservare l’habitat naturale preesistente.

10. E’ infine illegittima per violazione di legge e sviamento di potere anche la variante del Piano Acustico Comunale adottata dal Consiglio Comunale con deliberazione n. 50/2006.

In punto di fatto, dal preambolo della deliberazione emerge chiaramente che la modifica del P.A.C. è funzionale alla variante urbanistica.

Dal punto di vista giuridico, l’odierno Collegio ritiene di dover anzitutto richiamare l’ormai prevalente orientamento giurisprudenziale secondo cui la zonizzazione acustica costituisce un vero e proprio esercizio di potere pianificatorio discrezionale, che ha lo scopo di migliorare, ove possibile, la situazione, e che non deve quindi limitarsi a fotografare la situazione esistente (TAR Brescia, nn. 348/2008, 837/2012 e 478/2015; TAR L’Aquila, n. 597/2014 e TAR Lombardia Milano, n. 2734/2012). E’ evidente, dunque, che il peggioramento della classificazione acustica del territorio è in linea di principio contraria allo spirito della normativa di settore.

Questo Tribunale, nella sentenza n. 930/2009, ha esaminato i complessi rapporti che esistono fra la pianificazione acustica e la pianificazione urbanistica, con particolare riguardo alla normativa regionale delle Marche, pervenendo alle seguenti considerazioni “… una delle finalità principali della L. n. 447/1995 è senz’altro quella di legare in qualche modo i due aspetti [pianificazione urbanistica e zonizzazione acustica]. Peraltro, l’art. 4, comma 1, let. a), della L. n. 447/1995 e l’art. 2 della L.R. Marche n. 28/2001 prevedono che la classificazione acustica deve essere attuata “…tenendo conto delle preesistenti destinazioni d’uso del territorio….”, e quindi sia degli usi insediati che di quelli previsti, per cui si deve concludere nel senso che la classificazione acustica ha lo scopo principale di mostrare quali sono le ricadute in termini di inquinamento sonoro delle scelte urbanistiche. Ma a riprova dell’estrema criticità della materia, la legge nazionale non ha preso posizione sul “come” debba avvenire questo raccordo, lasciando la relativa incombenza alle Regioni… la legge marchigiana ribadisce in sostanza le disposizioni nazionali, prevedendo in generale un raccordo tra pianificazione urbanistica e classificazione acustica e ponendo quale unica regola tassativa quella secondo cui nella redazione di nuovi strumenti urbanistici o nell’adozione di varianti le destinazioni d’uso debbono, a pena di nullità, essere stabilite in modo da prevenire o contenere i disturbi alla popolazione residente.

Quest’ultima disposizione va ovviamente letta ed interpretata alla luce delle altre contenute nella L.R. n. 28/2001, in primis quella dell’art. 2, comma 1, che stabilisce appunto che nella classificazione acustica del territorio si tiene conto delle preesistenti destinazioni d’uso.

Questo, in generale, significa che, ad esempio, nella redazione di nuovi strumenti urbanistici e/o di varianti degli stessi il Comune non può trasformare una zona con preesistente destinazione d’uso ad edilizia residenziale in zona per insediamenti produttivi.

Pertanto, la norma non si applica quando, come è nel caso di specie, preesiste una certa destinazione d’uso …”.

Seguono poi altre considerazioni in merito ai casi in cui si vengono a trovare vicine zone a diversa classificazione acustica, le quali sono però irrilevanti in questa sede, visto che la ricorrente non intende contestare la destinazione G3 impressa a lotti di proprietà di soggetti terzi adiacenti a quelli in cui viene esercitata l’azienda agricola.

La sentenza n. 930 ha respinto il ricorso promosso da alcuni cittadini residenti nelle vicinanze di un realizzando impianto produttivo, in quanto in quel caso la destinazione urbanistica D (zona per attività produttive) preesisteva all’adozione del P.A.C. – per cui, in base al principio sancito dalla L.R. n. 28/2001, la classificazione acustica doveva tenere conto delle destinazioni preesistenti - mentre nel caso in esame viene modificata in peius la precedente classificazione acustica al fine di consentire anche la modifica della previgente destinazione urbanistica. Ne consegue l’illegittimità del modus operandi posto in essere dal Comune di Montefelcino per contrasto con l’art. 8 della L.R. n. 28/2001.

Non è invece fondata la censura relativa alla omessa sottoposizione del P.A.C. alla valutazione di incidenza, e ciò per le ragioni esposte dal TAR sempre nella citata sentenza n. 930/2009.

11. In conclusione, il ricorso va accolto, con conseguente annullamento della variante del PRG di Montefelcino approvata definitivamente con la deliberazione del C.C. n. 28/2008 e degli atti presupposti dianzi richiamati, limitatamente alle aree in cui la ricorrente esercita l’attività imprenditoriale agricola e alle quali è stata impressa destinazione G3.

Le spese di giudizio possono però essere compensate, vista la complessità e la parziale novità di alcune delle questioni trattate (si pensi, per tutte, al rapporto fra pianificazione acustica e pianificazione urbanistica).

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e compensa le spese di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Ancona nella camera di consiglio del giorno 10 febbraio 2017 con l'intervento dei magistrati:

Maddalena Filippi, Presidente

Gianluca Morri, Consigliere

Tommaso Capitanio, Consigliere, Estensore

         
         
L'ESTENSORE        IL PRESIDENTE
Tommaso Capitanio        Maddalena Filippi