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SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione) 16 settembre 2004
«Inadempimento di uno Stato – Inquinamento e fattori nocivi – Protezione del suolo – Fanghi di depurazione – Trasmissione di informazioni incomplete per gli anni 1995-1997 – Artt. 10 e 17 della direttiva 86/278/CEE»
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Nella causa C-248/02,
avente ad oggetto un ricorso per inadempimento ai sensi dell'art. 226 CE,
proposto alla Corte l'8 luglio 2002,
Commissione delle Comunità europee, rappresentata dai sigg. H. Støvlbæk e R. Amorosi, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,
ricorrente,
Repubblica italiana, rappresentata dal sig. I.M. Braguglia, in qualità di agente, assistito dal sig. M. Fiorilli, avvocato dello Stato, con domicilio eletto in Lussemburgo,
convenuta,
LA CORTE (Terza Sezione),
composta dal sig. A. Rosas, facente funzione di presidente della Terza Sezione, dai sigg. R. Schingten e K. Schiemann (relatore), giudici,
avvocato generale: sig.ra C. Stix-Hackl
cancelliere: sig. R. Grass
vista la fase scritta del procedimento,
vista la decisione, adottata dopo aver sentito l'avvocato generale, di trattare la causa senza conclusioni,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1
Con il suo ricorso la Commissione delle Comunità europee chiede alla Corte di dichiarare che la Repubblica italiana:
–
avendo trasmesso informazioni incomplete sul valore medio di concentrazione (mg/kg di sostanza secca ) su base annua dei metalli pesanti (cadmio, rame, nichel, piombo, zinco, mercurio e cromo) nonché di azoto e fosforo contenuti nei fanghi di depurazione (tali informazioni mancano del tutto per le Regioni Lombardia, Emilia-Romagna, Toscana, Abruzzo, Campania, Valle d’Aosta e Sicilia e sono incomplete per le Marche);
–
non avendo trasmesso alcuna informazione su quantitativo (t/anno) di fanghi di depurazione prodotti come sostanza secca;
–
avendo trasmesso dati incompleti sui quantitativi di fanghi utilizzati annualmente in agricoltura come sostanza secca (tali informazioni mancano del tutto per le Regioni Abruzzo e Campania e sono state trasmesse in maniera non corretta, cioè non in relazione alla sostanza secca, per la Toscana e la Sicilia);
–
non avendo correttamente provveduto a tenere aggiornati, almeno per quanto riguarda le Regioni Lombardia, Emilia-Romagna, Toscana, Abruzzo, Campania, Valle d’Aosta, Sicilia e Marche, i registri in cui sono annotate la composizione e le caratteristiche dei fanghi, rispetto ai parametri di cui all’allegato II A della direttiva del Consiglio 12 giugno 1986, 86/278/CEE, concernente la protezione dell’ambiente, in particolare del suolo, nell’utilizzazione dei fanghi di depurazione in agricoltura (GU L 181, pag. 6), e
–
non avendo correttamente provveduto a tenere aggiornati i registri in cui sono annotati i quantitativi di fango prodotto (relativamente a tutto il territorio nazionale) e quelli utilizzati in agricoltura (relativamente alle Regioni Abruzzo, Campania, Toscana e Sicilia),
è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in virtù degli artt. 10, n. 1, lett. a) e b), e 17 della direttiva 86/278, come modificata dalla direttiva del Consiglio 23 dicembre 1991, 91/692/CEE, per la standardizzazione e la razionalizzazione delle relazioni relative all’attuazione di talune direttive concernenti l’ambiente (GU L 377, pag. 48; in prosieguo: la «direttiva 86/278»).
2
La direttiva 86/278 disciplina l’utilizzazione dei fanghi di depurazione in agricoltura in modo da evitare effetti nocivi sul suolo, sulla vegetazione, sugli animali e sull’uomo, incoraggiando la corretta utilizzazione di questi.
3
L’art. 10, n. 1, della direttiva 86/278 così recita:
«Gli Stati membri provvedono a che vengano tenuti aggiornati i registri in cui sono annotati:
a)
i quantitativi di fango prodotti e quelli forniti per usi agricoli;
b)
la composizione e le caratteristiche dei fanghi, rispetto ai parametri di cui all’allegato II A;
(…)».
4
Ai sensi dell’art. 9 e dell’allegato II A della direttiva 86/278, l’analisi dei fanghi deve essere effettuata secondo diversi parametri, vale a dire sostanza secca, sostanza organica, pH, azoto, fosforo, cadmio, rame, nichel, piombo, zinco, mercurio, cromo.
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L’art. 17 della direttiva 86/278 dispone quanto segue:
«Ogni tre anni gli Stati membri comunicano alla Commissione informazioni sull’applicazione della presente direttiva nel contesto di una relazione settoriale concernente anche le altre direttive comunitarie pertinenti. Tale relazione è elaborata sulla base di un questionario o di uno schema elaborato dalla Commissione secondo la procedura di cui all’art. 6 della direttiva 91/692/CEE. Il questionario o lo schema sono inviati agli Stati membri sei mesi prima dell’inizio del periodo contemplato dalla relazione. La relazione è trasmessa alla Commissione entro nove mesi dalla fine del periodo di tre anni da essa contemplato.
La prima relazione contempla il periodo dal 1995 al 1997 compreso.
(…)».
6
In applicazione del detto art. 17, la Commissione ha adottato la decisione 24 ottobre 1994, 94/741/CE, relativa ai questionari per le relazioni degli Stati membri sull’applicazione di talune direttive concernenti i rifiuti (applicazione della direttiva 91/692/CEE del Consiglio) (GU L 296, pag. 42).
7
Ai termini dell’art. 2 di tale decisione, gli Stati membri devono utilizzare i questionari allegati a tale decisione per elaborare le relazioni settoriali che essi sono tenuti a sottoporre alla Commissione conformemente all’art. 17 della direttiva 86/278.
8
Secondo il punto 7 del questionario per la relazione degli Stati membri sul recepimento e sull’applicazione della direttiva 86/278, gli Stati membri sono tenuti a fornire alla Commissione, sulla base dei dati riportati nei registri menzionati all’art. 10 di tale direttiva, talune informazioni relative agli anni 1995-1997, relative:
–
alle quantità di fanghi prodotti dai depuratori come sostanza secca (t/anno);
–
alle quantità di fanghi utilizzati in agricoltura sotto forma di sostanza secca (t/anno);
–
al valore medio annuale di concentrazione (mg/kg di sostanza secca) dei metalli pesanti (cadmio, rame, nichel, piombo, zinco, mercurio e cromo) e degli elementi azoto e fosforo nei fanghi utilizzati in agricoltura.
Procedimento precontenzioso
9
Con lettera del 23 febbraio 2000 le autorità italiane inviavano alla Commissione la relazione di cui all’art. 17 della direttiva 86/278.
10
La Commissione riteneva che tale relazione, benché contenesse una descrizione esaustiva dell’ambito giuridico e tecnico relativo all’utilizzazione dei fanghi in agricoltura,
–
non desse alcuna informazione sulla composizione e sulle caratteristiche dei fanghi in relazione ai parametri individuati dall’allegato II A della direttiva 86/278, specialmente sul valore medio annuale di concentrazione dei metalli pesanti (cadmio, rame, nichel, piombo, zinco, mercurio, e cromo) e degli elementi azoto e fosforo, contrariamente a quanto prevede il citato art. 17, in combinato disposto con la decisione 94/741, e
–
non contenesse alcuna informazione sulla quantità di fanghi di depurazione prodotti sotto forma di sostanza secca, e
–
non contenesse nemmeno le informazioni richieste sulle quantità di fanghi annualmente utilizzati nell’agricoltura sotto forma di sostanza secca, tranne che per la Regione Friuli-Venezia Giulia (1995-1998), la Provincia autonoma di Bolzano (1995) e per le Regioni Emilia-Romagna (1996-1998) e Molise (1998), nonché Liguria e Calabria per le quali era indicato che i fanghi di depurazione non erano utilizzati in agricoltura.
11
Pertanto, la Commissione ne deduceva che non era possibile determinare su scala nazionale la quantità di fanghi utilizzati nell’agricoltura, in forma di sostanza secca, e il 24 ottobre 2000 inviava alla Repubblica italiana una lettera di diffida.
12
In tale lettera la Commissione osservava che la Repubblica italiana non aveva adempiuto gli obblighi che le incombevano in virtù degli artt. 10, n. 1, lett. a) e b), e 17 della direttiva 86/278.
13
Poiché le autorità italiane si astenevano dal rispondere a tale lettera di diffida, il 26 luglio 2001 la Commissione notificava alla Repubblica italiana un parere motivato che reiterava le censure già precedentemente esposte nella detta lettera e invitava tale Stato membro ad adottare le misure necessarie per conformarsi al detto parere entro un termine di due mesi dalla sua notifica.
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Le autorità italiane rispondevano a questo parere motivato con una lettera pervenuta alla Commissione il 17 febbraio 2002, cui era allegata una nota del Ministro dell’Ambiente del 30 ottobre 2001. In questa nota il Ministro informava la Commissione che la raccolta dei dati richiesti da quest’ultima era demandata nell’ordinamento giuridico italiano alle regioni, che, sebbene più volte sollecitate, avevano trasmesso questi dati solo recentemente e per di più in maniera incompleta. Il detto Ministro si riservava di comunicare, non appena in suo possesso, i dati delle regioni inadempienti.
15
I documenti allegati alla suddetta nota fornivano tuttavia talune delle informazioni richieste. I dati relativi al valore medio di concentrazione su base annua dei metalli pesanti e degli elementi azoto e fosforo venivano comunicati per tutte le Regioni tranne la Lombardia, l’Emilia-Romagna, la Toscana, l’Abruzzo, la Campania, la Valle d’Aosta e la Sicilia. Per quanto riguardava le Marche, mancavano i dati concernenti il cadmio, il mercurio, il cromo, l’azoto e il fosforo.
16
Venivano altresì fornite informazioni sul quantitativo di fanghi utilizzati annualmente nell’agricoltura sotto forma di sostanza secca. Tuttavia, il Ministro dell’Ambiente non avrebbe ancora ricevuto informazioni per l’Abruzzo e la Campania. Per la Sicilia e la Toscana, i dati forniti si riferivano al quantitativo totale (sostanza liquida e secca) e non precisavano la percentuale di sostanza secca. Quanto al quantitativo (t/anno) di fanghi di depurazione prodotti globalmente sotto forma di sostanza secca nelle regioni, esso non era noto.
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Ritenendo che le autorità italiane non avessero fornito tutte le informazioni richieste, la Commissione ha deciso di proporre il presente ricorso.
Sull’inadempimento
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La Commissione osserva che, in virtù dell’art. 17 della direttiva 86/278, gli Stati membri devono comunicare ogni tre anni informazioni sull’applicazione di tale direttiva. Nella presente causa tali informazioni sono relative:
–
alle quantità di fanghi prodotti dai depuratori sotto forma di sostanza secca (t/anno);
–
alle quantità di fanghi utilizzati in agricoltura sotto forma di sostanza secca (t/anno), e
–
al valore medio annuale di concentrazione (mg/kg di sostanza secca) dei metalli pesanti (cadmio, rame, nichel, piombo, zinco, mercurio e cromo) nonché di azoto e fosforo nei fanghi utilizzati in agricoltura.
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La Commissione sostiene che le autorità italiane le hanno trasmesso, sia nella relazione comunicata il 23 febbraio 2000 sia nella loro risposta al parere motivato, informazioni parziali e incomplete sul quantitativo di fanghi di depurazione utilizzati in agricoltura durante gli anni 1995-1997 nonché sulla composizione e le caratteristiche di questi fanghi in relazione ai parametri individuati nell’allegato II A della direttiva 86/278. Inoltre, non sarebbe mai stata comunicata alcuna informazione sui quantitativi (t/anno) di fanghi di depurazione prodotti nel corso del predetto triennio sotto forma di sostanza secca.
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Ciò premesso, la Commissione considera anche che le autorità italiane non hanno correttamente provveduto a tenere aggiornati i registri nei quali sono annotate la composizione e le caratteristiche dei fanghi, in relazione ai parametri di cui all’allegato II A della direttiva 86/278 (per quanto riguarda le Regioni Lombardia, Emilia-Romagna, Toscana, Abruzzo, Campania, Valle d’Aosta, Sicilia e Marche), né i registri in cui sono annotati i quantitativi di fango prodotto (relativamente al territorio nazionale) e quelli utilizzati in agricoltura, contrariamente alle disposizioni dell’art. 10, n. 1, lett. b), della detta direttiva.
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La Commissione aggiunge che l’infrazione oggetto del presente ricorso non è stata negata dalla Repubblica italiana. Essa sostiene che quest’ultima ha ammesso, nella lettera del Ministro dell’Ambiente del 30 ottobre 2001, di non aver correttamente adempiuto gli obblighi di cui agli artt. 10, n. 1, lett. b), e 17 della direttiva 86/278.
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Inoltre, essa sottolinea che il governo centrale di uno Stato membro è il solo responsabile in caso d’infrazione al diritto comunitario, anche se quest’ultima è stata commessa da una regione.
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La Repubblica italiana sostiene che, per quanto riguarda la pretesa infrazione agli obblighi di cui all’art. 10, n. 1, lett. a) e b), della direttiva 86/278, la mancata comunicazione o la comunicazione incompleta delle informazioni richieste non deve essere attribuita all’assenza o alla tenuta irregolare dei registri, ma è imputabile soprattutto alla trasmissione irregolare e non omogenea di tali informazioni da parte delle amministrazioni periferiche.
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Per quanto riguarda l’obbligo di cui all’art. 17 della direttiva 86/278, la mancata comunicazione o la comunicazione incompleta delle informazioni richieste sarebbe imputabile unicamente alle autorità periferiche, che avrebbero messo in evidenza problemi di organizzazione e difficoltà nell’interpretazione della normativa. La Repubblica italiana sostiene inoltre che la detta disposizione, nella versione originaria, prevedeva che la relazione periodica potesse segnalare le difficoltà incontrate, il che dimostra, a suo avviso, che era prevedibile l’insorgere di problemi. A questo riguardo essa sottolinea che la relazione concernente il periodo dal 1995 al 1997 è stata la prima relazione periodica redatta in base alla detta disposizione.
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Va osservato, in primo luogo, che il procedimento di cui all’art. 226 CE si basa sull’oggettiva constatazione del mancato rispetto da parte di uno Stato membro degli obblighi ad esso incombenti in forza del Trattato CE o di un atto di diritto derivato. Una volta provata una tale constatazione, uno Stato membro non può eccepire situazioni del suo ordinamento giuridico interno, ivi comprese quelle che derivano dalla delegazione dei suoi poteri ed obblighi alle sue autorità regionali, per giustificare l’inosservanza degli obblighi e dei termini imposti da una direttiva (v., in tal senso, sentenze 18 marzo 1999, causa C-166/97, Commissione/Francia, Racc. pag. I-1719, punto 13, e 6 luglio 2000, causa C-236/99, Commissione/Belgio, Racc. pag. I-5657, punti 22 e 23).
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Parimenti, è irrilevante che l’inadempimento derivi dalla volontà dello Stato membro al quale è imputabile, dalla sua negligenza o anche dalle difficoltà tecniche a cui quest’ultimo debba far fronte (v. sentenza 1° ottobre 1998, causa C-71/97, Commissione/Spagna, Racc. pag. I-5991, punti 14 e 15).
27
Per quanto riguarda l’argomento del governo italiano secondo cui lo stesso art. 17 della direttiva 86/278, nella sua versione originaria, avrebbe previsto che nel redigere la relazione di cui al medesimo articolo potessero verificarsi difficoltà di diversi tipi, basta constatare che tale disposizione, come modificata, non fa alcun riferimento a tale possibilità.
28
In secondo luogo, da una giurisprudenza costante deriva che l’esistenza di un inadempimento deve essere valutata in relazione alla situazione dello Stato membro quale si presentava alla scadenza del termine stabilito nel parere motivato e che la Corte non può tenere conto dei mutamenti successivi (v., in particolare, sentenza 6 marzo 2003, causa C-211/02, Commissione/Lussemburgo, Racc. pag. I-2429, punto 6). Pertanto, siccome le informazioni allegate alla lettera inviata il 17 febbraio 2002 dalle autorità italiane alla Commissione, in risposta al parere motivato emesso da quest’ultima il 26 luglio 2001, sono state fornite dopo la scadenza del termine di due mesi stabilito da tale parere, esse non possono essere prese in considerazione dalla Corte nel suo giudizio sulla fondatezza del presente ricorso.
29
In terzo luogo, per quanto riguarda l’inadempimento degli obblighi di cui all’art. 10 della direttiva 86/278, dato che la relazione di cui all’art. 17 di questa è redatta in base ai dati figuranti nei registri menzionati al detto art. 10, si può dedurre dal fatto che le autorità italiane non sono state in grado di trasmettere alla Commissione i dati richiesti, contrariamente a quanto previsto dal detto art. 17, che l’obbligo della Repubblica italiana di tenere aggiornati i registri menzionati, conformemente al citato art. 10, non è stato rispettato.
30
Occorre di conseguenza dichiarare che la Repubblica italiana,
–
non avendo trasmesso alcuna informazione sul valore medio di concentrazione (mg/kg di sostanza secca) su base annua dei metalli pesanti (cadmio, rame, nichel, piombo, zinco, mercurio e cromo) nonché di azoto e fosforo contenuti nei fanghi di depurazione;
–
non avendo trasmesso alcuna informazione sul quantitativo (t/anno) di fanghi di depurazione prodotti come sostanza secca;
–
non avendo trasmesso le informazioni richieste sui quantitativi di fanghi utilizzati annualmente in agricoltura come sostanza secca, tranne per quanto riguarda la Regione Friuli-Venezia Giulia (1995-1997), la Provincia autonoma di Bolzano (1995), la Regione Emilia-Romagna nonché le Regioni Liguria e Calabria per le quali è stato indicato che i fanghi di depurazione non erano usati in agricoltura;
–
non avendo provveduto a tenere aggiornati, almeno per quanto riguarda le Regioni Lombardia, Emilia-Romagna, Toscana, Abruzzo, Campania, Valle d’Aosta, Sicilia e Marche, i registri in cui sono annotate la composizione e le caratteristiche dei fanghi, rispetto ai parametri di cui all’allegato II A della direttiva 86/278, e
–
non avendo provveduto a tenere aggiornati i registri in cui sono annotati i quantitativi di fango prodotto (relativamente a tutto il territorio nazionale) e quelli utilizzati in agricoltura perlomeno per quanto riguarda le Regioni Abruzzo, Campania, Toscana e Sicilia,
è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in virtù degli artt. 10, n. 1, lett. a) e b), e 17 della direttiva 86/278.
Sulle spese
31
Ai sensi dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, la Repubblica italiana, rimasta soccombente, va condannata alle spese.
Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara e statuisce:
1)
La Repubblica italiana,
–
non avendo trasmesso alcuna informazione sul valore medio di concentrazione (mg/kg di sostanza secca) su base annua dei metalli pesanti (cadmio, rame, nichel, piombo, zinco, mercurio e cromo) nonché di azoto e fosforo contenuti nei fanghi di depurazione;
–
non avendo trasmesso alcuna informazione sul quantitativo (t/anno) di fanghi di depurazione prodotti come sostanza secca;
–
non avendo trasmesso le informazioni richieste sui quantitativi di fanghi utilizzati annualmente in agricoltura come sostanza secca, tranne per quanto riguarda la Regione Friuli-Venezia Giulia (1995-1997), la Provincia autonoma di Bolzano (1995), la Regione Emilia-Romagna nonché le Regioni Liguria e Calabria per le quali è stato indicato che i fanghi di depurazione non erano usati in agricoltura;
–
non avendo provveduto a tenere aggiornati, almeno per quanto riguarda le Regioni Lombardia, Emilia-Romagna, Toscana, Abruzzo, Campania, Valle d’Aosta, Sicilia e Marche, i registri in cui sono annotate la composizione e le caratteristiche dei fanghi, rispetto ai parametri di cui all’allegato II A della direttiva del Consiglio 12 giugno 1986, 86/278/CEE, concernente la protezione dell’ambiente, in particolare del suolo, nell’utilizzazione dei fanghi di depurazione in agricoltura, e
–
non avendo provveduto a tenere aggiornati i registri in cui sono annotati i quantitativi di fango prodotto (relativamente a tutto il territorio nazionale) e quelli utilizzati in agricoltura, perlomeno per quanto riguarda le Regioni Abruzzo, Campania, Toscana e Sicilia,
è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in virtù degli artt. 10, n. 1, lett. a) e b), e 17 della direttiva 86/278, come modificata dalla direttiva del Consiglio 23 dicembre 1991, 91/692/CEE, per la standardizzazione e la razionalizzazione delle relazioni relative all’attuazione.
2)
La Repubblica italiana è condannata alle spese.
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