TAR Liguria Sez. n.723 del 23 maggio 2012
Rifiuti.Veicoli fuori uso e impianto di trattamento

L’approvazione del progetto di adeguamento dell’impianto ai sensi del D. Lgs. n. 209/2003 non equivale ad una nuova ed autonoma autorizzazione, né può spiegare alcun effetto sostitutivo o consolidativo sull’originaria autorizzazione.La presentazione di un progetto di adeguamento dell’impianto, ai sensi di quanto disposto dall’art. 15 del D. Lgs. n. 209/2003, riguarda, difatti, la necessità da parte degli impianti installati di conformarsi alle nuove norme tecniche e condizioni di esercizio dettate dal medesimo decreto legislativo. Le verifiche per l’autorizzazione alla continuazione all’esercizio degli impianti, nell’ambito delle quali è si pone l’approvazione del progetto di adeguamento, riguardano appunto la verifica tecnica dell’idoneità degli impianti rispetto alle sopravvenute disposizioni, senza acquisire alcun effetto di nuova ed autonoma autorizzazione all’installazione dell’impianto.

N. 00723/2012 REG.PROV.COLL.

N. 00019/1999 REG.RIC.

N. 01234/1999 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 19 del 1999, proposto da:
Comune di Genova, rappresentato e difeso dagli avv. Graziella De Nitto e Maria Paola Pessagno, con domicilio eletto presso l’Avvocatura Comunale, in Genova, via Garibaldi, n. 9;

contro

Regione Liguria, rappresentata e difesa dagli avv. Gigliola Benghi e Michela Sommariva, con domicilio eletto presso l’avv. Michela Sommariva, in Genova, via Fieschi, n. 15;
Provincia di Genova, rappresentata e difesa dagli avv. Valentina Manzone e Carlo Scaglia, con domicilio eletto presso l’avv. Valentina Manzone, in Genova, Piazzale Mazzini n. 2;
Conferenza dei Servizi Approv. Impianti Smaltim. Rifiuti;

nei confronti di

Verduci Autoricambi di Verduci Fortunato e C. S.n.c., rappresentata e difesa dall'avv. Giovanni Gerbi, con domicilio eletto presso il suo studio, in Genova, via Corsica, n. 21 anzi via Roma, n. 11/1;



sul ricorso numero di registro generale 1234 del 1999, proposto da:
Comune di Genova, rappresentato e difeso dagli avv. Graziella De Nitto e Maria Paola Pessagno, con domicilio eletto presso l’Avvocatura comunale, in Genova, via Garibaldi, n. 9;

contro

Provincia di Genova, rappresentato e difeso dagli avv. Valentina Manzone e Carlo Scaglia, con domicilio eletto presso l’avv. Valentina Manzone, in Genova, Piazzale Mazzini, n. 2;
Regione Liguria;
Conferenza dei Servizi Approv. Impianti Smaltim. Rifiuti,

nei confronti di

Verduci Autoricambi di Verduci Fortunato e C. S.n.c., rappresentata e difesa dall'avv. Giovanni Gerbi, con domicilio eletto presso il suo studio, in Genova, via Corsica, n. 21, anzi via Roma, n. 11/1;

per l'annullamento

quanto al ricorso n. 19 del 1999:

- delle determinazioni assunte dalla Conferenza di servizi, indetta dalla Provincia di Genova, ai sensi dell’art. 17 della legge n.11/95, che nella seduta del 15.10.1998 aveva espresso parere favorevole sull’approvazione del progetto per la realizzazione da parte della Verduci Autoricambi di Verduci F. e C. S.n.c. di un centro di raccolta e demolizione di veicoli a motore;

quanto al ricorso n. 1234 del 1999:

con ricorso principale

- della Deliberazione di Giunta Provinciale n. 308 del 16.6.1999 di presa d’atto del parere espresso dalla suindicata Conferenza di servizi ed approvazione del progetto di realizzazione del centro di raccolta e demolizione di veicoli a motore ed autorizzazione alla sua installazione, unitamente ad ogni atto presupposto o connesso tra cui le determinazioni della Conferenza di servizi del 15.10.1998;

nonché, con motivi aggiunti

- della Deliberazione di Giunta Provinciale n. 510 del 26.9.2001, unitamente ad ogni atto presupposto o connesso tra cui le determinazioni della Conferenza di servizi del 14.6.2001;

 

Visti i ricorsi e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Regione Liguria e di Provincia di Genova e di Verduci Autoricambi di Verduci F. e C. S.n.c. e della Provincia di Genova;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 marzo 2012 il dott. Fabrizio D'Alessandri e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

Con ricorso notificato in data 14.12.1998 e iscritto al R.G. n. 19/1999, il Comune di Genova impugnava le determinazioni assunte dalla Conferenza di servizi, indetta dalla Provincia di Genova, ai sensi dell’art. 17 della L.R. n.11/95, che nella seduta del 14.10.1998 aveva espresso parere favorevole sull’approvazione del progetto per la realizzazione da parte della Verduci Autoricambi di Verduci F. e C. S.n.c. di un centro di raccolta e demolizione di veicoli a motore.

Il parere positivo era intervenuto nonostante il ricorrente Comune di Genova si fosse espresso in senso contrario.

In particolare, il Comune di Genova aveva espresso parere negativo con atto sindacale n. 801 del 31.12.1997 per quanto riguarda gli aspetti urbanistici e per aspetti progettuali inerenti all’inquinamento idrico e acustico.

Poi, con atto n. 421 del 14.7.1998, all’esito di integrazione documentale, il Comune in questione aveva espresso parere positivo in ordine agli aspetti progettuali.

In seguito, con nota prot. 23066/F del 14.10.1998, aveva ribadito la negatività del parere per quanto riguarda gli aspetti urbanistici e tale posizione contraria era stata ribadita in sede di Conferenza di servizi nell’ambito della quale il rappresentante del Comune aveva prodotto la suddetta nota del 14.10.1998.

La posizione negativa del Comune veniva motivata con il contrasto del previsto impianto con le prescrizioni urbanistiche comunali previste nella zona in questione ed, in particolare, con la futura destinazione residenziale dell’area interessata (così classificata nel PRG all’epoca adottato ed in seguito approvato come PUC).

Il Comune di Genova chiedeva l’annullamento degli atti gravati per i seguenti motivi:

1) Ha lamentato, con il primo ricorso, che la Conferenza di servizi aveva espresso il suo parere positivo, in assenza del rappresentante della Regione Liguria e nonostante il Comune stesso avesse espresso parere sfavorevole nei confronti della proposta in ragione dell’incompatibilità della localizzazione dell’impianto con le previsioni di sviluppo urbanistico dettate dagli atti di programmazione comunali.

La Conferenza di servizi avrebbe, quindi, espresso valutazioni di compatibilità urbanistica riservate alla competenza comunale ed avrebbe omesso di considerare le valutazioni espresse dal comune in ordine all’indicata incompatibilità.

2) Nel secondo motivo di ricorso parte ricorrente ha lamentato come, in sede di Conferenza di servizi, il parere negativo espresso dalla medesima parte ricorrente fosse stato considerato superabile sulla base dell’esistenza di una positiva Valutazione di Impatto Ambientale che, però, è atto che assume rilievo per aspetti di tutela del territorio del tutto differenti da quelli urbanistici.

3) Nel terzo motivo di ricorso parte ricorrente ha dedotto come, sempre in sede di Conferenza di servizi, sia stato considerato superabile il parere negativo espresso dal Comune sulla base della circostanza che l’approvazione del progetto avrebbe comportato variante allo strumento urbanistico, ai sensi dell’art. 17, comma VII, L.R. n.11/95, nonchè del parere positivo espresso da un Ufficio tecnico provinciale, secondo cui l’intervento si sarebbe potuto realizzare a condizione che il soggetto attuatore si fosse accollato l’onere di progettare ed eseguire, d’intesa con gli organi comunali, i interventi di adeguamento e miglioramento dell’assetto infrastrutturale della zona necessari per attenuare l’incidenza del traffico esistente.

Ha lamentato, difatti, al riguardo, l’inidoneità della previsione del miglioramento della rete infrastrutturale quale elemento che consentisse di superare la dedotta incompatibilità di zona, deducendone illogicità, nonchè l’illegittimità di una lettura della norma regionale di cui all’art. 17 della L.R. n. 11/95, nel senso in cui comporti la possibilità di sovrapporsi alla competenza pianificatoria del Comune in materia urbanistica, determinando una variante allo strumento urbanistico generale senza l’assenso del Comune stesso a cui l’esercizio di tale competenza è demandata dall’ordinamento.

4) Con il quarto motivo di ricorso il Comune ha evidenziato che diversi enti ed uffici non avrebbero partecipato alla Conferenza di servizi in questione ed, in tal senso, si evidenzierebbe un difetto di istruttoria tale da viziarne l’esito finale.

Si costituivano in giudizio la Regione Liguria, la Provincia di Genova e il soggetto controinteressato.

Successivamente la Provincia di Genova, con Deliberazione di Giunta n. 308 del 16.6.1999, prendeva atto del parere espresso dalla suindicata Conferenza di servizi ed approvava il progetto di realizzazione dell’impianto, autorizzandone l’installazione.

Il Comune di Genova, con il ricorso iscritto al R.G. 1234/99, impugnava la suddetta deliberazione, unitamente ad ogni altro atto presupposto o connesso, tra cui il parere positivo reso dalla Conferenza di servizi del 15.10.1998.

Chiedeva l’annullamento dei gravati atti per i seguenti motivi:

1) Con il primo motivo di ricorso il Comune ha lamentato che la Provincia non avrebbe potuto, mediante l’ter procedimentale previsto all’art. 17 della L.R. n.11/95 che prevede l’indizione di una Conferenza di servizi provinciale, superare il parere negativo espresso dal medesimo Comune in ordine all’incompatibilità della localizzazione dell’impianto con le previsioni degli strumenti comunali di pianificazione territoriale e, in particolare, con quanto previsto nel Piano Regolatore Generale.

Sarebbe stata, difatti, invasa una sfera di competenza, quella della pianificazione urbanistica, prettamente comunale e l’approvazione del progetto avrebbe necessitato l’assenso del Comune.

2) Il Comune ha dedotto, nel secondo motivo di ricorso, l’illegittimità della Deliberazione provinciale impugnata derivata dall’illegittimità della determinazione della Conferenza di servizi del 15.10.1998 già oggetto di impugnativa con il ricorso di cui al R.G. 19/99.

3) Con il terzo motivo di ricorso il Comune ha evidenziato un difetto di istruttoria, in quanto non sarebbe stata effettuata da parte della Provincia una compiuta valutazione dell’aspetto urbanistico, essendosi la Provincia stessa limitata alla presa d’atto dell’esistenza della favorevole Valutazione di impatto ambientale, intervenuta con deliberazione di Giunta Regionale n. 690 del 28.2.1997.

Nella Valutazione di impatto ambientale non si sarebbe, però, tenuto adeguatamente conto degli aspetti urbanistici.

4) Con il quarto motivo di ricorso il Comune ha lamentato che la violazione dei criteri per la localizzazione degli impianti, fissati dalla Regione nel piano di organizzazione e smaltimento rifiuti, nonché il mancato rispetto delle prescritte distanze dai centri abitati.

Inoltre, la valutazione dei profili urbanistici sarebbe avvenuta nel febbraio del 1997 e quindi, in base ad un vecchio PRG, (dove la zona rientrava nella previsione ZD.md Zona industriale per insediamenti produttivi – industrie a media densità e depositi commerciali), poiché nel frattempo era intervenuta l’adozione di un nuovo PRG, operante in regime di salvaguardia, che attribuiva alla zona in questione vocazione residenziale (settore 5 della zona di trasformazione 4 “ZTR 4/12), che non permette l’insediamento di impianti come quello in questione, anche ai sensi dei criteri di localizzazione dettati dalla Regione ai fini della localizzazione degli impianti di smaltimento rifiuti che deve essere effettuata in zone a destinazione industriale.

5) Con il quinto motivo di ricorso il Comune ha dedotto la carenza di motivazione in ordine ai criteri seguiti per la localizzazione dell’impianto in difformità con le previsioni urbanistiche e, in particolare, l’inadeguatezza al riguardo delle considerazioni contenute negli atti gravati relative alla circostanza che lo svolgimento delle operazioni di demolizione avverrà in uno spazio chiuso, privo di impatto esterno, se non per gli aspetti relativi alla viabilità di accesso per i quali il parere della Conferenza di servizi provinciale aveva fatto rinvio ad intese tra il Comune ed il soggetto autorizzato per la progettazione e l’esecuzione di interventi di adeguamento e miglioramento della viabilità.

Ha evidenziato, altresì, che l’evidenziata contrarietà alle previsioni di PRG sia stata ritenuta superabile in base alla sola previsione di legge secondo cui l’approvazione del progetto costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico.

6) Con il sesto motivo di ricorso il Comune, premesso che l’autorizzazione provinciale sostituisce, ai sensi dell’art. 17, comma VII, della L.R. n. 11/95, anche la concessione edilizia, ha lamentato la violazione delle norme di salvaguardia che sospendono il rilascio di concessioni edilizie per quegli insediamenti che non siano conformi, oltre che alla vecchia, anche al nuovo strumento urbanistico in itinere.

Si costituivano in giudizio la Provincia di Genova e la società controinteresssata.

Successivamente, con deliberazione della Giunta Provinciale n. 510 del 26.9.2001, previo espletamento di Conferenza di servivi del 14.6.2001, veniva approvata una variante dell’impianto in questione, consistente, tra l’altro,nella riduzione a un solo capannone anziché due (per una superficie coperta di mq. 990 in luogo di mq. 1462) e nella modifica del tetto che anziché essere realizzato a falde risulterebbe da eseguirsi “a piano carrabile mediante rampa di accesso a monte”.

Il Comune di Genova impugnava con motivi aggiunti, nel giudizio di cui al R.G. 1234/99, anche quest’ultimo provvedimento della Giunta Provinciale, unitamente ad ogni atto presupposto o connesso, tra cui le determinazioni della Conferenza di servizi del 14.6.2001, deducendo le censure che seguono.

1) Ha lamentato, in primo luogo, l’illegittimità derivata dell’impugnata deliberazione della Giunta Provinciale n. 510 del 26.9.2001 a causa dai vizi già oggetto di motivo di ricorso nel giudizio di cui al R.G. 19/99 e nel ricorso principale del presente giudizio di cui al R.G. 1234/1999.

2) Con riferimento al parere positivo espresso dalla Conferenza di servizi del 14.6.2001, parte ricorrente ha lamentato quanto segue.

2.1) Ancorché si trattasse di una variante progettuale srebbe stato seguito l’iter procedimentale relativo alla localizzazione di nuovi impianti.

Non sarebbe, però, stato rispettato il dettato dell’art. 27 del D.Lgs. n. 22/1997 e, nella specie, non sarebbero stati presi in esame i profili di compatibilità del progetto con le esigenze dell’ambiente e del territorio.

Inoltre, alla Conferenza non avrebbero partecipato diversi uffici della Provincia, l’ARPAL ed il Comune di Genova e, infine, non si sarebbe tenuto debitamente conto del parere negativo del medesimo Comune, fatto pervenire in sede di conferenza, relativamente alla incompatibilità con gli strumenti urbanistici, pur vertendosi in una materia di esclusiva competenza comunale.

2.2) Il Comune ricorrente ha lamentato, altresì, che sebbene sia stato seguito l’iter previsto per i nuovi insediamenti e non quello per le varianti non sostanziali, non sarebbe ripetuta l’intera fase istruttoria e, in particolare, non sarebbe stata ripetuta la Valutazione di Impatto Ambientale.

2.3) Parte ricorrente ha dedotto, inoltre, come sia stato travisato in sede di Conferenza di servizi il significato del parere negativo reso dal Comune ritenendosi superabile l’incompatibilità con la destinazione prevista nel nuovo strumento urbanistico e, in particolare, nel PUC approvato con DPGR n. 44 del 2001, senza pronunciarsi in merito alle ragioni per si è ritenuto di localizzare l’impianto pur in presenza di ragioni urbanistiche contrarie espresse dal Comune.

2.4) Il Comune ricorrente ha evidenziato, altresì, l’illegittimità della determinazione assunta in quanto la Conferenza di servizi aveva espresso il suo parere positivo nonostante il Comune stesso avesse espresso parere sfavorevole nei confronti della proposta in ragione dell’incompatibilità della localizzazione dell’impianto con le previsioni di sviluppo urbanistico dettate dagli atti di pianificazione territoriale, senza peraltro specificamente motivare sul punto.

Ha dedotto al riguardo che sarebbe stata invasa una sfera di competenza, quella della pianificazione urbanistica, prettamente comunale e che, stante l’incompatibilità con gli strumenti urbanistici, l’approvazione del progetto avrebbe necessitato l’assenso del Comune, considerata anche la previsione di legge secondo cui l’approvazione del progetto comporta automatica variante allo strumento urbanistico.

2.5) Parte ricorrente ha dedotto, infine, che la determinazione finale della Conferenza di servizi sarebbe stata assunta in assenza dei rappresentanti di diversi enti fra cui il rappresentante della Regione, la cui presenza risultava necessaria, in quanto opera sottoposta a V.I.A., ai sensi della deliberazione di Giunta regionale n. 1883 del 24.7.1998.

3) Con riferimento ai vizi propri della gravata deliberazione di Giunta Provinciale n. 510/2001 il Comune ha lamentato quanto segue.

3.1) Il progetto sarebbe stato approvato, senza l’assenso del Comune, ancorché fosse in contrasto con gli strumenti urbanistici comunali, in spregio della competenza esclusiva di quest’ultimo in tale ambito.

In particolare, sono state riproposte le censure già fatte valere nel ricorso per motivi aggiunti (riportate nel precedente punto 2.4), nel ricorso principale (riportate nel precedenti punto 1) e nel ricorso di cui al R.G. 19/1999 (riportate al punto 1 nella descrizione dei motivi di quel ricorso), relative al fatto che sarebbe stata invasa una sfera di competenza, quella della pianificazione urbanistica, prettamente comunale, e che stante l’incompatibilità con gli strumenti urbanistici l’approvazione del progetto avrebbe necessitato l’assenso del Comune, considerata anche la previsione di legge secondo cui l’approvazione del progetto comporta automatica variante allo strumento urbanistico, ai sensi dell’art. 27 del D.Lgs. n. 22/1997.

3.2) Parte ricorrente ha lamentato, altresì, che la Provincia, nell’approvare il progetto, avrebbe omesso di valutare le risultanze dell’istruttoria ed i singoli pareri resi, non dando specificamente conto delle ragioni che l’avevano indotta a superare il parere negativo espresso dal Comune.

3.3) Ha, infine, dedotto il Comune ricorrente che l’autorizzazione rilasciata sarebbe in contrasto con il vigente PUC, approvato con DPGR n. 44/2000, che prevede per la zona in questione una destinazione principalmente residenziale, non consentendo l’installazione di un impianto per lo smaltimento di rifiuti speciali, che risulterebbe anche in violazione dei criteri dettati ai fini della localizzazione degli impianti di smaltimento rifiuti, secondo i quali la suddetta localizzazione deve essere effettuata in zone con destinazione industriale.

Le cause venivano chiamate all’udienza pubblica del 22.3.2012 e trattenute in decisione.

DIRITTO

1) I due ricorsi sono connessi sia in senso soggettivo, riguardando le stesse parti, che in senso oggettivo, in quanto i provvedimenti impugnati sono relativi all’approvazione del medesimo progetto di realizzazione di un centro di raccolta e demolizione di veicoli a motore .

I due procedimenti vanno pertanto riuniti e, in particolare, il ricorso di cui al R.G. 1234/1999 va riunito al ricorso di cui al R.G. 19/99.

2) In via preliminare il Collegio deve vagliare l’eccezione di sopravvenuta carenza di interesse per entrambi i ricorsi, formulata dalla società controinteressata e dalla Provincia di Genova, poiché il Comune di Genova avrebbe adottato un nuovo PUC (con delibera di Consiglio n. 92 del 7.12.2011) che consentirebbe l’installazione di impianti come quello in questione nell’area interessata e, pertanto, sarebbe venuta meno l’incompatibilità urbanistica dedotta dal Comune quale ragione contraria all’autorizzazione.

Il Comune ha dedotto, in senso contrario, che il nuovo PUC non consentirebbe comunque l’installazione di impianti come quello in questione sull’area in esame perché la qualificazione urbanistica della medesima area (inserita nell’ambito di qualificazione urbanistica produttivo urbano AR-PU), seppure preveda la destinazione a funzioni di artigianato-industria, non contempla la possibilità di localizzare impianti per trattamento e recupero di rifiuti urbani e speciali.

L’eccezione si rivela infondata.

A tacer d’altro, difatti, il nuovo PUC, come ammesso pacificamente dalle parti, è ancora in itinere, essendo stato solo adottato e non ancora approvato in via definitiva e, quindi, non può essere ancora considerato strumento urbanistico vigente.

2) Ancora via preliminare il Collegio deve vagliare l’eccezione di inammissibilità e improcedibilità relativa ad entrambi i ricorsi, formulata dalla Provincia di Genova in seguito alla mancata impegnativa della determinazione dirigenziale provinciale n. 1525 del 20.9.2008, con la quale è stato approvato il progetto di adeguamento dell’impianto ex D. Lgs. n. 209/2003.

L’eccezione si palesa infondata, in quanto l’approvazione del progetto di adeguamento dell’impianto ai sensi del D. Lgs. n. 209/2003 non equivale ad una nuova ed autonoma autorizzazione, né può spiegare alcun effetto sostitutivo o consolidativo, come invece sostenuto dalla Provincia, sull’originaria autorizzazione.

La presentazione di un progetto di adeguamento dell’impianto, ai sensi di quanto disposto dall’art. 15 del D. Lgs. n. 209/2003, riguarda, difatti, la necessità da parte degli impianti installati di conformarsi alle nuove norme tecniche e condizioni di esercizio dettate dal medesimo decreto legislativo.

Le verifiche per l’autorizzazione alla continuazione all’esercizio degli impianti, nell’ambito delle quali è si pone l’approvazione del progetto di adeguamento, riguardano appunto la verifica tecnica dell’idoneità degli impianti rispetto alle sopravvenute disposizioni, senza acquisire alcun effetto di nuova ed autonoma autorizzazione all’installazione dell’impianto.

Né in senso contrario possono deporre il comma 3, dell’indicato art. 15, ai sensi del quale nel caso in cui, in sede di procedimento di approvazione del progetto di adeguamento, emerga “che non risultano rispettati i soli requisiti relativi alla localizzazione dell'impianto previsti dal presente decreto, la regione autorizza la prosecuzione dell'attività, stabilendo le prescrizioni necessarie ad assicurare la tutela della salute e dell'ambiente, ovvero prescrive la rilocalizzazione dello stesso impianto in tempi definiti”, né il successivo comma 4, richiamato in sede difensiva dalla Provincia, secondo cui “la provincia competente per territorio, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, procede all'ispezione degli impianti in esercizio alla stessa data che effettuano l'attività di recupero di rifiuti derivanti da veicoli fuori uso di cui all'articolo 6, comma 5, al fine di verificare il rispetto delle norme tecniche e delle condizioni di esercizio previste dal presente decreto e, se necessario, stabilisce le modalità ed i tempi per conformarsi a dette prescrizioni, consentendo, nelle more dell'adeguamento, la prosecuzione dell'attività. In caso di mancato adeguamento nei modi e nei termini stabiliti, l'attività è interrotta”.

Tali disposizioni, difatti, dettano delle modalità con le quali assicurare che gli impianti in esercizio si conformino alla sopravvenuta normativa senza però implicare che l’approvazione del progetto di adeguamento corrisponda ad una nuova autorizzazione, novativa di quella precedente, rientrando tale approvazione nell’ambito delle misure dettate per la conformazione alla nuova normativa degli impianti già esistenti ed autorizzati.

La mancata impugnazione da parte del Comune della determinazione dirigenziale provinciale n. 1525 del 20.9.2008 di approvazione il progetto di adeguamento dell’impianto ex D. Lgs. n. 209/2003, non rende quindi improcedibili i ricorsi vertenti sulla legittimità dell’autorizzazione iniziale e della successiva variante, continuando a sussistere l’interesse di parte ricorrente in ordine alla decisione dei medesimi.

3) Il Collegio passa a scrutinare l’eccezione di inammissibilità, formulata dalla società controinteressata e dalla Provincia di Genova, per quanto riguarda il ricorso di cui al R.G. 19/1999, in quanto l’impugnata determinazione finale della Conferenza di servizi risulterebbe essere atto endoprocedimentale propedeutico alla deliberazione finale della Provincia e, come tale, non autonomamente impugnabile.

L’eccezione si rivela fondata.

La Conferenza di servizi di cui è stato impugnato l’esito è da inquadrarsi nella categoria delle conferenze di servizi di natura istruttoria.

Su questo punto, che avrà ripercussioni anche per quanto riguarda il merito del ricorso, il Collegio osserva come la conferenza di servizi è stata indetta ai sensi dell’art. 17 della Legge Regionale 21.2.1995, n. 11 (Disciplina delle attività di smaltimento).

Tale articolo prevedeva che “2. L'approvazione dei progetti è effettuata dalla Provincia previa istruttoria della conferenza provinciale cui partecipano la Regione, il Comune e le altre pubbliche amministrazioni interessate.

3. La conferenza provinciale effettua la verifica della compatibilità con le esigenze ambientali e territoriali….

7. L'approvazione del progetto sostituisce, ad ogni effetto, visti, pareri, autorizzazioni e concessioni di competenza della Regione, della Provincia, del Comune e degli altri enti locali, nonché intese, concerti, nulla osta od assensi, comunque denominati, di altre amministrazioni pubbliche qualora le stesse siano intervenute nella conferenza. L'approvazione del progetto costituisce altresì variante dello strumento urbanistico generale e comporta la dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità dei lavori”.

Ciò sulla base dell’analoga disciplina statale dettata prima dall'art. 3 bis del D.L.31.8.1987, n. 361 (convertito con legge n. 441/1987) e, successivamente, dall’art. 27 (Approvazione del progetto e autorizzazione alla realizzazione degli impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti) del D.Lgs. 5.2.1997 n. 22, in vigore al rilascio dell’autorizzazione in esame.

Secondo l’orientamento della giurisprudenza amministrativa, la conferenza di servizi prevista per l'approvazione dei progetti di smaltimento e di recupero dei rifiuti ha carattere istruttorio e non decisorio, rappresentando uno strumento di mera emersione e comparazione di tutti gli interessi coinvolti, a cui sono quindi affidati compiti di natura istruttoria (T.A.R. Roma Lazio, sez. I, 5 dicembre 2007, n. 12470; T.A.R. Milano Lombardia, sez. IV, 21 novembre 2008, n. 5534; Consiglio Stato, sez. VI, 4 giugno 2004, n. 3505; T.A.R. Genova Liguria, sez. I, 28 settembre 2002, n. 984).

La disciplina dettata in materia per il rilascio dell’autorizzazione esclude, difatti, la sussistenza degli specifici caratteri propri della conferenza decisoria, in quanto l'assenza di richiami all'unanimità (vigente per la conferenza decisoria all'epoca dell'adozione del D. Lgs. n. 22/1997) e la stessa terminologia utilizzata dal legislatore depongono nel senso di escludere gli effetti propri della conferenza decisoria (T.A.R. Genova Liguria, sez. I, 28 settembre 2002, n. 984) e l’applicabilità delle disposizioni successivamente dettate dall'art. 14 della legge 7 agosto 1990 n. 241, per superare le ipotesi di dissenso.

In tale contesto, quindi, la determinazione positiva assunta nell’ambito della Conferenza di servizi risulta essere un atto della fase istruttoria del procedimento di autorizzazione dell’insediamento, compiuto in funzione del provvedimento definitivo adottato dalla competente autorità procedente, nel caso di specie, la Provincia di Genova.

Tale determinazione non risulta, quindi, essere autonomamente impugnabile a causa della sua natura endoprocedimentale, quale atto meramente istruttorio ed interno, e della conseguente sua assenza di lesività.

Le eventuali illegittimità attinenti alla suddetta determinazione devono, difatti, in questi casi essere fatte valere nell’ambito dell’impugnativa della decisione finale assunta della competente autorità.

Sotto questo profilo, peraltro, il Comune di Genova ha regolarmente impugnato (con il ricorso di cui al R.G. 1234/99) la deliberazione finale della Giunta Provinciale n. 308 del 16.6.1999 di approvazione del progetto, riproponendo peraltro le censure sollevate nei confronti delle determinazioni della Conferenza di servizi.

Per tali ragioni il ricorso di cui al R.G. 19/1999 deve, quindi, essere dichiarato inammissibile.

4) Va vagliata, altresì, sempre in via preliminare, l’eccezione di improcedibilità formulata dalla società controinteressata nel ricorso principale di cui al R.G. 1234/99, in quanto il provvedimento della Giunta Provinciale n. 510 del 26.9.2001 di approvazione di una variante dell’impianto, costituirebbe una nuova ed autonoma autorizzazione.

L’eccezione si rivela infondata.

L’autorizzazione in questione ha, difatti, in sostanza come oggetto una variante in riduzione dell’impianto in questione e non può essere considerata un’autorizzazione ex novo del tutto autonoma dall’originario provvedimento autorizzativo.

In via ipotetica quindi, il venir meno dell’autorizzazione originaria comporterebbe all’esito dell’eventuale accoglimento del ricorso principale, comporterebbe quantomeno un effetto di illegittimità derivata sull’autorizzazione rilasciata in variante.

Sussiste quindi un interesse della parte ricorrente all’esito del ricorso principale e, pertanto, lo stesso non può essere dichiarato improcedibile.

5) Va, infine, scrutinata l’eccezione di inammissibilità formulata in entrambi i ricorsi per carenza di legittimazione attiva, in quanto il Comune avendo partecipato alla Conferenza di servizi non sarebbe stato legittimato all’impugnativa del suo esito finale.

L’eccezione è infondata.

Il Comune dissenziente, pur avendo preso parte alla Conferenza di servizi, ben può impugnarne l’esito finale.

In via generale, sia pure in presenza di giurisprudenza non sempre univoca, il Collegio ritiene che il fatto di partecipare alla Conferenza di servizi non comporti per un’Amministrazione l’estinzione del potere di cura degli interessi dei quale l’Amministrazione stessa è affidataria e, pertanto, nessuna preclusione subisce quest’ultima rispetto alla possibilità di far valere le illegittimità, sia formali che sostanziali, inerenti al provvedimento assunto all’esito della Conferenza di servizi.

Nel caso di specie, peraltro, la conferenza di servizi aveva natura istruttoria e, quindi, si presentava quale semplice atto istruttorio dell’iter di formazione della determinazione finale della Provincia.

La determinazione finale, pertanto, è unicamente imputabile alla Provincia e non si può quindi, neanche in ipotesi, sostenere che il Comune abbia concorso in senso tecnico a formare la volontà provvedimentale e dovesse subire le preclusioni rispetto all’impugnativa in sede giurisdizionale del provvedimento finale.

Il Comune risulta, quindi, legittimato attivo in base ai radicati principi secondo cui allo stesso quale ente esponenziale della comunità municipale spetta la legittimazione ad agire in giudizio a tutela degli interessi della stessa comunità e che un soggetto che partecipa ad un procedimento amministrativo può impugnare il provvedimento conclusivo di cui assuma la lesività (cfr. Cons. St., Sez. V, 2.3.1999, n. 217).

Al riguardo, è stato puntualizzato a livello giurisprudenziale che la Conferenza di servizi in materia di autorizzazione alla realizzazione di impianti di smaltimento e recupero rifiuti non è il luogo giuridico in cui sono assunte le decisioni finali, ma solo la sede ove tutti gli interessi pubblici, rilevanti in un certo ambito, sono palesati e confrontati giacché quello prefigurato dall'art. 27 del D.Lgs. n. 22 del 1997, costituisce uno strumento procedimentale di emersione e comparazione d'interessi pubblici, destinati a sintetizzarsi nel provvedimento finale, e non un vero e proprio organo collegiale ove le singole manifestazioni di volontà si fondono in una; pertanto, la partecipazione alla conferenza indetta dalla Provincia per esaminare l'istanza del privato non comporta per il Comune la consumazione del suo potere in detta sede, conservando questo la facoltà di opporsi giudizialmente a decisioni ritenute lesive degli interessi, di cui è portatore, potendo far valere, sia la sua qualità di ente esponenziale dei residenti, sia quella di titolare del potere di pianificazione urbanistica, su cui incide il provvedimento di localizzazione adottato (cfr., Consiglio Stato, sez. V, 2 marzo 1999, n. 217; T.A.R. Puglia Bari, sez. I, 17 gennaio 2003, n. 234).

Conformemente a quanto anzidetto la giurisprudenza amministrativa si è espressa nel senso che al Comune va riconosciuta la legittimazione ad impugnare il provvedimento di approvazione di una discarica sia per la qualità di ente esponenziale degli interessi dei residenti che potrebbero subire danni dalla scelta compiuta dall’autorità competente nell’individuazione delle aree per l’attivazione dell’impianto di discarica, sia per la qualità di titolare del potere di pianificazione urbanistica, su cui certamente incide la collocazione dell’impianto medesimo (Cons. Stato, sez. IV, 6 ottobre 2001, n. 5296; Cons. Stato, sez. V, 2 marzo 1999, n. 217; Cons. Stato, sez. VI, 7 aprile 1997, n. 559 ).

Il Collegio segnala, infine, che, parlando in generale, le decisioni che escludono la legittimazione ad impugnare l’esito della Conferenza di servizi per gli enti che hanno partecipato alla conferenza stessa, da un lato limitano l’impugnativa ai vizi procedurali e, dall’altro, fanno leva sulla necessità di non alterare indebitamente il funzionamento degli organi collegiali, operativi secondo i principi disciplinanti il formarsi di maggioranze e minoranze.

Nel caso di Conferenza di servizi istruttoria, però, come quella del caso di specie, non viene in rilievo alcun meccanismo tipico del funzionamento degli organi collegiali (Tribunale Superiore delle Acque, 21 dicembre 2010, n. 186).

6) Venendo al merito, il ricorso principale di cui al R.G. 1234 risulta essere infondato.

6.1) Come già accennato in parte motiva, il Comune nel primo motivo del ricorso principale ha lamentato che la Provincia non avrebbe potuto superare il parere negativo espresso dal medesimo Comune in Conferenza di servizi in ordine all’incompatibilità della localizzazione dell’impianto con le previsioni del PRG in itinere per cui già vigeva il regime di salvaguardia.

In particolare, lo specifico iter procedimentale previsto all’art. 17 della L.R. n.11/95, caratterizzato dall’indizione di una Conferenza di servizi provinciale, non avrebbe consentito alla Provincia procedente di rilasciare l’autorizzazione in presenza di un parere negativo del Comune che aveva evidenziato l’incompatibilità del progetto con gli strumenti di pianificazione urbanistica comunale, dando parere negativo.

Risulterebbe, infatti, illegittimamente invasa una sfera di competenza amministrativa, quella della pianificazione urbanistica, prettamente comunale.

La pianificazione urbanistica a livello locale rientrerebbe, difatti, nella sfera di competenza del Comune che le succitate norme, limitandosi a prevedere una Conferenza di servizi in sede istruttoria, non sarebbero andata a modificare.

Seppure, difatti, alla Provincia è attribuita la competenza, previa convocazione di una Conferenza di servizi, relativa al rilascio dell’autorizzazione alla realizzazione dell’impianto, la Provincia stessa non potrebbe deliberare, senza l’assenso del Comune, la localizzazione dell’impianto in contrasto con le previsioni del PRG, stante la necessitò di operare una variante allo strumento urbanistico (prevista peraltro come effetto automatico dell’intervenuta autorizzazione).

Il motivo si rivela infondato.

In sostanza sostiene il Comune che la Conferenza di servizi prevista in materia di autorizzazione impianti per trattamento e recupero di rifiuti si presenta come un particolare modulo procedimentale che ha l’effetto di concentrare i pareri, i nulla osta e gli assensi in un unico contesto formale, mantenendo però mutare le competenze riservate dalla legge alle varie Amministrazioni.

In tale ottica, seppure l’atto finale del rilascio dell’autorizzazione risulta di competenza della Provincia, la stessa non potrebbe però invadere competenze riservate ad altri enti ed, in particolare, non potrebbe invadere la competenza relativa alla pianificazione urbanistica riservata al Comune, deliberando un’autorizzazione comportante una variante al PRG contro il parere di quest’ultimo motivato dal contrasto con le prescrizioni urbanistiche sulla destinazione delle aree comunali.

La tesi del ricorrente, per quanto suggestiva e ben articolata, si rivela infondata.

La stessa si basa sull’assunto che la norma che ha previsto la conferenza di servizi (l’art. 17 L.R. n.11/1995 ed a livello nazionale l’art. 27 del D.Lgs. n.22/1997) non sia una norma derogatrice della competenza e che la materia della pianificazione urbanistica e, in particolare, dell’apporto di varianti al PRG sia riservata al Comune, di tal che nessuna variante possa essere operata in assenza del consenso di quest’ultimo.

Ritiene il Collegio che, al contrario, la previsione espressa di una competenza decisoria in capo alla Provincia in ordine al rilascio dell’autorizzazione, accompagnata dalla previsione di una Conferenza di servizi per raccogliere i pareri degli altri Enti interessati, spieghi effetti sulle competenze amministrative.

La norma in questione (l’art. 17 L.R. n.11/1995 ed a livello nazionale dell’art. 27 del D.Lgs. n.22/1997), impone difatti l’indizione di una Conferenza di servizi, dove tutti gli Enti interessati dovevano essere convocati, ma espressamente affida alla Provincia la decisione finale sull’autorizzazione dell’impianto, sia pure all’esito della conferenza stessa.

L’attribuzione di tale potere di autorizzazione del progetto deve essere intesa, salvo espresse e specifiche previsioni ad hoc che qui non si ravvisano, come inerente ad ogni aspetto autorizzatorio di localizzazione e realizzazione dell’impianto.

Il procedimento previsto dall’art. 17 della L.R. n.11/1995 per l’autorizzazione degli impianti degli impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti, similmente a quello previsti dall’art.27 della L.R. n.11/1995, si presenta come un procedimento speciale, con caratteristiche proprie.

Tale normativa non si limita prescrivere una Conferenza di servizi (con un mero richiamo all’art. 14 della legge n.241/90) ma ha una portata più ampia, disponendo un peculiare procedimento, nell’ambito del quale la Conferenza di servizi ha meri compiti istruttori, che prevede l’attribuzione alla Provincia della competenza alla decisione finale su ogni aspetto inerente la localizzazione dell’impianto, disponendo, altresì, che l'approvazione del progetto sostituisca “ad ogni effetto, visti, pareri, autorizzazioni e concessioni di competenza della Regione, della Provincia, del Comune e degli altri enti locali, nonché intese, concerti, nulla osta od assensi, comunque denominati, di altre amministrazioni pubbliche e “costituisca “variante dello strumento urbanistico generale”.

Al riguardo, la disposizione secondo cui l'approvazione del progetto costituisce variante urbanistica è idonea a svolgere effetti in ordine alle competenze sul governo del territorio.

Tale previsione non si limita ad evitare ulteriori sub procedimenti, quali quello inerente all’approvazione di una variante al PRG nella mera ottica di concentrazione procedimentale, bensì si pone come norma che consente alla determinazione assunta in sede finale dalla Provincia ad incidere direttamente sullo strumento urbanistico generale, ai fini della localizzazione dell’impianto.

In sostanza tale norma consente che la Provincia competente possa, all’esito della Conferenza di servizi , decidere anche disporre con effetti anche in ordine alla variazione del PRG, fatta salva la necessità di motivare sul punto, in ossequio al principio generale dell’obbligo di motivazione del provvedimento amministrativo.

Non si dimentichi infatti che, come indicato, la Conferenza di servizi prevista dall’art. 17 della L.R. n.11/95, è inserita in uno specifico procedimento di carattere speciale, che il suo carattere istruttorio sta a significare come la stessa sia sottratta dalla regola dell’unanimità (indipendentemente dai meccanismi previsti nell’art. 14 legge n. 241/90 per superare il dissenso espresso da alcuni enti) e che la legge pone espressamente la competenza decisoria finale in capo alla Provincia.

Tale conclusione appare in linea con alcuni assunti giurisprudenziali espressi in materia di autorizzazioni di impianti per trattamento rifiuti, secondo cui la Conferenza di servizi costituisce un momento di comparazione di interessi e di valutazione comparativa, il cui espletamento non è rigidamente formalizzato e le cui conclusioni sono soltanto uno degli elementi che l'amministrazione regionale deve valutare. Pertanto il parere non favorevole alla discarica opposto da alcuno dei soggetti intervenuti alla conferenza non può impedire alla regione di decidere la localizzazione dell'impianto di discarica, in quanto per i progetti per l'insediamento degli impianti di trattamento e stoccaggio di rifiuti, la cui istruttoria è regolata dalla l. 29 ottobre 1987, n. 441, è irrilevante che il soggetto presente alla prevista conferenza di servizi non abbia votato a favore di un determinato progetto posto che il parere non favorevole di alcuno dei soggetti intervenuti non può impedire alla regione di decidere la localizzazione dell'impianto. Il parere non favorevole alla discarica opposto da alcuno dei soggetti intervenuti alla conferenza non può impedire alla Regione di decidere la localizzazione dell’impianto di discarica (Cons. Stato, sez. IV, 6 ottobre 2001, n. 5296; Cons. Stato, sez. V, 2 marzo 1999, n. 212).

Non può dirsi, inoltre, in generale, che il Comune abbia una competenza esclusiva sulla pianificazione territoriale essendo, in generale, affidati compiti di pianificazione locale anche alla Provincia (che elabora i piani territoriali di coordinamento provinciali) ed alla Regione che, oltre a formare i piani territoriali di coordinamento regionali, interviene attivamente nel procedimento di formazione dei Piani Regolatori Generali e delle loro varianti, provvedendo alla loro approvazione finale ed, in tale sede, può alla luce della normativa attuale, addirittura imporre delle modifiche dei piani adottati.

Nel caso di specie poi l’art. 85, comma 1, lett. b, della L.R. n. 36/1997 (legge urbanistica regionale) aveva trasferito alle Provincie la funzione di approvare le varianti agli strumenti generali di esclusivo interesse locale purchè non comportanti varianti al P.T.C.P., ed al riguardo - come peraltro indicato nella Deliberazione di Giunta Regionale n. 1883 del 24.7.1998 - la Regione in seguito all’intervenuta normativa aveva dismesso in favore della Provincia ogni funzione approvativa, per quanto riguarda gli aspetti urbanistici anche nei casi in cui i progetti si fossero posti in variante allo strumento urbanistico generale data la riconducibilità di dette varianti nell’ambito della categoria di quelle di esclusivo interesse locale.

Ciò ribadisce come ben giustificata possa essere la lettura della norma dell’art. 17 della L.R. n. 11/1995 (e dell’art. 22 del D.Lgs. n. 22/1997) nel senso di attribuire la competenza finale della decisione sulla localizzazione in capo alla Provincia, senza necessità del consenso del Comune, pur nell’ipotesi di necessità di variante allo strumento urbanistico generale, salvo l’obbligo di motivazione .

Al riguardo il Collegio segnala come, peralto, la stessa Corte Costituzionale ha rilevato che “la garanzia costituzionale del principio autonomistico, previsto dall’art. 5 e 128 della Costituzione, può dirsi rispettata ogniqualvolta il procedimento finalizzato all’approvazione degli strumenti urbanistici sia articolato in modo tale da assicurare una sostanziale partecipazione allo stesso degli enti il cui assetto territoriale è determinato dagli strumenti urbanistici in questione, rilevando altresì che l’individuazione dei modi nei quali tale coinvolgimento può avvenire è rimesso alla discrezionalità del legislatore” (Corte costituzionale, 21 ottobre 1998, n. 357).

Quello che appare essenziale è che il Comune non sia completamente pretermesso dalle scelte pianificatorie direttamente incidenti sul suo territorio, circostanza che non può affermarsi nel caso di specie essendo lo stesso legittimato a partecipare alla Conferenza di servizi.

Inoltre la visione autonomistica, dedotta dal Comune a salvaguardia delle sue competenze, non può non tener conto dei preminenti principi di sussidiarietà ed adeguatezza, ormai sanciti a livello costituzionale nell’art. 118, che devono ispirare il riparto delle competenze amministrative a livello locale.

Tali principi ben possono giustificare, mediante come nel caso di specie un’espressa previsione in un testo di rango legislativo, un intervento di un ente di livello territoriale superiore nell’iter di autorizzazione di un impianto come quello in questione, con effetto incidente anche sul piano delle competenze in materia a pianificazione urbanistica e, in particolare, attribuendo alla provincia un ambito decisione finale per quanto riguarda una variante urbanistica necessaria per la localizzazione dell’impianto, nell’ambito di un procedimento in cui il Comune è comunque chiamato a intervenire, partecipando alla Conferenza di servizi.

Tale ricostruzione, che non consente al Comune di porre un veto insuperabile alla localizzazione dell’impianto, risulta peraltro in linea con l’evoluzione della normativa sull’autorizzazione degli impianti di trattamento dei rifiuti di cui all’art. 208 (Autorizzazione unica per i nuovi impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti) del Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), così come modificato dal Decreto Legislativo 3 dicembre 2010, n. 205, che attualmente prevede ancora la convocazione di una Conferenza di servizi (da parte della Regione), e che l’approvazione alla realizzazione e la gestione dell'impianto, sostituisca ad “ogni effetto visti, pareri, autorizzazioni e concessioni di organi regionali, provinciali e comunali, costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico e comporta la dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità dei lavori”.

Il medesimo articolo prevede, al comma 3, che “la decisione della conferenza dei servizi e' assunta a maggioranza e le relative determinazioni devono fornire una adeguata motivazione rispetto alle opinioni dissenzienti espresse nel corso della conferenza”, sancendo espressamente la non necessarietà del consenso del Comune in ordine all’autorizzazione dell’impianto, anche per quanto riguarda le varianti urbanistiche necessarie, salvo l’obbligo di motivazione.

6.2) Il secondo motivo del ricorso principale è incentrato sull’illegittimità della Deliberazione della Giunta provinciale impugnata derivata dall’illegittimità della determinazione della Conferenza di servizi del 15.10.1998, impugnata con il ricorso iscritto al R.G. n. 19/99, di cui sono state formalmente, seppure in via generica, richiamate le censure.

Il motivo è infondato.

Ora, in ordine agli aspetti dedotti nei primi tre motivi del ricorso di cui al R.G. n. 19/99, il primo relativo alla violazione delle competenze è stato scrutinato nel precedente punto 6.1) mentre il secondo ed il terzo verranno scrutinati nel successivo punto 6.3), relativi sostanzialmente a carenze istruttorie e di motivazione denunciati come autonomi vizi anche nel ricorso in esame.

Sul profilo dell’illegittimità della determinazione della Conferenza di servizi a causa della mancata partecipazione di diversi enti ed uffici, oggetto del quarto motivo del ricorso di cui al R.G. n. 19/99, e ritenuta viziante sull’esito finale per difetto di istruttoria, il Collegio rileva quanto segue.

La censura risulta essere stata formulata in via generica ed il Collegio rileva come l’effettiva partecipazione degli Enti convocati ad una Conferenza di servizi istruttoria non è requisito di validità della stessa, essendo solo necessario che gli stessi siano stati effettivamente convocati, non operando la Conferenza di servizi, tanto più se istruttoria, come un collegio perfetto.

La censura non può pertanto essere accolta.

6.3) Con il terzo motivo di ricorso il Comune ha evidenziato un difetto di istruttoria, in quanto non sarebbe stata effettuata una compiuta valutazione dell’aspetto urbanistico, limitata alla presa d’atto del rilascio, da parte della Regione, di una favorevole Valutazione di Impatto Ambientale.

Nella seconda parte del quarto motivo di ricorso il Comune ricorrente ha inoltre dedotto che la valutazione dei profili urbanistici sarebbe avvenuta nel febbraio del 1997 e, quindi, in base ad un vecchio PRG (dove la zona rientrava nella previsione ZD.md Zona industriale per insediamenti produttivi – industrie a media densità e depositi commerciali).

Era, difatti, nel frattempo era intervenuta l’adozione di un nuovo PRG, ancora non approvato in via definitiva ma operante in regime di salvaguardia, che attribuiva alla zona in questione vocazione residenziale, su cui, anche ai sensi dei criteri di localizzazione dettati dalla Regione, non potevano essere localizzati impianti di smaltimento rifiuti.

Nel quinto motivo di ricorso parte ricorrente ha dedotto la carenza di motivazione sui motivi che hanno portato la Provincia a disattendere il parere negativo del Comune ed a localizzare l’impianto in contrasto con le previsioni urbanistiche adottate.

Le suindicate censure si rivelano infondate.

Dall’esame degli atti risulta che, in effetti, in sede di Valutazione di Impatto Ambientale sono stati considerati anche gli aspetti dell’incompatibilità urbanistica, che già il Comune aveva fatto presente in sede di procedura di rilascio della V.I.A. esprimendo parere negativo.

Risulta altresì che, a parte qualche accenno sui futuri sviluppi urbanistici della zona in alcuni atti istruttori del procedimento di V.I.A., tali valutazioni si riferivano al PRG vigente e non a quello successivamente adottato ed operante in regime di misure di salvaguardia al momento del rilascio dell’autorizzazione.

L’aspetto urbanistico, però, non risulta essere stato considerato solo in sede di rilascio della V.I.A. bensì risulta essere stato fatto oggetto di specifica considerazione anche nell’ambito della Conferenza di servizi per il rilascio dell’autorizzazione dell’impianto.

In quest’ultima sede, difatti, è stata presa in esame anche la questione dell’adozione del nuovo PRG, come risulta evidente dall’intervento effettuato in sede di conferenza per conto della Provincia della Dott.ssa Fontanella che, richiamando la nota dell’Area 5 Urbanistica del 24.2.1998, ha espresso parere positivo anche in riferimento alle previsioni del nuovo PRG, adducendo specifiche motivazioni, che verranno analizzeremo nel prosieguo, per superare l’aspetto dell’incompatibilità urbanistica e giustificare la variante ex legge dello strumento urbanistico derivante dal rilascio dell’autorizzazione in questione.

Peraltro l’aspetto urbanistico non deve essere necessariamente considerato nella V.I.A. che, al contrario, ha come funzione specifica l’accertamento dei profili di conformità ambientale e non quelli attinenti alla conformità urbanistica dell'opera progettata (Cons. Stato Sez. VI, 4.1.2002, n. 34; T.A.R. Piemonte Torino Sez. I, 20.2.2006, n. 935).

In tale contesto le considerazioni contenute nella V.I.A. sull’aspetto dell’urbanistico possono essere viste quali degli elementi che la Provincia poteva valutare, insieme ad altri, tra cui il parere negativo del Comune, all’esito della Conferenza di servizi al fine di decidere se localizzare l’impianto in quell’area, mediante la variante ex lege del PRG.

Tale valutazione è stata effettuata in sede di Conferenza di servizi come risulta dal verbale della stessa e dalla nota dell’Area 5 Urbanistica della Provincia del 24.2.1998, richiamata in sede di conferenza, che ha indicato come lo svolgimento dell’attività sarebbe avvenuto unicamente all’interno di apposite strutture edilizie, minimizzando quindi l’effetto di disordine ambientale tipico dell’insediamento e, inoltre, ha previsto, in vista del possibile impatto sulla mobilità, che il soggetto attuatore dell’intervento si accollasse l’onere di progettare e realizzare, d’intesa con il Comune, interventi di adeguamento e miglioramento dell’assetto infrastrutturale della zona necessari per attenuare l’incidenza del traffico indotto alla rete urbana esistente.

La Provincia poi, nel provvedimento finale n. 308/99 del 16.6.1999, ha recepito tali assunti in ordine al profilo urbanistico, indicando come la soluzione progettuale prevede che le attività di demolizione si svolgano in uno spazio chiuso, e siano quindi prive di impatto esterno se non per gli aspetti relativi alla viabilità di accesso, per la quale si rinvia ad intese tra il soggetto attuatore e il Comune per opere di attenuazione dell’impatto della mobilità indotta.

Al riguardo, quindi, il provvedimento gravato ha addotto specifiche motivazioni in ordine al superamento del profilo urbanistico contrario, né emerge l’irragionevolezza o l’insufficienza di tali valutazioni.

A ben vedere, difatti, il Comune, ha espresso parere negativo sugli aspetti urbanistici (con nota n.801 del 31.12.1997), ribadendo la posizione in sede di Conferenza di servizi (con nota prot. 23066/RIF del 14.10.1998), limitandosi ad evidenziare l’aspetto dell’inquinamento acustico in quanto nelle zone residenziali, a cui l’area potrebbe appartenere all’esito dell’approvazione del nuovo PRG, il limite acustico diurno risulta pari a: Classe II 55,0 – 45,0 dB (A).

Successivamente però, con ordinanza n. 421 del 14.7.1998, il medesimo Comune all’esito di alcune integrazioni documentali, comprendenti la valutazione di impatto acustico, esprimeva parere positivo sul progetto, a condizione, tra l’altro, che venissero effettuate entro 30 giorni dall’installazione dei macchinari delle valutazioni sull’effettiva rumorosità prodotta dai macchinari stessi, che non fossero svolte attività di alcun tipo nell’area all’aperto, con particolare riferimento a movimentazioni, accatastamenti e smontaggio di mezzi e che durante lo svolgimento di tutte le attività all’interno del capannone sia le finestre che il portone rimanessero chiuse.

Tale parere successivo, rilasciato all’esito di ulteriori verifiche documentali, per quanto limitato agli aspetti tecnici del progetto e non alla collocazione urbanistica, appare mettere in ombra l’aspetto acustico, eliminandone la portata, anche tenuto conto che l’impianto dovrà comunque rispettare i limiti di zona previsti per l’inquinamento acustico previsti dalla vigente normativa.

All’esito di quanto indicato la posizione contraria assunta dal Comune riguarda genericamente l’incompatibilità dell’uso con la prevista destinazione residenziale dell’area nel piano in itinere, senza alcuna specificazione in ordine ad eventuali motivi sostanziali di contrarietà alla localizzazione dell’impianto in quell’area e alla realizzazione della variante urbanistica come effetto ex lege dell’approvazione del progetto.

In tale contesto la motivazione data dalla Provincia, all’esito della Conferenza di servizi e le relative prescrizioni inerenti alla mobilità, appaiono sufficienti a giustificare a livello motivazionale la scelta di superare il parere negativo del Comune.

Non risultano, difatti, in senso contrario, specifiche ragioni, oltre la generica contrarietà al PRG in itinere, per evitare la localizzazione in quell’area che, peraltro, in base al PRG, all’epoca ancora vigente, era deputata a funzione anche di area industriale.

6.4) Con il quarto motivo di ricorso il Comune ha lamentato, oltre che il già scrutinato profilo sul contrasto con il PRG in itinere, che la Regione avesse fissato nel piano di organizzazione e smaltimento rifiuti dei criteri per la localizzazione degli impianti, indicando come privilegiate le zone industriali, e che sarebbero state violate le distanze dai centri abitati.

Le doglianze non risultano fondate.

La censura sulle distanze dai centri abitati risulta essere stata formulata in via del tutto generica, così come quella sulla contrarietà ai criteri vincolanti di localizzazione all’interno di aree industriali.

Parte ricorrente ha meramente dedotto tali circostanze, non specificando le singole disposizioni violate e si è astenuta dal produrre in giudizio il piano di organizzazione e smaltimento rifiuti che, in ogni caso, avrebbe avuto una valenza solo indicativa e di massima, non vincolando in modo definitivo l’autorità procedente.

6.5) Infondato è anche il sesto motivo del ricorso principale, con cui il Comune, dopo aver premesso che l’autorizzazione provinciale sostituisce, ai sensi dell’art. 17, comma VII, della L.R. n. 11/95, anche la concessione edilizia, ha lamentato la violazione delle norme di salvaguardia che sospendono il rilascio di concessioni edilizie per quegli insediamenti che non siano conformi, oltre che alla vecchia, anche al nuovo strumento urbanistico in itinere.

Al riguardo, il Collegio si limita ad evidenziare come la stessa previsione dell’art. 17, comma VII, della L.R. n. 11/95, disponendo che il rilascio dell’autorizzazione operi come variante allo strumento urbanistico generale, impedisce di ravvisare il contrasto sia con lo strumento urbanistico vigente che con quello in itinere.

La disposizione indicata, difatti, a causa della sua specialità e della sua ratio di permettere la localizzazione di impianti sul territorio ove possibile modificando la destinazione urbanistica, dispiega necessariamente i suoi effetti di variante anche sul piano in itinere senza che possano venire in rilievo le misure di salvaguardia.

Il ricorso principale va pertanto rigettato.

7) Quanto al ricorso per motivi aggiunti, anch’esso si rivela infondato.

7.1) Al riguardo è innanzitutto da rigettare l’eccezione di legittimazione attiva, formulata dal controinteressato, per aver il Comune impugnato l’autorizzazione alla variante nonostante avesse partecipato alla Conferenza di servizi del 14.6.2001.

Il Collegio ripropone al proposito le motivazioni già addotte al precedente punto 5) per il rigetto di analoga censura nei confronti della Conferenza di servizi del 15.10.1999 del provvedimento originario di autorizzazione dell’impianto, trattandosi anche in questo caso di Conferenza di servizi istruttoria ed essendo identici i termini della questione.

8) Venendo al merito risulta innanzitutto infondato, per i motivi indicati nei punti che precedono, il profilo dedotto al primo punto del ricorso per motivi aggiunti relativo all’illegittimità derivata della Delibera della Giunta Provinciale n. 510/2001 da quella dei provvedimenti gravati nel ricorso principale e di quello impugnato con il ricorso di cui al R.G. 19/99, essendo stati i relativi profili di illegittimità tutti già scrutinati e rigettati.

9) Infondate risultano, altresì, le censure relative all’iter procedimentale della Conferenza di servizi del 14.6.2001.

9.1) Si palesano infondate le censure relative al mancato rispetto dell’art. 27 del D.Lgs. n. 22/1997 ed dell’art. 34 L.R. 18/1999, in quanto alla Conferenza di servizi non avrebbero partecipato diversi uffici della Provincia, l’ARPAL e lo stesso Comune di Genova, nonché alla dedotta circostanza che non sarebbe stato effettuato un adeguato esame degli aspetti relativi alla compatibilità del progetto con le esigenze del territorio e dell’ambiente ed, infine, non si sarebbe tenuto debitamente conto del parere negativo del Comune di Genova, fatto pervenire in sede di conferenza, relativamente alla incompatibilità con gli strumenti urbanisti, ancorchè si vertesse in una materia di competenza comunale.

In ordine all’assenza di alcuni uffici della Provincia, dell’ARPAL e dello stesso Comune, il Collegio ribadisce come la mancata presenza alla Conferenza di servizi di tutti gli enti legittimati a partecipare non influisce sulla validità della medesima, basta che gli stessi siano stati convocati, non operando la Conferenza di servizi come un collegio perfetto, tanto più se decisoria.

Ciò tanto più alla luce del fatto che gli enti indicati avevano fatto pervenire il loro parere in ordine alla questione trattata.

Per quanto concerne il parere negativo del Comune sugli aspetti urbanistici, il Collegio evidenzia come, in ogni caso, l’autorizzazione in discussione fosse relativa alla variante di un progetto già approvato e non sussistessero quindi ulteriori spazi per contestare l’ubicazione iniziale dell’impianto, essendo peraltro già intervenuta la variante dello strumento urbanistico in sede di autorizzazione iniziale ex art. 17 della L.R. n. 11/1995.

Il Collegio richiama, inoltre, quanto già indicato nel punto 6.1 in ordine alla possibilità da parte della Provincia di superare in sede di autorizzazione finale il parere negativo del Comune per contrarietà agli strumenti urbanistici, stante l’analoga disciplina di cui all’art. 27 del D.Lgs. n. 22/1997 e dalla L.R. 18/1999.

9.2) Generica si presenta la censura relativa alla circostanza che, sebbene si trattasse di una variante, sia stato seguito l’iter procedimentale relativo alla localizzazione di nuovi impianti, non avendo indicato il ricorrente quale iter procedimentale alternativo avrebbe dovuto seguire la domanda di variante.

Priva di pregio è la censura relativa al fatto che la procedura seguita fosse stata quella prevista per l’art. 34 della L.R. 21.6.1999, n. 18, per le varianti sostanziali degli impianti già autorizzati, a fronte della circostanza che nel verbale della Conferenza di servizi del 14.12.2001 si sarebbe affermato trattarsi di varianti non sostanziali.

Nel verbale della Conferenza di servizi non sono state tecnicamente qualificate le modifiche richieste come non sostanziali ai sensi di quanto previsto dall’art. 35 della L.R. 21.6.1999, n. 18.

La frase del verbale della Conferenza di servizi interessata si limita ad affermare che “la modifica del progetto risulta non sostanziale ai fini del rispetto di quanto disposto in materia di smaltimento di rifiuti, ma si configura come una riduzione dell’insediamento nel suo complesso sotto il profilo”.

La frase è chiaramente volta non a classificare tecnicamente “non sostanziale” la variante apportata bensì dare atto che le suddette modifiche non sarebbero andate a modificare il complessivo quadro di rispetto della normativa sullo smaltimento dei rifiuti.

Prova ne sia che la relazione dell’Area 08 Ambiente della Provincia (prot. 45593) - dalla cui lettura in sede di conferenza di servizi si sarebbe tratta la conclusione della non sostanzialità della modifica ai fini del rispetto di quanto disposto in materia di smaltimento rifiuti - non da alcuna classificazione della variante come non sostanziale.

Infondata risulta, altresì, la doglianza che non sarebbe stata portata a termine l’intera istruttoria prevista dall’art. 34 della medesima L.R. 21.6.1999, n. 18 - che a sua volta richiama i procedimenti definiti dagli articoli 27 e 28 del D.Lgs. n. 22/1997 - e, in particolare, che non sia stata ripetuta la Valutazione di Impatto Ambientale.

Al riguardo si evidenzia come la Valutazione di Impatto Ambientale per il progetto originario fosse stata rilasciata solo nel 1999 e si trattasse di una variante riduttiva, consistendo in una diminuzione di volumetria delle strutture e non comportante variazioni in aumento dei parametri relativi ai rifiuti trattati.

L’approvazione della variante, pertanto, come indicato dalla Regione Liguria nella nota prot. 145122/2099 del 23.10.2000, non doveva essere assoggettata ad una nuova procedura di valutazione di impatto ambientale.

La rinnovazione del giudizio di compatibilità ambientale, difatti, si impone solamente allorché le varianti progettuali determinino la costruzione di un intervento significativamente diverso da quello già esaminato, nel senso che vadano a variare qualitativamente o quantitativamente l’impatto ambientale, mutando la sua natura, le dimensioni o l’ubicazione (Consiglio Stato, sez. VI, 31 gennaio 2007, n. 370) e non risulta necessaria per una variante in diminuzione come quella in questione.

9.3) Infondata è, altresì, la censura relativa al supposto travisamento del parere negativo fatto pervenire dal Comune in sede di Conferenza di servizi sul profilo dell’incompatibilità con la destinazione prevista nel PUC approvato con DPGR n. 44 del 2001, nonché quella attinente al fatto che tale parere sia stato considerato superabile dalla Provincia, che però non si sarebbe pronunciata in merito alle ragioni per l’assunzione di tale posizione.

Al riguardo si rileva innanzitutto che trattasi di una variante di un impianto già autorizzato (per il quale si era quindi già prodotto l’effetto di automatica variante dello strumento urbanistico), per cui non possono venire in rilievo questioni, come quella dell’incompatibilità con il PUC, relative al posizionamento iniziale.

In secondo luogo il Collegio richiama quanto già indicato nel punto 6.3), relativamente alla legittimità della scelta della Provincia di superare il parere negativo del Comune per incompatibilità con lo strumento urbanistico comunale, considerato, altresì, che in sede di autorizzazione della variante non sono venute in rilievo circostanze nuove ed ulteriori rispetto alla scelta effettuata in sede di autorizzazione iniziale.

Inoltre, ancora una volta l’avviso negativo del Comune (parere n. 258 dell’1.6.2001) è stato reso sulla sola base della discrasia formale della destinazione di zona rispetto al nuovo PUC, senza specificare ragioni sostanziali di incompatibilità con l’assetto urbanistico previsto .

In particolare, il Comune, nel parere negativo suindicato, ha ammesso che la variante avrebbe comportato la realizzazione di un solo capannone, per una superficie coperta complessiva di mq. 990, al posto degli iniziali due capannoni per una superficie complessiva di mq. 1462.

Ha ammesso, altresì, che detta variante avrebbe contribuito a ridurre sensibilmente l’impatto sul territorio dell’insediamento, mediante una sensibile riduzione delle dimensioni e la previsione di piantumazioni lato sud e nell’area adiacente da adibire a parcheggio.

Ha quindi ha motivato la sua contrarietà in base al solo profilo formale della caratterizzazione residenziale dell’area formalmente contenuta nel PUC.

Al riguardo, in sede di Conferenza di servizi la positiva valutazione è stata supportata da specifica motivazione, attinente alla natura riduttiva della variante, ammessa dal Comune stesso, e la considerazione che l’attività in questione sarebbe stata svolta all’interno della struttura edilizia, al cui intorno sarebbero state realizzate delle opere di mitigazione attraverso la realizzazione di quinte vegetali, con ciò contribuendo alla qualificazione dell’insediamento ed a rendere compatibile lo stesso con il circostante contesto residenziale.

Tale motivazione appare adeguata e idonea a giustificare l’approvazione della variante pur in presenza del parere negativo da parte del Comune, anche in forza di quanto già precedentemente indicato sulla natura istruttoria della Conferenza di servizi in questione, sulla peculiarità del procedimento relativo all’approvazione di progetti per impianti di trattamento rifiuti e sulla competenza decisionale in capo alla Provincia.

9.4) Infondata risulta, altresì, la censura relativa all’illegittimità della determinazione impugnata in quanto quest’ultima, costituendo variante ex lege allo strumento urbanistico comunale, avrebbe necessitato l’assenso del Comune, che ha competenza esclusiva in materia.

Al riguardo il Collegio richiama altresì quanto indicato nel punto 6.1) relativamente alla natura della conferenza di servizi, alla peculiarità del procedimento autorizzativo in esame e alla competenza decisionale in capo alla Provincia, nonché quanto al punto 9.1) in ordine alla natura solo modificativa del provvedimento di autorizzazione alla variante senza che residuasse spazio per contestare l’ubicazione iniziale dell’impianto, nonché, inoltre, quanto indicato nel precedente punto 9.3) in ordine all’idoneità della motivazione resa a superare il parere negativo del Comune.

9.5) Infondata risulta, infine, la censura relativa alla circostanza che la determinazione della Conferenza di servizi sarebbe stata assunta in assenza dei rappresentanti di diversi enti fra cui il rappresentante della Regione, la cui presenza risultava necessaria in quanto opera sottoposta a V.I.A., ai sensi della deliberazione di Giunta regionale n. 1883 del 24.7.1998.

Al riguardo il Collegio richiama quanto già indicato nei punti 6.2) e 9.1) in ordine alla non necessità della partecipazione unanime alla Conferenza per la validità delle determinazioni di quest’ultima.

Per quanto riguarda la mancata presenza della Regione, il Collegio specifica come la richiamata deliberazione di Giunta regionale n. 1883 del 24.7.1998, evidenzi come la disciplina degli artt. 17 e 18 della L.R. n.11/1995 risulti superata a seguito di sopravvenuta normativa (L.R. n. 36/1997 e D.Lgs. n. 22/1997) nel punto in cui prevedeva la partecipazione della Regione alle conferenze di servizi indette dalla Provincia per l’approvazione di progetti di impianti inerenti al ciclo di rifiuti come quello in questione, con l’eccezione dei casi aventi ad oggetto l’effettuazione di opere per cui venga richiesta la procedura di Valutazione di Impatto Ambientale.

Nel caso di specie, come indicato nel punto 9.2), la variante in questione, per stessa indicazione della Regione con la nota prot. 145122 del 23.10.2000, non doveva essere sottoposta a una nuova procedura di Valutazione di Impatto Ambientale e, pertanto, la mancata partecipazione della Regione non vizia le risultanze finali della Conferenza di servizi

10) Anche le censure relative ai vizi propri della gravata deliberazione n. 510/2001 si rivelano infondate.

10.1) Al riguardo, infondata si rivela la censura relativa alla circostanza che sia stato approvato un progetto in contrasto con gli strumenti urbanistici comunali senza l’assenso del Comune e in spregio della sua competenza in tale ambito.

Ciò per le motivazioni già esposte di cui ai punti 9.1) e 9.3) nell’ambito dell’esame di analoga censura nei confronti della determinazione finale della Conferenza di servizi del 14.6.2001.

10.2) Parte ricorrente ha lamentato altresì che, nell’approvare il progetto, la Provincia avrebbe omesso di valutare le risultanze dell’istruttoria e i singoli pareri resi, non dando conto delle ragioni che l’avevano indotta a superare il parere negativo espresso dal Comune sul profilo urbanistico.

Anche tale censura risulta priva di pregio, in quanto la Provincia nell’approvare il progetto si è richiamata alle risultanze della Conferenza di servizi dove, come indicato nel punto 9.3), sono state evidenziate le ragioni, peraltro espresse da un ufficio regionale, per cui, pur in presenza di un parere comunale negativo sull’aspetto urbanistico, è stato ritenuto che il progetto potesse essere approvato.

A fronte dell’espresso richiamo alle risultanze della Conferenza di servizi non era necessario quindi che l’atto finale riproducesse le ragioni per cui è stato ritenuto superabile il parere negativo comunale.

10.3) Infondata risulta, infine, anche la censura relativa al fatto che l’autorizzazione rilasciata sarebbe in contrasto con il vigente PUC.

Quest’ultimo, prevedendo per quella zona una destinazione principalmente residenziale, non consentirebbe l’installazione di un impianto per lo smaltimento di rifiuti speciali, che risulterebbe altresì in contrasto con i criteri dettati ai fini della localizzazione degli impianti di smaltimento rifiuti, secondo i quali la suddetta localizzazione deve essere effettuata in zone con destinazione industriale.

Il Collegio richiama al riguardo le motivazioni già espresse ai punti 9.1) e 9.4) sulla natura solo modificativa della variante richiesta rispetto all’autorizzazione già conseguita, che non consente di esperire valutazioni ex novo sulla localizzazione iniziale dell’impianto, nonché le motivazioni espresse al punto 6.1) e 9.4) sulla competenza della Provincia a disporre la localizzazione dell’impianto pur in contrasto con gli strumenti urbanistici comunali, con l’effetto di costituirne variante, e salvo motivazione.

Al tempo stesso il Collegio richiama la genericità delle affermazioni relative alla violazione delle norme di localizzazione degli impianti e il carattere solo indicativo delle stesse già indicati nel punto 6.4, ribadendo, in particolare, come parte ricorrente abbia meramente dedotto tali circostanze non specificando le singole disposizioni violate ed astenendosi dal produrre i suddetti criteri di localizzazione che, in ogni caso, avrebbero avuto una valenza solo indicativa e di massima, non vincolando in modo definitivo l’autorità procedente.

11) Per tali ragioni, il ricorso di cui al R.G. 19/1999 deve essere dichiarato improcedibile.

Il ricorso principale ed il ricorso per motivi aggiunti di cui al R.G. 1234/99 debbono essere rigettati.

Per quanto riguarda le spese di giudizio il Collegio ritiene che, in considerazione della peculiarità della vicenda, la complessità delle questioni trattate e vista, altresì, la risalenza della controversia, sussistano eccezionali motivi per disporne la compensazione integrale tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sui ricorsi, come in epigrafe proposti,

- riunisce il ricorso di cui al R.G. 1234/1999 al ricorso di cui al R.G. 19/96;

- dichiara inammissibile il ricorso di cui al R.G. 19/96 e rigetta il ricorso principale ed il ricorso per motivi aggiunti di cui al R.G. 1234/1999 per le ragioni di chi in motivazione.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Genova nella camera di consiglio del giorno 22 marzo 2012 con l'intervento dei magistrati:

Santo Balba, Presidente

Paolo Peruggia, Consigliere

Fabrizio D'Alessandri, Primo Referendario, Estensore





L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE










DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 23/05/2012