Trib. Milano - Uff. GIP sent. 23 marzo 2006
Est. Luerti Imp. A. ed altri

Attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti

N. 28600/2002 RGNR
N. 2175/2006 RGGIP stralciato dal N. 5227/2002 RGGIP


Tribunale di Milano
Ufficio del Giudice per le indagini preliminari
_____________________________

Repubblica Italiana
In nome del popolo italiano

Il giudice Dr. Simone Luerti ha pronunciato la seguente sentenza nel procedimento contro:

A.F.
elettivamente domiciliato presso il difensore di fiducia
avv. Alberto Talamone con studio in Gallarate (VA) via D. Chiesa 6

B.G.
difeso di fiducia dall’avv. Andrea Righi con studio in Milano via Monte Nero 88
e dall’avv. Claudio Bruno Marcolini con studio in Macerata via Cosimo Morelli 27

C.P.P.
elettivamente domiciliato presso il difensore di fiducia
avv. Mario Brusa con studio in Milano viale Piave 11
difeso altresì di fiducia dall’avv. Sergio Spagnolo con studio in Milano viale Piave 11

C.G.
elettivamente domiciliato presso il difensore di fiducia
avv. Davide Steccanella con studio in Milano via Fontana 4

D.M.N.
elettivamente domiciliato presso il difensore di fiducia
avv. Alfio Bonomo con studio in Bergamo via San Lazzaro 14

F.F.
elettivamente domiciliato presso il difensore di fiducia
avv. Piermaria Corso con studio in Milano viale Regina Margherita 39
difeso altresì di fiducia dall’avv. Loriana Zanuttigh con studio in Pavia P.tta Garavaglia 1

M.P.P. nata a Milano il 26.11.1945
domiciliata in Milano via Macedonio Melloni 10
difesa di fiducia dall’avv. Loriana Zanuttigh con studio in Pavia Pz.tta Garavaglia 1

P.P. nato a Macerata il 19.5.1948
difeso di fiducia dall’avv. Andrea Righi con studio in Milano via Monte Nero 88
e dall’avv. Claudio Bruno Marcolini con studio in Macerata via Cosimo Morelli 27

R.A.
con domicilio dichiarato in Lendinara (RO) via Riviera IV Novembre 22
difeso d’ufficio dall’avv. Roberto Rovere con studio in Milano via Ciro Menotti 6

S.P
difeso di fiducia dall’avv. Nicola De Lillo e dall’avv. Simone Centemero
entrambi con studio in Milano via Larga 8

V.L.
elettivamente domiciliato presso il difensore di fiducia
avv. Paolo Siniscalchi con studio in Milano via Podgora 13
difeso altresì di fiducia dall’avv. Iolanda Campolo con studio in Milano via Podgora 13

V.D.
difeso di fiducia dall’avv. Guido Murdolo con studio in Busto Arsizio Largo Giardino 7

IMPUTATI

(1)
del reato p. e p. dagli artt. 81 – 110, 112 nr. 1 c.p., 53 bis del D.L gs 22/97, per avere, al fine di conseguire un ingiusto profitto, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, previo specifico accordo collusivo e fraudolento, con più operazioni e con l’allestimento di mezzi e attività continuative organizzate, gestito abusivamente, smaltendoli presso la discarica pubblica di Gorla Maggiore, ingenti quantità di rifiuti pericolosi e non pericolosi; in particolare L. S.E. S.p.A., tramite il coordinamento di A. Salvatore e il diretto coinvolgimento di A. Mario, A. Valeria, A. Antonella e di B. Myriam, faceva trasportare per mezzo di T. Mirko, D.F. Domenico, V.D., P.Salvatore, M. Pablo e A.F. presso la discarica di Gorla Maggiore autorizzata per lo smaltimento di rifiuti solidi urbani assimilati con la complicità retribuita indebitamente, del direttore tecnico C.G. e dei dipendenti C. Giuseppe, D. Biagio e L. Angelo, ingenti quantità di rifiuti non urbani ossia rifiuti speciali (ad esempio, pneumatici).
In Milano, Olgiate Olona, Gorla dal gennaio 2001 al dicembre 2003


(2)
A. Salvatore, A.F., D.F. Michele, B. Myriam, M. Pablo, C. Ettore, C. Roberto, D.F. Domenico, M. Francesco.
del reato p. e p. dagli artt. 81 – 110, 112 nr. 1 c.p., 53 bis del D.L vo 22/97, per avere, al fine di conseguire un ingiusto profitto, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, previo specifico accordo collusivo e fraudolento, con più operazioni e con l’allestimento di mezzi e attività continuative organizzate, gestito abusivamente, smaltendoli presso l’azienda agricola T. S.a.s.. di C. Giuseppe, ingenti quantità di rifiuti speciali, costituiti prevalentemente da terra di spazzamento e in particolare, la L.S.E. S.p.A., tramite il coordinamento di A. Salvatore e il diretto coivolgimento di A. Francesco e B. Myriam, faceva trasportare, al ritmo di 3 o 4 camion il giorno, ingenti quantitativi di rifiuti speciali (gesso – terra ed asfalto – terre di spazzamento) per mezzo di D.F. Domenico, M. Pablo, T. Mirko, M. Francesco, con il ruolo di autisti presso l’azienda agricola T. sas, con la complicità di C. Ettore indebitamente retribuito, non autorizzata a ricevere i rifiuti indicati e con i quali veniva realizzato composto destinato all’agricoltura.
In Milano, Olgiate Olona, Fino Mornasco dal giugno 2002 al dicembre 2003

(3)
A. Salvatore, A. Mario, A.F., D.F. Michele, B. Myriam, T. G.B., S. Diego.
del reato p. e p. dagli artt. 81 – 110, 112 nr. 1c.p., 53 bis del D.L vo 22/97 per avere, al fine di conseguire un ingiusto profitto, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, previo specifico accordo collusivo e fraudolento, con più operazioni e con l’allestimento di mezzi e attività continuative organizzate, gestito abusivamente, smaltendoli presso la società P.. S.r.l. di S. Diego, ingenti quantità di rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi, in particolare La L.S.E. S.p.A. tramite il coordinamento di A. Salvatore ed il diretto coinvolgimento di A. Mario e B. Myriam, dopo aver preso in consegna ingenti quantità di rifiuti consistiti in terre di spazzamento strade, li faceva trasportare presso L.L. e poi, per mezzo di A.F., dopo averli mescolati con l’apporto di D.F. Michele con altri rifiuti, presso la società P. srl con la complicità del titolare S. Diego e di T. G. B. che svolgeva il compito di accordarsi sui prezzi e di calcolare e verificare modalità e quantità del traffico illecito;
In Milano, Olgiate Olona dal marzo 2003 ad agosto del 2003

(4)
A. Salvatore, A.F., A. Valeria, A. Antonella, D.F. Michele, B. Myriam, C. Domenico, C. Antonio, B. Roberto.
del reato p.e p. dagli artt. 81 – 110, 112 nr. 1c.p., 53 bis del D.L vo 22/97, per avere, al fine di conseguire un ingiusto profitto, con più operazioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, previo specifico accordo collusivo e fraudolento, con più operazioni e con l’allestimento di mezzi e attività continuative organizzate, gestito abusivamente, smaltendoli presso la società C. Antonio, ingenti quantità di rifiuti pericolosi e non pericolosi, in particolare La L.S.E. S.p.A. tramite il coordinamento di A. Salvatore ed il diretto coinvolgimento di A. Valeria, A. Antonella e B. Myriam, faceva trasportare per mezzo di A.F. e C. Domenico ingenti quantitativi di rifiuti pericolosi e non pericolosi, nascosti nei camion sotto strati di terra con l’apporto di D.F. Michele, presso diversi luoghi all’aperto dove venivano scaricati con la collaborazione di B. Roberto, a sua volta istruito ed indirizzato da C. Antonio, destinatario delle somme di denaro corrisposte per le operazioni clandestine da A. Salvatore all’interno di buche, create per l’occasione, e successivamente interrati.
In Milano, Olgiate Olona, Rho dal marzo 2003 ad agosto del 2003

(5)
A. Salvatore, A.F., A. Valeria, D.F. Michele, B. Myriam, C. Pasquale, V.D., M. Pablo, M. Francesco, P.Salvatore, C.P.A. ed altri in corso di identificazione.
del reato p.e p. dagli artt. 81 – 110, 112 nr. 1c.p., 53 bis del D.L vo 22/97 per avere, al fine di conseguire un ingiusto profitto, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, previo specifico accordo collusivo e fraudolento, con più operazioni e con l’allestimento di mezzi e attività continuative organizzate, gestito abusivamente, smaltendoli ed interrandoli presso la società C.F. S.p.a., ingenti quantità di rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi costituiti da terra di spazzamento; in particolare La L.S.E. SpA con il coordinamento di A. Salvatore e con il fattivo coinvolgimento di C.P.A., B. Myriam, A. Valeria e A.F. (gli ultimi due anche con compiti materiali diretti ad aprire i cancelli della cartiera e a formare buche dove occultare illecitamente i rifiuti) faceva trasportare, prelevandole in parte presso la E. di S.P., miscele di rifiuti pericolosi che, dopo essere stati occultati con cura nei camion sotto uno strato di terra attraverso l’apporto di D.F. Michele, venivano smaltiti con la complicità degli autisti V.D., M. Pablo, M. Francesco e C. Pasquale, presso la C.F. dove in ultimo si interravano.
In Milano, Olgiate Olona, Fagnano Olona dal luglio 2003 ad agosto del 2003

(6)
A. Salvatore, A.F., A. Mario, A. Valeria, D.F. Michele, V.D. M. Pablo, C.G., M.S., C. Giuseppe, D. Biagio, L. Angelo ed altri in corso di identificazione.
del reato p.e p. dagli artt. 81 – 110, 112 nr. 1c.p., 53 bis del D.L vo 22/97, per avere, al fine di conseguire un ingiusto profitto, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, previo specifico accordo collusivo e fraudolento, con più operazioni e con l’allestimento di mezzi e attività continuative organizzate, gestito abusivamente, smaltendoli presso la discarica di Gorla Maggiore, ingenti quantità di rifiuti pericolosi e non pericolosi costituiti di “cisternette”, contenenti sostanze solventi, provenienti dall’impianto della società LFM. S.p.A. di V. (TO); in particolare La L.S.E. S.p.A. tramite il coordinamento di A. Salvatore ed il diretto coinvolgimento di A. Mario, A. Valeria, prendeva in consegna dalla LFM S.p.A. ingenti quantitativi di rifiuti pericolosi e non, costituiti da “cisternette” contenenti sostanze solventi, previo rilascio, con la complicità di M.S., di documentazione di accompagnamento attestante tipologia di rifiuto compreso tra quelli che L.L. S.p.A. era autorizzata a ricevere, e li faceva trasportare per mezzo degli autisti V.D., M. Pablo, prima presso la sede della L.L. S.p.A. dove, con l’apporto di D.F. Michele venivano miscelati a terra ed altri rifiuti e poi presso la discarica E. S.p.A. di Gorla Maggiore autorizzata a ricevere solo rifiuti urbani ed assimilati attraverso la complicità del direttore tecnico C.G. e dei dipendenti C. Giuseppe, D. Biagio e L. Angelo, indebitamente retribuiti per lo scopo.
In Milano, Olgiate Olona, Gorla, dal marzo 2003 ad agosto del 2003

(8)
T. G. B., A. Salvatore, A. Antonella, R.A., ed altri in corso di identificazione.
del reato p.e p. dagli artt. 81 – 110, 112 nr. 1 c.p.,, 53 bis del D.L vo 22/97 per avere, al fine di conseguire un ingiusto profitto, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, previo specifico accordo collusivo e fraudolento, con più operazioni e con l’allestimento di mezzi e attività continuative organizzate, gestito abusivamente, smaltendoli presso la società La L.S.E. S.p.a., ingenti quantità di rifiuti pericolosi costituiti da miscele di più rifiuti pericolosi e non, detenute dalla società M. s.r.l.;
In particolare La L.S.E. SpA tramite il coordinamento di A. Salvatore e il coinvolgimento diretto di A. Antonella, riceveva ingenti quantità di rifiuti pericolosi costituiti da miscele di più rifiuti pericolosi e non provenienti dalla società M. srl con formulari falsi e false analisi identificative, accordandosi con il consigliere della M. R.A. tramite l’opera di intermediazione ed organizzazione di T. G.B..
In Milano, Olgiate Olona Settimo Milanese dal marzo 2003 ad agosto del 2003

(10)
A. Salvatore, M. Pablo, A.F., B. Myriam, C. Roberto, C. Ettore M. Rino, D.M.N.Marco, P. Pier Luigi, V.L., C.P.P. , C. Antonio.
del reato p.e p. dagli artt. 81 – 110, 112 nr. 1 c.p. , 53 bis del D.L gs 22/97, per avere, al fine di conseguire un ingiusto profitto, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, previo specifico accordo collusivo e fraudolento, attraverso l’allestimento di mezzi e attività continuative, gestito abusivamente, con artifizi, ingenti quantità di rifiuti speciali provenienti dalla tritovagliatura degli rifiuti urbani dell’impianto di Giffoni Valle Piana, poi abusivamente smaltiti presso la T. di C. Giuseppe di Fino Mornasco, la SC. srl di P. Gino, la P. srl di S. Diego e presso la discarica per rifiuti speciali non pericolosi della società E spa di Grottaglie;
In particolare la società La L.S.E. tramite il coordinamento di A. Salvatore e la fattiva collaborazione di B. Myriam e A.F. si accordava con D.M.N.Marco, C.P.P. e M. Rino per smaltire ingenti quantità di rifiuti solidi urbani provenienti dall’impianto di tritovagliatura di Giffoni Valle Piana (SA), trasportati con la complicità di V.L. della V. autotrasporti srl e di C. Antonio della C. Autotrasporti, presso la sede di Castenaso (BO) della S srl (autorizzata per il ritiro) e poi subito inviati con nuovo codice presso L.L. che a sua volta provvedeva a smaltirli illecitamente con la complicità di C. Roberto e M. Pablo presso la T. di C. Giuseppe di Fino Mornasco (CO), previe intese con C. Ettore presso la SC. srl, previe intese con P. Gino, presso la P. srl, previe intese con S. Diego, presso la discarica E di Grottaglie (TA), mediante meccanismi fraudolenti diretti ad occultare la vera natura e provenienza del rifiuto.
Nel mese di settembre, ottobre e novembre del 2003 in Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna, Campania, Puglia.

(11)
A. Salvatore, A. Mario, A.F., B. Myriam, C. Ettore, C. Roberto, F.F., M.P.P. Adele, M. Rino.
del reato p.e p. dagli artt. 81 – 110, 112 nr. 1 cp , 53 bis del D.L vo 22/97, perché, in concorso tra loro ed al fine di conseguire un ingiusto profitto, con più operazioni e attraverso l’allestimento di mezzi e attività continuative organizzate, gestivano abusivamente ingenti quantitativi di rifiuti, per un totale di 431.000 Kg di rifiuti pericolosi aventi codice CER 150110 P, costituiti da Imballaggi contenenti residui di sostanze pericolose contaminate di tale sostanza, prodotti dalla S S.r.l. presso il cantiere della DBA, in via Donizetti n. 3/L nel comune di Assago;
in particolare la L.S.E. S.p.a., tramite il coordinamento di A. Salvatore e il diretto coinvolgimento di A.F., A. Mario e B. Myriam, prelevava le predette sostanze e le trasportava, tramite la NR srl e la T. di C. Giuseppe presso la ET S.p.a., la quale consegnava un nuovo formulario senza praticare alcun trattamento reale, con il contributo personale ed il consenso di A. Salvatore, del direttore tecnico dell’ET, F.F., e degli amministratori delegati M.P.P. Adele e M. Rino; a questo punto i rifiuti, fittiziamente codificati come CER 190203 (rifiuto non pericoloso), venivano consegnati alla T. di C. Giuseppe per lo smaltimento presso il capannone di via Scalabrini, in Como .
In Milano, Assago, Olgiate Olona e Como dal 15.9.2003 al 19.9.2003

(12)
A.F., A. Mario, A. Salvatore, B. Myriam, C. Roberto, D.F. Michele, F.F., M.P.P. Adele, M. Rino.
del reato p.e p. dagli artt. 81 – 110, 112 nr. 1 cp , 53 bis del D.L vo 22/97, perché, in concorso tra loro ed al fine di conseguire un ingiusto profitto, con più operazioni e attraverso l’allestimento di mezzi e attività continuative organizzate, gestivano abusivamente ingenti quantitativi di rifiuti, per un totale di 422.000 Kg di rifiuti pericolosi, prodotti dalla S S.r.l. presso il comune di Ceriano Laghetto;
in particolare la L.S.E. S.p.a., tramite il coordinamento di A. Salvatore e il diretto coinvolgimento di A.F., A. Mario, B. Myriam e D.F. Michele, prelevava le predette sostanze e le trasportava, tramite C. Roberto , presso la ET S.p.a., la quale consegnava un nuovo formulario senza praticare alcun trattamento reale, con il contributo personale ed il consenso di A. Salvatore, del direttore tecnico dell’ET, F.F., e degli amministratori delegati M.P.P. Adele e M. Rino; a questo punto i rifiuti, venivano smaltiti dalla stessa L.S.E. S.p.a..
In Milano, Ceriano Laghetto e Olgiate Olona dal 6.10.2003 al 22.10.2003

(14)
C.P.P., M. Rino, V.L., S.P., D.M.N., N. Franco.
del reato p. e p. dagli artt. 81 cpv, 110, 112 nr. 1 C.P., 53 bis D.Lgs 22/1997, per aver, al fine di conseguire un ingiusto profitto, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, previo specifico accordo collusivo e fraudolento, attraverso l’allestimento di mezzi ed attività continuative , gestito abusivamente, con artifizi, ingenti quantità di rifiuti speciali provenienti dalla tritovagliatura dei rifiuti urbani dell’impianto di Giffoni Valle Piana (SA) e Impregeco di Paulisi (BN) poi smaltiti presso la discarica per rifiuti speciali non pericolosi della società T.E.A. S.p.A. ubicata nel Comune di M. Mantovana. In particolare tutti in concorso tra loro concordavano di far confluire i rifiuti provenienti dalla Campania (come più sopra indicato) prima presso la S s.r.l. (di cui era amministratore C.) poi presso la ditta C. RIFIUTI srl (di cui era legale rappresentante N. Franco) tramite vettori della V. SUD Autotrasporti (con cui lavorava V.L.) per essere poi, senza subire alcuna operazione ed alcun trattamento con semplice doppio cambio bolla, smaltiti presso la discarica T.E.A. S.p.A. di Mantova.
Nei mesi di settembre, ottobre e novembre del 2003 in Lombardia, Emilia Romagna e Campania.

(15)
B.G., C.P.P., C. Paolo, P.P., M. Rino, V.L. , D.M.N.Marco.
del reato p. e p. dagli artt. 81 cpv, 110, 112 nr. 1 C.P., 53 bis D.Lgs 22/1997, per aver, al fine di conseguire un ingiusto profitto, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, previo specifico accordo collusivo e fraudolento, attraverso l’allestimento di mezzi ed attività continuative, gestito abusivamente, con artifizi, ingenti quantità di rifiuti speciali provenienti dalla tritovagliatura dei rifiuti urbani dell’impianto di Giffoni Valle Piana (SA) e Impregeco di Paulisi (BN) poi abusivamente smaltiti presso la discarica per rifiuti speciali non pericolosi della società V: s.r.l. ubicata nella Regione Puglia, nel Comune di Taranto. In particolare tutti in concorso tra loro concordavano di far confluire i rifiuti provenienti dalla Campania (come più sopra indicato) prima presso la S (di cui era amministratore C.) poi presso la ES s.r.l. (di cui era legale rappresentante P.P.) tramite vettori della V. SUD Autotrasporti (con cui lavorava V.L.) per essere poi, senza subire alcuna operazione ed alcun trattamento con semplice giro bolla, smaltiti presso la discarica V: srl (di cui era amministratore C. Paolo).
Nei mesi di settembre, ottobre e novembre del 2003 in Lombardia, Emilia Romagna e Campania.

(16)
C.G.
del reato p. e p. dagli art. 81 cpv, 319 C.P., art. 99 c. 1 e 4 C.P., per aver prima come responsabile tecnico e poi come direttore della discarica pubblica di Gorla Maggiore e quindi incaricato di pubblico servizio, con più azioni del medesimo disegno criminoso, accettato la promessa e poi ricevuto da A. Salvatore ed A.F., una somma di denaro quantificata tra i 50.000 ed i 75.000 Euro nonché un anello ed un bracciale in oro al fine di omettere e compiere atti contrari ai doveri di ufficio ovvero per aver omesso e commesso atti contrari ai doveri d’ufficio, in particolare per aver illecitamente consentito alla società “ La L.S.E. S.p.A.,” lo smaltimento di ingenti quantitativi di rifiuti non urbani ossia rifiuti speciali (ad esempio, pneumatici) nonché ingenti quantità di rifiuti pericolosi e non pericolosi costituiti di “cisternette”, contenenti sostanze solventi, provenienti dall’impianto della società LFM. S.p.A. di V. (TO), in violazione delle norme sul corretto smaltimento dei rifiuti e sul controllo all’accesso.
Con la recidiva reiterata.
In Milano, Olgiate Olona, Gorla Maggiore dal gennaio 2001 a tutto il dicembre 2003

(17)
A. Salvatore, A.F.
del reato p. e p. dagli art. 81 cpv, 110, 321 in relazione all\'art. 319 C.P. art. 99 commi 1, 2 nr. 2 e comma 4 C.P., perché in concorso tra loro e con con più azioni del medesimo disegno criminoso, promettevano e successivamente consegnavano a C.G. - prima responsabile tecnico e poi direttore della discarica pubblica di Gorla Maggiore quindi incaricato di pubblico servizio, una somma di denaro quantificata tra i 50.000 ed i 75.000 Euro nonché un anello ed un bracciale in oro al fine di omettere e far compiere atti contrari ai doveri di ufficio ovvero per omettere e commettere atti contrari ai doveri d’ufficio, ed in particolare per aver consentito alla società “ La L.S.E. S.p.A.,” lo smaltimento - all’interno della discarica di Gorla Maggiore- di ingenti quantitativi di rifiuti non urbani ossia rifiuti speciali (ad esempio, pneumatici) nonché ingenti quantità di rifiuti pericolosi e non pericolosi costituiti di “cisternette”, contenenti sostanze solventi, provenienti dall’impianto della società LFM. S.p.A. di V. (TO), in violazione delle norme sul corretto smaltimento dei rifiuti e sul controllo all’accesso.
Entrambi con la recidiva reiterata ed A. Salvatore anche con la recidiva infraquinquennale.
In Milano, Olgiate Olona, Gorla Maggiore dal gennaio 2001 a tutto il dicembre 2003


Persone offese:

Ministero dell’Ambiente in persona del Ministro pro-tempore
+
Regione Lombardia in persona del Presidente pro-tempore
costituita parte civile
Regione Campania in persona del Presidente pro-tempore
+
Regione Emilia Romagna in persona del Presidente pro-tempore
+
Regione Piemonte in persona del Presidente pro-tempore
+
Regione Puglia in persona del Presidente pro-tempore
+
Provincia di Milano in persona del Presidente pro-tempore
costituita parte civile
Provincia di Varese in persona del Presidente pro-tempore
costituita parte civile
Provincia di Como in persona del Presidente pro-tempore
+
Provincia di Novara in persona del Presidente pro-tempore
costituita parte civile
Provincia di Taranto in persona del Presidente pro-tempore
+
Comune di Milano in persona del Sindaco pro-tempore
+
Comune di Olgiate Olona in persona del Sindaco pro-tempore
costituita parte civile
Comune di Fino Mornasco in persona del Sindaco pro-tempore
costituita parte civile
Comune di Rho in persona del Sindaco pro-tempore
+
Comune di Fagnano Olona in persona del Sindaco pro-tempore
costituita parte civile
Comune di Settimo Milanese in persona del Sindaco pro-tempore
+
Comune di Assago in persona del Sindaco pro-tempore
+
Comune di Como in persona del Sindaco pro-tempore
+
Comune di Ceriano Laghetto in persona del Sindaco pro-tempore
+
Comune di Bregnano in persona del Sindaco pro-tempore
+
Comune di Cucciago in persona del Sindaco pro-tempore
+
Comune di Bellinzago Novarese in persona del Sindaco pro-tempore
costituita parte civile
Comune di Gorla Maggiore in persona del Sindaco pro-tempore
costituita parte civile
WWF Italia in persona del legale rappresentante pro tempore
costituito parte civile





Conclusioni delle parti:

CONCLUSIONI UDIENZA 9.3.2006

- Il PM chiede venga affermata la penale responsabilità degli imputati per i reati a ciascuno ascritti uniti dal vincolo della continuazione e tenuto conto della diminuzione per il rito, chiede che:
 A.F. venga condannato alla pena di anni tre e mesi sei di reclusione;
 C.P.P. venga condannato alla pena di anni due e mesi sei di reclusione;
 C.G. venga condannato alla pena di anni due di reclusione
 D.M.N. venga condannato alla pena di anni due e mesi sei di reclusione
 R.A. vanga condannato alla pena di anni uno di reclusione
 S.P. venga condannato alla pena di anni uno di reclusione
 B.G. venga condannato alla pena di anni uno di reclusione
 F.F. venga condannato alla pena di anni uno e mesi sei di reclusione
 M.P.P. venga condannata alal pena di anni uno e mesi sei di reclusione
 P.P. venga condannato alla pena di anni un odi reclusione
 V.L., con concessione delle attenuanti generiche, venga condannato alla pena di mesi dieci di reclusione
 Chiede la confisca di tutti gli automezzi in sequestro
- L’avv. Tiziano Fracchi per le parti civili che assiste chiede che A.F., V.D., F.F., R.A., M.P.P. e C.G., vengano condannati per i reati a ciascuno ascritti ed al risarcimento del danno con una provvisionale immediatamente esecutiva pari ad € 80.000,00 per ciascuno degli imputati ed al pagamento delle spese processuali secondo la nota spese che deposita;
- L’avv. Viviana Fidani per la parte civile Regione Lombardia, chiede che tutti gli imputati vengano condannati per i reati a ciascuno ascritti ed al risarcimento del danno con una provvisionale immediatamente esecutiva meglio specificata per ciascuno degli imputati nella nota spese che deposita ed al pagamento delle spese processuali;
- L’avv. Angela Bartolomeo, per la parte civile Provincia di Milano, chiede che M.P.P., F.F., D.M.N., C.P.P., A.F., vengano condannati per i reati a ciascuno ascritti ed al risarcimento del danno con una provvisionale immediatamente esecutiva meglio specificata per ciascuno degli imputati nella nota spese che deposita ed al pagamento delle spese processuali;
- L’avv. Luisella Savoldi, per la parte civile WWF Italia ONG ONLUS chiede che tutti gli imputati vengano condannati per i reati loro ascritti ed al risarcimento del danno con una provvisionale immediatamente esecutiva meglio specificata, per ciascuno degli imputati, nella nota spese che deposita, ed al pagamento delle spese processuali;

CONCLUSIONI UDIENZA 10.3.2006

- L’avv. Sergio Spagnolo, per C.P.P., depositando produzione documentale, chiede sentenza di assoluzione con la formula più ampia;
- L’avv. Alfio Bonomo per D.M.N., depositando nota difensiva scritta, chiede in principalità assoluzione con la formula più ampia; in subordine il minimo della pena con concessione dei benefici di legge;
- I difensori di fiducia di V.L., riportandosi alle memorie scritte ed alle produzioni documentali già depositate in atti, chiedono in principalità dichiarazione di incompetenza territoriale e conseguente trasmissione degli atti alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Salerno; in subordine sentenza di assoluzione con la formula più ampia; in ulteriore subordine concessione delle attenuanti generiche, il minimo della pena e benefici di legge;
- L’avv. Andrea Righi, per B.G., P.P., chiede in principalità dichiarazione di incompetenza territoriale; in subordine solleva questione di legittimità costituzionale relativamente all’articolo 53 bis del decreto Ronchi o comunque nei termini in cui è già stata sollevata dal GIP di Bari con ordinanza 24.6.2004 per contrarietà agli articoli 3, 24 e 111 della Costituzione; in ulteriore subordine sentenza di assoluzione con la formula più ampia; in ultimo subordine concessione delle attenuanti generiche, il minimo della pena e benefici di legge. Produce ordinanza del GIP di Bari in data 24.6.2004 e memoria difensiva;
- L’avv. Alberto Talamone, per A.F., chiede in principalità dichiarazione di incompetenza territoriale e conseguente trasmissione degli atti alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Busto Arsizio; in subordine solleva questione di legittimità costituzionale relativamente all’articolo 53 bis del decreto Ronchi o comunque nei termini in cui è già stata sollevata dal GIP di Bari con ordinanza 24.6.2004 per contrarietà agli articoli 3, 24 e 111 della Costituzione; in ulteriore subordine sentenza di assoluzione con formula ritenuta di giustizia ed in ultimo subordine concessione delle attenuanti generiche equivalenti alla recidiva contestata, la continuazione tra reati ed il minimo della pena;
- L’avv. Guido Murdolo e l’avv. Davide Steccanella, per C.G., chiedono in principalità dichiarazione di incompetenza territoriale e conseguente trasmissione degli atti alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Busto Arsizio; in subordine solleva questione di legittimità costituzionale relativamente all’articolo 53 bis del decreto Ronchi o comunque nei termini in cui è già stata sollevata dal GIP di Bari con ordinanza 24.6.2004 per contrarietà agli articoli 3, 24 e 111 della Costituzione; in ulteriore subordine sentenza di assoluzione perchè il fatto con costituisce reato ed in ultimo subordine concessione delle attenuanti generiche, il minimo della pena e benefici di legge con assorbimento dell’ipotesi di corruzione di cui all’articolo 53 bis del decreto Ronchi. I difensori chiedono inoltre la conversione della pena detentiva in pena pecuniaria con esclusione della contestata recidiva poiché il precedente patteggiamento ha estinto il reato e gli effetti penali e comunque aumento in continuazione;
- L’avv. Guido Murdolo, per V.D., chiede in principalità dichiarazione di incompetenza territoriale e conseguente trasmissione degli atti alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Busto Arsizio; in subordine solleva questione di legittimità costituzionale relativamente all’articolo 53 bis del decreto Ronchi o comunque nei termini in cui è già stata sollevata dal GIP di Bari con ordinanza 24.6.2004 per contrarietà agli articoli 3, 24 e 111 della Costituzione; in ulteriore subordine assoluzione con formula ritenuta di giustizia ed in ultimo subordine concessione delle attenuanti generiche equivalenti alla recidiva contestata, la continuazione tra reati ed il minimo della pena;
- L’avv. Piermaria Corso, per M.P.P., chiede sentenza di assoluzione perchè il fatto non sussiste o, in subordine, per non aver commesso il fatto;
- L’avv. Piermaria Corso, per F.F., chiede sentenza di assoluzione perchè il fatto non sussiste o, in subordine, perchè il fatto non costituisce reato


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto in data 20 giugno 2005 il PM presso il Tribunale di Milano richiedeva a questo Giudice dell’udienza preliminare il rinvio a giudizio di 46 imputati di vari delitti, meglio specificati in epigrafe, concernenti il traffico illecito organizzato di rifiuti, in violazione dell’art. 53 bis D. L.vo n. 22/1997, altrimenti noto anche come Decreto Ronchi.
La prima udienza del 7 novembre 2005 veniva rinviata perché in sede di verifica della costituzione delle parti si rilevava la mancanza e l’irregolarità di alcune notifiche degli avvisi di fissazione dell’udienza preliminare.
L’udienza successiva fissata il 17 gennaio 2006 (con prosecuzione prevista il 18) veniva rinviata al 24 gennaio per l’adesione di numerosi difensori alla astensione dalle udienze proclamata dalle Camere Penali.
In quell’udienza terminava la verifica della regolare costituzione degli imputati e dei loro difensori e alcune persone offese depositavano atti di costituzione di parte civile, sulle quali i difensori degli imputati sollevavano diverse eccezioni; per il numero e la complessità delle questioni sollevate, il Giudice si riservava la decisione.
Alla successiva udienza del 26 gennaio 2006 veniva data lettura dell’ordinanza con la quale venivano respinte tutte le eccezioni sollevate in merito alle costituzioni di parte civile, che venivano quindi ammesse, e veniva dichiarata la contumacia di tutti gli imputati assenti e ritualmente avvisati. Nella stessa udienza, i difensori muniti di procura speciale di A.F., C., C., F.F., M.P.P., S.P. e V.D.chiedevano di procedere nei confronti dei loro assistiti con le forme del giudizio abbreviato semplice; i difensori muniti di procura speciale di B., P., R.A.e V.L.chiedevano di procedere con rito abbreviato condizionato all’assunzione di alcuni testi ed all’acquisizione di alcuni documenti. Il PM chiedeva termine per esprimere il parere sulle richieste di giudizio abbreviato condizionato in ordine alla necessità e compatibilità con il rito delle prove integrative e così il Giudice riservava la decisione una volta acquisito il parere del PM. Altri imputati, inoltre, formulavano richieste di applicazione pena ex art. 444 c.p.p..
Contemporaneamente, proseguiva l’udienza preliminare a carico degli imputati che non avevano richiesto riti alternativi, con le conclusioni del PM, delle parti civili e di alcuni difensori degli imputati.
L’udienza del 27 gennaio veniva dedicata alla prosecuzione delle conclusioni dei difensori in udienza preliminare, come l’udienza del 16 febbraio, in cui tuttavia veniva anche conferito l’incarico al perito per le trascrizioni delle intercettazioni ai fini dell’eventuale dibattimento. Nella stessa udienza, inoltre, sciogliendo la riserva sui riti abbreviati condizionati, il Giudice ammetteva tutte le istanze e disponeva procedersi con rito abbreviato semplice e condizionato per tutte le parti che ne avevano fatto richiesta, fissando le udienze del 9 e del 10 marzo 2006 per l’esame dei testi e le conclusioni.
Il 9 marzo venivano sentiti i testi citati dalle parti interessate, il PM formulava le proprie conclusioni nel giudizio abbreviato e così le parti civili e alcuni difensori degli imputati; altri difensori proseguivano all’udienza del 10 marzo.
All’udienza successiva del 23 marzo 2003, alcuni imputati formulavano definitivamente le richieste di applicazione pena con il consenso del PM, il Giudice – nel processo ancora riunito – dava lettura dell’ordinanza con cui risolveva respingendole le questioni di incompetenza territoriale e di illegittimità costituzionale della norma incriminatrice sollevate da alcune difese, procedeva quindi alla separazione delle posizioni degli imputati secondo i diversi riti prescelti, ed infine, in assenza di repliche del PM, il Giudice si ritirava in camera di consiglio per le decisioni.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Premessa generale e di metodo
Le indagini preliminari che hanno dato origine al presente processo sono scaturite dallo spunto offerto da una conversazione telefonica intercettata nell’ambito del diverso procedimento n. 28600/02 RGNR a carico di R. Stefano ed altri, relativo ad una attività organizzata per l’illecito smaltimento di ingenti quantitativi di scorie della lavorazione dell’alluminio da parte dei fratelli R., titolari delle omonime fonderie in Parabiago (MI).
In quella conversazione emergevano elementi indiziari circa il coinvolgimento di Mario A. anche in quella vicenda; successivamente, gli indizi a carico dei fratelli A., titolari della società allora denominata semplicemente L.L. s.p.a., si aggravavano, grazie alle dichiarazioni di J. Tatiana, moglie di Stefano R., la quale aveva dichiarato di avere consegnato una rilevante somma in contanti ad una persona poi identificata in A. Salvatore, dietro disposizione del marito e proprio mentre quest’ultimo si trovava a gli arresti domiciliari per quella vicenda.
Come vedremo, le indagini si sono sviluppate a larghissimo raggio, mettendo in luce un altro e ancora più vasto traffico illecito di rifiuti, che coinvolgeva un elevato numero di soggetti, tutti a diverso titolo appartenenti al settore dei servizi ecologici, e soprattutto gravitante intorno alla società L.L. s.p.a. dei fratelli A., corrente in Fagnano Olona (VA).
In via generale, è appena il caso di osservare, prima di entrare nel merito delle imputazioni e delle prove, che l’indagine ha avuto il grande pregio di riuscire a superare lo schermo formale delle autorizzazioni e della documentazione di accompagnamento della circolazione dei rifiuti, mostrando la realtà illegale sottostante.
Specialmente grazie alle intercettazioni telefoniche, consentite dalla contestazione del delitto di cui all’art. 53 bis D. L.vo n. 22/1997, l’indagine ha ottenuto risultati altrimenti insperati, atteso che la meticolosa disciplina in materia di rifiuti, da un lato, impone una serie di obblighi formali e strumentali alla corretta gestione degli stessi; ma dall’altro consente di costruire un “mondo di carta” che nulla ha a che fare con la corretta e legale circolazione dei materiali di scarto.

La motivazione che segue utilizzerà ampiamente e in alcuni casi rinvierà agli atti già presenti nel fascicolo del PM, che nel giudizio abbreviato è la base della cognizione e del giudizio del GUP.
Poiché, come anticipato, la principale fonte di prova è costituita dalle intercettazioni telefoniche, è bene sottolineare da subito e una volta per tutte che nessun imputato, né durante le indagini preliminari né durante il giudizio, ha mai contestato il contenuto delle conversazioni come trascritte dai Carabinieri del N.O.E. ovvero l’identificazione degli interlocutori delle telefonate. Del pari, nessuno ha mai contestato l’utilizzabilità o la nullità delle intercettazioni e delle relative operazioni tecniche, contestando legittimità dell’operato del PM, del GIP e della Polizia Giudiziaria.
Pertanto, il contenuto delle informative e delle note di PG nelle quali sono riportate per intero o per estratto le conversazioni intercettate è pienamente e validamente utilizzabile.

La presente motivazione si sviluppa secondo quattro capitoli che raggruppano per omogeneità alcune imputazioni ed un quinto capitolo relativo alle azioni civili ed alle altre decisioni finali.

Da ultimo, può essere utile illustrare brevemente la fattispecie astratta di cui all’art. 53 bis del D. L.vo 5.2.1997 n. 22 c.d. decreto Ronchi, contestata agli imputati, e l’interpretazione di essa che verrà seguita da questo Giudice, alla luce della dottrina e della (non molta) giurisprudenza in materia.
La condotta descritta dalla norma è quella di chi “cede, riceve, trasporta, esporta, importa o comunque gestisce abusivamente ingenti quantitativi di rifiuti” e fa ciò attraverso “più operazioni e allestimento di mezzi e attività continuative organizzate”.
Non si tratta evidentemente di un reato unisussistente, ma nemmeno di una ipotesi associativa, potendo pacificamente ruotare intorno ad un solo soggetto organizzato imprenditorialmente: la prossimità con la nozione di imprenditore di cui all’art. 2082 c.c. è infatti agevolmente percepibile.
Nell’esperienza pratica non sarà quindi frequente rinvenire un solo e ben delineato luogo di consumazione, né del pari saranno mutuabili de plano gli stratificati criteri giurisprudenziali in materia di reato associativo.
La tecnica legislativa, con il catalogo di condotte tipiche ed una condotta di gestione che funge da norma di chiusura, tutte punite in quanto realizzate “abusivamente”, pare richiamare le fattispecie a condotte alternative e presenta una forte similitudine con il delitto previsto dall’art. 73 DPR 309/90. In esso infatti sono elencate una serie di condotte tutte illecite, compresa una condotta “di chiusura” costituita dalla detenzione, con la caratteristica che ciascuna di esse è da sola idonea ad integrare la fattispecie; nel caso in cui in concreto siano realizzate più condotte tra quelle indicate, il delitto non perde la sua unisussistenza a condizione che non vi sia tra le condotte una apprezzabile soluzione di continuità spazio temporale. Inoltre, l’oggetto materiale del reato per la sua natura propria impone la previsione di un requisito di illiceità speciale rappresentato dall’assenza di autorizzazione di cui all’art. 17 o comunque dall’avverbio “illecitamente”.
Anche in questo caso, tuttavia, la similitudine non è decisiva ai fini della corretta definizione della condotta materiale del delitto.
In materia di stupefacenti, infatti, è sufficiente una sola qualsiasi condotta illecita per integrare l’intera fattispecie, e ciò avviene nel luogo in cui si è realizzata.
Al contrario, le condotte “abusive” aventi ad oggetto rifiuti possono essere punite ai sensi dell’art. 53 bis in esame solo in quanto plurime, organizzate e continuate.
Non si tratta quindi di una condotta a fattispecie alternative e comunque non basta una sola operazione a integrare la fattispecie.
La condotta di gestione organizzata dei rifiuti, potenzialmente ma non esclusivamente costituita da cessioni, acquisti, trasporti, etc., diventa quindi il nucleo della fattispecie – un nucleo assai articolato, caratterizzato da apprezzabile reiterazione e durata nel tempo (“più operazioni”, “attività continuative”).
Inoltre, a ben vedere, singole condotte che possono comporre la fattispecie possono essere a loro volta individualmente illecite e sanzionate da altre norme dello stesso decreto.
Per questo motivo, molti hanno parlato di reato complesso ovvero abituale.
Non pare, al contrario, condivisibile la tesi di chi afferma la natura permanente del reato in questione.
Pacificamente ascrivibili alla categoria citata sono i delitti di sequestro di persona, di riduzione in schiavitù, di invasione o occupazione e simili. Gli esempi citati non soltanto rappresentano nella casistica la stragrande maggioranza, ma evidenziano in modo icastico il proprium del reato permanente, costituito dalla persistente condotta dell’agente nel tempo, che offende un bene giuridico suscettibile di compressione temporanea e di successiva reintegrazione al cessare della condotta volontaria del reo.
Ma il vero fulcro della norma, accanto alla gestione organizzata, è costituito dal citato elemento di illiceità speciale rappresentato dall’avverbio “abusivamente”. Siamo infatti di fronte ad un classico reato di creazione legislativa, per cui non ogni condotta di gestione organizzata di rifiuti è illegale, ma soltanto quella commessa appunto abusivamente (e per fini di profitto).
In dottrina si discute se il profilo di illiceità speciale attenga ad ogni violazione di legge penale o amministrativa contenuta nel Decreto Ronchi o in altre norme che disciplinano la materia, rilevando come una soluzione troppo ampia al quesito finisca per snaturare la ratio del delitto di cui all’art. 53 bis cit., facendo rientrare nel concetto di attività organizzata per il traffico illecito anche condotte perfettamente lecite ma accompagnate da vizi meramente formali.
Alcuni autori tendono quindi a circoscrivere l’area delle condotte contra jus alle attività del tutto clandestine o fraudolente. La direzione appare corretta ma probabilmente eccessiva.
In proposito, appare inoltre condivisibile l’osservazione di chi sottolinea che l’espressione abusivamente è diversa e non esattamente sovrapponibile all’analoga espressione illegittimamente.
Si conclude, in questo senso, che il carattere distintivo della condotta abusiva rispetto a quella illegittima è rappresentato dal fatto che la prima condotta può essere integrata da una violazione di legge, ma anche e più tipicamente dallo sviamento dei poteri, diritti e funzioni attribuiti al soggetto agente da norme di legge.
Tale tratto tipico dell’abuso, anche tenuto conto dello sviluppo del concetto nel diritto amministrativo, si adatta perfettamente sia alla ratio della fattispecie astratta, sia alle condotte concretamente poste in essere da chi traffica rifiuti. Invero, come vedremo ampiamente nei casi concreti in esame, per la complessa e rigorosa disciplina del trattamento e dello smaltimento dei rifiuti, è assai raro che le condotte siano poste in essere da terzi del tutto estranei all’ambiente delle imprese esercenti servizi ecologici. Al contrario, sono proprio i soggetti dotati di autorizzazioni amministrative e organizzazione di uomini e mezzi che più agevolmente e frequentemente aggirano i limiti e le condizioni loro imposte da leggi e provvedimenti per fini di profitto. Essi sono dotati del necessario know how e possono “abusare” dei poteri loro conferiti dalla legge per “coprire” di uno schermo formale le attività concretamente illegali che compiono.

CAPITOLO I
– La discarica pubblica di Gorla Maggiore e la sua gestione abusiva (capi di imputazione 1, 6, 16 e 17)

Un chiarimento sulle imputazioni.
Il gruppo di quattro imputazioni scelte per omogeneità a far parte di questo primo capitolo della motivazione riguarda in generale lo smaltimento illecito di ingenti quantitativi di rifiuti speciali e pericolosi nella discarica pubblica di Gorla Maggiore, destinata invece allo smaltimento di rifiuti urbani e assimilabili. Il Direttore Tecnico della discarica gestita dalla società E. s.p.a. risulta essere C.G.. Competono a lui la gestione organizzativa della discarica, il coordinamento delle attività degli operai, il controllo degli ingressi ed in generale il buon funzionamento della discarica.
Il primo capo di imputazione riguarda genericamente tutti i rifiuti speciali smaltiti illegittimamente in discarica, tra i quali si citano come esempio eclatante i pneumatici; il capo n. 6), invece, riguarda soltanto un episodio relativo allo smaltimento di “cisternette” provenienti dalla società LFM. di V. (TO); mentre i capi 16) e 17) riguardano gli episodi corruttivi legati al C., compiacente Direttore Tecnico, remunerato dagli A. per accettare senza problemi tutti i conferimenti di rifiuti da costoro portati in discarica.

La prova fondamentale in base alla quale sono state anche richieste e ottenute le misure cautelari in capo agli odierni imputati è costituita dalle intercettazioni telefoniche allacciate sulle utenze degli A. e di altri indagati. Successivamente all’esecuzione delle misure cautelari tutti gli imputati hanno sostanzialmente confessato le proprie responsabilità ed hanno chiamato in correità gli altri indagati.
Per questa ragione, per l’esposizione del fatto ci si gioverà della sequenza di conversazioni telefoniche sviluppata dagli Ufficiali di PG, che risulta essere molto più eloquente di qualsiasi versione inutilmente riassuntiva. Del resto, è sempre bene ricordare, che il giudizio abbreviato si basa sugli atti che compongono il fascicolo del PM, e ciò consente di utilizzare e richiamare le parti degli atti di PG che risultano particolarmente utili e rappresentative del fatto storico, salvo poi riservare ad un secondo momento i profili valutativi del Giudice.
Per gli episodi relativi al traffico abusivo di rifiuti orchestrato dagli A. in accordo collusivo con C.G.si farà riferimento particolare all’informativa 17 agosto 2003 del N.O.E. dei Carabinieri di Milano, che compendia i risultati delle investigazioni tecniche e degli accertamenti documentali compiute dal 17 aprile 2003 – data del primo allaccio delle utenze intercettate – alla data dell’informativa.

I fatti accertati dalla PG
Capo 1) – pneumatici e rifiuti speciali in genere smaltiti nella discarica di Gorla Maggiore
L’intercettazione del telefono di A. Salvatore ha avuto inizio in data 17 aprile 2003. Fin da subito sono acquisite informazioni che preludono ad un incontro, tra A. Salvatore e C.G. che, secondo quanto affermano gli interlocutori, dovrebbe avvenire il 18 aprile 2003, alle ore 16,00 presso un autolavaggio di Gorla (sovente T.tro di incontri finalizzati al pagamento di somme di denaro o alla dazione di oggetti preziosi). I contenuti dei colloqui intercettati, evidenziano rapporti consolidati già in essere da tempo. Gli indizi emergenti fanno, sin da subito supporre che la discarica di Gorla Maggiore, già prima che avesse inizio l’ attività d’indagine, fosse uno stabile terminale utilizzato per lo smaltimento illecito di rifiuti. (vds ad es. conv 238, del 18/4/2003 che conferma la preesistenza di rapporti -rispetto all’intercettazione- tra S. A., C.G.ed altri, all’interno della discarica di Gorla, tutti a libro-paga del primo)
All’incontro con C.G. avrebbe dovuto presentarsi in un primo momento A.F..
Nella conv. 230 delle ore 13,51 – A. Salvatore viene avvertito da sua figlia Valeria – che partecipa attivamente all’illecita gestione degli affari di famiglia – che Francesco non potrà raggiungere C.G.e quindi chiede al padre di sostituirlo. A. Salvatore, a conoscenza della finalità dell’incontro chiede alla figlia Valeria “ Eh cosa gli devi preparare …”, che prontamente risponde “ .. cosa gli devi preparare .. almeno un cinque se ce l’hai “ .
Nella conv. 238 delle ore 14,25 - A. Valeria precisa al padre i termini dell’accordo “…. Franco mi ha detto 5 Giovanni, 5 i ragazzi…..sarebbe…” e poi Valeria aggiunge “ …e tre quell’altro di Cerro, …”, al che Salvatore si lamenta di essere stato investito solo all’ultimo momento della cosa, e ribatte a VALERIA per i pagamenti da effettuare “…..non ho capito io, 5 a uno, 5 a un altro, 2 a questo prima, 1 e mezzo a lui ieri…cosa pensa c’ha la Banca d’Italia…..suo padre? …”.
L’appuntamento con C.G. slitta alle ore 16,30 del 18 aprile 2003, A. Salvatore si reca all’appuntamento. Non riesce ad incontrare C.G.. Comunica il fatto a suo figlio FRANCESCO e questi gli fa sapere che comunque lo incontrerà lui il giorno successivo.
Il 23 aprile 2003 – conv. 851 delle ore 14,32 - sta per essere fissato un nuovo appuntamento tra A. Salvatore e C.G.. D.F. Michele, che è stato precedentemente contattato da BIAGIO – in corso di identificazione – , portavoce e complice di C.G., comunica a Salvatore il messaggio ricevuto “ .. mi ha detto oggi per le quattro se vai là al lavaggio .. “.
L’incontro di fatto avviene e lo stesso A. Salvatore a confermarlo alla figlia VALERIA – conv 889 delle ore 16,11 - “ .. sto andando a Gorla; ho l’appuntamento e ho dieci minuti di ritardo speriamo che mi ha aspettato ! ..” . L’incontro sembra aver sortito ottimi risultati, infatti, alle ore 16, 44 conv. 899 - dopo l’incontro con C.G., Salvatore, avendo raggiunto con lui un accordo, chiama la figlia e dà disposizioni per il carico dei mezzi specificando di prepararli tutti e tre per l’indomani mattina. Valeria A. chiede delucidazioni su cosa caricare e il padre le precisa “ … quello che ci da più fastidio ! .. quei fusti lì, la sabbia …”. Valeria è sollevata dalla notizia ricevuta “ …andiamo qui, meno male … “ e aggiunge “ … si , hai sistemato tu ? .. “ . SALVATORE A. glielo conferma.
Nell conv. 935 delle ore 19,31, A. Salvatore precisa meglio l’esito dell’incontro a sua figlia Valeria “ .. oggi sono andato ad incontrare Giovanni ….” e aggiunge ““…sono andato da Giovanni, gli ho portato i soldi oggi, domani mattina si ricomincia a scaricare,….così lui subito…, io ho pagato Giovanni, ho convinto a scaricare domani mattina…” . Si intravede dal contenuto dei colloqui, una causa di disturbo che ha generato equivoci nei rapporti intercorrenti con C.. Il motivo sembra essere legato al fatto che, ci sono stati dei comportamenti arbitrari da parte di P.Salvatore, soggetto di riferimento della società E. s.r.l. di Limbiate (MI), anch’essa, come già detto sopra, operante nel settore dei rifiuti, o di un suo delegato “ quell’imbecille con il camion bianco “, finalizzati a by-passare A. Salvatore, che ha e vuole mantenere la prerogativa per gli accessi illeciti nella discarica di GORLA “ …Salvatore P.non deve smaltire i rifiuti a 100 lire….se vuole li porta qua a 200 lire….” .
Il 24 aprile 2003 A. Salvatore – conv. 968 – a conferma che i viaggi sono in atto e sono stati ripristinati, dà disposizioni a D.F. Michele affinché contatti Biagio, anello di collegamento con il C.G. per chiedergli se è possibile far fare ai mezzi più viaggi. Infatti testualmente Salvatore : “ Prova a sentire Biagio, se sente Giovi … se oggi possiamo viaggiare tutto il giorno….. “ e aggiunge “ .. e dici oggi e sabato .. li fai viaggiare tutto il giorno, dato che sono giorni di festa … caso mai poi Giovanni lo rivedo io alle quattro …” (ndr: evidentemente per un nuovo compenso):
Nell’attesa di avere una risposta da D.F. Michele, A. Salvatore riceve una telefonata da C.P.A. –- presidente, legale rappresentante della società La L.S.E. s.p.a.--– che conferma di essere perfettamente a conoscenza della gestione illecita del socio A. Salvatore. Quest’ultimo lo informa che si sta recando ad un appuntamento “… Io invece sto andando a Gorla…..” e C.P.A.mostra di essere a conoscenza della questione “…Quello che mi hai detto stamattina!…,”. Salvatore prontamente ribatte “…A Gorla a dargli qualche cosa a quel ragazzo lì …….”, precisando anche il perché “… Per forza perché lui sabato è lì da solo e almeno…. una bella ondata….” (n.d.r- “di rifiuti”).
Viste le premesse, il 26 aprile 2003 iniziano gli smaltimenti dei rifiuti per la discarica di GORLA.
Nella stessa data, intanto, vengono registrate una serie di conversazioni che fanno riferimento a trasporti e raccolte di rifiuti presso la società C.S. s.r.l. costituiti da terra di spazzamento e terre di abusivi ( definite in questo modo in quanto rifiuti non compatibili con le terre di spazzamento probabilmente provenienti da soggetti non autorizzati, da demolizioni o pulizie speciali).
Vista la contestualità degli eventi e la natura dei rifiuti che vengono scaricati in discarica, oggetto di discussione tra A.F. e A. Salvatore, che commentano la reazione che ha avuto la dipendente della discarica, nel vedere i rifiuti scaricati “… Gianna gli ha detto ( ndr: a C.G. ) le gomme le balle, tutte schifezze aveva su…”, è lecito ipotizzare che i rifiuti prelevati dalla società C.S. siano in realtà stati dirottati a smaltimento presso la discarica di GORLA.
Il disappunto del C., invece, sembra essere stato messo a tacere da A. Salvatore dietro compenso in danaro (vds. in gergo cifrato barraca) e dietro dazione di un gioiello prezioso (vds. pomellato) che lo riferisce a FRANCESCO “..Comunque… tranquillizzato, gli ho dato ….un… un….. barraca..” e aggiunge “ Gli ho detto us….. perché mi ha detto che la gente ….. vedi tu non è il caso perché è come un pomellato.. ” e precisa “… E questi tienili di ricordo un monetone di quelli grossi..” . Francesco gli chiede di commentare la reazione che ha avuto il C.G., al che SALVATORE lo accontenta descrivendola “…Non ha fatto una piega, si è ammorbidito subito…”. Poi gli indica quali altri argomenti hanno affrontato: ” E poi, niente e poi mi ha detto che visto che abbiamo lavorato poco di qua e di la, di giù e di su di dargli 5000 così rimaniamo a posto fino adesso..” . Fa anche un bilancio consuntivo dell’attività finora svolta “ quattro glieli avevo già dati “ e ancora “ …E cinque sono 9000 eh so come fossero venti carte eh…” intendendo dire una somma che si aggira sui venti milioni.
Seguono conversazioni tra A. Salvatore e suo figlio Francesco che evidenziano il loro singolare modo di gestire le attività inerenti lo smaltimento dei rifiuti. Nel momento che mettono a punto la proposta economica da proporre ai f.lli C., titolari della C.S., in prospettiva di smaltimenti di ingenti quantità di morchie di vernici che, la società produttrice sta smaltendo, Francesco dice “ Lui sta spendendo adesso sui 450 anche 500, mo mi sta chiamando il fratello, io gli dico se vuole farlo a 450 “, al che A. Salvatore suggerisce al figlio di proporgli un prezzo tra le 400 e le 420 lire ad una condizione, resa possibile solo con la complicità del produttore : “.. vedi se te li può dare come macerie di rifiuti se vuole!…” Dunque rifiuti pericolosi da far passare come rifiuti non pericolosi.
Il 2 maggio 2003, passati i giorni di festa ( 25 aprile e 1 maggio), alle ore 15,30 – conv 2045 -, con la stessa accortezza di cui sopra, veicolando le modalità dell’incontro attraverso Biagio, A. Salvatore chiama D.F. Michele “ Ascolta chiama Biagio, digli che sono già al lavaggio, se viene e no Giovanni “ . D.F. lo richiama e gli fa sapere che l’incontro era stato fissato per le 16,00 da A.F..
Il 6 maggio 2003 viene registrato un tentativo di smaltimento illecito di rifiuti presso la discarica di Gorla non andato a buon fine. M. Pablo avverte A. Salvatore che non li hanno fatti entrare, hanno cercato anche di BIAGIO ma non c’è stato nulla da fare. Immediatamente – con. 2528 delle ore 07,28 - A. Salvatore chiama D.F. Michele per avere notizie. D.F. ha sentito Biagio che gli ha riferito di non saperne nulla. Del mancato ingresso se ne lamenta pure D.F. che aveva già preparato i rifiuti da inviare “ C’avevo mischiato, c’avevo della fonderia quaaa, di altre cose in mezzo .. “.
Alle ore 16,39 – conv. 2677 – A. Salvatore - chiama C.G. gli riferisce “ Ho visto che stamattina son venuti indietro; domani mattina ? “ . C.G.gli fa presente di aver avuto alcuni problemi. Tuttavia si accordano per l’indomani mattina.
Il 7 maggio 2003, alle ore 07,24 – conv. 2741 – M. Pablo avverte A. Salvatore che si è ripetuta la stessa situazione del giorno precedente : i camion sono stati respinti all’ingresso. A. Salvatore chiede spiegazioni a M. che nel frattempo ha conosciuto il motivo del diniego e promette di dirglielo di persona .
Emerge dalle successive conversazioni intercettate che la causa del diniego sembra essere stata una nuova iniziativa non autorizzata di P.Salvatore – della società E.P.di Limbiate - che avrebbe mandato l’ autista Paolo ( indicato come dipendente di A.F. ) presso la discarica di Gorla, per scaricare suoi rifiuti. Salvatore alle successive ore 08,02 – conv. 2745 – chiama P.Salvatore chiedendogli delucidazioni e nel contempo lo invita a prendere provvedimenti nei confronti del già citato Paolo ( autista alle dipendenze della società Medio Ambiente di A.F. ) che ha già preso analoghe iniziative nel passato e che questa volta si sarebbe presentato, all’ingresso della discarica. Paolo è stato ripreso da A. Salvatore che, ne riferisce il colloquio a P.Salvatore, riportandogli gli stralci del colloquio avuto con lo stesso “ ma con quale principio è andato lì a rrr –rompere i coglioni a buttar per aria le cose “ . Salvatore si lamenta del fatto che a causa di questa sconsiderata iniziativa anche i suoi traffici siano stati mandati all’aria.
Del tutto Salvatore mette al corrente anche la figlia Valeria. Specifica il motivo di questi mancati accessi in discarica attribuendo parte della colpa, anche al figlio Francesco “ Tuo fratello deve star buono cento anni; sai cosa vuol dire star bene cento anni “ e precisa a proposito di Paolo- autista di Franco - “ ieri è andato a far casino a Gorla e così stamattina han sospeso anche a noi “ ; Salvatore sta tentando di rimettere a posto le cose con C.G.“ e adesso sto , provo a chiamare Giovanni, a veder cosa dice “. ritornando a P.Salvatore, quest’ultimo a termine delle sue verifiche è riuscito a ricostruire in parte l’accaduto; Paolo sembra avergli negato tutto; ha chiesto quindi a M. Pablo di andare a verificare quanto accaduto e da come racconta i fatti ad A. Salvatore, Paolo sarebbe andato lì con la macchina per cercare un posto di lavoro; che la vera causa del mancato ingresso in discarica deve attribuirsi ad un nuovo responsabile tecnico nominato da Milanesi ( trattasi verosimilmente di M. Luciano n, Amministratore Unico soc. E. S.p.a. ). A. Salvatore, per chiarire le cose una volta e per tutte, chiama M. per farsi dare il numero di telefono di C.G. e nella circostanza questi gli conferma di essere stato in discarica e di aver parlato con il guardiano e non con C.G. e di essere d’accordo comunque con la sua ipotesi : il doppio gioco di Salvatore P.della E.P. sarebbe la causa di tutto; Pablo nella circostanza gli fa presente che si trova in ditta Mimmo ( trattasi verosimilmente di C. Domenico) che è andato pretendere il pagamento di quanto pattuito per gli illeciti smaltimenti di rifiuti. A. Salvatore dà disposizioni di dargli 1000 euro da chiedere a sua figlia Valeria.
L’ 8 maggio 2003 conv. 3208 ore 18,42 A. Salvatore si trova insieme alla figlia Valeria e Pablo M.. A. si appresta a fare una telefonata. Nella fase precedente alla risposta da parte dell’interlocutore si tre fanno i conteggi del denaro in contante da consegnare; così testualmente “ …Si, poi c’è, domani c’è GIOVANNI , c’è BIAGIO , c’è il figlio di Chioccioolo ( ndr C. )… duemila , si … “.Ciò evidenzia ulteriormente che, C.G. e Biagio, si trovano sul libro paga di A. Salvatore.
Nel corso della serata Salvatore, esattamente alle ore 20,27 – conv 3230 - discute con la figlia Valeria – che si trova con M. - dei problemi su Gorla; il diniego all’accesso alla discarica sembra trovare giustificazione nel fatto che i mezzi che si apprestavano a portare i rifiuti erano incolonnati e quindi attiravano l’attenzione oltre modo. Infatti Salvatore : “…si presentano tutti e tre in colonna… tutti e tre assieme …. a far bordello… a farsi notare … “. M. sembra negare questa circostanza e difende il suo operato, e la cautela di presentarsi scaglionati - almeno quando c’era lui - per non farsi notare, è stata sempre rispettata. La fonte da cui ha appreso tutto ciò l’A. Salvatore sembra essere proprio il Biagio “… me l’ha detto Biagio ….”. E’ ipotizzabile che A. Salvatore abbia incontrato il Biagio a cui avrebbe consegnato quella somma di denaro calcolata in precedenza a fronte dei servigi ottenuti.
Il giorno 9 maggio 2002 – con. 3308 - anche se non viene precedentemente registrato alcun contatto con C.G. da parte di A. Salvatore, la cosa probabilmente l’ha appresa da Biagio, questi nel parlare con M. gli riferisce che “ …. Giovanni si è incazzato…” . Il motivo sembra essere stato proprio un’iniziativa – negata da Salvatore della E.P. come sopra detto - non autorizzata e ratificata da A. Salvatore che sembra a questo punto avere l’esclusiva nello smaltire i rifiuti presso la discarica di Gorla tramite appunto il C..
Il 10 maggio 2003 si registra, sulla scorta delle telefonate, un incontro con C.G., A. Salvatore e M. Pablo.
Il 12 maggio 2003 si registrano delle conversazioni che fanno intendere che, M. su invito di A. Salvatore, debba attendere C.G. fuori dalla discarica e chiedergli dei chiarimenti in ordine ai conferimenti di rifiuti, orinandogli con tono molto fermo “ .. NO parli tu; gli dici che abbiamo due viaggi di gomme e ce le deve far fare; e poi se se ci vuole dire che cosa vuol fare … è inutile che non ci risponde , sii e di qua e di là; o mi viene a colloquio con me, se vuole parlarne con me, bene le cose, o se no se possiamo incominciare “ . M. rimane nei pressi della discarica in attesa che C.G.esca fino a tarda sera.
Altro elemento che sembra emergere è che anche i rifiuti di P.Salvatore, pienamente consapevole di questo traffico, transitano attraverso la società La L.S.E. s.p.a. per poi essere smaltiti illegalmente nella discarica di Gorla. Seguono infatti una serie di conversazioni tra A. Salvatore e Francesco con P.da cui si può ipotizzare che, quando l’accesso illecito presso la discarica di Gorla non presenta difficoltà, intendendo dire che è giornalmente assicurato, il trasferimento di rifiuti tra la società E.P. e la L.S.E. avviene senza formulario; in caso contrario viene redatto il formulario di trasporto dei rifiuti. E’ verosimile ritenere che tale documento, in caso di verifica presso la società La L.S.E. da parte degli organi di controllo, legittimi la presenza dei rifiuti di provenienza E.P. nel sito di raccolta e stoccaggio. Tale assunto sembra emergere in quanto, di fronte alla prospettiva che le cose presso la discarica si sblocchino, Francesco nel corso di una conversazione con S.P., in proposito dice “… Senti, cosa ti volevo dire ? eeeee, allora, liiì ( ndr discarica di Gorla ), dopo ti spiego lunedì, hanno messo un capo nuovo, no ?…” e poi aggiunge “ .... io ti volevo dire per sti tre quattro giorni facciamo il formulario…”. Conformemente agli accordi appena indicati , E.P. invia in Lombarda Servizi Ecologi due carichi di rifiuti - tutti sembrano essere stati effettuati da Paolo - il giorno 15 maggio 2003 per un quantitativo di 180 quintali cadauno; un carico il giorno 16 maggio 2003 per un peso da presumere analogo a quello del giorno precedente, peraltro di rifiuti, a dire di Myriam B. – impiegata della società “… son rifiuti bruttissimi ….” .
A partire dal 19 maggio 2003 vengono riallacciati i contatti con C.G.. A.F. concorda per le prime ore del pomeriggio lo smaltimento di un viaggio di gomme e uno di rifiuti. A. Salvatore che invece si trova con Biagio sembra avere indicazioni diverse circa l’orario di smaltimento di rifiuti che dovrebbe avvenire in mattinata, in quanto, in quel lasso di tempo, è presente “ la bionda “ (verosimilmente Genny ,dipendente della ditta E., presente negli uffici presso la discarica di Gorla) che agevolerebbe gli illeciti smaltimenti. Vista la discrepanza tra le indicazioni avute da C.G. e Biagio circa l’orario di accesso in discarica, A. Salvatore e A.F. decidono, per non infastidire C., di richiamarlo per avere una conferma circa l’orario “.. Ascoltami, mi diceva Bià, no che domani mattina c’è la bionda, se ti facc prima le gomme e poi i rifiuti ? Nooo.. “. C.G.acconsente e si concordano gli scarichi per la mattina del 20 maggio 2003. Immediatamente A.F. dà disposizioni prima a V.D. circa la composizione dei rifiuti e il numero di viaggi che devono essere predisposti per l’indomani “ fai le gomme e poi fai i rifiuti “ e aggiunge “ .. fai bello massiccio eh !..”, e dopo a D.F. Michele “…Caricalo ! caricalo di gomme “ e ancora “ … così la, lo fai pieno di gomme poi due ragnate di speciale così almeno le schiaccia..” . La conferma degli scarichi di rifiuti presso la discarica di Gorla si ha dalle conversazioni avvenute tra D.F. Michele e V.D. la mattina del 20 maggio 2003.
Il 20 maggio 2003 – conv. 531 delle ore 08,18 - viene intercettata una conversazione tra A.F. e P.Salvatore. La discussione ha per oggetto l’impiego dell’autista Paolo, dipendente di cui condividono i servigi (è lo stesso di cui si è parlato sopra che, presentandosi di sua iniziativa ed arbitrariamente alla discarica di Gorla, aveva creato contrasti con C.) . P.concorda con A.F. come “collocarlo” e cosa dirgli e, in prospettiva dei nuovi lavori, dice “ quando aprirà Gorla … uno la fai per Franco così uno lo fai per noi “ riferendosi ai trasporti che Paolo deve effettuare. P.conferma, ancora una volta, di essere perfettamente a conoscenza dello smaltimento dei rifiuti presso la discarica di Gorla. A.F. gli nasconde che questi contatti nel frattempo sono stati ripristinati .
Nel primo pomeriggio A.F. chiama C.G.. Senza nessun motivo dichiarato fissano un appuntamento per il pomeriggio; il C.G.per impegni non potrà esserci; A.F. gli ricorda che “ ….perché mio padre ha una cosa da darti…” . Fissano l’appuntamento per il giorno successivo, mentre A.F. nella circostanza chiede la sua disponibilità per altri smaltimenti di rifiuti, ottenendola. Infatti chiama subito M. e suo padre Salvatore e gli comunica tanto l’orario dell’appuntamento con C.G., fissato per le ore 15,00 del 21 maggio 2003, tanto l’ ulteriore scarico di rifiuti concordato per la mattinata dello stesso giorno.
Il 21 maggio 2003 nel pomeriggio C.G. e A. Salvatore si devono incontrare, alle ore 15,30; il luogo dell’incontro è il solito, l’autolavaggio di Gorla. Alle ore 15,50 – conv. n° 169 – A.F. chiama C., è preoccupato che non arrivi all’appuntamento. C.G.gli conferma che sta per arR.re, il ritardo che ha è stato dovuto al fatto come espressamente afferma “ ..Noo, arrivo adesso, perché c’era lì il sindaco di Gorla all’autolavaggio ...” a conferma della clandestinità degli incontri. Il C.G.aveva timore di incrociare il Sindaco proprio mentre riceveva le illecite dazioni da Salvatore.
L’incontro seppur in ritardo avviene. Alle successive ore 16,20 – conv. 851 - A.F. chiama il padre per conoscere l’esito dell’incontro. Salvatore gli comunica che il carico di gomme non si può fare in quanto non c’è Genny – ndr la bionda - presso la discarica di Gorla ; poi Salvatore sembra accennare ad un nuovo argomento che, in realtà ci fa supporre che per dare ufficialità agli accessi dei mezzi carichi di rifiuti presso la discarica di Gorla, A. Salvatore, con la complicità di C.G., abbiano concordato di procurarsi presso il comune di Locate Varesino – grazie alla conoscenza di un geometra allo stato non identificato – un permesso/autorizzazione per scaricare della terra. I contatti con il geometra vengono registrati (vds trascrizioni allegate al capo A). A. Salvatore chiama poco dopo C.G. e lo mette a conoscenza che il comune di Locate Varesino gli ha dato l’autorizzazione per scaricare 500 metri cubi di terra all’interno della discarica di Gorla. Che l’autorizzazione rilasciata dal comune di Locate Varesino, possa essere lo strumento e la “pezza d’appoggio” per giustificare gli illeciti smaltimenti di rifiuti (e quindi la ricezione di grandi quantità di rifiuti in realtà non ricevibili) presso la discarica di GORLA, lo si coglie anche dalle cautele poste in essere da A. Salvatore che, per far avere al C.G. l’autorizzazione/permesso, gli propone di lasciargliela in una busta chiusa da un fiorista in piazza, a Gorla, atteso che l’eventuale trasmissione in fax potrebbe svelare lo stragemma ideato “…Eh, ma il fax non te la posso fare io da qui, hai capito ?…conv 183 del 22 maggio 2003”. La questione, dalle telefonate che seguono, non avrà più seguito in quanto il comune poi alla fine non rilascerà il permesso.
Il 26 maggio 2003 A. Salvatore cerca di chiamare al telefono C.G.. Questi non risponde. La linea telefonica è impegnata e si sente pronunciare ad A. Salvatore le seguenti parole “parola incomprensibile…… voleva 5000 4000 e 1000 e gli ho dato…… seguono sillabe incomprensibili” che sembrano confermare l’episodio dell’ 8 maggio 2003: il conteggio di somme di denaro da parte di Salvatore, a ridosso degli incontri con C.G. e Biagio.
Il 27 maggio 2003 c’è un altro incontro tra A.F. e C.G.. Dell’esito dell’incontro A.F. ne rendiconta il padre. Ha concordato con C.G.altri smaltimenti di rifiuti, mentre per le terre - argomento che Salvatore ha molto a cuore, considerate le ingenti quantità ritirate - il comune di Gorla non sembra ancora avere autorizzato il comune di Locate Varesino l’invio presso la discarica della terra. Nel pomeriggio vengono registrate ulteriori conversazioni tra A. Salvatore, A.F., M. Pablo e V.D. che confermano l’ulteriore invio di ingenti quantità di rifiuti presso la discarica di Gorla .
Il 28 maggio 2003 viene registrato un ulteriore tentativo di scarico presso la discarica di Gorla di rifiuti costituiti da pneumatici. Il mezzo viene respinto dal C.G.che ordina ad Alessio, suo collaboratore, di mandarlo via. Il mezzo è condotto da V.D. che raggiunto telefonicamente da A.F. gli comunica che è riuscito a scaricare solo metà camion. Il fatto manda su tutte le furie Francesco in quanto lo scarico era stato precedentemente concordato. A.F. – conv. 410 delle ore 15,14 – chiama C.G.chiedendogli spiegazioni. C.G.gli fa presente che il viaggio era stato concordato per il 27 e non per oggi perchè lui era assente. Sentita la giustificazione addotta da C.G.si accordano che il trasporto lo faranno per il giorno successivo, Francesco asserisce “.. aaa niente allora cosa faccio gli dico domani pomeriggio alle due mezza “ ricevendo conferma dal C.G.“ ..e si domanii si ci sono domani ..“. A.F. dell’accordo ne mette a conoscenza anche la B. Myriam a cui dice “ .. domani pomeriggio andiamo in due ..”. Anche A. Salvatore, venuto a conoscenza dell’accaduto, chiama V., preoccupato che il respingimento del carico fosse dovuto alla natura della miscela di rifiuti trasportata. Sentite le ragioni gli raccomanda di fare il carico solo di gomme, nell’attesa che la cosa si sblocchi per domani. Successivamente A. Salvatore chiama anche suo figlio che gli ribadisce il fatto che C.G.non aveva avvisato lì in discarica e quindi hanno concordato due viaggi per l’indomani. A. Salvatore sentito ciò gli raccomanda come deve comporre il carico “ .. va bo ! ascolta dovrebbero arR.re, domani mattina, un cassone di quelle cisternette, con sotto un po’ di fondo, della F., quelle puzzolenti, casomai mettiamo quelle …”
Il 29 maggio 2003, in forza degli accordi presi vengono inviati due camion di rifiuti diretti verso la discarica di GORLA. C.G., chiama il suo collaboratore C. Giuseppe e gli ordina “ … sta arR.ndo su due camion delL.L., me li rimandi … e indietro …” . Gli automezzi, condotti da V.D.e M., giunti presso la discarica, vengono respinti. Il fatto manda su tutte le furie A.F.. Sembra che gli scarichi di fatto non avvengano.
Per il 4 giugno 2003, è previsto un ulteriore appuntamento, fissato attraverso D.F. Michele e C. Giuseppe, che avrebbero dovuto vedere protagonisti A. Salvatore e C.G.. L’incontro non va in porto.
Il 6 giugno 2003, viene registrato un ulteriore scarico di rifiuti presso la discarica di GORLA; rifiuti questi consistenti in cd “cisternette” (rifiuto con componente corrosiva) di provenienza LFM. s.p.a. di V. (TO), tramite A. Mario, che stoccate presso La L.S.E. emanano un forte odore e che dunque devono essere immediatamente smaltite perché altrimenti potrebbero attirare ispezioni da parte dei competenti organi di controllo. I rifiuti vengono caricati sul mezzo di V.D.. A. Salvatore gli raccomanda, prima di raggiungere la discarica, allo scopo di abbattere gli odori, “.. fai un giro attorno se no quando arrivi in pesa c’è tanto odore… “ . V.D.descrive poi a D.F. Michele cosa gli capita per ascoltare quanto ordinatogli da A. Salvatore “ … Salvatore mi ha detto di farmi un giro prima di entrare…. Allora mi sono fermato lì da Armando a bere il caffè…. e guardavo ..” D.F. lo asseconda “… hai visto che ti ha mangiato la targa …”, trattatasi probabilmente di un rifiuto corrosivo. Intanto in ditta sta per giungere una ispezione dell’ASL – ispezione preannunciata ? - e l’odore levatisi potrebbe metterli in allarme e quindi ANTONELLA raccomanda a D.F. “ Va che sta vendendo l’ASL se ti chiedono qualcosa di che ti si è rotta una cisternetta di deodorante e ferma la pressa e fai buttare deodorante …”. V., nella conversazione n° 684 delle ore 09,08 conferma che si trova a Gorla e nella successiva – con 688 delle ore 09,42 – conferma ad A. Salvatore che lo chiama, di aver scaricato. Nella circostanza Salvatore gli ordina di non rientrare e di andare a “lavare” il mezzo.
I contatti con C.G.si allentano, perché sembra che per la discarica sia un periodo di ispezioni da parte degli organi di controllo; probabilmente anche il C.G.teme che un suo dirigente superiore abbia potuto intuire qualcosa circa circa le perduranti e continue irregolarità nella gestione parallela della discarica di Gorla. Sia A. Salvatore che Francesco cercano di ripristinare lo sbocco in discarica. Le discussione diverse volte assumono toni duri, come per esempio, nel momento in cui Francesco sta per incontrare C., e Salvatore gli manda a dire “ ..Giovanni ha detto mio padre che sei un gran pezzo di merda perché se capiti sotto le sue grinfie poi vedi “ e aggiunge “ digli < ha detto mio papà > dimmi si o no? Se vuoi riattivare i tre viaggi al mattino e qualche viaggio di gomma ?..” A.F. contatta telefonicamente il C.G.il 14 giugno 2003, e anche se in termini meno crudi, gli fa sapere che al padre questa situazione non va bene, e infine concludono di fare dei viaggi per il lunedì successivo 16 giugno 2003 “ .. eh così facciamo un viaggio di rifiuti subito..oppure subito le gomme e poi subito i rifiuti con la bolla ..”. (è il metodo del cd. giro di bolla e cioè del travestimento, puramente formale, della reale identità dei rifiuti trasportati). In pratica dietro il paravento di regolari e costanti rapporti commerciali --intercorrenti tra i soggetti gestori della discarica di Gorla Maggiore e la società La L.S.E. S.p.a., aventi ad oggetto il “regolare” smaltimento di determinate categorie di rifiuti che la suddetta discarica è effettivamente autorizzata a trattare—si cela una parallela ed oscura attività (con accordi presi per via telefonica e pagamenti in contanti), di tipo industriale (almeno per i quantitativi), di illecito smaltimento di rifiuti rientranti, questi ultimi, in categorie diverse da quelle che, la discarica in oggetto, è abilitata a ricevere e trattare.
Conferme a tale assunto si hanno nella telefonata n° 791 del 16 giugno 2003, quando Domenico (D.F. ), un altro autista della società si presenta ai cancelli della discarica di Gorla e l’impiegata, individuata in Genny, chiama C.G.per ottenere l’autorizzazione all’accesso dell’automezzo de La L.S.E. s.p.a; C.G.concede l’autorizzazione. Nel frattempo Domenico viene chiamato da D.F. che gli raccomanda “ tu l’importante che non passi ‘ncoppa ( ndr sulla ) a pesa “ e Domenico gli conferma “ non sto passando io, sto di fianco “.
C. Giuseppe e BIAGIO partecipano attivamente alla gestione illecita dei rifiuti perpetrata dagli A. presso la discarica di Gorla. Si informano sugli esiti degli incontri avvenuti con C., criticando anche l’operato del proprio superiore. Nella conv 4538 delle ore 14,52 è BIAGIO a chiamare A.F. che poco prima aveva chiamato e incontrato C.G.per informarsi sull’esito dell’incontro. A.F. lo informa mettendolo al corrente che C.G.si sta comportando male “ .. c’ha a testa i cazzo Giovanni “ e alla domanda di Biagio “ ha detto che ti fa cominciare o no ? “ Francesco risponde “ no, per adesso ancora no dice “ precisando, a richiesta di Biagio che gli chiede “ Eh ma domani una gomma la fai ? “, avendo strappato al momento solo quello. Al che Biagio ribatte “ Ah , ma io non lo so è tutto coglione …” . La cause che hanno fatto diventare C.G.prudente probabilmente sono dovute ad ispezioni improvvise cui è soggetta, in quel periodo, la discarica e che non gli consentono di avere campo libero e quindi di permettere gli ingressi di quei rifiuti che gli A. vorrebbero invece smaltire secondo le consuete modalità. Questa circostanza si coglie nella conv. 953 del 18 giugno 2003, avvenuta tra C. Giuseppe e D.F. Michele, che al pari di Biagio si informa dell’esito degli incontri. D.F. gli conferma per un viaggio di gomme, non ci sono problemi, e C. gli chiede “ .. si ma dico, per l’altra cosa niente ? ” D.F. risponde “ ah… ee ha detto che dobbiamo aspettare ancora “ e aggiunge a richiesta di C. che vuole conoscere il motivo “ ee dice che c’è quell’altro là, c’è quest’altro quell’altro “. D.F. gli chiede se a lui risulta che ci sono queste ispezioni improvvise come asserisce il C.G.. C. gli conferma che le ispezioni arR.no. Infine C. chiede a D.F. di A. Salvatore “ eh digli così < ha detto Giuseppe che deve venire, per come siamo rimasti ieri sera che faceva trovare qualcosa oppure no ?> ..” è evidente che l’unico motivo dell’incontro è legato ad una richiesta di denaro. D.F., informatosi presso A. Salvatore, richiama C. gli dice di presentarsi per il successivo 21 giugno.
A.F. e D.F. Michele – conv. 4627 – criticano l’operato di A. Salvatore, incaP.di gestire il rapporto con C.G., che finora gli aveva consentito di smaltire agevolmente ingenti quantità di rifiuti presso la discarica di Gorla. A.F. evidenzia che solo grazie a lui, con i suoi mezzi, che poi di seguito evidenzieremo, è stato caP.di mantenere vivo questo contatto.
Anche BIAGIO, il 20 giugno 2003 – conv. 1026 delle ore 07,58 - al pari di C., si lamenta presso D.F. del comportamento di A. Salvatore che gli fa delle promesse e poi non si fa mai trovare ed è molto seccato di questa situazione venutasi a creare, chiedendo a D.F. di fargli sapere quando Salvatore è presente in ditta.
Il 20 giugno 2003 – conv. 1059 – D.F. viene contattato nuovamente da C. Giuseppe che gli chiede sviluppi sulla vicenda. I due fanno riferimento ad un incontro che dovrebbe avvenire tra A.F. e C.G.. A D.F. consta che “ ma non lo so, dice che forse oggi si dovevano vedere “ e aggiunge “ .. si, se ci stanno i soldi, se no che si vedono a fa …”
Il 25 giugno 2003 A. Salvatore riceve una telefonata da Biagio che gli chiede soldi. A. si trova fuori e rimanda l’appuntamento a domani.
Seguono conversazioni che attestano ulteriori scarichi di rifiuti presso la discarica di Gorla, preceduti da accordi tra A.F. e C.G..
In data 4 luglio 2003, Gabriella, centralinista della società La L.S.E. S.p.a. , chiama A. Salvatore . Lo avverte “ ..c’è qui il ragazzo della discarica di Gorla … “ e A. gli risponde che lui non c’è e che comunque “ .. non c’è niente per nessuno stasera …”. A. si fa passare B. Myriam che gli ribadisce che c’è lì una persona che lo aspetta “ guà che c’è qui quello di Gorla …” e A. gli da la stessa risposta anche se è più esplicito di come lo è stato con Gabriella “ .. Si, non c’è di soldi dai ..” .
Il 7 luglio 2003 A. Salvatore viene raggiunto telefonicamente da Biagio. Il tenore della conversazione sembra avere lo stesso significato di quelle precedenti : richieste si denaro a fronte dei servigi ottenuti presso la discarica di Gorla. Del colloquio avuto con A. Salvatore, Biagio ne mette a conoscenza anche D.F. chiedendogli di interessarsi per la sua posizione e di avvertirlo prontamente quando ci sono novità per lui. D.F., in qualche modo lo rassicura, anche perché Biagio si sente preso in giro da Salvatore, e gli dice , riferendosi a quanto gli è stato detto da A. “ eh …lui dice che forse martedì, mercoledì dovrebbe arR.rci qualcosa di soldi, dell’assicurazione, capito ?.. “ ; il tutto a conferma che le continue telefonate da parte di C. Giuseppe e BIAGIO sono finalizzate ad ottenere denaro da A. Salvatore a fronte della loro opera prestata, in complicità con C.G.presso la discarica di Gorla Maggiore.
Il 10 luglio 2003, vi è un ulteriore richiesta di denaro da parte di C. Giuseppe fatta nei confronti di D.F. Giuseppe e diretta verso A. Salvatore. D.F. si informa presso B. Myriam “ .. ha chiamato Giuseppe quello da discarica là …“ . e aggiunge “ ..solo ha detto – riferendosi a C. Giuseppe – chiede alla Myriam se ha rimasto qualcosa bò …” . B. gli conferma “ eh non m’ha lasciato niente, digli che comunque domani sera è a casa eh .. !” . Quanto appreso D.F. lo gira a C. Giuseppe “ m’ha detto la capa – si riferisce a B. – che a lei non gli ha rimasto niente.. “
L’11 luglio 2003, C. Giuseppe chiama nuovamente D.F. chiedendogli se ha notizie di A. Salvatore. D.F. gli risponde che dovrebbe arR.re per la serata e quindi C. Giuseppe decide di andarlo a trovare comunque .
Il 24 luglio 2003, preceduto dai soliti contatti tra A.F. e C.G., viene inviato illecitamente un altro carico di gomme presso la discarica di Gorla. E lo stesso D.F. che da disposizione a Domenico, un altro autista, nonché suo fratello “ .. però sappi che stasera me sa che amma caricà un viaggio di gomme pe ì là.. a umma ..”. Infatti, in relazione a questa partita di rifiuti, a partire dalle ore 17,30, attraverso la telecamera istallata, è stato possibile riprendere e registrare le varie fasi di carico del camion targato BW 476 PR, terminate alle ore 18,10 successive, nonché la sua partenza, alle ore 07.02, diretto verso la discarica di Gorla. Da telefonate successive – conv. 8411 delle ore 10,42 – tra A.F. e D.F. si evince che il mezzo pesava tra i 330 e i 340 quintali costituiti per la maggior parte di pneumatici . I due si soffermano di nuovo a criticare l’operato di A. Salvatore che a loro avviso dovrebbe cercare di allacciare nuovamente i contatti con C.G.in quanto il sito di smaltimento, la discarica di Gorla, è vitale per il proseguimento della loro attività . Dagli stessi A. Salvatore, inoltre, viene criticato anche perché subirebbe una sorta di sudditanza “psicologica ed economica” esercitata dalla società ET (di cui parleremo successivamente) che - secondo quanto afferma A.F.- avrebbe anticipato una somma, regolarmente fatturata, di 100.000 euro; a fronte di ciò Salvatore sarebbe costretto ad accettare delle tipologie di rifiuto difficili da gestire, non conformi e non rispondenti ai documenti ufficiali. In pratica quella somma di denaro che ha apportato nuova linfa vitale alle finanze dell’azienda in un momento molto critico, costringe però Salvatore ad accettare ”le peggiori schifezze” dalla società ET. D.F. gli porta l’esempio “ … ma tu l’altra volta m’è arR.ta ET .. 290 quintali era tutta come l’acqua …” e aggiunge “ ho dovuto mettere 3 bilici a momenti di quella di CTM ( ndr altra società che conferisce terre di bonifica alla società La L.S.E. S.p.a. ) per vedere di sistemare ( ndr le ha in pratica miscelate ) ..” . Infine il colloquio termina con l’ennesimo indizio che si va ad aggiungere al quadro indiziario già piuttosto ampio evidenziante che gli scarichi illeciti presso la discarica di Gorla sono consentiti solo dietro lauta remunerazione di denaro. Infatti nel scambiarsi battute tra di loro sul perché C.G.permette ad A.F. gli scarichi per negarli invece ad A. Salvatore, D.F. asserisce “ mmm si lui poi .. è andato là .. promesso .. promesso “ e A.F. ribatte “ ..si .. ò braccialetto, chi ò braccialetto ( ndr il pomellato di cui sopra ).. cà, là quello vuole altri soldi …” . Le costanti e continue somme di denaro liquido sembrano essere l’elemento che caratterizza i rapporti con C.G..

Capo 6) – le “cisternette” prodotte dalla LFM. s.r.l. smaltite nella discarica di Gorla Maggiore
L’episodio che integra il capo di imputazione in esame è stato così ricostruito dal PM in sede di richiesta di misure cautelari, sulla base della citata informativa N.O.E. Milano 17 agosto 2003:
Gli episodi in questione, fanno riferimento ad illeciti smaltimenti di “cisternette”---le stesse di cui si è parlato sopra -, contenenti un liquido tossico e corrosivo, prodotte dalla società LFM S.r.l. (con stabilimento in V. (TO); si occupa di attività di costruzione, recupero e rigenerazione di fusti metallici, raccolta, trasporto, stoccaggio, trattamento, bonifica e smaltimento finale dei rifiuti, nonchè di trattamento di acque industriali e civili, di termodistruzione, di progettazione, di costruzione e di gestione di piattaforme di trattamento)--- presso la società La L.S.E. S.p.a.. Rifiuti questi che, una volta giunti ad Olgiate Olona (VA), dopo uno maldestro trattamento” (triturate e schiacciate con dispersione del loro contenuto) da quest’ultima società, vengono smaltiti illecitamente destinandoli alla discarica di Gorla o ad altre discariche (alcune ancora in corso di individuazione) frammisti ad altre tipologie di rifiuti. Si tratta di rifiuti connotati dall’emanazione di un forte odore, classificato dagli stessi addetti ai lavori, come molto pungente, e con un forte effetto corrosivo; vengono artificiosamente fatti passare sotto le mentite spoglie di imballaggi di più materiali CER 150106 - rifiuto non pericoloso.
Il riferimento per gli A. all’interno dell’azienda torinese è tale M.S., sopra identificato, che ricopre, all’interno dell’azienda stessa, la qualifica di direttore tecnico ed è dunque responsabile della gestione dei rifiuti. Il M.S., da accertamenti presso l’anagrafe tributaria risulta contestatario di quote all’interno della stessa società, unitamente al M.S.Francesco e al C. Alessandro, Presidente del Consiglio d’Amministrazione della stessa società e cognato degli stessi M. Mario A. e Sergio M.S.concordano gli illeciti smaltimenti di “cisternette”, anche se è poi Salvatore A. a dare il nulla osta definitivo.
I. ILLECITO SMALTIMENTO CISTERNETTE PRESSO DISCARICA GORLA
Il primo contatto registrato nasce tra Sergio, Sergio M., direttore tecnico della società, che propone ad A. Mario lo smaltimento del rifiuto – conv. nr. 5679 delle ore 15.02 “ …….io ho un pò….ho una trentina di cisternette….vuote….” e aggiunge specificandone la caratteristica “..che però qua a me danno dei problemi perché sanno un pò di odore…….”. Una conversazione successiva ancora tra Sergio M.S.e Mario A. (conv 6247 del 23/5/2003) consente di concordare le modalità di carico e del suo “occultamento”. Infatti Sergio “ ….no, no, no, io lo faccio come dici tu…..” e Mario “…….mettine un paio per volta che va tutto bene….”. C’è un imprevisto però; Mario non comunica in ditta l’arrivo di queste cisternette “delicate” e la “speciale“ tipologia di trattamento cui devono essere sottoposte per essere neutralizzate e quindi abusivamente smaltite. A causa di questa dimenticanza le cisternette vengono sottoposte ad un processo di triturazione (-senza aver usato la cautela di svuotarle del liquido contenuto– ndr. solvente) ed conseguentemente avviate a smaltimento. La loro triturazione provoca la diffusione nell’aria, come dagli stessi addetti ai lavori confermato, di un odore cosi forte che finirà per determinere uno stato di agitazione collettiva. A. Salvatore rimprovera il fratello Mario per aver omesso di comunicare agli addetti ai lavori ( Michele ed altri) la caratteristica di queste cisternette che una volta triturate vengono miscelate ad altri rifiuti. Infatti – conv. nr. 6328 delle ore 13.53 – Salvatore “….LFM. ha messo due cisternette ¾ di liquido!” e Mario “……si, si, me l’ha chiesto!”, al che Salvatore, in tono alterato “…….e perché non avvisi a destino?”. Nella conversazione successiva infatti Salvatore ancora più adirato richiama il fratello – conv. nr. 6343 delle ore 14.30 “………vai a sentire, che puzza come una carogna quella roba lì”.
Nel corso della conversazione, Salvatore riferisce a M.S. di non aveva avvisato il fratello Mario dell’arrivo del carico “speciale”, al che Sergio M.S.– conv. nr. 5777 delle ore 18.10 - “…eh, però questo è grave……si, si, le hanno tritate…..le hanno rotte, le hanno tritate!”; a questo punto Salvatore A. conferma che effettivamente “ …..le hanno rotte, le hanno rotte e le hanno cacciate in mezzo a tutti gli altri rifiuti….”. In effetti il M., avendo saputo dell’incidente si mostra preoccupato perché teme che si interrompano i viaggi, tant’è che chiede spesso a Salvatore se tutto è andato a posto. Alla fine i due concordano di sentirsi personalmente per organizzare i prossimi viaggi; infatti Salvatore “……basta non toccarle….e sono inodore, giusto?”, al che Sergio M.S.“…..giusto, giusto, va bè l’importante è che l’hai messo a posto” e Salvatore “…..perchè c’è troppo casino in giro, bisogna stare attenti……” e infine Sergio, evidenziando l’illeceità dello smaltimento “……..ma si capisce….se no uno perché ti chiama mica per niente!”
Il 23 maggio 2003 dopo una prima fase di confusione generale dovuta ai forti odori diffusi nell’aria, A. Salvatore riesce ad appianare le cose rassicurando anche M.S., direttore Tecnico della società LFM; anzi, concorda con lo stesso le modalità e le cautele da adottarsi in prospettiva di futuri smaltimenti : “carichi di sole cisternette in occasione di pronti smaltimenti finali”.
Gli accordi, effettivamente, vanno in porto. Salvatore A. invia i mezzi della NR S.r.l., di M. Pablo, presso la società LFM. S.r.l. per la raccolta e il carico delle cisternette. M. Pablo giunto sul posto, chiama A. Mario, pensando che fosse stato lui l’artefice di questa commissione e irritato afferma -conv. nr. 7431 delle ore 08.53 - “ Si, si un cazzo……non va bene così Mario!….fin quando si tratta di portarne due per fare il campione, va bene…….però caricare un cassone carico senza un cazzo, no eh! “. Mario cerca di rassicuralo “ …….come senza un cazzo?….c’è il 150106 (ndr CER identificativo di imballaggi di materiali misti)”, al che M. a conferma che il rifiuto è incompatibile col codice con cui vengono prelevati e smaltiti ribatte “ …eh, mica è 150106, lo sappiamo no? “.
L’atteggiamento di M. Pablo crea alcuni problemi, tant’è che M.S. chiama Mario A. minacciandolo di interrompere gli smaltimenti per le troppe recriminazione e domande fatte da M. Pablo e dai suoi autisti. . Così M.S. a Mario A. – conv. nr. 7441 delle ore 09.21 - “……stamattina, eravamo rimasti con Salvatore, tuo fratello, mi ha detto di caricare quelle cisternette…niente si è ripresentato lo stesso problema dell’altra volta….perchè c’era lì l’autista Dorian e ha fatto un quarantotto che non finiva più e l’ho mandato via….quindi da adesso sospendo i carichi, non ne facciamo più….con la N.F. non li voglio vedere più nemmeno in fotografia….” Il problema è prontamente risolto da A. Salvatore mediante l’impiego del V.D.. Il giorno 3 giugno 2003, in previsione dello smaltimento presso la discarica di Gorla, ordina a quest’ultimo di andare presso la società LFM. -conv. nr. 7110 delle ore 11.09 “ …Tu dici che uno dei due (ndr: parlando con Davide fa riferimento a lui ed ad un altro autista) potrebbe andare a ritirare delle cisternette vuote in FMT?….e poi magari domani facciamo il viaggio a Gorla per far il pulper!..”. I successivi accordi con Sergio M.S.sono per quaranta/cinquanta cisternette, come da conv. nr. 7222 delle ore 17.09, con Salvatore A..
A. Salvatore comunica queste disposizioni anche alla B. Myriam - dipendente della L.L., sentimentalmente legata ad A. Salvatore e perfettamente a conoscenza delle condotte illecite poste in essere in tema di illecito smaltimento di rifiuti – conv. nr. 7111 delle ore 11.10 - “Eh, allora, Fabio ha scaricato a Pisa, va a fare la FMT, perché non vuole più gli albanesi (ndr: gli autisti della N.F. di M. Pablo) M.S.( titolare della FMT), …..eh…e Davide o M. scaricano a Pisa e al ritorno uno dei due, penso Davide, va a caricare le cisternette vuote col bilico, così quando viene le scarica e le ricarica subito, insieme a un pò di assimilabile per Gorla domani mattina!….Fa Gorla e poi fa un paio di viaggi di pulper……..”.
Il 4 giugno 2003 vengono prelevate le cisternette presso la società LFM Il giorno 5 vengono inviate a smaltimento finale presso la discarica di Gorla unitamente ad altra tipologia rifiuto, il pulper, non senza problemi. L’odore emanato dalle cisternette è talmente forte che lo stesso A. Salvatore dice preoccupato a B. Myriam - conv. nr. 7757 delle ore 22.40 “ .è scesa una puzza……che ha infestato mezza Olgiate (VA) “ e immediatamente invia V.D. in discarica a Gorla per sbarazzarsi del rifiuto “ ……allora io come sono arR.to che ho sentito la puzza……subito le ho prese, le ho caricate sul bilico e le ho mandate in discarica!..”. Nel corso della conversazione Myriam rimprovera Salvatore per il fatto del verificarsi di queste complicazioni “….Salvatore, tu mi hai rotto i coglioni, tu, le cisternette, Mario, LFM., …vuoi chiudere sta’ cazzo di ditta!”. Lo stesso Salvatore, verificato l’odore pungente, per evitare che anche in discarica a Gorla, si venga a creare lo stesso problema creatosi in ditta, consiglia a Davide, prima di recarsi a scaricare, di fare un giro affinché il carico “prenda aria” e si attutisca il forte odore penetrante . E’ proprio per questo motivo che Davide, come conferma nel corso di una conversazione a D.F. Michele, parcheggia il camion carico di cisternette nei pressi di un bar per prendere un caffè. Dal bar Davide nota che il liquido contenuto nelle cisternette, nello scolare, ha un effetto corrosivo sulla targa dell’automezzo. L’odore e l’effetto corrosivo sono talmente evidenti e visibili che Davide, su ordine di Salvatore è costretto a lavare il camion utilizzato per il trasporto.. Il giorno 6 giugno 2003, viene intercettata sull’utenza in uso a V.D. una conversazione con tale Pippo, un collega autista, al quale parla di un trasporto ancora da fare avente ad oggetto rifiuti per una quantità di circa 200 quintali provenienti dalla società LFM.; li definisce roba che “ …puzza come carogna…..”– conv. nr. 728 delle ore 10.09 Lo stesso Pippo afferma, altresì, che“ … Ah, penso proprio di si!……perché a parte le cisternette…..tagliate che quelle lì sarebbe il meno, perché son tutte pulite adesso, eh!……son lavate tutto…..sono lì accatastate una sopra l’altra….tutte tagliate, ma più che altro sono le …cazzo ne so….stracci pieni di diluente, pieni di benzina!……..quelle cose lì che puzzano!… “.

II. INCENDIO CASSONE
A conferma della continuità dei carichi di cisternette, provenienti dalla società LFM. di V. (TO) e dirette a La L.S.E. degli A., è da sottolineare un altro episodio che ha il pregio di evidenziare l’alto grado di pericolosità del rifiuto nonché l’inescusabile livello di approssimazione tenuto in occasione del suo trasporto. Il giorno 22.07.2003, presso la società LFM. s.p.a., si è sviluppato un incendio di grosse proporzioni che ha incenerito grosse quantità di rifiuti da smaltire. In considerazione dello stretto rapporto d’affari già esistente con la famiglia A., a seguito di tale evento, sono aumentati i trasporti di rifiuti “particolari” con destinazione La L.S.E. s.p.a.. La “particolarità” di tali rifiuti, sopra descritti, è stata inoltre, più volte sottolineata dagli autisti che di volta in volta si recavano a Torino ad effettuare i viaggi, nonchè da D.F. Michele, che tali carichi ha ricevuto presso il centro di Olgiate Olona (VA) e viene confermata, come già detto, da uno specifico episodio che si è verificato il 29 luglio 2003. In questa data un carico di rifiuti (cisternette) prelevati presso la società LFM., da un autista (tale Fabio), dipendente degli A., si incendia all’interno del cassone, quando l’automezzo, già carico, si appresta ad uscire dall’azienda torinese. Lo stesso Fabio, al momento dell’incendio ha scaricato il cassone dalla motrice e si è allontanato, consigliato da Salvatore, che prevede l’arrivo dei pompieri e delle FF.PP. che potrebbero chiedere spiegazioni sulla natura di quel carico. E’ la stessa Myriam ad avvisare Salvatore conv. n. 15004 ore 12,35 “……..……guarda che Fabio…stava prendendo fuoco il cassone…. lì alLFM.…… mò stanno arR.ndo i VV.FF. e tutti, eh! (ndr: in tono preoccupato)………… c’erano lì i VV.FF. e tutto e stavano andando lì da Fabio (ndr: sempre in tono preoccupato)”. Salvatore chiama subito Fabio per chiedere come è andata e cosa è successo conv. 15007 ore 12,37“……….l’hai buttato giù il cassone?” e Fabio gli dice che il cassone ha preso fuoco e che è riuscito appena in tempo a staccarlo dalla motrice. Era pieno di acido “ …………. adesso stanno arR.ndo tutti, figurati hanno fatto un casino quaà!.....c’è un acido su……..c’è una nuvola….che fa paura!”, al che Salvatore “……sul cassone!” e Fabio di rimando “………….eh, sì perché adesso il cassone sopra l’hanno spento, ma sotto è pieno di fuoco….”. Salvatore, preoccupato di un eventuale controllo, non appena Fabio gli riferisce che stanno arR.ndo i Carabinieri, gli suggerisce di andarsene con la motrice “……..O.K. vattene fuori!”. Dalle conversazioni si evince la natura estremamente pericolosa del carico trasportato. Questo spiega la fuga di Fabio,. Nel corso di una conversazione successiva con lo stesso Fabio, Salvatore si fa spiegare come stanno le cose ; Fabio riferisce che hanno spento l’incendio; ha dovuto caricare la roba in un altro cassone, ma adesso quelli de LFM. non lo fanno uscire perché dal camion defluiva liquido rilasciato dal carico“…..adesso ho agganciato un altro cassone…..ho dovuto alzare il rimorchio……che “pisciava” (ndr: sgocciolava) tutto…non mi fanno uscire!”. Al rientro di Fabio Salvatore dà ordine di non toccare il carico de LFM. (ndr: “necessita di trattamento a parte”). Il contenuto del carico e l’episodio che ha visto coinvolto Fabio sono oggetto di commenti tra D.F. Michele e un altro autista della società. I due sono ancora più espliciti e parlano di vere e proprie schifezze, pericolose da maneggiare.
Si parla infatti di una miscela esplosiva, composta da una strana sabbiettina bianca e solventi. A questo proposito in una conversazione tra tal PIPPO e D.F. Michele – conv. nr. 3330 delle ore 13.46 - “……..ma lì si vede che è stata quella reazione….quella lì con una….è stata una specie di sabbiettina bianca..no….hai capito si vede che ha fatto contatto con il….come si chiama…con il solvente che c’è dentro”, e riferito a quelli de LFM. “…...questi qua son matti”.

Gli interrogatori degli (allora) indagati
Mario A. (imputato nel separato procedimento e rinviato a giudizio) nell’interrogatorio di garanzia innanzi il GIP ha tenuto una posizione “prudenziale”, semplicemente richiamando il fatto che L.L. aveva l’autorizzazione a miscelare i rifiuti e così ha fatto anche con le cisternette della FMT, che lui non considerava rifiuti pericolosi.
La tesi è già di per sé insostenibile, sia per l’evidenza degli accertamenti sopra riferiti, che parlano di materiale corrosivo, infiammabile e maleodorante, sia perché la miscelazione dei rifiuti non è la generica facoltà di mischiare tutto quello che si vuole (ovviamente), ma è attività eccezionale che deve essere espressamente autorizzata; in proposito, l’autorizzazione regionale alla società L.L. è molto chiara, ove consente “la miscelazione dei rifiuti finalizzata all’ottimizzazione dello smaltimento definitivo”, ma nel contempo vieta la “diluizione tra rifiuti incompatibili ovvero con finalizzazione di una diversa classificazione dei rifiuti originari ai sensi dell’art. 7 D. Lgs. 22/97”, nonché il ritiro di “rifiuti putrescibili o maleodoranti”.
In ogni caso, davanti al PM in data 9.1.2004 Mario A. ha ammesso la propria responsabilità ed ha riferito di avere curato personalmente la vicenda delle “cisternette”, sapendo che contenevano un fondo liquido di detergente pericoloso.
Anche A. Salvatore, dopo avere cautamente ammesso alcuni fatti al GIP in sede di interrogatorio di garanzia, davanti al PM in data 20.12.2003 ha dichiarato: “Con riferimento alla discarica di Gorla ammetto di avere effettuato dei trasporti di gomme senza formulari, accordandomi con C.G. a cui versavo somme di denaro unitamente a due palisti. A C.G. avrò versato circa 15.000 Euro mentre ai due palisti venivano consegnati circa ogni 15 giorni 500,00 Euro. Tali trasporti si sono protratti per circa un anno” (dalla verbalizzazione riassuntiva).
In merito alla vicenda LFM. davanti al PM l’imputato ha ammesso ampiamente i fatti già riferiti al GIP con un tentativo di ridimensionamento. In sintesi, gli A. si erano inizialmente accordati per ricevere cirsternette vuote e/o rotte, in modo che non contenessero liquidi pericolosi; successivamente, gli A. hanno accettato cisternette nelle condizioni completamente diverse che conosciamo, al fine di smaltirle illecitamente nella compiacente discarica di Gorla.
Francesco A. ha dichiarato al PM in data 20.12.2003 che “per la vicenda della discarica di Gorla C.G. percepiva circa 150.000 lire a camion per il trasporto delle gomme e 100.00 per il trasporto delle terre di bonifica e delle terre di spazzamento. Il rapporto è durato circa sei mesi. (…) ma ora che mi si fa presente quanto riferito da mio padre (Salvatore n.d.r.) posso dire che si trattava di 9 – 10 mesi. Io ho consegnato a C.G.un anello destinato alla moglie ed acquistato presso una gioielleria di Gallarate o di Busto Arsizio e mio padre ha consegnato un braccialetto” (dalla verbalizzazione riassuntiva).
Mentre in data 9.1.2004 ha semplicemente confermato in linea generale l’accordo corruttivo permanente con il C., al fine di smaltire in discarica pneumatici e altri rifiuti non autorizzati, come le cisternette che a volte venivano anche mischiate con le gomme. Ha inoltre precisato in circa due anni la durata del rapporto e in 7.000/8.000 Euro al mese il denaro consegnato al Direttore Tecnico per la sua compiacenza.
C.G. ha sostanzialmente ammesso la proprie responsabilità ed ha chiamato in correità gli A..
Fin dall’interrogatorio di garanzia in data 20.12.2003, l’imputato ha confermato di essere dipendente della società E. che gestiva la discarica pubblica di Gorla Maggiore e di avere iniziato il rapporto lavorativo come semplice tecnico e di essere stato nominato Direttore Tecnico della discarica proprio nel 2003, anche in virtù della sua laurea in architettura e della necessità che qualcuno seguisse le pratiche per le certificazioni di qualità.
Il C.G.ha riferito di avere in un certo senso “ereditato” un situazione “non bellissima” quanto alla gestione della discarica ed ai rapporti con i trasportatori e le ditte che fornivano materiale. Ha lasciato intendere che vi era già una prassi illegale nei conferimenti dei materiali, che si fondava sostanzialmente su accordi corruttivi tra i precedenti dirigenti e le ditte “che si potevano far entrare o non entrare (…) una situazione un po’ lasciata andare, in cui va beh … si pagava”.
In questo contesto, che l’imputato dichiara di non avere del tutto accettato, C.G.ha conosciuto gli A., dai quali alla fine ha ammesso di avere ricevuto denaro e anche il braccialetto e l’anello di cui hanno parlato gli imputati.
C.G.ha cercato di sminuire la sua posizione, affermando di avere tentato di arginare la prassi corrotta e di avere limitato le “pretese” degli A., fino ad azzerare gli arrivi di camion con carichi irregolari, anche mal sopportando una certa invadenza e aggressività quasi criminale degli A.. Nello stesso senso, l’imputato ha precisato che molte telefonate in cui sembra che lui prenda tempo o dilazioni gli incontri per timore di controlli imminenti o, come nel caso dell’autolavaggio, per la presenza imprevista del Sindaco di Gorla, in realtà avevano come obiettivo proprio la riduzione dei contatti e della disponibilità alla corruzione.
Difficile affermare con certezza se ciò sia vero e corrispondesse alle reali intenzioni del C.G.ovvero se sia soltanto un tentativo difensivo di collocare se stesso sotto una migliore luce.
Sta di fatto che l’imputato stesso non nega una certa diffusa compiacenza remunerata con qualche gioiello e con denaro , che quantifica in circa un paio di milioni di lire percepiti circa quattro/cinque volte fino ad un massimo di una decina di milioni (ammettendo poi al PM - a fronte della contestazione della dichiarazione di A. Salvatore – che si potrebbe trattare di un importo maggiore di difficile quantificazione).
Quanto ai pneumatici, l’imputato sviluppa un argomento certamente corretto, costruito dal fatto che è normale e legittimo ricevere pneumatici usati, che sono destinati ad essere utilizzati come “fondo” della buca della discarica, al fine di tenere fermo e separato dai rifiuti il telo impermeabilizzante sottostante. Nello stesso tempo, però, il C.G.stesso ammette che innanzitutto anche con i pneumatici si potevano “scegliere” i trasportatori da cui accettare o non accettare il carico, ma soprattutto che non tutti i pneumatici venivano destinati allo scopo, ma venivano mischiati e confusi con i rifiuti legittimamente conferiti.

Osservazioni conclusive
Le indagini di Polizia Giudiziaria svolte dal N.O.E. dei Carabinieri di Milano, soprattutto grazie alle operazioni tecniche di intercettazione telefonica, hanno messo in luce la sussistenza di accordi corruttivi tra la famiglia A. e il Direttore Tecnico della discarica pubblica di Gorla Maggiore C.G., come tale incaricato di pubblico servizio.
In particolare, già dalle conversazioni intercettate si era appreso che nella discarica destinata a ricevere rifiuti urbani venivano in realtà e con grande disinvoltura conferiti rifiuti speciali e anche pericolosi, comunque non autorizzati, con particolare (ma non esclusivo) riferimento a pneumatici usati e alle “cisternette” contenenti liquidi corrosivi provenienti dalla ditta LFM. di V. (TO).
Il comportamento illegale era assai vasto, ripetuto in modo costante e risalente nel tempo, anche prima dell’assunzione delle mansioni di Direttore Tecnico del C..
Anzi, proprio le memorie difensive di C., più che le sue dichiarazioni negli interrogatori, mettono in luce una situazione francamente allarmante (se dimostrata), che coinvolge responsabilità personali anche in seno alla stessa società di gestione. L’odierno imputato può anche essersi adoperato per ridimensionare o forse porre fine al fenomeno, ma resta il fatto che nella misura oggi accertata (e da lui ammessa) vi ha anche partecipato.
Nelle medesime memorie, inoltre, il C.G.tenta di circoscrivere nel tempo e ridurre nel numero e negli importi gli accordi corruttivi, soprattutto perché le imputazioni 16) e 17) coprono un periodo che va da gennaio 2001 a dicembre 2003.
In proposito, non vi è nessuna difficoltà a riconoscere quanto affermato dall’imputato e cioè che gli episodi direttamente dimostrati sono circoscritti all’anno 2003 e non si sono verificati più di cinque volte. Ma ciò non toglie la vastità del traffico illecito che egli stesso descrive, la sua partecipazione compiacente per un certo periodo, l’accettazione di denaro come corrispettivo (che qualifica diversamente la mera “accettazione” di una situazione di fatto già instaurata!) ed in ultima analisi la sua partecipazione concorsuale oggettiva e soggettiva, come correttamente contestata dal PM mediante l’art. 110 c.p..
Quanto sopra esposto, è stato poi confermato dalle dichiarazioni di tutti gli indagati, che hanno ammesso le proprie responsabilità ed hanno reciprocamente chiamato in correità gli altri, in proposito, si ricordano gli interrogatori già esaminati di A. Mario, Salvatore e Francesco, ma anche si rinvia a dichiarazioni conformi di B. Myriam e P.Salvatore.
Da ultimo, è appena il caso di osservare che - almeno per quanto riguarda i mesi del 2003 oggetto di accertamento diretto – i rapporti tra gli A. ed il C.G.erano costanti e che in quel periodo il Direttore Tecnico della discarica aveva la supervisione ed il controllo di tutto l’impianto. Non è pertanto ipotizzabile che il C.G.non abbia avuto contezza del conferimento in discarica di materiale così vistosamente (e soprattutto “sensibilmente”) irregolare come le maleodoranti e corrosive “cisternette” di cui al capo 6). C.G.vorrebbe sostenere di essere estraneo al conferimento di carichi di materiale che al solo passaggio desta il disgusto e l’allarme di tutti i presenti, come si è appreso dall’ascolto delle intercettazioni telefoniche sopra riportate. Sul punto, l’imputato è del tutto inattendibile e deve essere chiamato a rispondere a pari titolo anche del capo di imputazione 6).
Quanto a V.D., non resta che affermare la sua responsabilità concorsuale in qualità di trasportatore, insieme ad altri imputati rinviati a giudizio nel procedimento separato.
Costoro infatti – tutti collaboratori stabili o dipendenti della società L.L. dei fratelli A. – hanno consapevolmente effettuato i trasporti illegali in discarica. La consapevolezza del traffico posto in essere da altri non può essere negata dai trasportatori, poiché non sono operatori estemporanei e meri esecutori materiali di attività che non sanno qualificare; ma al contrario, sono operatori in un certo senso tecnici, totalmente addentro la realtà e la disciplina della circolazione dei rifiuti e come tutti i trasportatori sono perfettamente a conoscenza del carico che portano.
Nel caso specifico poi del V., si è osservato nella fase delle indagini che egli è stato protagonista di alcuni trasporti di pneumatici inizialmente respinti da C.G.e oggetto di una accesa discussione, nonché di alcuni trasporti di “cisternette” con il liquido maleodorante, riceve ed esegue l’ordine di “farsi un giro” per disperdere l’odore ed è la “vittima” della corrosione della targa dell’automezzo, con cui discute con D.F..

CAPITOLO II
– La vicenda dei rifiuti napoletani e campani di Giffoni Valle Piana (capi di imputazione 10, 14 e 15)

a) il fatto storico.
Nell’informativa 7.11.2003 i Carabinieri del N.O.E. di Milano rifeR.no ulteriori sviluppi degli accertamenti già in corso a carico della famiglia A. e del movimento illegale di rifiuti che gravitava intorno all’azienda di famiglia La L.S.E. s.p.a..
Grazie alle intercettazioni già in corso nello stesso procedimento aperto a carico degli A. e altri indagati, è stato possibile individuare il traffico illecito fin dal suo momento genetico in data 18 settembre 2003, giorno in cui D.M.N.Marco, dipendente della società ET s.p.a., in compagnia ed alla presenza di V.L., titolare dell’impresa di trasporti V. SUD s.r.l., telefonava ad A. Salvatore per proporgli un “affare”.
L’affare in questione consisteva nello smaltimento di rifiuti portanti il codice CER 191212 (corrispondente a rifiuti non pericolosi provenienti da trattamento industriale), provenienti dall’impianto di tritovagliatura di Giffoni Valle Piana (SA), che a sua volta riceveva i rifiuti urbani della città di Napoli e ne operava un trattamento meccanico (la tritovagliatura: cioè un primo frazionamento meccanico per ridurre il c.d. “tal quale” ossia il sacco nero raccolto in strada, per l’ulteriore smaltimento o recupero, separando frazione secca da frazione umida).
L’impianto era gestito dalla società AP s.p.a per il Commissario Straordinario dell’emergenza rifiuti della Regione Campania, nel noto periodo storico di grave crisi ambientale della città di Napoli e dell’intera Regione Campania.
In sintesi l’accordo ed il conseguente “affare” consistevano nel prelevare dall’impianto ingenti quantità di frazione secca, che usciva con il codice CER 191212 assegnato dall’impianto stesso, trasportarle con i mezzi della V.SUD di V.L. (e altre società non interessate dal giudizio abbreviato), stoccarle o farle transitare temporaneamente dall’impianto della S s.r.l. di C. Pierpaolo in Castesano (BO), per poi destinarle alla L.S.E., dove avrebbero dovuto subire un trattamento, ed infine smaltirle presso diverse discariche prevalentemente pugliesi e in parte lombarde.
Il passaggio dall’impianto del C. era indispensabile perché questi aveva stipulato un contratto di appalto con il Commissario Straordinario della Regione Campania per ricevere i rifiuti provenienti dall’impianto di Giffoni Valle Piana.
Il destinatario principale doveva essere la discarica della ditta E corrente in Grottaglie (TA), che avrebbe poi effettivamente e inconsapevolmente ricevuto i rifiuti urbani campani, apparentemente provenienti dalla Lombardia come rifiuti speciali (sul punto ci si soffermerà in seguito).
Il giorno stesso e nei giorni immediatamente successivi proseguivano i colloqui tra A. Salvatore, D.M.N.Marco e V.L., sempre tenuti con il tenore circospetto e criptato di chi stia prendendo accordi illeciti. In particolare, si segnalano due conversazioni in cui V.L.dice ad A. “non pa… non dire molto, perché lui domani sale su e ti spiega, no?” e ancora: “va bo, comunque io la prima cosa che ti volevo dire acqua in bocca, non parlare con nessuno perché questa cosa non la … se facciamo questa operazione lo sappiamo solo io, tu e Marco eh?” (v. informativa NOE 7.11.2003 pg. 10).
Il contenuto delle telefonate, per le quali si rinvia all’informativa citata, riguarda principalmente gli accordi economici, ma descrive anche le modalità di trasporto e di occultamento dell’origine e della natura del rifiuto, essendo ben consapevoli tutti gli operatori dei divieti in materia di cui si dirà appresso. In particolare, si segnala che A. Salvatore aveva già in mente di coprire il carico che arR. alL.L. dalla S con delle “morchie” (residui industriali delle vernici) ed altro materiale industriale prima di inviarlo alla E e con delle cortecce prima di inviarlo all’impianto di compostaggio di P. Gino in Piemonte.
La società degli A. inoltre non è nemmeno autorizzata allo stoccaggio ed al trattamento delle frazioni secche e umide dei rifiuti urbani, così come di ogni altro rifiuto putrescibile o maleodorante (v. decreti regionali autorizzativi della Regione Lombardia citati a pag. 6 informativa cit.).
Infatti, già in data 24 settembre 2003 si verificavano i primi problemi che mettevano tutti in allarme, perché il materiale proveniente da Giffoni e portato da V.L.mandava cattivo odore, D.F. Michele (dipendente autista delL.L.) è preoccupato, tanto che ad un certo punto, oltre a registrarsi una serie di telefonate concitate, intervenivano anche i Vigili Urbani e lo stesso D.M.N.era sul punto di abbandonare l’accordo con A..
L’informativa del NOE prosegue riportando e commentando una serie interminabile di telefonate tra gli stessi protagonisti della vicenda. Il contenuto delle conversazioni è ovviamente la gestione l’organizzazione dei trasporti dei rifiuti che ormai va a pieno regime. La preoccupazione principale che gli interessati esprimono è sempre quella del cattivo odore che mandano i rifiuti, poiché ovviamente né i destinatari finali né eventuali controlli di polizia devono scoprire la vera natura del rifiuto, che continua a viaggiare tranquillamente sotto il codice CER 191212.
Che poi l’affare sia interessante, ingente e remunerativo lo testimoniano le telefonate di A., in cui parla di un affare da 50 milioni (di lire, evidentemente) al giorno; nonché la conversazione tra D.M.N.e V, in cui i due si compiacciono di avere in mano l’impianto di Giffoni per la quantità di rifiuti che riescono a prelevare e smaltire, fino al punto di aspirare a dettare condizioni quasi da monopolisti: “eh, non ci pensare, siamo diventati i numeri uno a Giffoni; tutto dipende da noi mo’; piano piano abbiamo le redini in mano, mo’ l’importante che non ci scappano. (…) qui devono venire e morire” (v. informativa cit. pag. 43, 13 ottobre 2003). E sono passati solo 20 giorni!
In realtà, proprio nei giorni successivi, per il cui dettaglio ancora si rinvia all’informativa 7.11.2003 pagg. 44-61) cominciavano a crearsi diversi problemi, anche in relazione ad errori nello smaltimento illecito di rifiuti in Piemonte presso l’impianto di compostaggio del P. a Fossano.
In data 24 ottobre 2002, invece, si evince da alcune conversazioni tra C. di S e V.L.che gli indagati intervenivano non tanto sul codice CER che identifica la natura del rifiuto, ma piuttosto sul codice che indica la destinazione finale del rifiuto. Infatti, V.L.riferisce a C. che non possono più caricare i rifiuti di Giffoni con codice R13 (cioè rifiuti con destinazione recupero), ma devono utilizzare il codice D15, cioè destinazione smaltimento in discarica.
Ma soprattutto sono le conversazioni del 29 ottobre che permettono di cominciare a qualificare esattamente la condotta degli imputati e a mettere in luce nuovi elementi in fatto che contribuiranno ad integrare la fattispecie contestata.
C. Paolo, infatti, intrattiene un colloquio con un certo Marco non identificato (non D.), al quale dice: “Guardavo il fatturato adesso di ‘sto mese, fino a oggi… quello che abbiamo fatturato siamo già solamente con i lavori di Napoli tre miliardi! (…) abbiamo fatto in un mese quello che facevamo prima in un anno”.
A questo punto, per completare la ricostruzione del fatto, occorre anche ricordare che gli accertamenti e le conclusioni della Polizia Giudiziaria si sono basati anche sulla visione dei filmati ripresi da una videocamera collocata nei pressi del deposito de L.L. e puntata all’interno dell’area in cui entravano, caricavano e scaricavano camion.
Gli esiti delle osservazioni filmate sono compendiati nell’annotazione di PG 11.11.2003, oggi allegata all’informativa 7.11.2003 già citata. L’annotazione dà conto visivamente ed illustra tutte le operazioni oggetto delle conversazioni telefoniche intercettate, rappresentando soprattutto le attività di miscelazione dei rifiuti ovvero di occultamento dei rifiuti provenienti da Giffoni via S con materiali industriali o naturali (fogliame, cortecce, etc.) o ancora di irrorazione con deodoranti o altri prodotti chimici. Soprattutto sono da segnalare i numerosi episodi in cui il c.d. “ragno” meccanico preleva porzioni superficiali di rifiuti dai camion e vi colloca altri tipi di rifiuti inerti a mo’ di copertura provvisoria. L’operazione appare chiaramente pR. di senso alcuno, ad eccezione della volontà di occultare alla vista e all’odorato la vera natura dei rifiuti.

A completamento dell’esposizione del fatto, comprendendo anche i capi di imputazione 14) e 15), l’informativa integrativa del N.O.E. di Milano in data 22.10.2004 (a cui si rinvia per i dettagli) riferisce gli ulteriori accertamenti sulla medesima circolazione di rifiuti provenienti dall’impianto di Giffoni Valle Piana con diverse destinazioni.
Come nel caso precedente, il traffico accertato ha la medesima origine in Giffoni Valle Piana, il medesimo vettore prevalente V. SUD di V.L., il medesimo luogo di prima destinazione e transito, costituito dall’impianto di Castenaso della società S s.r.l. di C. Pierpaolo (che ricordiamo aveva un contratto di appalto con l’impresa che gestiva l’impianto); da qui poi i rifiuti prendevano una duplice destinazione: parte veniva inviata alla ditta C. RIFIUTI s.r.l. di N. Franco e da lì alla discarica T.E.A. s.p.a. di Mantova; altra parte veniva invece inviata alla ES s.r.l. di Corridonia (MC), legalmente rappresentata da B.G. e P.P., e quindi alla destinazione finale nella discarica V: di Taranto, di cui era A.U. C. Paolo..
Gli accertamenti svolti dal N.O.E. soprattutto su base documentale (rinvenibile in copia negli allegati all’informativa) hanno inoltre messo in luce ancora una volta che il rifiuto viaggiava sempre con codice identificativo CER 191212, ma che tra il penultimo e l’ultimo passaggio la causale del trasporto veniva modificata da R13 (messa in riserva in vista di una operazione di recupero) a D15 (deposito preliminare allo smaltimento in discarica).

A questo punto, in sintesi, il fatto è chiaro: la Regione Campania si trovava e si trova tuttora in emergenza rifiuti, a causa della cronica insufficienza o mancanza di adeguati impianti di recupero, smaltimento o di termovalorizzazione; la situazione era affidata al Commissario Straordinario per l’Emergenza, che si avvaleva della società interamente pubblica AP per la gestione degli impianti mobili come quello importantissimo di Giffoni Valle Piana (SA), in cui confluivano tra gli altri i rifiuti urbani della città di Napoli; l’impianto sottoponeva i rifiuti urbani ad un primo trattamento meccanico denominato tritovagliatura e successivamente destinava le frazioni secca e umida ad altri impianti in esecuzione di contratti di appalto, assegnando all’origine il codice identificativo CER 191212, tanto alla frazione umida quanto a quella secca, che qui interessa; uno dei contraenti era la società S s.r.l. di C. Pierpaolo, che come abbiamo visto per questa ragione occupava oggettivamente una posizione strategica nella circolazione dei rifiuti usciti da Giffoni. Successivamente, senza mutamento del codice CER (e su questo punto il capo di imputazione 10 contiene una indicazione inesatta, ma come vedremo non rilevante ai fini del decidere) i rifiuti meramente transitati dalla S di Castenaso (BO) per mezzo dei camion del vettore V. SUD di V, proseguivano il viaggio in direzione de La L.S.E. s.r.l. della famiglia A. e, come abbiamo visto, dopo avere subito non un vero e proprio trattamento né una vera e propria miscelazione, ma semplicemente un “rivestimento” di altro materiale industriale o naturale, venivano destinati ad impianti di compostaggio (procedimento naturale di recupero del materiale organico per destinarlo all’agricoltura e quindi del tutto incompatibile con le frazioni secche dei rifiuti solidi urbani) come la T.E.A. di C. Giuseppe a Fino Mornasco (CO) o la SC. di P. Gino, ovvero in discariche quali la E di Grottaglie (TA), la V: di Taranto e la T.E.A. di Mantova.
L’artefice di tutte le operazioni era Marco D., da un lato in ottimi rapporti di amicizia con C. Pierpaolo e dall’altro in affari con gli A., e nello stesso tempo dipendente della ET. D.M.N.è colui che faceva da mediatore tra gli A. da un lato e C. (che li conosceva appena) e V.L.dall’altro. Nel contempo, la sua posizione di dipendente ET gli consentiva un buon rapporto con M. Rino, Amministratore delegato della società, già Ufficiale del Corpo Forestale dello Stato, grande esperto in materia ambientale e consapevolmente coinvolto in tutta la vicenda dei rifiuti campani.
Infine, merita menzione S.P., titolare o comunque legale rappresentante della P.A. S s.r.l. di Bolzano, il quale ha svolto il ruolo di intermediario tra la C. RIFIUTI di N. Franco e la S di C. nell’accordo per il conferimento di rifiuti CER 191212 destinati al recupero. In realtà, dopo alcuni conferimenti conformi agli accordi, il N. si lamentò con il S.P. della qualità scadente del materiale inviato dalla S, di pezzatura più piccola, più pesante e dal caratteristico odore del rifiuto urbano. Dopo alcune lamentele e tentativi di rimediare smaltendo diversamente il prodotto inviato, il N. interruppe i rapporti con la S. Il ruolo del S.P. è riferito nell’informativa 22.10.2004 e risulta dalle allegate intercettazioni telefoniche, alle quali si rinvia.
Quanto fin qui esposto, per quanto è stato possibile, è limitato ai fatti obiettivamente accaduti, non contestati dagli imputati e francamente molto ben dimostrati dalla documentazione acquisita, dalle intercettazioni telefoniche, dalle videoriprese presso l’area della ditta L.L., come poi hanno confermato anche gli stessi indagati nelle varie occasioni in cui hanno reso dichiarazioni.
Volutamente si è separata la trattazione del fatto, come già detto non contestato come tale, dalla sua qualificazione giuridica, vero punto problematico del processo e meritevole di apposito approfondimento.

Già in questa sede, al fine di introdurre l’esame e la ricognizione della normativa in materia, è possibile tuttavia formulare qualche osservazione e porre qualche domanda che dovrà necessariamente trovare risposta.
La gran parte dei rifiuti provenienti dall’impianto di Giffoni Valle Piana viene materialmente trasportata dapprima a Bologna, quindi a Olgiate Olona in provincia di Varese per poi proseguire, rectius ritornare, in Puglia, dove verrà smaltita in due discariche di Taranto e provincia.
Ma perché? A che scopo? Quale ragione ha mosso gli odierni imputati a far percorrere 2.000 km ai rifiuti quando ne potevano bastare 200 o 300?
Come già detto, il quesito deve trovare risposta e la risposta dovrà essere convincente anche sotto il profilo economico aziendale.
Infatti, per quanto si voglia sostenere che i rifiuti sono equiparabili alle merci, che la loro circolazione – pur soggetta ad una rigorosa disciplina pubblicistica – è oggetto di attività commerciali ed economiche, che alcuni soggetti, come il C., del tutto legittimamente svolgono il ruolo di intermediari nella circolazione dei rifiuti stessi, occorre dare spiegazione logica ed economicamente sostenibile del fatto che degli imprenditori si sono accollati enormi costi di trasporto per portare delle “merci” dalla Campania in Lombardia e dalla Lombardia in Puglia, quanto potevano (o forse non potevano…) effettuare direttamente il trasporto, con risparmi di tempo e di denaro imparagonabili.
Il quesito di puro buon senso, deve ora trovare conforto e risposta nella normativa che disciplina la materia.

b) ricognizione della normativa essenziale.
Dalla conclusione del paragrafo che precede deR. il quesito giuridico fondamentale per la decisione: i rifiuti urbani provenienti dalla tritovagliatura dell’impianto di Giffoni Valle Piana ed usciti con codice CER 19.12.12 potevano essere smaltiti legittimamente nelle discariche pugliesi e lombarde?
La risposta evidentemente è negativa. Vediamo perché.
La complessa materia della circolazione sul territorio nazionale dei rifiuti, non pR. come vedremo anche di implicazioni di ordine costituzionale, al tempo dei fatti trovava disciplina positiva a livello di legislazione ordinaria nell’art. 5 comma IV del decreto Ronchi cit., ove una norma primaria immediatamente precettiva disponeva che “dal 1° gennaio 1999 è vietato smaltire i rifiuti urbani non pericolosi in regioni diverse da quelle dove gli stessi sono prodotti, fatti salvi gli accordi regionali o internazionali esistenti alla data di entrata in vigore del presente decreto”.
La regola costituiva la diretta attuazione del principio generale di autosufficienza espresso dal comma III dello stesso articolo, ove dispone che lo smaltimento dei rifiuti avvenga per mezzo di una rete integrata e adeguata di impianti, al fine di “a) realizzare l’autosufficienza nello smaltimento dei rifiuti urbani non pericolosi in ambiti territoriali ottimali; b) permettere lo smaltimento dei rifiuti in uno degli impianti appropriati più vicini, al fine di ridurre i movimenti dei rifiuti stessi”.
La normativa sopra citata non è mai stata dichiarata costituzionalmente illegittima, ma l’imperfetto è d’obbligo poiché nel frattempo è intervenuto il D. L.vo n. 152 del 3 aprile 2006 denominato Norme in materia ambientale, che ha ridisegnato la materia introducendo alcune novità, importanti anche ai nostri fini.
Evidentemente la normativa di riferimento resta quella del tempo dei fatti (vigente anche al tempo della presente decisione), ma occorre effettuare una breve ricognizione delle novità, utile sia ai fini della verifica di eventuali fenomeni di successione di leggi nel tempo, sia a livello interpretativo.
Merita menzione in questa sede l’art. 182 del decreto citato (che sostanzialmente si sovrappone all’art. 5 D. Ronchi), ove dispone al comma V che “è vietato smaltire i rifiuti urbani non pericolosi in regioni diverse da quelle dove gli stessi sono prodotti, fatti salvi eventuali accordi regionali o internazionali, qualora gli aspetti territoriali e l’opportunità tecnico-economica di raggiungere livelli ottimali di utenza servita lo richiedano. Sono esclusi dal divieto le frazioni di rifiuti urbani oggetto di raccolta differenziata destinate al recupero per le quali è sempre permessa la libera circolazione sul territorio nazionale al fine di favorire quanto più possibile il loro recupero, privilegiando il concetto di prossimità agli impianti di recupero”.
Come si evince chiaramente, il principio di autosufficienza è stato mantenuto e ribadito con due sole eccezioni: l’una già presente nel decreto Ronchi che rinvia ad eventuali accordi regionali o internazionali che stabiliscano diversamente, ma sempre alla precisa condizione di una positiva valutazione di opportunità tecnico-economica; l’altra, invece, che riguarda frazioni di rifiuti urbani purché siano oggetto di raccolta differenziata destinata al recupero e sempre rispettando condizioni di prossimità territoriale. Il riferimento alla raccolta differenziata appare decisivo, poiché tale raccolta seleziona i rifiuti all’origine, evitando quella commistione che contamina il rifiuto anche dopo essere stato separato meccanicamente.
Se ne deduce pacificamente che anche le eccezioni al principio di autosufficienza ed al relativo divieto di smaltimento extraregionale sono legate a condizioni particolari e comunque sempre attuando una limitata, ragionevole ed economica circolazione del rifiuto.
In conclusione sul punto, in linea generale la circolazione dei rifiuti urbani sul territorio nazionale era ed è vietata da legge ordinaria, salve alcune limitate eccezioni che non ricorrono nel caso concreto in esame.
In proposito, giova sottolineare che nessun accordo interregionale è mai intervenuto tra Campania e Puglia nel periodo interessato (né poteva intervenire, attesa la situazione di emergenza rifiuti in cui versava anche la Puglia), mentre accordi circoscritti a limitati quantitativi e a determinate condizioni di smaltimento in impianti bene individuati (per esempio, società REA di Dalmine e PRIMA di Trezzo d’Adda), tra i quali non sono ricompresi gli impianti lombardi in imputazione.
La documentazione amministrativa prodotta dal PM relativa agli accordi per lo smaltimento dei rifiuti provenienti dalla c.d. “emergenza Campania” dimostra come soltanto eccezionali provvedimenti amministrativi in esecuzione di accordi interregionali abbiano consentito di smaltire in Lombardia i rifiuti urbani provenienti dalla Campania e classificati come CER 19.12.12. (v. produzioni del PM in sede di conclusioni).
Infine, per quanto riguarda la Puglia, si deve osservare che l’intera normativa secondaria ed i provvedimenti amministrativi citati dalle difese, soprattutto D.M.N.e V, o vietano a loro volta lo smaltimento dei rifiuti urbani extraregionali in Puglia, o consentono lo smaltimento dei rifiuti speciali. Inutile aggiungere che comunque si tratta di normativa secondaria subordinata alla citata legge dello Stato.

E’ certamente apparso chiaro dall’esposizione che precede l’ulteriore profilo di qualificazione giuridica necessario ai fini della configurazione del delitto contestato, costituito dalla natura del rifiuto proveniente dall’impianto di Giffoni Valle Piana.
In proposito occorre fare chiarezza.
Innanzitutto giova precisare che quanto affermato sopra riguarda i rifiuti urbani non pericolosi e non i rifiuti speciali. Anche le difese degli imputati concordano sul punto ed infatti attestano fermamente la loro linea difensiva sulla natura di “rifiuto speciale” del materiale uscito da Giffoni Valle Piana e da Paolisi.
In proposito, occorre fare riferimento alla classificazione contenuta nell’art. 7 del decreto Ronchi, secondo il quale i rifiuti si classificano, secondo l’origine, in urbani e speciali ovvero, secondo la pericolosità, in pericolosi e non pericolosi. Sono poi rifiuti urbani, tra gli altri, i rifiuti domestici provenienti da luoghi adibiti ad uso di abitazione. E’ importante sottolineare che i rifiuti vengono classificati in urbani o speciali “secondo l’origine”.
E’ bene premettere che in sede comunitaria con la Decisione 2000/532/CE del 3 maggio 2000 e successive modifiche è stato introdotto il nuovo Catalogo Europeo dei Rifiuti, poi recepito nel nostro ordinamento e quindi perfettamente vigente in Italia.
Saltando ulteriori dettagli non utili, in questa sede è sufficiente ricordare che i rifiuti solidi urbani sono classificati con il codice CER 20 e che in particolare il rifiuto indifferenziato (il c.d. “sacco nero” o “tal quale”) assume il codice CER 20.03.01.
Vengono invece classificati sotto il codice CER 19 tutti i rifiuti prodotti da impianto di trattamento rifiuti; che si specifica in CER 19.12 per i rifiuti prodotti da trattamento meccanico non altrimenti specificati; con l’ulteriore sottogruppo residuale CER 19.12.12 per gli “altri rifiuti (compresi materiali misti) prodotti dal trattamento meccanico dei rifiuti diversi da quelli di cui alla voce 19.12.11” (cioè gli stessi, ma contenenti sostanze pericolose).
Svariati documenti prodotti dalle difese hanno dimostrato che nella prassi gli impianti di Giffoni Valle Piana e di Paolisi (BN), come verosimilmente altri impianti similari in Italia, ricevevano il c.d. “sacco nero” CER 20.03.01 e lo sottoponevano al trattamento meccanico della tritovagliatura, che consiste nella preliminare riduzione della pezzatura del rifiuto (triturazione) e nella successiva separazione della frazione ferrosa, secca e umida. Tali ultime due frazioni ricevevano per effetto del processo meccanico applicato il nuovo codice CER 19.12.12, sia per la frazione secca che per quella umida.

Assumono le difese degli imputati che tale processo industriale applicato ai rifiuti urbani comporti la trasformazione anche merceologica del rifiuto urbano in rifiuto speciale, come attesta il diverso codice CER, con tutte le conseguenze del caso ed in primis la sottrazione alla disciplina dei rifiuti urbani.
L’assunto non può essere condiviso per una serie di ragioni.

Innanzitutto, occorre interpretare e armonizzare nel modo corretto e non sostanzialmente elusivo della rigorosa disciplina in materia la classificazione di cui all’art. 7 Decreto Ronchi con i codici CER di origine comunitaria.
A tal fine occorre non trascurare quanto specificato nella nota introduttiva dell’allegato alla decisione 94/3/CE che contiene la tabella dei codice CER, che di seguito si riporta per stralcio:
• Il Catalogo vuole essere una nomenclatura di riferimento con una terminologia comune per tutta la Comunità allo scopo di migliorare tutte le attività connesse alla gestione dei rifiuti. A questo riguardo, il Catalogo Europeo dei Rifiuti dovrebbe diventare il riferimento di base del programma comunitario di statistiche sui rifiuti lanciato con la risoluzione del Consiglio, del 7 maggio 1990, sulla politica relativa alla gestione dei rifiuti.
• 6. (…).
• 7. Ciascun codice dei rifiuti figurante nel Catalogo deve sempre essere inserito nel contesto a cui si riferisce.
In altre parole, tutta la normativa primaria e secondaria relativa alla disciplina dei rifiuti urbani non può non riferirsi alle definizioni ed alle classificazioni della legge fondamentale in materia “secondo l’origine e secondo la pericolosità”, ossia l’art. 7 del decreto Ronchi. Altra cosa è l’attribuzione di un codice unitario di riferimento, strutturato in modo decisamente più parcellizzato e secondo criteri che si sovrappongono o inseriscono nelle quattro grandi categorie dell’art. 7: urbani non pericolosi, urbani pericolosi, speciali pericolosi, speciali non pericolosi.
Potremmo dire in altre parole, e per arR.re al dunque, che l’origine (e quindi la natura) urbana di un rifiuto (ovviamente non pericoloso) non muta per il solo fatto di avere subito un trattamento industriale meccanico e quindi come tale rientrare nel codice CER 19.12.12.
Alcune osservazioni a riprova.
Innanzitutto il buon senso che non deve mancare mai nell’attività interpretativa: i rifiuti urbani anche se non pericolosi sono soggetti ad una specifica e rigorosa disciplina per evidenti ragioni. Per tutte, valga osservare che sia in sede di giustizia europea che in sede costituzionale italiana si ammette che il generale principio di libera circolazione delle merci, intendendo per tali anche i rifiuti, possa subire delle deroghe per i rifiuti urbani (non così invece per i rifiuti speciali di cui all’art. 7 D. Ronchi).
Orbene, appare del tutto privo di logica ed anzi contraddittorio con la ratio della disciplina dei rifiuti urbani, affermare che la semplice separazione meccanica della frazione secca dalla frazione umida, quasi geneticamente, muti la natura del rifiuto da urbano a speciale, sottraendolo alla disciplina del primo.
Si osserva infatti che la separazione delle due frazioni crea per certi aspetti una - si passi il termine giornalistico – “bomba ecologica” ancora più pericolosa e ingestibile del mero sacco nero, costituita dalla frazione umida, notoriamente maleodorante, putrescibile, produttiva di percolato, etc. Del resto, anche la frazione secca rimane molto contaminata dalla sua origine, come ognuno può intendere per esperienza comune, ma anche come emerge dagli atti di questo procedimento. Si pensi alla preoccupazione e all’allarme suscitato dagli odori emanati dalla frazione secca “trattata” dagli A., che in un episodio ha anche attirato l’attenzione della polizia municipale.
Sempre in punto di logica, non è accettabile sostenere che ciò che non può essere smaltito e neppure trasportato fuori Regione “intero”, come il tal quale, possa poi essere tranquillamente smaltito in discarica una volta frazionato. Se a tal fine fosse dirimente l’attribuzione del codice CER 19.12.12 sarebbe sufficiente fare uscire dagli impianti di tritovagliatura due serie di camion con due carichi distinti secchi ed umidi e conferirli poi nella stessa discarica extraregionale, anche riunendo le due frazioni separate.
L’abissale differenza qualitativa della frazione secca e della frazione umida, da cui discendono regole e trattamenti del tutto diversi, dimostra per sé sola che il comune codice CER 19.12.12 non è e non può essere l’unico parametro di riferimento per individuare la disciplina del rifiuto.
Inoltre, i provvedimenti amministrativi e le prassi che sono emerse anche in questo procedimento hanno rivelato che esiste un’attenzione all’origine urbana dei rifiuti che va ben oltre l’attribuzione del codice CER 19.12.12 e la sua mera accettazione come rifiuto speciale.
Si vedano in proposito, le delibere di Giunta Regionale della Regione Veneto n. 1794 del 5.7.2002, nella cui tabella allegata si specifica che i “rifiuti da vagliatura meccanica” cod. CER 191212 sono da considerarsi comunque rifiuto urbano; nonché n. 511 del 5.3.2004, in cui si afferma che “il sovvallo da selezione dei rifiuti urbani va classificato con codice CER 191212 e considerato rifiuto urbano”. Vi è traccia di ciò anche nell’ordinanza, prodotta dalla difesa V, del Commissario Delegato della Regione Puglia 23 settembre 1997 n. 1 che vietava l’ingresso nel territorio regionale dei rifiuti solidi urbani e dei rifiuti speciali deR.nti dalle attività di recupero e smaltimento dei rifiuti solidi urbani e assimilati”:
Anche La L.S.E., nei rapporti con la discarica E di Grottaglie, con missiva 4.4.2003 si preoccupa di dichiarare (falsamente) che “il rifiuto costituito da altri rifiuti prodotti dal trattamento meccanico dei rifiuti, diversi da quelli di cui alla voce 191211, cod. CER 19.12.12 (…) proviene da attività di raccolta di rifiuti industriali con assoluta esclusione dei rifiuti urbani”.
Del pari, S Christian, funzionario responsabile della discarica E di Grottaglie, in data 18.12.2003 ha dichiarato al N.O.E. che nell’impianto “possono giungere rifiuti con CER 19.12.12, a condizione che non provengano dalla selezione e triturazione dei rifiuti solidi urbani” (…) Inoltre, i rifiuti con CER 19.12.12 provenienti da fuori Regione Puglia dovevano essere accompagnati da una dichiarazione di provenienza resa dal committente “al fine di scongiurare che questo possa deR.re dal trattamento di rifiuti solidi urbani per i quali vi è divieto assoluto di importazione in Puglia”.
Le dichiarazioni (false) di A. e le sommarie informazioni rese da S confermano da un lato che il codice CER 191212 può essere attribuito a rifiuti sia urbani sia non urbani e che in ogni caso i divieti di importazione dei rifiuti urbani si applicano in ragione della classificazione secondo l’origine e non in ragione del codice.
Appositamente richiesto di parere dal N.O.E, il Ministero dell’Ambiente e del Territorio in data 2 marzo 2006 ha precisato che “le operazioni di trattamento meccanico si pongono necessariamente come preliminari rispetto a quella che sarà l’operazione compiuta di recupero o smaltimento cui il rifiuto deve essere sottoposto e non sono pertanto atte, da sole, a cambiare la classificazione del rifiuto secondo l’origine di cui all’art. 7 del D. L.vo 22/97. (…) Diversamente, attraverso una semplice riduzione volumetrica sarebbe possibile disattendere completamente la normativa che ha sancito, per quanto riguarda la gestione dei rifiuti urbani, il principio di autosufficienza e il divieto di smaltimento in Regioni diverse da quelle in cui sono stati prodotti”.
Chiude definitivamente il cerchio un ferreo argomento a contrario che si ricava ancora una volta dall’interpretazione sistematica del citato D. L.vo n. 152/2006 in materia ambientale, il quale all’art. 184 (che contiene la classificazione dei rifiuti, di cui al previgente art. 7 del decreto Ronchi) introduce una nuova lettera n) al catalogo dei rifiuti speciali, che così recita: (sono rifiuti speciali) “i rifiuti deR.ti dalle attività di selezione meccanica dei rifiuti solidi urbani”.
Per tutte le ragioni sopra esposte la nuova norma appare assai discutibile, ma in questa sede consente comunque di sviluppare due argomenti a conforto della tesi seguita da questo Giudice.
Innanzitutto, vale sempre richiamare il brocardo ubi lex voluit dixit, ubi tacuit noluit; in altre parole, non è per caso, ma per precisa volontà che l’art. 7 del decreto Ronchi vigente al tempo dei fatti non abbia contemplato nel catalogo dei rifiuti speciali i rifiuti urbani selezionati meccanicamente.
In secondo luogo, ciò è talmente vero che il legislatore del 2006 ha sentito la necessità di esplicitare la sua nuova volontà e quindi la nuova disciplina dei rifiuti urbani selezionati meccanicamente con una previsione espressa, in mancanza della quale continuerebbe a valere l’interpretazione e quindi la regola da noi seguita circa la immutabilità della classificazione di rifiuto urbano a seguito di mera selezione meccanica delle frazioni ferrosa, secca e umida.

Quanto sopra esposto ci consente inoltre di affrontare direttamente il problema della possibile successione di leggi nel tempo, potenzialmente invocabile in favore degli imputati.
Si potrebbe sostenere che se, a tutto concedere, la circolazione dei rifiuti urbani frazionati meccanicamente ed il loro smaltimento come rifiuti speciali fuori Regione e senza accordi specifici era vietata al tempo dei fatti, la nuova classificazione legale di quegli stessi rifiuti come speciali a mente dell’art. 184 comma III lett. n) D. L.vo 152/2006 ha comportato la successione di una norma integratrice del precetto penale e quindi una parziale abolitio criminis.
L’osservazione è suggestiva, ma inesatta.
Non può essere affrontato il tema senza prima mettere a fuoco innanzitutto che la modifica introdotta dall’art. 184 cit. non ha inciso direttamente sulla norma incriminatrice che è l’art. 53 bis decreto Ronchi, bensì sul contenuto del profilo di illiceità speciale della norma rappresentato dall’avverbio “abusivamente”.
In proposito, occorre specificare che è intervenuta una successione nella definizione normativa di rifiuto urbano o speciale con le conseguenze in termini di disciplina che ormai conosciamo per i rifiuti urbani frazionati meccanicamente.
La precisazione ci consente quindi di affermare che l’intervento normativo citato non ha inciso sul precetto, né sulle scelte politico criminali del legislatore e quindi sul giudizio di disvalore del fatto espresso dalla norma penale.
La dottrina prevalente e la giurisprudenza unanime affermano infatti che quando per la definizione di un elemento (normativo in questo caso) della fattispecie occorra fare riferimento ad un’altra norma, detta norma richiamata non integra la fattispecie perché non rappresenta la scelta politico criminale espressa dallo schema astratto del reato, di modo che la sua eventuale modifica non si ripercuote sulla figura astratta del reato e non comporta alcun fenomeno neppure parziale di abolizione del reato.
Un corollario sulle imputazioni.
Le imputazioni 10), 14) e 15) sotto il profilo della formulazione letterale e quindi del contenuto della contestazione sono state oggetto di aspre critiche da parte delle difese degli imputati ed effettivamente non risultano prive di imprecisioni, errori e variazioni non giustificate di definizioni.
Tali vizi non appaiono tuttavia ostativi alla pronuncia nel merito, poiché non riguardano il fatto o alcuni elementi di esso, ma la loro qualificazione giuridica, sulla quale il Giudice ha libertà di giudizio, a mente dell’art. 521 c.p.p..
Appare certamente equivoca la definizione “rifiuti solidi urbani” di cui al capo 10), specie se confrontata con il medesimo materiale che ai capi 14) e 15) è definito “rifiuti speciali”. In realtà, l’oggetto “rifiuto proveniente dall’impianto di Giffoni Valle Piana o Paulisi” è sempre lo stesso, in punto di fatto è precisamente individuato, e proprio la presente sentenza dimostra come uno dei punti fondamentali della decisione sia proprio quello della qualificazione giuridica dell’oggetto “rifiuto”.
Analogamente le espressioni “inviati con nuovo codice”, “con semplice doppio cambio bolla” ovvero “con semplice giro bolla” contenute rispettivamente nei capi 10), 14) e 15) vogliono indicare profili di fatto che integrano il requisito di illiceità speciale rappresentato dall’avverbio “abusivamente”. Anche sotto questo profilo, la motivazione che precede rielabora e riqualifica parzialmente il requisito di illiceità speciale, riportato letteralmente nelle imputazioni con lo stesso avverbio “abusivamente” contemplato nella fattispecie astratta.
In conclusione, non si è verificata alcuna divergenza tra il fatto storico e materiale contestato – precisamente individuabile senza possibilità di equivoco – e la decisione, che ha semplicemente qualificato in modo parzialmente difforme in diritto alcuni elementi del fatto riconducibili alla fattispecie astratta di riferimento.

c) la prova delle responsabilità (anche soggettive) personali
Si potrebbe a questo punto obiettare, come effettivamente è avvenuto da parte delle difese, che singoli imputati, ciascuno per il proprio ruolo:
- non fossero e non potessero essere consapevoli della complessa normativa specialistica che disciplina la materia, dei divieti, dei permessi, etc.;
- non fossero consapevoli di alcuni elementi in fatto, quali la provenienza geografica o la destinazione dei rifiuti o ancora la loro natura di rifiuto urbano, etc.;
- non fossero consapevoli, quanto meno, del disegno complessivo orchestrato da qualcuno, essendo invece a conoscenza solo di frazioni della condotta eventualmente riconducibili a ipotesi contravvenzionali gradate, senza prevedibilità della diversa condotta commessa dai correi.
Gli argomenti sono fragilissimi ed insostenibili se non con le limitate eccezioni personali che vedremo.

La prima obiezione apre il grande tema della conoscenza dell’illiceità penale, di cui all’art. 5 del codice penale.
Nella fattispecie, è appena il caso di ricordare che il tradizionale principio ignorantia legis non excusat, anche dopo le importanti precisazioni della sentenza Corte Cost. n. 364/1988, opera ogni qual volta vi sia quanto meno la possibilità di conoscere il precetto penale. Tale possibilità, scontata nei c.d. delitti naturali, diventa problematica nello scontro con la proliferazione di delitti di pura creazione legislativa o comunque strutturati con elementi normativi che fanno a loro volta riferimento a complesse discipline extrapenali, come nel caso concreto in esame.
A tal proposito ed al fine di individuare i criteri per formulare il giudizio di inevitabilità della mancata conoscenza e quindi di conseguente inescusabilità della violazione, risulta altrettanto pacificamente applicabile, tra gli altri, il criterio soggettivo del ruolo sociale e dell’ambito professionale di appartenenza dell’agente, secondo il parametro dell’homo ejusdem professionis et condicionis.
Sul punto si può quindi pacificamente concludere, osservando che tutti gli imputati del presente processo sono operatori dello specifico settore del trattamento, dello smaltimento o del recupero dei rifiuti ed erano - o potevano e quindi dovevano essere - perfettamente a conoscenza di tutta la normativa penale ed extrapenale che regola la materia.
In proposito, è appena il caso di richiamare in fatto le intercettazioni telefoniche esposte, dalle quali si evince chiaramente che non solo potevano e dovevano conoscere, ma conoscevano effettivamente la disciplina della materia ed erano realmente consapevoli dell’illiceità della condotta. Ciò è testimoniato dalla circospezione con cui parlavano, dal rinvio a incontri personali, all’obbligo al silenzio ed alla prudenza reciprocamente imposto, dal timore dei controlli, ed infine se vogliamo, dal fatto stesso che non hanno trasportato i rifiuti direttamente da Giffoni in Puglia, ma hanno attuato una circolazione già in sé vietata, inutilmente dispendiosa (se attuata in condizioni di liceità) e soprattutto finalizzata ad occultare la vera origine del rifiuto stesso.

La seconda obiezione circa la mancanza del dolo in ordine ad alcuni elementi del fatto non ha bisogno di molte parole per essere smentita.
Ancora una volta sono i fatti, le intercettazioni telefoniche e gli imputati stessi a parlare.
Inequivocabili gli accordi fraudolenti orchestrati da D.M.N.con il concorso diretto di A. Salvatore e Francesco da un lato e V.L. dall’altro. Pienamente consapevole dell’intero fatto anche C., amico e socio in affari di D.M.N.Marco, per espressa ammissione di entrambi, confortata dalle intercettazioni telefoniche. Analogamente S.P., nei limiti della sua partecipazione al solo episodio di cui al capo 14), le cui conversazioni telefoniche intercettate non lasciano spazio a dubbi. Egli, in particolare, anche a fronte delle lamentele di N., in luogo di allarmarsi e verificare la legittimità dei conferimenti di rifiuti da parte di C., ha continuato a coprire le spalle a quest’ultimo, fino al punto in cui il N., di sua iniziativa, ha interrotto i rapporti con C., respingendo le consegne.
Diverse conclusioni devono, invece, trarsi per gli imputati P.P.e B..
Entrambi coinvolti nel traffico in qualità di responsabili a diverso titolo della società ES s.r.l. di Corridonia (MC), hanno ricevuto dalla S i rifiuti asseritamene speciali codificati con CER 19.12.12 e li hanno conferiti alla discarica V: s.r.l. amministrata da C. Paolo.
Il passaggio della merce dalla ES era dettato dal fatto che la società aveva un contratto con la VERGNE s.r.l. in virtù del quale poteva conferire per lo smaltimento in discarica un determinato quantitativo di rifiuti speciali industriali, parametrato sulle quantità complessive che la discarica poteva accettare annualmente. Poiché nell’ambito delle autorizzazioni della discarica e del contratto con la ES, una quota di rifiuti poteva essere ancora smaltita, un passaggio dalla società di P.P.e B.era necessario; per questi ultimi poi l’accordo non era altro che un passaggio commerciale affatto ordinario e legale.
Anche nel loro caso, ovviamente, la tesi da ultimo esposta (che è poi la tesi difensiva) non si potrebbe sostenere ove si dimostrasse in capo a loro una consapevolezza del disegno generale orchestrato dagli altri coimputati e comunque la consapevolezza della reale provenienza e natura dei rifiuti trattati.
In proposito, non basta invocare il c.d. “giro bolla” effettuato da ES, che in sé considerato appare legittimo, così come l’attività di stoccaggio come posta in essere dalla ES.
Né appaiono sufficienti le intercettazioni telefoniche indicate dai Carabinieri del N.O.E..
Nelle conversazioni intercettate nel novembre 2003, infatti, i due imputati non sono mai interlocutori diretti e non sono più di due o tre le conversazioni in cui vengono citati. Al contrario, in merito allo smaltimento dei rifiuti presso la discarica V:, risultano contatti diretti tra D.M.N.e C., D.M.N.e M., D.M.N.e V, anche facendo riferimento a contatti già avuti con C. Paolo della V: s.r.l..
In altre parole, non emergono elementi di prova o indizianti in modo grave, preciso e concordante, che consentano di affermare con certezza che P.P.e B.fossero pienamente consapevoli di un disegno fraudolento più ampio che li vedeva come intermediari necessari per giungere illegittimamente alla discarica V:. Non vi sono elementi certi per negare che siano stati meramente utilizzati come strumento inconsapevole di un disegno altrui.
Nel loro caso, lo schermo formale dell’apparente rispetto della normativa e della regolarità della documentazione prevista dalla legge per ricevere, stoccare e ulteriormente trasferire per lo smaltimento i rifiuti non può essere “sfondato” come per gli altri imputati.
Di conseguenza, il loro ruolo materialmente concorrente ed anzi fondamentale nella realizzazione del traffico illecito non appare sostenuto da un dolo adeguato e pertanto gli imputati B.e P.P.devono essere assolti perché il fatto a loro ascritto non costituisce reato.

d) gli interrogatori degli (allora) indagati
In questo paragrafo verranno riferite sinteticamente e valutate le dichiarazioni degli indagati rese al GIP in sede di interrogatorio di garanzia ed al PM nei successivi interrogatori.
Volutamente tali dichiarazioni sono collocate alla fine della motivazione sulla vicenda dei rifiuti della Regione Campania, affinché non si incorra nell’equivoco di ritenere che la prova dei fatti sia prevalentemente di natura dichiarativa e provenga dagli indagati in stato di custodia cautelare, di modo che gli accertamenti di PG e gli altri argomenti in diritto appaiano come meri riscontri del dichiarato.
In realtà, come vedremo, il rapporto è inverso e le dichiarazioni degli indagati non costituiscono altro che la chiusura del cerchio e la definitiva conferma della fondatezza dell’impianto accusatorio, nei termini in fatto e in diritto già esposti.
Innanzitutto, per tutti si può affermare, come già anticipato, che il fatto storico non è mai stato negato. Tutti gli indagati hanno riconosciuto e ricostruito unanimemente la dinamica degli avvenimenti, dagli accordi di D.M.N.con gli A. da un lato e con C. e V.L.dall’altro; ai trasporti dei rifiuti provenienti da Giffoni Valle Piana alla S, poi a L.L. ed infine alle varie discariche o centri di compostaggio di cui alle imputazioni.
Giustamente gli imputati hanno contestato che vi siano stati dei cambiamenti leciti o illeciti di codice CER, come poi si è effettivamente accertato, ma anche superato come argomento.

A.F., figlio di Salvatore, ha parlato di questi fatti soltanto nell’interrogatorio di garanzia in data 19.12.2003 (v. pagg. 71 e ss. delle trascrizioni). Non ha in realtà riferito particolari molto utili, tuttavia ha confermato gli accordi iniziali tra suo padre e D.M.N.ed il fatto che a Grottaglie erano disposti ad accettare di tutto, poiché ovviamente ciò costituiva comunque un guadagno per la discarica. Senza appunto riferire circostanze concrete, dimostra comunque ai nostri fini di essere stato pienamente consapevole dei fatti e della loro illiceità.
Anche A. Salvatore conferma, soprattutto nell’interrogatorio del 9.1.2004 gli accordi iniziali con D.M.N.ed il giro dei rifiuti campani via Bologna con il vettore V.SUD di V. Per esigenze di sintesi si riporta solo un passaggio saliente tratto dalla verbalizzazione riassuntiva: “Prendo atto che i rifiuti presso la E erano accompagnati da una dichiarazione attestante l’origine non urbana ed industriale e che gli stessi non risultavano provenire da Napoli ma da L.L.. Io non ricordavo con precisione tale dichiarazione, ma in ogni caso l’accordo complessivo era nel senso di non far risultare la provenienza dei rifiuti urbani da Napoli”.
Nell’interrogatorio di garanzia (pagg. 91 e ss. della trascrizione) A. Salvatore spiega ancora i fatti dal suo punto di vista, collocandoli sotto la luce del mero accordo commerciale avente ad oggetto un rifiuto trattato e classificato come CER 191212 e quindi di libera circolazione. Egli afferma inoltre che anche i rifiuti urbani di Milano con lo stesso trattamento vengono smaltiti in una discarica COGEME con le stesse autorizzazioni di E a Grottaglie.
Per tutti i motivi già sopra esposti, la tesi difensiva dell’A. non può essere accolta. Egli non considera innanzitutto i limiti alla circolazione interregionale e con la Regione Puglia dei rifiuti urbani, tanto è vero che egli stesso deve dichiarare (falsamente) che non sono urbani. In secondo luogo, ammette di avere effettuato delle miscelazioni con materiali industriali, che in realtà sono delle mere aggiunte di materiale senza altro scopo che quello di tentare di camuffare il rifiuto di origine urbana (circostanza ammessa e conforme alle video riprese del N.O.E.). Il passaggio poi dalla L.L. appare unicamente strumentale anche dalle sue dichiarazioni, ove afferma che i camion gli provocavano molto disagio con le proprietà vicine per la puzza che emanavano.

Di tutt’altro tenore le dichiarazioni di C. e D..
I due imputati sono amici e colleghi del settore da lungo tempo, con alle spalle anche esperienze societarie in comune. Pacifico (anche per loro) che l’iniziativa sia nata nell’ambito dell’amicizia e della colleganza tra i due.
Anche C. ricostruisce il fatto come ormai sappiamo, precisando che per quanto a sua conoscenza l’A. riceveva i rifiuti che lui prelevava da Giffoni e li miscelava con altri materiali per renderli idonei ad essere smaltiti in discariche pugliesi. Inoltre la miscelazione serviva per rendere il materiale più pesante, poiché la sola frazione secca era molto leggere e quindi sarebbe costato troppo un trasporto di un camion a pieno carico ma con materiale leggero. C. riafferma con forza il suo ruolo di mero intermediatore tra Giffoni con cui ha un contratto di appalto e L.L. a cui conferisce il materiale, sapendo che poi verrà smaltito regolarmente in Puglia.
Importante inoltre notare che anche C. afferma che i rifiuti campani non potevano andare in Puglia così come erano e che pertanto A. li doveva miscelare (pag. 31 della trascrizione interrogatorio di garanzia 20.12.2003).
Dimentica C. un paio di particolari non proprio secondari: L.L. non aveva alcuna autorizzazione al trattamento (e neppure alla miscelazione) di rifiuti urbani - tanto è vero che gli A. sono sempre principalmente preoccupati dei cattivi odori – e che in base al principio di corresponsabilità lui doveva sapere e sincerarsi delle autorizzazioni dei soggetti con cui entrava in rapporto. Inoltre, non si assicura in alcun modo che la miscelazione avvenga realmente e non fittiziamente, nonostante l’operazione per far giungere i rifiuti che NON potevano andare in Puglia proprio alL.L. e da qui in Puglia sia estremamente costosa. In proposito, si veda l’autorizzazione della Regione Lombardia 25.1.2002 (individuabile agevolmente all’allegato n. 9 della memoria difensiva C.), con cui si rinnova l’autorizzazione alla società L.L. “all’esercizio delle operazioni di smaltimento e/o recupero di rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi (compreso il CER 19.12.12) alle condizioni di cui all’allegato A”. L’allegato consente in deroga all’art. 9 D. Ronchi la miscelazione dei rifiuti finalizzata all’ottimizzazione dello smaltimento definitivo, ma nel contempo vieta la “diluizione tra rifiuti incompatibili ovvero con finalizzazione di una diversa classificazione dei rifiuti originari ai sensi dell’art. 7 D. Lgs. 22/97”, nonché il ritiro di “rifiuti putrescibili o maleodoranti”.
E’ agevole intendere che: le “tre o quattro ragnate” di rifiuti industriali o di fogliame poste sopra il carico di frazione secca da rifiuto urbano è cosa del tutto differente dalla miscelazione ai fini dell’ottimizzazione dello smaltimento; la miscelazione comunque non poteva comportare una diversa “classificazione (si badi bene) ai sensi dell’art. 7 Decreto Ronchi”; in ogni caso, non potevano essere trattati rifiuti maleodoranti (da cui la preoccupazione già segnalata degli A.).
C. non spiega in fondo come mai, da imprenditore giustamente attento ai costi qual è, finisca per spendere circa metà del ricavato dall’impianto di Giffoni Valle Piana per trasportare lungo l’Italia dei rifiuti che potevano percorrere un tragitto pari ad un quinto circa di quello effettuato.
Invece, è molto contento, a sentire le telefonate e le dichiarazioni di A. Salvatore e Francesco, di fare un buon affare (3 miliardi di fatturato) senza impegnare concretamente in alcun modo il suo impianto.
D.M.N.Marco ha reso dichiarazioni solo nell’interrogatorio innanzi il PM in data 16.1.2004, in cui sono importanti una cosa detta e alcune non dette.
Oltre a ricostruire ancora una volta la vicenda ormai nota ed i rapporti pregressi di amicizia con C., l’imputato ha precisato che (dalla verbalizzazione riassuntiva): “Paolo si è rivolto a me perché non sapeva la strada. Personalmente io sapevo che la frazione secca proveniente dalla Campania perveniva presso la S e da qui veniva portata presso L.L. che avrebbe dovuto lavorarla e spedendone gli scarti della cernita presso la E. A. mi aveva per altro detto che si limitava a tirare via qualche ragnata aggiungendoci un po’ di terra”.
La cosa non detta, invece, è la ragione per cui C. aveva riconosciuto il 5% al kg alla ET, di cui D.M.N.era dipendente, mentre la società come tale non era entrata formalmente a far parte dell’accordo e lui (D.) aveva agito da amico e intermediario di C..
Un’altra ragione non detta da D.M.N.riguarda proprio il comportamento illecito di A.: se D.M.N.sapeva come mai ha taciuto? E può avere taciuto proprio con l’amico e collega C.? O forse più plausibilmente ne ha parlato con C. fin dall’inizio, facendo entrare nei termini dell’accordo anche il comportamento fraudolento di A.?
Il tenore sospettoso ed il linguaggio cauto fino alla consegna del silenzio delle intercettazioni telefoniche, oltre a tutti i dati di fatto sin qui esposti, fanno chiaramente propendere per l’ultima ipotesi.

Il quadro probatorio ha raggiunto a questo punto un grado di solidità tale che appare del tutto vano il tentativo della difesa V.L. (ma anche di C.) di squalificare e far passare in secondo piano le dichiarazioni dell’imputato, che invece sigillano con il marchio di qualità dell’insider le conclusioni del giudicante. Il V, infatti, non è un “povero” camionista inesperto, come lo si vorrebbe far passare, ma è piuttosto un imprenditore dei trasporti, titolare dell’importante ditta V.SUD, specializzato anche in trasporti di rifiuti e ben al corrente della situazione campana e della disciplina in materia.
La sintesi efficacemente riassuntiva di tutta la vicenda delle dichiarazioni rese da V.L. al PM in data 16.1.2004 merita di essere riportata integralmente:
«Faccio presente che la Regione Campania si trovava in una situazione di emergenza per i rifiuti e che la S aveva stipulato un contratto con la Regione per il trattamento di rifiuti provenienti dall’impianto di GIFFONI VALLE PIANA. Il 18 settembre 2003 venne a trovarmi Marco D.M.N.che io già conoscevo e mi propose di trasportare i rifiuti provenienti dall’impianto di GIFFONI presso la S di Bologna e poi presso L.L.. Preciso meglio, Marco D.M.N.mi disse che si trattava di un giro particolare nel senso che avrei dovuto caricare i rifiuti a GIFFONI, trasportandoli a Bologna, effettuare un giro bolla con semplice cambio dei formulari senza trattamento e poi trasportarli presso L.L.. Qui a seconda della tipologia di rifiuto, L.L. avrebbe provveduto o ad effettuare altro giro bolla con destinazione la discarica di Grottaglie ovvero a scaricare e miscelare i rifiuti per poi trasportarli ancora una volta presso la discarica E. Al riguardo Marco D.M.N.mi disse che non ne dovevo parlare con nessuno perché la discarica E di Taranto non poteva accettare il rifiuto urbano proveniente da Napoli poiché la Regione Puglia si trovava in emergenza. Fui infatti io a domandargli il motivo per il quale non avrei potuto trasportare direttamente il rifiuto da Giffoni a Taranto e lui mi rispose che aveva già preso contatto con A. Salvatore e con C. Paolo per aggirare il divieto. Io avrei dovuto fatturare per il trasporto sino a Bologna alla S l’importo di 40 lire al Kg., poi ancora a S per il trasporto da Bologna alL.L. 45 lire al Kg.. Per quanto riguarda il trasporto dalL.L. sino a Taranto, mi sarei dovuto accordare direttamente con A. Salvatore con il quale peraltro avevo un credito per trasporti effettuati nell’anno 2002 dalL.L. a Firenze, peraltro agli inizi di settembre dello scorso anno io avevo già effettuato alcuni viaggi dalL.L. a Taranto al presso di 1550,00 Euro a camion. Nel trattare poi il prezzo direttamente con A. Salvatore quest’ultimo mi disse che se si trattava di umido i camion dovevano scaricare presso L.L., viceversa se si trattava di secco i camion dovevano fermarsi presso un parcheggio nei pressi di Castellanza con un semplice giro bolla per poi riprendere la marcia verso Taranto. Peraltro ciò soltanto se i camion erano a pieno carico perché altrimenti dovevano ugualmente recarsi presso L.L. affinché A. Salvatore provvedesse a togliere tre o quattro ragnate del carico con successiva miscelazione con morchie di vernici e fanghi del suo stoccaggio. Dopo la miscelazione i camion ripartivano alla volta di Taranto. Preciso che tutti i camion indicavano nei formulari un rifiuto di provenienza industriale perché altrimenti la discarica di E non li poteva accettare. Dopo circa quattro settimane, Marco D.M.N.mi avvertì del fatto che alcuni camion di altro trasportatore non avevano effettuato il solito giro particolare che più sopra ho indicato, ma avevano scaricato i rifiuti presso Cuneo in un terreno di un centro di compostaggio. Io mi trovavo assieme a Marco D.M.N.nelle vicinanze dei miei uffici quando ricevette la telefonata di C. che lo avvertiva di quanto accaduto. Io mi preoccupai perché temevo che una simile operazione fosse richiesta anche a me. Al riguardo io sapevo che stavo collaborando ad una operazione non in regola e che stavo facendo una stupidaggine, ma non intendevo arR.re sino al punto di portare un rifiuto di provenienza urbana in un campo. Successivamente capitò che sei nostri camion vennero fermati presso la discarica E e sottoposti a controllo dal cui esito risultò la presenza di filtri e stracci imbevuti d’olio e fluff. Di conseguenza la discarica non accettò l’ingresso dei camion ed io chiesi ad A. Salvatore di cercare un centro che potesse accettare i rifiuti pericolosi. Io inizialmente tramite SETTANI della discarica di Grottaglie, portai i rifiuti presso la RECUPERI PUGLIESI di Bari che però non si accordò con A. Salvatore e quindi i camion ripresero la strada delL.L.. Da quel momento non effettuai più trasporti nell’ambito dell’accordo raggiunto con D., C. ed A. Salvatore. Faccio presente che A. Salvatore mi ha corrisposto degli assegni a firma della moglie del fratello Mario, della figlia e della figlia di Mario, emessi a favore delL.L. e girati a me. Tuttavia è risultato che tali assegni erano sprovvisti di fondi.
A.D.R.: Marco D.M.N.mi disse che per aver organizzato tale giro particolare che più sopra ho descritto, avrebbe percepito circa 5-10 Lire al Kg., mediante fatturazione a favore dell’ET con l’indicazione di consulenza.»
Forse l’unico appunto che si può muovere alle solari dichiarazioni di V.L.è costituito dall’uso improprio del termine “giro bolla”, come gli contestano le difese.
Effettivamente non vi è stato un vero e proprio “giro bolla” inteso come progressiva indicazione di un diverso codice ad ogni passaggio di mano del rifiuto senza trattamento, poiché il codice CER è rimasto effettivamente invariato ed il mutamento di destinazione finale formalmente considerato non appare in sé illegittimo. Ma forse è l’unico punto su cui V.L.si esprime in modo atecnico sotto la suggestione del profilo sostanziale di illegittimità dell’operazione.


CAPITOLO III
– I rifiuti pericolosi prodotti da S s.r.l., smaltiti illegittimamente da L.L. tramite ET (capi di imputazione 11 e 12)
I capi di imputazione in esame nel presente capitolo III, ancora una volta raggruppati per omogeneità, riguardano due episodi di smaltimento di rifiuti pericolosi presso discariche che non potevano riceverli, con la particolare modalità della c.d. declassificazione cartolare del rifiuto.
Gli artefici dell’operazione sono ancora una volta i fratelli A. con la loro società LA L.S.E. s.p.a., coadiuvati nella specie dalla società ET di M. Rino, impegnati a smaltire rifiuti provenienti dalla società S s.r.l. di Ceriano Laghetto. Odierni imputati sono, oltre al solito Francesco A., l’amministratore delegato della ET Adele M.P.P. ed il di lei figlio F.F..
Il fatto di cui al capo 11) è riferito dal N.O.E. di Milano nell’informativa 16.10.2003, alla quale si rinvia per i dettagli.
In sintesi, sempre grazie alle intercettazioni telefoniche iniziate il 16 settembre 2003, gli operanti hanno potuto accertare che i rifiuti trattati provenivano da un incendio in un cantiere di Assago (MI) ed erano composti da macerie di vario genere frammiste a bombolette spray in parte rotte o esplose e in parte integre.
Il complesso di macerie, classificato come rifiuto pericoloso proprio per il contenuto delle bombolette, doveva essere smaltito da L.L. presso la discarica T.E.A. di C. Giuseppe in Como. Tuttavia, sia la società degli A. che la discarica di C. non erano in possesso delle prescritte autorizzazioni per il trattamento di quella specie di rifiuto pericoloso, per cui si imponeva un trattamento che potesse decontaminare le macerie ed eliminare i fattori di pericolosità.
Il soggetto prescelto per l’operazione era la società ET s.p.a. specializzata in materia.
Tra il 16 ed il 29 settembre si registrano una serie di concitate conversazioni telefoniche intercorrenti tra A. Salvatore e Francesco, la loro segretaria B. Myriam, M.P.P. Adele e F.F. della ET, e infine con C. Ettore e Roberto.
L’informativa del N.O.E. segue e descrive tutti i passaggi e gli accordi tra i soggetti coinvolti nella vicenda, interpretando in modo talvolta eccessivamente induttivo le conversazioni che hanno poi portato alla formulazione dell’imputazione.
In data 22 settembre, inoltre, è accaduto un episodio ritenuto estremamente significativo e del tutto imprevisto per gli imputati: quel giorno si sono recatio presso l’impianto di C. Giuseppe degli ispettori della provincia di Como per un controllo. Il fatto ha suscitato un allarme generale poiché C. era consapevole soprattutto di non avere in quel momento la documentazione giustificativa del possesso del materiale trasportato dagli A. e che lui non avrebbe potuto ricevere.
Una sequenza di telefonate affannose è terminata con l’idea di “ripulire” i materiali, già rinvenuti e posti sotto sequestro dagli ispettori dell’Amministrazione Provinciale, e togliere tutte le bombolette, magari facendosi aiutare nottetempo da dei marocchini assoldati allo scopo. E così si suppone sia avvenuto (anche se in realtà non vi è prova diretta del fatto).
Ma a parte l’incidente causato dall’improvvisa verifica degli Ispettori Provinciali, il vero snodo della vicenda in cui si radicherebbe l’illiceità del comportamento è costituito dalla mera triangolazione che la merce avrebbe effettuato dal cantiere di Assago alla discarica di C. a Como, passando per l’impianto della ET di M. Rino. In questa ditta, infatti, il materiale pericoloso non sarebbe stato affatto ripulito o bonificato, ma sarebbe transitato per pochissimo tempo, al solo fine di far risultare cartolarmente la pulitura e quindi declassare fittiziamente il rifiuto per farlo apparire non pericoloso. La dimostrazione di ciò riposerebbe sulla accertata velocità di transito dalla ET, sulle allusive conversazioni telefoniche, ed infine sull’allarme destato dal controllo provinciale presso la discarica T. di C., con la conseguente “sparizione” delle bombolette.

Il fatto di cui al capo 12), accertato successivamente all’esecuzione delle ordinanza di custodia cautelare in carcere, è riferito e compendiato nell’informativa 2.2.2004 del N.O.E. di Milano.
L’informativa riporta un accertamento documentale relativo ad una partita di 422.000 kg di rifiuti pericolosi tipo “plastica contenente sostanze pericolose o contaminanti”, sempre prodotti da S s.r.l., che viene denominato dai Carabinieri “flusso A2”.
L’informativa fa seguire all’esame documentale su questo e su altri flussi denominati A1 e A3 le dichiarazioni rese dai fratelli A. a seguito all’esecuzione della misura cautelare nei loro confronti, nelle quali gli imputati riferiscono sostanzialmente che l’ET declassava i rifiuti pericolosi senza operare alcun trattamento.

Tale ricostruzione dei fatti, corroborata dalle dichiarazioni degli A., sembra integrare senza tema di smentita il contestato delitto di traffico abusivo di rifiuti pericolosi, sia per l’illegittimità della condotta, sia per le quantità notevoli trattate e smaltite.
In realtà, nel caso in esame e con riferimento ad entrambi i capi di imputazione, una consistente e specifica attività difensiva ha contestato l’ipotesi accusatoria, apportando ulteriori elementi di valutazione che non possono non essere presi in seria considerazione.
Assume la difesa degli imputati F.F. e M.P.P. che il PM non avrebbe assolto il proprio onere della prova su tutti i profili del fatto contestato e cioè sul fatto che i rifiuti correttamente classificati come pericolosi siano stati conferiti alla ET affinché operasse un apposito trattamento; che questo trattamento NON sia stato eseguito; che quindi i rifiuti pericolosi siano usciti da ET e smaltiti tali e quali con nuovo e fittizio codice per rifiuti non pericolosi.
Perno centrale dell’accusa doveva quindi essere la pericolosità accertata dei rifiuti in entrata e la stessa pericolosità dei rifiuti in uscita con nuovo codice fittizio, indicativo di rifiuti non pericolosi.
La difesa contesta il vizio originario costituito dall’incertezza in ordine alla corretta classificazione del rifiuto come pericoloso.
In merito, la difesa invoca la prima CT di parte già prodotta a suo tempo innanzi il Tribunale del Riesame dalla quale emerge che i rifiuti conferiti all’ET erano NON pericolosi.
Inoltre, è pacifico che A. Salvatore fosse convinto che i rifiuti erano pericolosi e come tali li ha sempre trattati; da qui anche tutte le preoccupazioni e gli allarmi emergenti dalla varie telefonate.
Tuttavia, emerge con altrettanta chiarezza che il suo è un vero e proprio “convincimento”, non fondato però su alcun dato tecnico certo.
Invece, in linea generale, apprendiamo che i rifiuti provenienti dai cantieri S erano costituiti da macerie di materiali inerti per il crollo di un edificio in seguito ad un incendio e che frammiste a quel materiale si trovavano anche le bombolette spray prevalentemente esplose.
L’ipotesi quindi che il materiale in fondo non fosse pericoloso non appare destituita di fondamento. A lato di ciò, la difesa produce e invoca anche le analisi dell’ARPA di Como, eseguite sullo stesso materiale sequestrato a C.; analisi che dimostrano la natura Non pericolosa dei rifiuti sequestrati alla T. di Como.
Anche dopo il dissequestro del materiale, un ulteriore accertamento tecnico preliminare al definitivo smaltimento, certificherà la natura non pericolosa dei rifiuti della S s.r.l..
Diversi accertamenti compiuti da soggetti pubblici e pR.ti in diversi tempi sullo stesso materiale hanno quindi attestato che non era pericoloso.
Tanto premesso, in linea generale deve essere affermato il principio secondo il quale un elemento di prova dichiarativa, documentale o tecnica fornito dalla difesa dell’imputato deve essere valutato unitamente agli altri elementi di prova forniti dall’accusa e con pari dignità, salvo che non ne venga dimostrata la falsità o l’incongruenza. Naturalmente poi, dalla complessiva valutazione di tutti gli elementi, il Giudice trarrà il suo libero convincimento sulla attendibilità e sulla capacità dimostrativa degli uni o degli altri elementi, ma non potrà pregiudizialmente escludere dalla considerazione alcuni elementi forniti dall’una o dall’altra parte.
Nel caso in esame militano quindi avversi argomenti: alcuni a carico rappresentati dallo sviluppo della vicenda, che implica un passaggio apparentemente fittizio del rifiuto dalla ET, e dal convincimento della pericolosità in capo a Salvatore A. e ai fratelli C.; altri a discarico, rappresentati dalle analisi sui campioni di materiale invocate dalla difesa e commentate nella memoria conclusiva 16.3.2006.
In assenza di approfondimenti tecnici ed ulteriori analisi da parte del PM, oggi non si può fare altro che prendere atto della contraddittorietà degli elementi di prova, solo osservando che la pericolosità del rifiuto è affermata sulla base di conversazioni telefoniche e di un certificato di un Laboratorio di Buscate vicino agli A. (i quali avevano tutto da guadagnare dalla natura pericolosa del materiale, più costoso da smaltire); mentre la NON pericolosità risulta da una serie di ulteriori analisi, che hanno sempre dato risultati conformi.
Del tutto analoghe considerazioni e conclusioni devono essere formulate per il capo 12), in ordine al quale i soli certificati del Laboratorio di Buscate dichiarano la pericolosità del rifiuto, sono assenti intercettazioni telefoniche in merito, ed infine altri certificati contraddicono l’ipotesi accusatoria. Inutile dire che ad oggi nessun accertamento tecnico di ufficio può essere utilmente disposto su rifiuti ormai smaltiti definitivamente e da lungo tempo.
CAPITOLO IV
– La vicenda M. di R.A. (capo di imputazione 8) e le altre imputazioni a carico di A.F. e V.D. (capi di imputazione 2, 3, 4 e 5)

a) la M. s.r.l. di R.A.
Il fatto storico che integra il delitto imputato a R.A. al capo 8), unitamente agli imputati rinviati a giudizio nel procedimento separato, è stato così ricostruito dal PM in sede di richiesta di misure cautelari, di cui si riporta integralmente la parte in fatto, breve, ordinata e convincente, riservando al termine le valutazioni.

Le intercettazioni telefoniche (sull’utenza di G.B. T. per il periodo dal 13 al 30 giugno 2003), alla presente richiesta allegate, si riferiscono ad un altro episodio di attività organizzata per il traffico illecito di ingenti quantità di rifiuti pericolosi detenuti da tale R.A., Consigliere della società M. S.r.l. ubicata in Villaranca di Verona (VR) viale del Lavoro n° 18/B, operante nel settore della rigenerazione e del trattamento di rifiuti speciali pericolosi e speciali non pericolosi.
Il contatto tra T. e R.A.risale al 13 giugno 2003 – conv. 5042 – quando quest’ultimo propone lo smaltimento di un quantitativo di rifiuti non meglio quantificato, della tipologia 191212 ad un prezzo di lire 180 al chilo oltre al trasporto
Il rifiuto in questione, costituito da una miscela di più rifiuti, viene inviato attraverso l’intermediazione di T. – S.& RS.r.l. – alL.L. Servizi Ecologi S.p.a. . Al rifiuto, al primo viaggio di prova, viene attribuito il codice CER 191212 : altri rifiuti (compresi materiali misti) prodotti dal trattamento meccanico dei rifiuti, diversi da quelli di cui alla voce 19 12 11 ( ndr RIFIUTI PRODOTTI DAL TRATTAMENTO MECCANICO DEI RIFIUTI (AD ESEMPIO SELEZIONE, TRITURAZIONE, COMPATTAZIONE, RIDUZIONE IN PELLET) NON SPECIFICATI ALTRIMENTI ) rifiuto non pericoloso.
T. – conv. 5099 del 16 giugno 2003 – mette a conoscenza A. Salvatore del viaggio di prova che è intenzionato a fare. T. fa presente che il rifiuto è classificato con CER 191212 ma A. Salvatore gli comunica di avere la necessità di vedere il rifiuto a prescindere dalla classificazione data con i documenti di trasporto e le analisi a seguito. Nel frattempo R.A.– conv. 5109 e seg- propone a T. lo smaltimento di un’altra tipologia di rifiuto prodotta da un impianto ubicato a Venezia la Ladurner , sempre con lo stesso codice ma di composizione diversa, ma questo è un altro contratto che avrà come destinatario la discarica della società ECO GROUP ubicata a Coccaglio (BS). La conferma che la tipologia del primo rifiuto proposto giungerà alla L.S.E. spa si ha nella conversazione 5148 – 5149 del 16 giugno 2003 avvenuta la prima tra T. e R., la seconda tra T. e la sua segretaria MONICA. Ulteriore conferma è contenuta nella conv. 5169 del 16 giugno 2003 tra T. e A. Antonella .
Il 17 giugno 2003 il primo carico dei rifiuti concordati tra A. Slavtore e T. per un quantitativo di 220 quintali giunge presso la L.S.E. spa. Vengono notate le difformità tra il documento di trasporto e il rifiuto stesso evidenziate da D.F. Michele – addetto alle operazioni di carico – scarico ( miscelazione) dei rifiuti – che ne mette al corrente prima A. Antonella e quest’ultima – conv 9519 del 17 giugno 2003 - ne mette a conoscenza A. Salvatore descrivendogli il rifiuto “ Eh… e roba macinata, fusti macinati, c’è anche del liquido.. non è bella “, chiedendogli che prezzo applicargli . A. Salvatore si riserva la decisione dando disposizione di mettere da parte un discreto quantitativo per la verifica. A. Antonella chiama D.F. Michele ordinandogli di metterne da parte un campione. A. Salvatore – conv. 847 del 17 giugno 2003 – chiama D.F. Michele che a specifica richiesta gli descrive il rifiuto Sono.. sono bidoni macinati e aggiunge Non è roba… però c’è un po’ di… sai tipo le morchie tritate… . B. Myriam chiama D.F. Michele per avere dei chiarimenti in ordine ai rifiuti giunti attraverso la SR – conv. 864 del 17 giugno 2003. D.F. gli descrive la fattezza “ morchie di vernice tritate ” e aggiunge “ Barattoli di olio, barattoli di… quelli… fusti di acido, tritati..” . Gli comunica anche che C – un altro centro di stoccaggio – gli sta mandando sacconi di abbattimento fumo, di questo D.F. Michele se ne lamenta ma comunque gli anticipa qual è la possibile soluzione “ Eh si, li mischiano e li… li mischiano in mezzo, io mò li ho tirati fuori e i sacconi ce li ho qua..” A. Salvatore chiama A. Antonella per farsi fissare un appuntamento con T. “ ..poi chiama a T. e dici a che ora viene a parlare per quel carico di stamattina…” Antonella gli fissa l’appuntamento con T. – conv. 9614 del 17 giugno 2003 per le ore 17,00 dello stesso dì. T. chiama R.A.– conv. 5313 del 17 giugno 2003 – gli chiede il quantitativo presunto che riesce a procurarsi della stessa tipologia del rifiuto che è stato inviato presso la L.S.E. spa . R.A.gli comunica “ Ah.. potrei averne un viaggio tutte le settimane, un viaggio o due tutte le settimane..” T. si riserva di comunicargli il prezzo non appena avrà modo di parlare con A. Salvatore. Il 19 giugno – conv. 5551 – R.A.chiama T.. Ha ricevuto la proposta economica messa a punto da T. in ordine alla partita dei rifiuti di cui sopra ammontante a lire 250 lire al chilo. T., ragionevolmente dopo aver incontrato A. Salvatore, riporta a R., per grosse linee, la discussione avuta con A. “ ..Difatti mi fa B... guarda .. voleva 250, ho detto noo.. mi fa; B. è ingestibile però tira e molla.. tò guarda te ne posso fare, se vuoi 240 lire, m’ha fatto purtroppo possiam fare un carico al giorno se vuoi, di più no, m’ha detto…”. R.A.accetta la proposta, è perfettamente a conoscenza dell’ingestibilità di tale rifiuto cosa non sfuggita né all’A. né al T.. Concordano per non più di un trasporto al giorno è evidente che T. conosce il processo di occultazione messo a punto da A. Salvatore e sopra evidenziato dal D.F. Michele : la miscelazione indiscriminata di rifiuti pericolosi .
Appena giunto il carico di materiale presso la L.S.E. S.p.a., vengono notate le difformità evidenziate da D.F. Michele – addetto alle operazioni di carico – scarico ( miscelazione) dei rifiuti – il quale le comunica ad A. Salvatore trattenendone, a parte, un campione. Segue un incontro tra A. Salvatore e T. finalizzato, presumibilmente, a trovare un accordo sulle concrete modalità di conferimento. Il resoconto dell’incontro viene poi riferito da parte di T. a R.. Il prezzo, si noti , è maggiore delle 180 lire/chilo pattuito nei primi contatti telefonici. Ciò è dovuto al fatto che, tutti e tre i soggetti –i colloqui che seguono chiariscono la circostanza– sono perfettamente a conoscenza del fatto che la reale natura del rifiuto è assolutamente difforme dalla documentazione identificativa che lo accompagna; il prezzo indicato è quindi assolutamente anormale rispetto ad un assimilabile (proprio il codice utilizzato per lo smaltimento: il CER 191212).
Vengono poi decisi altri smaltimenti.– conv 5682 del 21 giugno 2003 - . Il rifiuto è poco gestibile da D.F. che evidenzia quest’aspetto ad A. Salvatore – conv. 10358 del 23 giugno 2003 – “…vedi che questo fa due volte più schifo di quello..” . A. Salvatore che ha concluso l’accordo è ormai perfettamente a conoscenza della vera natura del rifiuto; comunica a D.F. che sono disposti a riceverlo purchè venga pagato ad un prezzo maggiore. D.F. si tranquillizza ed evidenzia ancora una volta la loro strategia “ ..Eh eh, tanto sempre lì va, si può mischiare capito, non è liquida..”
R., imprudentemente, avvia i conferimenti della stessa tipologia di rifiuto con il codice identificativo del rifiuto più appropriato CER 191211 : altri rifiuti (compresi materiali misti) prodotti dal trattamento meccanico dei rifiuti, contenenti sostanze pericolose, rifiuto pericoloso. CRISTINA, impiegata della SR S.r.l. – conv. 5784 del 24 giugno 2003 – avverte T. che nei documenti per il trasporto della stessa tipologia del rifiuto è stato indicato il codice di rifiuto pericoloso. T. le ordina di provvedere immediatamente; sa che il rifiuto pericoloso non può essere ritirato dalla L.S.E. spa, quindi le detta le condizioni che devono essere comunicate alla M. “ ..Dia un’occhiata poi chiami di là .. gli dica: se vuole mercoledì e giovedì datemelo però con l’altro codice!..” . Concludendo, il punto da concordare non è quello relativo all’accettabilità o meno del rifiuto da parte di centri di stoccaggio legittimati a riceverli; gli accordi tra i vari soggetti sono invece tutti incentrati sul punto di ben individuare la documentazione “d’appoggio” dei carichi di rifiuti più idonea a garantire l’elusione dei controlli delle autorità preposte. Questo assunto è confermato da R., quando viene contattato dal T. – conv. 5787 del 24 giugno 2003 – che gli comunica quanto appena riferito dalla sua segretaria, che risponde al suo interlocutore “…È.. lo stesso materiale solo che ha il codice pericoloso …” T. gli fa capire che non si sta discutendo sulla natura del rifiuto; il suo richiamo è finalizzato a correggere la documentazione attestante il trasporto che, necessariamente deve indicare un codice non pericoloso. T. fa avvertire A. Salvatore dalla sua segretaria – conv. 5789 – 10572 del 24 giugno 2003 - lo vuole rassicurare che la natura del rifiuto è la stessa ma che, purtroppo, è stato indicato nel documento di trasporto un codice pericoloso. Infatti CRISTINA chiama A. Salvatore “ Il signor T. mi ha detto che è la stessa cosa che già vi arR., solo per…” A. prontamente ribatte “ Si, ho capito, ma è il codice che non va bene forse..” Il problema è evidente è solo una questione di carattere formale legata alla documentazione di trasporto. A. Salvatore si accerta, presso i suoi uffici che il rifiuto pericoloso – 191211 – non può riceverlo. Anche CRISTINA ha la conferma che il rifiuto pericoloso formalmente La L.S.E. non può riceverlo. A questo punto T. aggira il problema . Chiama CRISTINA – conv. 5791 del 24 giugno 2003 – e comunica la proposta a R.A.nei seguenti termini “ No, chiami R.A.e glielo dica, se vuole .. di mandare .. “. Quello che T. non dice, lo anticipa CRISTINA “.. i soliti ..” e aggiunge “ ..Se no tanti saluti, ok va bene allora ..” . In altri termini R.A.deve inviarli con un documento falso oppure salta l’affare . Il punto viene riferito a R.A.che alle ore 10,45 del 24/6/2003– conv. 5806 – chiama T. e per ovviare al problema gli comunica “ …. guarda che t’ho manda-ti mando tutto come speciale, eh!..…” . E’ quindi evidente l’accordo per eludere i controlli. Seguono ulteriori conversazioni che evidenziano i continui trasporti della stessa tipologia di rifiuto sotto falsa identità. Conferme se ne hanno il 16 luglio 2003, quando la segretaria della società M., TIZIANA, che si sta apprestando a compilare i documenti di trasporto di altri carichi, chiama T. – conv. 8029 – fa presente “…Che sono sporchi di olio , però mi entrano dentro con il codice 15 – 02 – 02, quindi pericoloso, pertanto io alla fine della fiera, devo far venir fuori miscelania pericolosa, cioè anziché 19 – 12 – 12, 19 – 12 – 11. T. gli fa capire che ciò non è possibile; la condizione necessaria è quella concordata con R.A.“ …L’abbiam mai fatta perché gli.. ho parlato con R.A.fa: no no no.. non mi serve.. te la mando come speciale .(Vds anche conv dal 16/7/2003 al 28/7/2003, nn. 8029,8050, 8677, 8700, 8893, 9133; tutte si riferiscono alla triangolazione -M., T., L.L.- con il metodo della falsificazione dei formulari e delle analisi identificative dei rifiuti avviati così all’illecito smaltimento; prassi questa non certamente isolata, tanto da essere individua come il “solito carico” <”solito” sia per il tipo di rifiuto, sia per l’espediente usato> conv 8700, tra T. e Cristina, una dipendente della Servizi e Risorse S.r.l.).

Dall’esposizione del fatto, come ricostruito grazie alle intercettazioni telefoniche, si apprende in modo inequivocabile che la società M., con l’intermediazione di T. GianB. e il diretto interessamento dell’Amministratore Delegato Alessandro R., ha smaltito come NON pericolosi alcuni carichi di rifiuti classificabili come pericolosi con la complicità della L.L., in persona questa volta di A. Salvatore.
In questo caso, la certezza che i rifiuti pericolosi sono stati “contrabbandati” per non pericolosi deR. dal tenore inequivocabile delle conversazioni, della svista per cui una partita ha ricevuto invece un codice CER che ne indicava la pericolosità, dal fatto che il prezzo pattuito in origine è cresciuto sensibilmente una volta che gli A. hanno visionato il materiale ed infine dalla descrizione del materiale stesso che viene fatta dagli interlocutori, che consente di apprezzare, quanto meno indirettamente, la presenza di acidi e residui certamente pericolosi.
Inoltre, a differenza del caso ET, non sono stati prodotti dalla difesa elementi di contrasto sul punto della pericolosità reale del rifiuto e quindi non vi sono elementi a discarico da valutare unitamente ai numerosi a carico. I documenti prodotti, invece, dimostrano formalmente la regolarità dell’operazione, dimenticando tuttavia che l’obiettivo (raggiunto) dell’indagine era esattamente il superamento dello schermo di regolarità formale, attraverso le intercettazioni telefoniche, che sole consentivano di accertare le reali consistenze e condizioni dei rifiuti trattati sotto codici apparentemente corretti.
Analogamente, appaiono del tutto inattendibili le dichiarazioni rese al GIP da A. Salvatore, ove questi tenta di accreditare come non pericolosi i rifiuti ricevuti e di avere condotto tutta la trattativa nella convinzione in buona fede e fondata sulle analisi di laboratorio che effettivamente i rifiuti non erano pericolosi. La tesi difensiva dell’imputato entra in insanabile conflitto con le intercettazioni telefoniche che dimostrano tutt’altro tipo di trattativa, avente ad oggetto tutt’altra specie di rifiuti, nella piena consapevolezza di tutti i protagonisti della vicenda.
Nel caso in esame, tuttavia, occorre sviluppare una diversa osservazione, deR.nte dal fatto che l’odierno imputato R.A., per quanto concerne le emergenze di questa indagine, ha avuto un solo contatto con gli A., relativo a qualche trasporto di un certo quantitativo di materiale, in un limitato arco di tempo circoscritto al mese di giugno 2003.
Date le osservazioni che precedono, non appaiono integrati tutti i requisiti della contestata fattispecie di cui all’art. 53 bis del Decreto Ronchi, soprattutto per la scarsità di elementi di prova in ordine all’ingente quantitativo ed al carattere organizzato e imprenditoriale del “traffico”. In capo al R.A.appaiono piuttosto contestabili alcuni episodi di smaltimento di rifiuti senza o comunque fuori dalle autorizzazioni e dalle prescrizioni di legge, di cui all’art. 51 comma I lett. b) Decreto Ronchi.

b) le altre imputazioni a carico di A.F. e V.D.
Le residue imputazioni a carico di A.F. (oltre al camionista V.D. per il solo capo 5) riguardano diversi episodi di illecito smaltimento di rifiuti di varia provenienza e secondo varie modalità. Tali episodi tuttavia non devono essere letti isolatamente poiché fanno parte dell’unica attività organizzata con mezzi e persone posta in essere dalla famiglia A. per mezzo della loro società LA L.S.E. s.p.a..
Una struttura organizzata imprenditorialmente, costituita in società per azioni e dotata di regolari autorizzazioni regionali per lo smaltimento dei rifiuti, ma totalmente piegata al profitto anche illecito e disponibile ad ogni tipo di operazione illegale che le venisse richiesta. L’attività lecita della società appare quasi marginale e costituisce comunque un paravento per sistematiche violazioni di legge, mascherate dietro una apparente regolarità.
I quattro episodi oggetto del presente paragrafo, ancora una volta raggruppati per temi relativamente omogenei, al fine di qualificare i fatti contestati come “attività organizzata per il traffico illecito” ai sensi dell’art. 53 bis decreto Ronchi, non possono essere letti disgiuntamente dagli altri episodi che vedono protagonisti gli A., e si ricordano principalmente quelli relativi all’utilizzo abusivo della discarica pubblica di Gorla Maggiore (capitolo I) ed al traffico di rifiuti urbani dalla Campania (capitolo II).
Prima di verificare i singoli episodi, è utile specificare cosa siano le “terre di spazzamento”, che rappresentano il principale rifiuto smaltito illegalmente nelle contestazioni mosse ad A.F..
Sono definite terre di spazzamento i rifiuti raccolti nelle strade urbane dalla macchine spazzatrici e sono composti in modo estremamente eterogeneo, come è facile intuire, poiché sono il risultato della raccolta di ogni cosa che si trova gettata per strada. Ma la componente più dannosa e pericolosa, oltre che preponderante dal punto di vista quantitativo, è proprio la polvere (o il fango per le spazzatrici ad acqua) formata dai residui dell’attrito tra i pneumatici e l’asfalto, “arricchita” dalle altre polveri provenienti dalla combustione degli idrocarburi o liberata dagli automezzi in circolazione; in altre prole, un composto ricco di metalli pesanti, residui di combustione e altri elementi chimici dannosi per la salute e per l’ambiente.
Di seguito, capo per capo, verranno esposte le prove a carico degli imputati e, ove presenti, le dichiarazioni di imputati e coimputati relative a ciascuna vicenda.

Capo 2) – T.E.A. s.a.s. di C. Giuseppe & C.
La società T.E.A. di C. Giuseppe è ubicata in Fino Mornasco (CO), co altre sedi in Bellinzago Novarese e altri luoghi in Como e in Lombardia; la principale attività svolta è quella di compostaggio, ossia trattamento di rifiuti organici da raccolta differenziata dell’umido o da altre componenti organiche soggette a decomposizione aerobica (legno, residui vegetali o da lavorazioni agricole, etc.), finalizzate alla produzione del “compost” che è un fertilizzante organico naturale destinato all’agricoltura.
Le terre di spazzamento, ovviamente, per la loro composizione sono incompatibili con la produzione del compost e l’autorizzazione della società T.E.A. non contempla la possibilità di ricevere quel materiale.
Al contrario, con la aperta complicità degli A. e direttamente anche di Francesco e dei sui autisti, C. Ettore e Roberto hanno consentito al conferimento di terre di spazzamento o di altro materiale “sporco”, come trucioli di legno misti a gesso, e li hanno destinati alla produzione del compost, sfruttando il minor costo dello smaltimento ed il maggior guadagno sulla produzione di maggiori quantità di compost (anche se a quel punto gravemente contaminato).
Si riporta di seguito una parte della ricostruzione del fatto, intervallata dalle conversazioni telefoniche, per dare conto dell’accordo illecito intercorso tra gli imputati; di seguito si riporteranno le ampie confessioni rese dagli stessi su questo episodio.

Gli episodi delittuosi, relativi all’indagine in oggetto, vengono ricostruiti a far data dal 30 maggio 2003. Il rifiuto oggetto di tale specifico flusso è costituito da terra di bonifica provenienti da un cantiere ove opera la ditta ABC facente capo a tal VICINO. Il traffico di mezzi stimato si aggira intorno ai 5 o 6 trasporti, per un peso stimato cadauno di 130 quintali e dunque complessivo pari a 800 quintali ca.. Con la stessa terra di bonifica sono miscelate altre tipologie di rifiuti, quali macerie e altra terra di spazzatura, il tutto promiscuamente caricato sugli automezzi. A.F. coordina le attività degli autisti addetti ai trasporti e di D.F. Michele che si trova in ditta. Alle ore 12,00 circa – conv. 2183 – A.F. chiama D.F. Michele e gli preannuncia “ arR.no due quattr’assi … carichi di macerie, terra plastica, li buttiamo qua che domani mattina li porto via io, così togliamo la plastica “ e precisa “ .. bravo così li mischiamo con la roba che arR. dalla bonifica, quella della terra bella… “ . I prelievi dei rifiuti presso il cantiere della ditta ABC sono previsti anche per il giorno successivo come riferisce A.F. al padre Salvatore – conv. 6821 – “.. c’ho ancora un sacco di terre da portare via adesso, domani mattina vado e la porto via ancora ..”.
Il 31 maggio 2003 – conv. 6846 – A. Salvatore mette al corrente il figlio Francesco della situazione dello stoccaggio dei rifiuti nel retro del box ( gli stessi poi oggetto di ripresa con la telecamera ) “ .. c’è un po’ di terra di spazzamento dietro.. ?..” per un quantitativo di un quarto di box e aggiunge “ .. eh , perché puzza eh ! attenzione di non farla ammucchiare …”
Il 3 giugno 2003 – conv. 2446 – a partire dalle ore 08,51 vengono intercettate una serie di conversazioni che sottolineano i contatti con C. Ettore e che consentono di appurare che i rifiuti in stoccaggio, raccolti nei giorni addietro, stanno per essere trasferiti verso la T. di C. Giuseppe S.a.s. di Fino Mornasco. Infatti A.F., nel corso della telefonata, avverte C. Ettore “ … ti mando su Pablo con quello che siamo rimasti d’accordo io e te settimana scorsa ..“ e precisa “ .. lasciami tempo di preparare poi ti chiamo e ti mando su ..” . Seguono i preparativi di carico dei mezzi che saranno inviati, da lì a poco, verso l’ impianto della T. . A.F. coordina le attività di carico e ordina a D.F. “ ..e metti un po’ di pulper ( ndr : rifiuti provenienti dal trattamento della carta da macero ) dai.. “ Alle ore 12,47 – conv. 2507 - C. Ettore che è in attesa di ricevere i rifiuti chiama A.F. che gli conferma di essere nei pressi “ si sono qua sulla salita eh “. La conferma che sia A.F. che M. Pablo si trovino presso C. Ettore si ha nella conversazione successiva nel corso della quale M., prima di rispondere all’interlocutore, chiede aiuto per effettuare le operazioni di scarico dei rifiuti, rivolgendosi verso C. Ettore al quale dice “… Ettore mi fai tirare giù quella roba da un “gheddafo....” facendo riferimento molto probabilmente ad un operaio extra-comunitario presente sul posto.
Il 4 giugno 2003 gli scarichi verso la T. proseguono. Prima però c’è un piccolo diverbio tra A.F. e suo padre. A.F. avrebbe voluto inviare i rifiuti -atteso che, a suo dire, non si trattava di rifiuti molto sporchi- nel luogo di rimessaggio dei mezzi della società La L.S.E. S.p.a. sita in Fagnano Olona via C. C.S.indicata dagli stessi “... lì giù in valle.. “. In un primo momento Mirko – T. altro autista - sta per essere inviato verso C. “ .. tu vai a scaricare da C. ..” poi gli viene comunicato sempre da A.F. un contrordine “ …...dai scaricalo giù e poi viene su a caricare dai…” e poi lo ammonisce “ .. no nel fiume eh ! fuori… “, inducendo così a pensare che in passato avesse dato disposizione di scaricare rifiuti persino nel fiume. Si tratta del fiume Olona, che effettivamente lambisce il citato centro di rimessaggio. Qui però un altro impiegato, Pietro, che ha ricevuto precisi ordini da A. Salvatore, lo avverte di quello che sta per succedere e delle disposizioni date da suo figlio. A. Salvatore, si informa di quanti mezzi sono e cosa trasportano, al che Pietro gli riferisce, indicando in numero di tre gli autisti “ … Giovanni, mio genero e Mario …” che sono lì e trasportano “ .. è terra , la terra e la porcheria così ……..” e che la vogliono scaricare. Saputo ciò A. Salvatore si arrabbia con Pablo M. . Da qui la reazioni di A.F. che dà disposizioni agli autisti “ …... via via via andiamo tutti da Cerutti dai, così pagano .. via via ..”. Si precisa che, spesso, anche nelle conversazioni che seguono, C. viene spesso indicato con il nome Cerutti. Le motivazioni precise dell’utilizzo di questo nome convenzionale non sono state appurate. Comunque la puntuale conferma che i rifiuti arR.no da C. si trae dai colloqui successivi. A.F. chiama Mirko “ .. niente, andiamo da C., mi hanno fatto girare i coglioni ..” e gli ordina di andare su con tutti i camion carichi. Successivamente avverte C. Ettore “ ascoltami Ettore (…) stanno arR.ndo su tre camion no “ e precisa “ però hanno su terra e asfalto… “ e C. fa presente di non aver spazio a sufficienza anche se poi acconsente “ .. la butto dentro nel buco …….“, informandosi sull’ora in cui arriveranno gli altri mezzi perché deve predisporre il posto per il loro occultamento “.. ah perché devo fare .. devo rifare il buco lì eh … “.
Nel primo pomeriggio – conv. 2692 – delle ore 13,45, A.F. si informa presso D.F. “ …….come sei messo con la spazzatrice ..“ ovviamente intendendo, in questo modo, far riferimento ai rifiuti provenienti dallo spazzamento delle strade. D.F., allo scopo di raggiungere un quantitativo maggiore, gli dice di temporeggiare , in quanto Pippo - altro autista – si è recato a prelevare altra terra di spazzamento presso la società MASOTINA S.p.a.. A.F. sollecita Pippo che lo rassicura dicendogli che tra poco arriverà. Alle ore 16,48 – conv. 2740 – C. Roberto, raggiunge telefonicamente A.F. che gli conferma di essere stato a scaricare da suo padre C. Ettore.
Il 5 giugno 2003, le conversazioni intercettate combinate fra di loro, attestano un ulteriore invio di rifiuti presso C. Ettore. Viene altresì registrato un episodio che in seguito sarà essere oggetto di ulteriori approfondimenti che vede coinvolti agenti della Polizia Stradale, allo stato non identificati, che avrebbero omesso, a fronte del superamento- per il carico di rifiuti- del peso consentito dalla portata del camion, di elevare, relativamente al mezzo condotto da A.F., le sanzioni amministrative corrispondenti alle norme del Codice della Strada evidentemente violate. A.F. a bordo di uno dei camion intestati alla società La L.S.E. S.p.a., che indicano con il nome di bilico, chiama M. Pablo, sollecitandolo a chiamare C. Ettore. M. ha dimenticato di farlo e chiede a Francesco la cortesia di contattarlo lui . A.F. sta andando da lui “ … che cazzo chiamo sto andando la io adesso… a scaricare ..” , e di lì a poco sarà fermato dalla Polizia Stradale. Dopo essere stato fermato chiama subito M. dicendogli “ .. mi ha fermato la Stradale.. “ e M. a sua volta gli chiede “ .. T’ha fottuto? “ . A.F., ha caricato il mezzo con quantità di rifiuti di molto superiore a quella consentita dalla portata del mezzo, e sollevato gli dice “ No, sono quelli di Busto, meno male che sono sempre quelli .. i nostri amici di ieri … “ e proseguendo nella descrizione di come si sono svolti i fatti “ … mi hanno detto di non fare l’autostrada, gli ho fatto vedere il biglietto, gli ho detto guarda che sono 530 di lordo …….” e infine descrivendo il comportamento del loro agente amico “ poi ha parlato con gli altri e apposto “. Di quanto accadutogli A.F. ne mette a conoscenza anche D.F. Michele “ … ero sulla salita di Legnano, non andava e questi si sono messi davanti a me e mi hanno portato fuori a Legnano e mi hanno portato in pesa …..” , precisa “ …..e’ però erano questi di Busto i miei amici ……“ , continua “ ……gli ho detto, ti dico la verità sono 530 di lordo, che cazzo devo fare e … ti devo dire una bugia .. poi parla qua parla la hanno detto sparisci va …… “. Anche A. Mario viene messo al corrente dell’accaduto. Anche a lui A.F. omette di dire la sua reale destinazione “…sto andando a scaricare lì a Cerro ..” , vedremo che di lì a poco raggiungerà con certezza C. Ettore a Fino Mornasco.
Mirati accertamenti hanno consentito comunque di identificare nei pressi dell’ex discarica di Cerro Maggiore l’esistenza di una Cava denominata “ Cava Cerutti “. Non si esclude pertanto, alla luce anche di alcuni indizi che emergono nel corpo di altri conversazioni intercettate che, quest’ultimo sito, sia stato adoperato per smaltirvi illecitamente rifiuti da parte degli A. in passato.
Conferme al fatto che A.F. si sia recato con il bilico da C. Ettore si hanno alle ore 11,00 – conv. 2844 – quando A.F., che sta nuovamente andando su con un altro carico, viene raggiunto telefonicamente dallo stesso C. che gli chiede “ …..quel… lì che hai portato su … (…) cosa c’era dentro….. ? ” A.F., in forza degli accordi presi “ … la spazzatrice perché …?..”. C. accenna ad una replica ma subito recede; infatti A.F. lo avverte che sta andando su un altro carico della stessa tipologia e lui acconsente .
Il 6 giugno 2003 A.F. è nuovamente a bordo di un camion carico di rifiuti, si sta recando da C. Ettore, prima di raggiungerlo lo avverte telefonicamente “.. sto venendo da te ...”. Con lui c’è un altro autista che conduce un altro mezzo, la circostanza viene precisata a richiesta del C. “…… Eh uno o due ? …” A.F. risponde “.. Una motrice ed il bilico …”. In previsione di nuovi scarichi si accordano per il lunedì successivo corrispondente alla data del 9 giugno 2003, Ettore afferma “ …Poi lunedì ricomincio… “. Dai colloqui che seguono, tra A.F. e D.F. Michele, nel pomeriggio, è possibile stabilire che i rifiuti che verranno avviati il lunedì successivo, sono della stessa tipologia di quelli di cui ai giorni precedenti; cioè si tratta di terre di spazzamento.
A. Salvatore raggiunge telefonicamente il figlio Francesco e gli chiede dove si trova; questi risponde “… ho scaricato adesso in cava …” e lo mette al corrente che C. Ettore, alla luce delle doglianze del giorno precedente, gli sta creando dei problemi perché quanto hanno scaricato non sembra rispondere ai requisiti pattuiti pur trattandosi dello stesso genere di rifiuto“ … è brutta ..”, di conseguenza gli è stata fatta una nuova richiesta di denaro in aggiunta a quella di cui ai patti “ … vuole ancora un po’ di ossigeno …”.
Nel pomeriggio dello stesso giorno, i viaggi proseguono. A.F. chiama C. Ettore col quale ha un colloquio riguardante la compravendita di un mezzo meccanico in cui è coinvolto anche M. Pablo. Al termine del colloquio si accordano per l’invio di un altro viaggio di rifiuti. A.F. gli chiede “.. Ascolta ma oggi cosa ti mando una motrice o due …“. C. afferma “.. una e basta … “.
Vengono intercettati colloqui tra A.F. e A. Salvatore – conv. 7840 – delle ore 13,55. I due esaminano lo stato della cassa della società, quanto corrispondere a C. in forza dei loro accordi. Da questi colloqui è possibile evincere che al C. verrà corrisposta la somma di 55 lire per ogni chilo di rifiuti. Si apprestano pertanto a consegnarli un assegno di 15 mila euro - vds conv. succ. 3049 - .
Come da accordi, A.F., in previsione degli scarichi concordati con C. Ettore, il giorno 8 giugno 2003, dà disposizioni ai suoi autisti per l’indomani. Nel parlare con Giovanni (ndr : Gjovalin Kola) – altro autista - A.F. gli dice “ No tu lavori a Busto e … Pablo e Mirko vanno lì a Como …” Successivamente mette a conoscenza del programma lo stesso Mirko – conv. 3246 “…..ascolta domani mattina allora, 6,15 – 6,30 c’è Michele che via aspetta che carica te e Pablo, così andate lì voi ..”
Il giorno 11 giugno 2003 si ha contezza di altri scarichi di rifiuti presso C. . A.F. chiama Mirko per sapere dove si trova e questi risponde “ …qua da Ettore …”
Il 12 giugno 2003 gli scarichi verso C. proseguono. E’ evidente che anche P.Salvatore si serva di C. Ettore quale terminale per i suoi illeciti smaltimenti. A.F., a fronte di alcune doglianze di C. Ettore – conv. 3658 –relative alla natura dei rifiuti inviategli, afferma “ No, la plastica che ti porta su E. ne han buttato un po’ li dentro lì …”. Comunque per evitare problemi, avendo intuito ciò che C. voleva dirgli, A.F. chiama Mirko T., --che sta per recarsi da lui e ha già predisposto il carico posizionando, nella parte inferiore, i rifiuti occultati generanti polvere, verosimilmente plastica macinata (circostanza che verrà appurata nei giorni successivi al momento dell’installazione della telecamera) e mettendo, sulla parte in superficie e sovrastante, terra pulita—e ordina “ Niente digli a Michele che … di … scaricare e aspettiamo che arR. il materiale che la mischiamo bene dai …” cosa che,, di fatto, avviene da lì a poco.

Appare chiaro quanto gli imputati siano sistematicamente dediti allo smaltimento occulto e fraudolento di terre di spazzamento e altri materiali, non senza compiacenze e collusioni di Agenti della Polizia Stradale che avevano effettuato dei controlli.
Come anticipato, gli imputati hanno pienamente ammesso l’addebito.
C. Ettore nell’interrogatorio innanzi il PM in data 21.12.2003 ha ammesso di avere smaltito per conto degli A. le terre di spazzatrice raccolte presso la città di Milano, in misura di uno o due camion con punte di quattro camion al giorno in certi periodi. C. riceveva le terre dagli A., separava la plastica e la restituiva a L.L. con falsi formulari che indicavano il trasporto di corteccia; quindi utilizzava il residuo per il compost che cedeva a aziende agricole. Ciò sarebbe accaduto per circa un anno e mezzo e anche presso il centro di compostaggio di Belinzago Novarese.
A.F. e Salvatore in data 9.1.2004 hanno pienamente confermato, anche in relazione alle quantità ed ai luoghi, le dichiarazioni di C. Ettore circa l’illecito smaltimento di terre di spazzatrice.

Capo 3) – La P. s.r.l. di S. Diego
La P. s.r.l. ha sede legale e insediamento produttivo in alla periferia sud di Milano ed il legale rappresentante è S. Diego; la società è autorizzata al recupero rifiuti non pericolosi in forma semplificata. Non risulta che la società sia autorizzata a smaltire terre di spazzamento, ma ancora una volta per il tramite degli A. S. Diego ha ricevuto e smaltito illegalmente ingenti quantitativi di quel materiale.
Nel rapporto con la P. è emersa inoltre la figura di T. GianB., che si impone come intermediario obbligato di ogni conferimento e rapporto commerciale con la P., ed emerge dalle intercettazioni telefoniche e dalle dichiarazioni degli A. come una sorta di “capo bastone” che imponeva la sua intermediazione (ed il suo guadagno) per ogni tipo di affare specialmente illecito.
Di seguito si riporta a titolo esemplificativo uno stralcio della ricostruzione del fatto operata dal PM grazie alle intercettazioni telefoniche, che ancora una volta si dimostrano lo strumento essenziale del disvelamento dei traffici illeciti effettuati sotto la copertura di uno schermo formale ineccepibile.

Il fatto delittuoso sotto descritto, ha per oggetto lo smaltimento delle cd. terre di spazzamento gestite dalla società La L.S.E. S.p.a. e provenienti, per la maggior parte, dalla società MASOTINA S.p.a. (vds. Allegati al CAPO C) maggior conferitore nel periodo in esame di tale tipologia di rifiuto. I primi conferimenti presso la società PG S.r.l. da La L.S.E. S.p.a. vengono registrati a partire dal 19 maggio 2003. I contatti tra S. e gli A. avvengono sempre ed esclusivamente per il tramite di T..
Il primo contatto tra A. Salvatore e T. viene registrato a partire dal 20 maggio 2003. A. raggiunge telefonicamente T. e gli propone lo smaltimento di rifiuti che definisce terre (n.d.r. terre inquinate di bonifica provenienti dalla CTM) da inviare, presso la ditta PG S.r.l.. Il T. acconsente. Nella circostanza gli propone altri conferimenti relativi alle terre di spazzamento e gli chiede “… No, io mando terra terra! Poi, per le terre di spazzamento, lo devo chiamare ( ndr riferendosi a S. Diego ) , posso incominciare…”, T. si riserva di fargli avere una risposta, in quanto deve mettere al corrente S. Diego “.. Allora, mi metto d’accordo io domani mattina con lui perché, eh… adesso di roba ne sta arR.ndo e vediamo di farne uno o due al giorno. Però tu… se tu parti domani mattina, io dico vedi arR. questo e… poi ti… ne faccio uno o due al giorno anche di quello, te lo lavoro io!.......” E’ evidente che, T. è disposto a ritirargli le terra di spazzamento ma A. Salvatore deve necessariamente assicurare anche l’invio di terra. L’obiettivo finale da raggiungere è quello di garantire (rassicurando così lo S.) che una pronta e oculata miscelazione, faccia perdere immediatamente le tracce del rifiuto più visibile e legalmente non smaltibile (la terra di spazzamento) che S. non potrebbe ritirare e la cui visibilità, quindi, potrebbe generare problemi.
In realtà, il flusso di rifiuti dalla La L.S.E. S.p.a. alla P. S.r.l. è già attivo per altre tipologie di rifiuti. Tra A. Salvatore e S. Diego sembra essere già in corso un rapporto commerciale. Lo confermerebbe la successiva telefonata che A. Salvatore fa al T. per avere chiarimenti in ordine al codice da inserire nei documenti ufficiali di trasporto che sembrano già non corrispondere alla vera e reale natura dei rifiuti trattati. Infatti A. Salvatore mette al corrente T. “.. Noi li stiamo portando come macerie!...... “ così evidenziando il fatto che il rifiuto conferito a S. è in realtà di diversa natura. Ulteriori conferme in tal senso si hanno anche dal colloquio tra T. e S.. Il primo gli comunica di avere concluso un contratto con la L.S.E. S.p.a.; il secondo è d’accordo e nella circostanza si lamenta delle caratteristiche del rifiuto che gli arR., minacciando per questo motivo di restituirlo al mittente. Il 21 maggio 2003 iniziano i conferimenti dei rifiuti dalla La L.S.E. S.p.a. alla P. S.r.l.. S. chiama T. dicendogli che gli ha respinto il camion in quanto il rifiuto trasportato non era conforme alle caratteristiche concordate. T. è d’accordo con l’iniziativa presa. La preoccupazione dei due però non è legata al fatto che il rifiuto in questione non possa essere legalmente ricevuto né trattato – dalle successive telefonate (vds allgato relativo al capo C) emerge che trattatasi di terra di spazzatrice – e non sia conforme ai documenti che lo accompagnano, ma piuttosto accusano gli A. di voler fare i furbi “…la carne la vogliono mangiar loro, siamo rimasti senza denti noi…..”. Risentito del comportamento di A. Salvatore, T. chiama gli uffici della La L.S.E.. Risponde un impiegato allo stato non individuato, al quale, in modo piuttosto brusco, fa presente che i mezzi inviati alla P. S.r.l. erano carichi di terra di spazzatura non prevista negli accordi con A. Salvatore -conv. 2710 del 21/5/2003 “…sta’ volta ho curato i camion! Salvatore mi ha preso per il culo! La terra di scavo di bonifica era ancora terra di spazzolatura strade, gli ho detto di no e tornano indietro! Le altre volte non controllavo, stamattina ho messo lì uno a posta ad aspettarli. Gli ho detto: “mi sembra strano che mi porta la carne bella.” Tutti quelli che arR.no torneranno indietro tutti, se c’è… Ogni camion guardiamo, se c’è… solo spazzolatura strade torna indietro tutto!..” . Alla fine dello sfogo aggiunge “…Niente, in ogni modo… man man che arR.no noi li guardiamo, se c’è terra vi scarichiamo 50 camion in fila, se c’è terra di spazzatura, gli ho detto domani e basta, non oggi…” . Nel frattempo il secondo mezzo giunto presso la P. S.r.l. viene respinto. S. chiama T. mettendolo al corrente della cosa. T. è d’accordo con l’iniziativa presa, accusando nuovamente gli A. di voler fare i furbi “.. Bravo! Ma no! Pensano sempre di fare i furbi, credono di essere più bravi loro del mondo, no! ..”. A. Salvatore saputo dell’inconveniente chiama T.. Si scusa con lui asserendo esserci stato un malinteso con D.F. Michele che ha caricato la terra di spazzatrice al posto dei rifiuti concordati. T. gli fa presente che non vuole essere preso in giro ed è disposto ad accettare il carico dei rifiuti solo se sono belli; in tal caso il giorno successivo sarà possibile dare il via ai trasferimenti di terra di spazzamento. A. fa ricaricare i mezzi, e li invia alla P. S.r.l.. T. nel frattempo è giunto alla P.. S.r.l., chiama A. Salvatore per fargli sapere che è, personalmente, lì in attesa che giungano i camion per controllare che l’impegno sia stato rispettato; in caso positivo, darà il via allo smaltimento delle altre tipologie di rifiuti e “…..Almeno così se arR. quella che dico io… io gli faccio cambiare la rete, il vaglio e da domani ritiriamo anche l’altra, hai capito?..” I mezzi devono ancora arR.re. A. Salvatore chiama T. per scusarsi con lui. T. gli dice di trovarsi in macchina con S. – in realtà S. lo raggiungerà dopo – e che sta andando da lui (in realtà sta andando alla società P. S.r.l.); infatti da lì a poco andrà a verificare il contenuto dei mezzi degli A. - per chiarire la questione. T. gli fa presente che la questione è chiusa , in realtà ha ottenuto ciò che voleva : dare una lezione ad A. Salvatore e fargli capire che senza il suo totale coinvolgimento nella questione la cosa non va avanti. Infatti gli promette “….stasera cambiamo il vagl… la rete e andiamo avanti questa e anche l’altra, capito?..” . A. Salvatore ha urgenza di smaltire la terra di spazzamento; da lui, in azienda, ci saranno delle ispezioni di controllo preannunciate e ribatte “…Ho bisogno un colpo di mano domani, perché dopodomani ho gente..”. T. lo tranquillizza, gli fa capire che ci sono altri aspetti che devono essere curati, la cosa deve essere fatta con totale accordo e con precise modalità in modo tale che nessuno rimanga scoperto “… Stai tranquillo! Però… fai come dico io se no questo qua pensa che gli diamo solo la schifezza, capito? …”. A. Salvatore sembra aver ricevuto il messaggio, gli ribadisce il concetto che ha premura e gli risponde ”… Comunque… eh… domani io metto sotto ininterrotto, perché ho bisogno di levare, perché se vieni stasera ti dico perché!…” . T. lo rassicura e gli conferma che intercederà su S. . Alle ore 16,00 circa i mezzi giungono in P. S.r.l. . S. che li sta aspettando ha modo di vedere il carico e glielo descrive “…..Hanno scaricato, ma c’è su della merda che fa paura!.....” T. lo raggiunge e si può rendere conto anche lui della natura del rifiuto. Chiama A. Salvatore “ ...Allora, i due camion hanno scaricato ed è già 10 minuti che sono andati via…” e gli propone “.. mandala dove va tuo figlio, perché io ritiro la roba ma non… questa qua c’ha tutto un altro prezzo. Ma l’hai vista che roba è?..” dettandogli a quale condizioni “…No! Io ti do la mano… anche 50 camion, ma non voglio essere preso in giro come tu non vuoi essere preso in giro da me..” e ironicamente aggiunge “ ..Ascolta, a me piace mangiare il pollo, la carne e anche l’osso!..” E’ evidente, ancor di più che, il ritiro del rifiuto non è legato certo alla sua ammissibilità presso il centro di recupero della società P. S.r.l., per il quale si è tranquillamente disposti a chiudere un occhio bensì all’aspetto economico; l’accordo è possibile ma solo ad un prezzo superiore. I due dopo pochi minuti si risentono T. esorta A. Salvatore a tener presente quanto gli ha appena detto, perché deve tener conto anche delle decisioni prese da S. Diego. La natura del rifiuto è quella che è “..Ascolta, eh… Puzza e tremendamente! …di merda. Però non so se è sughero, se è compost, se è roba di un incendio, non si riesce a capire cos’è, forse tu non l’hai neanche vista ……”; T. è disposto a riceverla, ma gli ribadisce a quale condizioni “..Ascolta, io ritiro questa roba qua, come la ritiro dalla ECOGE, la ritiro… Però ritiro questo, roba bella, roba meno bella, roba brutta… solo roba brutta, no! Siccome la roba bella non me la dai, qua non posso litigarci, giustamente!..” . A. Salvatore ha l’acqua alla gola ed è disposto ad accettare le più care pretese economiche; invita T. da lui proponendogli ”.. Volete venire a vedere questa pigna e ve la do tutta?..” Le prospettive sono buone l’affare come di seguito indicato, va in porto.
Il 4 giugno 2003 A. Salvatore e T. si risentono. A. lamenta il fatto che S. ha avuto da ridire nuovamente e gli fa presente “..ma, eh… si può vedere di mettere in piedi un lavoro, che tanto quello lì ritira da tutti, solo da me fa mille storie?.....”; a suo dire queste doglianze appaiono pretestuose, infatti gli fa presente “.. Sta ritirando…. dalla PULINET della porcheria, che la portano con i camion di…”. La PULINET è un’altra grossa società che gestisce rifiuti. T. gli conferma quali debbono essere le condizioni affinché fili tutto liscio, come accade per gli altri che rispettano le condizioni imposte, “ ..la PULINET ci dà bello e brutto..” . I due alla fine si incontrano per le ore 13,00/13,30 presso il ristorante Idea Verde, ubicato a pochi passi dal centro di stoccaggio della La L.S.E. S.p.a..
Dopo l’incontro T. informa A. Mario che ha stretto affari con il fratello “ domani comincio con tuo fratello, vado tranquillo?..... “, e gli chiede il conforto che Mario non gli fa mancare “ ..vai tranquillo..”.
Il giorno seguente T. chiama S. per controllare se i trasferimenti di rifiuti sono iniziati. Quest’ultimo gli conferma che sono arR.ti due camion “ .. allora han fatto solo quei viaggi stamattina, perché stamattina gli ho detto, se la roba è ancora così non portarmela giù .. perché .. c’era dentro .. è come al solito no ! ..” e precisa “ …..c’era dentro un paio di bennate ..” . T. è al corrente della cosa tant’è che lascia correre.
Gli illeciti smaltimenti hanno il loro corso per diversi giorni.
Il 23 giugno 2003 D.F. Michele chiede disposizioni ad A. Salvatore su quale rifiuto deve inviare alla P. S.r.l. e questi gli conferma “…mandi le terre di spazzamento…….” e gli comunica che stanno per arR.re i mezzi inviati da S. Diego.
Il 26 giugno 2003, D.F. Michele è al lavoro nella zona di stoccaggio dei rifiuti. Chiama A. Antonella per predisporre alcuni trasporti e gli chiede “… ma di S., non ne manda dei suoi pa’ a’ spazzatrice? …”. Antonella, perfettamente al corrente del flusso clandestino gli chiede “ …quanti te ne servono? Che lo chiamo..” . D.F. Michele, verificato il quantitativo in stoccaggio, le fa presente “.. tre, quattro …”. Antonella provvede immediatamente “…allora gli dico di fare avanti e indietro…”.
Il 1° luglio 2003 A. Salvatore chiama T. si lamenta che i mezzi di S. non vanno a caricare i rifiuti “ ..prima 5 o 6 viaggi al giorno, poi due, poi giorni niente ! io .. si accumula la roba no !…”. T. lo tranquillizza e gli fa capire che il ritiro dei suoi rifiuti è possibile ma solo a determinate condizioni “ eh .. ma faccio quel che .. in base alla roba che gli arR. eh “ riferendosi al centro di S. . Da una attendibile ricostruzione è possibile dedurre , alla luce di altri indizi emergenti da altri episodi delittuosi e riportati nella presente richiesta , che il T. gli abbia voluto dire tra le righe che, il ritiro delle terre di spazzamento deve essere oculato e calcolato in percentuale, sulla base del materiale (terre) presente presso S., che ha l’esigenza di miscelarlo con pari quantità di rifiuti neutri, occultandone così la vera natura.
Che il rifiuto realmente inviato siano terre di spazzamento lo si evince dalla conv. 6755 del 3 luglio 2003 tra B. Myriam e T., la quale, forse imprudentemente, gli chiede “ … non può mandarmi qualche camion in più per la terra di spazzatrice ? …” T. gli fa presente che gli accordi sono diversi “ .. no facciamo quello che fa tre quattro viaggi al giorno ..” e poi gli spiega con una battuta anche il motivo “…… faccio fatica a mangiarle.. “(date le grosse quantità da neutralizzare) e aggiunge “ …….ah capito ? eh è meglio mangiare poco che poi ingrasso troppo …”. Nello stesso giorno è stato effettuato anche un servizio di osservazione nei pressi della P. S.r.l. di Milano ubicata in via Quintosole; il servizio in questione permetteva l’individuazione del mezzo utilizzato per il trasporto e del suo arrivo presso il citato centro di recupero rifiuti.
A riprova di ciò, i conferimenti continuano.
Il 7 e 8 luglio 2003, sono stati predisposti dei servizi di osservazione (o.c.p.) presso la società P. S.r.l. di S. Diego, ubicata in in concomitanza con altri servizi dislocati presso la T. di C. Giuseppe in Fino Mornasco (CO) di cui si è parlato sopra .
Il servizio veniva predisposto allo scopo di verificare l’effettivo ricevimento dei rifiuti presso la PG S.r.l. e aggiungere, ulteriori indizi al complesso quadro probatorio sopra descritto, con il supporto delle riprese video che attestavano in modo inconfutabile l’invio a smaltimento illecito di ingenti quantità di rifiuti, costituiti da terra di spazzamento, sotto la falsa identità di macerie e/o terre e rocce. (…) In questa circostanza si ribadisce che le riprese video hanno consentito di dare corpo e supporto a quanto finora è stato detto e ricostruito in base alle intercettazioni telefoniche. Gli automezzi utilizzati, per il trasferimento dei rifiuti dalla società La L.S.E. S.p.a. alla società PG S.r.l., vengono sistematicamente caricati con una miscela di rifiuti costituita da terra di spazzamento e terre di bonifica, miscela poi celata con uno strato di terra più pulita. Miscela sapientemente predisposta nella fase operativa da D.F. Michele. Miscela indicata e stabilita da A. Salvatore, T. e S. Diego i quali si sono accordati per predisporre, per ogni carico, una miscela omogenea composta per metà da terra di spazzamento e metà di terre e rocce e/o macerie; il tutto per creare un carico di rifiuti apparentemente neutro e tale da non insospettire gli organi di controllo e da consentire a S. Diego un suo più facile occultamento. Le proteste da parte di S. nascono solo quando i patti non vengono rispettati e si cerca di inviare quantità maggiori (“troppo visibili”) di terra di spazzamento. (…)
Il 7 luglio 2003, comunque le conversazioni captate fanno ancora più chiarezza .
La terra di spazzamento viene sistematicamente occultata nei mezzi utilizzati nel trasporto; cosa, questa, di cui A. Salvatore, T. e S. sono perfettamente a conoscenza. Il 7 luglio 2003 – conv. 7110 tra T. e S.. Quest’ultimo lo chiama e lo informa “ chiama su in Lombarda (…) e digli che adesso sto mandando su il camion ancora una volta a caricare, ma se ricarica ancora la roba lì (..) gli addebito il viaggio e poi gliela rimando indietro “ T. chiede “ .. non ha caricato la roba solita …” S. gli conferma “ si è la roba solita sotto e sopra c’ha caricato … te lo raccomando ..” T. lo tranquillizza e chiama la società La L.S.E.. Parla con B. Myriam e l’ammonisce “ caricatemi quello che siamo d’accordo, se no poi no non ne mando più eh (…) perché qualcuno ha .. fatto il panino eh ..”. Chiama D.F. per avere dei chiarimenti su tali conferimenti gli chiede “…Che roba le stai mandando? ..”. D.F. conferma “…A terra de’ spazzamento..” B. gli fa presente di aver avuto delle rimostranze “...ha detto che adesso rimanda il camion , se.. trova su anche la roba che c’aveva su stamattina lo rimanda indietro e non.. viene più a caricare..”; D.F. gli fa presente che lui non ha colpe in tutto questo, attribuendo la responsabilità della composizione del carico all’autista del mezzo inviato dalla PG S.r.l.; conferma così il mascheramento del carico realmente inviato, infatti risponde “… e sto prendendo la roba, la terra per coprirglielo un po’, che devo fare?..” e aggiunge “ … gli dici mo’ ti passo MICHELE così gli spiego perché, se non c’ha la rete, non c’ha il copri scopri che va.. non c’ha niente, cosa ci devo mettere sopra? non è mica colpa mia, lui m’ha detto di mettergli una palata di.. di macerie, eh!--.” In pratica sembra che sia accaduto che l’autista del mezzo utilizzato per il trasporto non abbia potuto stendere la rete di copertura che permette di celare il rifiuto; pertanto è corso ai ripari stendendovi sopra un strato di macerie. D.F. invita la B. a contattare T. e a chiarire così l’equivoco facendole presente che lui è disposto a fare quello che gli ordinano “ …chiamalo e ridiglielo, se vuole io non gli metto niente, carico la spazzatrice e basta!..” B. avuta l’informazione la veicola a T. che lascia andare la cosa. Nel tardo pomeriggio D.F. viene raggiunto telefonicamente da A.F. che vuole essere aggiornato sulle quantità di rifiuti presenti in stoccaggio e gli chiede un consuntivo sui viaggi effettuati. Si ricorda che nei giorni 7 , 8 e 9 luglio 2003, i trasporti di terra di spazzamento verso sbocchi illeciti, T. di C. Giuseppe e PG. S.r.l., sono avvenuti ad un ritmo serrato come si evince anche dalle annotazioni di polizia giudiziaria allegate. D.F. lo mette al corrente dicendogli che sono stati effettuati in tutto 12 trasporti quattro per ogni autista ed è in procinto di effettuarne altri “… più mo’ li ho caricati sarebbero 5.. e poi ne ha fatti 4 pure quell’altro… ” precisando, a richiesta dello stesso A.F., da “.. S. ..”. Concordano infine le modalità operative per i trasporti da effettuarsi il giorno seguente e lo stato di fatto dei quantitativi di terra di spazzamento ancora presente.
Il 14 luglio 2003 D.F. Michele è al lavoro, ha terminato un carico con terre di spazzamento. Devono essere predisposti i documenti necessari per il trasporto, deve essere compilato il formulario di identificazione del rifiuto con un codice non corrispondente al reale carico ma conforme a quello di un rifiuto che la PG S.r.l. può ricevere, a tal fine Michele chiama B. Myriam e gli dice “.. Myriam, questo qua di S...(…) devi fa come terra e roccia ..”
Per lo smaltimento delle terre di spazzamento T. fattura con la dicitura formale di terre e rocce , 50 lire al chilo, un prezzo altissimo rispetto alla media del mercato per quella categoria di rifiuto; tale prezzo elevato che trova la sua giustificazione nella diversa natura del materiale che viene trattato. In proposito - ved conv. 7059 del 10 luglio 2003 – dal colloquio tra A. e T. è possibile stabilire quanto appena detto. A. Salvatore gli fa presente “ .. fatto 50 lire (…) mi hai fatto le terre e rocce …” T. ribatte prontamente “ No .. non è così (..) le terre e rocce sono quelle dietro, le 50 lire, quelle dietro …” intendendo dire, come poi precisa “ .. li ho già guardati due volte, quelle dietro sono 50 lire …” indicando l’ubicazione dello stoccaggio, lo spazio ripreso dalla telecamera.
Quanto sia realmente ingente il quantitativo di rifiuti illecitamente smaltito, per il mese di giugno, è indirettamente desumibile dall’importo fatturato da SR, società che come detto fa capo al T., alla società La L.S.E. S.p.a. , ammontante a 51.904 euro, IVA esclusa .
I conferimenti di rifiuti da parte della società La L.S.E. S.p.a., diretti alla PG S.r.l., con l’intermediazione di T. sono all’ordine del giorno. Si tratta di un flusso continuo, stabile con taluni saltuari intoppi dovuti sempre allo stesso motivo : il superamento della percentuale pattuita di terra di spazzamento nel carico complessivo che arreca alcuni problemi di natura tecnica presso l’impianto della PG. e che potrebbe insospettire, in caso di ispezione, gli organi di controllo.

Anche in relazione al capo 3) qui esaminato, A. Salvatore e Francesco hanno ammesso il fatto, soprattutto in sede di interrogatorio di garanzia innanzi il GIP che aveva disposto la misura.
Pur cercando di organizzare una prima difesa, gli imputati in realtà ammettono i fatti e le conversazioni telefoniche, che in ultima analisi dimostrano le attività di smaltimento illecito, di occultamento del materiale non autorizzato, gli accordi sottobanco e la direzione dispotica del T., che anche in sede di interrogatorio viene confermata dagli A..

Capo 4) – La ditta C. Antonio
L’impresa individuale C. Antonio corrente in Rho (MI), di cui C. Domenico figlio di Antonio è il responsabile tecnico, è autorizzata al ritiro ed al trattamento di rifiuti speciali non pericolosi; a tal fine l’impresa è dotata anche di impianto di frantumazione.
A parte i profili soggettivi di C. padre e figlio, pregiudicati e più volte segnalati per vari delitti, la famiglia dispone di una ditta di scavi e di movimento terra e approfitta di tale situazione per meglio occultare ogni tipo di traffico illecito esorbitante dall’attività produttiva legale.
I due C. costituiscono, per così dire, l’ultima spiaggia nella rete di rapporti degli A., poiché sono disposti ad effettuare gli smaltimenti più marcatamente illegali ossia i meri interramenti dei rifiuti così come si presentano, al di là di ogni disciplina in materia.
Sempre sulla base delle intercettazioni telefoniche i fatti sono stati così ricostruiti:
A partire dal 15 maggio 2003, vengono registrate una serie di conversazioni passanti sulle utenze degli indagati, che hanno per oggetto delle continue pressanti richieste, a volte minacciose, di denaro da parte dei C. nei confronti della società L.L. Servizi Ecologi S.p.a.. Appare evidente che le richieste sono avanzate in quanto c’è stata una prestazione di servizi che deve essere liquidata. Le richieste provengono da C. Domenico che più volte si presenta presso gli uffici della società La L.S.E. S.p.a. a riscuotere quanto pattuito. Le richieste di denaro sono riferibili ad alcuni conteggi per i quali A. Salvatore, in diverse circostanze, rimprovera sia i figli, Francesco e Valeria, che M. Pablo, ritenuti responsabili di una errata contabilità, circa il numero dei viaggi di rifiuti effettuati dai C.. Si tratta di ingenti somme di denaro. A. Salvatore in proposito nel cercare di fare dei conteggi esatti, con il figlio asserisce “..il padre gli ho dato cinquemila e un circolare otto giorni fa ! ieri gli ho dato … (..)..ieri cinquemila e adesso mi telefona che vuole il saldo, che sono altri diecimila..” . Ed è M. Pablo, nel discutere con A. Salvatore contribuendo alla verifica dei conti, che evidenzia che le richieste di denaro sono dovute a trasporti effettuati per loro conto – conv. 4413 – “ …da dodicimila son già fuori; perché eran cinquanta viaggi più quei quattro che abbiamo fatto, più quei tre che abbiamo fatto…” . Le ragioni della difficile contabilizzazione dei viaggi dei C. è da individuare nel fatto, che si tratta di viaggi, non fatturati e completamente abusivi, tant’è che i pagamenti sono sempre effettuati in contanti e/o con assegni circolari.
Il 19 maggio 2003 – conv. 4943 – A. Salvatore e suo figlio, discutono di come prosegue l’operazione di smaltimento rifiuti, e Salvatore precisa i termini degli accordi con i C.; infatti dà disposizioni a suo figlio “ eh .. chiama a C. perché m’ha detto che stasera faceva un giro perché qui ce ne so sono sei da Masotina...” . Alle ore 16,01 un impiegata, non meglio identificata, della società L.L. Servizi Ecologi S.p.a.. chiama A.F.. Lo mette al corrente che lì è arR.to Domenico C. – e chiede disposizioni sul da farsi“ .. ma deV.ricare …” e Francesco risponde “.. e fallo caricare intanto ..”. Successive conversazioni, intercettate sull’utenza in uso a C. Domenico che si riferiscono ad un guasto meccanico occorso ad un dei due mezzi adoperati per i trasporti, evidenziano che i loro camion sono stati caricati e si trovano all’interno della società La L.S.E. S.p.a.. Anche A. Salvatore è al corrente del guasto occorso al mezzo e nel parlare con una sua collaboratrice gli comunica “ …Digli che un C. non è partito perché ha rotto il camion ..“.
Il 22 maggio 2003 , alle ore 09,40 – conv 1004 - i mezzi dei C. sono nuovamente presenti presso La L.S.E. S.p.a. e stanno per essere caricati con rifiuti, come afferma A.F. durante un colloquio con D.F. Michele “…ma carica chella robba ‘e la CTM ai C...” Nel pomeriggio i camion sono ancora presenti in ditta e stanno per essere caricati con rifiuti, lo afferma A.F. nel parlare con M. “… sono qua, sto caricando i camion, son da solo, c’ho diec- sei camion di C. …”
Il 23 maggio 2003 i trasporti da parte dei C. continuano come da accordi presi tra A.F. e C. Domenico il giorno precedente; quest’ultimo gli chiede “ …Possiam venire domani mattina a caricare tutti quanti ?..” e riceve risposta positiva da A.F.. Nel pomeriggio vengono regolati anche i conti. A.F. raggiunto telefonicamente da C. Domenico gli comunica “ .. ho parlato … eeee mio padre va in banca e tira su i libretti e ti fa l’assegno, a quindici giorni…” .
Il 6 giugno 2003 i rapporti con i C. sono sempre attivi. Nell’ attesa di ricevere i rifiuti dalla società CTM --definiti da D.F., a richiesta di A.F., che gli chiede delucidazioni,-- “.. eh con la roba, la solita ..! “ A.F., visto che si tratta di rifiuti scottanti ordina a D.F. “ .. ordina subito due C. ..(..) fanne arR.re due così la levi subito da mezzo …”.
Di rilievo il ruolo di C. padre, Antonio, è lui che indica al figlio Domenico ca. i carichi di rifiuti da effettuare presso La L.S.E. s.p.a. e che dispone le modalità esecutive di smaltimento. Così, C. Antonio, nel corso di un colloquio con il figlio Domenico – conv. nr. 407 delle ore 15.45 - “…..i camion li mando direttamente a Busto… che io i camion li mando a Busto, che poi stasera vanno scaricati subito (ndr: per prudenza)”. Una conferma di tale assunto emerge nel corso di una conversazione telefonica tra Antonio C. e D.F. Michele. E’ proprio ad Antonio che bisogna chiedere l’autorizzazione ai viaggi di rifiuti. Michele infatti chiede proprio ad Antonio per il pomeriggio dello stesso giorno altri sei viaggi – conv. nr. 239 delle ore 16.55 – “………Ascolta, due o tre vengono, ……..adesso non lo so sono fuori!...due sono sicuri”, indicando la tipologia di materiale che vuole “…..Ciao!......oh, roba fina eh!, e Michele “….ti mando la solita!”.
Nel pomeriggio D.F. avverte A.F. “ … Sono arR.ti i C., ma a me mi serve uno con la pala!…” al che Francesco gli comunica “ …Sta arR.ndo, sta arR.ndo Pablo che sta sulla pala e tu stai sul ragno!..” . La specifica richiesta di D.F. trova la sua giustificazione nel fatto che entrambi gli strumenti --la pala meccanica e il ragno-- sono indispensabili per le operazioni di caricamento ed occultamento dei rifiuti e più precisamente per coprirli e compattarli. E’ verosimile, alla luce degli elementi acquisiti grazie all’utilizzo della telecamera, che le concrete modalità di carico siano state del tutto identiche per tutti i blocchi di rifiuti a partire dal 2 luglio 2003 : carichi di rifiuti miscelati (terra di spazzatrice più terre di bonifica) poi occultati e compattati ad arte con uno strato di terra pulita.
Il 7 giugno 2003 i mezzi di C. sono ancora presenti presso la società La L.S.E. S.p.a.; da lì a poco saranno caricati con rifiuti.
Il 9 giugno 2003 altre conversazioni, dimostrano ulteriori carichi di rifiuti da parte di mezzi di C. presso la società La L.S.E. S.p.a., nonché richieste di denaro regolarmente soddisfatte da A. Salvatore. Anche durante tali contatti emerge il ruolo di Antonio C.. Se c’è bisogno di viaggi da fare, ci si rivolge ad Antonio C.: Michele D.F., lo sa e dunque si comporta di conseguenza. Infatti nel corso di una conversazione tra lui e Antonio C. – conv. nr. 367 delle ore 09.15 - “……..……senti a me , ma oggi un paio non si possono avere?”, al che Antonio C. “…..in questo momento non ti so dire niente ma prima di sera magari si ……”. Salvatore ha paura di C. Antonio; un riferimento si ha anche nella conversazione tra Francesco A. e sua sorella Valeria, che ha dato un assegno di 5000 € al padre, preoccupato per le insistenze di C. Antonio – conv. nr.3252 delle ore 17.53 – “…….Oh, minchia dovevi sentire papaà oggi!?........ io gli stavo parlando di due/tre cose….mi fa….e lui mi fa…eh, mi parli di queste cazzate e io devo dare 5000 euro a C., non ho un assegno…….io ho tirato fuori un assegno che mi aveva dato indietro Ceccuzzi, mio, ….ho detto papà che problema c’è, basta parlare…..toh, glielo buttato in faccia…..”. Numerose le conversazioni precedenti tra Antonio C. e Salvatore A. nel corso delle quali C. reclama i pagamenti dovuti per i viaggi fatti.
Il 13 giugno 2003 vengono registrati altri colloqui da cui deR. la presenza di ulteriori carichi di rifiuti presso La L.S.E. S.p.a. da parte dei C.;il tutto è associato a richieste di denaro pervenute a M. Pablo da parte di C. Domenico “ ..Oggi li faccio un paio di viaggi….vedi se mi puoi trovare 2000 €, glieli dai a Roberto, o ad un autista dei miei, però gli dici che li dia solo a me…..” . Richiesta poi soddisfatta da A. Valeria su richiesta ed indicazioni di suo fratello Francesco “ ..in contanti quattro/cinque, poi un assegno a martedì!..”
Il 14 giugno 2003 C. Domenico chiede notizie di Francesco A. a B. Roberto, suo amico e stretto collaboratore. Roberto è stato a caricare presso La L.S.E. S.p.a. ed è sulla via del ritorno; ha parlato con Francesco che gli ha promesso 2000 € per lunedì. Roberto infine accenna a Mimmo di aver realizzato una buca enorme ”..li minchia, abbiamo fatto una buca della madonna! ..” senza indicare il luogo.
Il 16 giugno 2003 seguono altre richieste di denaro da parte di C. Domenico, soddisfatte dopo reiterati inviti, da A. Salvatore.
Il 17 giugno 2003 C. Domenico parla con la moglie. E’ agitato, si trova sulla ruspa e sta coprendo una buca. Riattacca subito, ha fretta di finire. Verificato che la cella di trasmissione del segnale telefonico agganciata da C. Domenico, nel parlare con la moglie, è ubicata in Rho, lo scavo dovrebbe essere nei pressi della loro società. Alle ore 13,17 – conv. 1494 – C. Domenico è ancora al lavoro e alla moglie, che lo chiama, riferisce “..Eh, perché abbiamo fatto la buca, no! ….minchia io alle undici avevo iniziato a coprirla…”. Alle ore 17,32 C. Domenico è ancora al lavoro, nel parlare con il fratello a specifica richiesta, questa volta afferma “ ..No, sto scavando!..”. Alle ore 18,49 i mezzi di C. sono presso La L.S.E. S.p.a. per essere caricati con rifiuti. D.F., raggiunto telefonicamente da A.F. che gli chiede cosa sta facendo, risponde “...mo proprio sto caricando i C.!..” e poi precisa “…eh, C. mo sta portando via laaaaa…..C.T.M……va buò!...lasciamogliela là!…” .
Il 18 giugno 2003 altre conversazioni confermano l’esistenza di un’altra buca ricavata nel terreno nei pressi della loro sede, che sta per essere riempita presumibilmente con altri rifiuti, a conferma che i rifiuti ritirati sia essi presso La L.S.E. o altri soggetti vengono illecitamente smaltiti attraverso il loro tombamento. Alle ore 09,17 – conv 1590 - un tale Gioacchino, allo stato non identificato, lo avverte “…Ti ho portato le macerie, ti ho portato un camion di macerie e le ho messe qua a fianco della buca!…” . Alle successive ore 11.01 nel parlare con il fratello Maurizio che gli chiede cosa stesse facendo afferma “ sopra la pala ora .. (..) no ma che , per la buca ! … ride …”. Altro indizio del carattere illecito dell’attività in esame è la situazione di allarme che si evidenzia nel momento in cui una autovettura, forse accidentalmente, si avvicina nei pressi della buca presso cui sta compiendo i lavori. Immediatamente Domenico chiama Pietro, un suo dipendente, e gli ordina “ ...coprite là, sospendiamo adesso la buca! ..”. Poi l’allarme cessa e i lavori di scavo di altre buche riprendono anche se ispirati a maggior cautela.
Il 20 giugno 2003 gli A. sono nuovamente oggetto di richieste di denaro da parte di C. Domenico e B. Roberto. A. Salvatore dopo reiterate richieste rimanda il tutto all’indomani. Il 21 giugno 2003 A. Salvatore non gli risponde al telefono; il 22 giugno 2003 a seguito di una nuova richiesta gli lascia del denaro in una busta in ditta a sua disposizione.
Il 23 giugno 2003 i mezzi dei C. sono al lavoro, stanno per essere caricati con rifiuti presso La L.S.E.. I rifiuti caricati sono quelli di provenienza dalla ditta CTM, lo precisa D.F. ad A. Salvatore che si sta informando di quanto materiale caricano “ ..Salvatò, quello come vogliono caricare questi, con la roba della C.T.M., caricano 60 – 70 quintali di roba..” A. sollecita D.F. a caricare i mezzi con più rifiuti in quanto le somme di denaro che gli vengono corrisposte per questa attività sono elevate e possono essere giustificate solo da grossi quantitativi di rifiuti prelevati. Ad un eventuale rifiuto A. Salvatore risponde con la minaccia di interrompere il rapporto.
Il 24 giugno 2003 proseguono le richieste di denaro da parte di C. Domenico ad A. Salvatore che incomincia ad apparire più sfuggente del solito e rimanda gli incontri.
Anche C. Antonio, il giorno 25 giugno 2003, sollecita il figlio DOMENICO a recarsi presso la L.S.E. S.p.a. per chiedere il denaro dovuto. A. Salvatore continua a rimandare.
Il 27 giugno 2003 A. Salvatore, si nega nuovamente a C. Domenico. C. Antonio cerca di sollecitare i pagamenti contattando prima A. Salvatore e poi A.F., ma non ci riesce.
Il 29 giugno 2003, C. Antonio, si reca perfino agli uffici della società La L.S.E.. Non trova A. Salvatore. Attraverso il telefono dell’ufficio, Salvatore, raggiunto telefonicamente, gli promette “ …lunedì ti comincio a dare i 4.000 che ti servono urgente e poi se ho un po’ di assegnini ti chiamo e te li do, così…..te li gestisci tu…”
Puntualmente il 30 giugno 2003, C. Antonio chiama A.F. il quale gli fa sapere che non ha ancora un’adeguata disponibilità di denaro e di richiamarlo più tardi. Di questa situazione ne sono al corrente un po’ tutti in ditta. I dipendenti più stretti sanno benissimo che, se non si fa fronte a questi ingenti debiti con i C., gli sbocchi per allontanare, utilmente e clandestinamente, i rifiuti inevitabilmente si interromperanno. Ne è testimonianza la conv. 1767 , avvenuta tra D.F. e A. Antonella, nel corso della quale, mentre Antonella chiede a Michele la disponibilità per ulteriori scarichi di rifiuti da parte della società Briante “ …ha detto che domani ha un bilico di quel granulato di plastica……domani pomeriggio, ti va bene? ..” questi gli fa sapere, riferendosi ad A. Salvatore, “…digli che può sentire Michele…..se lui ha bloccato tutti i carichi….non può più….come mangiarla, no… ”; ennesima conferma, questa, di quanto sia ormai collaudato e “brevettato” il metodo della miscelazione dei rifiuti finalizzato ad impedire la loro identificazione. Infine precisa “..il pulper non me lo fa fare,…di ..C. non ne vengono… “.
Il mancato rispetto degli impegni economici da parte di A. Salvatore nei confronti dei C. determina il loro allontanamento dalla L.S.E. S.p.a.. Infatti successivamente all’installazione della telecamera avvenuta il 2 luglio 2003, non sono state registrate immagini di carichi e trasporti di rifiuti a bordo di mezzi di proprietà della ditta C. Antonio. Spesso, sulle utenze in uso agli indagati, giungono telefonate da parte dei C. che chiedono che il loro debito venga finalmente saldato, senza però ottenere risposte certe dagli interlocutori.

Anche in questo caso, A. Salvatore davanti al GIP in sede di interrogatorio di garanzia confessa pienamente l’esistenza e l’illegalità totale del rapporto con i C.; sua è l’espressione “ultima spiaggia” per indicare il fatto che quando non sapevano come smaltire dei rifiuti illegalmente trovavano sempre la disponibilità per un affare “in nero” ovviamente con i C.. Così anche tutte le intercettazioni inerenti rapporti economici e commerciali hanno per oggetto più o meno occulto conferimenti di rifiuti in modo illegale, con conseguente interramento in siti che persino A. non conosce.
Sempre innanzi il GIP, gli fa eco il figlio Francesco A. che ammette i fatti in contestazione nei rapporti con i C..
Pur non essendo imputati nel presente procedimento, mette conto di osservare che i C. si sono avvalsi della facoltà di non rispondere al GIP e non hanno chiesto di essere interrogati dal PM; nessun argomento di prova a carico degli imputati o dei coimputati può essere tratto dalla scelta del silenzio, se non l’osservazione che da parte loro non sono stati formulati argomenti difensivi che possano essere apprezzati in questa sede.

Capo 5) – La C.F. s.p.a.
L’ultimo episodio in esame è anche uno di quelli, nella sua essenzialità, maggiormente rappresentativi della rete di rapporti personali e della spregiudicatezza degli A. nella gestione illegale dei rifiuti di cui entrano in possesso in grande quantità tramite la loro società L.L. e poi smaltiscono a pagamento nei più diversi modi, tutti illegali e quasi sempre pericolosi se non francamente dannosi per l’ambiente.
Nel capo di imputazione in esame, infatti, si assiste in diretta all’interramento di terre di spazzamento nel cantiere di una ditta che non opera nel settore dello smaltimento dei rifiuti, ma semplicemente sta costruendo un piazzale, sotto il quale vengono scavate le buche e sparso il materiale da smaltire.
Ecco la ricostruzione di palmare evidenza del fatto, come ricostruito dal PM sulla base delle intercettazioni telefoniche e delle osservazioni con le telecamere fisse.

A partire dal 31 luglio 2003, vengono intercettate sulle utenze in uso agli indagati, una serie di conversazioni telefoniche che, hanno portato alla individuazione di un nuovo ed estemporaneo sito di smaltimento illecito di rifiuti : la C.F. S.p.a.. I rifiuti ivi trasportati, costituiti prevalentemente da terra di spazzamento, sono stati illecitamente smaltiti attraverso la loro “tumulazione” come di seguito descritto.
A partire dalle prime ore del mattino del 1° agosto 2003 (n.d.r. la ricostruzione dei fatti è stata resa possibile dalla combinazione delle intercettazioni sulle utenze controllate) è stato possibile accertare che nell’area della C.F. S.p.a. , sono stati interrate ingenti quantità di rifiuti -terre di spazzamento- provenienti e puntualmente prelevate dai box siti nel deposito della La L.S.E. S.p.a. già oggetto di ripresa televisiva da parte della videocamera, in atti, indicata. E’ opportuno ricordare che per le terre di spazzamento non è previsto il recupero ma solo lo smaltimento in discarica controllata; la società le ritira, al prezzo medio di 100 lire al chilo, come si evince dai colloqui intercettati passanti sulle utenze monitorate.
La vicenda inizia il 31 luglio 2003. A. Salvatore chiama il figlio Francesco “ domani mattina devi iniziare in Cartiera.. non devi iniziare.. che cosa devi fare?..”. Francesco senza chiedere alcuna spiegazione, prontamente afferma “ .. si, porto su l’escavatore domani mattina e comincio..” e Salvatore gli indica anche le modalità “… domani mattina prima di partire , tutti e tre i 4 assi…”. A. Salvatore chiede a Francesco A.- a conferma che le operazioni da predisporre riguardano area di proprietà della Cartiere Fornaci S.p.a.- “ … ma Pier Aldo ( ndr C.P.A. ) devo farmi dare le chiavi, cosa devo fare…? “ Risponde affermativamente “ si fattele dare ..”. A.F. dà disposizioni a D.F. Michele sulle concrete modalità operative da adottare ”..per adesso carica quei 4 assi di terra lì ..” e ordina anche di fargli preparare l’escavatore “ .. fai preparare il Comazzo ( ndr la marca dell’escavatore ) … sul carrello che domani mattina lo devo portare in cartiera…”, precisa altresì “ …tanto i quatto assi quando vengono domani mattina, rimangono dentro (…) scaricano ma dopo comincio a scavare dentro là e rimangono dentro …” In un primo momento --come attestato dalle immagine riprese dalla telecamera-- due automezzi vengono caricati con rifiuti ( terre di bonifica ) stoccati nel box nr. 3 (presso L.L. S.E. in Olgiate Olona , Via S. Francesco D’Assisi n12) e il terzo con rifiuti (terre di spazzamento) prelevati dal box nr. 2. Successivamente ad un incontro di persona voluto da A. Salvatore con il figlio Francesco, quest’ultimo chiama D.F., annulla l’ordine precedentemente dato e da altre disposizioni “ carica tutti di spazzatrice va ! “ ; D.F., che nel frattempo ha già caricato i mezzi, “.. si tutti e tre .. massiccio ..! “. E cosi avviene. Le immagini video riprendono fasi di carico-scarico dei mezzi; prima vengono caricati con terre di bonifica e poi con terre di spazzatrice. Talvolta, a conferma che la terra di spazzamento è stoccata esclusivamente nel box nr. 2 , i mezzi vengono caricati esclusivamente con questa tipologia di rifiuto. Al termine delle operazioni di carico dei rifiuti illeciti viene quindi steso uno strato di terra prelevato dal box n° 3.
Alle prime ore dell’alba del 1 agosto 2003-alle ore 04,51- viene registrata la prima telefonata utile tra A.F. e M. Pablo. Tra le ore 05,30 e le ore 06,35, dopo la prima fase di scarico che ha riguardato i mezzi caricati la sera precedente --il luogo di smaltimento si trova nei pressi della società La L.S.E. S.p.a. (n.d.r. la C.F. S.p.a. è ubicata a circa 4 km di distanza)--vengono riprese le operazioni di carico rifiuti per un totale stimato di circa 8 viaggi tutti fatti dagli stessi mezzi di cui alla sera precedente. Tutti i mezzi vengono caricati esclusivamente con terra di spazzamento prelevata dal box n° 2 e poi ricoperti con terre pulite per celarne il contenuto.
A conferma che i rifiuti in questione sono illecitamente smaltiti attraverso la loro “tumulazione”, si riporta quanto affermato da A.F. a D.F. Michele. A.F. nel dare disposizioni su cosa caricare sui mezzi, testualmente dice “ … a Pablo caricaci due tre palate di merda sotto, tanto sto facendo u’ purtusu ( ndr“scavare un buco”) …”,. Poi rassicura anche D.F. “ … si si si tanto non ci stanno problemi.. “
Il 3 agosto 2003 A. Salvatore chiama suo figlio per predisporre ulteriori scarichi presso la C.F. S.p.a. e gli dice “ domani mattina possiamo entrare alle 7 in cartiera perché c’è il lucchetto sotto e arR. VALERIA ( ndr A. ) a toglierlo. Il 4 agosto 2003 vengono predisposti i mezzi per il trasferimento dei rifiuti. Con le modalità più dettagliatamente indicate nella relativa annotazione di polizia giudiziaria –in pratica tutti i camion sono dapprima caricati con terra di spazzamento e poi ricoperti con terra buona--i mezzi iniziano a fare la spola tra L.L. e l’area della C.F. S.p.a.. Al termine della giornata A.F. chiama D.F. Michele, allo scopo di concordare le operazioni per l’indomani, e gli ordina “ .. carica’.. tre quarti spazzatrice e nu paio de’ palate di tutta quella schifezza ..( ..) carica nascosti iah..” . Le riprese video confermano le operazioni di carico con le modalità indicate. Il 5 agosto 2003 le operazioni di trasferimento presso la C.F. S.p.a. proseguono a ritmo incessante. A.F. si trova in Cartiera ed è intento a scavare un buco. Fa un giro di telefonate per conoscere la posizione dei vari autisti che ritardano a raggiungerlo. Questi hanno già caricato i rifiuti e si trovano in attesa fuori dalla cartiera; il cancello non è stato aperto, c’è ancora il lucchetto. Spazientito chiama, tra gli altri, M. per chiedergli la sua posizione e lo sollecita ad arR.re affermando “…qua è franato tutto, io adesso me ne vado, me ne vado fuori…(…) ma a me è franato tutto, devo ricavare un’altra volta..” . A.F. a questo punto chiama il padre per conoscere le motivazioni di questo ritardo e questi raggiunto telefonicamente gli fa sapere che aveva preso accordi diversi sull’orario “ …VALERIA arR. alle 7 meno.. meno un quarto ad aprire il lucchetto, eh!..” A.F. aggiorna M. sulle ragioni del ritardo e questi, perfettamente consapevole di quanto deve accadere nonchè preoccupato che questo disguido possa creare una serie di problemi, invita Francesco ad uscire e gli dice “ e ti si vede là dentro ti vede che hai scava-hai scavato quel buco, se quello viene lì a guardare …” M. mette a conoscenza anche D.F. Michele di questo inconveniente “ ..eh! ancora è chiusa la cartiera , FRANCO è dentro.. e io sto fuori..” , suscitando così l’irritazione di D.F. che si lamenta di essersi alzato presto proprio per far fronte a questa esigenza mentre i diretti interessati ”se la prendono comoda”. Il cancello viene poi aperto e i mezzi iniziano a fare la spola tra i due siti. La telecamera registra le speciali modalità di carico degli stessi. Alle ore 10,25 - conv. 9706 - , A.F. chiama D.F. Michele per fare il punto sulle quantità di terra di spazzatrice ancora in stoccaggio “… com’è.. nella spazzatrice ce n’è proprio vuota, o no? …”. D.F. gli fa sapere che sono a buon punto e A.F., sentite le riposte di D.F., prevede di smaltire un altro buon quantitativo per domani “ ….ma con’ 4 o 5 domani ancora, libera nu’ poco?..”.
Il 6 agosto 2003 le operazioni si ripetono. Dalla ricostruzione dei fatti accaduti e dal riscontro della telecamera, è possibile stimare che vengano effettuati ben 6 trasporti di rifiuti, diretti alla C.F., con i mezzi che si sono alternati tra i due siti. Il 6 agosto 2003 intorno alle ore 09,00 circa A.F. viene raggiunto telefonicamente da P.Salvatore che poi incontrerà presso la società La L.S.E. S.p.a.. Nel pomeriggio M. Pablo, che si trova a bordo di un camion, viene chiamato da A.F. che gli chiede dove sta andando e questi gli risponde “… sto andando a carica Frà …” . A.F., perfettamente a conoscenza di dove si stia recando, gli raccomanda “ ..mi raccomando.. un due dita più basso delle sponde e tutta roba .. non bidoni eh!..” infine prima di chiudere la comunicazione lo esorta nuovamente a mettere la terra sul carico per celare il reale contenuto “… terra sopra eh ! ..”. M. chiede conferma per i fusti (bidoni ) “… niente fusti ?..”. A.F. gli conferma che nel carico non devono esserci fusti e si raccomanda che tale disposizione venga trasmessa anche a P.Salvatore che ha il carico di rifiuti che M. si sta recando a prelevare “… si si diglielo anche tu a SALVA..”. Alle ore 18,00 circa M. effettua il carico dei rifiuti da P.Salvatore. A.F. gli chiede di descrivergli le caratteristiche; M. risponde che si tratta di roba molle e che, nonostante il materiale sia stata già oggetto di una miscelazione, ha mantenuto il suo aspetto.
Il carico, come ripreso dalla telecamera, la mattina del giorno successivo verrà scaricato davanti al box n° 2 e miscelato prima di essere nuovamente caricato con le terre di spazzamento ivi stoccate al fine di renderlo più asciutto. La circostanza è confermata anche da A.F. che alle ore 05,37, (mentre con la ripresa visiva si vede la pala meccanica miscelare i rifiuti) chiede a D.F. Michele “ l’hai impastata nu’ poco ?… “; D.F. conferma l’avvenuta miscelazione. Seguono i trasporti dei rifiuti verso la C.F. S.p.a. confermati anche da un servizio di osservazione svolto nei pressi del sito da parte ad opera dei militari del N.O.E. CC (annotazione di polizia giudiziaria allegata). La conferma del pieno coinvolgimento di C.P.A. ,nell’azione delittuosa appena descritta, arR. alle ore 09.03 – conv. n. 16228 – al termine dei trasferimenti dei rifiuti presso la cartiera. Dalla conversazione emerge anche un altro dato: la particolare natura dei rifiuti interrati, intrisi di pericolose sostanze chimiche maleodoranti. C.P.A.chiama A. Salvatore e lo informa “..eh.. puzza a.. e si sono lamentati la di dietro, eh!…(...) mi han aggiustato quegli altri, io ho cercato di far finta di niente (..) e “coso” fa: eh! ma puzza un pò quella terra lì ostia , la sento.. faccia.. cambiamo l’orario …” invitandolo quindi a cambiare orario per il trasporto dei rifiuti.
Riassumendo, fino alla data del 6 agosto 2003, il flusso dei rifiuti con destinazione C.F. S.p.a., è stato quantificato in circa 30 trasporti effettuati con i mezzi della società Medio Ambiente 2000 S.r.l. (i cd. quattro assi di Francesco) che si sono alternati tra di loro.
La conferma del pieno e consapevole coinvolgimento di C.P.A. negli illeciti smaltimenti di rifiuti presso la C.F. S.p.a. si ha il 10 agosto 2003 – conv. 16649 – quando il C.P.A.chiama A. Salvatore invitandolo ad essere più cauto. L’odore levatosi a seguito degli scarichi illeciti aveva allertato ed attirato l’attenzione dei Carabinieri e della Polizia che avevano effettuato alcuni giri d’ispezione.
Il 12 agosto 2003, vengono registrate alcune conversazioni telefoniche, intervenute tra gli indagati, che ci confermano che, dopo una breve pausa, lo smaltimento illecito dei rifiuti vero la C.F. è stato nuovamente e pienamente riattivato.
Sulla base delle intercettazioni telefoniche e dei servizi di osservazione compiuti (vds le allegate annotazioni dei servizi di videoripresa relative al capo E) dalla PG è possibile quantificare il volume di rifiuti illecitamente smaltiti secondo le seguenti stime:
1 agosto 2003, n. 11 trasporti di rifiuti;
4 agosto 2003, n.3 trasporti di rifiuti ;
5 agosto 2003, n 5 trasporti di rifiuti ;
6 agosto 2003, n. 6 trasporti di rifiuti ;
7 agosto 2003, 5/6 trasporti di rifiuti ;
rifiuti, questi, in parte provenienti dalla E. S.r.l con sede in Limbiate (MI) via Salerno n. 25.

Il fatto in sé a questo punto non ha bisogno di commenti, se non per dire che non deve trarre in inganno il numero limitato di viaggi di camion con le terre di spazzamento e l’unicità del luogo in cui sono state smaltite.
Anche conclusivamente, dopo l’excursus delle illegalità osservate intorno agli A., giova ribadire il concetto iniziale: intorno alla società L.L. si è svolto un immenso traffico illegale di rifiuti, favorito da una vasta rete di rapporti e di complicità, fatta da persone interessate a guadagnare dallo smaltimento illegale e da altri soggetti interessati a liberarsi in fretta e a minor prezzo dei rifiuti prodotti; tutti coadiuvati da trasportatori silenti e compiacenti, anche loro interessati al guadagno più facile deR.nte da attività illegali e “in nero”.

CAPITOLO V
- Le azioni civili, il risarcimento del danno ed il trattamento sanzionatorio

a) Il risarcimento dei danni
“Qualunque fatto doloso o colposo in violazione di disposizioni di legge o di provvedimenti adottati in base a legge che comprometta l’ambiente, ad esso arrecando danno, alterandolo, deteriorandolo, o distruggendolo in tutto o in parte, obbliga l’autore del fatto al risarcimento nei confronti dello Stato. (…) L’azione di risarcimento del danno ambientale, anche se esercitata in sede penale, è promossa dallo Stato, nonché dagli enti territoriali sui quali incidano i beni oggetto del fatto lesivo”.
In materia di danno ambientale e di relativo risarcimento in favore della parte civile legittimata ad agire nel processo penale non si può prescindere dalla norma fondamentale contenuta nell’art. 18 L. 8 luglio 1986 n. 349 sopra citato.
La norma ha definitivamente consacrato l’esistenza del bene “ambiente”, autonomamente sussistente e meritevole di tutela anche civile come bene immateriale, pubblico e fondamentale della comunità nazionale, oltre che di sicuro rango costituzionale.
La norma ha introdotto anche il concetto di tipicità dell’illecito ambientale che sussiste in quanto siano violate leggi o provvedimenti amministrativi adottati in base alla legge e ciò sia avvenuto con dolo o con colpa.
Molte sono le interpretazioni e le tesi che militano in dottrina e giurisprudenza su un settore così innovativo e carico di implicazioni e interessi a tutti i livelli, con aspre e affascinanti schermaglie che coinvolgono la natura e la tipicità dell’illecito, i criteri di imputazione, la forma e la natura del risarcimento, fino alla legittimazione ad agire a tutela del danno ambientale e al diritto ad ottenere ristoro.
In questa sede non destinata ad approfondimenti scientifici, si reputa sufficiente indicare i criteri che si sono condivisi e seguiti al fine del riconoscimento del danno, in capo a determinati soggetti e per quale entità risarcibile.
Si segue, quindi, la nozione di danno ambientale più aderente alla legge, ossia di alterazione, deterioramento o distruzione dell’ambiente, di connotazione patrimoniale, con legittimazione ad agire dello Stato e degli altri Enti Territoriali sui quali incidono i beni oggetto del fatto lesivo, e ciò in ossequio alla ormai stratificata giurisprudenza costituzionale (sent. n. 1162/1988), di legittimità e di merito.
Sempre in ossequio alla più recente giurisprudenza, in fase di affermazione consolidata, si è ritenuta la legittimazione ad agire ed il conseguente diritto ad ottenere un risarcimento per i diritti soggettivi lesi dall’illecito penale ambientale anche delle Associazioni costituite a tutela del bene ambiente ed in primis il WWF Italia, World Wide Fund for Nature. E ciò non in quanto mero portatore di un interesse diffuso, che come tale compete solo allo Stato, unico legittimato ad agire e titolare di un diritto al risarcimento, ma in quanto formazione sociale nella quale si svolge dinamicamente la personalità di ogni uomo, titolare del diritto umano all’ambiente, nonché direttamente vittime di un danno patrimoniale per i costi sostenuti (e resi vani in parte qua) per le attività di promozione della tutela dell’ambiente e prevenzione dei relativi pregiudizi, e non patrimoniale per la frustrazione degli scopi sociali e istituzionali, riconosciuti dalla legge.
Meritano menzione in proposito le due massime fondamentali a cui ci si richiama.
Le associazioni ecologiste sono legittimate alla costituzione di parte civile nei procedimenti per reati che offendono l\'ambiente, anche se non riconosciute ai sensi dell\'art. 13 della legge 8 luglio 1986, n. 349, a condizione che abbiano direttamente subito un danno di natura patrimoniale (come puo\' avvenire per i costi di attivita\' finalizzate a prevenire il pregiudizio ambientale) o non patrimoniale (che puo\' connettersi al discredito deR.nte dalla frustrazione dei fini istituzionali), e non si atteggino semplicemente a soggetti portatori di un interesse diffuso. (In motivazione la Corte ha rilevato come, affinche\' una associazione possa ritenersi titolare di un proprio diritto soggettivo, sia necessario che la tutela dell\'ambiente costituisca il suo essenziale fine statutario, che sia radicata sul territorio anche mediante sedi locali, che rappresenti un gruppo significativo di consociati e che abbia dato prova della continuita\' e della rilevanza del suo contributo alla difesa dell\'ambiente). (Cass. III Sent. 46746 del 02/12/2004)
Ma anche la meno recente:
Il danno ambientale non consiste solo in una "compromissione dell\'ambiente" in violazione delle leggi ambientali, ma anche contestualmente in una"offesa della persona umana nella sua dimensione individuale e sociale". Pertanto, proprio perche\' nel danno ambientale e\' inscindibile l\'offesa ai valori naturali e culturali e la contestuale lesione dei valori umani e sociali di ogni persona la legittimazione processuale non spetta solo ai soggetti pubblici, come Stato, Regione, Province, Comuni, Enti autonomi Parchi Nazionali ecc. (in nome dell\'ambiente come interesse pubblico) ma anche alla persona singola od associata (in nome dell\'ambiente come diritto soggettivo fondamentale di ogni uomo): le Associazioni di protezione dell\'ambiente, ivi comprese quelle a carattere locale non riconosciute ex art. 13 legge 8 luglio 1986, n. 349, possono intervenire nel processo e costituirsi parti civili, in quanto abbiano dato prova di continuita\' della loro azione, aderenza al territorio, rilevanza del loro contributo, ma soprattutto perche\' formazioni sociali nelle quali si svolge dinamicamente la personalita\' di ogni uomo, titolare del diritto umano all\'ambiente. (Fattispecie relativa a ritenuta legittimazione dell\'Associazione Italiana per il WWF). (Cass. III n. 09837 del 19/11/1996).

Nel caso in esame, non sussiste dubbio alcuno che tutti i fatti dolosi commessi dagli imputati ritenuti penalmente responsabili per le ragioni già esposte abbiano violato sia la disciplina amministrativa contenuta nelle fonti di legge primarie, sia i provvedimenti autorizzativi emanati dai competenti enti territoriali, sia ovviamente la normativa penale conseguentemente contestata in questa sede.
Ciò inoltre ha cagionato un manifesto danno ambientale che colpisce tutti i soggetti costituiti parti civili, sia in ragione delle rispettive competenze amministrative, ripartite tra Stato, Regioni, Province e Comuni (competenze e scopi marcatamente frustrati ed offesi dalle condotte degli imputati), sia in ragione dei diritti patrimoniali degli stessi soggetti, che hanno visto il proprio territorio, l’aria, l’acqua e le infrastrutture deteriorate o alterate.
Analogamente per le ragioni e nei limiti sopra indicati nel richiamo alla giurisprudenza di legittimità, compete un diritto al risarcimento dei danni alla costituita parte civile WWF Italia.
Quanto alle modalità di liquidazione del danno e individuazione dell’importo del risarcimento, si sono seguiti due criteri, entrambi contemplati dalla legge.
Salvo l’eccezione che segue, nei confronti dell’Associazione WWF Italia e degli enti territoriali che si sono costituiti parte civile si è ritenuto che non fosse possibile una precisa quantificazione del danno, nei termini di cui al VI comma dell’art. 18 cit., poiché a distanza di qualche anno, in assenza di eventi materiali attualmente misurabili o di spese certe sostenute per interventi di bonifica o di ripristino ed in presenza anche di una certa possibile sovrapposizione di competenze tra gli enti territoriali, la lesione al bene ambiente così come la lesione dei diritti soggettivi delle parti civili direttamente lesi non appare oggi esattamente traducibile in termini economici.
Al contrario, i Comuni di Fino Mornasco, Fagnano Olona e Gorla Maggiore nei confronti di A.F. vantano anche delle pretese risarcitorie relative a condotte e ad eventi lesivi che hanno inciso sul territorio comunale secondo modalità e con conseguenze misurabili; in tali casi, in difetto della prova completa sul quantum, si è ritenuto di formulare una condanna generica con provvisionale immediatamente esecutiva e rinvio al separato giudizio civile per la determinazione dell’intero.
Per tutte le condanne al risarcimento dei danni in via equitativa, si è tenuto conto della gravità e dell’intensità lesiva del fatto commesso e della misura della condotta concorrente individuale, nonché dell’intensità della responsabilità soggettiva dolosa e tutto in rapporto agli effetti sul territorio di ogni singola parte civile. Da qui, a titolo di esempio, il modesto risarcimento dei danni nei confronti della Regione Lombardia a carico di C. Pierpaolo, la cui condotta ha maggiormente inciso su territori diversi di soggetti non costituiti parte civile. In senso uguale e contrario, ci si è determinati per le consistenti condanne ad una provvisionale in favore del Comune di Gorla Maggiore o in via equitativa in favore del Comune di Olgiate Olona a carico di A.F. per il forte impatto delle sue condotte nell’ambito di quei Comuni.

b) Il trattamento sanzionatorio e le altre decisioni accessorie
In punto di commisurazione della pena, è bene precisare che sono state riconosciute le circostanze attenuanti generiche agli imputati C., D., R., S.P., V.L.e V.D.in ragione della incensuratezza e del fatto che i delitti da loro commessi costituiscono deviazioni e abusi a fini di ulteriore profitto dell’attività professionale lecita già svolta, ma non denotano una particolare pericolosità o propensione al delitto o ancora una personalità criminale spiccata.
Al contrario, le attenuanti generiche non possono essere riconosciute in favore di A.F. e di C.G., sia perché entrambi gravati da precedenti penali anche specifici, sia perché la deviazione e la strumentalizzazione dell’attività professionale anche a loro contestata appare particolarmente intensa, reiterata e sistematica. Per A. è sufficiente richiamare il numero di episodi a suo carico ed il fatto che la società L.L. appartenente a lui e alla sua famiglia è risultata esercitare un’attività imprenditoriale sistematicamente dedita allo smaltimento illecito di rifiuti su richiesta e a disposizione di chiunque. Per C.G.si osserva che – precedenti penali specifici a parte – egli è risultato comunque l’”erede” della gestione illegale niente meno che di una discarica pubblica di enorme importanza qual è la discarica di Gorla Maggiore.
La sistematicità e l’interconnessione delle condotte contestate in violazione delle stesse norme di legge ed in un arco temporale circoscritto, da parte di soggetti già appartenenti all’ambiente professionale dello smaltimento dei rifiuti, consentono di affermare con certezza la sussistenza di un medesimo disegno criminoso che ha mosso gli imputati a cui è stata contestata una pluralità di condotte.

Per A.F., ritenuto più grave il delitto di cui all’art. 53 bis Decreto Ronchi rispetto alla contestata corruzione, alla luce dei criteri di cui all’art. 133 c.p. e tenuto conto in concreto che la pena complessivamente irrogata deve rappresentare il ruolo primario dell’imputato e sanzionare l’attività di sistematico sviamento dell’attività imprenditoriale lecita anche al fine di coprire una serie indeterminata di attività illecite, si reputa equo determinare la pena base in anni tre di reclusione; aumentati di mesi due per ciascuna violazione dell’art. 53 bis cit. e di mesi quattro per la corruzione sub capo 17), fino al totale di anni quattro e mesi sei di reclusione.

Per C. Pierpaolo, D.M.N.Marco e V.L. la pena può essere determinata in misura uguale, poiché tutti e tre sono importati operatori o imprenditori del settore che si sono accordati a pari titolo per realizzare un colossale circuito di rifiuti urbani da smaltire illegalmente per chiari fini di profitto. Ritenuto quindi più grave il delitto contestato sub capo 10), per la vastità e la gravità del fenomeno, alla luce dei criteri di cui all’art. 133 c.p., si reputa equo comminare la pena base di anni tre di reclusione; diminuita ad anni due di reclusione per l’applicazione delle circostanze attenuanti generiche; aumentata di mesi sei per ciascuno dei due reati uniti dal vincolo della continuazione, fino al totale di anni tre di reclusione.

Per C.G., in ragione del ruolo di supporto per la sola discarica di Gorla alla più vasta attività degli A. – ruolo certamente importante ma servente rispetto a quello dei titolari della società L.L. - si reputa equo introdurre una distinzione in suo favore, comminando la pena di anni due e mesi sei per il più grave delitto sub capo 6), con aumento di mesi tre di reclusione per ciascuno degli altri due delitti in continuazione, fino al totale di anni tre di reclusione.

R.A. risponde solo del delitto sub capo 8), riqualificato ai sensi dell’art. 51 del Decreto Rochi, che è una fattispecie contravvenzionale. Alla luce dei criteri di cui all’art. 133 c.p., si reputa equo comminare la pena di anni uno e mesi sei di arresto e 18.000,00 Euro di ammenda, diminuita ad anni uno di arresto e 12.000,00 Euro di ammenda per le attenuanti generiche.

S.P. è responsabile del solo capo 14) e la pena deve essere commisurata secondo gli stessi criteri di C., V.L.e D., ossia tenendo conto del ruolo di imprenditore del settore, che si è intromesso in un circuito illecito di rifiuti a fini di profitto e approfittando della propria posizione come schermo formale dell’attività illecita. Pertanto, la pena base deve essere anche per lui commisurata in anni tre di reclusione e diminuita ad anni due di reclusione per le attenuanti generiche.

V.D., infine, merita una considerazione a parte poiché, tra gli imputati di questo procedimento, è l’unico che svolge un ruolo secondario alle dipendenze degli A., semplicemente eseguendo trasporti illeciti di rifiuti. Come già visto egli è ben consapevole delle violazioni da lui poste in essere materialmente in concorso con gli A., anche perché la sua non è un’attività di trasporto estemporanea. La pena base per il più graV.po 6), tenuto conto delle circostanze esposte alla luce dei criteri di cui all’art. 133 c.p., può essere equamente determinata in anni uno e mesi sei di reclusione; diminuita ad anni uno per le attenuanti generiche ed aumentata di mesi tre per ciascuno degli altri due delitti in continuazione, fino al totale di anni uno e mesi sei di reclusione.
Per tutti gli imputati la pena così determinata deve essere ridotta di un terzo per la scelta del rito abbreviato, come in dispositivo.

Alla condanna penale seguono per legge:
- per tutti gli imputati l’obbligo al pagamento in solido tra loro delle spese processuali;
- per A.F. l’interdizione dai pubblici uffici per la durata di anni cinque;
- per tutti gli imputati l’interdizione dall’esercizio delle professioni per le quali è prevista autorizzazione, abilitazione o licenza dal D. L.vo n. 22/1997; dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese; l’incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione;
tutti per la durata di anni due.

In ragione della misura della prima pena inflitta e della prognosi positiva in ordine alla futura astensione dal commettere delitti, la pena può essere sospesa per la durata di anni cinque nei confronti di C.P.P., D.M.N., R.A., S.P., V.L. e V.D..
Poiché, come sopra più volte ribadito, i delitti ed i conseguenti danni sono stati commessi nell’ambito di attività professionali e imprenditoriali, sviandone gli scopi e violando le discipline specifiche a fini di profitto, la sospensione condizionale della pena deve essere condizionata all’adempimento degli obblighi risarcitori rispettivamente incombenti sugli imputati, entro il termine di anni uno dal passaggio in giudicato della sentenza di condanna.

Infine, in data 16.12.2003 il GIP del Tribunale di Milano aveva disposto il sequestro preventivo degli automezzi di V.L., da questi utilizzati per effettuare i trasporti di rifiuti dalla Campania alla S di C. e quindi a L.L. s.p.a.. Tali mezzi costituiscono quindi in modo affatto inequivocabile il mezzo attraverso il quale è stato commesso il reato contestato al V.L.e pertanto sono corpo del reato soggetto a confisca ai sensi dell’art. 240 I comma c.p.. Si ritiene inoltre applicabile anche il disposto dell’art. 53 comma II del Decreto Ronchi, che prevede la confisca obbligatoria dei mezzi di trasporto utilizzati per commettere i reati di traffico illecito di rifiuti di cui al I comma del medesimo articolo. La norma non si ripete nell’articolo 53 bis immediatamente seguente, ma la natura di reato complesso o abituale del delitto in questione, in cui la contravvenzione di cui all’art. 53 è eventuale (e nel caso di specie anche sussistente) elemento di fattispecie consente l’applicazione della confisca obbligatoria anche per i delitti ex art. 53 bis cit..

La complessità della materia, la mole degli atti processuali, il numero degli imputati e delle imputazioni consentono la fissazione di un termine per il deposito della motivazione di giorni 90, ai sensi dell’art. 544 c.p.p. applicabile anche in sede di giudizio abbreviato.




P.Q.M.
visti gli articoli 438, 533, 535 e c.p.p.
DICHIARA
A.F. colpevole dei reati a lui ascritti sub capi 1), 2), 3), 4), 5), 6), 10), 17), ritenuta la continuazione tra i reati, applicata la diminuente per il rito, lo condanna alla pena della reclusione di anni tre;

C.P.P. colpevole dei reati a lui ascritti ai capi 10), 14) e 15), ritenuta la continuazione tra i reati, riconosciute in suo favore le circostanze attenuanti generiche, applicata la diminuente per il rito, lo condanna alla pena della reclusione di anni due;

C.G. colpevole dei reati a lui ascritti ai capi 1), 6) e 16), ritenuta la continuazione tra i reati, applicata la diminuente per il rito, lo condanna alla pena della reclusione di anni due;

D.M.N. colpevole dei reati a lui ascritti ai capi 10), 14) e 15), ritenuta la continuazione tra i reati, riconosciute in suo favore le circostanze attenuanti generiche, applicata la diminuente per il rito, lo condanna alla pena della reclusione di anni due;

R.A. colpevole del reato a lui ascritto sub capo 8), previa riqualificazione della condotta ai sensi dell’art. 51 D. L.vo 22/1997, riconosciute in suo favore le circostanze attenuanti generiche, applicata la diminuente per il rito, lo condanna alla pena dell’arresto di mesi otto;

S.P. colpevole del reato a lui ascritto sub capo 14) riconosciute in suo favore le circostanze attenuanti generiche, applicata la diminuente per il rito, lo condanna alla pena della reclusione di anni uno;

V.L. colpevole dei reati a lui ascritti ai capi 10), 14) e 15), ritenuta la continuazione tra i reati, riconosciute in suo favore le circostanze attenuanti generiche, applicata la diminuente per il rito, lo condanna alla pena della reclusione di anni due;

V.D. colpevole dei reati a lui ascritti ai capi 1), 5) e 6), ritenuta la continuazione tra i reati, riconosciute in suo favore le circostanze attenuanti generiche, applicata la diminuente per il rito, lo condanna alla pena della reclusione di anni uno;

CONDANNA
Tutti i predetti imputati in solido tra loro al pagamento delle spese processuali e pro quota di mantenimento in carcere;

CONDANNA INOLTRE

A.F. al risarcimento dei danni subiti dalla parte civile costituita:
- Regione Lombardia, che liquida in via equitativa in € 10.000,00, nonché alla rifusione delle spese di costituzione che liquida in € 1000,00 in favore dell’Avv. Viviana Fidani dell’Avvocatura Regionale, oltre spese a forfait nella misura di Euro 125,00, IVA e CPA di legge;
- Provincia di Milano, che liquida in via equitativa in € 3.000,00, nonché alla rifusione delle spese di costituzione che liquida in € 630,00 per diritti onorari, oltre a € 190,00 di spese vive e spese a forfait nella misura di Euro 78,75, IVA e CPA di legge in favore dell’Avv. Angela Bartolomeo dell’Avvocatura Provinciale;
- Provincia di Varese, che liquida in via equitativa in € 3.000,00, nonché alla rifusione delle spese di costituzione che liquida in € 1.000,00 in favore dell’Avv. Tiziano Fracchia oltre spese a forfait nella misura di Euro 125,00, IVA e CPA di legge;
- Comune di Olgiate Olona, che liquida in via equitativa in € 30.000,00, nonché alla rifusione delle spese di costituzione che liquida in € 1.000,00 in favore dell’Avv. Tiziano Fracchia oltre spese a forfait nella misura di Euro 125,00, IVA e CPA di legge;
- Comune di Fino Mornasco, da liquidarsi in separata sede con condanna ad una provvisionale immediatamente esecutiva di € 15.000,00, nonché alla rifusione delle spese di costituzione che liquida in € 1.000,00 in favore dell’Avv. Aldo Turconi oltre spese a forfait nella misura di Euro 125,00, IVA e CPA di legge;
- Comune di Fagnano Olona, da liquidarsi in separata sede con condanna ad una provvisionale immediatamente esecutiva di € 15.000,00, nonché alla rifusione delle spese di costituzione che liquida in € 1.000,00 in favore dell’Avv. Tiziano Fracchia oltre spese a forfait nella misura di Euro 125,00, IVA e CPA di legge;
- Comune di Gorla Maggiore, da liquidarsi in separata sede con condanna ad una provvisionale immediatamente esecutiva di € 30.000,00,nonché alla rifusione delle spese di costituzione che liquida in € 1.000,00 in favore dell’Avv. Tiziano Fracchia oltre spese a forfait nella misura di Euro 125,00, IVA e CPA di legge;
- WWF, che liquida in via equitativa in € 5.000,00, nonché alla rifusione delle spese di costituzione che liquida in € 1.000,00 in favore dell’Avv. Claudio Linzola oltre spese a forfait nella misura di Euro 125,00, IVA e CPA di legge;
C.P.P. al risarcimento dei danni subiti dalla parte civile costituita:
- Regione Lombardia, che liquida in via equitativa in € 5.000,00, nonché alla rifusione delle spese di costituzione che liquida in € 1.000,00 in favore dell’Avv. Viviana Fidani dell’Avvocatura Regionale oltre spese a forfait nella misura di Euro 125,00, IVA e CPA di legge;
- Provincia di Milano, che liquida in via equitativa in € 3.000,00, nonché alla rifusione delle spese di costituzione che liquida in € 630,00 per diritti onorari, oltre a € 190,00 di spese vive e spese a forfait nella misura di Euro 78,75, IVA e CPA di legge in favore dell’Avv. Angela Bartolomeo dell’Avvocatura Provinciale;
- WWF, che liquida in via equitativa in € 3.000,00, nonché alla rifusione delle spese di costituzione che liquida in € 1.000,00 in favore dell’Avv. Claudio Linzola oltre spese a forfait nella misura di Euro 125,00, IVA e CPA di legge;
C.G. al risarcimento dei danni subiti dalla parte civile costituita:
- Regione Lombardia, che liquida in via equitativa in € 10.000,00, nonché alla rifusione delle spese di costituzione che liquida in € 1.000,00 in favore dell’Avv. Viviana Fidani dell’Avvocatura Regionale oltre spese a forfait nella misura di Euro 125,00, IVA e CPA di legge;
- Provincia di Varese, che liquida in via equitativa in € 3.000,00, nonché alla rifusione delle spese di costituzione che liquida in € 1.000,00 in favore dell’Avv. Tiziano Fracchia oltre spese a forfait nella misura di Euro 125,00, IVA e CPA di legge;
- WWF, che liquida in via equitativa in € 5.000,00, nonché alla rifusione delle spese di costituzione che liquida in € 1.000,00 in favore dell’Avv. Claudio Linzola oltre spese a forfait nella misura di Euro 125,00, IVA e CPA di legge;
- Comune di Olgiate Olona, che liquida in via equitativa in € 3.000,00, nonché alla rifusione delle spese di costituzione che liquida in € 1.000,00 in favore dell’Avv. Tiziano Fracchia oltre spese a forfait nella misura di Euro 125,00, IVA e CPA di legge;
D.M.N. al risarcimento dei danni subiti dalla parte civile costituita:
- Regione Lombardia, che liquida in via equitativa in € 5.000,00, nonché alla rifusione delle spese di costituzione che liquida in € 1.000,00 in favore dell’Avv. Viviana Fidani dell’Avvocatura Regionale oltre spese a forfait nella misura di Euro 125,00, IVA e CPA di legge;
- Provincia di Milano, che liquida in via equitativa in € 3.000,00, nonché alla rifusione delle spese di costituzione che liquida in € 630,00 per diritti onorari, oltre a € 190,00 di spese vive e spese a forfait nella misura di Euro 78,75, IVA e CPA di legge in favore dell’Avv. Angela Bartolomeo dell’Avvocatura Provinciale;
- WWF, che liquida in via equitativa in € 3.000,00, nonché alla rifusione delle spese di costituzione che liquida in € 1.000,00 in favore dell’Avv. Claudio Linzola oltre spese a forfait nella misura di Euro 125,00, IVA e CPA di legge;
R.A. al risarcimento dei danni subiti dalla parte civile costituita:
- Regione Lombardia, che liquida in via equitativa in € 4.000,00, nonché alla rifusione delle spese di costituzione che liquida in € 1.000,00 in favore dell’Avv. Viviana Fidani dell’Avvocatura Regionale oltre spese a forfait nella misura di Euro 125,00, IVA e CPA di legge;
- Provincia di Varese, che liquida in via equitativa in € 2.000,00, nonché alla rifusione delle spese di costituzione che liquida in € 1.000,00 in favore dell’Avv. Tiziano Fracchia oltre spese a forfait nella misura di Euro 125,00, IVA e CPA di legge;
- Comune di Olgiate Olona, che liquida in via equitativa in € 3.000,00, nonché alla rifusione delle spese di costituzione che liquida in € 1.000,00 in favore dell’Avv. Tiziano Fracchia oltre spese a forfait nella misura di Euro 125,00, IVA e CPA di legge;
- WWF, che liquida in via equitativa in € 1.000,00, nonché alla rifusione delle spese di costituzione che liquida in € 1.000,00 in favore dell’Avv. Claudio Linzola oltre spese a forfait nella misura di Euro 125,00, IVA e CPA di legge;
S.P. al risarcimento dei danni subiti dalla parte civile costituita:
- Regione Lombardia, che liquida in via equitativa in € 4.000,00, nonché alla rifusione delle spese di costituzione che liquida in € 1.000,00 in favore dell’Avv. Viviana Fidani dell’Avvocatura Regionale oltre spese a forfait nella misura di Euro 125,00, IVA e CPA di legge;
- WWF, che liquida in via equitativa in € 1.000,00, nonché alla rifusione delle spese di costituzione che liquida in € 1.000,00 in favore dell’Avv. Claudio Linzola oltre spese a forfait nella misura di Euro 125,00, IVA e CPA di legge;
V.D. al risarcimento dei danni subiti dalla parte civile costituita:
- Regione Lombardia, che liquida in via equitativa in € 4.000,00, nonché alla rifusione delle spese di costituzione che liquida in € 1.000,00 in favore dell’Avv. Viviana Fidani dell’Avvocatura Regionale oltre spese a forfait nella misura di Euro 125,00, IVA e CPA di legge;
- Provincia di Varese, che liquida in via equitativa in € 3.000,00, nonché alla rifusione delle spese di costituzione che liquida in € 1.000,00 in favore dell’Avv. Tiziano Fracchia oltre spese a forfait nella misura di Euro 125,00, IVA e CPA di legge;
- Comune di Olgiate Olona, che liquida in via equitativa in € 3.000,00, nonché alla rifusione delle spese di costituzione che liquida in € 1.000,00 in favore dell’Avv. Tiziano Fracchia oltre spese a forfait nella misura di Euro 125,00, IVA e CPA di legge;
- Comune di Fagnano Olona, che liquida in via equitativa in € 1.000,00, nonché alla rifusione delle spese di costituzione che liquida in € 1.000,00 in favore dell’Avv. Tiziano Fracchia oltre spese a forfait nella misura di Euro 125,00, IVA e CPA di legge;
- Comune di Gorla Maggiore, che liquida in via equitativa in € 1.000,00, nonché alla rifusione delle spese di costituzione che liquida in € 1.000,00 in favore dell’Avv. Tiziano Fracchia oltre spese a forfait nella misura di Euro 125,00, IVA e CPA di legge;
- WWF, che liquida in via equitativa in € 1.000,00, nonché alla rifusione delle spese di costituzione che liquida in € 1.000,00 in favore dell’Avv. Claudio Linzola oltre spese a forfait nella misura di Euro 125,00, IVA e CPA di legge;
V.L. al risarcimento dei danni subiti dalla parte civile costituita:
- Regione Lombardia, che liquida in via equitativa in € 5.000,00, nonché alla rifusione delle spese di costituzione che liquida in € 1.000,00 in favore dell’Avv. Viviana Fidani dell’Avvocatura Regionale oltre spese a forfait nella misura di Euro 125,00, IVA e CPA di legge;
- WWF, che liquida in via equitativa in € 3.000,00, nonché alla rifusione delle spese di costituzione che liquida in € 1.000,00 in favore dell’Avv. Claudio Linzola oltre spese a forfait nella misura di Euro 125,00, IVA e CPA di legge;

visti gli articoli 29, 30, 32 bis e 32 ter c.p.
DICHIARA
A.F. interdetto dai pubblici uffici per la durata di anni cinque;
A.F., C.P.P., C.G., D.M.N., R.A., S.P., V.L. e V.D.
- interdetti dall’esercizio delle professioni per le quali è prevista autorizzazione, abilitazione o licenza dal D. L.vo n. 22/1997,
- interdetti dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese;
- incapaci di contrattare con la pubblica amministrazione;
tutti per la durata di anni due;

visti gli articoli 163 e ss. c.p.
ORDINA
La sospensione condizionale della pena inflitta a C.P.P., D.M.N., R.A., S.P., V.L. e V.D.;
visto l’art. 165 c.p.
DISPONE
Che la sospensione condizionale della pena sia subordinata all’adempimento degli obblighi risarcitori sopra rispettivamente determinati, entro il termine di anni uno.

visti gli articoli 240 e ss. c.p.
ORDINA
La confisca degli automezzi sequestrati a V.L. con decreto di sequestro preventivo del GIP di Milano in data 16.12.2003;

visti gli articoli 438 e 530 II comma c.p.p.
ASSOLVE
A.F., F.F. e M.P.P. dai reati a loro ascritti sub capi 11) e 12) perché il fatto non sussiste;
B.G. e P.P. dal reato a loro ascritto sub capo 15) perché il fatto non costituisce reato;

- fissa in giorni 90 il termine per il deposito della motivazione;

MANDA
alla cancelleria per quanto di competenza


Milano, lì 23 marzo 2006

Il giudice
Dr. Simone Luerti