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Tribunale di Bari - Sez. I - sent. 9 ottobre 2003
Rifiuti speciali. Terre e rocce

Si ringrazia il dott. N. GIRARDI per la segnalazione

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Fatto e diritto
Con decreto del 19 dicembre 2001 R. G., R. P., F. R. e M. M. sono stati tratti a giudizio dinanzi a questo Tribunale per rispondere dei reati di abbandono incontrollato di rifiuti e di realizzazione di discarica non autorizzata, come meglio enunciato nel capo d'imputazione riportato in epigrafe.
Alla udienza del 13 maggio 2003 è stato aperto il dibattimento ed ammesse le richieste di prova avanzate dalle parti.
Alla udienza del 23 settembre 2003 è stato esaminato il teste G. L..
Nella udienza odierna, dopo l'esame dei testi a discarico R. E. e S. L. e la indicazione degli atti utilizzabili per la decisione, il Pm ed il difensore hanno formulato ed illustrato le conclusioni trascritte in epigrafe.
In punto di fatto è dimostrato dalle deposizioni di G. L., ufficiale della Polizia Municipale di Bari, e dei testi a discarico, nonché dai verbali di sequestro dei mezzi e dell'area asseritamente adibita a discarica, che il giorno 25 maggio 1999 due autocarri, rispettivamente condotti da F. R. e da M. M. - dipendenti della R. G. e P. snc - scaricarono del materiale di risulta su di un suolo di proprietà della stessa predetta impresa di costruzioni legalmente rappresentata e gestita dagli imputati G. e P. R.. Risulta, altresì, dalle prove anzidette, nonché dai rilievi fotografici effettuati dalla Polizia Municipale all'atto del sequestro, che l'area di proprietà dei R. era già interessata dall'accumulo di materiale analogo a quello scaricato dai due autocarri.
Queste circostanze non sono state oggetto di contestazione da parte del difensore degli imputati il quale, peraltro, ha invocato l'applicazione delle più recenti modifiche alla normativa sui rifiuti, segnatamente le novelle introdotte dagli articoli 10 della legge 93/2001 ed 1 commi 17-19 della legge 443/01, per affermare che la contravvenzione ex articolo 51 contestata ai R. non è configurabile a carico di chi riutilizzi le terre e le rocce da scavo per reinterri e riempimenti.
Orbene, l'articolo 10 cit. ha novellato l'articolo 8 del D.Lgs 22/1997 (c.d. decreto Ronchi) introducendo (anche) la lettera f-bis) che esclude dal campo di applicazione del decreto stesso le terre e le rocce da scavo destinate all'effettivo utilizzo per reinterri, riempimenti...
L'articolo 1 della citata legge 443 (c.d. legge obiettivo) ha inteso fornire una interpretazione autentica della lettera fbis) appena introdotta e dell'articolo 7 comma III lettera b) del D.Lgs 22 che classifica ed elenca i rifiuti e dispone che sono rifiuti speciali quelli derivanti dalle attività di demolizione, costruzione, nonché i rifiuti pericolosi che derivano dalle attività di scavo; al fine indicato, il comma XVII dell'articolo 1 in esame chiarisce che le terre e le rocce da scavo, anche di gallerie, non costituiscono rifiuti e sono, perciò, escluse dall'ambito di applicazione del medesimo decreto legislativo.
Alla luce del tenore letterale delle norme in rassegna non sembra seriamente contestabile che la esclusione dall'ambito di applicazione del D.Lgs 22/1997, ed addirittura la estromissione dal concetto di rifiuto, riguardi esclusivamente "le terre e le rocce da scavo" e non anche "i rifiuti derivanti dalle attività di demolizione e costruzione".
La interpretazione letterale del novellato articolo 8 e delle norme interpretative citate, inoltre, è in sintonia con l'articolo 6 lettera a) del D.Lgs 22 che, ai fini della definizione oggettiva della nozione di rifiuto, rimanda alla elencazione delle categorie riportate nell'allegato A del decreto; ebbene, l'elenco codice 17 dell'allegato A, intitolato rifiuti di costruzione e demolizione (compresa la costruzione di strade) ricomprende, tra l'altro, "...cemento, mattoni, mattonelle, ceramiche, materiali di gesso, materiale da costruzione a base di amianto, plastica, asfalto, catrame, prodotti catramosi, terra, rocce, rifiuti misti di costruzione e demolizione..."; poiché le novelle legislative in esame non hanno modificato né l'articolo 6 lettera a), né l'allegato A), tutti i materiali sopra elencati, e cioè quelli derivanti dalle attività di demolizione e costruzione che non siano terre e rocce da scavo in senso stretto, vanno considerati rifiuti ed inclusi nel campo di applicazione del D.Lgs 22.
Si osserva, ancora, che la definizione restrittiva della categoria "terre e rocce da scavo" è l'unica conforme alla Costituzione. Si rammenta, infatti, che il D.Lgs 22/1997 fu emanato in attuazione della legge 146/94 (legge comunitaria) che conteneva la delega per l'attuazione della direttiva comunitaria n. 91/156 in materia di rifiuti; i rifiuti da attività di costruzione e demolizione rientrano nell'elenco, peraltro meramente esemplificativo, di cui all'allegato I della direttiva e, invero, l'articolo 38 della legge comunitaria, per esempio, dispone che la normativa delegata debba prevedere che "i rifiuti inerti provenienti da costruzioni e da demolizioni non possano essere riutilizzati attraverso l'immissione diretta nell'ambiente...", in tal modo esplicitamente ricomprendendo tra i rifiuti i materiali provenienti da costruzioni e demolizioni.
In definitiva, una interpretazione della categoria "terre e rocce da scavo" di portata estensiva, cioè tale da includervi genericamente tutti i rifiuti provenienti dall'attività di costruzione, determinerebbe la illegittimità costituzionale del D.Lgs 22 e delle sue norme interpretative per violazione dell'articolo 11 della Costituzione che assegna prevalenza al diritto comunitario sull'ordinamento interno.
Nel senso della differenza ontologica tra le terre e le rocce da scavo e i materiali da demolizione e costruzione è orientata anche la Suprema corte che ha di recente sentenziato che anche dopo la entrata in vigore della legge 443/01 continuano a costituire rifiuti speciali, ai sensi dell'articolo 7 comma III lettera b) D.Lgs 22/1997, quelli derivanti da attività di demolizione e costruzione che, incidendo su edifici, sono strutturalmente diverse dall'attività di scavo che incide su terreni e per i cui prodotti soltanto l'articolo 1 comma 17 della citata legge 443 prevede la esclusione dall'ambito di applicazione del D.Lgs 22 che li considerava rifiuti speciali o pericolosi (Cassazione Sezione terza, 7430/02; in senso conforme: Sezione terza 16012/03; sulla non riconducibilità del materiale cementizio e dell'asfalto alla categoria "terre e rocce da scavo" cfr. Sezione terza, 8936/03).
Detto ciò, si tratta di stabilire la esatta consistenza del materiale scaricato dagli autocarri e di quello già accumulato nell'area.
La testimonianza del G., le annotazioni del verbale di sequestro dell'area e la documentazione fotografica provano univocamente che sul suolo ubicato in via Torre Tresca - gen. Bellomo era stato abbandonato anche (misto alla terra ed alle rocce) materiale di risulta vario contenente tufo, asfalto, mattoni, basole di pietra, tubi di pvc, di metallo e di amianto, insomma rifiuti di demolizione e di costruzione.
Queste risultanze non sono contraddette dalle testimonianze dei testi R. e S.; i rapporti di parentela, di affari e di lavoro che legano questi testi agli imputati impongono di valutare con cautela le affermazioni relative alla provenienza dei rifiuti ed alla loro destinazione ai reinterri. Ed infatti, le loro deposizioni sono tutt'altro che decisive, perché entrambi, avendo una conoscenza meramente amministrativa e cartacea della movimentazione dei rifiuti (nessuno dei due ha mai visitato l'area di Torre Tresca), ignorano quale fosse la provenienza del materiale di risulta ivi accumulato, quale la esatta composizione dei rifiuti, quale la loro effettiva destinazione; è, di contro, affatto verosimile che in via Torre Tresca siano stati abbandonati anche i materiali delle demolizioni e delle costruzioni in quanto la impresa R., giusta quanto riferito dalla teste R., esercita anche l'attività di costruzione edile e nel periodo in cui si verificarono i fatti per cui è processo erano contemporaneamente aperti più cantieri di questo tipo.
Quanto alla documentazione allegata alla memoria difensiva del 12 maggio 2003, la stessa appare insignificante non essendo per certo riferibile ai rifiuti abbandonati nell'area.
In definitiva, la natura mista del materiale accumulato - si ripete composto da terre e rocce da scavo e, in misura sostanziale da materiale di costruzioni e demolizioni (significative le foto alle pagg. 37, 40, 41 e 43) - impone di classificarlo come rifiuto speciale rientrante nel campo di applicazione del D.Lgs 22.
Ma vi è di più. Il composto eterogeneo accumulato nell'area non può beneficiare dello speciale regime previsto dalla "legge obiettivo" anche perché non ne è dimostrata la destinazione all'effettivo utilizzo. Giova ricordare che, ai sensi del più volte citato articolo 10 della legge 93/2001, la esclusione delle terre e delle rocce da scavo dal campo di applicazione del "decreto Ronchi" è condizionato alla loro destinazione all'effettivo utilizzo, concetto esplicato dal comma XIX dell'articolo 1 della "legge obiettivo".
Orbene, che i cumuli di materiale rinvenuti dalla Polizia municipale di Bari fossero destinati al riempimento delle escavazioni fatte dalla impresa R. appaltatrice delle opere per l'Eaap non è certo provato dalle testimonianze a discarico per la genericità di cui si è detto: i testi non hanno saputo riferire quali o quanti cantieri fossero attivi in quel periodo, quale la entità degli scavi, dove si fosse deciso di utilizzare il materiale accumulato; né per la ragione esposta soccorre al riguardo l'anodina documentazione versata in atti dal difensore: le copie delle due schede di accertamento lavori Eaap riguardano lavori di modesta consistenza (2 o 3 metri di scavo e svellimento), come tali incompatibili con la notevole quantità di rifiuti accumulati nell'area, mentre le copie dei formulari d'identificazione dei rifiuti si riferiscono a epoche non coincidenti (addirittura successive) con quella del sequestro dell'area e hanno per oggetto, non terre da scavo, ma "rifiuti misti di demolizioni e costruzioni".
La asserita destinazione all' effettivo utilizzo è smentita, infine, dalla situazione obiettiva dei luoghi; come risultante dal verbale di sequestro e come riferito dal G., l'accumulo copriva un area di dimensioni considerevoli (m. 100 x 65 x 30 x 86) e i cumuli, in altezza, superavano anche un metro. A ciò si aggiunga che, secondo quanto riferito dal teste, essi erano coperti in parte dalla vegetazione, sicché è legittimo inferire che il materiale abbandonato, verosimilmente eccedente le necessità di riempimento delle escavazioni Eaap in allora aperte, era stato stoccato lì da qualche tempo senza una già divisata destinazione al riutilizzo.
Questa condotta non rientra certo nel concetto di effettivo utilizzo perché in tal caso le norma interpretativa della legge obiettivo avrebbe legittimato i titolari di imprese che producono o gestiscono terre e rocce da scavo a realizzarne, senza autorizzazione, delle discariche solo che alleghino l'intento di un futuro imprecisato reimpiego nel proprio ciclo produttivo. Trattasi di un approdo interpretativo paradossale che, tra l'altro, contraddirebbe apertamente le finalità di tutela ambientale cui tutta la normativa in esame è ispirata (sulla necessità che la destinazione al riutilizzo sia obiettiva univoca e completa cfr. Cassazione Sezione terza, 11007/99).
In definitiva, la natura composita del materiale abbandonato dai R. sulla propria area e la mancanza del requisito della destinazione all'effettivo utilizzo impongono di classificare la condotta posta in essere da R. G. e da R. P. come abbandono incontrollato di rifiuti speciali e di giudicarli colpevoli del reato loro in concorso ascritto al capo a); concorrono le attenuanti generiche in ragione della non gravità dei rispettivi precedenti penali, sicché, applicati i criteri di cui all'articolo 133 c.p. si stima equa la pena di mesi due di arresto ciascuno (p.b. mesi tre, ridotta di 1/3 ex articolo 62bis c.p.), oltre al pagamento in solido delle spese processuali.
La non gravità dei precedenti giustifica la presunzione che gli imputati si asterranno dal commettere ulteriori reati, sicché si ordina che le pene rimangano sospese per il termine ed alle condizioni di legge.
Tutti gli imputati vanno, invece, assolti con la formula più ampia dalla contravvenzione sub b).
Il D.Lgs 36/2003 (attuazione della direttiva 1999/31 relativa alle discariche dei rifiuti), all'articolo 2, ha dettato la nuova definizione della "discarica" come area adibita a smaltimento dei rifiuti mediante operazioni di deposito sul suolo o nel suolo...nonché qualsiasi area ove i rifiuti sono sottoposti a deposito temporaneo per più di un anno.
Ciò posto, non è emerso con certezza dalla istruzione dibattimentale che l'accumulo sul suolo dei rifiuti fosse finalizzato al loro definitivo smaltimento, né che l'abbandono del materiale avvenisse da tempo considerevole ed indeterminato sì da causare una situazione di degrado tendenziale dell'area: i controlli della Polizia Municipale erano iniziati, infatti, solo venti giorni prima del sequestro, onde tutto quello che si può affermare e che il sito era oggetto di mero deposito incontrollato non definitivo. Mancando, tuttavia, la prova che tale deposito si protraesse da oltre un anno, lo stesso non può essere qualificato discarica ai sensi dell'articolo 2 cit..
Il numero dei processi da trattare nella odierna udienza non ha consentito la redazione immediata della motivazione ed il carico di lavoro dell'ufficio ha suggerito la indicazione di un termine per il deposito della motivazione.
PQM
Il Tribunale, visti gli articoli 533 e 535 c.p.p. dichiara R. G. e R. P. colpevoli del reato loro ascritto al capo a) e, in concorso di attenuanti generiche, li condanna alla pena di mesi due di arresto ciascuno, oltre al pagamento delle spese processuali.
Ordina sospendersi la pena alle condizioni di legge.
Il Tribunale, visto l'articolo 530 c.p.p., assolve gli imputati dal reato loro ascrittola capo b) perché il fatto non sussiste.
Visto l'articolo 544 c.p.p., fissa il termine di gg. 60 per il deposito della motivazione.