Quando, con un emendamento, un rifiuto scompare in una regione e resta rifiuto in un’altra. e’ l’economia circolare, bellezza
di Gianfranco AMENDOLA
Tutti d’accordo in nome dell’economia circolare all’italiana. A proposito di EoW cioè del quando e come un rifiuto, dopo riciclo, cessa di essere tale e ridiventa “prodotto”. Questione, ovviamente, molto rilevante ai fini della tutela ambientale. Perché per un prodotto, anche se derivato da rifiuto, non valgono gli obblighi e i divieti previsti dalla normativa sui rifiuti a tutela dell’ambiente: primo fra tutti, l’obbligo della tracciabilità.
La storia Eow è lunga e molto “tecnica”. Rinviando ad altri scritti 1, anche futuri, per approfondimenti, mi limito ad una estrema sintesi, funzionale alla comprensione degli ultimi sviluppi.
Eow viene disciplinato per la prima volta dalla direttiva UE n. 98 del 2008, la quale prevede quattro condizioni 2 in base alle quali decretare la fine-rifiuto ma ne demanda l’applicazione o a regolamenti comunitari o, in loro assenza, ad atti degli Stati membri.
Recependo la norma con l’art. 184-ter D. Lgs 152/06, l’Italia, nel 2010, stabiliva che, in assenza di regolamenti comunitari di esecuzione, dovessero essere emanati dal Ministero dell’ambiente appositi decreti applicativi per singole e specifiche categorie di rifiuti; e che, in loro attesa, fossero utilizzati i “vecchi” decreti ministeriali emanati a proposito del recupero semplificato di rifiuti: coprendo, ovviamente, per EoW, solo i rifiuti oggetto di questi vecchi decreti. Sarebbe, quindi, stato necessario, colmare al più presto i vuoti con nuovi decreti ministeriali (oltre ad aggiornare i vecchi). Ma, dopo 6 anni, risultavano emanati 3 regolamenti comunitari (rottami metallici, rottami di vetro e rottami di rame) e un solo decreto (combustibili fossili secondari) dal Ministero. Creando, ovviamente, un vuoto molto pericoloso per le imprese che, in assenza di regolamenti e decreti, continuavano ad avere “rifiuti” (con tutti gli obblighi-e spese- relativi) anche dopo un recupero completo dei loro scarti.
E così, di fronte alle giuste rimostranze di tante aziende, il Ministero dell’ambiente, invece di fare il suo dovere ed affrettarsi a fare i decreti che gli competevano, nel 2016 si inventava una bella “nota” 3 per dire che su EoW decidono le Regioni e non lo Stato; di modo che, in assenza di regolamenti comunitari e criteri nazionali, ogni Regione può decidere sue condizioni e suoi criteri per decretare la cessazione di un rifiuto. Ovviamente con il rischio di gravi pericoli per l’ambiente e di notevoli distorsioni economiche.
Il che avveniva con il rilascio di numerose autorizzazioni regionali in cui si decretavano condizioni molto elastiche e diseguali anche per rifiuti pericolosi. Il Veneto, tuttavia, rifiutava di applicare questa stravagante invenzione ministeriale e riteneva (giustamente) che la legge vale più di una nota ministeriale; suscitando la reazione di una azienda che si occupa del recupero di pannolini ed assorbenti, la quale ricorreva al TAR veneto che nel 2017 le dava ragione.
Si arrivava, così, al Consiglio di Stato che nel febbraio 2018, con una bella sentenza 4, annullava il TAR e, criticando aspramente la nota del Ministero, concludeva, richiamando anche l’art. 117 della Costituzione, che, in base alla normativa comunitaria ed italiana, in assenza di specifico regolamento comunitario, spetta solo allo Stato -e non alle Regioni- il potere di determinare la cessazione della qualifica di rifiuto. Precisando, conclusivamente, che “ in ogni caso, la scelta fatta dal legislatore nazionale con l’art. 184-ter cit., in legittimo esercizio di potestà legislativa esclusiva, è stata quella di individuare nel regolamento ministeriale l’atto idoneo ad intervenire ai fini della declassificazione “caso per caso” , il che – ove anche si volesse sostenere una interpretazione diversa della Direttiva n. 98/2008 – rende superflua ogni ulteriore considerazione ”. Insomma, per la normativa italiana vigente bisogna che vi siano i decreti ministeriali previsti dall’art. 184-ter, senza lasciare alcuno spazio ad una discrezionalità delle Regioni.
Come era prevedibile, dopo questa sentenza, riscoppiava il panico. Il Sole 24 Ore evocava “il caos”. E iniziavano i tentativi non per dare finalmente esecuzione alla legge ma per mettere nel nulla la sentenza del Consiglio di Stato, aspramente criticata da parte della dottrina di stampo aziendalista.
A tal fine, si utilizzava soprattutto una nuova circostanza, e cioè il cambiamento della normativa comunitaria, in quanto, tre mesi dopo la sentenza del Consiglio di Stato, la direttiva del 2008 veniva sostituita dalla direttiva n. 851 del 30 maggio 2018 , la quale, a proposito di EoW, interviene in modo più dettagliato specie nel ritenere possibile una decisione “caso per caso” da parte degli Stati membri in assenza di regolamentazione generale a livello comunitario e nazionale. Scelta che, comunque, non è, ovviamente, obbligatoria né immediatamente operativa ma deve essere (eventualmente) accettata e regolamentata dagli Stati membri. E che, invece, viene espressamente esclusa dal nostro art. 184-ter il quale, come giustamente evidenziato dal Consiglio di Stato, ritiene possibile EoW solo in presenza di regolamentazione ministeriale (o comunitaria).
Peraltro, a questo proposito, la migliore conferma viene da una recentissima sentenza della CGCE ( Corte UE, seconda sezione, 28 marzo 2019, causa C-60/18) in tema di fanghi da depurazione, la quale, pur ritenendo possibile una diversa soluzione, ribadisce che, qualora uno Stato ha adottato (come l’Italia) una normativa nazionale “ in forza della quale, qualora non sia stato definito alcun criterio a livello dell’Unione per la determinazione della cessazione della qualifica di rifiuto per quanto riguarda un tipo di rifiuti determinato, la cessazione di tale qualifica dipende dalla sussistenza per tale tipo di rifiuti di criteri di portata generale stabiliti mediante un atto giuridico nazionale ”, l’art. 6, comma 4 della direttiva comunitaria…” 5 non consente al detentore di un rifiuto “ di esigere l’accertamento della cessazione della qualifica di rifiuto da parte dell’autorità competente dello Stato membro o da parte di un giudice di tale Stato membro ” 6.
C’è, invece, nella nuova direttiva, una vera novità che deve essere ricordata, anche se sommariamente. Essa, infatti, pur confermando le condizioni base per EoW contenute nella direttiva precedente, aggiunge che la Commissione UE, “ove appropriato”, adotta atti esecutivi per stabilire “ criteri dettagliati sull’applicazione uniforme delle condizioni di cui al paragrafo 1 a determinati tipi di rifiuti” , i quali (criteri dettagliati) “garantiscono un elevato livello di protezione dell’ambiente e della salute umana e agevolano l’utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali ”; e devono includere 5 requisiti 7. In assenza di criteri comunitari, compete agli Stati membri, al fine di rispettare le condizioni dal paragrafo 1, il potere di stabilire, a livello nazionale, questi criteri (e requisiti) dettagliati: infine, in assenza di criteri comunitari e nazionali, gli Stati membri possono decidere caso per caso rispettando le condizioni di cui al paragrafo 1, “ rispecchiando, ove necessario, i requisiti di cui al paragrafo 2, lettere da a) a e), e tenendo conto dei valori limite per le sostanze inquinanti e di tutti i possibili effetti negativi sull’ambiente e sulla salute umana ”(paragrafo 4).
In sostanza, quindi, la nuova direttiva da un lato ammette esplicitamente che, in mancanza di normativa comunitaria e nazionale, gli Stati membri possano decidere caso per caso i criteri necessari per rispettare le condizioni di cui al paragrafo 1. Ma aggiunge significativamente che, a tal fine, specie in questo secondo caso, occorre valutare la opportunità di includervi i 5 requisiti richiesti per i criteri dettagliati tesi a garantire una “applicazione uniforme” delle predette condizioni su tutto il territorio nazionale.
Ma torniamo alla nostra storia. Il primo tentativo per superare la sentenza del Consiglio di Stato proviene dal maggiore responsabile della situazione, e cioè il Ministero dell’ambiente, il quale, nel dicembre 2018, inseriva nel cd “decreto semplificazioni” un art. 21, totalmente generico e confuso, che, all’ultimo momento, veniva (fortunatamente) ritirato. E pertanto non compare neldecreto legge 14 dicembre 2018, n. 135 (“D isposizioni urgenti in materia di sostegno e semplificazione per le imprese e per la pubblica amministrazione ”).
Anche se questo ritiro scontentava il SOLE-24ORE il quale riferendo sconsolatamente, il 12 dicembre, che “ il decreto Semplificazioni approvato oggi, contrariamente a una prima versione che era stata approvata la settimana scorsa, non contiene le disposizioni più volte annunciate dal ministro dell’Ambiente, Sergio Costa per risolvere il problema del blocco delle autorizzazioni degli impianti di riciclo ”, annunciava che “di conseguenza il riciclo dei rifiuti non esce dalla crisi . Tutto ciò accade mentre gli impianti di selezione si riempiono di materiali che senza la normativa non trovano destinazione, mentre Roma entra in emergenza rifiuti e mentre il mercato del riciclo è paralizzato ”.
Il secondo tentativo, invece, aveva successo, nel senso che modificava l’art. 184-ter. Infatti l’ art. 1, comma 19, del decreto legge 8 aprile 2019, n. 32, convertito con legge 14 giugno 2019, n. 55, (“ Disposizioni urgenti per il rilancio del settore dei contratti pubblici, per l'accelerazione degli interventi infrastrutturali, di rigenerazione urbana e di ricostruzione a seguito di eventi sismici ”, comunemente conosciuto come “ decreto sbloccacantieri”, ha sostituito il comma 3 dell’art. 184-ter D. Lgs 152/06 con il seguente testo (lo riportiamo integralmente perché è quello oggi vigente)
“ 3. Nelle more dell’adozione di uno o più decreti di cui al comma 2, continuano ad applicarsi, quanto alle procedure semplificate per il recupero dei rifiuti, le disposizioni di cui al decreto del Ministro dell’ambiente 5 febbraio 1998, pubblicato nel supplemento ordinario n. 72 alla Gazzetta Ufficiale n. 88 del 16 aprile 1998, e ai regolamenti di cui ai decreti del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio 12 giugno 2002, n. 161, e 17 novembre 2005, n. 269.
Le autorizzazioni di cui agli articoli 208, 209 e 211 e di cui al titolo III -bis della parte seconda del presente decreto per il recupero dei rifiuti sono concesse dalle autorità competenti sulla base dei criteri indicati nell’allegato 1, suballegato 1, al citato decreto 5 febbraio 1998, nell’allegato 1, suballegato 1, al citato regolamento di cui al decreto 12 giugno 2002, n. 161, e nell’allegato 1 al citato regolamento di cui al decreto 17 novembre 2005, n. 269, per i parametri ivi indicati relativi a tipologia, provenienza e caratteristiche dei rifiuti, attività di recupero e caratteristiche di quanto ottenuto da tale attività. Tali autorizzazioni individuano le condizioni e le prescrizioni necessarie per garantire l’attuazione dei princìpi di cui all’articolo 178 del presente decreto per quanto riguarda le quantità di rifiuti ammissibili nell’impianto e da sottoporre alle operazioni di recupero.
Con decreto non avente natura regolamentare del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare possono essere emanate linee guida per l’uniforme applicazione della presente disposizione sul territorio nazionale, con particolare riferimento alle verifiche sui rifiuti in ingresso nell’impianto in cui si svolgono tali operazioni e ai controlli da effettuare sugli oggetti e sulle sostanze che ne costituiscono il risultato, e tenendo comunque conto dei valori limite per le sostanze inquinanti e di tutti i possibili effetti negativi sull’ambiente e sulla salute umana.
Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del decreto di cui al precedente periodo, i titolari delle autorizzazioni rilasciate successivamente alla data di entrata in vigore della presente disposizione presentano alle autorità competenti apposita istanza di aggiornamento ai criteri generali definiti dalle linee guida ”. 8
Appare, quindi, subito evidente che, in realtà, questa modifica non sblocca niente ma, in sostanza, si limita a ripetere, con poche aggiunte, quanto già contenuto nel vecchio comma 3. E cioè che, in attesa dei nuovi decreti, si applicano, a fini EoW, le norme emanate per i rifiuti oggetto dei “vecchi” decreti ministeriali sul recupero agevolato. L’unica, vera novità è stata efficacemente sintetizzata da quella dottrina la quale ha evidenziato che “ a sua discrezione il Min. Amb. potrà emanare un DM che potrebbe (più vago di così!) contenere linee guida inutili per “l’uniforme applicazione” (visto che si tratta già di Dm nazionali), prevedendo attività di verifica e controllo sui rifiuti in entrata e sul prodotto in uscita dal processo (già del resto descritti nei DM citati), tenendo conto “dei valori limite per le sostanze inquinanti e di tutti i possibili effetti nell’ambiente e sulla salute” 9 . Insomma, niente di nuovo per i rifiuti già normati dai vecchi decreti e niente di preciso per gli altri.
E questa volta è critico anche il SOLE-24Ore sul quale, il 6 luglio 2019, si legge che “ il riciclo dei rifiuti si blocca per la nuovissima ed improbabile norma end-of-waste che riporta il riciclo alle tecnologie di 20 anni fa e paralizza l’ambiente e mette le imprese nelle mani di burocrati con il terrore di firmare qualsiasi permesso e di ricattatori della denuncia ”.
Ma forse la migliore sconfessione viene dallo stesso Ministro dell’ambiente, il quale, nella audizione dinanzi alla Commissione parlamentare ecomafia del 12 settembre 2019, a proposito della norma “sbloccacantieri” parla di “criticità” e afferma testualmente che “ la nuova disposizione riguarda solo i flussi di materiali cosiddetti «tradizionali», cioè regolati dai suddetti decreti ministeriali a cui facevo riferimento, che non sono aggiornati all'evoluzione tecnologica del 1998, del 2005 e del 2012, quindi tecnologicamente un po’ datati ormai. Per questa ragione, la nuova formulazione del comma 3 dell'articolo 184-ter della 152 del 2006, in buona sostanza dello Sblocca cantieri, a mio parere, non può ritenersi risolutiva di tutte le esigenze del settore , quindi il sottoscritto … rimane disponibile a confrontarsi sia con gli operatori del settore che con le associazioni di tutela ambientale, per affrontare questa criticità” .
Insomma, tutto sbagliato. Bisogna ricominciare da capo. E peraltro con un nuovo comma 3 peggiore del precedente.
E così arriviamo ai giorni nostri 10 quando, in commissione ambiente al Senato, la maggioranza approva un emendamento per il decreto-legge 3 settembre 2019, n. 101, recante disposizioni urgenti per la tutela del lavoro e per la risoluzione di crisi aziendali , che va in aula questa settimana e che, ovviamente, abroga anche la norma dello “sbloccantieri” approvata appena 3 mesi prima.
Ecco il testo integrale :
“MORONESE, FERRAZZI, COMINCINI, NUGNES,
Dopo l'articolo 13 è inserito il seguente:
Art. 13-bis
(Cessazione qualifica di rifiuto)
1. La lettera a) del comma 1 dell’articolo 184-ter del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, è sostituita dalla seguente:
“ a) la sostanza o l’oggetto è destinata/o a essere utilizzata/o per scopi specifici”.
2. All’articolo 184-ter del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, il comma 3 è sostituito dal seguente:
“ 3. In mancanza di criteri specifici adottati ai sensi del comma 2, le autorizzazioni di cui agli articoli 208, 209, 211 e di cui al titolo III-bis della parte seconda del presente decreto, per lo svolgimento di operazioni di recupero ai sensi del presente articolo, sono rilasciate o rinnovate nel rispetto delle condizioni di cui all’articolo 6, paragrafo 1, della Direttiva 98/2008/CE e sulla base di criteri dettagliati , definiti nell’ambito dei medesimi procedimenti autorizzatori, che includono:
-
materiali di rifiuto in entrata ammissibili ai fini dell’operazione di recupero;
-
processi e tecniche di trattamento consentiti;
-
criteri di qualità per i materiali di cui è cessata la qualifica di rifiuto ottenuti dall’operazione di recupero in linea con le norme di prodotto applicabili, compresi i valori limite per le sostanze inquinanti, se necessario;
-
requisiti affinché i sistemi di gestione dimostrino il rispetto dei criteri relativi alla cessazione della qualifica di rifiuto, compresi il controllo della qualità, l’automonitoraggio e l’accreditamento, se del caso;
-
un requisito relativo alla dichiarazione di conformità.
In mancanza di criteri specifici adottati ai sensi del comma 2, continuano ad applicarsi, quanto alle procedure semplificate per il recupero dei rifiuti, le disposizioni di cui al decreto del Ministro dell'ambiente 5 febbraio 1998, pubblicato nel supplemento ordinario n. 72 alla Gazzetta Ufficiale n. 88 del 16 aprile 1998, e ai regolamenti di cui ai decreti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio 12 giugno 2002, n. 161, e 17 novembre 2005, n. 269.
3. All’articolo 184-ter del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 dopo il comma 3 sono aggiunti i seguenti commi:
“ 3-bis. Le Autorità competenti al rilascio delle autorizzazioni di cui al comma 3 comunicano all’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale i nuovi provvedimenti autorizzatori adottati, riesaminati o rinnovati, entro dieci giorni dalla notifica degli stessi al soggetto istante.
3-ter. L’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, ovvero l'Agenzia Regionale per la protezione dell'ambiente territorialmente competente dal predetto Istituto delegata, controlla, a campione, sentita l'autorità competente di cui al comma 3-bis, in contraddittorio con il soggetto interessato, la conformità delle modalità operative e gestionali degli impianti, ivi compresi i rifiuti in ingresso, i processi di recupero, le sostanze o oggetti in uscita, agli atti autorizzatori rilasciati nonché alle condizioni di cui al comma 1 redigendo, in caso di non conformità, apposita relazione. Il procedimento di controllo si conclude entro sessanta giorni dall’inizio della verifica. L’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale o l'Agenzia regionale della protezione dell'ambiente delegata comunica entro quindici giorni gli esiti della verifica al Ministero dell’ambiente e della tutela e del territorio e del mare. Al fine di assicurare l'armonizzazione, l’efficacia e l’omogeneità dei controlli di cui al presente comma sul territorio nazionale trovano applicazione gli articoli 4, comma 4, e 6 della legge 28 giugno 2016, n. 132.
3-quater. Ricevuta la comunicazione di cui al comma 3-ter, il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, nei sessanta giorni successivi, adotta proprie conclusioni, motivando l’eventuale mancato recepimento degli esiti dell’istruttoria contenuti nella relazione di cui al comma 3-ter, e le trasmette all’Autorità competente. L'Autorità competente avvia un procedimento finalizzato all'adeguamento degli impianti da parte del soggetto interessato alle conclusioni di cui al presente comma, disponendo, in caso di mancato adeguamento, la revoca dell'autorizzazione e dando tempestiva comunicazione della conclusione del procedimento al Ministero medesimo. Resta salva la possibilità per l'autorità competente di adottare provvedimenti di natura cautelare.
3-quinquies Decorsi 180 giorni dalla comunicazione all’Autorità competente, ove il procedimento di cui al comma 3-quater non risulti avviato o concluso, il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare può provvedere, in via sostitutiva e previa diffida, anche mediante un Commissario ad acta, all'adozione dei provvedimenti di cui al comma 3- quater.
3-sexies. Con cadenza annuale, l’Istituto Superiore per la Ricerca e la Protezione ambientale redige una relazione sulle verifiche e i controlli effettuati nel corso dell’anno ai sensi del comma 3-ter, e la comunica al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare entro il 31 dicembre.
3-septies. Al fine del rispetto dei principi di trasparenza e di pubblicità, è istituito presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare il registro nazionale deputato alla raccolta delle autorizzazioni rilasciate e delle procedure semplificate concluse ai sensi del presente articolo. Le Autorità competenti, al momento del rilascio, comunicano al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare i nuovi provvedimenti autorizzatori emessi, riesaminati e rinnovati nonché gli esiti delle procedure semplificate avviate per l’avvio di operazioni di recupero di rifiuti ai fini del presente articolo. Con decreto, non avente natura regolamentare, del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, sono definite le modalità di funzionamento e di organizzazione del registro di cui al presente comma. A far data dall'effettiva operatività del registro di cui al presente comma, la comunicazione di cui al comma 3-bis, si intende assolta con la sola comunicazione al registro”.
4. Le Autorità competenti provvedono agli adempimenti di cui all’articolo 184-ter, comma 3-septies secondo periodo, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, entro 120 giorni dall'entrata in vigore della presente disposizione relativamente alle autorizzazioni rilasciate, per l’avvio di operazioni di recupero di rifiuti ai fini del presente articolo, alla data di entrata in vigore della presente disposizione.
5. Al fine di assicurare lo svolgimento delle attività istruttorie concernenti l’adozione dei decreti di cui al comma 2 dell’articolo 184-ter del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, è istituito un gruppo di lavoro presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. A tale scopo il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare è autorizzato a individuare cinque unità di personale pubblico, di cui almeno due con competenze giuridiche e le restanti unità con competenze di natura tecnico-scientifica da collocare presso l’ufficio legislativo. Le predette unità possono essere scelte dal Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare tra i dipendenti pubblici in posizione di comando, distacco, fuori ruolo o analoga posizione prevista dall'ordinamento di appartenenza, ai sensi dell'articolo 17, comma 14, della legge 15 maggio 1997, n. 127. In alternativa, possono essere stipulati fino a cinque contratti libero-professionali, mediante procedura selettiva per titoli e colloquio, per il reperimento di personale, anche estraneo alla Pubblica amministrazione, in possesso delle competenze di cui al precedente periodo. Per le finalità di cui al presente comma è autorizzata la spesa di 200.000 euro annui per ciascuno degli anni dal 2020 al 2024.
6. Agli oneri di cui al comma 5, pari a 200.000 euro per ciascuno degli anni dal 2020 al 2024, si provvede mediante corrispondente riduzione delle proiezioni dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2019-2021, nell'ambito del programma «fondi di riserva e speciali» della missione «fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2019, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare.
7. Entro centottanta giorni dall’entrata in vigore di ciascuno dei decreti di cui all’articolo 184-ter, comma 2, i titolari delle autorizzazioni di cui agli articoli 208, 209 e 211 e di cui al titolo III-bis della parte seconda del presente decreto rilasciate o rinnovate successivamente alla data di entrata in vigore della presente disposizione, nonché coloro che svolgono attività di recupero in base ad una procedura semplificata avviata successivamente alla data di entrata in vigore della presente disposizione, presentano alle autorità competenti istanza di aggiornamento alle disposizioni definite dai decreti predetti. La mancata presentazione dell’istanza di aggiornamento, nel termine indicato dal precedente periodo, determina la sospensione dell’attività oggetto di autorizzazione o di procedura semplificata.
8. Le autorizzazioni di cui agli articoli 208, 209, 211 e di cui al titolo III-bis, parte seconda del decreto legislativo n. 152 del 2006, in essere alla data di entrata in vigore della presente disposizione ovvero per le quali è in corso un procedimento di rinnovo ovvero che risultino scadute ma per le quali è presentata un’istanza di rinnovo entro 120 giorni dall’entrata in vigore della presente disposizione, sono fatte salve e sono rinnovate nel rispetto delle disposizioni di cui all’articolo 184-ter, comma 3, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152. In ogni caso si applicano gli obblighi di aggiornamento di cui al comma 7 nei termini e con le modalità ivi previste.
9. Gli obblighi di comunicazione di cui al comma 3-bis dell’articolo 184-ter del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, si applicano anche alle autorizzazioni già rilasciate alla data di entrata in vigore della presente disposizione. Le Autorità competenti effettuano i prescritti adempimenti, nei confronti dell’Istituto Superiore per la Ricerca e la Protezione ambientale, nel termine di centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione.
10. Dall'attuazione del presente articolo, ad eccezione di quanto previsto ai commi 5 e 6, non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le amministrazioni pubbliche interessate provvedono con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente .”
Alcune prime considerazioni sul nuovo testo dell’art. 184-ter
Ci vorrà tempo per analizzare questo lungo emendamento che, in sostanza, se, come appare probabile, diverrà legge, riscrive e amplia tutto l’art. 184-ter.
In estrema sintesi e andando al nocciolo della questione, appare, tuttavia, subito evidente che esso da un lato vuole dare attuazione alla nuova direttiva e dall’altro tenta un compromesso tra la tesi “nazionale” e quella “regionale”: stabilendo con chiarezza -come terza possibilità- che, in assenza di regolamentazione generale della Ue o dello Stato, su EoW possono decidere le Regioni; con l’obbligo, come prima, di rispettare le quattro condizioni generali comunitarie (le stesse di prima), ma con il vincolo (nuovo) di farlo “sulla base” dei cinque “criteri dettagliati” richiesti dalla nuova direttiva. E aggiungendo un potere dello Stato di controllo, a campione, su queste autorizzazioni regionali che devono, comunque, essere pubblicate in un apposito registro (le cui modalità di funzionamento e di organizzazione dovranno essere emanate con decreto ministeriale).
Di certo, si tratta di uno sforzo notevole che, altrettanto certamente, supera, modificando la norma, l’ostacolo costituito, nella nostra normativa, dalla scelta di richiedere decreti ministeriali, senza prevedere, in loro assenza, alcun potere di intervento delle Regioni per EoW.
Di certo, in tal modo, attraverso un corretto recepimento della nuova direttiva, l’obbligo di elaborare i “criteri dettagliati” in essa previsti, va salutato con favore; anche se deve essere chiaro che nella legge non c’è alcun dettaglio in quanto vengono indicati solo alcuni contenuti; e che saranno le Regioni, senza neppure linee guida dello Stato, a precisare questi criteri ed i loro dettagli, con amplissima discrezionalità.
Resta, comunque, quindi, il dato fondamentale che, con questo emendamento, per rifiuti non normati a livello comunitario e nazionale, sono le Regioni a decidere su EoW, mentre lo Stato viene messo da parte, con ruolo solo secondario e nominale per eventuali controlli a campione, nell’ambito di un complicato e lungo iter burocratico 11 che coinvolge anche ISPRA , ARPA ed, eventualmente, un Commissario ad acta.
In tal modo, quindi, si viola apertamente il dettato della nostra Costituzione, giustamente richiamato dal Consiglio di Stato nella sua sentenza, quando evidenzia con forza che la competenza per la tutela ambientale in tema di rifiuti spetta solo allo Stato: “ la previsione della competenza statale in materia di declassificazione ‘caso per caso' del rifiuto appare del tutto coerente, ….., anche con l'articolo 117, comma secondo, lettera s) della Costituzione che, come è noto, attribuisce alla potestà legislativa esclusiva (e, dunque, anche alla potestà regolamentare statale), la tutela dell'ambiente e dell'ecosistema. È del tutto evidente che, laddove si consentisse ad ogni singola Regione, di definire, in assenza di normativa Ue, cosa è da intendersi o meno come rifiuto, ne risulterebbe vulnerata la ripartizione costituzionale delle competenze tra Stato e Regioni ”.
Affermazione confermata totalmente da numerose sentenze della Corte costituzionale, che ha più volte richiamato, in proposito la evidente necessità di garantire, proprio in tema di normativa sui rifiuti, un livello di tutela uniforme in tutto il territorio nazionale. A titolo di esempio, si citano la sentenza n. 314 del 2009, secondo cui “ la disciplina statale dei rifiuti, collocandosi nell’ambito della “tutela dell’ambiente e dell’ecosistema” – di competenza esclusiva statale ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. – costituisce, anche in attuazione degli obblighi comunitari, un livello di tutela uniforme e si impone sull’intero territorio nazionale, come un limite alla disciplina che le Regioni e le Province autonome dettano in altre materie di loro competenza, per evitare che esse deroghino al livello di tutela ambientale stabilito dallo Stato , ovvero lo peggiorino (sentenze n. 62 del 2008 e n. 378 del 2007 ).”; la sentenza n. 127 del 2010 , la quale, dopo aver ribadito, in tema di rifiuti, la competenza esclusiva statale, aggiunge che “in tale materia, è consentito allo Stato emanare regolamenti, per esigenze di uniformità (sentenze n. 233 del 2009 e 411 del 2007 )”; infine, la sentenza n. 373 del 2010, la quale precisa espressamente che “ la competenza in tema di tutela dell’ambiente, in cui rientra la disciplina dei rifiuti, appartiene in via esclusiva allo Stato, e non sono perciò ammesse iniziative delle Regioni di regolamentare nel proprio ambito territoriale la materia (ex plurimis sentenze n. 127 del 2010 e n. 314 del 2009 ) pur in assenza della relativa disciplina statale ”
In questo quadro, appare del tutto evidente la illegittimità costituzionale dell’emendamento in esame il quale attribuisce alle Regioni una competenza esclusiva dello Stato; e, peraltro, come abbiamo detto, con modalità tali da lasciare, comunque, alle Regioni, nel recepimento delle condizioni e dei criteri indicati nella norma, amplissimi margini di discrezionalità. Con il fondato pericolo che vi siano disparità di trattamento tra Regione e Regione e con buona pace del livello uniforme di tutela ambientale che dovrebbe essere garantito proprio dalla competenza esclusiva dello Stato 12. Cui si aggiunge il pericolo di distorsioni per la concorrenza a seconda della ubicazione delle aziende interessate.
Destano, quindi, notevoli perplessità le trionfalistiche affermazioni della firmataria dellìemendamento, Vilma Moronese, la quale parla di “norma equilibrata” e giunge addirittura ad affermare, non come auspicio ma come certezza, che i “criteri saranno uguali dal Nord al Sud, in modo che non ci siano differenze di trattamento per le imprese, a seconda della regione ”13.
E’ possibile, pertanto, che questo emendamento, se diverrà legge, venga presto dichiarato incostituzionale. E allora, di nuovo, si griderà all’emergenza e tornerà il caos paventato da Confindustria.
La mia speranza è che, in sede legislativa, siano ad esso apportate almeno due modifiche per ridare, in qualche modo, allo Stato un ruolo decisivo e attenuare così l’evidente strappo all’art. 117 della Costituzione. La prima per stabilire che ogni autorizzazione rilasciata dalle regioni su EoW per rifiuti non regolamentati a livello comunitario o nazionale debba essere sottoposta immediatamente, prima di diventare operativa, al vaglio del Ministero dell’ambiente che ne garantirà, con possibilità di modifica, l’aderenza alla legge e la uniformità sul territorio nazionale. La seconda per stabilire che, comunque, si tratta di una disciplina transitoria, per l’emergenza, in attesa che il Ministero dell’ambiente si decida finalmente a fare il suo dovere, aggiornando i “vecchi” decreti ministeriali sul recupero semplificato ed emanando quelli per i rifiuti che ne sono fuori 14 .
Peraltro, a tal fine, potrebbe utilizzare come base per i nuovi decreti, i criteri delle autorizzazioni regionali oggetto dei suoi controlli, approfittando del nuovo personale autorizzato con il comma 5 dell’emendamento in esame.
1 Amendola, Cfr. per tutti, anche per richiami,Fine rifiuto dopo recupero: quando si verifica veramente?, in www.lexambiente.it ,22 gennaio 2014
2 “ a) la sostanza o l’oggetto è comunemente utilizzata/o per scopi specifici; b) esiste un mercato o una domanda per tale sostanza od oggetto; c) la sostanza o l’oggetto soddisfa i requisiti tecnici per gli scopi specifici e rispetta la normativa e gli standard esistenti applicabili ai prodotti; d) l’utilizzo della sostanza o dell’oggetto non porterà a impatti complessivi negativi sull’ambiente o sulla salute umana ”.
3 AMENDOLA, Fine rifiuto (EoW) caso per caso: questa volta il Ministero dell'Ambiente ha esagerato , in www.industrieambiente. it, dicembre 2016 e in www.lexambiente.it., 13 gennaio 2017
4 Cfr. AMENDOLA End of Waste e Consiglio di Stato: solo lo Stato può intervenire sulla cessazione della qualifica di rifiuto , in www.lexambiente. it, marzo 2018;ID, End of waste, recupero di rifiuti e Consiglio di stato. Chiariamo le responsabilità in www.rivistadga.it n. 3, 2018
5 Si noti che la Corte in questa sentenza, fa ovviamente riferimento alla direttiva del 2008, la quale, tuttavia, per quanto interessa in questa sede, aveva un testo molto meno articolato rispetto al testo del nuovo art. 6. In dottrina, cfr., anche per richiami, AMENDOLA, Rifiuti con codici a specchio, fanghi di depurazione contaminati e cessazione della qualità di rifiuto (eow). La corte europea si schiera con la Cassazione e con il Consiglio di Stato , in www.lexambiente, 19 aprile 2019.
6 In proposito, vale la pena di notare che parte della dottrina che aveva criticato la sentenza del Consiglio di Stato ha correttamente riconosciuto che essa è risultata totalmente confermata dalla Corte europea (FICCO-LATOUR, Rifiuti, riciclo a rischio blocco. Stop dalla Corte di Giustizia , in Il sole-24ore , Guida al Diritto, 2 aprile 2019)
7 “ a) materiali di rifiuto in entrata ammissibili ai fini dell’operazione di recupero; b) processi e tecniche di trattamento consentiti; c) criteri di qualità per i materiali di cui è cessata la qualifica di rifiuto ottenuti dall’operazione di recupero in linea con le norme di prodotto applicabili, compresi i valori limite per le sostanze inquinanti, se necessario; d) requisiti affinché i sistemi di gestione dimostrino il rispetto dei criteri relativi alla cessazione della qualifica di rifiuto, compresi il controllo della qualità, l’automonitoraggio e l’accreditamento, se del caso; e) un requisito relativo alla dichiarazione di conformità ”.
8 Il testo sembra sostanzialmente simile a quello contenuto nella proposta avanzata da FICCO-FIMIANI, End of Waste: quali soluzioni dopo il "no" della Corte di Giustizia alle autorizzazioni "caso per caso"? , in Rivista rifiuti, n. 272, maggio 2019
9 MAGLIA, Riforma” End of waste: brutta lex, sed lex (per ora)!” in www.lexambiente .it, 18 luglio 2019
10 Per completezza si deve ricordare che, alla fine di settembre 2019, 56 aziende, associazioni ed organizzazioni, coordinate dall’ex Ministro Ronchi, elaboravano e presentavano una proposta di sostituzione della norma “sbloccacantieri” sopra illustrata con una totale rielaborazione dell’art. 184-ter, che, tuttavia, appare superata dall’emendamento del Senato, oggi in discussione, di cui si parla nel testo. In proposito, cfr. il nostro Eow: primi appunti sulla proposta Ronchi di modifica art. 184-ter d. Lgs. 152/06, in www.industrieambiente.it , ottobre 2019.
11 E’ certamente significativo che anche RONCHI, acceso fautore della tesi regionalista, sul suo blog ( www.huffigtonpost.it , 11 ottobre 2019), critichi apertamente questo iter: “ Le imprese di riciclo che -sulla base di criteri che saranno definiti dallo stesso controllore e non dalla norma -saranno invece oggetto dell’intervento di verifica a campione, a prescindere dalla qualità ambientale delle loro modalità operative e gestionali, dovranno subire comunque un nuovo procedimento - aggiuntivo alla procedura di autorizzazione e ai controlli ordinari - oneroso, lungo e complicato, dalla durata effettiva incerta, per il possibile superamento di alcuni dei tempi indicati…”. .
12 Per approfondimenti, specie sui rischi del “ federalismo dell’end of waste”, si rinvia al bel lavoro di CASTELLANO, End of waste, servono regole e procedure certe, in Ecoscienza 2017, n. 5, pag. 46 e segg.
13 Intervista in www.fattoquotidiano.it , 4 ottobre 2019
14 In proposito, per una proposta articolata, si rinvia ad AMENDOLA,Rifiuti, EoW e soluzione tampone, inwww.lexambiente . it, 8 febbraio 2019