Corte Costituzionale sentenza n. 70 del 2 marzo 2004
giudizio di legittimità costituzionale degli articoli 6, comma 3, 8, comma 3, 9, 10 e 24 della legge Regione Toscana 26 luglio 2002, n. 29, recante “Modifiche alla legge regionale 18 maggio 1998, n. 25 (Norme per la gestione dei rifiuti e la bonifica dei siti inquinanti) e successive modificazioni e modifiche alla legge regionale 29 luglio 1996, n. 60 (Disposizioni per l’applicazione del tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti solidi di cui all’articolo 3 della legge 28 dicembre 1995, n. 549) e successive modificazioni”, promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, notificato il 28 settembre 2002, depositato in cancelleria l’8 ottobre 2002 ed iscritto al n. 63 del registro ricorsi 2002.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Gustavo ZAGREBELSKY Presidente
- Valerio ONIDA Giudice
- Carlo MEZZANOTTE “
- Fernanda CONTRI “
- Guido NEPPI MODONA “
- Piero Alberto CAPOTOSTI “
- Annibale MARINI “
- Franco BILE “
- Giovanni Maria FLICK “
- Francesco AMIRANTE “
- Ugo DE SIERVO “
- Romano VACCARELLA “
- Paolo MADDALENA “
- Alfio FINOCCHIARO “
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli articoli 6, comma 3, 8, comma 3, 9, 10 e 24 della legge Regione Toscana 26 luglio 2002, n. 29, recante “Modifiche alla legge regionale 18 maggio 1998, n. 25 (Norme per la gestione dei rifiuti e la bonifica dei siti inquinanti) e successive modificazioni e modifiche alla legge regionale 29 luglio 1996, n. 60 (Disposizioni per l’applicazione del tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti solidi di cui all’articolo 3 della legge 28 dicembre 1995, n. 549) e successive modificazioni”, promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, notificato il 28 settembre 2002, depositato in cancelleria l’8 ottobre 2002 ed iscritto al n. 63 del registro ricorsi 2002.
Visto l’atto di costituzione della Regione Toscana;
udito nell’udienza pubblica dell’11 novembre 2003 il Giudice relatore Ugo De Siervo;
uditi l’avvocato dello Stato Maurizio Fiorilli per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Mario Loria per la Regione Toscana.
Ritenuto in fatto
1. – Con ricorso notificato il 28 settembre 2002 e depositato in cancelleria l’8 ottobre 2002 ed iscritto al n. 63 del registro ricorsi 2002, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha proposto questione di legittimità costituzionale degli articoli 6, comma 3, 8, comma 3, 9, 10 e 24 della legge della Regione Toscana 26 luglio 2002, n. 29, recante “Modifiche alla legge regionale 18 maggio 1998, n. 25 (Norme per la gestione dei rifiuti e la bonifica dei siti inquinati) e successive modificazioni e modifiche alla legge regionale 29 luglio 1996, n. 60 (Disposizioni per l’applicazione del tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti solidi di cui all’art. 3 della L. 28 dicembre 1995, n. 549), e successive modificazioni”, per violazione degli articoli 114, 117 e 120 della Costituzione.
Secondo il ricorrente, tali disposizioni – al cui contenuto non è fatto alcun riferimento – contrasterebbero con l’art. 120 della Costituzione, per il fatto che quest’ultimo, al secondo comma, attribuisce al Governo il potere di sostituirsi agli organi delle Città metropolitane, delle Province e dei Comuni nei casi indicati e riserva alla legge il compito di definire le relative procedure, nel rispetto dei principi di sussidiarietà e di leale collaborazione.
Tale previsione, le “solenni” disposizioni contenute nell’art. 114 della Costituzione, nonché l’attribuzione alla potestà legislativa esclusiva dello Stato, ad opera dell’art. 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione, della materia “organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane”, l’esigenza di una disciplina unica o fortemente coordinata delle modalità di esercizio dei poteri sostitutivi, costituirebbero tutti argomenti concordemente concludenti nel senso di far ritenere che la legge cui l’art. 120 della Costituzione demanda la disciplina dei poteri sostitutivi nei confronti degli enti locali sarebbe soltanto quella dello Stato. Su queste basi il ricorrente ha concluso affinché questa Corte dichiari l’illegittimità costituzionale delle disposizioni censurate.
2. – Si è costituita in giudizio la Regione Toscana, chiedendo che la questione sollevata nel ricorso sia dichiarata inammissibile e infondata.
3. – In prossimità dell’udienza ha presentato memoria l’Avvocatura dello Stato, ribadendo le ragioni proposte a sostegno della lamentata illegittimità costituzionale delle disposizioni regionali impugnate.
La parte ricorrente evidenzia come alle Regioni e allo Stato sia conferita dalla Costituzione la “facoltà di scelta tra l’esercizio in proprio di determinate competenze, pur con onere di motivazione, e il loro affidamento stabile al livello locale”: ciò che invece sarebbe precluso è una “delega sub condicione di funzioni, che preveda strumenti correttivi nelle mani della Regione ove l’operato dell’ente attributario non sia gradito”.
In base a tali premesse, sarebbe necessario concludere che le disposizioni costituzionali, ed in particolare l’art. 120, affidino il potere di sostituzione soltanto allo Stato, circoscrivendo rigorosamente i motivi per i quali tale potere può essere attivato. Quindi, secondo la difesa erariale, dovrebbe “del tutto escludersi la configurabilità di un potere sostitutivo autonomo della Regione, qualsiasi sia l’ambito amministrativo de quo, dovendo in ogni caso optare l’Ente regionale per l’esercizio di competenze in proprio oppure per l’affidamento a Comuni e Province”.
4. – Anche la Regione Toscana, in prossimità dell’udienza, ha depositato una memoria difensiva, nella quale viene dato conto, anzitutto, del contenuto delle disposizioni della legge regionale n. 29 del 2002 oggetto dell’impugnazione da parte dello Stato. In particolare, l’art. 6, comma 3, aggiunge il comma 7-bis all’art. 20 della legge regionale n. 25 del 1998, prevedendo che la Regione possa provvedere mediante commissario – ai sensi della legge regionale 31 ottobre 2001, n. 53 (Disciplina dei commissari nominati dalla Regione) – alla sostituzione di Province e Comuni che non adempiano ai compiti loro attribuiti e, precisamente, all’approvazione dei progetti di bonifica dei siti inquinati nonché alla predisposizione dell’anagrafe dei siti da bonificare. L’art. 8, comma 3, sostituisce il comma 3 dell’art. 21 della legge regionale n. 25 del 1998, prevedendo la possibilità per il Presidente della Giunta regionale di provvedere, mediante la nomina di un commissario ai sensi della legge n. 53 del 2001, all’emanazione di atti per sopperire a situazioni di necessità e urgenza, indipendentemente dalle previsioni dei piani vigenti, per garantire lo smaltimento dei rifiuti e la realizzazione degli impianti a ciò destinati. L’art. 9 della legge impugnata sostituisce l’art. 22 della legge regionale n. 25 del 1998, prevedendo che la Regione possa esercitare, per l’approvazione dei piani provinciali, i poteri sostitutivi di cui alla legge regionale 1° dicembre 1998, n. 88 (Attribuzione agli Enti locali e disciplina generale delle funzioni amministrative e dei compiti in materia di urbanistica e pianificazione territoriale, protezione della natura e dell’ambiente, tutela dell’ambiente dagli inquinamenti e gestione dei rifiuti, risorse idriche e difesa del suolo, energia e risorse geotermiche, opere pubbliche, viabilità e trasporti conferite alla Regione dal d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112), nonché attribuendo alla Giunta regionale il potere di nominare un commissario ai fini della predisposizione dello schema di piano provinciale e delle ulteriori attività istruttorie, conformemente a quanto previsto dall’art. 2, comma 2, e dall’art. 7, comma 11, della legge n. 53 del 2001; lo stesso art. 9 impugnato prevede anche poteri sostitutivi delle Province nei confronti dei Comuni e delle “comunità d’ambito” che restino inadempienti rispetto ai compiti loro attribuiti. L’art. 10 aggiunge l’art. 23-bis alla legge regionale n. 25 del 1998, confermando i poteri sostitutivi previsti nell’art. 22 della stessa legge e subordinando l’attribuzione di ogni finanziamento regionale all’approvazione del piano provinciale e alla costituzione della “comunità d’ambito”. Infine, l’art. 24 stabilisce nuovi termini per l’approvazione dei piani provinciali e anch’esso conferma, al comma 3, i poteri sostitutivi della Regione riconosciuti al riguardo dall’art. 22 della legge n. 25 del 1998.
Nel merito delle censure prospettate dal ricorrente, la Regione Toscana ribadisce la richiesta che esse vengano dichiarate inammissibili e comunque infondate. In particolare, fa osservare la Regione, l’art. 8, comma 3, non riguarderebbe l’esercizio di poteri sostitutivi nei confronti degli enti locali, bensì “il potere del Presidente della Regione di svolgere compiti contingibili e urgenti (direttamente o tramite un commissario che non sostituisce nessuno, ma che coadiuva solo il Presidente regionale), necessari per assicurare il corretto smaltimento dei rifiuti”; peraltro, tale potere sarebbe espressamente previsto dall’art. 13 del d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 (Attuazione delle direttive 91/156/CEE sui rifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio), costituendo dunque la norma impugnata niente più che una attuazione di quest’ultimo.
Anche il contenuto dell’art. 10 impugnato, secondo la difesa regionale, non avrebbe alcuna attinenza con i vizi lamentati nel ricorso. La disposizione in questione, infatti, si limiterebbe a disciplinare “i presupposti per l’erogazione di finanziamenti e contributi di competenza regionale”, limitandosi semplicemente a richiamare i poteri sostitutivi contemplati dall’art. 22 della legge n. 25 del 1998. Le censure andrebbero dunque riferite eventualmente a quest’ultima disposizione e non a quella impugnata, così come i rilievi relativi all’art. 24, incomprensibili se riferiti all’intero articolo, andrebbero probabilmente riferiti al solo terzo comma.
5. – La Regione resistente osserva, inoltre, che con le disposizioni impugnate sarebbero state attuate alcune previsioni contemplate dal d.lgs. n. 22 del 1997, concernenti la bonifica dei siti inquinati e la redazione dei piani di gestione dei rifiuti, in relazione ai quali le Regioni avrebbero titolo ad intervenire in quanto connessi alle materie del “governo del territorio” e della “tutela della salute”. L’art. 6 impugnato, in particolare, deriverebbe direttamente dall’art. 17, comma 9, del richiamato d.lgs. n. 22 del 1997, ai sensi del quale, ove i soggetti responsabili dell’inquinamento non provvedano alla bonifica o non siano individuabili, provvede il Comune, e ove questo non provveda, si sostituisce la Regione. L’art. 9 della legge regionale oggetto del presente giudizio, invece, costituirebbe attuazione dell’art. 22, commi 8 e 9, del medesimo d.lgs. n. 22 del 1997, “il quale assegna alle Regioni il compito di elaborare i piani di gestione dei rifiuti, prevedendo il potere sostitutivo statale nei confronti della Regione inadempiente”. La Regione, dunque, sarebbe responsabile nei confronti dello Stato in relazione ai piani di gestione dei rifiuti: ragione questa che giustificherebbe la previsione del potere sostitutivo regionale in caso di inadempienza provinciale. Andrebbe peraltro considerato anche l’art. 23, ultimo comma, del d.lgs. n. 22 del 1997, il quale “attribuisce alle Regioni il compito di provvedere in sostituzione degli enti inadempienti”, in relazione alla costituzione ed al funzionamento degli ambiti territoriali ottimali e alle autorità di ambito.
Più in generale, nella memoria della Regione si afferma che sarebbe da respingere la ricostruzione proposta dal ricorso del Governo, secondo la quale la disciplina del potere sostitutivo nei confronti degli enti locali spetterebbe esclusivamente allo Stato, in base agli articoli 114, primo e secondo comma, 117, secondo comma, lettera p), e 120 della Costituzione. Ciò in quanto la disciplina del potere sostitutivo a fronte dell’inadempienza nell’adozione di specifici atti previsti dalla legge non costituirebbe una autonoma materia, rappresentando viceversa “un aspetto […] della regolazione della materia” cui ineriscono gli atti in questione: ciò comporterebbe che la competenza a disciplinare la sostituzione spetterebbe allo Stato “nei casi dell’art. 117, secondo comma, della Costituzione, e alle Regioni nelle altre ipotesi”. Nelle materie affidate alla propria competenza, la Regione dovrebbe, infatti, non solo disciplinare l’aspetto sostanziale della materia in questione, ma anche allocare le funzioni amministrative, nonché “prevedere le conseguenze a fronte di una eventuale inadempienza degli enti locali nell’esercizio delle funzioni conferite”: altrimenti si rischierebbe di compromettere l’effettivo perseguimento degli obiettivi da parte del sistema.
In relazione agli specifici parametri costituzionali invocati nel ricorso, la Regione Toscana osserva anzitutto che l’art. 114 non potrebbe dirsi violato, dal momento che tale disposizione – come questa stessa Corte avrebbe riconosciuto nella recente sentenza n. 274 del 2003 – non implica una totale equiparazione degli enti in essa menzionati. In particolare, solo lo Stato e le Regioni sono dotati della potestà legislativa, e conseguentemente a loro, ciascuno nelle materie di rispettiva competenza, spetta di “chiudere il sistema normativo con la previsione del potere sostitutivo”. Né sarebbe violato, del resto, l’art. 117, secondo comma, lettera p), perché il suddetto potere sostitutivo non è previsto dalla legge regionale nei confronti di quelle funzioni che la legge statale determinerà come funzioni fondamentali degli enti locali, riguardando viceversa “l’area non coperta dalla disciplina statale delle funzioni in parola”. Infine, non potrebbe dirsi violato l’art. 120, dal momento che quest’ultimo “non esaurisce la disciplina del potere sostitutivo”, limitandosi a prevedere “un potere eccezionale da esercitarsi dal Governo per garantire l’unità complessiva del sistema a fronte delle particolari situazioni ivi previste, ritenute idonee a minare la medesima”. Ciò sarebbe confermato anche dalla recente legge 5 giugno 2003, n. 131 (Disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3), “la quale non esclude affatto dall’ambito della legislazione regionale la disciplina dell’esercizio del potere sostitutivo nei confronti degli enti locali che omettano di esercitare i compiti previsti dalla legislazione regionale”.
In ogni caso, conclude la Regione resistente, se si dovesse accogliere la ricostruzione proposta dal Governo – se si ritenesse, cioè, che la Regione non possa disciplinare l’esercizio del potere sostitutivo – quest’ultima “dovrebbe segnalare al Governo, ex art. 120 della Costituzione, i casi in cui gli enti locali sono inadempienti rispetto a previsioni della legge regionale ed il Governo dovrebbe valutare la sussistenza dei presupposti di cui all’art. 120 medesimo”. Conseguenza, questa, da ritenere senz’altro paradossale, oltreché contrastante con la autonomia costituzionalmente garantita delle Regioni, dal momento che verrebbe affidata al Governo la decisione “discrezionale e politica” di perseguire o meno gli obiettivi fissati dalle leggi regionali mediante lo strumento del potere sostitutivo.
Considerato in diritto
1. – Il Presidente del Consiglio dei ministri ha proposto questione di legittimità costituzionale degli articoli 6, comma 3, 8, comma 3, 9, 10 e 24 della legge della Regione Toscana 26 luglio 2002, n. 29, recante “Modifiche alla legge regionale 18 maggio 1998, n. 25 (Norme per la gestione dei rifiuti e la bonifica dei siti inquinati) e successive modificazioni e modifiche alla legge regionale 29 luglio 1996, n. 60 (Disposizioni per l’applicazione del tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti solidi di cui all’art. 3 della L. 28 dicembre 1995, n. 549), e successive modificazioni”, per violazione degli articoli 114, 117 e 120 della Costituzione.
Secondo il ricorrente, tali disposizioni contrasterebbero con l’art. 120 della Costituzione, per il fatto che quest’ultimo, al secondo comma, riserverebbe al solo Governo il potere di sostituirsi agli organi delle Città metropolitane, delle Province e dei Comuni nei casi indicati, affidando unicamente alla legge statale il compito di definire le relative procedure, nel rispetto dei principi di sussidiarietà e di leale collaborazione. In questo senso deporrebbero anche l’art. 114 della Costituzione, l’art. 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione, che attribuisce alla potestà legislativa esclusiva dello Stato la materia “organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane”, nonché l’esigenza di una disciplina unica o fortemente coordinata delle modalità di esercizio dei poteri sostitutivi.
2. – In via preliminare, deve essere accolto il rilievo della difesa regionale relativo all’estraneità dell’art. 8, comma 3, dell’art. 10 e dell’art. 24, commi 1, 2 e 4, della legge della Regione Toscana n. 29 del 2002 rispetto alle ragioni della pretesa incostituzionalità fatte valere nell’atto introduttivo del presente giudizio. Tanto il ricorso, quanto la relazione del Ministro per gli affari regionali allegata alla delibera del Consiglio dei ministri che autorizza l’impugnazione della legge, fanno esclusivo riferimento alla disciplina di poteri sostitutivi regionali dei quali si contesta il contrasto con l’invocata riserva di competenza statale in materia. Le disposizioni appena richiamate non contengono alcuna disciplina in materia di poteri sostitutivi e dunque la loro impugnazione risulta inammissibile, non potendo in alcun modo ritenersi sostenuta dai motivi del ricorso. Conseguentemente la questione di legittimità costituzionale su cui questa Corte è chiamata a pronunciarsi nel merito va circoscritta ai soli articoli 6, comma 3, 9 e 24, comma 3, della legge impugnata, tenendo conto – inoltre – che quest’ultima disposizione si limita a richiamare l’applicabilità di quanto disposto dall’art. 22, commi 1 e 2, della legge regionale n. 25 del 1998 così come modificato dall’art. 9 oggetto di censura nel presente giudizio.
3. – Tale questione non è fondata.
Come questa Corte ha già avuto modo di evidenziare nella sentenza n. 43 del 2004, i poteri che comportano la sostituzione nel compimento di atti di organi di un ente rappresentativo ordinariamente competente da parte di organi di un altro ente, ovvero la nomina da parte di questi ultimi di organi straordinari dell’ente “sostituito” per il compimento degli stessi atti, concorrono a configurare e a limitare l’autonomia dell’ente nei cui confronti opera la sostituzione, e devono quindi trovare fondamento esplicito o implicito nelle norme o nei principi costituzionali che tale autonomia prevedono e disciplinano.
Tali affermazioni erano sottese anche alla giurisprudenza formatasi prima della riforma del Titolo V della Costituzione operata dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), sia pure con prevalente riferimento ad ipotesi di sostituzione dello Stato nei confronti delle Regioni, previste per la tutela di interessi unitari allora affidati alla finale responsabilità dello Stato. In quel contesto, come è noto, spettavano alle Regioni le funzioni amministrative nelle materie di cui all’art. 117, primo comma, della Costituzione, mentre le funzioni degli enti locali territoriali erano determinate in termini di principio dalle leggi generali della Repubblica di cui all’art. 128 della Costituzione, e la puntuale individuazione delle stesse era demandata alle leggi dello Stato per le materie di competenza statale e per le funzioni di “interesse esclusivamente locale” pur inerenti alle materie di competenza regionale. L’eventualità della sostituzione di organi regionali agli enti locali, esclusa nelle materie in cui la Regione non aveva competenze legislative e amministrative (sentenza n. 104 del 1973), poteva invece fondarsi sulle leggi regionali di delega o di “conferimento” di funzioni per le materie in cui, in base agli articoli 117 e 118 della Costituzione, le Regioni erano costituzionalmente titolari delle competenze amministrative, oltre che legislative.
Nel sistema del nuovo Titolo V, invece, l’art. 117, secondo comma, lettera p), comprende nella competenza legislativa esclusiva dello Stato la determinazione delle sole “funzioni fondamentali” di Comuni, Province e Città metropolitane, mentre l’art. 118, primo comma, attribuisce in via di principio ai Comuni, in tutte le materie, “le funzioni amministrative”, salva la possibilità che esse, al fine di assicurarne l’esercizio unitario, siano conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza. Pertanto, in virtù dell’art. 118 Cost., sarà sempre la legge, statale o regionale, in relazione al riparto delle competenze legislative, ad operare la concreta allocazione delle funzioni, in conformità alla generale attribuzione costituzionale ai Comuni o in deroga ad essa per esigenze di “esercizio unitario”, a livello sovracomunale, delle funzioni medesime.
In questo quadro, anche l’eventuale previsione di eccezionali sostituzioni di un livello di governo ad un altro per il compimento di specifici atti o attività, considerati dalla legge necessari per il perseguimento degli interessi di livello superiore coinvolti, e non posti in essere tempestivamente dall’ente competente, non può che rientrare, in via di principio e salvi i limiti e le condizioni di cui si dirà, nello stesso schema logico, affidato nella sua attuazione al legislatore competente per materia, sia esso quello statale o quello regionale. Ragionando altrimenti, infatti, si giungerebbe all’assurda conseguenza che, per evitare la compromissione di interessi di livello superiore che richiedono il compimento di determinati atti o attività, derivante dall’inerzia anche solo di uno degli enti competenti, il legislatore (statale o regionale) non avrebbe altro mezzo se non allocare la funzione ad un livello di governo più comprensivo: conseguenza evidentemente sproporzionata e contraria al criterio generale insito nel principio di sussidiarietà (si veda ancora, al riguardo, la sentenza n. 43 del 2004).
Il nuovo art. 120 della Costituzione – il quale non può che essere letto in tale contesto – deriva invece dalla preoccupazione di assicurare comunque, in un sistema di più largo decentramento di funzioni quale quello delineato dalla riforma, la possibilità di tutelare, anche al di là degli specifici ambiti delle materie coinvolte e del riparto costituzionale delle funzioni amministrative, taluni interessi essenziali che il sistema costituzionale attribuisce alla responsabilità dello Stato, quali sono il rispetto degli obblighi internazionali e comunitari, il mantenimento dell’ordine e della sicurezza pubblica, la tutela in tutto il territorio nazionale dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, nonché il mantenimento dell’unità giuridica ed economica del complessivo ordinamento repubblicano.
Gli interventi governativi contemplati dall’art. 120, secondo comma, hanno dunque carattere “straordinario” ed “aggiuntivo”, come risulta sia dal fatto che esso allude alle emergenze istituzionali di particolare gravità, che comportano rischi di compromissione relativi ad interessi essenziali della Repubblica, sia dalla circostanza che nulla, nella norma, lascia pensare che si sia inteso con essa smentire la consolidata tradizione legislativa che ammetteva pacificamente interventi sostitutivi, nei confronti degli enti locali, ad opera di organi regionali.
Come più ampiamente evidenziato nella già citata sentenza n. 43 del 2004, l’art. 120 Cost., quindi, non esaurisce, concentrandole tutte in capo allo Stato, le possibilità di esercizio di poteri sostitutivi, ma si limita a prevedere un potere sostitutivo straordinario, da esercitarsi da parte del Governo nei casi e per la tutela degli interessi ivi indicati; viceversa, tale norma lascia impregiudicata l’ammissibilità di altri casi di interventi sostitutivi, configurabili dalla legislazione di settore, statale o regionale, in capo ad organi dello Stato o delle Regioni, o di altri enti territoriali. Poiché però, come si è detto, tali interventi sostitutivi costituiscono una eccezione rispetto al normale svolgimento di attribuzioni degli enti locali, soggetti rappresentativi dotati di autonomia politica, attribuzioni definite dalla legge sulla base di criteri oggi assistiti da garanzia costituzionale, debbono valere nei confronti di essi condizioni e limiti non diversi da quelli elaborati nella ricordata giurisprudenza di questa Corte in relazione ai poteri sostitutivi dello Stato nei confronti delle Regioni.
In primo luogo, dunque, le ipotesi di esercizio di poteri sostitutivi devono essere previste e disciplinate dalla legge (sentenza n. 338 del 1989), che deve altresì definirne i presupposti sostanziali e procedurali; in secondo luogo, la sostituzione può essere prevista solo per il compimento di atti o attività “prive di discrezionalità nell’an (anche se non necessariamente nel quid o nel quomodo)” (sentenza n. 177 del 1988), la cui obbligatorietà sia il riflesso degli interessi di livello superiore alla cui salvaguardia provvede l’intervento sostitutivo; ancora, il potere sostitutivo deve essere esercitato da un organo di governo della Regione o sulla base di una decisione di questo, a causa dell’attitudine dell’intervento ad incidere sull’autonomia costituzionale dell’ente sostituito (sentenze n. 460 del 1989 e n. 313 del 2003); da ultimo, è necessario che la legge predisponga congrue garanzie procedimentali per l’esercizio del potere sostitutivo, in conformità al principio di leale collaborazione: dovrà dunque essere previsto un procedimento nel quale l’ente sostituito sia messo in grado di interloquire e di evitare la sostituzione attraverso l’autonomo adempimento (sentenza n. 416 del 1995 e ordinanza n. 53 del 2003).
4. – Le disposizioni censurate, nel prevedere poteri sostitutivi della Regione, risultano conformi ai criteri appena indicati. In particolare, per quanto attiene agli articoli 6, comma 3, e 9 (quest’ultimo nella parte in cui riformula l’art. 22, comma 2, della legge regionale n. 25 del 1998), anzitutto in entrambi i casi la sostituzione è prevista per attività prive di discrezionalità nell’an per l’ente ordinariamente competente; inoltre, le due disposizioni fanno esplicito riferimento alla legge regionale 31 ottobre 2001, n. 53 (Disciplina dei commissari nominati dalla Regione), la quale disciplina analiticamente la nomina dei commissari e l’esercizio dei loro poteri nei casi in cui la Regione debba per legge sostituirsi ad enti che risultino inadempienti con riferimento ad attività previste come obbligatorie, soddisfacendo così le esigenze che l’intervento sostitutivo sia esercitato almeno sulla base della decisione di un organo di governo della Regione e che siano assicurate idonee garanzie procedimentali nei confronti degli enti da sostituire.
Analoghe considerazioni valgono per l’art. 9 (nella parte in cui riformula il nuovo art. 22, comma 1, della legge regionale n. 25 del 1998), là dove stabilisce che i poteri sostitutivi riconosciuti alla Regione per l’approvazione dei piani provinciali di gestione dei rifiuti siano quelli dell’art. 6 della legge regionale 1° dicembre 1998, n. 88 (Attribuzione agli Enti locali e disciplina generale delle funzioni amministrative e dei compiti in materia di urbanistica e pianificazione territoriale, protezione della natura e dell’ambiente, tutela dell’ambiente dagli inquinamenti e gestione dei rifiuti, risorse idriche e difesa del suolo, energia e risorse geotermiche, opere pubbliche, viabilità e trasporti conferite alla Regione dal d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112), che ne affida l’esercizio alla Giunta regionale dopo che il Presidente della Regione – preso atto dell’inadempienza – abbia diffidato l’ente ordinariamente competente a provvedere entro un congruo termine.
E’ evidente che la congruità di tale termine dovrà essere valutata in relazione agli specifici atti o attività da compiere ed alla loro complessità, con la conseguenza che, ove esso appaia in concreto inadeguato, in quanto troppo breve, potranno essere attivati i rimedi previsti dall’ordinamento.
Risultano conseguentemente infondati anche i rilievi formulati nei confronti dell’art. 24, comma 3, della legge regionale n. 29 del 2002, dal momento che tale disposizione si limita a richiamare, anche per la fase transitoria, l’applicabilità dell’art. 22, commi 1 e 2, della legge regionale n. 25 del 1998, così come modificato dall’art. 9 della legge impugnata.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 8, comma 3, dell’art. 10 e dell’art. 24, commi 1, 2 e 4 della legge della Regione Toscana 26 luglio 2002, n. 29, recante “Modifiche alla legge regionale 18 maggio 1998, n. 25 (Norme per la gestione dei rifiuti e la bonifica dei siti inquinati) e successive modificazioni e modifiche alla legge regionale 29 luglio 1996, n. 60 (Disposizioni per l’applicazione del tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti solidi di cui all’art. 3 della L. 28 dicembre 1995, n. 549), e successive modificazioni”, sollevata dal Presidente del Consiglio dei ministri, in riferimento agli articoli 114, 117 e 120 della Costituzione, con il ricorso indicato in epigrafe;
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 6, comma 3, dell’art. 9 e dell’art. 24, comma 3, della predetta legge della Regione Toscana 26 luglio 2002, n. 29, sollevata dal Presidente del Consiglio dei ministri, in riferimento agli articoli 114, 117 e 120 della Costituzione, con il ricorso indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23 febbraio 2004.
Gustavo ZAGREBELSKY, Presidente
Ugo DE SIERVO, Redattore
Depositata in Cancelleria il 2 marzo 2004.