Consiglio di Stato Sez. IV n. 9542 del 3 dicembre 2025
Rifiuti.Rapporti tra giudizio penale e giudizio amministrativo

La sentenza penale di assoluzione fa stato nel giudizio amministrativo esclusivamente quanto ai fatti materiali che vi si affermano avvenuti o non avvenuti e che sono stati oggetto del giudizio penale, ai sensi dell'art. 654 c.p.p. e non già quanto alla qualificazione dell’antigiuridicità, evidentemente operata ai soli effetti della sussistenza del reato imputato, rispetto alla quale il giudice amministrativo non è condizionato dalla pronuncia penale resa sugli stessi fatti materiali (fattispecie in tema di ordinanza sindacale di rimozione rifiuti)

Pubblicato il 03/12/2025

N. 09542/2025REG.PROV.COLL.

N. 00956/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 956 del 2023, proposto dal signor -OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati Emanuela Antonella Barison e Manuela Caporale, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

il Comune di -OMISSIS-, non costituito in giudizio;

nei confronti

-OMISSIS-, non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione prima) n. -OMISSIS-, resa tra le parti.


Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatrice nell'udienza pubblica del giorno 25 settembre 2025 la consigliera Silvia Martino;

Viste le conclusioni della parte, come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. L’odierno appellante con il ricorso di primo grado impugnava l’ordinanza sindacale n. 9 del 2 luglio 2021, avente ad oggetto l'intimazione “ad avviare completamente a recupero/smaltimento i rifiuti da demolizione/escavazione illecitamente smaltiti, mediante interramento, presso il terreno censito a catasto foglio 25, particella 310 del Comune di -OMISSIS-, per un quantitativo stimato di circa 40mc”.

1.1. Con il ricorso di primo grado venivano dedotti quattro mezzi di gravame (da pag. 5 a pag. 16).

2. Nella resistenza del Comune di -OMISSIS-, con la sentenza oggetto dell’odierna impugnativa, il T.a.r.:

- ha respinto l’istanza di sospensione del giudizio, ai sensi dell’art 295 c.p.c., in relazione alla pendenza del giudizio penale di opposizione al decreto penale di condanna n. 15/22 del 15 marzo 2022, scaturito dai medesimi accertamenti di polizia giudiziaria posti alla base dell’ordinanza sindacale impugnata;

- ha respinto il ricorso nel merito;

- ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese di lite.

3. L’appello del signor -OMISSIS- è affidato ai seguenti motivi:

I. Error in iudicando, per mancata applicazione degli artt. 79 e 295 c.p.c.

Nel corso del giudizio di primo grado, era stato notificato all’odierno appellante il decreto penale di condanna per gli stessi fatti posti alla base del provvedimento impugnato.

Il primo giudice ha ritenuto che la sospensione fosse contraria al principio di celere definizione del giudizio e che, comunque, l’Amministrazione avesse fondato il suo convincimento non sulla commissione di un reato bensì “sul qualificato accertamento di fatti e condotte da parte della polizia giudiziaria, accertamento che, come detto, può in quanto tale essere oggetto di valutazione in diversi contesti”.

In precedenza, però, lo stesso T.a.r. aveva adottato un’ordinanza interlocutoria al fine di acquisire gli stessi atti posti alla base del procedimento penale.

Quanto poi al rilievo secondo cui “persino il giudicato penale, ove mai favorevole al ricorrente, non sarebbe opponibile al comune in quanto non parte del giudizio penale sicché non resta comprensibile l’esigenza di attendere una definizione di giudizio che, come tale, potrebbe anche restare non dirimente, mantenendo l’amministrazione per definizione una sua autonoma facoltà di valutazione dei fatti, per non dire di una eventuale declaratoria di prescrizione, data la natura contravvenzionale del reato, a anch’essa scarsamente utile ai fini del presente giudizio”, l’appellante fa osservare che, trattandosi di reato ambientale, il Comune avrebbe ancora potuto costituirsi parte civile nel processo penale; in ogni caso, a fondamento del provvedimento amministrativo, vi sono le stesse circostanze oggetto del procedimento penale.

Il T.a.r. ha poi contraddittoriamente affermato che l’Amministrazione mantiene “per definizione una sua autonoma facoltà di valutazione dei fatti”, salvo poi statuire che il Comune ha posto in essere un’attività vincolata visto l’esito degli accertamenti svolti dai Carabinieri forestali.

II. Error in iudicando: Violazione di Legge per violazione e/o falsa applicazione degli artt. 3 e 7 Legge 7 agosto 1991 n. 241 e ss.mm.ii.; Eccesso di potere per errata interpretazione dei fatti presupposti; manifesta illogicità, ingiustizia grave e manifesta, sviamento, carenza di istruttoria.

a) L’appellante aveva denunziato anche la totale assenza di attività istruttoria in capo al Comune ai fini dell’adozione dell’ordinanza gravata.

Secondo il T.a.r. “il ricorrente si è limitato ad apoditticamente negare di avere effettuato l’abbandono dei rifiuti, in evidente contrasto con gli esiti di una attività di polizia giudiziaria, senza per altro offrire alcun utile contributo”.

Il primo giudice avrebbe preteso dal ricorrente una probatio diabolica, ovvero provare l’inesistenza di una condotta attiva, in relazione alla quale gli accertamenti svolti in sede penale avrebbero potuto essere molto più pregnanti e precisi.

La stessa Amministrazione aveva affermato di essersi esclusivamente attenuta all’accertamento svolto dalla Regione Carabinieri Forestali Piemonte e che pertanto “le osservazioni non hanno alcun rilievo ai fini dell’emissione del provvedimento di ripristino”.

L’Amministrazione ha quindi ritenuto inutile la partecipazione del destinatario dell’ordinanza.

Su tale censura, il T.a.r. non si è espresso.

b) Sul quarto motivo del ricorso principale. Error in iudicando: Violazione di legge per violazione e falsa applicazione dell’art. 192, comma 3, d.lgs. n. 152 del 2006 e ss. mm. ii; Violazione del principio di imputabilità soggettiva della condotta e di ragionevole esigibilità; Eccesso di potere per illogicità, ingiustizia grave e manifesta, erronea interpretazione ed applicazione delle norme.

Con il quarto motivo di ricorso l’odierno appellante aveva dedotto di non operare sul mercato ormai da diversi anni, nonché di essere titolare di appezzamenti di terreno vicini a quelli di che trattasi.

Dai verbali dei Carabinieri non si evincerebbe come si sia arrivati a determinare la responsabilità dell’esponente. Sul punto la sentenza richiama il contenuto dei verbali a SIT e si basa sulle denunce di alcuni vicini, già svolte in passato nei suoi confronti, e che non hanno avuto alcun seguito in sede penale.

Tutte le testimonianze raccolte sono relative al vicino, signor -OMISSIS-, ai suoi parenti, ovvero a persone che apprendono i fatti dal signor -OMISSIS- stesso e che dichiarano di non aver assistito ai fatti.

Secondo i verbali in esame “Dall’estesa istruttoria condotta emergono una pluralità di testimonianze univoche e convergenti che individuano il -OMISSIS-come l’autore di plurimi scarichi abusivi nell’area in contestazione oltre che di una, altrimenti incomprensibile, iniziativa di spianamento e copertura con sfalci dell’area di scarico”. In realtà vi sarebbe solo la testimonianza del signor -OMISSIS- mentre tutte le altre si riconducono a fatti da quest’ultimo riferiti.

L’appellante soggiunge che, in occasione del sopralluogo con i Carabinieri, si è recato sul posto e, come ha fatto notare in quell’occasione, si è accorto che il cumulo di rifiuti non insiste neppure sul terreno del signor Chiera, ma su quello confinante. La contestazione mossa al ricorrente, inoltre, è di aver abbandonato 40mc di materiale sul terreno individuato. Come potrebbe evincersi dalle fotografie allegate (doc. n. 11, depositato in primo grado), si tratterebbe in realtà di detriti di ben minore entità.

Vi sarebbe stata anche sotto questo profilo una evidente carenza di istruttoria.

III. Error in iudicando: Violazione di legge per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 3, 7 Legge 7 agosto 1991 n. 241 e ss.mm.ii., sotto altro profilo, in combinato disposto con l’art. 192 D.Lgs. n. 152 del 3/4/2006; Eccesso di potere per errata interpretazione dei fatti presupposti; manifesta illogicità, ingiustizia grave e manifesta, sviamento, carenza di istruttoria.

L’ordinanza è stata notificata al solo ricorrente con estromissione ingiustificata del proprietario del terreno il quale, a seguito della comunicazione di avvio del procedimento, non ha negato il proprio coinvolgimento, né si è dichiarato estraneo ai fatti contestati.

IV. Error in iudicando: Violazione di legge per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 50 TUEL e dell’art. 192 comma 3 D.Lgs. n. 152/2006 anche in combinato disposto tra loro; eccesso di potere per contraddittorietà, difetto di motivazione e violazione dell'art. 3 L. 241/90. Incompetenza.

Nell’ordinanza impugnata si richiama per relationem il contenuto del verbale redatto dai Carabinieri Forestali. Nella medesima ordinanza viene tuttavia richiamato anche l’art. 50 T.U.E.L., a dire del ricorrente del tutto illegittimamente.

Il potere in esame, nel caso, non potrebbe essere esercitato in quanto, come chiaramente rappresentato nel verbale dei Carabinieri Forestali, non v’è alcuna situazione di urgenza e/o pericolo.

Secondo il T.a.r., il richiamo all’art. 50 TUEL sarebbe un “mero refuso” in quanto “il provvedimento, in più punti, richiama l’art. 192 comma 3 del d.lgs. n. 152/2006 e chiaramente indentifica il -OMISSIS- come responsabile di tale abbandono, ingiungendogli la rimozione dei rifiuti”.

Secondo l’appellante, al contrario, vi sarebbe stata una vera e propria erronea spendita di potere da parte dell’Amministrazione procedente.

3. Il Comune intimato non si è costituito in giudizio.

4. L’appello è passato in decisione, una prima volta, alla pubblica udienza del 23 gennaio 2025.

5. Con ordinanza collegiale n. 2059 del 12 marzo 2025, sono stati disposti incombenti istruttori onerando il ricorrente di produrre l’attestazione relativa al passaggio in giudicato della sentenza di assoluzione n. 331/2023 del 24 marzo 2023 del Tribunale di Cuneo.

Detti incombenti sono stati successivamente eseguiti.

6. L’appello, infine, è passato in decisione alla pubblica udienza del 25 settembre 2025.

7. L’appello è fondato.

Al riguardo, il Collegio rileva che, all’esito del procedimento penale per gli stessi fatti in relazione ai quali è stata emessa l’ordinanza di rimozione oggetto dell’odierna impugnativa, il signor -OMISSIS- è stato assolto “per non avere commesso il fatto”

Nello specifico, il giudice penale ha accertato, in sintesi, che “Il quadro risultante dall’istruttoria non può dunque dirsi univoco; esso è stato verosimilmente condizionato dal rapporto di elevata conflittualità intercorrente tra l’imputato e la famiglia -OMISSIS-, e, in ogni caso, non può dirsi emersa la prova certa della colpevolezza dell’imputato, il quale va dunque assolto con la formula del capoverso per non avere commesso il fatto”.

8. Per quanto riguarda i rapporti tra giudizio penale e giudizio amministrativo l’art. 654 c.p.p. dispone che “1. Nei confronti dell'imputato, della parte civile e del responsabile civile che si sia costituito o che sia intervenuto nel processo penale, la sentenza penale irrevocabile di condanna o di assoluzione pronunciata in seguito a dibattimento ha efficacia di giudicato nel giudizio civile o amministrativo, quando in questo si controverte intorno a un diritto o a un interesse legittimo il cui riconoscimento dipende dall'accertamento degli stessi fatti materiali che furono oggetto del giudizio penale, purché i fatti accertati siano stati ritenuti rilevanti ai fini della decisione penale e purché la legge civile non ponga limitazioni alla prova della posizione soggettiva controversa”.

Pertanto, la sentenza penale di assoluzione fa stato nel giudizio amministrativo esclusivamente quanto ai fatti materiali che vi si affermano avvenuti o non avvenuti e che sono stati oggetto del giudizio penale, ai sensi dell'art. 654 c.p.p. e non già quanto alla qualificazione dell’antigiuridicità, evidentemente operata ai soli effetti della sussistenza del reato imputato, rispetto alla quale il giudice amministrativo non è condizionato dalla pronuncia penale resa sugli stessi fatti materiali (ex plurimis, Cons. Stato, Sez. V, 2 agosto 2010, n. 5085).

Il carattere vincolante, nei riguardi del giudizio amministrativo, dell'accertamento compiuto dal giudice penale è quindi subordinato alla ricorrenza di presupposti rigorosi:

- sotto il profilo soggettivo, il giudicato è vincolante solo nei confronti dell’imputato, della parte civile e del responsabile civile che si sia costituito o che sia intervenuto nel processo penale.

- sotto il profilo oggettivo, il vincolo copre solo l’accertamento dei "fatti materiali" e non anche la loro qualificazione o valutazione giuridica, che rimane circoscritta al processo penale e non può condizionare l’autonoma valutazione da parte del giudice amministrativo o civile o dell’Amministrazione (cfr., ex multis, Cons. Stato, Sez. VI, 10 novembre 2023, n. 9665).

9. Nel caso in esame, il Comune intimato non si è costituito parte civile nel processo penale.

Tale circostanza però non esclude che, dal giudicato penale, il giudice amministrativo possa trarre argomenti di convincimento in ordine alla valutazione della legittimità del potere amministrativo che, nel caso di specie, è stato esercitato esclusivamente sulla base degli stessi elementi che, in sede penale, non sono stati ritenuti sufficienti a comprovare la colpevolezza dell’odierno appellante.

Dagli atti di causa risulta infatti che il provvedimento impugnato sia motivato “per relationem” mediante richiamo alla nota n. 167/2021, con cui i Carabinieri forestali hanno comunicato al Comune che “a seguito di accertamenti svolti dalla Scrivente Stazione, si è riscontrata l’effettuazione di una attività di smaltimento rifiuti non autorizzata, effettuata dall’impresa individuale -OMISSIS- [...]”.

Il Comune, dal canto suo, non ha condotto alcun ulteriore accertamento sul rilievo che “l’autorità amministrativa non ha potere giudicante su quanto affermato dal sig. -OMISSIS- e non può che attenersi all’accertamento svolto dalla Regione Carabinieri Forestale “Piemonte” [...]”.

Non avendo l’Amministrazione svolto alcuna autonoma valutazione o approfondimento istruttorio diverso e/o ulteriore rispetto a quello che è stato confutato in sede penale, il provvedimento impugnato risulta effettivamente viziato dalla carenza di istruttoria ed erronea presupposizione in fatto, denunciata dal ricorrente.

10. Per quanto sopra argomentato, anche alla luce dell’esito della vicenda penale, assorbita ogni altra censura, l’appello deve essere accolto.

Ne consegue, in riforma della sentenza impugnata, l’accoglimento del ricorso di primo grado e l’annullamento dell’atto impugnato.

Data la peculiarità della vicenda, sussistono i presupposti di legge per la compensazione tra le parti delle spese del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, di cui in epigrafe, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza del TAR, accoglie il ricorso proposto in primo grado e annulla l’ordinanza sindacale n. 9 del 2 luglio 2021.

Spese del doppio grado compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 10 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare l’appellante e/o i soggetti citati nella presente pronuncia.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 25 settembre 2025 con l'intervento dei magistrati:

Vincenzo Neri, Presidente

Silvia Martino, Consigliere, Estensore

Giuseppe Rotondo, Consigliere

Emanuela Loria, Consigliere

Ofelia Fratamico, Consigliere