Consiglio di Stato Sez. V n. 962 del 2 febbraio 2021
Rifiuti.Ordinanze contingibili e urgenti in materia di affidamento o di proroga degli appalti di servizi di raccolta dei rifiuti

Il ricorso alle ordinanze contingibili e urgenti in materia di affidamento o di proroga degli appalti di servizi di raccolta dei rifiuti, precisando finanche che esse prescindono dall’imputabilità delle cause che hanno generato la situazione di pericolo cui si tratta di ovviare, in quanto l’urgenza del provvedere all’eliminazione della situazione di pericolo, prescinde dall’accertamento dell’eventuale responsabilità della provocazione di quest’ultimo, poiché non ha natura sanzionatoria, e perciò, ai fini dell’adozione dell’ordinanza, non rileva chi o cosa abbia determinato la situazione di pericolo che il provvedimento è volto ad affrontare

Pubblicato il 02/02/2021

N. 00962/2021REG.PROV.COLL.

N. 04464/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4464 del 2014, proposto dalla Società Cosir S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Matilde Mura, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Giovanni Contu in Roma, via Massimi, n. 154,

contro

il Comune di Arzachena, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Stefano Forgiarini, domiciliato presso la segreteria sezionale del Consiglio di Stato in Roma, piazza Capo di Ferro, n. 13,

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna, (Sezione Prima), n. 793/2013, resa tra le parti, concernente l’ordine di prosecuzione del servizio di igiene urbana, con richiesta di risarcimento del danno.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Arzachena;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 22 dicembre 2020, il Consigliere Antonella Manzione.

L’udienza si svolge, ai sensi dell’art. 4, comma 1, del d.l. 30 aprile 2020, n. 28, convertito, con modificazioni, dalla l. 25 giugno 2020, n. 70, e dell’art. 25, commi 1 e 2, del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla l. 18 dicembre 2020, n. 176, attraverso videoconferenza con l’utilizzo di piattaforma “Microsoft Teams”, come previsto dalla circolare n. 6305 del 13 marzo 2020 del Segretario Generale della Giustizia Amministrativa.

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con l’odierno appello la Società Cosir S.r.l. ha impugnato la sentenza del T.A.R. per la Sardegna n. 793 del 3 dicembre 2013, con la quale sono stati respinti sia il ricorso n.r.g. 903/2008 per l’annullamento dell’ordinanza del Sindaco del Comune di Arzachena n. 129 del 24 luglio 2008, che le aveva imposto la prosecuzione del servizio di “igiene urbana”; sia i successivi motivi aggiunti, comprensivi di richiesta risarcitoria, avverso l’ordinanza sindacale del 29 maggio 2009, n. 75, che aveva invece ridotto l’ambito delle prestazioni precedentemente ingiunte. Il Tribunale adito, ritenuti sussistenti i presupposti di contingibilità e urgenza dei provvedimenti impugnati, ha valutato non riconducibile agli stessi, in ragione di tale peculiare natura, un affidamento meritevole di tutela allo svolgimento del servizio nella consistenza iniziale. La sottrazione di parte di esso, peraltro, in quanto da ascrivere ad inadempimenti dell’impresa, regolarmente contestati, sarebbe ulteriormente giustificata, non ravvisandosi al contrario alcun profilo di responsabilità nel comportamento del Comune. Da ultimo, ha ricordato come la Società non abbia attivato istanze cautelari contro la seconda ordinanza, preferendo radicare solo il ricorso e la domanda risarcitoria.

2. In via preliminare, parte appellante ha circoscritto il perimetro dell’appello alla sola asserita illegittimità della seconda ordinanza sindacale, n. 75/2009. Essa avrebbe indebitamente limitato l’ampiezza del servizio affidatole con il precedente provvedimento sindacale n. 129/2008, salvo “riespanderne” la consistenza intervenendo sull’atto in autotutela con l’ordinanza n. 61 del 4 luglio 2011, conseguito ai rilievi dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato sull’affidamento ad una società in house. In sintesi, l’interruzione di una parte dei servizi affidati si sarebbe protratta dalla data della ordinanza n. 75 del 2009, ovvero il 29 maggio 2009, alla sua revoca, avvenuta, come sopra ricordato, il 4 luglio 2011. Ha quindi articolato quattro distinti motivi di censura.

Con un primo motivo di appello contesta l’inadempienza cui sarebbe stata da ricondurre la sottrazione di alcuni servizi (motivo sub 1); con un secondo motivo, rivendica l’affidamento alla prosecuzione degli stessi, sul sostanziale assunto che il rapporto conseguito al provvedimento originario era privo dei caratteri della temporaneità, come confermato anche dal comportamento successivo ai fatti di causa serbato dall’Amministrazione (v. atto del 25 luglio 2012, di ampliamento dei servizi a nuove e ulteriori attività - motivo sub 2); il venir meno dell’affidamento in house, giusta la mancanza di requisiti nella Società individuata allo scopo, eccepita dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato, diversamente da quanto affermato dal primo giudice doveva far ricadere nuovamente la scelta necessariamente sull’appellante, in quanto unico soggetto in grado di garantirne lo svolgimento senza soluzione di continuità (motivo sub 3); nessun rilievo, infine, si sarebbe dovuto attribuire alla mancata proposizione di una domanda cautelare per “congelare” l’efficacia della seconda ordinanza, stante che la relativa scelta, lungi dall’integrare un concorso di colpa nella causazione del danno ascritto al Comune, sarebbe casomai indice dell’approccio responsabile della Società alle problematiche di pubblico interesse, tenuto conto delle comprensibili esigenze di un centro turistico e litoraneo all’approssimarsi della stagione estiva (motivo sub 4).

Ha pertanto riformulato l’istanza risarcitoria, quantificando l’importo richiesto in una somma pari ad € 54.526,44 per l’anno 2009 ed € 89.210,79 per tutti gli anni successivi, fino alla ripresa del servizio globale avvenuta il 4 luglio 2011, corrispondenti al mancato utile per ogni anno di servizio sottratto, al costo per il mancato impiego del personale e a quello per il “fermo mezzi” (motivo sub 5).

3. Il Comune di Arzachena si è costituito con atto di stile. Con successiva memoria, versata in atti in data 18 novembre 2020, ha effettuato una analitica ricostruzione degli antefatti sottesi alla adozione dei provvedimenti contingibili e urgenti impugnati, ovvero la necessità di far fronte all’avvenuto annullamento in via giurisdizionale dell’aggiudicazione alla medesima Società dell’appalto del servizio di igiene urbana (sentenza n. 1297 del 2008 del T.A.R. per la Sardegna, confermata dal Consiglio di Stato con la decisione n. 3732 del 2010, cui aveva altresì fatto seguito la declaratoria, con sentenza del Consiglio di Stato n. 5972/2011, di inammissibilità del ricorso per revocazione). Nel merito contestava tutte le deduzioni avversarie.

4. In vista dell’udienza, la Società ha presentato memoria di replica nonché note, insistendo nella propria prospettazione, con particolare riguardo alle ritenute inadempienze, insussistenti in quanto riconducibili piuttosto ad «eccezionali ed imprevisti fattori climatici». La difesa civica a sua volta ha puntualizzato taluni elementi della propria contrapposta prospettazione.

5. Alla pubblica udienza del 22 dicembre 2020, previa richiesta scritta di entrambe le parti, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

6. Il Collegio ritiene l’appello infondato.

7. Alterando la sistematica dei motivi introdotti nel ricorso, si palesa dirimente lo scrutinio di quello rubricato sub n. 4.

Il primo giudice, a chiusura delle proprie considerazioni, ha inteso “segnalare” come «la parte privata non ha ritenuto neppure di attivare istanze cautelari, contro la seconda ordinanza 75/2009, preferendo radicare (solo) il ricorso e l’istanza risarcitoria (nel 2009) e attendere l’esito del giudizio (nella speranza di ottenere il risarcimento, senza provvedere all’esecuzione del servizio)». Tale opzione processuale, sussumibile nella previsione di cui all’art. 30, comma 3, c.p.a., porta ad escludere il risarcimento dei danni che si sarebbero potuti evitare usando l’ordinaria diligenza «anche attraverso l’esperimento degli strumenti di tutela previsti».

Pur trattandosi di norma introdotta successivamente alla proposizione del ricorso di primo grado, l’Adunanza plenaria, con la sentenza n. 3 del 2011, ha da tempo chiarito che la relativa regola della non risarcibilità dei danni evitabili con la diligente utilizzazione degli strumenti di tutela previsti dall’ordinamento, contenuta nell’art. 30 citato, ha portata ricognitiva di principi già evincibili dall’art. 1227 del codice civile ed è quindi applicabile anche alle azioni risarcitorie proposte prima dell’entrata in vigore del codice del processo amministrativo. L’omessa attivazione degli “strumenti di tutela”, dunque, tra i quali non può non ricomprendersi il rimedio cautelare, costituisce, nel quadro del comportamento complessivo delle parti, dato valutabile, alla stregua del canone di buona fede e del principio di solidarietà, ai fini della mitigazione e finanche dell’esclusione, come nel caso di specie, del danno in quanto evitabile con l’ordinaria diligenza (sul punto cfr. Cons. Stato, sez. IV, 4 dicembre 2020, n. 7699, in cui si è dato rilievo alla scelta della parte di rinvio al merito della domanda cautelare, così «rinunciando quindi al possibile intervento del giudice in quella sede per fronteggiare al danno occorsole nella fase antecedente alla sentenza di merito»). La norma, cioè, operando una ricognizione dei principi civilistici in tema di causalità giuridica e di principio di autoresponsabilità, sancisce la regola secondo cui la tenuta, da parte del danneggiato, di una condotta, anche processuale, contraria al principio di buona fede e al parametro della diligenza, che consenta la produzione di danni che altrimenti sarebbero stati evitati, recide il nesso causale che, ai sensi dell’art. 1223 c.c., deve legare la presunta condotta antigiuridica alle conseguenze risarcibili.

8. Afferma l’appellante che la scelta di non chiedere la sospensione cautelare dell’efficacia dell’ordinanza n. 75/2009 sarebbe da ascrivere piuttosto al proprio senso di responsabilità, nella consapevolezza della natura recessiva del proprio interesse meramente patrimoniale a fronte di quello pubblico prioritario di garantire l’igiene urbana di un Comune, quale quello di Arzachena, caratterizzato da un ampio flusso turistico nella stagione estiva, a ridosso della quale sono state adottate le ordinanze impugnate.

La ricostruzione non può essere condivisa. La sospensione cautelare dell’ordinanza n. 75 del 29 maggio 2009, infatti, ove ottenuta, avrebbe avuto l’effetto non di paralizzare lo svolgimento del servizio, bensì, al contrario, di riespanderne la portata nella sua estensione originaria, riveniente dalla precedente intimazione, così contemperando le esigenze di continuità dello stesso, con quella di preservare l’Amministrazione da potenziali duplicazioni di costi, avendo essa individuato nelle more un gestore alternativo. Il ricorso alla misura cautelare, cioè, avrebbe plausibilmente (ossia più probabilmente che non) evitato, in tutto o in parte il danno. Al contrario, il non averlo neppure attinto, sulla base di un’autonoma prognosi sfavorevole, non può non integrare una violazione dell’obbligo di cooperazione, che spezza il nesso causale e, apprezzata congiuntamente alla proposizione di una domanda tesa al risarcimento di un danno che si sarebbe potuto evitare, rende configurabile un comportamento complessivo di tipo opportunistico che viola il canone della buona fede e, quindi, il principio di auto-responsabilità cristallizzato dall’art. 1227, comma 2, c.c.

9. Quanto sopra detto si palesa di per sé sufficiente a respingere l’appello. Tuttavia il Collegio ritiene di dover condividere le affermazioni del primo giudice anche laddove negano tutela all’affidamento nella prosecuzione di un servizio conseguito ad un provvedimento eccezionale ed estemporaneo, finalizzato ad evitare problematiche igienico-sanitarie nelle more del perfezionamento - recte, nel caso di specie, della reiterazione, una volta esauritosi il complesso contenzioso in materia - della doverosa procedura ad evidenza pubblica. Al riguardo, va rilevato che la giurisprudenza ha da sempre ammesso il ricorso alle ordinanze contingibili e urgenti in materia di affidamento o di proroga degli appalti di servizi di raccolta dei rifiuti, precisando finanche che esse «prescindono dall’imputabilità delle cause che hanno generato la situazione di pericolo cui si tratta di ovviare», in quanto «l’urgenza del provvedere all’eliminazione della situazione di pericolo, prescinde dall’accertamento dell’eventuale responsabilità della provocazione di quest’ultimo, poiché non ha natura sanzionatoria», e perciò, «ai fini dell’adozione dell’ordinanza, non rileva chi o cosa abbia determinato la situazione di pericolo che il provvedimento è volto ad affrontare» (cfr. ex multis Cons. Stato, sez. V, 26 maggio 2015, n. 2610, che richiama sez. IV, 25 settembre 2006, n.5639 e sez. V, 9 novembre 1998, n. 1585).

La particolarità dei relativi presupposti e la intrinseca temporaneità della scelta, tuttavia, è di per sé inidonea a cristallizzare un affidamento al mantenimento dello status quo, fermi restando i principi di correttezza e buona fede nei rapporti comunque instauratisi tra le parti, in quanto lesivo delle regole concorrenziali che devono presiedere le aggiudicazioni dei servizi pubblici. La rivendicata portata non temporanea delle determinazioni assunte dal Comune, che si vorrebbe far discendere dalla disconosciuta natura eccezionale dei provvedimenti avversati in primo grado, infatti, ove sussistente, finirebbe per caducarne in toto l’efficacia. Al contrario, una volta consolidatasi la riconosciuta legittimità dei presupposti a base della loro adozione, ne è impensabile la trasformazione in regolari atti di aggiudicazione completamente sganciati dal contesto emergenziale nel quale si collocano.

10. In conclusione quindi l’appello deve essere respinto.

11. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna la Società Cosir S.r.l. al pagamento delle spese del giudizio, che liquida nella misura di euro 5.000,00 (cinquemila/00), oltre accessori di legge se dovuti, in favore del Comune di Arzachena.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso dalla Sezione Quinta del Consiglio di Stato con sede in Roma nella camera di consiglio del giorno 22 dicembre 2020, tenutasi con modalità da remoto e con la contemporanea e continuativa presenza dei magistrati:

Carmine Volpe, Presidente

Oreste Mario Caputo, Consigliere

Francesco Gambato Spisani, Consigliere

Raffaello Sestini, Consigliere

Antonella Manzione, Consigliere, Estensore