Cons. Stato SEz. VI sent. 5620 dell'11 novembre 2008
Rifiuti. Messa in sicurezza d'emergenza
Anche nell’ipotesi di realizzazione di interventi di messa in sicurezza d’emergenza, nel caso di fenomeni di inquinamento che interessano i siti di interesse nazionale di cui all’art. 17, co. 14 del d.lgs. 22 del 1997, possa farsi proficuo ricorso all’istituto della Conferenza di servizi di cui agli artt. 14 e segg. della l. 241 del 1990 e che, nella materia de quā, non sussistano peculiarità procedimentali tali da ritenere che l’istituto in questione resti soggetto ad una declinazione di specie, parzialmente difforme dal modello generale di cui alla legge generale sul procedimento.
Rifiuti. Messa in sicurezza d'emergenza
Anche nell’ipotesi di realizzazione di interventi di messa in sicurezza d’emergenza, nel caso di fenomeni di inquinamento che interessano i siti di interesse nazionale di cui all’art. 17, co. 14 del d.lgs. 22 del 1997, possa farsi proficuo ricorso all’istituto della Conferenza di servizi di cui agli artt. 14 e segg. della l. 241 del 1990 e che, nella materia de quā, non sussistano peculiarità procedimentali tali da ritenere che l’istituto in questione resti soggetto ad una declinazione di specie, parzialmente difforme dal modello generale di cui alla legge generale sul procedimento.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N.5620/08
Reg.Dec.
N. 6546 - 6547 Reg.Ric.
ANNO 2007
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sui ricorsi riuniti in appello nn. 6546/2007 e 6547/2007, proposti rispettivamente:
1) ric. n. 6546/2007 dalla società Finanziaria Siderurgica FINSIDER per azioni (in liquidazione), in qualità di società incorporante la Cimi – Montubi S.p.A -, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. Franco Giampietro, elettivamente domiciliata in Roma, alla Via F. Sacchetti, n. 114;
contro
- il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, in persona del Ministro, legale rappresentante pro tempore, non costituito;
- la Conferenza di servizi decisoria svoltasi in Roma in data 28 aprile 2006 presso la Direzione generale per la qualità della vita del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita;
- il Ministero della salute, in persona del Ministro, legale rappresentante pro tempore, non costituito;
- il Ministero delle attività produttive, in persona del Ministro, legale rappresentante pro tempore, non costituito;
- la Regione Toscana, in persona del Presidente pro tempore, non costituita;
nonché nei confronti
- del Comune di Piombino, in persona del Sindaco pro tempore, non costituito;
- della Fintecna Immobiliare s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. Ennio Magrì e dall’Avv. Franco Giampietro, elettivamente domiciliata in Roma, alla Via F. Sacchetti, n. 114, presso l’Avv. Franco Giampietro;
per l’annullamento o la riforma
della sentenza n. 383/07 del T.A.R. per la Toscana, depositata in data 14 marzo 2007;
2) ric. n. 6547 del 2007 dalla società Fintecna Immobiliare s.r.l., nella sua qualità di società conferitaria della società Cimi – Montubi S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. Franco Giampietro, elettivamente domiciliata in Roma, alla Via F. Sacchetti, n. 114;
contro
- il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, in persona del Ministro, legale rappresentante pro tempore, non costituito;
- la Conferenza di servizi decisoria svoltasi in Roma in data 28 aprile 2006 presso la Direzione generale per la qualità della vita del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita;
- il Ministero della salute, in persona del Ministro, legale rappresentante pro tempore, non costituito;
- il Ministero delle attività produttive, in persona del Ministro, legale rappresentante pro tempore, non costituito;
- la Regione Toscana, in persona del Presidente pro tempore, non costituitasi;
nonché nei confronti
- del Comune di Piombino, in persona del Sindaco pro tempore, non costituitosi;
- dalla società Finanziaria Siderurgica FINSIDER per azioni (in liquidazione), in qualità di società incorporante la Cimi – Montubi S.p.A-, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita;
per l’annullamento o la riforma
della medesima sentenza n. 383/07 del T.A.R. per la Toscana, depositata in data 14 marzo 2007;
Visti i ricorsi in appello con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della società Fintecna Immobiliare s.r.l.;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Udito alla Camera di consiglio del 20 maggio 2008, relatore il Consigliere Claudio Contessa e uditi, altresì, gli Avv.ti Giampietro e Magrì;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO
La società Fintecna Immobiliare s.r.l. (d’ora in poi: ‘la soc. Fintecna’), appellante nel ricorso N.R.G. 6547/07, riferisce di essere al momento proprietaria dell’area c.d. ‘Cimi-Montubi’ (estesa circa 135.000 mq.) nell’ambito del Comune di Piombino.
Riferisce, altresì, che l’area in questione le è stata trasferita da parte della soc. Cimi-Montubi S.p.A. (società controllata dalla Fintecna S.p.A.) nell’ambito del conferimento del ramo d’azienda stipulato in data 14 novembre 2006.
La richiamata area c.d. ‘Cimi – Montubi’ risulta inclusa nella perimetrazione del sito di interesse nazionale di Piombino (ai sensi del comma 4 dell’art. 1 della l. 9 dicembre 1998, n. 426 - recante ‘Nuovi interventi in campo ambientale’ - e del conseguente D.M. 10 gennaio 2000 recante la prima perimetrazione del sito inquinato di Piombino).
Stante l’inclusione dell’area in questione nell’ambito del sito inquinato di Piombino, la soc. Fintecna presentò (per conto della soc. Cimi - Montubi) un piano di caratterizzazione della stessa, il quale venne approvato dalla Conferenza di servizi decisoria tenutasi presso il Ministero dell’ambiente in data 17 settembre 2002.
Le indagini di caratterizzazione sull’area, avviate nel maggio del 2004 si conclusero con la presentazione al Ministero dell’ambiente (oggi: Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare – d’ora in poi: ‘il Ministero’ -) di due relazioni, le quali attestavano che l’area in questione, sia per quanto concerne il suolo, sia per quanto concerne la falda, presentasse valori in linea con i valori di concentrazione limite di cui al D.M. 25 ottobre 1999, n. 471 (relazioni trasmesse, rispettivamente, nel febbraio e nell’aprile del 2005).
Ulteriori indagini svolte dalla soc. Fintecna fra il febbraio ed il marzo del 2005 confermavano la rispondenza della falda ai richiamati limiti normativi.
Tuttavia, la Conferenza di servizi decisoria del 29 luglio 2005 richiese alla soc. Fintecna l’esecuzione, per l’area in questione, di alcune integrazioni di indagini sui terreni e di un monitoraggio semestrale sulla falda.
La soc. Fintecna provvedeva a predisporre le analisi richieste e ad inviarne i risultati al Ministero, in tal modo confermando il rispetto dei limiti di cui al D.M. 471 del 1999 (settembre – ottobre 2005).
Ancora una volta, la Conferenza di servizi decisoria del 22 dicembre 2005 richiese di eseguire ulteriori indagini sui terreni in questione, al fine di verificare la correttezza della metodica di campionamento in precedenza utilizzata.
Le indagini in questione furono eseguite fra il dicembre 2005 ed il gennaio 2006 ed i relativi risultati (i quali confermavano nuovamente il rispetto dei richiamati limiti regolamentari) furono raccolti nell’ambito del documento intitolato ‘Relazione Conclusiva Indagini Integrative’, in data 31 marzo 2006.
Medio tempore (23 marzo 2006) aveva avuto luogo presso il Ministero dell’ambiente una Conferenza di servizi istruttoria, al cui esito era stato chiesto (inter alia) alla soc. Fintecna di trasmettere entro trenta giorni una dichiarazione di adesione al progetto di M.I.S.E. della falda all’uopo predisposto dalla Sviluppo Italia S.p.A., “ovvero il progetto degli interventi di M.I.S.E. da adottare da parte di ciascuna azienda nell’area di competenza nel caso in cui si scegliesse di agire autonomamente”.
Il successivo 28 aprile 2006 si teneva presso il Ministero la Conferenza di servizi decisoria, convocata (secondo quanto è dato leggere nelle relative premesse) ai sensi dell’art. 14, comma 2, della legge n. 241 del 1990 e ss.mm.ii., al fine di acquisire le intese ed i concerti previsti dall’art. 17 del d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 (recante ‘attuazione della direttiva 91/156/CEE sui rifiuti, della direttiva 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e della direttiva 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio’) e dall’art. 15 del D.M. 25 ottobre 1999, n. 471 (recante ‘criteri, procedure e modalità per la messa in sicurezza, la bonifica e il ripristino ambientale dei siti inquinati, ai sensi dell’articolo 17 del d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 e successive modificazioni ed integrazioni’).
All’esito della Conferenza di servizi decisoria in questione, le Amministrazioni convenute stabilivano quanto segue: “visto che [la soc. Fintecna], pur avendo le indagini di caratterizzazione evidenziato contaminazione delle acque di falda, non [ha] ancora adottato interventi di messa in sicurezza di emergenza in grado di evitare la contaminazione verso il mare, dispone che il Ministero dell’Ambiente e delle tutela del territorio verifichi le condizioni per l’avvio della procedura di sostituzione in danno, costituendo la notifica del presente verbale formale messa in mora, ai sensi dell’art. 15, comma 2, D.M. 471/99. Il Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio si attiverà qualora [la società] non provvederà entro 30 giorni dalla notifica del presente verbale”.
Al contempo, le Amministrazioni intervenute in sede di Conferenza di servizi chiedevano al Ministero “di segnalare l’avvio dell’esecuzione in danno, ai sensi e per gli effetti degli artt. 51-bis del d.lgs. 22/97 e del comma 7 dell’art. 114, l. 388/2000, nonché delle azioni di accertamento e di recupero del danno ambientale arrecato al mare aggravato anche a causa della mancata esecuzione di tutti gli interventi di messa in sicurezza d’emergenza già prescritti”.
Il verbale conclusivo della richiamata Conferenza di servizi decisoria veniva, quindi, impugnato innanzi al T.A.R. Toscana dalla soc. Cimi – Montubi (in seguito incorporata dalla soc. Finsider), la quale ne chiedeva l’annullamento (ricorso N.R.G. 1293/06)..
Il Tribunale adito dapprima sospendeva l’esecuzione dell’atto impugnato (e della prodromica Conferenza di servizi istruttoria in data 23 marzo 2006), ma successivamente dichiarava inammissibile il ricorso.
Nella specie, il Tribunale toscano rilevava il carattere soltanto endoprocedimentale (e non immediatamente lesivo) del richiamato verbale di Conferenza di servizi decisoria in data 28 aprile 2006, “trattandosi di verbale di conclusione dei lavori della Conferenza di Servizi, che seppur decisorio, non assurge al rango di provvedimento conclusivo e quindi idoneo a pregiudicare la posizione giuridica che la Società Cimimontubi intendeva tutelare in via giudiziale”.
La sentenza in questione veniva impugnata in sede di appello dalla soc. Fintecna, la quale ne deduceva l’erroneità e ne chiedeva l’integrale riforma articolando tre puntuali motivi di censura (1) Error in judicando – Violazione di legge, ai sensi degli artt. 1, comma 3 e 21-bis, comma 1, legge n. 241/1990 e ss.mm.ii.; 2) Error in judicando – Violazione di disposizioni del regolamento approvato con D.M. 25 ottobre 1999, n. 471 (art. 10, comma 1), ai sensi dell’art. 17, comma 1, d.lgs. 22/1997; 3) Error in judicando – Violazione di disposizioni del regolamento approvato ocn D.M. 25 ottobre 1999, n. 471 (art. 10, comma 1; art. 15), ai sensi dell’art. 17, comma 1, d.lgs. n. 22/1997), sotto altro profilo.
Nell’ambito del ricorso, inoltre, la soc. Fintecna riproponeva i (tre) motivi di censura attinenti al merito della controversia, già articolati dalla ricorrente in primo grado e non esaminati dal primo giudice, il quale aveva risolto la controversia in punto di rito.
La sentenza in questione veniva, altresì, impugnata dalla società Finanziaria Siderurgica FINSIDER per azioni (in liquidazione), in qualità di società incorporante la Cimi – Montubi S.p.A - (d’ora innanzi: ‘la soc. Finsider’) con effetto dal 1° luglio 2007 (ricorso N.R.G. 6546/07).
Nell’occasione, la soc. Finsider articolava motivi di gravame in tutto simili a quelli già proposti dalla soc. Fintecna nell’ambito del ricorso N.R.G. 6547/07.
All’udienza pubblica del 20 maggio 2008 i procuratori delle parti costituite rassegnavano le proprie conclusioni ed il ricorso veniva trattenuto in decisione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Giunge alla decisione del Collegio il ricorso in appello N.R.G. 6547/07, proposto dalla società Fintecna Immobiliare s.r.l., nella sua qualità di società conferitaria della società Cimi – Montubi S.p.A. avverso la sentenza del T.A.R. Toscana con cui è stato dichiarato inammissibile il ricorso proposto dalla soc. Finsider S.p.A. in liquidazione avverso il verbale della Conferenza di servizi decisoria in data 28 aprile 2006, per la parte relativa agli interventi di messa in sicurezza d’emergenza (d’ora in poi: M.I.S.E.) e di caratterizzazione e di bonifica nelle aree interne al perimetro del sito di bonifica di interesse nazionale di Piombino, con particolare riguardo al sito Cimi – Montubi.
Giunge, altresì, in decisione il ricorso in appello N.R.G. 6546/07 proposto avverso la medesima sentenza dalla società Finsider, nella sua qualità di società incorporante la Cimi – Montubi S.p.A - con effetto dal 1° luglio 2007
2. In via preliminare, il Collegio ritiene di disporre d’ufficio la riunione dei ricorsi in questione, trattandosi di impugnazioni articolate avverso la medesima sentenza (art. 335, c.p.c.).
3. Il Collegio ritiene di prendere le mosse dall’esame del secondo motivo di ricorso, con il quale le società appellanti contestano la correttezza sistematica della sentenza gravata per la parte in cui ha ritenuto che solo il progetto definitivo di bonifica sarebbe da ritenere immediatamente impugnabile, e non anche i verbali delle Conferenze di servizi decisorie i quali dettano condizioni o prescrizioni all’approvazione o che negano l’approvazione delle misure di messa in sicurezza d’emergenza, del piano di caratterizzazione del sito o del progetto preliminare a vario titolo disciplinati dal d.lgs. 22 del 1997 e dal d.P.R. 471 del 1999 (si osserva al riguardo che la vicenda di causa risulta disciplinata dalle disposizioni di legge e di regolamento anteriori all’entrata in vigore del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 – recante ‘Norme in materia ambientale’ -).
Il motivo in questione può essere parzialmente condiviso sotto il profilo sistematico nei sensi e nei limiti di cui in appresso.
Conseguentemente, pur non dovendosi riformare in parte quā la sentenza gravata, la sua parte motiva andrà corretta come di seguito specificato.
Il Collegio rileva che, effettivamente, il primo giudice abbia ritenuto che le determinazioni adottate all’esito della Conferenza di servizi decisoria in data 28 aprile 2006 si inscrivessero nel più ampio contesto del procedimento volto, in ultima analisi, all’approvazione del progetto definitivo finalizzato alla realizzazione dei necessari interventi di bonifica e ripristino ambientale e di messa in sicurezza permanente delle aree oggetto di inquinamento.
Nella complessa ricostruzione che il T.A.R. ha operato sia in relazione al complessivo quadro normativo rinvenibile dal d.lgs. 22 del 1997 e dal D.M. 471 del 1999, sia in relazione alla collocazione sistematica degli atti oggetto di impugnativa, emerge come l’attenzione del primo giudice si sia rivolta in modo prevalente (se non esclusivo) al complesso degli atti e delle attività coordinate al fine dell’approvazione del progetto definitivo di cui agli artt. 10 e 15 del D.M. 471, cit.
Al riguardo, nell’ambito della pronuncia impugnata è dato leggere che il procedimento per l’individuazione degli interventi di bonifica di siti inquinati di interesse nazionale: i) è diretto dal Ministero dell’ambiente; ii) può trovare un esito provvisorio in casi di conclamata urgenza, attraverso l’autorizzazione in via provvisoria del progetto di bonifica, conformemente alla previsione di cui al nuovo comma 4-bis dell’art. 15, D.M. 471, cit.; iii) “si conclude, di regola, con il provvedimento di approvazione del progetto definitivo degli interventi da realizzarsi a cura del Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio, in concerto con le altre Amministrazioni statali che hanno partecipato alla Conferenza decisoria e d’intesa con la Regione territorialmente competente” (sentenza, cit., pag. 11, seg.).
Per quanto concerne il momento conclusivo-determinativo del complessivo iter volto all’individuazione dei richiamati interventi di bonifica di siti inquinati di interesse nazionale, la sentenza prosegue affermando che, nel caso di specie, tale individuazione giunge all’esito di un meccanismo bifasico, perfettamente in linea con il quadro generale delineato dagli artt. 14 e segg. della l. 241 del 1990: ad una prima fase (momento istruttorio), nel cui ambito le determinazioni delle Amministrazioni confluiscono - con valenza meramente endoprocedimentale - nell’espressione della determinazione motivata di conclusione del procedimento, fa seguito un’ulteriore fase (momento conclusivo), nel cui ambito l’Amministrazione procedente adotta il provvedimento finale.
Solo tale ultimo atto (il quale, per altro, risulta tipicamente conforme alla determinazione conclusiva del procedimento) assume un’autonoma valenza esterna e risulta autonomamente impugnabile.
2.1. Al riguardo, il Collegio osserva che la pronuncia in questione risulti in parte condivisibile ed in parte meritevole di correzione, quanto meno sotto il profilo motivazionale.
La pronuncia in parola risulta condivisibile per la parte in cui ritiene che, anche nell’ipotesi di realizzazione di interventi di messa in sicurezza d’emergenza, nel caso di fenomeni di inquinamento che interessano i siti di interesse nazionale di cui all’art. 17, co. 14 del d.lgs. 22 del 1997, possa farsi proficuo ricorso all’istituto della Conferenza di servizi di cui agli artt. 14 e segg. della l. 241 del 1990 e che, nella materia de quā, non sussistano peculiarità procedimentali tali da ritenere che l’istituto in questione resti soggetto ad una declinazione di specie, parzialmente difforme dal modello generale di cui alla legge generale sul procedimento.
Sotto tale aspetto si osserva in primo luogo che dall’esame del verbale impugnato in primo grado emerge che, correttamente, l’Amministrazione indicente avesse richiamato le previsioni in tema di Conferenza di servizi di cui all’art. 14, comma 2 della l. 241 del 1990 (in tema di Conferenza di servizi decisoria), rendendo palese che la convocazione fosse effettuata “per acquisire le intese ed i concerti previsti dall’art. 17, d.lgs. 22/97 e dall’art. 15 D.M. 471/99”.
La norma da ultimo menzionata (ed in particolare, i commi 2 e 3 dell’art. 15 del D.M. 471 – articolo espressamente rubricato ‘interventi di interesse nazionale’ -) individua rispettivamente gli obblighi ricadenti in capo al responsabile in caso di inquinamenti che interessano siti di interesse nazionale (comma 2), nonché le Amministrazioni competenti ad autorizzare la realizzazione dei necessari interventi, nonché – se del caso – ad approvare il progetto definitivo.
Ai fini che qui rilevano, tuttavia, è importante osservare che il comma 2 opera anche un espresso rinvio agli obblighi ricadenti in capo al responsabile dell’inquinamento in base ai precedenti articoli 7 (in tema di ‘notifica di pericolo di inquinamento e interventi di messa in sicurezza d’emergenza’) ed 8 (in tema di esercizio del potere di ordinanza nelle ipotesi in cui sia necessario realizzare interventi di M.I.S.E.).
E’ inoltre importante osservare che il comma 3 dell’art. 7, cit. disciplina in modo analitico il potere dell’Amministrazione competente di fissare prescrizioni ed interventi integrativi nelle ipotesi in cui sia necessario realizzare interventi di M.I.S.E. anche attraverso l’esercizio di un particolare potere di ordinanza.
Ad avviso del Collegio appare indubitabile che le prescrizioni recate in tema di M.I.S.E. dai richiamati articoli 7 ed 8 trovino puntuale applicazione anche nel caso degli interventi di interesse nazionale di cui al successivo art. 15, mercè l’espresso rinvio che il comma 2 dell’art. 15 opera ai due articoli in parola.
Appare, del pari, indubitabile che le competenze amministrative delineate del richiamato art. 15 trovino applicazione (pur nel silenzio della norma, e grazie al menzionato meccanismo di rinvio) anche nel caso degli interventi di M.I.S.E.
Ne consegue che anche in relazione agli interventi di M.I.S.E. relativi a siti di interesse nazionale (quali quelli prescritti dall’atto impugnato in prime cure) la competenza ad adottare le relative determinazioni spetti al Ministero dell’ambiente, di concerto con i Ministeri dell’industria, del commercio e dell’artigianato (ora: dello Sviluppo Economico) e della sanità (ora: del lavoro, della salute e politiche sociali), d’intesa con la Regione territorialmente competente (ossia, precisamente, alle Amministrazioni intervenute – o comunque convocate – nell’ambito della Conferenza di servizi per cui è causa).
Ora, una volta premesso che le determinazioni inerenti gli interventi di M.I.S.E. di cui all’impugnato verbale dovessero essere assunte dal Ministero dell’ambiente, previa l’acquisizione di concerti ed intese di altre Amministrazioni, il Collegio osserva che nessuna ragione normativa o sistematica impedisse che l’acquisizione dei richiamati atti di assenso avvenisse attraverso il ricorso al particolare modulo procedimentale della Conferenza di servizi decisoria di cui al comma 2 dell’art. 14, l. proc.
Al contrario, si ritiene che nel caso in questione trovasse coerente applicazione la previsione della disposizione da ultimo richiamata, finalizzata alla contestuale acquisizione di intese, concerti, nulla osta o assensi comunque denominati di altre amministrazioni pubbliche coinvolte nel medesimo procedimento.
In definitiva, la sentenza gravata risulta condivisibile per la parte in cui ha ritenuto che le determinazioni amministrative relative alla realizzazione di interventi di M.I.S.E. nel caso di siti di interesse nazionale (articoli 7, 8 e 15 del D.M. 471 del 1999, nonché comma 14 dell’art. 17 del d.lgs. 22 del 1997) ben potessero essere adottate facendo ricorso al particolare modulo procedimentale della Conferenza di servizi decisoria di cui al comma 2 dell’art. 14, l. 241 del 1990.
3.2. A conclusioni in parte diverse deve giungersi in relazione all’opinamento del primo giudice, secondo cui le determinazioni adottate all’esito della Conferenza di servizi decisoria in data 28 aprile 2006 si inscrivessero nel più ampio contesto del procedimento volto, in ultima analisi, all’approvazione del progetto definitivo finalizzato alla realizzazione dei necessari interventi di bonifica e ripristino ambientale e di messa in sicurezza permanente delle aree oggetto di inquinamento.
Sotto tale profilo il Collegio osserva che, se per un verso è indubitabile che le attività di M.I.S.E. si inscrivano nell’ambito di un coerente disegno normativo volto, nel suo complesso, al conseguimento degli obiettivi da ultimo richiamati (come trasfusi nell’ambito del progetto definitivo), per altro verso non possa in alcun modo ritenersi che l’univocità degli intenti di fondo risulti idonea a privare il procedimento determinativo delle misure di M.I.S.E. di una propria autonomia funzionale.
Al riguardo si osserva in primo luogo che, anche se l’art. 17, comma 14 del d.lgs. 22 del 1997 in tema di progetti relativi ad interventi di bonifica di interesse nazionale (ossia, in un certo senso, la norma-chiave sulla quale risulta costruito l’intero sub-sistema normativo che qui viene in rilievo) non richiama in modo espresso gli interventi di messa in sicurezza d’emergenza relativi ai medesimi siti, ciò non possa indurre a ritenere che le determinazioni amministrative relative a tali interventi non assumano alcuna valenza autonoma sotto il crinale procedimentale e restino – per così dire – inglobati senza alcuna autonoma valenza nell’ambito del complessivo procedimento che si conclude con l’approvazione del progetto definitivo di bonifica di cui agli artt. 10 e 15 del D.M. 471 del 1999.
Pertanto, laddove la sentenza gravata fosse intesa come postulante un sistema in cui le determinazioni di cui all’art. 15, D.M. 471, cit. siano da intendere come univocamente finalizzate alla disciplina del progetto definitivo (e non anche alla disciplina degli interventi di M.I.S.E., in ipotesi ritenuti assorbiti da tale disciplina), l’interpretazione in questione risulterebbe certamente meritevole di correzione.
Ed infatti, in base alle previsioni normative richiamate al precedente punto 2.1. appare evidente: i) che anche le determinazioni prescrittive interventi di M.I.S.E. giungano all’esito di un iter amministrativo connotato da autonoma valenza; ii) che anche tali determinazioni possano essere assunte ricorrendo al modulo procedimentale della Conferenza di servizi decisoria, nonché iii) che tali determinazioni, laddove immediatamente lesive per il soggetto destinatario, possano essere immediatamente impugnate in sede giurisdizionale (si rinvia al prosieguo la disamina della questione circa il se oggetto dell’impugnativa sia la determinazione di conclusione del procedimento, ovvero il provvedimento finale – cfr. infra, sub 3 -).
Un’espressa conferma di quanto rilevato si desume dalla stessa definizione normativa degli interventi di messa insicurezza d’emergenza (D.M. 471, cit., art. 2, comma 1, lettera d)), che vi include “ogni intervento necessario ed urgente per rimuovere le fonti inquinanti, contenere la diffusione degli inquinanti e impedire il contatto con le fonti inquinanti presenti nel sito, in attesa degli interventi di bonifica e ripristino ambientale o degli interventi di messa in sicurezza permanente” (sottolineatura aggiunta).
Tale essendo la definizione normativa della figura, emerge per un verso il suo innegabile collegamento funzionale e la sua coerenza sistematica con gli interventi trasfusi nell’ambito del progetto definitivo per la realizzazione dei necessari interventi di bonifica e ripristino ambientale e di messa in sicurezza permanente, ma per altro verso la sua indubbia autonomia funzionale nell’ambito delle attività in questione, così come la – parimenti indubbia – idoneità a recare un’autonoma valenza lesiva per il soggetto destinatario delle relative misure, anche a prescindere dalla fase di approvazione del progetto definitivo (basti pensare, sotto tale profilo, al contenuto, particolarmente incisivo per la sfera del destinatario, che possono assumere le prescrizioni e le ordinanze adottabili, ai sensi dell’art. 8, D.M. 471, cit., nell’ambito del procedimento determinativo dei contenuti della M.I.S.E.).
Tanto premesso nel senso della non condivisibilità in parte quā della pronuncia gravata, il Collegio osserva che nondimeno la pronuncia medesima non debba comunque essere riformata, atteso che la pronuncia di inammissibilità del primo ricorso risulta comunque nel suo complesso condivisibile.
Ed infatti, se per un verso è vero che il primo giudice sembra non avere condivisibilmente individuato l’iter nel cui ambito è stata assunta la determinazione meramente endoprocedimentale oggetto di impugnativa (identificandola con l’iter volto all’approvazione del progetto definitivo e non già con il - diverso ed autonomo - iter volto a determinare il contenuto delle misure di M.I.S.E.), ciò nondimeno ai fini del decidere il dato in questione risulta sostanzialmente ininfluente, atteso che, comunque, l’atto in concreto impugnato risulta effettivamente sfornito di autonoma valenza provvedimentale, essendosi impugnata la sola determinazione conclusiva del procedimento e non anche il provvedimento finale di competenza dell’Amministrazione procedente (sul punto, cfr. amplius infra, sub 4).
4. E’ ora possibile passare all’esame del primo motivo di ricorso, con cui le società appellanti lamentano che erroneamente il primo giudice abbia ritenuto che i verbali di conclusione dei lavori delle Conferenze di servizi, anche se decisorie, non assurgano al rango di provvedimenti conclusivi del procedimento e risultino, pertanto, ascrivibili al rango di atti meramente endoprocedimentali, come tali non autonomamente impugnabili.
Nella tesi delle appellanti, al contrario, non potrebbe negarsi che il verbale di Conferenza di servizi impugnato esprima una volontà costitutivo-dispositiva di effetti giuridici ablativi, in quanto tale immediatamente lesiva della sfera giuridica del relativo destinatario.
Tanto, emergerebbe dal contenuto prescrittivo rinveniente dal richiamato verbale di Conferenza di servizi in data 28 aprile 2006 il quale (ingiungendo al destinatario l’adozione di condotte puntuali e prefigurando, in carenza, l’attivazione del meccanismo della sostituzione in danno) sarebbe in toto assimilabile ad un atto di valenza provvedimentale, risultando pertanto immediatamente impugnabile in sede giurisdizionale.
4.1. Il motivo non può essere condiviso, con la conseguenza che deve essere confermato l’opinamento del primo giudice, il quale ha ritenuto l’inammissibilità dell’impugnativa rivolta avverso la determinazione conclusiva della Conferenza di servizi, a nulla ostando il suo carattere decisorio.
Al riguardo si osserva che il dibattito circa i rapporti sistematici fra la determinazione conclusiva della Conferenza (commi 6-bis e 9 dell’art. 14-ter, l. 241 del 1990 e ss.mm.ii.) ed il provvedimento finale (in base ad un approccio dicotomico introdotto dalla l. 340 del 2000 e sostanzialmente confermato dalla l. 15 del 2005), così come il dubbio circa il se la valenza lesiva per la sfera dell’interessato (ed il conseguente onere di impugnativa) siano da riconnettere al primo ovvero al secondo di tali atti, sono questioni che hanno interessato la dottrina e la giurisprudenza sin dalla riforma dell’istituto della Conferenza di servizi (l. 340 del 2000, cit.) ed il cui esame ha ricevuto ulteriori spunti di interesse all’indomani dell’entrata in vigore della l. 15 del 2005 la quale – come è noto – ha in parte modificato il quadro normativo di riferimento.
Si osserva, inoltre, che nella vigenza del sistema delineato dalla l. 340 del 2000 i pochi arresti giurisprudenziali che si erano concentrati sulla questione avevano concluso nel senso del carattere immediatamente lesivo della determinazione conclusiva della Conferenza di servizi (sul punto, cfr. Cons. Stato, Sez. VI, sent. 1 luglio 2003, n. 5708).
Al riguardo, la giurisprudenza in questione aveva fondato il proprio opinamento essenzialmente su tre argomenti:
a) in primo luogo, sul disposto di cui al comma 2 dell’art. 14-quater (nel testo introdotto dall’art. 12 della l. 340 del 2000) il quale, nel disciplinare l’ipotesi del dissenso espresso in sede di Conferenza, stabiliva espressamente che la determinazione conclusiva avesse un carattere immediatamente esecutivo;
b) in secondo luogo, sul disposto di cui al comma 7 dell’art. 14-ter (nel testo introdotto dall’art. 10 della l. 340 del 2000), a tenore del quale la determinazione conclusiva della Conferenza era immediatamente impugnabile da parte dell’Amministrazione dissenziente;
c) in terzo luogo, sull’espressa previsione normativa (comma 9 dell’art. 14-ter) secondo cui il provvedimento finale non potrebbe che avere un carattere conforme rispetto al contenuto della richiamata determinazione conclusiva (dal che, emergerebbe che il contenuto prescrittivo di quanto stabilito in sede di Conferenza, la relativa valenza lesiva ed il conseguente onere di impugnativa non potrebbero che essere anticipati al momento di adozione della richiamata determinazione conclusiva).
Nella tesi in questione, pertanto, al provvedimento conclusivo dovrebbe essere riconosciuto un carattere meramente ricognitivo e non anche di tipo costitutivo-provvedimentale.
Al riguardo, mette anche conto segnalare che la correttezza del richiamato orientamento giurisprudenziale fosse stata revocata in dubbio da un diverso orientamento (di matrice essenzialmente dottrinale) il quale sottolineava che al provvedimento conclusivo della fattispecie dovesse riconoscersi un indubbio carattere costitutivo quanto meno nelle ipotesi in cui il dissenso postumo espresso al di fuori della Conferenza avesse condotto ad un esito finale difforme rispetto a quello trasfuso nella determinazione conclusiva dei lavori della Conferenza medesima.
Tale essendo (in via di estrema sintesi) il quadro ricostruttivo nella vigenza del sistema delineato dalla l. 340 del 2000, il Collegio osserva che a conclusioni affatto diverse debba giungersi con riferimento alla nuova disciplina in materia di Conferenza di servizi introdotta ad opera della l. 15 del 2005.
Ad avviso del Collegio, infatti, all’indomani della novella normativa del 2000 appare maggiormente persuasiva la tesi secondo cui sussista ancora uno iato sistematico fra la determinazione conclusiva della Conferenza (anche se di tipo decisorio) ed il successivo provvedimento finale, nonché la tesi secondo cui solo al secondo di tali atti possa essere riconosciuta una valenza effettivamente determinativa della fattispecie (con conseguente sorgere dell’onere di immediata impugnativa), mentre alla determinazione conclusiva deve essere riconosciuto un carattere meramente endoprocedimentale.
Ad avviso del Collegio, almeno quattro argomenti depongono nella direzione indicata.
In primo luogo, appare rilevante osservare l’espressa abrogazione, da parte del Legislatore del 2000, della previsione normativa (comma 2 dell’art. 14-quater) circa il carattere immediatamente esecutivo della determinazione conclusiva dei lavori della Conferenza.
Al riguardo, non sfugge al Collegio che la disposizione oggetto di abrogazione fosse collegata ad una disciplina normativa in tema di superamento del dissenso che il legislatore del 2005 ha inteso modificare.
Si osserva, tuttavia, che la notazione in parola non sembra condurre a conclusioni diverse da quelle appena richiamate, atteso che l’ultimo periodo del comma 2, cit. (secondo cui “la determinazione è immediatamente esecutiva”) presentava una propria evidente autonomia concettuale rispetto al sistema di componimento dei dissensi di cui alla l. 340 del 2000, con la conseguenza che la sua espunzione dall’ordinamento non possa essere intesa, se non come espressione di una piana voluntas legis volta al superamento del carattere di autonoma impugnabilità della richiamata determinazione conclusiva.
In secondo luogo appare rilevante sottolineare l’espressa abrogazione, ad opera della l. 15 del 2005, della previsione normativa (comma 7 dell’art. 14-ter) che consentiva alle Amministrazioni dissenzienti di impugnare direttamente ed immediatamente la determinazione conclusiva della Conferenza di servizi.
In terzo luogo si osserva che, se da un lato appare innegabile che il sistema introdotto nel 2005 sia ispirato dall’intento di anticipare già al momento della conclusione dei lavori della Conferenza la palese espressione delle volontà da parte delle Amministrazioni partecipanti (in particolare, abrogando il meccanismo del c.d. ‘dissenso postumo’ e la possibilità con esso connessa di ribaltamenti di posizioni fra il momento della determinazione conclusiva e quello del provvedimento finale), dall’altro lato ciò non possa indurre a ritenere che le medesime esigenze di semplificazione e concentrazione comportino anche la dequotazione sistematica delle ragioni sottese alla distinzione fra il momento conclusivo dei lavori della Conferenza ed il successivo momento provvedimentale.
A riguardo il Collegio ritiene condivisibili le linee di fondo dell’orientamento interpretativo (delineato all’indomani della riforma del 2000 in particolare nella giurisprudenza di primo grado) secondo cui la scelta del legislatore del 2000 di lasciare inalterato la richiamata struttura dicotomica sia espressiva di un orientamento di fondo secondo cui il provvedimento finale non rappresenti soltanto una sorta di momento meramente riepilogativo (e dichiarativo) delle determinazioni assunte in sede di Conferenza, ma che esso rappresenti un vero e proprio momento costitutivo delle determinazioni conclusive del procedimento.
E’ stato condivisibilmente affermato al riguardo che, letto nella richiamata ottica, l’espresso mantenimento di una struttura bifasica (articolato fra la fase comunque procedimentale che si conclude con la determinazione conclusiva della Conferenza e la successiva fase squisitamente provvedimentale) appaia ispirato dalla volontà di consentire che il cittadino interessato dal procedimento di cui agli artt. 14 e segg. l. proc. abbia come proprio referente ed interlocutore il solo responsabile del complessivo procedimento e, quindi, una sola Amministrazione, lasciando che il concerto fra le Amministrazioni resti all’interno dei processi decisionali della P.A.
L’approccio in questione (volto a rimarcare lo iato sistematico esistente fra il momento procedimentale – o della dialettica/sintesi fra posizioni - ed il momento provvedimentale – o determinativo degli effetti per il destinatario finale -) appare, del resto, pienamente coerente con le linee di politica legislativa sottese alla l. 15 del 2005, volta ad enfatizzare la valenza sistematica e la piena autonomia concettuale, nell’ambito dell’agĕre amministrativo, del momento provvedimentale.
Ancora, la scelta di mantenere un provvedimento espresso come momento conclusivo della complessiva vicenda appare ispirato dalla volontà di lasciare inalterato il complessivo sistema di garanzie trasfuso nel nuovo Capo IV-bis della l. 241 del 1990, con particolare riguardo all’onere di comunicazione, all’acquisto di efficacia e – sussistendone le condizioni – al carattere di esecutorietà del provvedimento.
Sotto tale aspetto, appare obiettivamente implausibile ritenere che la scelta del legislatore del 2005, laddove si è risolta nella scelta di mantenere nell’economia complessiva della Conferenza di servizi un momento claris verbis provvedimentale (art. 14-ter, cit., comma 9), sia da intendere come una sorta di lapsus calami del legislatore (atteso che il provvedimento non rappresenterebbe altro, se non un “atto meramente esecutivo e consequenziale delle determinazioni assunte in sede di conferenza di servizi” – si richiama nuovamente quanto affermato, nella vigenza della precedente disciplina: Cons. Stato, sent. 5708 del 2003, cit. -).
In definitiva, appare condivisibile l’orientamento secondo cui, anche all’indomani della riforma del 2005, la scelta di mantenere sostanzialmente inalterata la richiamata struttura bifasica testimoni dell’architettura che il legislatore ha inteso far propria nel fissare le regole di funzionamento dell’istituto della Conferenza di servizi e che si compendia nella necessità che, all’esito dei lavori della Conferenza di servizi decisoria, sopraggiunga pur sempre un provvedimento conclusivo (del quale la Conferenza rappresenta solo un passaggio procedurale) avente la veste di atto adottato, in via ordinaria, da un organo monocratico dell’Amministrazione procedente.
In quarto luogo si osserva che, quand’anche si intendesse aderire alla tesi secondo cui il carattere immediatamente lesivo o meno delle determinazioni conclusive della Conferenza andrebbe indagato attraverso un’indagine condotta caso per caso, nondimeno (e con specifico riguardo alla vicenda di causa) le conclusioni sin qui delineate non verrebbero revocate in dubbio.
Secondo la richiamata giurisprudenza, infatti, dovrebbe ammettersi il carattere immediatamente lesivo delle determinazioni conclusive dei lavori della Conferenza quante volte essi contengano prescrizioni precise ed autoesecutive rivolte ai destinatari (se del caso, prevedendo anche sanzioni o provvedimenti sostitutivi ed anticipando, sotto il profilo sostanziale, l’efficacia finale del provvedimento conclusivo).
Ad avviso del Collegio tuttavia, anche ad accedere al richiamato approccio in tema di immediata lesività delle determinazioni conclusive della Conferenza di servizi, l’esame del quadro normativo rilevante nel caso di specie non consentirebbe comunque di ritenerne l’applicabilità alle vicende di causa.
Dall’esame del verbale di Conferenza di servizi impugnato in primo grado, infatti, emerge (in via di estrema sintesi) un duplice contenuto:
a) in primo luogo, si ribadisce e specifica il contenuto sostanziale delle misure di M.I.S.E. che le Amministrazioni convenute ritengono doversi adottare per far fronte alla situazione di degrado ambientale esistente in loco;
b) in secondo luogo, “[si] dispone che il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio verifichi le condizioni per l’avvio della procedura di sostituzione in danno” [di cui al D.M. 471 del 1999, all’art. 51-bis del d.lgs. 22 del 1997 ed al comma 7 dell’art. 114 della l. 388 del 2000, per il caso di inottemperanza].
Si osserva tuttavia al riguardo che, mentre il complesso di misure indicate sub a) può costituire (in base alle ragioni indicate retro, sub 2.2.) oggetto di determinazioni di competenza delle Amministrazioni di cui al comma 4 dell’art. 15, D.M. 471, cit., al contrario, l’adozione delle misure (di stampo parasanzionatorio) indicate sub b) non possa che restare in capo al solo Ministero dell’ambiente, non potendo costituire oggetto di determinazioni adottate in sede di Conferenza di servizi.
Sussiste, infatti, una netta distinzione fra:
a) da un lato, la determinazione del contenuto delle misure di M.I.S.E. e del progetto definitivo che, ai sensi del comma 4 dell’art. 15, D.M. 471, cit., è demandato al Ministero dell’ambiente, di concerto con gli altri Ministeri ivi indicati e previa intesa con la Regione territorialmente competente (secondo uno schema di competenze che appare ben compatibile con il ricorso al modello decisionale di cui alla Conferenza di servizi) e
b) dall’altro lato, l’esercizio del potere di prescrizione ed ordinanza di cui agli artt. 7 ed 8, D.M. cit. (per altro, puntualmente richiamati dal comma 2 dell’art. 15 del medesimo decreto), il quale non può che restare in capo alla sola Amministrazione cui la norma di riferimento espressamente lo riconosce (il Ministero dell’ambiente), a prescindere dal fatto che l’esercizio del medesimo potere abbia costituito oggetto di discussione in sede di Conferenza di servizi.
Non può, infatti, in alcun modo ritenersi che l’esercizio di poteri di ordinanza, sostitutivi e parasanzionatori che la pertinente normativa innesta espressamente in capo a taluni settori dell’Amministrazione (attraverso l’adozione di atti necessariamente monocratici) possa essere devoluto ad una deliberazione collegiale in sede di Conferenza di servizi per la sola ragione che la medesima Conferenza sia chiamata a deliberare su questioni lato sensu connesse con l’esercizio dei richiamati poteri monocratici.
Conclusivamente, la sentenza gravata merita di essere confermata per la parte in cui ha ritenuto che il verbale di conclusione della Conferenza di servizi decisoria impugnato in primo grado non assurga al rango di provvedimento conclusivo del procedimento e risulti, pertanto, ascrivibile al novero degli atti meramente endoprocedimentali, come tali non autonomamente impugnabili.
4.1. Dal richiamato carattere non immediatamente costitutivo-determinativo del verbale di cui trattasi emerge, come è evidente, la sua inidoneità a costituire valido titolo per l’adozione dei paventati provvedimenti sostitutivi e parasanzionatori, i quali (a prescindere dalla loro legittimità intrinseca) non potranno essere adottati, se non attraverso l’adozione di atti monocratici da parte dei competenti organi del Ministero dell’ambiente.
5. Con il terzo motivo di appello, le società appellanti lamentano l’erroneità della sentenza gravata per la parte in cui ha ritenuto la complessiva applicabilità alle vicende di causa delle previsioni in tema di procedimento amministrativo di cui alla l. 241 del 1990 (con particolare riguardo alle norme in tema di Conferenza di servizi).
Nella tesi delle appellanti, tale applicabilità sarebbe da escludere atteso che il procedimento di bonifica dei siti di interesse nazionale “in quanto ‘strutturato’ per fasi progressive, non si inquadra nel modello generale di cui alla l. n. 241 del 1990 e s.m.i., rappresentando, per essere un efficace strumento di tutela ambientale e della salute pubblica, una normativa speciale ad hoc” (ricorso, cit., pag. 19).
Ancora, nella tesi delle appellanti, “solo la definizione progressiva delle diverse ed autonome fasi procedimentali (di cui all’art. 10, comma 1, D.M. n. 471/99), che si concludono con le prescrizioni vincolanti delle Conferenze di servizi ‘decisorie’, che approvano la messa in sicurezza d’emergenza, il piano di caratterizzazone del sito, i progetto preliminare di bonifica, il progetto definitivo della stessa, assicura un’efficace e tempestiva garanzia dell’interesse pubblico ambientale e di quello della salute pubblica” (ivi, pag. 19, seg.).
L’argomento non può essere condiviso.
Ed infatti (come già rilevato retro, sub 3.1.) non si rinviene alcun effettivo motivo sistematico o testuale onde ritenere che i procedimenti volti a determinare il contenuto degli interventi di M.I.SE. nell’ambito dei siti di interesse nazionale presentino peculiarità procedimentali tali da comportare una declinazione di specie, parzialmente difforme dal modello generale di cui alla legge generale sul procedimento.
In primo luogo, non può ritenersi (come, invece, ritenuto dalle società appellanti) che una siffatta peculiarità si giustifichi per essere il procedimento di bonifica di interesse nazionale strutturato ‘per fasi progressive’.
Al contrario (come rilevato infra, sub 3.2.), il carattere lato sensu connesso e coordinato dei procedimenti (per altro, funzionalmente autonomi) rispettivamente finalizzati a determinare il contenuto degli interventi di M.I.S.E. ed all’approvazione del progetto definitivo di cui all’art. 10 del D.M. 471 del 1999, non fornisce alcun elemento onde escludere la prima categoria di procedimenti dalla riconduzione alle categorie generali di cui alla l. 241 del 1990 e, segnatamente, all’applicazione delle disposizioni in tema di conferenza di servizi.
Né può ritenersi che la richiamata esclusione sistematica si giustifichi (come, pure, ritenuto dalle società appellanti) in base alla circostanza per cui i procedimenti amministrativi quale quello per cui è causa risultino caratterizzati dalla peculiare finalità di assicurare un’efficace e tempestiva garanzia dell’interesse pubblico ambientale e di quello della salute pubblica (pag. 19 dell’atto d’appello).
Al riguardo, si osserva a contrario che (in modo solo apparentemente paradossale) è proprio il ricorso al modulo procedimentale di cui agli artt. 14 e segg. l. 241 del 1990 a consentire una particolare concentrazione decisionale (ed una conseguente accelerazione dei tempi di conclusione del procedimento) nel caso degli interventi di interesse nazionale, in tal modo conferendo un’indubbia accelerazione al modello decisionale delineato dall’art. 17 del d.lgs 22 del 1997 e dall’art. 15 del D.M. 471 del 1999, i quali si limitano ad indicare i necessari atti di concerto ed intesa, senza prescrivere in via generale che essi vadano acquisiti nella forma contestuale tipica della Conferenza di servizi decisoria.
6. In base a quanto esposto, i ricorsi in epigrafe devono essere respinti, previa riunione, con conseguente conferma della sentenza appellata.
Sussistono giusti motivi per disporre l’integrale compensazione delle spese di lite fra le parti anche per il presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, definitivamente pronunciando sui ricorsi in epigrafe specificati, ne dispone la riunione e li respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, il 20 maggio 2008, dal Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale - Sez. VI - nella Camera di Consiglio, con l'intervento dei Signori:
Giuseppe Barbagallo Presidente
Paolo Buonvino Consigliere
Domenico Cafini Consigliere
Aldo Scola Consigliere
Claudio Contessa Consigliere, Est.
Presidente
GIUSEPPE BARBAGALLO
Consigliere p. Segretario
CLAUDIO CONTESSA MARIA RITA OLIVA
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 11/11/2008
(Art. 55, L.27/4/1982, n.186)
Il Direttore della Sezione
MARIA RITA OLIVA
CONSIGLIO DI STATO
In Sede Giurisdizionale (Sezione Sesta)
Addì...................................copia conforme alla presente è stata trasmessa
al Ministero..............................................................................................
a norma dell'art. 87 del Regolamento di Procedura 17 agosto 1907 n.642
Il Direttore della Segreteria