Cass. Sez. III n. 34917 del 17 agosto 2015 (Cc 9 lug 2015)
Pres. Franco Est. Ramacci Ric. PM in proc. Di Caccamo
Rifiuti.Commercio ambulante e tipologie di rifiuti autonomamente disciplinate
La deroga di cui al comma quinto dell'art. 266 del d.lgs. 152/2006, per la cui operatività occorre che il soggetto sia in possesso del titolo abilitativo per l'esercizio di attività commerciale in forma ambulante ai sensi del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 114 e che si tratti di rifiuti che formano oggetto del suo commercio non opera con riferimento a categorie di rifiuti che, per la loro peculiarità, sono autonomamente disciplinate.
RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di Messina, con ordinanza del 30/4/2015 ha accolto la richiesta di riesame presentata nell'interesse di Domenico DI CACCAMO, annullando il decreto di sequestro preventivo emesso dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Patti in data 8/4/2015 e concernente un autocarro ed il suo contenuto (materiale ferroso, parti meccaniche di autovetture, 2 batterie per camion, 1 batteria per auto, elettrodomestici in disuso, cavi in acciaio, travi in ferro, per un peso approssimativo di kg 300), ipotizzandosi il reato di cui all'art. 256, comma 1, lettere a) e b) d.lgs. 152\06.
Avverso tale pronuncia propone ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Messina.
2. Con un unico motivo di ricorso rileva che erroneamente i giudici del riesame avrebbero riconosciuto la legittimazione ad impugnare dell'indagato sul presupposto che, pur essendo il mezzo intestato alla moglie, egli avrebbe avuto interesse alla restituzione trattandosi di mezzo adibito all'esercizio dell'attività.
Altrettanto errata sarebbe stata, inoltre, la valutazione sulla insussistenza del fumus del reato, avendo il Tribunale ritenuto applicabile la deroga di cui all'art. 266, comma 5 d.lgs. 152\06 relativa alle attività di raccolta e trasporto di rifiuti effettuate in forma ambulante, essendo l'indagato fornito di licenza rilasciata dal comune di Palermo per l'esercizio del commercio ambulante sul territorio comunale con esclusione di alcune piazze e che i giudici del riesame avrebbero ritenuto valida anche in altri territori, diversi da quello di residenza, sulla base di una circolare interpretativa dell'art. 1 della legge regionale 18/1995 emanata dall'assessorato regionale delle attività produttive, dimenticando, tuttavia, che l'art. 2, comma 8 della legge medesima subordina tale estensione territoriale della validità della licenza al nulla osta dei comuni ove l'attività viene svolta.
Osserva, inoltre, che, diversamente da quanto asserito dai giudici del riesame, il mezzo sequestrato trasportava anche rifiuti pericolosi, quali le batterie e le parti di autoveicoli.
Insiste, pertanto, per l'accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato nei termini di seguito specificati.
Risulta dal ricorso e dal provvedimento impugnato che l'indagato era stato sorpreso dalla polizia giudiziaria mentre, unitamente al figlio, trasportava i rifiuti indicati in precedenza con un autocarro intestato alla moglie ed essendo in possesso di una dichiarazione di inizio attività per il commercio al dettaglio ambulante e di una autorizzazione del comune di Palermo per il commercio itinerante nel settore non alimentare.
Precisa il Tribunale che, dalla visura camerale versata in atti risulta che oggetto dell'attività è il «commercio su aree pubbliche itinerante di rottami metallici, carta, cartone, nonché di elettrodomestici usati e ricambi usati per elettrodomestici».
2. Affrontando preliminarmente la questione concernente la legittimazione alla proposizione del riesame in capo all'indagato, in quanto non proprietario del mezzo sequestrato, i giudici del riesame hanno ritenuto determinante il fatto che il predetto, nonostante l'autocarro fosse formalmente intestato alla moglie, era da lui utilizzato nell'esercizio della sua attività.
La decisione, sul punto, non merita le censure formulate dal Pubblico Ministero ricorrente, atteso che, secondo quanto verificato dai giudici del riesame, l'indagato avrebbe avuto interesse alla restituzione del mezzo, solo formalmente intestato alla moglie e da lui utilizzato per l'esercizio dell'attività.
Una tale evenienza, accertata in fatto, evidenzia, invero, quella relazione con il bene sequestrato che sostiene la pretesa dell'indagato non proprietario del bene in sequestro alla cessazione del vincolo richiesta dalla giurisprudenza di questa Corte menzionata anche nel provvedimento impugnato e nel ricorso (cfr. Sez. 1, n. 15998 del 28/02/2014, Pascale, Rv. 259601; Sez. 1, n. 7292 del 12/12/2013 (dep. 2014), Lesto, Rv. 259412; Sez. 6, n. 11496 del 21/10/2013 (dep. 2014), Castellaccio, Rv. 262612 ed altre prec. conf., sebbene si rinvenga un diverso indirizzo, che ritiene l'indagato sempre legittimato al riesame indipendentemente dal fatto che i beni siano sottratti alla sua disponibilità o a quella di terzi, segnalato con la Rel. n. 57/14 del 22 ottobre 2014 dell'Ufficio del massimario e del ruolo).
Né risulta pertinente il richiamo, operato dal ricorrente, ad altra decisione di questa Sezione, concernente un caso analogo (Sez. 3, n. 32816 del 24/4/2013, Di Caccamo, non massimata) in quanto, in quel caso, richiamato il principio di diritto appena ricordato, si è esclusa la legittimazione dell'indagato perché aveva evidenziato soltanto di avere utilizzato il mezzo sequestrato per il trasporto di materiale ferroso e che l'autocarro apparteneva "ad un terzo soggetto estraneo al reato, il quale verrebbe gravemente pregiudicato" dal vincolo reale sul mezzo.
Quanto rilevato nel caso in esame dal Tribunale, dunque, risulta sufficiente per giustificare la legittimazione dell'indagato, impregiudicata restando, peraltro, la posizione del terzo proprietario sia per ciò che concerne l'eventuale corresponsabilità nella violazione sia per le conseguenze ulteriori, quali la confisca obbligatoria (cfr. Sez. 3, n. 46012 del 4/11/2008, Castellano, Rv. 241771).
3. Ciò posto, va invece rilevata la fondatezza dell'ulteriore censura concernente l'operatività, nella fattispecie, della deroga prevista dall'art. 266, comma 5 d.lgs. 152\06.
Sul tema questa Corte si è ripetutamente espressa, giungendo alla conclusione che la condotta sanzionata dall'art. 256, comma 1 d.lgs. 152\06 è riferibile a chiunque svolga, in assenza del prescritto titolo abilitativo, una attività rientrante tra quelle assentibili ai sensi degli articoli 208, 209, 210, 211, 212, 214, 215 e 216 del medesimo decreto, svolta anche di fatto o in modo secondario o consequenziale all'esercizio di una attività primaria diversa che richieda, per il suo esercizio, uno dei titoli abilitativi indicati e che non sia caratterizzata da assoluta occasionalità ed, inoltre, che la deroga prevista dall'art. 266, comma 5 d.lgs. 152\06 per l'attività di raccolta e trasporto dei rifiuti prodotti da terzi, effettuata in forma ambulante opera qualora ricorra la duplice condizione che il soggetto sia in possesso del titolo abilitativo per l'esercizio di attività commerciale in forma ambulante ai sensi del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 114 e, dall'altro, che si tratti di rifiuti che formano oggetto del suo commercio (Sez. 3, n. 29992 del 24/6/2014, P.M. in proc. Lazzaro, Rv. 260266, cui si rinvia per i richiami ai precedenti. Conf. Sez. 3, n. 269 del 10/12/2014 (dep. 2015), P.M. in proc. Seferovic, Rv. 261959).
In quella occasione si è in particolare rilevato, richiamando precedenti arresti, che, tenendo presente quanto stabilito dal d.lgs. 114\98, deve farsi in primo luogo riferimento alla definizione, contenuta nell'art. 4, comma 1, lett. b) di «commercio al dettaglio», descritto come «l'attività svolta da chiunque professionalmente acquista merci in nome e per conto proprio e le rivende, su aree private in sede fissa o mediante altre forme di distribuzione, direttamente al consumatore finale» e che la disciplina astrattamente applicabile è quella regolata dal Titolo X, relativo al commercio al dettaglio su aree pubbliche, queste ultime definite, dall'art. 27, comma 1, lett. b), come «le strade, i canali, le piazze, comprese quelle di proprietà privata gravate da servitù di pubblico passaggio ed ogni altra area di qualunque natura destinata ad uso pubblico». L'attività commerciale esercitabile è, inoltre, quella indicata dall'art. 18, comma 1, lett. b) e, cioè, quella che può essere svolta «su qualsiasi area purché in forma itinerante» e soggetta all'autorizzazione di cui al successivo comma 4, rilasciata, in base alla normativa emanata dalla Regione, dal Comune nel quale il richiedente, persona fisica o giuridica, intende avviare l'attività.
Veniva ulteriormente chiarito che il raccordo tra le disposizioni in tema di commercio e l'art. 266, comma 5 d.lgs. 152\06, considerato il tenore letterale delle prime, è reso particolarmente arduo, pur evidenziando che ciò non autorizza una forzata estensione dell'ambito di operatività della disciplina dettata dal d.lgs. 114\98, che risulta compiutamente definita, né di quella dell'art. 266, comma 5 che, riguardando la materia dei rifiuti, richiede una lettura orientata all'osservanza dei principi generali comunitari e nazionali e, prevedendo un esclusione dal regime generale dei rifiuti, impone sicuramente un'applicazione restrittiva.
Si puntualizzava, inoltre, che l'applicazione della disciplina derogatoria in esame non può prescindere dal contenuto letterale dell'art. 266, comma 5 e, segnatamente, dell'ultima parte della disposizione, laddove l'esonero dall'osservanza della disciplina generale è chiaramente circoscritta ai soli rifiuti che formano oggetto del commercio del soggetto abilitato, con la conseguenza che la verifica del settore merceologico entro il quale il commerciante è abilitato ad operare deve essere oggetto di adeguata verifica, così come la riconducibilità del rifiuto trasportato all'attività autorizzata.
Si osservava, poi, che la deroga è giustificata dalla valutazione di minor pericolosità per la salute e per l'ambiente operata dal legislatore con riguardo ad una attività che poteva pacificamente ricondursi a quella dei c.d. robivecchi, dovendosi nel contempo escludere che la disciplina in esame possa essere utilizzata per legittimare attività diverse che richiedono, invece, il rispetto delle disposizioni di carattere generale.
4. Ciò posto, emerge in primo luogo dall'ordinanza impugnata che l'oggetto dell'autorizzazione al commercio di cui disponeva l'indagato era, come si è già detto, il «commercio su aree pubbliche itinerante di rottami metallici, carta, cartone, nonché di elettrodomestici usati e ricambi usati per elettrodomestici», mentre il mezzo risultava trasportare, sempre secondo quanto descritto nell'ordinanza, materiale ferroso, parti meccaniche di autovetture, batterie per camion e per auto, elettrodomestici in disuso, cavi in acciaio, travi in ferro.
Dalla semplice descrizione di quanto trasportato emerge chiaramente la solo parziale coincidenza con l'oggetto dell'autorizzazione e ciò per quanto concerne i «rottami metallici», mentre altri rifiuti trasportati rientrano in categorie specifiche ed autonomamente disciplinate.
Gli «elettrodomestici in disuso», che non possono quindi considerarsi come «usati», sono infatti compresi tra i rifiuti elettrici ed elettronici (RAEE) disciplinati dal d.lgs. 14 marzo 2014, n. 49, mentre le parti meccaniche di autovetture sono specificamente considerate dalle disposizioni riguardanti i veicoli fuori uso (art. 231 d.lgs. 152\06 e d.lgs. 209\2003) e pile, accumulatori e relativi rifiuti sottostanno alle disposizioni contenute nel d.lgs. 188\2008.
Pare evidente, avuto riguardo alle finalità perseguite con la deroga di cui all'art. 266, comma 5 d.lgs. 152\06 che tali categorie particolari di rifiuti, che vengono separatamente considerate dal legislatore per la loro particolarità, possano rientrare tra quelli considerati ai fini della deroga medesima, se non altro perché la loro gestione risulta disciplinata in ragione della particolarità del rifiuto, prevedendosi, ad esempio, specifiche disposizioni per la raccolta ed il trasporto, cosicché deve escludersi che tali tipologie di rifiuti possano essere raccolte, trasportate e commercializzate in forma ambulante in deroga, quindi, non soltanto alle disposizioni di cui agli artt. 189, 190, 193 e 212 del d.lgs. 152\06 ma anche ad altre disposizioni appositamente dettate per categorie particolari di rifiuti.
5. Deve conseguentemente affermarsi che la deroga di cui al comma quinto dell'art. 266 del d.lgs. 152/2006, per la cui operatività occorre che il soggetto sia in possesso del titolo abilitativo per l'esercizio di attività commerciale in forma ambulante ai sensi del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 114 e che si tratti di rifiuti che formano oggetto del suo commercio non opera con riferimento a categorie di rifiuti che, per la loro peculiarità, sono autonomamente disciplinate.
6. Parimenti, come correttamente si è osservato in ricorso, deve escludersi la possibilità della raccolta del trasporto e del commercio in forma ambulante dei rifiuti pericolosi, anch'essi oggetto di particolare attenzione da parte del legislatore.
Ne consegue che, avuto riguardo alla natura dei rifiuti trasportati, risulta errata la valutazione di piena compatibilità con l'oggetto del titolo abilitativo effettuata dai giudici del riesame. Ciò indipendentemente dalla pericolosità o meno del rifiuto che dipende, in ogni caso, secondo quanto stabilito, dall' art. 184 d.lgs. 152\06, dalla mera presenza delle caratteristiche di cui all’allegato I della Parte Quarta del presente decreto e che, nel caso in esame, sarebbe stata comunque documentata, secondo quanto affermato in ricorso, dal verbale di sequestro e compiutamente contestata nell'incolpazione provvisoria e che, avuto riguardo alla natura sommaria del procedimento incidentale, non avrebbe dovuto comunque essere provata come invece ritenuto nell'ordinanza impugnata.
7. Non infondata risulta, infine, l'ulteriore censura formulata dal Pubblico Ministero ricorrente e riguardante l'ambito di efficacia del titolo abilitativo al commercio esibito dall'indagato all'atto del controllo, che il Tribunale ritiene comunque esteso a tutto il territorio nazionale in forza di una circolare interpretativa della legge regionale 1 marzo 1995, n. 18 (n. 5 del 22/10/2013) emanata dall'Assessorato regionale alle attività produttive.
Ribadita, a tale proposito, la efficacia non vincolante della circolare interpretativa in genere, già rilevata dalla giurisprudenza di questa Corte (Sez. 3, n. 25170 del 13/6/2012, La Mura, Rv. 252771; Sez. 3, n. 6619 del 7/2/2012, Zampano, Rv. 252541) deve osservarsi che effettivamente l'art. 2, comma 8 della legge regionale predetta subordina l'attività di commercio itinerante nei comuni diversi da quello di residenza del soggetto autorizzato, al nulla osta dei comuni medesimi che, nel caso in esame, non sarebbe stato rilasciato dal comune ove i fatti erano stati accertati e di tale evenienza il Tribunale non avrebbe tenuto conto.
L'ordinanza impugnata deve pertanto essere annullata con rinvio.
P.Q.M.
Annulla l'ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Messina.
Così deciso in data 9.7.2015