Cass. Sez. III n. 9011 del 25 febbraio 2013 (Ud 24 ott. 2012)
Pres. Lombardi Est. Rosi Ric. Cavallo
Rifiuti. Acque provenienti da frantoio

Integra il reato previsto dali'art. 256, comma secondo, del D. Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, lo smaltimento, lo spandimento o l'abbandono incontrollati delle acque provenienti da un frantoio oleario, potendosi applicare la disciplina prevista dalla legge 11 novembre 1996, n. 574 soltanto laddove i reflui oleosi vengono impiegati a fini agricoli.

 

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 16 maggio 2011 il Tribunale di Taranto ha condannato C.F. alla pena di Euro 3.500 di ammenda, dichiarandolo colpevole: a) del reato di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 112 e art. 137, comma 14, perchè, in qualità di Presidente e legale rappresentante della Cantina e oleificio sociale di (OMISSIS), perchè effettuava l'utilizzazione agronomica delle acque di vegetazione dei frantoi al di fuori dei casi e delle procedure previste ed in particolare, in violazione della disciplina posta dalla L. n. 574 del 1996, art. 2 e art. 4, comma 2, relativi ai limiti di accettabilità e alle modalità di spandimento, provocava sul terreno meglio individuato nel capo di imputazione, esteso per 80.000 mq, fenomeni di ruscellamento e formazione di pozzi ed acquitrini di materiale putrescente; b) del reato di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 256, comma 1, perchè, nella medesima qualità, abbandonava e comunque depositava in modo incontrollato sul terreno cumuli di materiali inerti e rifiuti speciali di tipo ferroso, plastico ed edile per un volume complessivo di circa 200 mc; fatti accertati in (OMISSIS).

2. Avverso la sentenza, l'imputato ha proposto, tramite il proprio difensore, ricorso per cassazione per i seguenti motivi: 1) Illogicità della motivazione, poichè la responsabilità dell'imputato sarebbe stata fondata su una doppia presunzione: la prossimità del fondo in cui sarebbero state sversate le acque rispetto al fondo su cui insiste l'opificio e l'odore percepito dagli agenti di Polizia Giudiziaria, ritenuto caratteristico delle acque derivanti dalla molitura delle olive. Mancherebbe in sostanza la prova positiva relativa alla qualità dei liquidi rinvenuti sul fondo interessato, stante la contraddittorietà delle dichiarazioni rese dal teste M.; 2) Erronea applicazione della legge penale ed, in particolare, del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 256, comma 1 e 2, in quanto il Tribunale ha riqualificato il fatto contestato nel capo b) ritenendo integrata la condotta di stoccaggio di rifiuti ai sensi del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 183, lett. l), mentre l'attività di stoccaggio, nell'interpretazione prospettata dalla giurisprudenza di legittimità, costituisce un'attività prodromica ad un'operazione di smaltimento: il giudice di merito ha ritenuto mancante la prova circa la destinazione ad una successiva raccolta;

inoltre, stante la presenza di altri rifiuti non riconducibili all'attività dell'opificio, la qualifica di legale rappresentante dell'impresa non sarebbe sufficiente ad affermare la responsabilità dell'imputato; 3) Estinzione dei reati per intervenuta prescrizione.


CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato e per tale motivo deve essere rigettato.

Giova premettere che le censure prospettate dal ricorrente tendono a sottoporre al giudizio di legittimità aspetti attinenti alla ricostruzione del fatto e all'apprezzamento del materiale probatorio, che devono essere rimessi all'esclusiva competenza del giudice di merito, mirando a prospettare una versione del fatto diversa e alternativa a quella posta a base del provvedimento impugnato.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte (cfr. Sez. 6, n. 22256 del 26/04/2006, Bosco, Rv. 234148), il giudizio di legittimità - in sede di controllo sulla motivazione - non può concretarsi nella rilettura degli elementi di fatto, posti a fondamento della decisione o nell'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, preferiti a quelli adottati dal giudice di merito, perchè ritenuti maggiormente plausibili.

2. Nel caso di specie, il Tribunale, con motivazione congrua ed immune da vizi logici, ha accertato che l'imputato, titolare di un'autorizzazione allo spandimento delle acque di vegetazione derivante dalla molitura delle olive, eseguiva il reimpiego delle acque agronomiche sul terreno vicino all'opificio con modalità non conformi a legge. Il giudice di merito, sulla base delle risultanze processuali, ha dato conto del fatto che la suddetta attività era eseguita versando sul terreno e sui canali appositamente realizzati le acque provenienti dalla molitura, dando luogo ad un fenomeno di stagnamento acquitrinoso sulla superficie erbosa, senza che le acque venissero essere assorbite dal suolo. Pertanto, la responsabilità dell'imputato è stata affermata, in conformità a quanto affermato dalla giurisprudenza di legittimità (in tal senso Sez. 3, n. 11593 del 22/02/2012, Alesi, Rv. 252347), secondo la quale, integra il reato previsto dal D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 256, comma 2, lo smaltimento, lo spandimento o l'abbandono incontrollati delle acque provenienti da un frantoio oleoso, potendosi applicare la disciplina prevista dalla L. 11 novembre 1996, n. 574 soltanto laddove i reflui oleosi vengono impiegati a fini agricoli.

3. Del pari infondato è il secondo motivo di ricorso. Secondo un principio affermato da questa Corte (cfr. Sez. 3, n. 15593 del 24/03/2011, Tirolesi, Rv. 250150), il reato di deposito incontrollato di rifiuto si configura, infatti, quando si accerti attività di stoccaggio e smaltimento di rifiuti, dovendosi considerare tali i materiali ammassati alla rinfusa, senza autorizzazione alcuna, sull'area di cui l'imputato abbia la disponibilità. Il giudice di merito ha fatto applicazione del principio sopra richiamato e correttamente ha ritenuto sussistente la fattispecie di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 256, comma 1, lett. a), avendo accertato, alla luce delle risultanze fotografiche, che il materiale rinvenuto sul terreno nella disponibilità dell'opificio era costituito da materiale integralmente arrugginito, insuscettibile di qualsivoglia utilizzo diverso dalla dismissione come ferrovecchio. Priva di pregio è, peraltro, la prospettazione difensiva secondo la quale non vi sarebbe stata una posizione di garanzia in capo all'imputato, atteso che, la sentenza impugnata da conto del fatto che non è stata dimostrata in alcun modo l'esistenza di una delega di funzioni in capo ad un differente soggetto (cfr. Sez. 2 n 8978 del 03/08/2000, Biadene, Rv. 217703).

4 Deve essere respinta anche l'eccezione di prescrizione dei reati contestati. Questa Corte rileva che atteso il tempus commissi delicti, determinato al 18 aprile 2008, non sono ancora decorsi i termini lunghi di prescrizione, che scadranno solo il 18 aprile 2013, ai quali debbono anche essere aggiunti i periodi di sospensione del dibattimento per legittimo impedimento del difensore. Pertanto, il ricorso deve essere rigettato ed il ricorrente deve essere condannato, ex art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 24 ottobre 2012.