Cass. Sez. III n. 26952 del 2 luglio 2009 (Ud. 7 apr. 2009)
Pres. Onorato Est Mulliri Ric. Bonfanti
Rifiuti. Abbandono
In caso di abbandono di rifiuti da demolizione se i vari materiali costituenti rifiuti derivanti dalla demolizione di opere edilizie sono omogeneamente mescolati alla massa terrosa dei singoli carichi di autocarro non può ritenersi plausibile un abbandono distinto dalla diversa attività di riporto di terra vegetale atteso che, in tal caso, i rifiuti medesimi e la terra anziché omogeneamente mescolati sarebbero presenti in strati.
Pres. Onorato Est Mulliri Ric. Bonfanti
Rifiuti. Abbandono
In caso di abbandono di rifiuti da demolizione se i vari materiali costituenti rifiuti derivanti dalla demolizione di opere edilizie sono omogeneamente mescolati alla massa terrosa dei singoli carichi di autocarro non può ritenersi plausibile un abbandono distinto dalla diversa attività di riporto di terra vegetale atteso che, in tal caso, i rifiuti medesimi e la terra anziché omogeneamente mescolati sarebbero presenti in strati.
1. Provvedimento impugnato e motivi del ricorso
La sentenza impugnata ha confermato la condanna inflitta in primo grado al Bonfanti ritenuto responsabile di avere, quale titolare della ditta omonima di autotrasporti, depositato ed abbandonato in maniera incontrollata, su una superficie di circa 275 mq, di proprietà di terzi, rifiuti derivanti da scavo e demolizioni (art. 51 co. 2 lett. c) D.Lvo 22/97).
Avverso tale decisione, ha proposto ricorso la difesa dell’imputato deducendo:
1) e 2) violazione di legge e difetto dì motivazione per manifesta contraddittorietà (art. 606 lett. b) ed e) c.p.p. in rel. all’art.. 51 co. 2 D.Lvo 22/97) in quanto il giudicante avrebbe dovuto motivare adeguatamente le ragioni che avevano determinato il convincimento che fosse stato proprio il Bonfanti ad abbandonare i materiali incriminati. In realtà, l’unico teste sul quale si è basata la sentenza, Bonfanti Stefano non ha affatto detto cose compromettenti in tal senso avendo, anzi, confermato la tesi difensiva dell’imputato secondo cui egli era stato autorizzato dal proprietario a scaricare terreno vergine che sarebbe poi stato recuperato per attività di riempimento. Lo stesso teste ha detto di non avere fatto sopralluoghi per verificare né la qualità né la quantità delle merce scaricata ed ha soggiunto che l’area era accessibile anche a terzi.
Conseguentemente, non si comprende su cosa la Corte abbia fondato il proprio convincimento circa il fatto che i rifiuti fossero stati scaricati dal Bonfanti perché erano “omogeneamente mescolati alla massa terrosa”.
Se, poi, tale asserzione la si vuole giustificare con l’esame delle fotografie, va detto che essere erano state effettuate dopo oltre 5 mesi dall’epoca di accesso dell’imputato sull’area. Sul punto, la Corte non ha risposto.
Analogamente, nulla ha detto sulle parole dell’altro teste Faioli, che ha confermato che la terra prelevata dall’imputato era terra vergine.
Il ricorrente ravvisa, sulla base degli stessi argomenti anche una mancanza e manifesta illogicità della motivazione ed invoca, pertanto, non di sovrapporre la propria valutazione a quella della Corte di merito ma solo di verificare la logicità degli argomenti spesi e se siano stati valutati tutti gli elementi a disposizione.
Il ricorrente conclude invocando l’annullamento della sentenza impugnata.
2 Motivi della decisione - Il ricorso è infondato e deve essere respinto.
La censura sulla motivazione qui formulata impone, esclusivamente, che questa S.C. verifichi la logica della chiave interpretativa con cui sono stati esaminati i fatti, non certo che li riesamini a propria volta.
Sotto tale profilo, stante l’assoluta semplicità della vicenda, è innegabile che la motivazione della Corte ha una sua logica: in altri termini, essa dice che, se i rifiuti fossero stati depositati dopo che il ricorrente aveva scaricato la terra (come da autorizzazione ricevuta dal proprietario del terreno), sarebbe stato possibile riscontrare la presenza di “strati”.
Al contrario, si afferma: gli assunti difesivi sono nettamente smentiti dalle fotografie in atti che chiaramente dimostrano che i vari materiali costituenti rifiuti derivanti dalla demolizione di opere edilizie erano omogeneamente mescolati alla massa terrosa dei singoli carichi di autocarro, che, una volta scaricati avevano formato cumuli singolarmente distinguibili e caratteristici per la loro conformazione”.
Non solo, quindi, non si può parlare di “carenza di motivazione” — ben presente e logica — ma non si ravvisa neanche alcuna violazione di legge (nell’aver conferito alla condotta ipotizzata la qualificazione giuridica datale). Ed infatti, essa è perfettamente coerente con l’ipotesi che, come dice la Corte, “l’imputato trasportò e fece trasportare, depositò e lasciò senza controllo rifiuti in quantità considerevoli, mescolati a terra”. Del resto, le stesse dichiarazioni difensive del ricorrente non smentiscono ma si limitano a negare la complessità del condotta (per la parte illecita) la cui riferibilità, invece, risulta correttamente argomentata dalla Corte sulla base di dati obiettivi (le foto) e dell’aspetto che presentava l’ammasso di rifiuti (omogeneamente mescolati).
Si tratta di apprezzamento sostenuto da elementi oggettivi e da rigore logico che, quindi, non merita, in questa sede censure di sorta.
Nel respingere il ricorso, segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
La sentenza impugnata ha confermato la condanna inflitta in primo grado al Bonfanti ritenuto responsabile di avere, quale titolare della ditta omonima di autotrasporti, depositato ed abbandonato in maniera incontrollata, su una superficie di circa 275 mq, di proprietà di terzi, rifiuti derivanti da scavo e demolizioni (art. 51 co. 2 lett. c) D.Lvo 22/97).
Avverso tale decisione, ha proposto ricorso la difesa dell’imputato deducendo:
1) e 2) violazione di legge e difetto dì motivazione per manifesta contraddittorietà (art. 606 lett. b) ed e) c.p.p. in rel. all’art.. 51 co. 2 D.Lvo 22/97) in quanto il giudicante avrebbe dovuto motivare adeguatamente le ragioni che avevano determinato il convincimento che fosse stato proprio il Bonfanti ad abbandonare i materiali incriminati. In realtà, l’unico teste sul quale si è basata la sentenza, Bonfanti Stefano non ha affatto detto cose compromettenti in tal senso avendo, anzi, confermato la tesi difensiva dell’imputato secondo cui egli era stato autorizzato dal proprietario a scaricare terreno vergine che sarebbe poi stato recuperato per attività di riempimento. Lo stesso teste ha detto di non avere fatto sopralluoghi per verificare né la qualità né la quantità delle merce scaricata ed ha soggiunto che l’area era accessibile anche a terzi.
Conseguentemente, non si comprende su cosa la Corte abbia fondato il proprio convincimento circa il fatto che i rifiuti fossero stati scaricati dal Bonfanti perché erano “omogeneamente mescolati alla massa terrosa”.
Se, poi, tale asserzione la si vuole giustificare con l’esame delle fotografie, va detto che essere erano state effettuate dopo oltre 5 mesi dall’epoca di accesso dell’imputato sull’area. Sul punto, la Corte non ha risposto.
Analogamente, nulla ha detto sulle parole dell’altro teste Faioli, che ha confermato che la terra prelevata dall’imputato era terra vergine.
Il ricorrente ravvisa, sulla base degli stessi argomenti anche una mancanza e manifesta illogicità della motivazione ed invoca, pertanto, non di sovrapporre la propria valutazione a quella della Corte di merito ma solo di verificare la logicità degli argomenti spesi e se siano stati valutati tutti gli elementi a disposizione.
Il ricorrente conclude invocando l’annullamento della sentenza impugnata.
2 Motivi della decisione - Il ricorso è infondato e deve essere respinto.
La censura sulla motivazione qui formulata impone, esclusivamente, che questa S.C. verifichi la logica della chiave interpretativa con cui sono stati esaminati i fatti, non certo che li riesamini a propria volta.
Sotto tale profilo, stante l’assoluta semplicità della vicenda, è innegabile che la motivazione della Corte ha una sua logica: in altri termini, essa dice che, se i rifiuti fossero stati depositati dopo che il ricorrente aveva scaricato la terra (come da autorizzazione ricevuta dal proprietario del terreno), sarebbe stato possibile riscontrare la presenza di “strati”.
Al contrario, si afferma: gli assunti difesivi sono nettamente smentiti dalle fotografie in atti che chiaramente dimostrano che i vari materiali costituenti rifiuti derivanti dalla demolizione di opere edilizie erano omogeneamente mescolati alla massa terrosa dei singoli carichi di autocarro, che, una volta scaricati avevano formato cumuli singolarmente distinguibili e caratteristici per la loro conformazione”.
Non solo, quindi, non si può parlare di “carenza di motivazione” — ben presente e logica — ma non si ravvisa neanche alcuna violazione di legge (nell’aver conferito alla condotta ipotizzata la qualificazione giuridica datale). Ed infatti, essa è perfettamente coerente con l’ipotesi che, come dice la Corte, “l’imputato trasportò e fece trasportare, depositò e lasciò senza controllo rifiuti in quantità considerevoli, mescolati a terra”. Del resto, le stesse dichiarazioni difensive del ricorrente non smentiscono ma si limitano a negare la complessità del condotta (per la parte illecita) la cui riferibilità, invece, risulta correttamente argomentata dalla Corte sulla base di dati obiettivi (le foto) e dell’aspetto che presentava l’ammasso di rifiuti (omogeneamente mescolati).
Si tratta di apprezzamento sostenuto da elementi oggettivi e da rigore logico che, quindi, non merita, in questa sede censure di sorta.
Nel respingere il ricorso, segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.