Cass. Sez. III n. 36499 del 3 novmebre 2006 (Up.21/09/2006)
Pres. Teresi A. Est. Lombardi Ric. Barbuti.
(Rigetta, Trib. Salerno, 14 giugno 2004)
SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Realizzazione e gestione di discarica non autorizzata - Nozione.
Integra il reato di realizzazione di discarica in difetto di autorizzazione l'utilizzazione di un'area diversa da quella cui si riferisce il provvedimento di autorizzazione.
Pres. Teresi A. Est. Lombardi Ric. Barbuti.
(Rigetta, Trib. Salerno, 14 giugno 2004)
SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Realizzazione e gestione di discarica non autorizzata - Nozione.
Integra il reato di realizzazione di discarica in difetto di autorizzazione l'utilizzazione di un'area diversa da quella cui si riferisce il provvedimento di autorizzazione.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Udienza pubblica
Dott. TERESI Alfredo - Presidente - del 21/09/2006
Dott. MIRANDA Vincenzo - Consigliere - SENTENZA
Dott. LOMBARDI Alfredo Maria - Consigliere - N. 1431
Dott. GENTILE Mario - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. IANNIELLO Antonio - Consigliere - N. 13114/2005
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
Avv. PECORARO Rocco, difensore di fiducia di Barbuti Luigi, n. a Salerno il 6.3.1967;
avverso la sentenza in data 14.6.2004 del Tribunale di Salerno, con la quale venne condannato alla pena di Euro 2.000,00 di ammenda, quale colpevole del reato di cui al D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 51, comma 1, lett. a);
Visti gli atti, la sentenza denunziata ed il ricorso;
Udita in Pubblica udienza la relazione del Consigliere Dott. LOMBARDI Alfredo Maria;
Udito il P.M., in persona del Sost. Procuratore Generale Dott. CONSOLO Santi, che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con la sentenza impugnata il Tribunale di Salerno ha affermato la colpevolezza di Barbuti Luigi in ordine al reato di cui al D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 51, comma 1, lett. a), ascrittogli perché, quale titolare dell'omonima ditta di autodemolizioni, effettuava un'attività di raccolta, recupero e stoccaggio di rifiuti speciali non pericolosi, costituiti da carcasse di autovetture e parti di veicoli smantellati, senza essere in possesso della prescritta autorizzazione.
Il giudice di merito ha accertato in punto di fatto che l'impresa dell'imputato era iscritta all'albo nazionale delle imprese esercenti l'attività di gestione di rifiuti ed era titolare di apposita autorizzazione regionale per l'esercizio di un impianto di demolizione e rottamazione di autoveicoli, da esercitarsi su un'area denominata Lotto C1, che risultava essere nella disponibilità del Barbuti al momento del rilascio dei provvedimenti autorizzatori; che, successivamente, l'imputato aveva acquisito un'ulteriore area adiacente alla prima, denominata Lotto C2, che aveva adibito a zona di deposito di carcasse di veicoli e parti di auto già smantellate, in assenza della prescritta autorizzazione.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso il difensore dell'imputato, che la denuncia con tre motivi di gravame.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di impugnazione il ricorrente denuncia la violazione ed errata applicazione del D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 51 e dell'art. 43 c.p..
Si deduce che la sentenza impugnata ha erroneamente equiparato la condotta dell'imputato, titolare delle prescritte autorizzazioni alla demolizione di autoveicoli ed alla gestione dei relativi rifiuti, a quella di chi è totalmente privo di ogni autorizzazione; che, nella specie, in effetti si è trattato di una mera espansione dell'attività già svolta dall'imputato in base a regolare autorizzazione, sicché il giudice di merito avrebbe quanto meno dovuto escludere l'esistenza dell'elemento psicologico del reato. Con il secondo mezzo di annullamento il ricorrente denuncia la violazione ed errata applicazione del D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 46. Si osserva che la norma citata consente il commercio delle parti di ricambio recuperate a seguito della demolizione dei veicoli a motore e che tale era l'unica attività cui era stato adibito il cosiddetto Lotto C2, sul quale l'imputato aveva depositato pezzi di macchine destinati ad essere rivenduti; rivendita di pezzi di ricambio per la quale l'imputato era munito della regolare autorizzazione. Con l'ultimo mezzo di annullamento il ricorrente denuncia la mancanza o manifesta illogicità della motivazione della sentenza. Si deduce che il giudice di merito ha escluso, senza un'adeguata motivazione, che il cosiddetto Lotto C2 fosse adibito al mero deposito delle auto demolite e parti di essere, così come sostenuto dalla difesa dell'imputato. Il ricorso non è fondato. Osserva la Corte in ordine al primo motivo di gravame che la sentenza impugnata risulta adeguatamente motivata in punto di accertamento dell'elemento psicologico del reato mediante gli specifici rilievi afferenti al riconoscimento da parte dell'imputato di essere stato consapevole che la autorizzazione regionale non riguardava il cosiddetto Lotto C2, sul quale lo stesso esercitava abusivamente l'attività di gestione dei rifiuti speciali indicati in contestazione. In proposito, pertanto, occorre solo precisare, ad integrazione della motivazione della decisione impugnata, che l'individuazione dell'area di ubicazione dell'impianto per l'espletamento di una attività di gestione dei rifiuti costituisce elemento essenziale della autorizzazione ottenuta dallo interessato. In detta autorizzazione, infatti, deve essere individuato, ai sensi del D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 28, comma 1, lett. d), il luogo di smaltimento dei rifiuti, dato che implica ovviamente la valutazione della idoneità di tale luogo allo scopo richiesto, sicché l'utilizzazione di un'area diversa da quella cui si riferisce il provvedimento della Regione integra la fattispecie della gestione di rifiuti senza la prescritta autorizzazione.
Il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato. L'assunto del ricorrente, secondo il quale il cosiddetto Lotto C2 era adibito esclusivamente alla esposizione per la vendita delle parti di ricambio recuperate dalla demolizione dei veicoli, costituisce una questione di fatto non deducibile in sede di legittimità e, peraltro, contrasta con l'accertamento di merito contenuto nella sentenza.
Da quest'ultimo emerge, infatti, che tutto il materiale rinvenuto dai verbalizzanti era "accatastato in maniera caotica"; che vi erano "carcasse di veicoli, non solo accatastate una sull'altra, ma tenute alla rinfusa insieme a tutti gli altri scarti", sicché il giudice di merito ha espressamente escluso che detto materiale potesse essere inquadrato nella categoria dei "pezzi di ricambio" con motivazione adeguata ed immune da vizi logici.
Anche il terzo motivo di ricorso, infine, è manifestamente infondato.
La sentenza impugnata ha escluso che nel caso in esame potesse ravvisarsi la fattispecie del deposito temporaneo di rifiuti, che è consentito solo nell'ipotesi in cui tale deposito risponda alle prescrizioni di cui al D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 6, comma 1, lett. m).
Orbene, alla luce del citato disposto il giudice di merito ha puntualmente rilevato che, a prescindere da ogni altra considerazione, non si versa nell'ipotesi di deposito dei rifiuti nel luogo di produzione degli stessi prescritto dalla norma citata. Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato.
Ai sensi dell'art. 616 c.p.p., al rigetto dell'impugnazione segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Dispone trasmettersi copia del dispositivo al G.E. ed al P.M. competenti.
Così deciso in Roma, nella Pubblica udienza, il 21 settembre 2006. Depositato in Cancelleria il 10 ottobre 2006
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Udienza pubblica
Dott. TERESI Alfredo - Presidente - del 21/09/2006
Dott. MIRANDA Vincenzo - Consigliere - SENTENZA
Dott. LOMBARDI Alfredo Maria - Consigliere - N. 1431
Dott. GENTILE Mario - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. IANNIELLO Antonio - Consigliere - N. 13114/2005
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
Avv. PECORARO Rocco, difensore di fiducia di Barbuti Luigi, n. a Salerno il 6.3.1967;
avverso la sentenza in data 14.6.2004 del Tribunale di Salerno, con la quale venne condannato alla pena di Euro 2.000,00 di ammenda, quale colpevole del reato di cui al D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 51, comma 1, lett. a);
Visti gli atti, la sentenza denunziata ed il ricorso;
Udita in Pubblica udienza la relazione del Consigliere Dott. LOMBARDI Alfredo Maria;
Udito il P.M., in persona del Sost. Procuratore Generale Dott. CONSOLO Santi, che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con la sentenza impugnata il Tribunale di Salerno ha affermato la colpevolezza di Barbuti Luigi in ordine al reato di cui al D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 51, comma 1, lett. a), ascrittogli perché, quale titolare dell'omonima ditta di autodemolizioni, effettuava un'attività di raccolta, recupero e stoccaggio di rifiuti speciali non pericolosi, costituiti da carcasse di autovetture e parti di veicoli smantellati, senza essere in possesso della prescritta autorizzazione.
Il giudice di merito ha accertato in punto di fatto che l'impresa dell'imputato era iscritta all'albo nazionale delle imprese esercenti l'attività di gestione di rifiuti ed era titolare di apposita autorizzazione regionale per l'esercizio di un impianto di demolizione e rottamazione di autoveicoli, da esercitarsi su un'area denominata Lotto C1, che risultava essere nella disponibilità del Barbuti al momento del rilascio dei provvedimenti autorizzatori; che, successivamente, l'imputato aveva acquisito un'ulteriore area adiacente alla prima, denominata Lotto C2, che aveva adibito a zona di deposito di carcasse di veicoli e parti di auto già smantellate, in assenza della prescritta autorizzazione.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso il difensore dell'imputato, che la denuncia con tre motivi di gravame.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di impugnazione il ricorrente denuncia la violazione ed errata applicazione del D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 51 e dell'art. 43 c.p..
Si deduce che la sentenza impugnata ha erroneamente equiparato la condotta dell'imputato, titolare delle prescritte autorizzazioni alla demolizione di autoveicoli ed alla gestione dei relativi rifiuti, a quella di chi è totalmente privo di ogni autorizzazione; che, nella specie, in effetti si è trattato di una mera espansione dell'attività già svolta dall'imputato in base a regolare autorizzazione, sicché il giudice di merito avrebbe quanto meno dovuto escludere l'esistenza dell'elemento psicologico del reato. Con il secondo mezzo di annullamento il ricorrente denuncia la violazione ed errata applicazione del D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 46. Si osserva che la norma citata consente il commercio delle parti di ricambio recuperate a seguito della demolizione dei veicoli a motore e che tale era l'unica attività cui era stato adibito il cosiddetto Lotto C2, sul quale l'imputato aveva depositato pezzi di macchine destinati ad essere rivenduti; rivendita di pezzi di ricambio per la quale l'imputato era munito della regolare autorizzazione. Con l'ultimo mezzo di annullamento il ricorrente denuncia la mancanza o manifesta illogicità della motivazione della sentenza. Si deduce che il giudice di merito ha escluso, senza un'adeguata motivazione, che il cosiddetto Lotto C2 fosse adibito al mero deposito delle auto demolite e parti di essere, così come sostenuto dalla difesa dell'imputato. Il ricorso non è fondato. Osserva la Corte in ordine al primo motivo di gravame che la sentenza impugnata risulta adeguatamente motivata in punto di accertamento dell'elemento psicologico del reato mediante gli specifici rilievi afferenti al riconoscimento da parte dell'imputato di essere stato consapevole che la autorizzazione regionale non riguardava il cosiddetto Lotto C2, sul quale lo stesso esercitava abusivamente l'attività di gestione dei rifiuti speciali indicati in contestazione. In proposito, pertanto, occorre solo precisare, ad integrazione della motivazione della decisione impugnata, che l'individuazione dell'area di ubicazione dell'impianto per l'espletamento di una attività di gestione dei rifiuti costituisce elemento essenziale della autorizzazione ottenuta dallo interessato. In detta autorizzazione, infatti, deve essere individuato, ai sensi del D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 28, comma 1, lett. d), il luogo di smaltimento dei rifiuti, dato che implica ovviamente la valutazione della idoneità di tale luogo allo scopo richiesto, sicché l'utilizzazione di un'area diversa da quella cui si riferisce il provvedimento della Regione integra la fattispecie della gestione di rifiuti senza la prescritta autorizzazione.
Il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato. L'assunto del ricorrente, secondo il quale il cosiddetto Lotto C2 era adibito esclusivamente alla esposizione per la vendita delle parti di ricambio recuperate dalla demolizione dei veicoli, costituisce una questione di fatto non deducibile in sede di legittimità e, peraltro, contrasta con l'accertamento di merito contenuto nella sentenza.
Da quest'ultimo emerge, infatti, che tutto il materiale rinvenuto dai verbalizzanti era "accatastato in maniera caotica"; che vi erano "carcasse di veicoli, non solo accatastate una sull'altra, ma tenute alla rinfusa insieme a tutti gli altri scarti", sicché il giudice di merito ha espressamente escluso che detto materiale potesse essere inquadrato nella categoria dei "pezzi di ricambio" con motivazione adeguata ed immune da vizi logici.
Anche il terzo motivo di ricorso, infine, è manifestamente infondato.
La sentenza impugnata ha escluso che nel caso in esame potesse ravvisarsi la fattispecie del deposito temporaneo di rifiuti, che è consentito solo nell'ipotesi in cui tale deposito risponda alle prescrizioni di cui al D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 6, comma 1, lett. m).
Orbene, alla luce del citato disposto il giudice di merito ha puntualmente rilevato che, a prescindere da ogni altra considerazione, non si versa nell'ipotesi di deposito dei rifiuti nel luogo di produzione degli stessi prescritto dalla norma citata. Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato.
Ai sensi dell'art. 616 c.p.p., al rigetto dell'impugnazione segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Dispone trasmettersi copia del dispositivo al G.E. ed al P.M. competenti.
Così deciso in Roma, nella Pubblica udienza, il 21 settembre 2006. Depositato in Cancelleria il 10 ottobre 2006