Pres. Vitalone Est. Franco Imp. Guccione.
Rifiuti. Gestione dei rifiuti - Nuove disposizioni di cui all'art. 256 D.Lgs. n. 152 del 2006 - Pregresse disposizioni di cui all'art. 51 D.Lgs. n. 22 del 1997 - Continuità normativa.
In tema di gestione dei rifiuti, sussiste continuità normativa fra le disposizioni di cui all'art. 51, commi primo e secondo, D.Lgs. n. 22 del 1997, e quelle di cui all'art. 256, commi primo e secondo, D.Lgs. n. 152 del 2006 (attività non autorizzata di gestione dei rifiuti), in quanto il nuovo testo è identico al previgente, come mod. dall'art. 7, comma settimo, D.Lgs. n. 389 del 1997.
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Camera di
consiglio
Dott. VITALONE Claudio - Presidente - del 15/03/2007
Dott.
TERESI Alfredo - Consigliere - SENTENZA
Dott. SQUASSONI Claudia - Consigliere
- N. 222
Dott. FRANCO Amedeo - est. Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott.
GAZZARA Santi - Consigliere - N. 39190/2006
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto
da:
GUCCIONE GIOACCHINO, nato a Palermo il 28 ottobre 1965, in proprio e
quale legale rappresentante della s.p.a. Manna Villa Igiea;
avverso
l'ordinanza emessa il 20 settembre 2006 dal Tribunale di Palermo, quale giudice
del riesame;
udita nella udienza in Camera di consiglio del 15 marzo 2007 la
relazione fatta dal Consigliere Dott. FRANCO AMEDEO;
udito il Pubblico
Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FRATICELLI MARIO,
che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con
provvedimento del 12 agosto 2006 il giudice per le indagini preliminari del
tribunale di Palermo dispose il sequestro preventivo, in relazione al reato di
cui al D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22: a) di un'area di pertinenza della s.p.a.
Marina Villa Igieia adibita a porticciuolo turistico; b) di una serie di fusti,
bidoni e contenitori, alcuni dei quali contenenti verosimilmente oli esausti o
materiali di risulta; c) di una impastatrice con verosimili residui di olio
usato; d) di fotocopie di documenti, ritenendo sussistente il fumus che
sull'area in questione vi fosse stato un deposito incontrollato di rifiuti
pericolosi.
Il Tribunale del riesame di Palermo con l'ordinanza impugnata
confermò il provvedimento di sequestro.
Guccione Gioacchino, in proprio e
quale legale rappresentante della s.p.a. Marina Villa Igiea, propone ricorso per
cassazione deducendo:
1) inosservanza ed erronea applicazione degli artt. 321
e 324 c.p.p., perché il Tribunale del riesame ha ritenuto che il proprio
sindacato non potesse investire la fondatezza dell'ipotesi accusatoria, ma
dovesse limitarsi alla verifica della astratta possibilità di ricondurre il
fatto alla fattispecie di reato ipotizzata dall'accusa senza possibilità di
valutare la coincidenza degli elementi rappresentati dall'accusa con le reali
risultanze processuali. Così opinando il Tribunale ha erroneamente omesso del
tutto di esaminare la concreta fondatezza delle mere ipotesi accusatone e
persino di esaminare i documenti e le risultanze delle indagini investigative
presentati dalla difesa e le importanti circostanze allegate. 2) Inosservanza ed
erronea applicazione del D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, art. 51, D.Lgs. 3 aprile
2006, n. 152, artt. 255 e 256. Osserva che il decreto di sequestro è stato
emesso in riferimento al D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, art. 51, comma 2, il
quale però è stato integralmente abrogato dal D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art.
264. Erroneamente il Tribunale del riesame ha ritenuto che vi sia continuità
normativa, e ciò perché la norma penale di cui al D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22,
art. 51, comma 2, che sanzionava la "attività di gestione rifiuti non
autorizzata", ha una differente formulazione e riguarda diverse fattispecie
rispetto al sistema sanzionatorio di cui al D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, artt.
255 e 256, il quale ora sanziona solo due fattispecie (abbandono o deposito
incontrollato) mentre non sanziona più la fattispecie della "attività di
gestione dei propri rifiuti" (già prevista invece dal D.Lgs. 5 febbraio 1997, n.
22, art. 51, comma 2). Ora, come risulta dalle prove fornite, la s.p.a. Marina
Villa Igieia si limita a detenere unicamente propri rifiuti. Inoltre, la nuova
norma si inserisce in un sistema sanzionatorio differente e maggiormente
articolato, che ha integralmente ridisegnato la materia della gestione dei
rifiuti, con conseguente differente applicabilità delle nuove norme
sanzionatorie.
3) Inosservanza ed erronea applicazione del D.Lgs. 3 aprile
2006, n. 152, artt. 183 e 256. Osserva che il Tribunale del riesame ha applicato
la sanzione di cui all'art. 256, comma 2, cit., per avere ritenuto irregolare il
deposito in questione a causa del presunto mancato rispetto delle norme
tecniche, delle norme sul deposito della sostanze pericolose e delle norme sulle
etichettature e gli imballaggi. Senonché la disposizione in questione si applica
solo a chi compie attività non autorizzata di gestione di rifiuti, che è
ravvisabile solo nello stoccaggio, e non anche nel deposito temporaneo dei
rifiuti, che non è attività di gestione ma attività tipica del produttore del
rifiuto e che precede la fase di gestione. Nella specie, la Marina Villa Igiea
si limita ad apprestare un deposito temporaneo dell'olio esausto in attesa che
un operatore autorizzato lo prelevi. Non vi è perciò irregolare attività di
gestione dei rifiuti. Invero, l'eventuale irregolarità del deposito temporaneo
non è sufficiente per trasformarlo in una attività diversa, quale lo stoccaggio
o la gestione di rifiuti, che del resto non sono normativamente parificati al
primo. Inoltre, il deposito temporaneo, anche se irregolare, resta distinto
dalla raccolta e gestione dei rifiuti, ed è incompatibile con il deposito
incontrollato, perché avviene, per definizione, sotto la sfera di controllo del
produttore e nello stesso luogo di produzione. Nella specie, poi, non erano
stati superati i quantitativi previsti, ma il deposito è stato ritenuto
irregolare solo perché l'area era sporca ed i rifiuti non imballati.
MOTIVI
DELLA DECISIONE
Il primo motivo non può essere accolto. È vero che il
Tribunale del riesame ha sostenuto un principio di diritto non condivisibile,
laddove ha affermato che il suo sindacato non può investire la concreta
fondatezza dell'accusa, ma deve limitarsi alla verifica della astratta
possibilità di ricondurre il fatto contestato alla fattispecie di reato
ipotizzata dall'organo dell'accusa, accertando la sussistenza ad fumus solo
sotto il profilo della congruità degli elementi rappresentati, che non possono
essere censurati in punto di fatto per apprezzarne la coincidenza con le reali
risultanze processuali, ma che vanno valutati così come proposti dal Pubblico
Ministero. Questo principio, che pure a volte è stato affermato dalla
giurisprudenza di questa Corte, è stato però disatteso innumerevoli volte dalla
giurisprudenza più recente, alla quale questo Collegio aderisce, secondo cui il
Tribunale del riesame, per espletare il ruolo di garanzia che la legge gli
demanda, non può avere riguardo solo che astratta configurabilità del reato, ma
deve prendere in considerazione e valutare, in modo puntuale e coerente, tutte
le risultanze processuali, e quindi non solo gli elementi probatori offerti
dalla pubblica accusa, ma anche le confutazioni e gli elementi offerti dagli
indagati che possano avere influenza sulla configurabilità e sulla sussistenza
del fumus del reato contestato (cfr., sez. 1^, 9 dicembre 2003, n. 1885/04,
Cantoni, n. 227.498, e da ultimo, sez. 3^, 16.3.2006 n. 17751; sez. 3^,
8.11.2006, Pulcini;
sez. 3^, 9 gennaio 2007, Sgadari).
Tuttavia, nella
specie, l'inesatta affermazione di principio da cui il Tribunale del riesame è
partito non ha avuto poi in pratica effetti concreti, perché in realtà il
Tribunale non si è limitato a valutare la astratta configurabilità sulla base
dei soli elementi forniti dall'accusa, ma ha preso in considerazione e valutato
tutte le circostanze processuali a sua disposizione, anche quelle offerte
dall'indagato. Del resto, la documentazione che secondo il ricorrente non
sarebbe stata esaminata, è ininfluente, perché il fatto che i rifiuti in
questione sarebbero stati prodotti dalla stessa soc. Marina Villa Igeia non è
stato negato dalla ordinanza impugnata, mentre i registri di carico e scarico
erano irrilevanti non essendo stato contestato il superamento dei limiti
temporali. Il secondo motivo è manifestamente infondato perché le disposizioni
di cui al D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, art. 51, commi 1 e 2, sono state
integralmente e testualmente trasfuse nel D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art.
256, commi 1 e 2, sicché non può revocarsi in dubbio che vi sia continuità
normativa tra vecchie e nuove disposizioni in riferimento al reato contestato
all'indagato. L'assunto del ricorrente - secondo cui D.Lgs. 3 aprile 2006, n.
152, art. 256, commi 1 e 2, avrebbe una diversa formulazione e riguarderebbe
fattispecie diverse rispetto al precedente art. 51, comma 2, in quanto non
sanzionerebbe più l'attività di gestione dei propri rifiuti che sarebbe stata
invece prevista dal previgente art. 51, comma 2, - è manifestamente infondato e
si basa su una erronea lettura della disposizione richiamata, dal momento che il
testo dell'art. 51, comma 2, vigente al momento della entrata in vigore del
D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, è identico al testo del nuovo art. 256, comma 2,
giacché il termine "propri" era già stato soppresso dal precedente testo
dell'art. 51, comma 2, cit., del D.Lgs. 8 novembre 1997, n. 389, art. 7, comma
7.
Ritiene il Collegio che il terzo motivo sia infondato. Ed invero, secondo
la costante giurisprudenza di questa Suprema Corte, perché un deposito di
rifiuti possa dirsi controllato deve essere anche temporaneo, ossia deve
trattarsi di un raggruppamento dei rifiuti, prima della raccolta, nel luogo
della loro produzione e deve sussistere l'osservanza di tutte le condizioni
imposte dal D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, art. 6, lett. m). In difetto di uno
di questi requisiti, e quindi allorché non sussistano tutte le condizioni
previste dal citato art. 6, lett. m), si realizza un deposito irregolare, ossia
un deposito preliminare o stoccaggio, ovvero una attività di gestione dei
rifiuti per la quale è necessaria la autorizzazione o la iscrizione in procedura
semplificata, con conseguente configurabilità, in mancanza, del reato di cui al
D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, art. 51, comma 2, (cfr. sez. 3^, 5 dicembre 2005,
Cascone, m. 233.019; sez. 3^, 29 settembre 2004, De Flammineis, m. 230.078; sez.
3^, 22 giugno 2004, Frassy, m. 229.474; sez. 3^, 25 febbraio 2004, Eoli, m.
229.226 e 229.225; sez. 3^, 22 gennaio 2003, Costa m. 224.172).
Nel caso di
specie, il Tribunale del riesame, con adeguata motivazione (che peraltro in
questa sede potrebbe essere censurata solo nel caso fosse mancante o meramente
apparente, e non per incongruità o illogicità) ha ritenuto appunto che
sussisteva fumus che non fossero state rispettate tutte le condizioni previste
dal D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, art. 6, lett. m), (ora D.Lgs. 3 aprile 2006,
n. 152, art. 183, lett. m)), per aversi un deposito temporaneo, ed in
particolare perché il deposito non era effettuato per categorie omogenee di
rifiuti, perché non erano rispettate le relative norme tecniche, perché i
rifiuti pericolosi non erano tenuti nel rispetto delle norme relative al
deposito delle sostanze pericolose in essi contenute, e infine perché non erano
rispettate le norme disciplinanti l'imballaggio e l'etichettatura dei rifiuti
pericoli. Conseguentemente, in modo ineccepibile e con corretta applicazione
delle disposizioni e dei principi di diritto dianzi ricordati, il Tribunale del
riesame ha ritenuto sussistente il fumus del reato ipotizzato.
Il ricorso
deve pertanto essere rigettato con conseguente condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali. P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso in Roma, il 15 marzo 2007.
Depositato in
Cancelleria il 8 maggio 2007