Elettrosmog. Collocazione impianti e poteri del'autorità comunale
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N.1431/2007
Reg.Dec.
N. 3827 Reg.Ric.
ANNO 2006
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Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente
sul ricorso in appello n. 3827/2006 proposto dalla WIND TELECOMUNICAZIONI S.P.A., rappresentata e difesa dall’Avv. Beniamino Caravita di Toritto con domicilio eletto in Roma via di Porta Pinciana n. 6;
COMUNE DI PADOVA, rappresentato e difeso dall’Avv. Alessandra Montobbio e dall’Avv. Carlo De Simoni e dall’Avv. Fabio Lorenzoni con domicilio eletto in Roma via del Viminale n. 43, presso l’Avv. Fabio Lorenzoni;
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale del Veneto sede di Venezia Sez. III n. 565/2006.
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Padova;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Alla pubblica udienza del 12 gennaio 2007 relatore il Consigliere Sabino Luce. Uditi gli avv.ti Caravita di Toritto e Lorenzoni;
1. Con deliberazione n. 3 del 17.1.2005 il Consiglio Comunale di Padova approvava il “Regolamento Comunale per l’installazione e l’esercizio degli impianti per la telefonia mobile” redatto al fine di attuare un corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti per la telefonia mobile sul territorio, attraverso la definizione dei criteri di localizzazione degli impianti. Ai fini dell’installazione degli impianti, erano evidenziate tre tipologie di aree:
in particolare, oltre alle aree maggiormente idonee erano identificate le aree sensibili e le aree di attenzione, nell’ambito delle quali, oltre all’individuazione dei siti ed edifici di particolare rilevanza storica, artistica, ed architettonica, erano delimitate le zone del territorio comunale caratterizzate da particolari valori di campo elettromagnetico individuati nelle valutazioni appositamente effettuate da ARPAV. Successivamente, con deliberazione di C.C. n. 133/2005, il Comune di Padova approvava il Piano comunale delle installazioni, con le modalità di cui all’art. 6 del regolamento indicato.
Con ricorso notificato in data 24.02.2005 la società Wind Telecomunicazioni S.p.a. impugnava la deliberazione del Consiglio Comunale n. 3 del 17.1.2005 nonché tutti gli atti presupposti, consequenziali e, comunque, connessi affermandone la pretesa illegittimità per eccesso di potere e violazione di legge.
Con il ricorso suddetto venivano in particolare censurati l’art. 3 che disciplinava i criteri di pianificazione e localizzazione delle installazioni e l’art. 7 che prevedeva il rilascio del permesso di costruire per l’installazione degli impianti.
Con l’impugnata sentenza 565/06 il TAR Veneto accoglieva in parte il ricorso annullando in parte gli artt. 3 e 7 nei limiti di cui in motivazione.
Con ricorso in appello notificato in data 20.04.2006 la società Wind Telecomunicazioni S.p.a. impugnava la citata sentenza denunziandone l’illegittimità con riferimento agli ulteriori capi di domanda dedotti e disattesi dal Tribunale amministrativo regionale, chiedendo il rigetto dell’appello e con atto notificato il 22.05.2006, proponeva, altresì ricorso, incidentale avverso i capi della sentenza che lo vedevano soccombente.
Il ricorso, chiamato per l’udienza odierna all’esito, è stato trattenuto in decisione.
2. Successivamente all’emanazione dell’impugnata sentenza, il Comune di Padova ha adottato alcune modifiche ed integrazioni al Regolamento per l’installazione degli impianti di telefonia riguardanti specificamente le questioni oggetto del giudizio in esame.
In particolare, con la deliberazione n. 85, del 23.10.2006, il Comune ha preso atto della sentenza della Corte Costituzionale n. 265/2006 che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 14 della L.R. del Veneto n. 8/2005, in base al quale per l’installazione, la modifica e l’adeguamento degli impianti di telefonia mobile occorreva ottenere oltre alla autorizzazione prevista dall’art. 87 del D.lgs. 259/2003, anche il permesso di costruire ai sensi del DPR 380/2001. Conseguentemente, con la deliberazione n. 85/2006 il Consiglio comunale provvedeva ad eliminare dal regolamento la previsione relativa alla necessità del rilascio dell’indicato permesso di costruire.
Con altra deliberazione di Consiglio n. 97 del 13.11.2006, il Comune, inoltre al fine di adeguarsi alla sentenza del TAR Veneto n. 3520/06 riguardante il contenzioso insorto con altro gestore, adottava alcuni chiarimenti ed integrazioni al regolamento comunale con specifico riferimento agli articoli 3 e 9 relativi, rispettivamente, ai criteri di localizzazione degli impianti e le relative deroghe.
Restava, però, ferma la prescrizione in base alla quale l’installazione degli impianti di telefonia mobile in ambito comunale era condizionata dalla dimostrazione della necessità della nuova installazione ai fini della copertura del servizio pubblico di telefonia e dell’imponibilità di soluzioni alternative alla localizzazione.
3. Ciò posto – ad avviso del collegio – dagli indicati interventi modificativi al regolamento impugnato non può farsi derivare alcuna improcedibilità del ricorso di primo grado per sopravvenuta carenza di interesse stante la non satisfattività delle stesse in relazione all’interesse dedotto dall’appellante ad una più completa e piena liberalizzazione dell’espletata attività.
L’appello è, pertanto, procedibile ed anche fondato nel merito.
5. Come, infatti, deduce l’appellante la disposizione di cui all’art. 3 comma 1 del regolamento comunale, impugnato in primo grado, nel delineare la suddivisione del territorio comunale in tre tipologie di aree (maggiormente idonee, di attenzione e sensibili) si poneva in contrasto con il d.lgs. n. 259 del 2003, non consentendo tale decreto alle amministrazioni comunali di estendere la propria competenza sino a selezionare le aree del territorio individuandone solo alcune come idonee ad ospitare gli impianti (Cons. St. Sez. VI, sent. n. 3193/2004).
L’installazione, infatti, di impianti di telecomunicazione deve ritenersi in generale consentita sull’intero territorio comunale in modo da poter realizzare, con riferimento a quelli di interesse generale, una uniforme copertura di tutta l’area comunale interessata (Cons. St. Sez. VI, sent. n. 4847/2003).
6. Condivisibile, inoltre, è la censura della parte appellante riguardante l’interpretazione dell’articolo 8, comma 6, della legge n. 36 del 2001 il quale –come invece ritenuto dal Tribunale amministrativo regionale– attribuirebbe all’ente locale una competenza aggiuntiva e distinta da quella urbanistica al fine di minimizzare l’esposizione ai campi elettromagnetici della popolazione.
Al contrario, come deduce l’appellante con l’indicato art. 8, comma 5 della legge n. 36 del 2001, il legislatore ha previsto la possibilità per i Comuni di dettare norme regolamentari in materia per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale e minimizzare l’esposizione della popolazione ai CEM, con ciò non intendendo indicare una potestà ulteriore dei comuni, ma soltanto specificare la portata di quella urbanistico edilizia. Di modo che “(…) non spetta ai Comuni disciplinare, nei regolamenti edilizi (nella specie, si tratta di regolamenti c.d. di minimizzazione, ai sensi dell’art. 8 L. 36/2001), la installazione di stazioni radio-base di telefonia cellulare (…) allorché tale potere sia rivolto a disciplinare la compatibilità di detti impianti con la tutela della salute umana al fine di prevenire i rischi derivanti dalla esposizione della popolazione a campi elettromagnetici, anziché a controllare soltanto il rispetto dei limiti delle radiofrequenze fissati dalla normativa statale e a disciplinare profili tipicamente urbanistici” (C.d.S. Sez. IV^, sent. n. 450 del 2005).
7. Fondate poi sono le censure riguardanti la previsione di cui all’art. 10, comma 2 del regolamento impugnato, relativo alla necessità di un’attestazione di avvenuta collaudazione e riscontrata conformità dell’impianto al progetto ed al rispetto delle previsioni di legge.
L’art. 97 del codice delle comunicazioni elettroniche, lex specialis della materia, non prevede infatti alcun collaudo quale condizione necessaria al fine di installare ed attivare gli impianti. Al contrario, l’intera disciplina del codice è orientata verso forme di semplificazione amministrativa, in ossequio al divieto di aggravare il procedimento amministrativo ex art. 1, comma 2, legge n. 241/90. Né il certificato di collaudo risulta contemplato nella normativa regionale in materia (legge regionale Veneto n. 11 del 2004 come modificata dalla legge regionale Veneto n. 8 del 2005). E’ da ritenere quindi che la previsione di un obbligo di un attestato di conformità dell’impianto rispetto al progetto autorizzato nonché un certificato di collaudo del medesimo (…) costituendo oneri procedurali ulteriori rispetto a quelli previsti dal d. lgs. 259/03, contrastano con le esigenze di semplificazione del procedimento amministrativo connesse alla riconosciuta natura di opere di urbanizzazione delle s.r.b. ed alla natura di interesse pubblico del servizio attraverso di esse garantito.
Fondate ancora sono le censure della parte appellante riguardanti il previsto piano di riassetto di cui all’articolo 11 del regolamento impugnato.
Tale piano trovava, infatti, la sua giustificazione nella previsione relativa alla ripartizione in tre zone del territorio comunale; di modo che, ritenuta per quanto detto in precedenza, l’illegittimata dell’effettuata zonizzazione, non sembra che ricorra alcuna ragionevole giustificazione dell’ulteriore anno imposto ai gestori.
9. Fondate, infine, sono le censure alla sentenza impugnata relative alla ritenuta legittimità dell’art. 5, comma 3, del Regolamento: che –secondo il giudice di primo grado- postula la mera preferibilità, e non l’obbligatorietà, della coubicazione degli impianti. Al riguardo, va in primo luogo rilevato che l’art. 89, comma 1, del Codice delle Comunicazioni Elettroniche ha espressamente affermato che spetta alla Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni incoraggiare la coubicazione o la condivisione delle infrastrutture. Il che rende irrilevante ogni altra considerazione del TAR Veneto sul fatto che la norma regolamentare impugnata ha previsto la mera “preferibilità” anziché la “obbligatorietà” della condivisione degli impianti di telefonia. In secondo luogo, non ha alcun rilievo sottolineare che la preferibilità della coubicazione degli impianti risponda “ad evidenti ragioni di concentrazione ed economicità” dato che non sempre il co-sting (strumento di riallocazione e miglioramento urbanistico) è in grado di garantire un minore impatto per ciò che riguarda l’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici.
10. Nei limiti indicati va pertanto accolto l’appello e riformata l’impugnata decisone accolto il ricorso di primo grado con l’annullamento degli atti ivi gravati.
Stante la complessità della lite, appare equo compensare tra le parti le spese processuali.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, accoglie l’appello ed in riforma dell’impugnata decisione annulla, nei limiti di cui in motivazione, gli atti impugnati in primo grado. Spese compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, il 12 gennaio 2007 dal Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale - Sez.VI - nella Camera di Consiglio, con l'intervento dei Signori:
Claudio Varrone Presidente
Sabino Luce Consigliere Est.
Paolo Buonvino Consigliere
Domenico Cafini Consigliere
Aldo Scola Consigliere
CLAUDIO VARRONE
SABINO LUCE ANNAMARIA RICCI
Addì...................................copia conforme alla presente è stata trasmessa
al Ministero..............................................................................................
a norma dell'art. 87 del Regolamento di Procedura 17 agosto 1907 n.642
Il Direttore della Segreteria