Cass. Sez. III n. 36514 del 3 novembre 2006 (ud. 3 ott. 2006)
Pres. Lupo Est. Fiale Ric. Censi ed altri
Danno ambientale. Soggetto privato (legittimazione)

Anche la persona singola o associata e non solo i soggetti pubblici sono legittimati al risarcimento del danno ambientale in nome dell’ambiente come diritto fondamentale di ogni uomo e valore di rilevanza costituzionale.
 REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Udienza pubblica
Dott. LUPO Ernesto - Presidente - del 03/10/2006
Dott. TERESI Alfredo - Consigliere - SENTENZA
Dott. FIALE Aldo - Consigliere - N. 1510
Dott. AMOROSO Giovanni - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. SENSINI Maria Silvia - Consigliere - N. 37966/2005
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1. CENSI Elio, nato a Perugina il 4.1.1951;
2. FERRANTI Giuliano, nato a Perugina il 23.2.1959;
3. PELLICCIA Claudio, nato a Perugina l'1.11.1960;
avverso la sentenza 18.5.2005 della Corte di Appello di Perugina;
Visti gli atti, la sentenza impugnata ed il ricorso;
Udita, in Pubblica udienza, la relazione fatta dal Consigliere Dott. FIALE Aldo;
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Dott. DI POPOLO Angelo, il quale ha concluso chiedendo l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata, perché il reato è estinto per prescrizione ed il rigetto del ricorso quanto agli effetti civili;
Udito, per la parte civile, l'Avv.to ARICÒ Giovanni;
Udito il difensore degli imputati, Avv.to INNAMORATI Giuseppe, il quale ha concluso chiedendo l'accoglimento del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 18.5.2005 la Corte di Appello di Perugia confermava la sentenza 5.7.2004 del Tribunale monocratico di quella città, che aveva affermato la responsabilità penale di Censi Elio, Ferranti Giuliano e Pelliccia Claudio in ordine al reato di cui:
- al D.Lgs. n. 490 del 1999, artt. 151 e 163, per avere - nelle rispettive qualità di direttore generale della Comunità Montana Monti del Trasimeno, direttore ed esecutore dei lavori - eseguito in zona sottoposta a vincolo paesaggistico, opere per la realizzazione di una pista ciclabile in difformità da quanto stabilito da una conferenza di servizi del 17.6.1998 e dal documento istruttorio dell'Ufficio urbanistica e beni ambientali della Regione Umbria, procedendo al non autorizzato (ed anzi espressamente vietato) abbattimento di n. 9 pioppi e n. 37 salici - acc. in Castiglione del Lago, il 4.5.2001 e, riconosciute circostanze attenuanti generiche, aveva condannato ciascuno alla pena di giorni 20 di arresto ed Euro 11.000,00 di ammenda - ordinando la rimessione in pristino dello stato originario dei luoghi e concedendo i doppi benefici - nonché al risarcimento solidale dei danni cagionati alla costituita parte civile Wanka Irina, da liquidarsi in separata sede.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso il difensore degli imputati, il quale ha eccepito, sotto i profili della violazione di legge e del vizio di motivazione:
1) l'erroneo disconoscimento del legittimo impedimento di esso difensore (occupato in altra attività professionale) a presenziare all'udienza del 18.5.2005;
2) la intervenuta estinzione del reato, in seguito al rilascio, in data 12.5.2005, da parte del Comune di Castiglione del Lago, di un provvedimento di accertamento di compatibilità ambientale, rilevante ai sensi del D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181, comma 1 ter;
3) la incongrua affermazione dell'esistenza di continuità normativa tra le disposizioni di cui al D.Lgs. n. 490 del 1999, art. 163, ed al D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181;
4) la insussistenza del reato in quanto, negli atti autorizzatori rilasciati per la realizzazione della pista ciclabile, il divieto di abbattimento avrebbe riguardato esclusivamente "le piante di alto fusto in età matura", piante che tuttavia gli esecutori dell'opera avrebbero potuto anche abbattere in carenza di condizioni idonee a consentire spostamenti di percorso;
5) la mancanza di prove in ordine all'attribuibilità dei fatti a ciascuno degli imputati;
6) il difetto di "legitimatio ad causam" della costituita parte civile e l'infondatezza della condanna degli imputati al risarcimento del danno in favore della stessa.
Il difensore della parte civile ha depositato memoria in data 22.9.2005.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Deve rilevarsi, anzitutto, che non può trovare applicazione il disposto del D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181, comma 1 ter, poiché - come documentalmente dimostrato dal difensore di parte civile - l'accertamento di compatibilità ambientale emesso in data 12.5.2005 dal Comune di Castiglione del Lago è stato "revocato" con successivo provvedimento del 7.7.2005, per non essere stato acquisito preventivamente il prescritto parere della competente Soprintendenza. 2. Le deduzioni svolte dai ricorrenti (nel quinto motivo di ricorso) in punto di individuazione delle rispettive responsabilità personali - pur non sussistendo le condizioni per una più favorevole pronuncia nel merito, ex art. 129 c.p.p. - non sono manifestamente infondate. L'impugnata sentenza, però, deve essere annullata senza rinvio, poiché il reato è estinto per prescrizione.
Trattasi, infatti, di contravvenzione accertata il 4.5.2001, sicché il termine massimo prescrizionale (di anni 4 e mesi 6, ex art. 157 c.p. e ex art. 160 c.p., u.c.) - nell'assenza di sospensioni - si è definitivamente compiuto il 4.11.2005.
3. In ordine alle statuizioni relative all'azione civile va evidenziato quanto segue:
- questa Corte Suprema, sul presupposto che il danno ambientale non consiste soltanto in una compromissione dell'ambiente in violazione di leggi specifiche bensì pure, contestualmente ed inscindibilmente, in una "offesa della persona umana nella sua dimensione individuale e sociale", ha affermato che la legittimazione a costituirsi parte civile non spetta solo ai soggetti pubblici (attualmente, ai sensi del D.Lgs. 3.4.2006, n. 152, art. 311, comma 1, essendo stato espressamente abrogata la L. n. 3439 del 1986, art. 18, titolare esclusivo della pretesa risarcitoria in materia di danno ambientale è lo Stato nella persona del Ministro dell'ambiente), in nome dell'ambiente come interesse pubblico, ma anche alla persona singola o associata, in nome dell'ambiente come diritto fondamentale di ogni uomo e valore di rilevanza costituzionale (vedi Cass., Sez. 3^:
19.11.1996, n. 9837, Locatela e 23.11.1989, n. 16247, Castaldi);
- la parte civile Wanka Irina, però, è coinvolta direttamente nella vicenda con profili spiccatamente personali perché, in relazione ai lavori in oggetto, è stata interessata da occupazione di urgenza di un proprio fondo disposta dal Comune di Castiglione del Lago con decreto n. 33810 del 28.12.2000 (vedi verbale in atti di stato di consistenza della relativa area ed immissione dell'Amministrazione comunale nel possesso della stessa);
- la oggettiva illiceità dell'abbattimento delle piante indicate nel capo di imputazione non è revocabile in dubbio, tenuto conto del sicuro contrasto con gli atti autorizzatoli rilasciati per la realizzazione della pista ciclabile, evidenziato con motivazione logica, coerente ed esauriente dai giudici del merito. Tale abbattimento cagiona un'alterazione del paesaggio potenzialmente idonea a compromettere, anche sotto il profilo patrimoniale, le caratteristiche del fondo di proprietà della Wanka;
- ai fini della pronuncia di condanna generica al risarcimento dei danni in favore della parte civile, non è necessario che il danneggiato dia la prova della effettiva sussistenza dei danni e del nesso di causalità tra questi e l'azione dell'autore dell'illecito, ma è sufficiente l'accertamento di un fatto potenzialmente produttivo di conseguenze dannose: la suddetta pronuncia, infatti, costituisce una mera declaratoria iuris, da cui esula ogni accertamento relativo sia alla misura sia alla stessa esistenza del danno, il quale è rimesso al giudice della liquidazione (vedi Cass. pen.; Sez. 1^, 18.3.1992, n. 3220; Sez. 4^, 15.6.1994, n. 7008; Sez. 6^, 26.8.1994, n. 9266);
- la facoltà del giudice penale di pronunciare una condanna generica al risarcimento del danno, prevista dall'art. 539 c.p.p., non incontra restrizioni di sorta in ipotesi di incompiutezza della prova sul quantum, bensì trova implicita conferma nei limiti dell'efficacia della sentenza penale nel giudizio civile per la restituzione e il risarcimento del danno fissati dall'art. 651 c.p.p., escludendosi, perciò, l'estensione del giudicato penale alle conseguenze economiche del fatto illecito commesso dall'imputato (vedi Cass. pen., Sez. 4^, 26.1.1999, n. 1045);
- la condanna generica al risarcimento dei danni, contenuta nella sentenza penale, pur presupponendo che il giudice riconosca che la parte civile vi ha diritto, non esige alcun accertamento in ordine alla concreta esistenza di un danno risarcibile, ma postula soltanto l'accertamento della potenziale capacità lesiva del fatto dannoso e della probabile esistenza di un nesso dì causalità tra questo ed il pregiudizio lamentato, salva restando nel giudizio di liquidazione del quantum la possibilità di esclusione dell'esistenza stessa di un danno unito da rapporto eziologico con il fatto illecito (vedi Cass. civ. Sez. 3^, 11.1.2001, n. 329).
Devono confermarsi, pertanto, le statuizioni civili contenute nella sentenza impugnata ed i ricorrenti devono essere condannati, in solido, al pagamento delle spese processuali di questo grado di giudizio a favore della costituita parte civile, che si liquidano in complessivi Euro 1.050,00, oltre spese generali ed accessori di legge.
P.Q.M.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
visti gli artt. 607, 615 e 620 c.p.p., annulla senza rinvio la sentenza impugnata, perché il reato è estinto per prescrizione. Conferma le statuizioni civili.
Condanna i ricorrenti, in solido, a pagare le spese processuali del grado a favore della costituita parte civile, che liquida in complessivi Euro 1.050,00, oltre spese generali ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 3 ottobre 2006.
Depositato in Cancelleria il 3 novembre 2006