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Corte di Giustizia Sez. II sent. 8 giugno 2006

«Conservazione degli uccelli selvatici – Direttiva 79/409/CEE – Deroghe al regime di protezione»

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Nel procedimento C‑60/05,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dal Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, con decisione 14 dicembre 2004, pervenuta in cancelleria il 10 febbraio 2005, nella causa tra

WWF Italia e altri

e

Regione Lombardia,

in presenza di:

Associazione migratoristi italiani (ANUU),

LA CORTE (Seconda Sezione),

composta dal sig. C.W.A. Timmermans, presidente di sezione, dal sig. J. Makarczyk, dalla sig.ra R. Silva de Lapuerta (relatore), dai sigg. P. Kūris e J. Klučka, giudici,

avvocato generale: sig. L.A. Geelhoed,

cancelliere: sig.ra K. Sztranc, amministratore,

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 15 dicembre 2005,

considerate le osservazioni presentate:

–       per la WWF Italia e la Lega per l’abolizione della caccia (LAC), dall’avv. C. Linzola;

–       per la Regione Lombardia, dagli avv.ti P.D. Vivone e S. Gallonetto;

–       per l’Associazione migratoristi italiani (ANUU), dagli avv.ti I. Gorlani e S.A. Pappas;

–       per il governo italiano, dal sig. I.M. Braguglia, in qualità di agente, assistito dal sig. A. Cingolo, avvocato dello Stato;

–       per la Commissione delle Comunità europee, dal sig. M. van Beek e dalla sig.ra D. Recchia, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 16 febbraio 2006,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1       La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’art. 9 della direttiva del Consiglio 2 aprile 1979, 79/409/CEE, concernente la conservazione degli uccelli selvatici (GU L 103, pag. 1; in prosieguo: la «direttiva»).

2       Tale domanda è stata proposta nell’ambito di una controversia che oppone l’associazione WWF Italia e tre altre associazioni alla Regione Lombardia riguardo al prelievo venatorio delle specie fringuello (Fringilla coelebs) e peppola (Fringilla montifringilla) per la stagione venatoria 2003/2004.

Contesto normativo

Il diritto comunitario

3       In conformità del suo art. 1, la direttiva si prefigge la protezione, la gestione e la regolazione di tutte le specie di uccelli viventi naturalmente allo stato selvatico e mira a disciplinarne lo sfruttamento.

4       A tale scopo la direttiva impone agli Stati membri di instaurare un regime generale di protezione che includa, in particolare, il divieto di uccidere, catturare o perturbare gli uccelli di cui all’art. 1 e di distruggerne i nidi.

5       L’art. 9 della direttiva autorizza tuttavia talune deroghe nei termini seguenti:

«1.      Sempre che non vi siano altre soluzioni soddisfacenti, gli Stati membri possono derogare agli articoli 5, 6, 7 e 8 per le seguenti ragioni;

a)      –       nell’interesse della salute e della sicurezza pubblica,

–       nell’interesse della sicurezza aerea,

–       per prevenire gravi danni alle colture, al bestiame, ai boschi, alla pesca e alle acque,

–       per la protezione della flora e della fauna;

b)      ai fini della ricerca e dell’insegnamento, del ripopolamento e della reintroduzione nonché per l’allevamento connesso a tali operazioni;

c)      per consentire in condizioni rigidamente controllate e in modo selettivo la cattura, la detenzione o altri impieghi misurati di determinati uccelli in piccole quantità.

2.      Le deroghe dovranno menzionare:

–       le specie che formano oggetto delle medesime,

–       i mezzi, gli impianti e i metodi di cattura o di uccisione autorizzati,

–       le condizioni di rischio e le circostanze di tempo e di luogo in cui esse possono esser fatte,

–       l’autorità abilitata a dichiarare che le condizioni stabilite sono realizzate e a decidere quali mezzi, impianti e metodi possano essere utilizzati, entro quali limiti, da quali persone,

–       i controlli che saranno effettuati.

(…)».

Il diritto nazionale

6       L’art. 9 della direttiva è stato recepito nell’ordinamento giuridico italiano dall’art. 19 bis della legge 11 febbraio 1992, n. 157, norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio (Supplemento ordinario alla GURI n. 46 del 25 febbraio 1992), come modificata dalla legge 3 ottobre 2002, n. 221 (GURI n. 239 dell’11 ottobre 2002; in prosieguo: la «legge n. 157/92»), che così dispone:

«1.      Le regioni disciplinano l’esercizio delle deroghe previste dalla direttiva (...), conformandosi alle prescrizioni dell’articolo 9, ai principi e alle finalità degli articoli 1 e 2 della stessa direttiva ed alle disposizioni della presente legge.

2.      Le deroghe, in assenza di altre soluzioni soddisfacenti, possono essere disposte solo per le finalità indicate dall’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva (...) e devono menzionare le specie che ne formano oggetto, i mezzi, gli impianti e i metodi di prelievo autorizzati, le condizioni di rischio, le circostanze di tempo e di luogo del prelievo, il numero dei capi giornalmente e complessivamente prelevabili nel periodo, i controlli e le forme di vigilanza cui il prelievo è soggetto e gli organi incaricati della stessa, fermo restando quanto previsto dall’articolo 27, comma 2. I soggetti abilitati al prelievo in deroga vengono individuati dalle regioni, d’intesa con gli ambiti territoriali di caccia (...) ed i comprensori alpini.

3.      Le deroghe di cui al comma 1 sono applicate per periodi determinati, sentito l’Istituto nazionale per la fauna selvatica (INFS), o gli istituti riconosciuti a livello regionale, e non possono avere comunque ad oggetto specie la cui consistenza numerica sia in grave diminuzione.

4.      Il Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per gli affari regionali, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, previa delibera del Consiglio dei Ministri, può annullare, dopo aver diffidato la regione interessata, i provvedimenti di deroga da questa posti in essere in violazione delle disposizioni della presente legge e della direttiva (...).

5.      Entro il 30 giugno di ogni anno, ciascuna regione trasmette al Presidente del Consiglio dei Ministri, ovvero al Ministro per gli affari regionali ove nominato, al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, al Ministro delle politiche agricole e forestali, al Ministro per le politiche comunitarie, nonché all’[INFS], una relazione sull’attuazione delle deroghe di cui al presente articolo; detta relazione è altresì trasmessa alle competenti Commissioni parlamentari. Il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio trasmette annualmente alla Commissione europea la relazione di cui all’articolo 9, paragrafo 3, della direttiva (...)».

7       La Regione Lombardia ha adottato la legge regionale 2 agosto 2002, n. 18 (in prosieguo: la «legge regionale n. 18/02»), in base all’art. 19 bis della legge n. 157/92. L’art. 2, n. 2, della detta legge regionale autorizza il prelievo venatorio delle specie fringuello e peppola.

8       L’art. 4 di tale legge prevede che il presidente della Giunta regionale della Lombardia, sentito l’INFS, adotta provvedimenti di limitazione o sospensione dei prelievi autorizzati dalla stessa legge, in relazione all’insorgere di variazioni negative dello stato delle popolazioni oggetto del prelievo in deroga di cui all’art. 2 supra menzionato.

La causa principale e le questioni pregiudiziali

9       Con il loro ricorso dinanzi al giudice del rinvio le parti ricorrenti nella causa principale mirano ad ottenere l’annullamento, previa sospensione dell’efficacia, della deliberazione n. 14250 della Giunta regionale della Lombardia, del 15 settembre 2003, riguardante il prelievo venatorio in deroga di talune quantità di uccelli selvatici appartenenti alle specie fringuello e peppola per la stagione venatoria 2003/2004. Tale deliberazione è stata adottata in base all’art. 2, n. 2, della predetta legge regionale n. 18/02.

10     Con note del 14 maggio 2003 e del 24 giugno 2003, L’INFS ha calcolato il contingente numerico massimo cacciabile per tutto il territorio italiano nella stagione venatoria 2003/2004 in 1 500 000 esemplari della specie fringuello e in 52 000 esemplari della specie peppola.

11     Alcune regioni italiane si sono poi ripartite tra loro i contingenti delle specie cacciabili. Così, sulla base degli intervenuti accordi, alla Regione Lombardia è stata riservata una quota di 360 000 fringuelli e di 32 000 peppole cacciabili.

12     Dinanzi al giudice del rinvio le ricorrenti hanno sostenuto che l’autorizzazione al prelievo in deroga concessa dalla regione Lombardia è illegittima, giustificando la loro affermazione con le considerazioni seguenti:

–       la detta autorizzazione prevede la possibilità di utilizzare gli esemplari delle specie considerate come richiami vivi, benché entrambe le specie siano protette;

–       essa è il risultato di una ripartizione fra cinque sole regioni della quota massima stabilita dall’INFS a livello nazionale;

–       non sono stati previsti i controlli prescritti dall’art. 9 della direttiva al fine di garantire il rispetto delle quote massime prelevabili.

13     Le ricorrenti nella causa principale hanno anche asserito che l’art. 19 bis della legge n. 157/92 è in contrasto con la direttiva, in quanto attribuisce alle Regioni il potere di stabilire regole per disporre le deroghe previste dalla direttiva sugli uccelli selvatici, senza determinare come debba essere individuato e rispettato il contingente massimo di esemplari che possono essere prelevati nell’intero territorio nazionale.

14     La convenuta nella causa principale fa valere che l’art. 19 bis della legge n. 157/92 rimette alle Regioni l’onere di disciplinare i prelievi venatori in deroga al regime protettivo stabilito dalla direttiva, previa l’obbligatoria acquisizione del parere, non vincolante, dell’INFS o di altri istituti riconosciuti a livello regionale.

15     Il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia dubita che l’art. 19 bis della legge n. 157/92 garantisca un’efficace applicazione dell’art. 9, n. 1, lett. c), della direttiva. Esso osserva, infatti, che tale disposizione subordina la determinazione del numero massimo di esemplari prelevabili al parere non vincolante, pur se obbligatorio, dell’INFS o di altri istituti regionali riconosciuti, senza che sia previsto un sistema idoneo a determinare, in modo vincolante, il detto contingente per l’intero territorio nazionale, né alcun meccanismo in base al quale possa essere ripartito tra le Regioni il contingente nazionale di uccelli cacciabili. Il giudice del rinvio ritiene infine che il sistema di controllo della conformità delle disposizioni regionali con le normative nazionale e comunitaria, in ragione della lunga durata del procedimento, non risponda all’esigenza di celerità connessa alla necessità di prevenire i prelievi illegali nel corso del breve periodo (circa 40 giorni) durante il quale è in vigore la deroga.

16     In tali circostanze, il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se la direttiva (...) debba essere intesa nel senso che gli Stati membri, a prescindere dal riparto interno di competenze stabilito dagli ordinamenti nazionali tra Stato e Regioni, devono predisporre una normativa di recepimento che si faccia carico di tutte le situazioni che dalla stessa vengono ritenute meritevoli di tutela, in particolare per quanto riguarda la garanzia che il prelievo venatorio in deroga non superi le piccole quantità di cui all’art. 9, comma 1, lett. c).

2)      Se, per quanto concerne più specificamente le quantità del prelievo in deroga, la direttiva (...) debba essere intesa nel senso che la norma statale di recepimento debba fare riferimento a un parametro determinato o determinabile, anche affidato a qualificati organismi tecnici, in modo che l’esercizio del prelievo venatorio in deroga avvenga sulla base di indicatori che ne stabiliscano oggettivamente un livello quantitativo invalicabile a livello nazionale od anche regionale, avuto riguardo alle possibili diverse condizioni ambientali esistenti.

3)      Se la norma statale data dall’art. 19 bis della legge n. 157/92, nel demandare ad un parere obbligatorio ma non vincolante dell’I.N.F.S. la determinazione di tale parametro senza prevedere, però, un procedimento d’intesa fra le regioni che stabilisca in modo vincolante la ripartizione per ogni specie del limite numerico di prelievo in deroga individuato a livello nazionale come piccola quantità, costituisca corretta applicazione dell’art. 9 della direttiva (...).

4)      Se il procedimento di controllo sulla conformità alla normativa comunitaria dei prelievi venatori in deroga autorizzati dalle regioni italiane, di cui all’art. 19 bis della legge n. 157/92, precedut[o] da una fase diffidatoria e soggetto quindi a tempi tecnici, anche necessari all’adozione e pubblicazione del provvedimento, durante il decorso dei quali scorre già il calendario del breve periodo in cui sono consentiti i prelievi stessi, sia idoneo a garantire l’effettiva applicazione della direttiva (...)».

Sulla ricevibilità delle questioni pregiudiziali

17     La Regione Lombardia e l’Associazione Migratoristi Italiani (ANUU) contestano la ricevibilità delle questioni pregiudiziali in quanto il giudice nazionale chiederebbe, tra l’altro, alla Corte di pronunciarsi sull’opportunità e la legittimità della ripartizione delle competenze all’interno della Repubblica italiana. Le questioni sollevate dal detto giudice verterebbero, inoltre, sulla conformità delle disposizioni interne con l’art. 9 della direttiva.

18     Va in proposito ricordato che, secondo giurisprudenza costante, se è ben vero che, nell’ambito di un rinvio pregiudiziale, la Corte non può pronunciarsi né su questioni attinenti al diritto interno degli Stati membri né sulla conformità delle disposizioni nazionali con il diritto comunitario, essa può nondimeno fornire elementi interpretativi del diritto comunitario atti a consentire al giudice nazionale di dirimere la controversia di cui è investito (v., in particolare, sentenze 23 novembre 1989, causa C‑150/88, Parfümerie-Fabrik 4711, Racc. pag. I‑3891, punto 12, e 21 settembre 2000, causa C‑124/99, Borawitz, Racc. pag. I‑7293, punto 17).

19     Altro sarebbe naturalmente qualora fosse manifesto che la disposizione di diritto comunitario sottoposta all’interpretazione della Corte non può essere applicata (v., in particolare, sentenza 18 ottobre 1990, cause riunite C‑297/88 e C‑197/89, Dzodzi, Racc. pag. I‑3763, punto 40). Tale non è il caso della fattispecie.

20     Risulta dalla formulazione delle questioni pregiudiziali nonché dalla motivazione della decisione di rinvio che il giudice nazionale mira ad ottenere l’interpretazione dell’art. 9, n. 1, lett. c), della direttiva per quanto riguarda le condizioni d’esercizio, da parte degli Stati membri, delle deroghe previste da tale disposizione. Il detto giudice desidera, in particolare, chiarimenti sulla portata della disposizione di cui trattasi con riguardo alla sua applicazione nell’ambito di una struttura statale decentrata.

21     Risulta del pari dalla decisione di rinvio che tale interpretazione dell’art. 9, n. 1, lett. c), della direttiva può fornire al giudice nazionale gli elementi necessari per consentirgli di pronunciarsi sulla causa principale.

22     Alla luce di tutto ciò il rinvio pregiudiziale va considerato ricevibile.

Sulle questioni pregiudiziali

Sulla prima questione

23     Con la prima questione il giudice del rinvio desidera sostanzialmente sapere se le disposizioni nazionali di recepimento della direttiva devono disciplinare il complesso delle situazioni assoggettate al regime di protezione previsto da tale direttiva, in particolare la condizione risultante dall’art. 9, n. 1, lett. c), di quest’ultima, secondo cui gli eventuali prelievi venatori in deroga devono essere limitati a «piccole quantità» di uccelli.

24     In proposito, va anzitutto ricordato che la Corte ha statuito che i criteri in base ai quali gli Stati membri possono derogare ai divieti previsti nella direttiva devono essere contenuti in disposizioni nazionali sufficientemente chiare e precise, dato che l’esattezza della trasposizione assume un’importanza particolare in una materia in cui la gestione del patrimonio comune è affidata, per territorio rispettivo, a ciascuno degli Stati membri (v., in questo senso, in particolare sentenze 8 luglio 1987, causa 247/85, Commissione/Belgio, Racc. pag. 3029, punto 9, e 27 aprile 1988, causa 252/85, Commissione/Francia, Racc. pag. 2243, punto 5).

25     È del pari importante osservare che, nell’esercizio dei loro poteri in merito alla concessione delle deroghe, ai sensi dell’art. 9 della direttiva, le autorità degli Stati membri devono tener conto di numerosi elementi di valutazione che riguardano dati di natura geografica, climatica, ambientale e biologica nonché, in particolare, la situazione delle specie per quanto riguarda il tasso di riproduzione e la mortalità annuale complessiva dovuta a cause naturali.

26     Quanto agli elementi di valutazione, nelle sentenze 9 dicembre 2004, causa C‑79/03, Commissione/Spagna (Racc. pag. I‑11619, punto 36), e 15 dicembre 2005, causa C‑344/03, Commissione/Finlandia (non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 53), la Corte, ha rilevato che, secondo il documento intitolato «Seconda relazione [della Commissione] sull’esecuzione della direttiva 79/409/CEE concernente la conservazione degli uccelli selvatici» [COM(93) 572 def.], del 24 novembre 1993, costituisce una piccola quantità qualsiasi prelievo inferiore all’1% della mortalità annuale totale della popolazione interessata (valore medio) per le specie che non possono essere cacciate e dell’ordine dell’1% per le specie che possono essere oggetto di azioni di caccia. La Corte ha in proposito sottolineato che tali elementi quantitativi si basano sui lavori del comitato ORNIS per l’adattamento al progresso tecnico e scientifico della direttiva, istituito in conformità dell’art. 16 di quest’ultima e composto da rappresentanti degli Stati membri.

27     Risulta del pari dalle citate sentenze Commissione/Spagna, punto 41, e Commissione/Finlandia, punto 54, che, pur se le percentuali menzionate non hanno carattere giuridicamente vincolante, esse possono tuttavia costituire, in ragione dell’autorità scientifica di cui godono i lavori del comitato ORNIS e dell’assenza di produzione di qualsiasi elemento di prova scientifica contraria, una base di riferimento per valutare se una deroga concessa in forza dell’art. 9, n. 1, lett. c), della direttiva sia conforme alla detta disposizione (v., per analogia, con riferimento alla pertinenza dei dati scientifici in ambito ornitologico, sentenze 19 maggio 1998, causa C‑3/96, Commissione/Paesi Bassi, Racc. pag. I‑3031, punti 69 e 70, nonché 7 dicembre 2000, causa C‑374/98, Commissione/Francia, Racc. pag. I‑10799, punto 25).

28     Ne consegue che, indipendentemente dalla ripartizione interna delle competenze determinata dall’ordinamento giuridico nazionale, gli Stati membri sono tenuti a prevedere un quadro legislativo e regolamentare atto a garantire che i prelievi di uccelli siano effettuati unicamente nel rispetto della condizione relativa alle «piccole quantità», di cui all’art. 9, n. 1, lett. c), della direttiva, e ciò in base ad informazioni scientifiche rigorose, qualunque sia la specie interessata.

29     La prima questione va pertanto risolta dichiarando che l’art. 9, n. 1, lett. c), della direttiva impone agli Stati membri, indipendentemente dalla ripartizione interna delle competenze determinata dall’ordinamento giuridico nazionale, di garantire, nell’adottare le misure di trasposizione di tale disposizione, che, in tutti i casi di applicazione della deroga ivi prevista e per tutte le specie protette, i prelievi venatori autorizzati non superino un tetto – da determinarsi in base a dati scientifici rigorosi – conforme alla limitazione, imposta da tale disposizione, dei detti prelievi a piccole quantità.

Sulla seconda questione

30     Con tale questione il giudice nazionale si interroga sostanzialmente sul grado di precisione che deve caratterizzare le disposizioni nazionali di recepimento per quanto riguarda i parametri tecnici in base ai quali può essere fissato un contingente corrispondente a «piccole quantità» di uccelli, ai sensi dell’art. 9, n. 1, lett. c), della direttiva.

31     Si deve osservare che l’undicesimo ‘considerando’ della direttiva mostra che la condizione attinente alle «piccole quantità» cui devono essere limitati i prelievi autorizzati in deroga non può essere determinata facendo riferimento ad un criterio assoluto, ma deve essere messa in relazione con il livello della popolazione della specie considerata, dei suoi tassi di riproduzione e di mortalità annuali.

32     In proposito la Corte ha precisato che possono essere concesse deroghe ai sensi dell’art. 9 della direttiva unicamente se sussista la garanzia che la popolazione delle specie interessate è mantenuta ad un livello soddisfacente. In caso contrario i prelievi di uccelli non possono in ogni caso essere considerati misurati e, pertanto, ammissibili ai sensi dell’undicesimo ‘considerando’ della direttiva (v., in questo senso, sentenza 16 ottobre 2003, causa C‑182/02, Ligue pour la protection des oiseaux e a., Racc. pag. I‑12105, punto 17).

33     Per tali motivi, e al fine di consentire alle autorità competenti di ricorrere alle deroghe previste all’art. 9 della direttiva solo in modo conforme al diritto comunitario, il quadro legislativo e regolamentare nazionale deve essere concepito in modo tale che l’attuazione delle disposizioni in deroga ivi enunciate risponda al principio di certezza del diritto.

34     Come risulta, infatti, dalla sentenza della Corte 7 marzo 1996, causa C‑118/94, Associazione italiana per il WWF e a. (Racc. pag. I‑1223, punti 23, 25 e 26), la normativa nazionale applicabile in tale materia deve enunciare i criteri di deroga in modo chiaro e preciso ed imporre alle autorità responsabili della loro applicazione di tenerne conto. Trattandosi di un regime eccezionale, che deve essere di stretta interpretazione e far gravare l’onere di provare la sussistenza dei requisiti prescritti, per ciascuna deroga, sull’autorità che ne prende la decisione, gli Stati membri sono tenuti a garantire che qualsiasi intervento riguardante le specie protette sia autorizzato solo in base a decisioni contenenti una motivazione precisa e adeguata riferentesi ai motivi, alle condizioni e alle prescrizioni di cui all’art. 9, nn. 1 e 2, della direttiva.

35     Risulta, inoltre, dalla decisione di rinvio che sussistono importanti variazioni quantitative tra le diverse popolazioni di uccelli, cosicché qualsiasi decisione in deroga al regime di protezione prescritto dalla direttiva deve tener conto della situazione della specie di cui trattasi.

36     La seconda questione va quindi risolta dichiarando che le disposizioni nazionali di recepimento relative alla nozione di «piccole quantità» enunciata all’art. 9, n. 1, lett. c), della direttiva devono consentire alle autorità incaricate di autorizzare prelievi in deroga di uccelli di una determinata specie di fondarsi su indici sufficientemente precisi quanto ai quantitativi massimi da rispettare.

Sulla terza questione

37     Con tale questione il giudice nazionale desidera ottenere un’interpretazione dell’art. 9, n. 1, lett. c), della direttiva per sapere in che modo le autorità competenti degli Stati membri debbano garantire che, nell’attuare tale disposizione, non sia superato in tutto il territorio nazionale il numero massimo di uccelli di una data specie che possono essere prelevati. In particolare, il giudice del rinvio vuol sapere se la disposizione di cui trattasi debba essere interpretata in senso tale che da essa discenda un obbligo di instaurare una concertazione tra gli enti infrastatali incaricati di concedere le autorizzazioni di prelievo in deroga, affinché possa essere fissata in modo vincolante la ripartizione dei quantitativi di uccelli che possono essere prelevati per tutti i detti enti.

38     Va in proposito ricordato che la Corte ha statuito che, in materia di conservazione degli uccelli selvatici, i criteri in base ai quali gli Stati membri possono derogare ai divieti sanciti dalla direttiva devono essere riprodotti in disposizioni nazionali precise (v., in particolare, sentenza 15 marzo 1990, causa C‑339/87, Commissione/Paesi Bassi, Racc. pag. I‑851, punto 28).

39     Inoltre, dalla sentenza 17 gennaio 1991, causa C‑157/89, Commissione/Italia (Racc. pag. I‑57, punti 16 e 17), consegue che sarebbe contraria al principio di certezza del diritto una situazione nella quale le disposizioni nazionali di recepimento della direttiva non garantiscano che le autorità infrastatali incaricate dell’attuazione di quest’ultima siano obbligate a tener conto dei detti criteri.

40     Di conseguenza, qualora l’attuazione dell’art. 9, n. 1, lett. c), della direttiva sia delegata ad enti infrastatali, il quadro legislativo e regolamentare applicabile deve garantire che il totale dei prelievi di uccelli che possono essere autorizzati dalle dette autorità resti, per tutto il territorio nazionale, entro il limite delle «piccole quantità» imposto da tale disposizione.

41     Alla luce delle considerazioni che precedono, la terza questione va risolta dichiarando che, nel recepire l’art. 9, n. 1, lett. c), della direttiva, gli Stati membri sono tenuti a garantire che, indipendentemente dal numero e dall’identità delle autorità incaricate, nel loro ambito, di dare attuazione a tale disposizione, il totale dei prelievi venatori autorizzati, per ciascuna specie protetta, da ciascuna delle dette autorità non superi il tetto, conforme alla limitazione di tali prelievi a «piccole quantità», fissato per la detta specie per tutto il territorio nazionale.

Sulla quarta questione

42     Con tale questione il giudice del rinvio si interroga sull’eventuale esigenza di termini massimi entro i quali debbano intervenire le decisioni amministrative connesse al controllo delle autorizzazioni di prelievo e dell’osservanza delle loro condizioni. Più in particolare, tale giudice vuol sapere se l’art. 9, n. 1, lett. c), della direttiva debba essere interpretato nel senso che esso osta ad un procedimento di controllo delle autorizzazioni di prelievi di uccelli in deroga che comporta una fase diffidatoria previa e che è assoggettato a tempi tecnici durante i quali è trascorso il breve periodo nel corso del quale sono autorizzati tali prelievi.

43     In proposito va ricordato che la Corte ha statuito, al punto 28 della citata sentenza 27 aprile 1988, Commissione/Francia, che la normativa nazionale di recepimento deve garantire che i prelievi di uccelli siano effettuati in modo strettamente controllato e selettivo. Ciò comporta che deve essere esercitato un controllo effettivo durante i periodi considerati dalle decisioni in deroga al regime di protezione previsto dalla direttiva.

44     Ne consegue che il quadro procedurale nazionale applicabile in materia deve garantire non solo che possa essere verificata tempestivamente la legittimità delle decisioni che concedono autorizzazioni in deroga al regime di protezione previsto dalla direttiva, ma anche che siano rispettate le condizioni che accompagnano tali decisioni.

45     Orbene, un meccanismo di controllo nell’ambito del quale l’annullamento di una decisione di autorizzazione di un prelievo in deroga, adottata in violazione dell’art. 9 della direttiva, o la constatazione di una violazione delle condizioni che accompagnano una decisione di autorizzazione del detto prelievo si abbiano solo alla scadenza del periodo previsto per l’effettuazione di tale prelievo priverebbe d’effetto utile il sistema di protezione istituito dalla direttiva.

46     Infatti, come ha giustamente osservato l’avvocato generale nel paragrafo 62 delle sue conclusioni, il potere di agire tempestivamente e adeguatamente in situazioni in cui le delibere delle competenti autorità portino o minaccino di portare ad un risultato contrario alle prescrizioni protettive della direttiva rientra nella garanzia relativa all’osservanza dei quantitativi massimi di prelievi di uccelli derivante dal regime di deroga istituito con l’art. 9, n. 1, lett. c), della direttiva.

47     La quarta questione va pertanto risolta dichiarando che l’obbligo incombente agli Stati membri di garantire che i prelievi di uccelli siano effettuati solo in «piccole quantità», a norma dell’art. 9, n. 1, lett. c), della direttiva, esige che i procedimenti amministrativi previsti siano organizzati in modo tale che tanto le decisioni delle autorità competenti di autorizzazione dei prelievi in deroga, quanto le modalità di applicazione di tali decisioni siano assoggettate ad un controllo efficace effettuato tempestivamente.

Sulle spese

48     Nei confronti delle parti della causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara:

1)      L’art. 9, n. 1, lett. c), della direttiva del Consiglio 2 aprile 1979, 79/409/CEE, concernente la conservazione degli uccelli selvatici, impone agli Stati membri, indipendentemente dalla ripartizione interna delle competenze determinata dall’ordinamento giuridico nazionale, di garantire, nell’adottare le misure di trasposizione di tale disposizione, che, in tutti i casi di applicazione della deroga ivi prevista e per tutte le specie protette, i prelievi venatori autorizzati non superino un tetto – da determinarsi in base a dati scientifici rigorosi – conforme alla limitazione, imposta da tale disposizione, dei detti prelievi a piccole quantità.

2)      Le disposizioni nazionali di recepimento relative alla nozione di «piccole quantità» enunciata all’art. 9, n. 1, lett. c), della direttiva 79/409 devono consentire alle autorità incaricate di autorizzare prelievi in deroga di uccelli di una determinata specie di fondarsi su indici sufficientemente precisi quanto ai quantitativi massimi da rispettare.

3)      Nel recepire l’art. 9, n. 1, lett. c), della direttiva 79/409, gli Stati membri sono tenuti a garantire che, indipendentemente dal numero e dall’identità delle autorità incaricate, nel loro ambito, di dare attuazione a tale disposizione, il totale dei prelievi venatori autorizzati, per ciascuna specie protetta, da ciascuna delle dette autorità non superi il tetto, conforme alla limitazione di tali prelievi a «piccole quantità», fissato per la detta specie per tutto il territorio nazionale.

4)      L’obbligo incombente agli Stati membri di garantire che i prelievi di uccelli siano effettuati solo in «piccole quantità», a norma dell’art. 9, n. 1, lett. c), della direttiva 79/409, esige che i procedimenti amministrativi previsti siano organizzati in modo tale che tanto le decisioni delle autorità competenti di autorizzazione dei prelievi in deroga, quanto le modalità di applicazione di tali decisioni siano assoggettate ad un controllo efficace effettuato tempestivamente.

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