Presidente: Morelli MR. Estensore: Marziale G. P.M. Gambardella V. (Conf.)
Totero (Chiocci) contro Provincia Milano (Fiori)
(Rigetta, Trib. Vigevano, 18 gennaio 2001).
CACCIA - SANZIONI PER VIOLAZIONI - Forme di caccia - Atto di opzione ex artt. 12 e 14, legge n. 157 del 1992 - Previsione di obblighi di forma -Esistenza - Interpretazione dell'atto - Criterio ermeneutico ex art. 1362, cod. civ. - Applicabilità - Esclusione - Rilevanza del comportamento tenuto successivamente - Esclusione.
In materia di esercizio dell'attività venatoria, l'atto di opzione ex artt. 12 e 14, legge n. 157 del 1992 per una delle forme di caccia previste da dette norme non ha natura contrattuale e, conseguentemente, ad esso non è applicabile l'art. 1362, cod. civ., che concerne l'interpretazione dei contratti, e, trattandosi di atto soggetto ad obblighi di forma, ad esso è altresì inapplicabile il criterio ermeneutico, secondo il quale, nell'identificazione della volontà della parte può tenersi conto della condotta successiva alla formazione dell'atto.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MORELLI Mario Rosario - Presidente -
Dott. MARZIALE Giuseppe - rel. Consigliere -
Dott. RORDORF Renato - Consigliere -
Dott. GILARDI Gianfranco - Consigliere -
Dott. DI PALMA Salvatore - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
ALBERTO TOTERO, elettivamente domiciliato in Roma, Via F. Corridoni, n. 23, presso l'avv. Ludovico Grassi, rappresentato e difeso da sè stesso e dall'avv. Emanuele Chiocci in virtù di procura speciale in atti;
- ricorrente -
contro
PROVINCIA di MILANO, in persona del Presidente, elettivamente domiciliato in Roma, Via Boncompagni n. 71, presso l'avv. Giuliano Pompa, che lo rappresenta e difende con l'avv. Luciano Fiori del Foro di Milano, in virtù di procura speciale in atti;
- controricorrente -
avverso la sentenza del Tribunale di Vigevano Sez. distaccata di ABBIATEGRASSO, n. 12/01 del 18 gennaio 2001.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 20 ottobre 2003 dal relatore Dott. Giuseppe Marziale;
Udito, per la Provincia di Milano, l'avv. G. POMPA;
Udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. GAMBARDELLA Vincenzo, il quale ha concluso per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
- che con ricorso depositato il 3 novembre 1999 presso la Pretura di Abbiategrasso successivamente Tribunale di Vigevano, il signor Alberto Totero proponeva opposizione avverso l'ordinanza con la quale il Presidente della Provincia di Milano gli aveva irrogato la sanzione amministrativa di L. 1.025.000 per aver esercitato la caccia, nel corso dell'annata venatoria 98/99, in "forma" diversa da quella prescelta (vagante in zona Alpi), violando l'art. 35, legge Regione Lombardia 16 agosto 1993, n. 26;
- che l'opponente, pur ammettendo di aver cacciato nell'Ambito Territoriale di Caccia Ticinese, non situato in zona Alpi, assumeva l'illegittimità dell'ordinanza impugnata, deducendo: 1) in via preliminare, che la contestazione dell'infrazione era avvenuta oltre il termine prescritto dall'art. 14, legge 26 novembre 1981, n. 689 e che, pertanto, l'ordinanza impugnata era stata emessa quando la pretesa impositiva si era ormai estinta; 2) nel merito: a) che la zona alpina "di minor tutela", per la quale aveva esercitato la propria opzione ai sensi dell'art. 35, legge reg. 26/93, era priva dei requisiti per essere classificata come "zona alpina" e che, conseguentemente, doveva escludersi che l'opzione a suo tempo effettuata avesse comportato la scelta una forma di caccia qualitativamente diversa da quella praticata nell'A.T.C. Ticinese; b) che, comunque, l'art. 28 della citata legge reg. 26/93 accorda ad ogni cacciatore la possibilità di ottenere accesso in ambiti territoriali o comprensori alpini di caccia, "ulteriori" rispetto a quelli prescelti;
- che l'opposizione veniva respinta sul rilievo:
- che la Provincia era venuta a conoscenza dell'infrazione solo dopo il 17 febbraio 1999, a seguito della restituzione del tesserino di caccia da parte dell'interessato e che la contestazione dell'infrazione era stata effettuata l'8 aprile di quello stesso anno: quindi, entro il termine stabilito dal citato art. 14, l. 689/81;
- che l'Ambito Territoriale di Caccia Ticinese era sicuramente al di fuori della "zona Alpi", che costituisce zona faunistica a sè stante, prescelta dall'opponente;
- che non era conseguentemente necessario accertare se il territorio classificato come zona Alpi di "minor tutela" avesse, o meno, i requisiti intrinseci della "zona Alpi";
- che la caccia vagante in detta zona poteva essere praticata solo "in via esclusiva" e che, pertanto, l'opponente, avendo optato per tale forma di caccia, non aveva la possibilità di praticare, in ambito regionale, forme diverse di caccia;
- che il Totero chiede la cassazione di detta sentenza con sei motivi di ricorso, illustrati con memoria; che la Provincia resiste. CONSIDERATO IN DIRITTO
- che dei sei motivi di ricorso assume priorità, sul piano logico, il sesto, con il quale la sentenza impugnata viene censurata per non aver considerato che la contestazione dell'infrazione (effettuata il 4 maggio 1999) era avvenuta oltre il termine (di novanta giorni) concesso dall'art. 14, legge 26 novembre 1989 e che,
conseguentemente, l'ordinanza-ingiunzione era stata emessa quando l'obbligazione di pagare la somma dovuta per l'infrazione accertata si era ormai estinta (art 14, u.c., l. 689/81);
- che la tardività della contestazione è dedotta dall'opponente sul rilievo che l'inizio della decorrenza del termine per la contestazione dell'infrazione, dovesse essere individuato, anziché nel momento in cui il tesserino venatorio era stato restituito per i dovuti controlli (17 febbraio 1999), in quello (31 luglio 1998) in cui gli organi dell'Ambito Territoriale di Caccia Ticinese avevano comunicato la sua iscrizione al competente Ufficio provinciale;
- che la censura, in tali termini formulata, è chiaramente infondata, essendo evidente, come correttamente osservato dal giudice del merito, che l'infrazione contestata poteva essere accertata dalla provincia solo dall'esame del libretto di caccia e che dalla data in cui quest'ultimo le era stato restituito dall'interessato (17 febbraio 1999) a quella in cui l'infrazione era stata contestata (4 maggio 1999) era decorso un lasso di tempo inferiore a quello concesso dall'art. 14, legge 689/81;
- che non meno infondata è la censura formulata con il primo motivo, con il quale ricorrente - denunziando violazione e falsa applicazione dell'art. 14, sesto comma, legge 11 febbraio 1992, n. 157, in relazione all'art. 1362 c.c. - si duole che la sentenza impugnata non abbia considerato che l'interpretazione dell'atto di scelta della forma di esercizio dell'attività venatoria, operata da esso ricorrente ai sensi della norma denunziata (oltre che dell'art. 35, legge reg. Lombardia 26/93), doveva essere effettuata nel rispetto del principio sancito in via generale dall'art. 1362 c.c. e, quindi, tenendo conto che, la caccia era stata successivamente esercitata la in zona che, ancorché classificata come "zona alpina", per le sue caratteristiche intrinseche non poteva essere considerata come tale;
- che, invero, il citato art. 1362 c.c. concerne l'interpretazione dei contratti e tale natura non ha certamente l'atto di opzione contemplato dall'art. 14, sesto comma, l. 157/92 e dalle norme regionali che a tale disposizione si richiamano (in particolare, art. 35, legge reg. 26/93) e, d'altro canto, il criterio ermeneutico fondato sulla valutazione del comportamento complessivo delle parti, anche posteriore alla stipulazione del contratto, non è applicabile agli atti formali (Cass. 4 giugno 2002, n. 8080; 2 giugno 2000, n. 7416, 21 giugno 1999, n. 6214), quale è indubbiamente l'atto in questione;
- che con il secondo, terzo e quarto motivo, tra loro connessi, il ricorrente ripropone censure già formulate con l'atto di opposizione, assumendo - da un lato - che la zona di "minor tutela" della provincia di Sondrio da lui prescelta era priva delle caratteristiche per essere riconosciuta come "zona alpina";
dall'altro, che la delibera in data 21 luglio 1977, con la quale il Consiglio regionale della Lombardia aveva classificato l'intero territorio della provincia di Sondrio come "zona Alpi" (ivi compresa, pertanto, quella situata a fondo valle, successivamente individuata come di "minor tutela"), era da ritenersi illegittima e comunque non più operante, a seguito dell'entrata in vigore dell'art. 11, l. 157/72, dell'art. 38, legge reg. 31 luglio 1978, n. 47, successivamente abrogata, e dell'art. 27, legge reg. 26/93, i quali hanno stabilito precisi requisiti per la delimitazione della "zona Alpi";
- che la "zona Alpi" costituisce "zona faunistica a sè stante" (art. 27, legge reg. 16 agosto 1993, n. 26) e tale classificazione essa aveva già nel r.d. 5 giugno 1939, n. 1016 (art. 5);
- che i dubbi sollevati dal ricorrente circa la legittimità della citata delibera consiliare del 21 luglio 1977, non hanno fondamento, posto che: a) detta delibera è stata a suo tempo adottata nel pieno rispetto delle competenze statali (la materia della caccia era, invero, ricompresa tra quelle per le quali le Regioni ordinarie avevano il potere di emanare norme legislative, sia pure nei limiti dei principi fondamentali delle leggi dello Stato, e di esercitare le conseguenti funzioni amministrative: artt. 117 e 118 Cost.) e di quelle regionali (l'art. 2, legge, reg. 3 luglio 1972, n. 16, attribuiva espressamente al Consiglio regionale il potere di determinare i confini della "zona Alpi"); b) che, in base a tali disposizioni la determinazione dei confini della "zona Alpi" era rimessa interamente alla valutazione discrezionale dell'autorità amministrativa competente; e) che il Consiglio regionale, pur dando atto che il territorio della provincia di Sondrio situato a fondo valle non presentava "le caratteristiche ambientali, vegetali e faunistiche della zona Alpi propriamente detta", ha ritenuto opportuna l'inclusione di tale territorio in detta zona, "al fine di assicurare una miglior protezione della tipica fauna alpina presente nei territori sovrastanti, dai quali è costretta a scendere a valle a causa delle avversità, specialmente nei mesi invernali";
- che, contrariamente a quel che mostra di ritenere il ricorrente, la successiva attribuzione del potere di delimitare i confini della "zona Alpi" alla Giunta (anziché al Consiglio) regionale (art. 38, primo e secondo comma, legge reg. 31 luglio 1978, n. 47; art. 27, primo e secondo comma, legge reg. 16 agosto 1993, n. 26) non ha avuto alcuna incidenza sulla validità della deliberazione in esame, dal momento che la validità degli atti giuridici deve essere verificata sulla base dei principi e delle norme vigenti nel momento in cui sono posti in essere (Cass. 28 marzo 2002, n. 4490; e già 27 ottobre 1995, n. 11196; 21 febbraio 1995, n. 1877), salvo (ma non è questo il caso di specie) che le nuove norme abbiano efficacia retroattiva;
- che deve altresì escludersi che detta delibera sia divenuta invalida, o comunque inoperante, per il fatto che con le norme sopra indicate il legislatore abbia successivamente circoscritto l'ampiezza delle possibilità di scelta dell'autorità amministrativa, introducendo uno specifico criterio per l'individuazione del territorio della "zona Alpi" ("consistente presenza della tipica fauna e vegetazione alpina": art. 38, primo comma, l. 47/78; art. 27, legge reg. 26/93), in quanto: a) l'inclusione dell'intero territorio della provincia di Sondrio in zona Alpi venne deliberata dal Consiglio regionale proprio al fine di assicurare una miglior tutela della "fauna alpina", costretta a scendere a valle "a causa delle avversità atmosferiche, specie nei mesi invernali" (e, quindi, pur sempre in una prospettiva di salvaguardia delle caratteristiche tipiche della zona Alpi); b) una nuova determinazione dei confini della zona alpina avrebbe dovuto (eventualmente) essere operata, secondo quanto stabilito dalle nuove norme (art. 2, regolamento regionale 10 giugno 1980, n. 2, in relazione all'art. 38, terzo comma, legge reg. 47/78, cit.), solo in un secondo momento e, come riconosciuto dallo stesso ricorrente (memoria, pag. 2), non è stata ancora predisposta;
- che la stessa legge regionale prevedeva e prevede la possibilità di distinguere, nell'ambito della zona Alpi zone di maggiore e di minor tutela (art. 38, quarto comma, legge reg. 48/78, ora abrogata;
art. 27, quinto comma, legge reg. 26/93, così come riformulato dall'art. 1, legge regionale 8 maggio 2002, 7); che tale possibilità, contrariamente a quanto affermato dal ricorrente, doveva ritenersi concessa anche dal testo originario del citato art. 27, quinto comma, legge reg. 26/93, vigente quando (annata venatoria 1998/1999) è stato commesso l'illecito contestato, posto che detta disposizione prevedeva la possibilità di emanare disposizioni limitative per la caccia vagante in zona Alpi "anche in forme differenziate";
- che deve, in conclusione, affermarsi che l'opzione a suo tempo effettuata dal Totero riguardava un territorio da considerarsi, a tutti gli effetti, come rientrante in "zona Alpi", perché così a suo tempo classificato dall'autorità amministrativa competente con una determinazione da ritenersi, per quanto si è detto, pienamente valida ed operante nel momento l'infrazione contestata è stata commessa;
- che con il quinto motivo, il ricorrente - denunziando violazione e falsa applicazione dell'art. 14, quinto comma, l. 157/92, nonché omessa motivazione - censura la sentenza impugnata per non aver considerato che ogni cacciatore può avere accesso in un "ulteriore" territorio di caccia, "anche in divergenza" dalla opzione esercitata ex art. art. 12 della stessa legge e che, pertanto, il suo comportamento non poteva essere ritenuto illegittimo;
- che la possibilità di ottenere accesso in un "secondo" territorio di caccia, diverso da quello di residenza (art. 14, quinto comma, l. 157/92; art. 28, settimo comma, legge reg. 26/93) deve essere coordinata con quanto stabilito dall'art, 12, quinto comma, l. st. 157/92, e dall'art. 35, primo comma, l. reg. 26/93, i quali sanciscono il principio dell'esclusività della forma di caccia prescelta;
- che deve quindi escludersi che colui che, come il ricorrente, abbia a suo tempo optato per la caccia vagante in zona Alpi, possa praticare l'esercizio venatorio anche in un ambito territoriale di caccia, in quanto ciò implicherebbe l'esercizio della caccia in forma diversa da quella prescelta;
- che anche tale censura è, pertanto, infondata;
- che il ricorso deve essere quindi rigettato in ogni sua parte;
- che, anche in considerazione della novità delle questioni affrontate, ricorrono giusti motivi di compensazione delle spese di questa ulteriore fase di giudizio.
P.Q.M.
La Corte di Cassazione rigetta il ricorso e compensa le spese. Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 20 ottobre 2003. Depositato in Cancelleria il 25 febbraio 2004