Cass. Sez. III n. 7237 del 21 febbraio 2023 (UP 22 nov 2022)
Pres. Di Nicola Est. Semeraro Ric. Carosi
Caccia e animali.Traffico illecito di animali da compagnia

L’introduzione, tramite attività organizzate, degli animali di cui all’art. 4 della legge n. 201 del 2010 deve avvenire mediante condotte, finalizzate a procurare per sé o per altri un profitto, realizzate mediante la predisposizione di una, pur rudimentale, organizzazione. La parola attività è, infatti, adoperata al plurale ed indica, quindi, un complesso di mezzi, di risorse, di cui un soggetto di avvale per realizzare il suo fine, qui l’introduzione; tali attività devono essere organizzate, cioè devono avere una struttura ordinata, finalizzata alla commissione del fatto, mediante la connessione dei beni, dei mezzi, delle risorse affinché possano operare insieme per la realizzazione del fine illecito.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza del 9 giugno 2021 la Corte di appello di Trieste, in riforma di quella del Tribunale di Gorizia del 26 giugno 2019, ha dichiarato di non doversi procedere per il reato di cui al capo a), qualificato ex art. 727, comma 2, cod. pen., perché estinto per prescrizione; ha rideterminato la pena nei confronti di Piero De Angelis e Manuel Carosi in cinque mesi di reclusione e € 6000 di multa per il reato ex art. 4 legge n. 201 del 2010 perché, in concorso tra loro, avevano introdotto nel territorio nazionale n. 29 cuccioli di cane privi di sistemi per l’identificazione individuale, delle necessarie certificazioni sanitarie e di passaporto individuale (in Gorizia il 15 novembre 2015).
 
2. Avverso tale sentenza ha proposto due distinti ricorsi, di contenuto analogo, il difensore di Manuel Carosi e di Piero De Angelis.
2.1. Con il primo motivo si deduce il vizio di violazione di legge in relazione all’art. 4 legge n. 201 del 2010 nonché agli artt. 27 Cost. e 192 cod. proc. pen.
Non sarebbero stati provati tutti gli elementi costitutivi del reato contestato; mancherebbe la prova del dolo specifico di ricavare un profitto per sé o per altri.
La condotta contestata al ricorrente al più integrerebbe l’illecito amministrativo ex art. 5 legge n. 201 del 2010, essendo stato trovato unicamente in possesso di un numero rilevante di cuccioli non in regola con la disciplina.
2.2. Con il secondo motivo si deduce l’assenza di motivazione in relazione al profitto che gli imputati avrebbero dovuto conseguire per sé o per altri, quale elemento costitutivo del reato.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato.
1.1. Il fatto ascritto ai ricorrenti è quello di aver introdotto nel territorio dello Stato 29 cuccioli di cane, privi di sistemi per l’identificazione individuale e delle necessarie certificazioni sanitarie.
Si riporta il testo dell’art. 4 (Traffico illecito di animali da compagnia) della legge n. 201 del 2010:
«1. Chiunque, al fine di procurare a sé o ad altri un profitto, reiteratamente o tramite attività organizzate, introduce nel territorio nazionale animali da compagnia di cui all’allegato I, parte A, del regolamento (CE) n. 998/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 maggio 2003, privi di sistemi per l’identificazione individuale e delle necessarie certificazioni sanitarie e non muniti, ove richiesto, di passaporto individuale, è punito con la reclusione da tre mesi a un anno e con la multa da euro 3.000 a euro 15.000».
La legge prevede, invece, all’art. 5, l’illecito amministrativo dell’introduzione illecita di animali da compagnia:
«1. Salvo che il fatto costituisca reato, chiunque introduce nel Territorio nazionale animali da compagnia di cui all’allegato I, parte A, del regolamento (CE) n. 998/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 maggio 2003, privi di sistemi per l’identificazione individuale, è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 100 a euro 1.000 per ogni animale introdotto.
2. Salvo che il fatto costituisca reato, chiunque introduce nel Territorio nazionale animali da compagnia di cui all’allegato I, parte A, del regolamento (CE) n. 998/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 maggio 2003, in violazione dei requisiti previsti dalla legislazione vigente, è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 500 a euro 1.000 per ogni animale introdotto. La sanzione non si applica se le violazioni sono regolarizzate nel rispetto di quanto disposto dalla legislazione vigente.
3. Salvo che il fatto costituisca reato, alla sanzione di cui al Comma 2 è altresì soggetto chiunque trasporta o cede, a qualunque titolo, animali introdotti nel territorio nazionale in violazione di Quanto previsto dai commi 1 e 2.
4. Si applica la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 1.000 a euro 2.000 per ogni animale introdotto se gli animali di cui ai commi 1, 2 e 3 hanno un’età accertata inferiore a dodici settimane o se provengono da zone sottoposte a misure restrittive di polizia veterinaria adottate per contrastare la diffusione di malattie trasmissibili proprie della specie».
1.2. Il reato di cui all’art. 4 sussiste solo quando l’introduzione degli animali avviene reiteratamente o tramite attività organizzate.
La Corte di appello ha ritenuto elemento di fatto per ritenere esistente l’attività organizzata il numero rilevante di cani trasportati.
Tale elemento di fatto non è, però, sufficiente ad integrare la condotta penalmente rilevante perché sia l’art. 4 che l’art. 5 fanno riferimento agli «animali», adoperando il termine al plurale.
1.3. Il concetto di attività organizzate, seppur continuative, si rinviene nel testo dell’art. 260 d.lgs. n. 152 del 2006.
La giurisprudenza (cfr. Sez. 3, n. 52838 del 14/07/2016, Serrao, Rv. 268920 – 01) affermò che il delitto di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti (art. 260, D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152) è reato abituale, che si perfeziona soltanto attraverso la realizzazione di più comportamenti non occasionali della stessa specie, finalizzati al conseguimento di un ingiusto profitto, con la necessaria predisposizione di una, pur rudimentale, organizzazione professionale di mezzi e capitali, che sia in grado di gestire ingenti quantitativi di rifiuti in modo continuativo.
1.4. Deve ritenersi che l’introduzione, tramite attività organizzate, degli animali di cui all’art. 4 della legge n. 201 del 2010 debba avvenire mediante condotte, finalizzate a procurare per sé o per altri un profitto, realizzate mediante la predisposizione di una, pur rudimentale, organizzazione.
La parola attività è, infatti, adoperata al plurale ed indica, quindi, un complesso di mezzi, di risorse, di cui un soggetto di avvale per realizzare il suo fine, qui l’introduzione; tali attività devono essere organizzate, cioè devono avere una struttura ordinata, finalizzata alla commissione del fatto, mediante la connessione dei beni, dei mezzi, delle risorse affinché possano operare insieme per la realizzazione del fine illecito.
1.5. Tali elementi costitutivi non sussistono, secondo quanto riportato in sentenza; il fatto, connotato solo dalla pluralità di animali e da mezzi adoperati non particolarmente significativi (un’auto comune e dei trasportini), concretizza solo l’illecito amministrativo di cui all’art. 5 della legge citata.

2. Pertanto, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio perché il fatto non è previsto dalla legge come reato.
Poiché il fatto concretizza solo l’illecito amministrativo di cui all’art. 5 della legge n. 201 del 2010, si dispone la trasmissione degli atti alla Regione Autonoma Friuli - Venezia Giulia per quanto di competenza.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, perché il fatto non è previsto dalla legge come reato.
Dispone la trasmissione degli atti alla Regione Autonoma Friuli - Venezia Giulia per l'illecito amministrativo.
Così deciso il 22/11/2022.