Cass. Sez. III n. 4472 del 9 febbraio 2022 (CC 19 nov 2021)
Pres. Aceto Est. Gentili Ric. Sgarbi
Beni culturali. Reato previsto dall’art. 174 dlgs 42 del 2004
Il reato previsto dall’art. 174 del dlgs n. 42 del 2004 si consuma nel momento in cui un oggetto, avente un particolare interesse artistico, storico, archeologico, etnoantropologico, bibliografico, documentale o archivistico, venga portato al di fuori dei confini nazionali in assenza o dell’attestato di libera circolazione ovvero della licenza di esportazione.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Siracusa, operando quale giudice del riesame cautelare reale, ha, con ordinanza del 1 luglio 2021, rigettato la richiesta di riesame presentata dalla difesa di Sgarbi Vittorio - soggetto indagato in relazione alla violazione dell’art. 174 del dlgs n. 42 del 2004 per avere, secondo l’accusa, in concorso con altri, fatto sì che fosse trasferita all’estero un’opera pittorica, comunemente nota come “Concerto con bevitore”, attribuita al pittore di scuola caravaggesca Valentin de Boulogne, che, in quanto di interesse artistico, non poteva essere esportata fuori dei confini nazionali in assenza di attestato di libera circolazione ovvero di licenza di esportazione - in relazione all’avvenuto sequestro, disposto con decreto del GIP del Tribunale di Siracusa in data 25 febbraio 2021, della medesima opera pittorica.
Il giudice della cautela reale, dopo avere descritto i fatti che avevano condotta alla adozione della misura in questione, ha osservato che la competenza territoriale in ordine al reato in questione, il cui luogo di commissione non è stato accertato, sarebbe da ricavare alla luce della previsione di cui all’art. 10 cod. proc. pen., secondo il quale in ordine ai reati commessi all’estero - ipotesi che il Tribunale ritiene essersi verificata quanto al reato in questione - la competenza sarebbe da ricavarsi in base al luogo di residenza, ovvero dimora o domicilio dell’indagato, oppure, nel caso in cui più siano gli indagati, in base ad uno dei luoghi sopra indicati che sia comune al maggior numero di essi.
Poiché nel caso in questione, prosegue il Tribunale, sono indagati, unitamente allo Sgarbi, anche altri soggetti, tutti residenti in sedi diverse, ad eccezione di tali Filippini Gianni e Vicari Florinda, che sono residenti in provincia di Siracusa, la competenza territoriale sarebbe radicata di fronte alla autorità giudiziaria di quella città; ha aggiunto il Tribunale che, in ogni caso, laddove non fosse applicabile il criterio di cui sopra, la competenza sarebbe in ogni caso del Tribunale aretuseo, posto che è di fronte a tale autorità giudiziaria che è stato per la prima volta iscritta la notizia di reato avente ad oggetto i fatti per cui è ora processo.
Tanto premesso il Tribunale - avendo rilevato che gli elementi investigativi presenti sino al momento della presentazione del ricorso erano tali da far emergere la esistenza del fumus del delitto in provvisoria contestazione, consistente appunto nella avvenuta esportazione oltre i confini dello Stato in assenza della documentazione autorizzativa di un’opera avente un particolare interesse storico-artistico, essendo stato trasferito il quadro attribuito al pittore secentista di scuola caravaggesca Valentin de Boulogne (nella disponibilità dello Sgarbi sino al momento in cui sarebbe stato iniziato l’iter criminis) nel territorio del Principato di Monaco in assenza della prevista autorizzazione - ha confermato il provvedimento di sequestro, adottato strumentalmente alla successiva possibile confisca del quadro in questione.
Ha interposto ricorso per cassazione avverso la predetta ordinanza l’indagato Sgarbi, assistito dai propri difensori fiduciari, contestando, in primo luogo, la competenza territoriale del Tribunale di Siracusa, sulla base della considerazione che, diversamente da quanto riportato nella ordinanza impugnata, non risponderebbe al vero che due degli indagati in relazione al reato in provvisoria imputazione siano residenti nel circondario di Siracusa, in quanto Vicari Florinda non risulterebbe essere indagata nel procedimento penale in questione ma lo sarebbe in relazione ad altro procedimento penale; data tale situazione la competenza non sarebbe più radicata di fronte al Tribunale di Siracusa ma di fronte a quello di Roma, atteso che, non potendo essere applicati i criteri riguardanti la competenza per connessione con altro procedimento penale, due delle persone indagate, cioè lo Sgarbi e la sua convivente, sono entrambe dimoranti in Roma.
In via subordinata e nel merito la difeso del ricorrente ha osservato che non sussisterebbe il fumus delicti in quanto il quadro di cui si tratta non sarebbe opere originale del maestro caravaggesco ma solo una copia tratta dalle due versioni esistenti del soggetto originale, una custodita presso la collezione Chigi Saracini, una presso la Fondazione Zeri; considerato che pertanto l’opera, non attribuibile a Valentin de Boulogne e, peraltro, detenuta dallo Sgarbi solo per la esecuzione di un expertise, avrebbe un valore inferiore ad euro 13.500,00, la sua esportazione esula dal campo del diritto penale.
Avendo il Pg presso questo Corte rassegnato le proprie conclusioni nel senso della auspicata dichiarazione di inammissibilità del ricorso, la difesa dell’indagato ha depositato una memoria, datata 10 novembre 2021, con la quale ha ulteriormente insistito per la declaratoria di incompetenza del giudice adito, in favore del Tribunale di Roma.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso, essendo risultati manifestamente infondati e motivi posta alla base di esso, deve essere dichiarato, a sua volta inammissibile.
Come dianzi segnalato con il primo motivo di impugnazione, oggetto anche di approfondimento in sede di memoria illustrativa, la difesa dello Sgarbi ha contestato la ordinanza impugnata per non avere il Tribunale di Siracusa accolto la eccezione di incompetenza per territorio della autorità giudiziaria procedente, essendo, ad avviso della ricorrente difesa, competente la autorità giudiziaria di Roma.
Giova chiarire che la competenza della autorità giudiziaria aretusea è stata dal Tribunale ordinante desunta sulla base delle seguenti osservazioni:
trattasi di reato commesso all’estero, peraltro in un luogo non ben determinato ma comunque incontestatamente ritenuto essere ubicato al di fuori dei confini dello Stato italiano, trattandosi di reato, previsto dall’art. 174 del dlgs n. 42 del 2004, che, appunto, si consuma nel momento in cui un oggetto, avente un particolare interesse artistico, storico, archeologico, etnoantropologico, bibliografico, documentale o archivistico, venga portato al di fuori dei confini nazionali in assenza o dell’attestato di libera circolazione ovvero della licenza di esportazione;
la relativa disciplina in materia di competenza territoriale è, pertanto, ricavabile, ad avviso del Tribunale del riesame, dall’art. 10, comma 1, cod. proc. pen., il quale prevede che, per i reati commessi all’estero, la competenza si radichi, in successione, in base al criterio della residenza ovvero della dimora, del domicilio, dell’arresto e della consegna (scilicet: da parte della autorità straniera) dell’imputato;
poiché nel presente caso gli indagati (figura cui sono estese le disposizioni che hanno ad oggetto l’imputato, ove non espressamente indicato, ai sensi dell’art. 61, cpv, cod. proc. pen.) sono più di uno, vale la regola sussidiaria dettata dal secondo periodo del comma 1 dell’art. 10 cod. proc. pen., successivo a quello contenente la regola generale, secondo il quale in una fattispecie quale è quella ora in esame “procede il giudice competente per la maggior parte” degli indagati;
poiché, ha osservato il Tribunale di Siracusa, fra i soggetti che sono indagati per il reato in provvisoria contestazione unitamente allo Sgarbi solamente due hanno la residenza ubicata all’interno del circondario di un medesimo Tribunale (si tratta di Filippini Gianni e Vicari Florinda, fra loro coniugi ed entrambi residenti a Noto, Comune ricompreso fra quelli facenti parte del circondario del Tribunale di Siracusa), essendo i restanti indagati tutti residenti in Comuni appartenenti a diversi circondari giudiziari, la competenza in ordine al presente giudizio è attribuita al Tribunale di Siracusa, essendo questo l’unico nel circondario del quale più di un indagato ha la propria residenza;
ha, peraltro, concluso il Tribunale osservando che, anche a non volere considerare come dirimenti i rilievi che precedono, la competenza spetterebbe in ogni caso alla autorità giudiziaria siracusana, ai sensi del comma 2 dell’art. 10 cod. proc. pen., in quanto è la Procura di Siracusa che ha per primo disposto la registrazione della notizia di reato da cui è scaturito il presente procedimento.
Ciò posto, osserva il Collegio che le argomentazioni sopra riportate e riproducenti le ragioni in base alle quali il Tribunale di Siracusa ha rivendicato la propria competenza in ordine alla presente vicenda non sono scalfite dal motivo di impugnazione ora formulato al riguardo dalla difesa dell’indagato.
Ed invero - tralasciando, in quanto effettivamente contraddittorio con il precedente ragionamento, il conclusivo argomento utilizzato dal Tribunale per affermare la propria competenza, legato all’applicazione del comma 2 del citato art. 10 cod. proc. pen., secondo il quale, in ogni caso la competenza sarebbe radicata di fronte al Tribunale della città di Dionisio in quanto lì sarebbe per la prima volta stata iscritta la notizia di reato relativa alla presente indagine (principio che nel caso sarebbe recessivo rispetto a quello dettato dal comma 1 della medesima disposizione codicistica, atteso che, per un verso, il comma 2 precisa che il criterio della prioritaria iscrizione è applicabile solo ove non sia possibile applicare i criteri previsti dai commi precedenti, e che, per altro verso, nella presente ipotesi effettivamente sussisterebbe - ove non fosse competente la Autorità giudiziaria di Siracusa per effetto del meccanismo richiamato in prima battuta dal locale Tribunale, il quale prevede la priorità del criterio di collegamento territoriale della residenza su quello del domicilio - la prevalenza, per effetto del criterio di collegamento sussidiario dettato dal comma 1 dell’art. 10 cod. proc. pen., della competenza del Tribunale di Roma, città ove due degli indagati, appunto il ricorrente Sgarbi e la sua convivente Colle Sabrina, sono di fatto domiciliati) - si osserva che le censure formulate in sede di ricorso per cassazione dalla difesa dello Sgarbi avverso la decisione del Tribunale del riesame sono manifestamente infondate.
Sostiene, in sintesi, la difesa del ricorrente, che, diversamente da quanto sostenuto dal Tribunale di Siracusa, il criterio di attribuzione della competenza di cui all’ultimo periodo del comma 1 dell’art. 10 cod. proc. pen. non sia applicabile nella fattispecie in quanto uno dei due soggetti residenti nel circondario di Siracusa su cui il Tribunale ha prioritariamente fondato l’affermazione della propria competenza, in particolare la Vicari, non sarebbe indagata nel presente procedimento, essendo, semmai indagata in altro procedimento da cui il presente sarebbe scaturito.
Tale affermazione, invero non particolarmente sviluppata dalla parte ricorrente, è, tuttavia, manifestamente errata.
Come, infatti, si legge nel provvedimento allegato dalla stessa parte ricorrente la Procura della Repubblica di Siracusa ha disposto la integrazione della iscrizione nel registro degli indagati in ordine al reato di cui all’art. 174 cod. proc. pen., cioè il reato per cui ora si procede - in relazione al quale già vi era un’iscrizione a carico, fra l’altro, della Vicari - anche di tale Caradonna Maria e dei predetti Sgarbi e Colle, disponendo, per come si legge testualmente nel provvedimento in questione, “al fine di consentire il recupero più rapido possibile del dipinto illecitamente esportato, (…) lo stralcio per il reato di cui all’art. 174 dlgs 42/2004 con formazione di separato fascicolo a carico degli indagati come sopra integrati”.
Appare, pertanto, di palmare evidenza che processualmente congiunta alla posizione dello Sgarbi vi siano anche quelle della Vicari e del Filippini; cioè le posizioni di coloro i quali hanno determinato il radicamento della competenza territoriale di fronte alla Autorità giudiziaria procedente.
Nessun argomento è, peraltro, desumibile in favore della pretesa estraneità della Vicari alle indagini ora in questione, come vorrebbe far rilevare la ricorrente difesa, dalla circostanza che questa non sia stata destinataria di alcuno degli avvisi spiccati nel corso del presente procedimento; invero - salva la verifica di quanto allegato dalla ricorrente difesa, esame che non è, in ogni caso, attualmente rilevante - una tale eventualità, a fronte della indiscutibile puntualità del provvedimento con il quale è stato disposto, a carico di tutti gli originari indagati, quindi anche Filippini e Vicari, lo stralcio in ordine al reato ora in provvisoria contestazione, costituirebbe non certo la prova della estraneità della Vicari alle indagini, ma, semmai, rappresenterebbe una irregolarità commessa nella procedura condotta nei suoi confronti, unica legittimata a dolersene ed a farla valere essendo la Vicari, cui ben si attaglia, quanto alla posizione dello Sgarbi, la massima propria della scienza della argomentazione secondo la quale adducere inconvenientem non est solvere argumentum.
Né ha, infine, alcun valore la doglianza subordinata presentata dalla difesa del ricorrente, secondo la quale in tal modo lo Sgarbi sarebbe stato sottratto, in violazione dell’art. 25, comma primo, della Costituzione, al suo giudice naturale, posto che la palese embricazione esistente fra le diverse posizioni dei soggetti indagati, comportante sotto il profilo processuale la connessione fra le stesse, giustifica la attrazione di esse, onde realizzare il simultaneus processus, di fronte ad un unico organo giudiziario, senza alcuna violazione del principio del giudice naturale precostituito per legge, essendo la connessione una delle ipotesi normative che concorrono con gli altri criteri nella determinazione del giudice naturale.
Passando all’ultimo motivo di censura svolto dalla difesa del ricorrente si osserva - anche a volere trascurare il fatto che, a seguire scrupolosamente le indicazioni rivenienti dallo stesso ricorrente, laddove questi dichiara di non essere titolare di alcuna posizione soggettiva in ordine al quadro attinto dal sequestro, essendogli stato quest’ultimo affidato (non è precisato da chi) esclusivamente perché egli compisse su di esso degli accertamenti volti ad identificarne l’autore ed a determinarne il valore, egli, non essendo il soggetto cui l’opera, una volta venuto meno il vincolo cautelare, dovrebbe essere restituita, non sarebbe neppure legittimato alla proposizione del presente ricorso (cfr. infatti, ex multis: Corte di cassazione, Sezione III penale, 29 aprile 2021, n. 16352; idem Sezione III penale, 19 agosto 2016, n. 35072) -che la contestazione della sussistenza o meno del fumus delicti - sviluppata attraverso la affermazione della non corrispondenza dell’opera in questione alle caratteristiche, legate alla sua importanza storico-artistica, che la renderebbero non esportabile al di fuori dei confini nazionali se non a determinate condizioni, qui pacificamente non ricorrenti, trattandosi di una copia adespota e non di un’opera originale di Valentin de Boulogne - esula dall’ambito competenziale di questa Corte di legittimità, tanto più nella presente fase cautelare nella quale è sufficiente che sia ravvisabile una condotta che sia, anche solo astrattamente, sussumibile in una fattispecie di reato (Corte di cassazione, Sezione I penale, 27 aprile 2018, n. 18491); ciò in quanto il relativo accertamento comporterebbe valutazioni di merito (già operate peraltro dal Tribunale di Siracusa in termini di congrua plausibilità sulla base del valore di scambio del quadro che era stato prospettato alla convivente dello Sgarbi da altro indagato), la cui sindacabilità, oltre che sotto il profilo della violazione di legge, qui neppure prospettato, è circoscritta entro lo stretto margine della manifesta illogicità della motivazione stesa sul punto, cosa che il ricorrente non ha, tuttavia, inteso prospettare nella occasione e che, come d’altra parte segnalato, non è in ogni modo ravvisabile nella presente occasione.
Il presente ricorso va, conclusivamente, dichiarato, alla luce di quanto esposto, inammissibile ed il ricorrente, visto l’art. 616 cod. proc. pen., va condannato al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3,.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 19 novembre 2021