TAR Molise Sez. I n.585 del 26 ottobre 2012
Beni Ambientali. Conferenza di servizi e mancata partecipazione degli organi periferici del MIBAC
La mancata partecipazione del Direttore regionale e del Soprintendente per i beni architettonici e paesaggistici alla conferenza di servizi indetta per l’esame congiunto dell’istanza di rilascio delle autorizzazioni uniche, preclude ai suddetti organi periferici del MIBAC di esercitare, al di fuori di quella sede, il proprio potere di verifica di compatibilità dell’opera con il vincolo paesaggistico imposto sull’area di insediamento con D.M. 11.2.1976, pena la nullità delle determinazioni a tal fine adottate ai sensi dell’art. 14 quater, comma 1, della legge n. 241 del 1990 che, qualificando siffatta forma di esercizio del potere amministrativo come “inammissibile”, ne tipizza una fattispecie espressa di decadenza.
N. 00585/2012 REG.PROV.COLL.
N. 00055/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 55 del 2012, proposto dalla società Fv Pozzilli S.r.l. in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Salvatore Di Pardo, presso il cui studio in Campobasso, via Berlinguer, N. 1 elegge domicilio;
contro
Ministero per i Beni e le Attività Culturali in persona del Ministro pro tempore nonchè Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Molise, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliata per legge in Campobasso, via Garibaldi, 124;
Regione Molise in Persona del Presidente pro tempore;
per l'annullamento
della nota prot. MBAC-DR-MOL riferimento 3 0000025 04/01/2012 CI. 34.19.04/77.2, conosciuta dalla ricorrente a mezzo fax il 04.01.2012 con la quale la Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Molise ha disposto l'inibizione all'inizio dei lavori autorizzati con i provvedimenti n. 234/2011 e n. 235/2011 del 28 giugno 2011 emessi dal Servizio energia della Regione Molise, ovvero la loro sospensione, se già iniziati; e di ogni atto presupposto, connesso e /o conseguente.
Visti il ricorso ed i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e della Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Molise;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 giugno 2012 il dott. Luca Monteferrante e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
La società ricorrente in data 16.11.2009 ha presentato alla Regione Molise due istanze per il rilascio di due autorizzazioni uniche ai sensi dell’art. 12 del d. lgs. 387/2003 per la costruzione e l’esercizio di due impianti di produzione di energia elettrica mediante conversione fotovoltaica denominati Molise 01 e Molise 02 ubicati nella zona industriale del Comune di Pozzilli rispettivamente in c.da Le Noci e in c.da Pantano.
Con determine n. 63 del 28.4.2010 e n. 64 del 29.4.2010 del Servizio Regionale Conservazione della Natura e VIA i due impianti sono stati esclusi dalla procedura di valutazione di impatto ambientale.
La Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici del Molise in data 23.6.2010 si è espressa negativamente circa la compatibilità paesaggistica dell’intervento con parere recepito dal Direttore regionale per i Beni culturali e Paesaggistici del Molise con atto del 24.6.2010 ma nessuno degli organi periferici del MIBAC è intervenuto alla conferenza di servizi a tal fine indetta con nota del 4.6.2010 dal servizio energia della Regione Molise per il giorno 25.6.2011.
Il suddetto parere del Direttore Regionale, acquisito al protocollo del servizio energia della Regione Molise solo in data 28.6.2010 (prot. 10981), veniva impugnato dalla società ricorrente innanzi al TAR Molise che con sentenza n. 803 del 2011 lo annullava per vizio di incompetenza.
Il servizio energia della Regione Molise, preso atto della mancata partecipazione della Soprintendenza alla conferenza di servizi indetta per l’esame contestuale delle domande presentate dalla società ricorrente ed assumendo di dover applicare l’art. 14 quater, comma 1, della legge n. 241 del 1990 che ritiene inammissibili i pareri espressi al di fuori della conferenza di servizi, con determine dirigenziali nn. 234 e 235 del 2011, su conforme proposta del funzionario istruttore, ha rilasciato in favore dell’esponente n. 2 autorizzazioni uniche ai sensi dell’art. 12 del d. lgs. 387 del 2003 che venivano comunicate anche alla Direzione regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Molise in data 4.7.2011.
Le suddette autorizzazioni non sono state impugnate nei termini di legge dal Ministero per i Beni e le Attività culturali (ora MIBAC) ma il Direttore regionale per i Beni Architettonici e Paesaggistici del Molise con nota del 4.1.2012 ha inibito, ai sensi dell’art. 150 del d. lgs. n. 42/2004, l'inizio dei lavori autorizzati con i predetti provvedimenti adottati dal Servizio energia della Regione Molise, assumendo che gli impianti autorizzati avrebbero caratteristiche tali da poter recare pregiudizio alle limitrofe emergenze archeologiche oltre che al paesaggio, essendo l’intero territorio di Pozzilli sottoposto a vincolo paesaggistico imposto con decreto ministeriale del 11.2.1976, con ciò reiterando ed integrando le motivazioni già addotte a fondamento del proprio parere del 24.6.2010 tardivamente inviato alla Regione e successivamente annullato dal TAR Molise con sentenza n. 803/2011.
Avverso tale atto è insorta la società ricorrente chiedendone l’annullamento per i seguenti motivi di censura:
1. Gli organi periferici del MIBAC avrebbero potuto opporsi al rilascio delle autorizzazioni uniche regionali solo intervenendo nella sede della conferenza di servizi ai sensi dell’art. 14 quater della legge n. 241 del 1990 o impugnando le stesse nei termini di legge; diversamente verrebbe inficiata la stessa logica acceleratoria e semplificatrice dell’autorizzazione unica prevista dall’art. 12 del d. lgs. 387 del 2003. Il provvedimento impugnato sarebbe pertanto affetto anche da sviamento di potere in quanto finalizzato a perseguire la sospensione di lavori che invece devono allo stato ritenersi legittimamente autorizzati.
2. Nel merito del provvedimento adottato la ricorrente eccepisce un difetto di istruttoria in quanto, con riferimento alla salvaguardia dell’interesse archeologico, la presenza di frammenti fittili sarebbe stata solo ipotizzata e non accertata e, in ogni caso, i due impianti sarebbero posti non all’interno ma solo in prossimità di aree sottoposte a vincolo archeologico.
3. Dal punto di vista paesaggistico l’intervento si collocherebbe nell’area industriale di Pozzilli in zona fortemente antropizzata, caratterizzata dalla presenza di numerosi opifici sicchè i presupposti di fatto riferiti al pregio paesaggistico dell’area ed invocati a fondamento della misura di tutela dovrebbero ritenersi insussistenti.
4. Gli organi periferici del MIBAC non si sarebbero opposti alla realizzazione di altro impianto fotovoltaico in adiacenza a quelli progettati dalla esponente: non hanno partecipato alla conferenza di servizi, non hanno inviato alcun parere negativo postumo, non hanno adottato provvedimenti di sospensione dei lavori in ragione della presenza del vincolo paesaggistico o della vicinanza a siti di interesse archeologico. Tale condotta configurerebbe un’ipotesi di eccesso di potere per disparità di trattamento, illogicità e contraddittorietà.
5. Il vincolo imposto sull’area con DM del 1976 sarebbe non più attuale in quanto superato dalla successiva pianificazione paesaggistica regionale ed essendo stata l’area successivamente inserita dal PRG di Pozzilli nella zona D industriale: anche per tali ragioni dovrebbero ritenersi insussistenti le ragioni di tutela poste a fondamento del provvedimento impugnato.
6. Il precedente di questo TAR rappresentato dalla sentenza n. 730/2011 invocato nella motivazione del provvedimento impugnato a sostegno della sua legittimità sarebbe inconferente poiché se risolve i profili della competenza in senso favorevole al MIBAC, ritiene affetto da illegittimità il provvedimento adottato per essere stato reso al di fuori della conferenza di servizi, come accaduto nel caso di specie. Il precedente, dunque, lungi da sostenere le ragioni del MIBAC, confermerebbe la fondatezza del presente ricorso.
7. Le argomentazioni contenute nella sentenza di questo TAR n. 803/2011 (che riconoscono il pregio paesaggistico dell’area) non potrebbero essere invocate nel caso di specie a supporto della tesi ministeriale in quanto riferite non all’impatto paesaggistico degli impianti fotovoltaici ma a quello ambientale, profilo questo già positivamente valutato dalla regione Molise con le determine di esclusione dalla procedura di valutazione di impatto ambientale. Inoltre le positive valutazioni rese in sede di screening ambientale avrebbero valorizzato proprio la presenza di un agglomerato industriale nell’area di insediamento dei due impianti, ritenuti pertanto compatibili con le caratteristiche dell’ambiente circostante. E lo stesso impatto visivo sul paesaggio sarebbe stato ritenuto mitigabile sia per lo scarso sviluppo in altezza dei moduli sia per la previsione di apposite barriere visive. Quanto alla perdita di superficie agricola coltivabile, in sede di rilascio dell’autorizzazione unica gli impianti sarebbero stati localizzati all’interno dell’area industriale di Pozzilli lasciando pertanto indenne quella qualificata agricola.
8. Il provvedimento impugnato si porrebbe in contrasto con gli obiettivi del protocollo di Kyoto ratificato con legge n. 120 del 2002 e con quelli della UE, poi recepiti nel d. lgs. n. 387/2003 di riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra mediante lo sviluppo di fonti di energia rinnovabili. Sarebbe illegittimo anche perché carente della necessaria ponderazione tra interesse paesaggistico ed interesse ambientale.
Si è costituito in giudizio il Ministero per i Beni e le Attività culturali per resistere al ricorso, confutando nel merito la fondatezza delle censure articolate dalla ricorrente.
Alla camera di consiglio del 5.4.2012 la domanda cautelare veniva abbinata al merito.
Alla pubblica udienza del 7.6.2012 la causa è stata infine trattenuta in decisione. Il collegio, su domanda di parte, si è pronunciato sulla domanda cautelare, respingendola con ordinanza n. 94/2012 e ha differito la decisione sul merito del ricorso a una successiva camera di consiglio ai sensi dell’art. 75, comma 2, cod. proc. amm..
Il ricorso è fondato.
E’ controversa la legittimità dell’esercizio del potere di cui all’art. 150 del d. lgs. n. 42 del 2004 in una fattispecie in cui, in presenza di autorizzazioni uniche regionali rilasciate e non impugnate nei termini di legge, il direttore regionale del MIBAC ha ritenuto che i lavori autorizzati fossero capaci di recare pregiudizio al paesaggio.
L’art. 150 rubricato “Inibizione o sospensione dei lavori” così recita: “1. Indipendentemente dall’avvenuta pubblicazione all’albo pretorio prevista dagli articoli 139 e 141 ovvero dall’avvenuta comunicazione prescritta dall’art. 139, comma 3, la regione o il Ministero hanno facoltà di: a) inibire che si eseguano lavori senza autorizzazione o comunque capaci di recare pregiudizio al paesaggio; b) ordinare, anche quando non sia intervenuta la diffida prevista dalla lettera a), la sospensione dei lavori iniziati.
2. L’inibizione o sospensione dei lavori disposta ai sensi del comma 1, cessa di avere efficacia se entro il termine di novanta giorni non sia stata effettuata la pubblicazione all’albo pretorio della proposta di dichiarazione di notevole interesse pubblico di cui all’art. 138 o all’articolo 141, ovvero non sia stata ricevuta dagli interessati la comunicazione prevista dall’art. 139, comma 3”.
Deve premettersi che il provvedimento impugnato si fonda sulla asserita non compatibilità paesaggistica dell’intervento e sulla possibilità di interferenze con emergenze archeologiche presenti in aree limitrofe a quella prescelta per la localizzazione dei due impianti.
Siffatto ordine di giustificazioni, da cui il Direttore regionale desume l’esistenza di un pericolo per l’integrità del valore paesaggistico legittimante l’adozione dell’ordine di sospensione lavori ex art. 150 del d. lgs. 42/2004, è illegittimo in quanto precluso dalla intervenuta inoppugnabilità delle autorizzazioni uniche, tempestivamente comunicate alla Direzione regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici e mai impugnata dal MIBAC. La mancata partecipazione del Direttore regionale e del Soprintendente per i beni architettonici e paesaggistici alla conferenza di servizi indetta per l’esame congiunto dell’istanza di rilascio delle autorizzazioni uniche, preclude ai suddetti organi periferici del MIBAC di esercitare, al di fuori di quella sede, il proprio potere di verifica di compatibilità dell’opera con il vincolo paesaggistico imposto sull’area di insediamento con D.M. 11.2.1976, pena la nullità delle determinazioni a tal fine adottate ai sensi dell’art. 14 quater, comma 1, della legge n. 241 del 1990 che, qualificando siffatta forma di esercizio del potere amministrativo come “inammissibile”, ne tipizza una fattispecie espressa di decadenza.
Si tratta di principi reiteratamente affermati da questo TAR (sentenze 730/2011, n. 98/2011 e 109/2011) in linea con l’orientamento dominante della giurisprudenza, con la conseguenza che il primo motivo di ricorso deve ritenersi fondato.
Né vale opporre, come eccepisce la difesa erariale, che non sarebbe mai stato concordato il calendario degli incontri previsto dall’art. 14 ter della legge n. 241 del 1990 con conseguente impossibilità della Soprintendenza a partecipare alla conferenza di servizi.
Rileva infatti il collegio che la nota del 4.6.2010 del servizio energia della Regione Molise recante l’avviso di convocazione della conferenza di servizi fissata per il giorno 25.6.2010 è stata ricevuta dalla Soprintendenza in data 8.6.2010 (prot. n. 5472/34.19.04), quindi nel termine minimo di cinque giorni prima della riunione previsto dall’art. 14 ter, comma 2, della legge n. 241/1990. Nei successivi cinque giorni e quindi entro il 13.6.2010 il Soprintendente avrebbe potuto chiedere un differimento della prima riunione laddove impossibilitato a parteciparvi ma non ha ritenuto di avvalersi di tale facoltà prevista sempre dal richiamato art. 14 ter, comma 2.
Nessuna ragione di impedimento è stata dunque rappresentata ed anzi il Soprintendente aveva provveduto a redigere il parere di competenza sin dal 23.6.2010 con nota prot. 6059/34.01.04, in data anteriore dunque alla conferenza di servizi sicchè era effettivamente in grado di rappresentare nella sede conferenziale le valutazioni di propria competenza.
Né, del resto, a fondamento del provvedimento impugnato sono state addotte circostanze relative alla organizzazione dei lavori della conferenza che avrebbero in qualche modo conculcato le prerogative degli organi periferici del MIBAC sicchè, in definitiva, l’eccezione non merita condivisione avendo comunque la tempistica della convocazione raggiunto lo scopo di assicurare l’effettiva partecipazione del Soprintendente ai lavori della conferenza di servizi.
In ogni caso anche laddove in ipotesi fondata, la doglianza circa la violazione delle regole di funzionamento della conferenza di servizi sarebbe, in concreto, inammissibile non avendo il MIBAC provveduto ad impugnare le autorizzazioni uniche per far valere il suddetto vizio relativo all’iter procedimentale.
Non merita condivisione neppure l’affermazione per cui il Servizio Energia della Regione Molise, una volta presa cognizione in data 28.6.2010, successivamente alla conclusione della conferenza di servizi, del parere negativo espresso dagli organi periferici del MIBAC (parere del Soprintendente del 23.6.2010 successivamente recepito dal Direttore regionale con propria nota del 24.6.2010) non avrebbe comunque potuto adottare la determinazione conclusiva del procedimento di autorizzazione unica, sul presupposto che, a fronte della espressione del parere negativo, residuava solo il potere-dovere di rimettere la questione alla cognizione della Presidenza del Consiglio dei ministri ai sensi dell’art. 14 quater, comma 3 della legge n. 241 del 1990. Ciò a fortiori in pendenza dell’impugnativa giurisdizionale del suddetto parere da parte della società ricorrente che avrebbe dovuto indurre la Regione a riconvocare la conferenza di servizi.
In senso contrario deve osservarsi, in punto di interpretazione sistematica e logica, che la norma in questione trova collocazione nell’art. 14 quater rubricato “Effetti del dissenso espresso nella conferenza di servizi”: l’invocato effetto preclusivo opera pertanto solo in presenza di un parere ritualmente espresso in conferenza di servizi, come del resto prescritto, a pena di inammissibilità, dal precedente comma 1 a mente del quale “Il dissenso di uno o più rappresentanti delle amministrazioni ivi comprese quelle preposte alla tutela…paesaggistico territoriale..a pena di inammissibilità deve essere manifestato nella conferenza di servizi…”.
Nel caso di specie il parere è stato reso al di fuori della conferenza di servizi e soprattutto non è stato offerto in comunicazione alla sede conferenziale dove avrebbe potuto essere discusso, integrato e riveduto alla luce degli ulteriori contributi istruttori ivi introdotti: ne discende che, secondo il richiamato orientamento giurisprudenziale, il suddetto parere deve ritenersi “tamquam non esset” e come tale privo di effetti preclusivi rispetto all’ulteriore seguito del procedimento sicchè nessun obbligo di rimettere la decisione finale al Consiglio dei ministri poteva configurarsi nel caso di specie in capo alla Regione Molise né tanto meno v’era obbligo di attendere l’esito del giudizio relativo ad un parere privo di effetti e come tale ininfluente sull’iter procedimentale.
Non giova all’amministrazione ricorrente il precedente rappresentato da Cons. Stato, VI, 3039 del 2012 poiché nel caso ivi trattato l’effetto preclusivo all’ulteriore seguito del procedimento e l’obbligo di rimessione della decisione alla Presidenza del Consiglio dei ministri è stato affermato e ricollegato proprio alla rituale manifestazione del dissenso in conferenza di servizi.
Sempre in punto di diritto deve ancora osservarsi che ai sensi dell’art. 14 ter, comma 6 bis, della legge n. 241 del 1990 “All’esito della conferenza di servizi….l’amministrazione procedente…valutate le specifiche risultanze della conferenza e tenendo conto delle posizioni prevalenti espresse in quella sede, adotta la determinazione motivata di conclusione del procedimento che sostituisce a tutti gli effetti, ogni autorizzazione, concessione, nulla osta, o atto di assenso comunque denominato di competenza delle amministrazioni partecipanti o comunque invitate a partecipare ma risultate assenti alla predetta conferenza”.
Stando al chiaro disposto normativo richiamato, le autorizzazioni uniche adottate dalla Regione Molise devono ritenersi a tutti gli effetti idonee a sostituire l’autorizzazione paesaggistica in quanto gli organi periferici del MIBAC, sebbene ritualmente convocati alla conferenza di servizi, sono risultati assenti sicchè a fortiori deve escludersi che dovesse farsi applicazione dell’art. 14 quater, comma 3 nella parte in cui è prevista l’attrazione della competenza decisoria nel livello istituzionale superiore.
In ogni caso anche in relazione a tale deduzione difensiva il collegio non può esimersi dal rilevarne la inammissibilità poiché ogni possibile profilo di illegittimità relativo all’iter di formazione della decisione inerente al rilascio della autorizzazioni uniche deve ritenersi allo stato precluso dalla sopravvenuta inoppugnabilità di tali provvedimenti in quanto mai impugnati, sebbene ritualmente comunicati agli organi periferici del MIBAC.
Per superare l’evidente inammissibilità della censura la difesa erariale prospetta la tesi della nullità di siffatte autorizzazioni invocando una supposta fattispecie di carenza di attribuzione in capo alla Regione e di difetto di un elemento essenziale della fattispecie complessa autorizzatoria.
In senso contrario deve rilevarsi che il servizio regionale correttamente non ha rimesso la questione alla superiore istanza decisoria in quanto, come rilevato, nessun effetto preclusivo poteva riconoscersi ad una pronuncia che la legge qualifica espressamente come inammissibile ove non resa nella sede normativamente a ciò deputata, come accaduto nel caso di specie sicchè il meccanismo di deroga alla competenza regionale previsto dall’art. 14 quater, comma 3, non poteva in concreto ritenersi operante.
Ma nel caso di specie giammai potrebbe configurarsi un’ipotesi di nullità apparendo non condivisibile il prospettato vizio di difetto assoluto di attribuzione ai sensi e per gli effetti dell’art. 21 septies della legge n. 241 del 1990, dovendosi al più configurare un’ipotesi di mera annullabilità dell’atto per incompetenza relativa.
Anche il criptico riferimento al “difetto di un elemento essenziale della fattispecie complessa autorizzatoria” laddove riferito alla carenza del requisito strutturale dell’assenza di dissensi qualificati non può che configurare un’ipotesi di mera annullabilità attenendo alla volontà procedimentale della determinazione conclusiva della conferenza di servizi.
Circa il regime della nullità dell’atto amministrativo deve infatti rammentarsi come anche di recente il Consiglio di Stato, Sez. IV, 2 aprile 2012, n. 1957 abbia ribadito che nel diritto amministrativo la nullità costituisce una forma speciale di invalidità, che si ha nei soli casi, oggi meglio definiti dal legislatore, in cui sia specificamente sancita dalla legge, mentre l’annullabilità del provvedimento costituisce la regola generale di invalidità del provvedimento, a differenza di quanto avviene nel diritto civile dove la regola generale in caso di violazione di norme imperative è quella della nullità. Gli elementi essenziali del provvedimento il cui difetto ne determina la nullità sono: 1) la totale irriferibilità del provvedimento ad un organo emanante, in modo tale da rendere impossibile l’imputazione degli effetti del medesimo (es. difetto di sottoscrizione); 2) il difetto di identificazione (e di identificabilità) del destinatario nella cui sfera giuridica gli effetti del provvedimento amministrativo sono destinati a prodursi, incidendo un tale difetto sulla tipicità del provvedimento e sulla possibilità per il destinatario di percepirne l’imperatività.
La mancanza degli elementi della volontà e dell’oggetto non determinano, di regola, la nullità del provvedimento ma la sua annullabilità traducendosi, la prima, in vizio del procedimento (in quanto volontà procedimentale) e, la seconda, in un vizio nella cura dell’interesse pubblico primario sub specie di eccesso di potere.
Secondo la difesa erariale nel caso di specie verrebbero tuttavia in rilievo un’ipotesi di difetto assoluto di attribuzione (dovendo la competenza a decidere ritenersi attratta in favore della Presidenza del Consiglio dei ministri), accanto alla mancanza di un’essenziale volontà amministrativa (assenza di dissensi qualificati) necessaria alla adozione della determinazione conclusiva favorevole della conferenza di servizi e cioè fattispecie ora tipizzate dall’art. 21 septies nel novero di quelle idonee a configurare un vizio di radicale nullità.
La tesi, per quanto di recente fatta propria da Cons. Stato, VI, 23 maggio 2012, n. 3039, non persuade.
Quanto alla pretesa mancanza dell’elemento essenziale dell’assenza di dissensi qualificati si tratta pur sempre di un vizio del procedimento in quanto volontà procedimentale e quindi inidoneo ad integrare un’ipotesi di nullità, secondo quanto condivisibilmente ritenuto da Cons. Stato, IV, 2 aprile 2012, n. 1957, trattandosi di mera annullabilità.
Quanto al difetto assoluto di attribuzione per non essersi la Regione spogliata della competenza a decidere in favore della Presidenza del Consiglio dei ministri, deve rammentarsi che secondo un risalente non superato orientamento giurisprudenziale (cfr. Cass. Sez. un. 10 novembre 1980, n. 6016 e 27 aprile 1981, n. 2510) condiviso dalla dottrina più autorevole, l’indagine sul difetto di attribuzione presuppone non solo l’accertamento positivo sul rispetto delle competenze delle singole branche organizzative ma anche di quello negativo circa l’inconfigurabilità di un “settore di amministrazione sostanziale” che registri il coinvolgimento di organizzazioni differenziate tra di loro. Affinchè sussista dunque il vizio dell’attribuzione non basta, come sembra supporre la difesa erariale, che il potere venga esercitato da un organo appartenente ad una amministrazione diversa da quelle attributaria del potere medesimo, ma è altresì necessario che non venga in rilievo un settore di amministrazione sostanziale nel quale siano chiamati per legge ad intervenire organi di distinti plessi organizzativi.
Laddove invece due o più enti facciano parte “di un sistema unitario” (secondo la locuzione propria di autorevole dottrina), anche se solo con riferimento ad alcuni particolari settori della loro attività, sì da realizzare tra loro una mera ripartizione di competenze, l’atto posto in essere da un ente diverso rispetto a quello cui sarebbe spettato provvedere non sarà viziato da difetto di attribuzione ma da incompetenza relativa.
Nel caso di specie non ricorre la seconda condizione (assenza di un sistema unitario o di amministrazione in senso sostanziale) in quanto sia la materia del paesaggio che quella della produzione di energia attraverso fonti alternative rappresentano settori di amministrazione sostanziale che registrano il coinvolgimento di plurime amministrazioni nell’ambito di fattispecie procedimentali unitarie sicchè il sovvertimento delle regole sulla distribuzione del potere non può configurare ipotesi di incompetenza assoluta bensì relativa.
In particolare, nella materia della tutela del paesaggio da tempo è stato affermato il principio di cogestione del vincolo (cfr. Cons. Stato, Ad. Plen., 14 dicembre 2001, n. 9), in applicazione del principio di leale cooperazione tra Stato e Regioni: si tratta pertanto di un settore di amministrazione sostanziale che vede il necessario coinvolgimento degli organi dell’amministrazione statale e di quella regionale.
Analoghe considerazioni valgono per il settore della produzione di energia da fonti alternative dove il coinvolgimento di organi appartenenti a diverse branche organizzative, statali e regionali si stempera nella unità sostanziale della materia e delle regole di azione che sostanziano la fattispecie procedimentale di rilascio dell’autorizzazione (per l’appunto) unica di cui all’art. 12 del d. lgs. n. 387 del 2003.
Ne discende che l’eventuale violazione delle regole di riparto della competenza interne al procedimento unico non può che configurare un’ipotesi di incompetenza relativa.
Siffatta conclusione risulta avvalorata dalla ulteriore considerazione per cui nel caso di specie il potere di rilascio della autorizzazione è posto dalla legge sicuramente in capo alla Regione. Il fatto che la Regione abbia ritenuto di esercitare un potere conferitole dalla legge in una fattispecie in cui mancava (in ipotesi) una condizione per il suo esercizio in concreto (assenza di parere negativo da parte di amministrazione preposta alla tutela di interesse paesaggistico) rappresenta un’ipotesi di carenza di potere non in astratto bensì in concreto; si tratta cioè di fattispecie da cui si origina un vizio di annullabilità e non di nullità dell’atto, secondo il prevalente orientamento del giudice amministrativo (notoriamente contrastato dal costante opposto orientamento della Corte di Cassazione).
Siffatta ricostruzione risulta oggi avvalorata proprio dal disposto di cui all’art. 21 septies della legge n. 241 del 1990 che, non a caso, configura il vizio di nullità non in presenza di una generica fattispecie di carenza di potere bensì di “difetto assoluto di attribuzione” e cioè nei casi tradizionalmente ascritti alla nozione di incompetenza assoluta, dovendo per converso le ipotesi di carenza di potere in concreto essere ricondotte alla generale disciplina della annullabilità in quanto fattispecie di esercizio viziato di un potere comunque attribuito dalla legge.
Poiché per le ragioni esposte non sussiste nel caso di specie alcuna ipotesi di difetto assoluto di attribuzione bensì, al più, di carenza di potere in concreto o comunque di incompetenza relativa, nessuna contestazione può essere mossa alle autorizzazioni uniche regionali non impugnate nei termini di rito e come tali divenute inoppugnabili.
Ma il Direttore regionale non può neppure invocare a fondamento del provvedimento cautelare adottato istanze di tutela paesaggistica che avrebbero dovuto essere fatte valere nel corso del procedimento di rilascio dell’autorizzazione unica poiché siffatto potere deve ritenersi definitivamente consumato e sostituito negli effetti dal sopravvenuto rilascio dell’autorizzazione unica secondo quanto previsto dagli artt. 14 ter, comma 6 bis e 14 quater, comma 1 della legge n. 241 del 1990.
Il collegio non intende escludere che residui uno spazio applicativo all’art. 150 del d. lgs. n. 42 del 2004 anche successivamente al rilascio dell’autorizzazione unica ex art. 12 del d. lg. n. 42 del 2004 ma affinchè il ricorso a tale potere cautelare non si risolva in una inammissibile espressione postuma della verifica di compatibilità paesaggistica degli interventi soggetti al regime della autorizzazione unica, in violazione della disciplina della conferenza di servizi obbligatoria prevista dalla legge e dell’effetto sostitutivo (anche dell’autorizzazione paesaggistica in caso di assenza ingiustificata) attribuito all’autorizzazione unica, è necessario che si tratti di profili di pregiudizio sopravvenuti nel tempo oppure di ragioni di pregiudizio connesse alla concrete modalità esecutive dei lavori perché, ad esempio, realizzati in difformità rispetto a quanto autorizzato in sede di rilascio dell’autorizzazione unica.
Consentire agli organi periferici del MIBAC di fare ricorso a siffatto potere cautelare dopo il rilascio dell’autorizzazione unica per far valere istanze di tutela che, come nel caso di specie, avrebbero dovuto essere rappresentate nella sede conferenziale, determinerebbe altresì una inammissibile regressione procedimentale, una violazione della tutela del legittimo affidamento riposto dalle imprese nel provvedimento autorizzatorio e, non ultimo, uno sviamento della causa tipica del potere in esame che, secondo la disciplina legale, è precipuamente finalizzato ad assicurare una tutela interinale del bene paesaggistico in attesa dell’avvio e del perfezionamento del procedimento impositivo del vincolo, come confermato dalla previsione relativa alla perdita di efficacia della misura, contenuta nell’art. 150, comma 2, nell’ipotesi in cui nel termine di 90 giorni non sia stata effettuata la pubblicazione all’albo pretorio della proposta di dichiarazione di notevole interesse pubblico di cui agli artt. 138 e 141 ovvero non sia stata ricevuta dagli interessati la comunicazione prevista dall’art. 139, comma 3 (cfr. per analoga ratio la norma di cui all’art. 28, commi 2 e 3 del d. lgs. 42/2004 in materia di tutela di beni culturali).
Alla luce delle considerazioni che precedono il primo motivo di ricorso deve pertanto essere accolto con conseguente annullamento del provvedimento impugnato. Stante il carattere dirimente della doglianza accolta può farsi luogo all’assorbimento dei restanti motivi di censura.
La novità della questione, in mancanza di orientamenti giurisprudenziali consolidati, induce il collegio a ritenere sussistenti gravi motivi per disporre al compensazione integrale delle spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale amministrativo regionale del Molise definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato. Compensa le spese di giudizio tra le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Campobasso nelle camere di consiglio del 7 giugno 2012 e del 12 ottobre 2012..con l'intervento dei magistrati:
Goffredo Zaccardi, Presidente
Pietro Morabito, Consigliere
Luca Monteferrante, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 26/10/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)