Cons. Stato Sez. VI sent. 5149 del 10 settembre 2009
Beni ambientali. Competenza regionale e statale
L’art. 144, co. 3, del codice dei BB.CC. e del paesaggio, sin dalla sua originaria versione, stabiliva che <>.
Vi è dunque una norma primaria statale che consente ai piani paesaggistici, una volta affermatone il primato gerarchico rispetto ai piani urbanistici, di fissare norme di salvaguardia applicabili in attesa dell’adeguamento degli strumenti urbanistici rispetto alle previsioni dei piani paesaggistici.
Beni ambientali. Competenza regionale e statale
L’art. 144, co. 3, del codice dei BB.CC. e del paesaggio, sin dalla sua originaria versione, stabiliva che <
Vi è dunque una norma primaria statale che consente ai piani paesaggistici, una volta affermatone il primato gerarchico rispetto ai piani urbanistici, di fissare norme di salvaguardia applicabili in attesa dell’adeguamento degli strumenti urbanistici rispetto alle previsioni dei piani paesaggistici.
N. 05459/2009 REG.DEC.
N. 01689/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
DECISIONE
Sul ricorso numero di registro generale 1689 del 2009, proposto da:
Cala Giunco s.r.l., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avvocati Massimo Massa, Marcello Molè, Marcello Vignolo, con domicilio eletto presso Marcello Molè in Roma, via della Farnesina, n. 272;
contro
Ministero per i beni e le attività culturali, Soprintendenza Bapsae Prov. di Cagliari e Oristano, in persona del Ministro in carica, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso cui per legge domiciliano, in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
Regione Autonoma della Sardegna, in persona del presidente in carica, rappresentata e difesa dall'avvocato Gian Piero Contu, domiciliata in Roma, via Lucullo, n. 24;
Comune di Villasimius, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentato e difeso dall'avvocato Roberto Candio, con domicilio eletto presso Nicola Giancaspro in Roma, via Postumia, n. 1;
per la riforma
della sentenza del Tar Sardegna – Cagliari, sez. II, n. 01997/2008, resa tra le parti.
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione delle amministrazioni appellate;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 luglio 2009 il consigliere Rosanna De Nictolis e uditi per l’appellante gli avvocati Molé e Vignolo, per le amministrazioni statali l’avvocato dello Stato F Tortora, per la Regione Sardegna l’avv. Contu e per il Comune di Villasimius l’avv. Candio;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
1. Il presente contenzioso costituisce l’epilogo di una vicenda ultratrentennale relativa ad un piano di lottizzazione nel territorio costiero del Comune di Villa Simius, in zona F, denominato piano <> più volte, nel corso degli anni, modificato e ridimensionato, sia sul piano dell’oggetto (da una lottizzazione a scopo di insediamento residenziale si è passati ad una lottizzazione a scopo di insediamento turistico alberghiero), sia sul piano della volumetria realizzabile e delle opere di urbanizzazione.
Le vicende precedenti ai fatti di causa, sebbene puntualmente richiamate da parte ricorrente, verranno indicate solo nei limiti in cui hanno effettiva rilevanza per l’attuale contenzioso.
1.1. Dopo l’approvazione del piano di lottizzazione in questione è entrata in vigore la l.r. 25 novembre 2004 n. 8.
Nel vigore di tale legge, la società odierna appellante ha chiesto alla Regione Sardegna l’autorizzazione paesaggistica per la realizzazione di opere di urbanizzazione.
Nel silenzio della Regione, la società ha chiesto l’intervento sostitutivo della competente Soprintendenza statale, che, con provvedimento 27 giugno 2006 n. 52 ha negato l’autorizzazione paesaggistica, con la seguente motivazione: <>.
1.2. La società ha pertanto proposto un primo ricorso di primo grado con cui ha impugnato:
a) il citato provvedimento n. 52/2006 recante diniego dell’autorizzazione paesaggistica;
b) la delibera di giunta regionale n. 22/3 del 24 maggio 2006 recante adozione del piano paesaggistico regionale;
c) il decreto del presidente della Regione Sardegna n. 46 del 24 maggio 2006 con cui è stata disposta la pubblicazione del piano paesistico.
1.3. Con il ricorso ha, in sintesi, lamentato:
a) il decorso dei termini per le misure di salvaguardia ex lege previste dall’art. 3, l.r. n. 8/2004;
b) l’illegittima estensione, da parte del piano paesistico, delle misure di salvaguardia previste dalla citata legge regionale oltre i termini ivi previsti;
c) l’inesistenza di altre norme primarie idonee a fondare la competenza del piano paesistico a prevedere misure di salvaguardia;
d) l’applicabilità, comunque, del regime di deroga alle misure di salvaguardia previsto dalla stessa l.r. n. 8/2004, essendo già state realizzate le opere di urbanizzazione.
2. La società odierna appellante avviava un distinto procedimento presso il Comune di Villa Simius, finalizzato all’ottenimento della concessione edilizia.
Allo scopo, occorreva che il Comune procedesse, previamente, all’accertamento della volumetria complessiva massima assentibile nella zona F, ai sensi dell’art. 6, l.r. n. 8/2004, al fine di stabilire se vi fosse residua volumetria non ancora utilizzata, e se fossero dunque ancora rilasciabili concessioni edilizie.
2.1. Il Comune effettuava un primo accertamento, con i criteri prescritti dalla legislazione regionale, da cui risultava una residua volumetria non ancora utilizzata.
2.2. Tuttavia la Regione segnalava un errore di calcolo, osservando che andava conteggiata la sola linea di costa escludendo le emergenze minori quali isole e scogli.
2.3. Il Comune rettificava il calcolo secondo le indicazioni regionali, e dal nuovo conteggio emergeva il superamento della capacità insediativa massima nelle zone turistiche F, con conseguente impossibilità di rilascio della concessione edilizia alla società odierna appellante.
2.4. Di qui un secondo ricorso al Tar Sardegna, avente ad oggetto:
a) la nota prot. 2 febbraio 2007 n. 1885 con cui il Comune di Villasimius ha comunicato l’impossibilità di rilasciare concessione edilizia per il completamento del piano di lottizzazione Cala Giunco <>;
b) la deliberazione del consiglio comunale di Villasimius 19 gennaio 2007 n. 2 con cui è stato approvato l’atto di <>;
c) la nota 28 febbraio 2006 n. 19662/DG con cui l’assessorato regionale competente ha invitato il comune di Villasimius a rettificare il calcolo dell’estensione costiera prendendo in considerazione la sola linea di costa ed escludendo tutte le emergenze minori – isole e scogli;
d) la delibera di giunta regionale 5 settembre 2006 n. 36/7 con cui è stato approvato il piano paesistico regionale, nella parte in cui condiziona il completamento dei piani attuativi approvati e convenzionati alla previa verifica della cubatura disponibile di cui all’art. 6, l.r. n. 8/2004.
2.5. Si lamentava, in sintesi:
a) erronea applicazione dell’art. 6, l.r. n. 8/2004 e del c.d. decreto Floris ivi richiamato;
b) errata misurazione della lunghezza di costa;
c) violazione del procedimento previsto dalla circolare esplicativa n. 40/GAB del 3 febbraio 2005 per la determinazione dell’esistenza di eventuali volumi residui nelle zone F;
d) in subordine: illegittimità costituzionale della previsione della l.r. n. 8/2004 che dimezza la volumetria edificabile nelle zone F anche con riferimento a lottizzazioni già approvate e convenzionate per le quali sono state già completate le opere di urbanizzazione.
3. Il Tar adito, con la sentenza 12 novembre 2008 n. 1997:
a) ha riunito i due ricorsi;
b) ha respinto il ricorso rivolto contro il diniego di autorizzazione paesaggistica e contro il piano paesaggistico regionale, ritenendo, da un lato, che esiste una norma primaria regionale a fondamento della competenza del piano paesistico a prevedere misure di salvaguardia e che, dall’altro lato, non trovasse applicazione la deroga alle misure di salvaguardia, non essendovi, nell’ambito della lottizzazione Cala Giunco, opere di urbanizzazione legittimamente avviate;
c) ha dichiarato improcedibile il ricorso contro il diniego di concessione edilizia e gli atti presupposti, per difetto di interesse derivante dalla impossibilità di conseguire l’autorizzazione paesaggistica (per effetto del rigetto del ricorso avverso quest’ultima).
4. Ha proposto appello l’originaria ricorrente, con cui vengono riproposte le censure di cui al ricorso di primo grado e vengono mosse motivate critiche alla sentenza gravata, chiedendo altresì la sospensione dell’esecuzione della sentenza.
5. Nell’udienza fissata per l’esame della domanda cautelare (24 marzo 2009) la causa è stata rinviata al merito, poi fissato per l’udienza odierna (7 luglio 2009).
6. Si sono costituiti:
a) il Ministero per i beni e le attività culturali, con la Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici della Sardegna;
b) il Comune di Villasimius;
c) la Regione Sardegna.
7. Con l’atto di appello si ripropongono, anzitutto, le censure con cui si lamenta che il piano paesistico regionale non avrebbe avuto competenza a fissare misure di salvaguardia, per difetto di una norma primaria regionale che lo consentisse.
7.1. Si assume che la norma primaria invocata dalla sentenza del Tar Sardegna, e segnatamente l’art. 11, co. 8, l.r. n. 45/1989, sarebbe stato abrogato dalla l.r. n. 8/2004.
8. Il mezzo va, nel suo complesso, disatteso, e la sentenza va in parte qua confermata, ancorché con diversa motivazione.
8.1. Giova ricostruire il complesso quadro normativo di riferimento.
L’art. 11, l.r. n. 45/1989, oggetto di numerose modifiche legislative, nella versione ultima anteriore all’intervento di cui alla l.r. n. 8/2004 (di cui si dirà a breve), prevede che dalla data di adozione e fino all’approvazione del piano paesistico regionale trovano applicazione le misure di salvaguardia di cui alla l. 3 novembre 1952 n. 1902.
8.2. La l.r. 25 novembre 2004 n. 8 all’art. 2 dispone che <>. Segue un testo dell’art. 11, l.r. n. 45/1989, nel quale non vi è più la citata disposizione che richiama le misure di salvaguardia.
8.3. Secondo la sentenza del Tar, la l.r. n. 8/2004 avrebbe inteso non già sostituire integralmente l’art. 11, l.r. n. 45/1989, ma solo modificarlo limitatamente alla parte relativa alle procedure di redazione, adozione e approvazione del PPR, lasciando in vita la previsione relativa alle misure di salvaguardia. Tanto si desumerebbe anche dalla circostanza che l’art. 9, l.r. n. 8/2004, recante le abrogazioni, abroga espressamente gli artt. 10, 12 e 13, l.r. n. 45/1989, ma non l’art. 11 di tale legge.
8.4. Secondo parte appellante, l’art. 2, l.r. n. 8/2004, opera una integrale sostituzione dell’art. 11, l.r. n. 45/1989, sicché non può restare in vita uno spezzone di articolo non compreso nell’articolo come modificato.
Tanto si desumerebbe anche dal dato testuale dell’art. 2, l.r. n. 8/2004, secondo cui la modifica è riferita all’intero art. 11, e non solo ad una parte delle sue disposizioni (si dice che l’articolo è <>).
8.5. Il Collegio non può esimersi dallo stigmatizzare la cattiva tecnica utilizzata dal legislatore regionale, che viola i canoni di semplificazione normativa e chiarezza del linguaggio legislativo, e dunque il principio di ragionevole affidamento del cittadino.
Osserva, però, che secondo il dato testuale dell’art. 2, l.r. n. 8/2004, emerge l’intento di modificare l’intero art. 11, e non solo una parte di esso.
Pertanto, l’art. 2, l.r. n. 8/2004, nel riscrivere tra virgolette un testo dell’art. 11, l.r. n. 45/1989, lo sostituisce integralmente, e non solo in parte, come affermato dal Tar.
Pertanto, effettivamente l’art. 11, l.r. n. 45/1989, come riscritto dall’art. 2, l.r. n. 8/2004, si compone di soli cinque commi, e non contiene alcun riferimento a misure di salvaguardia da applicarsi nel periodo temporale che va dall’adozione all’approvazione del PPR.
8.6. Tuttavia, ad avviso del Collegio, questo non significa che manchi una norma primaria che fondi l’applicazione di misure di salvaguardia nel suddetto intervallo temporale.
Giova infatti osservare che poco prima della l.r. n. 8/2004 era entrato in vigore il d.lgs. statale n. 42/2004, recante il codice dei beni culturali e del paesaggio.
L’art. 144, co. 3, di tale codice, sin dalla sua originaria versione, stabiliva che <>.
Vi è dunque una norma primaria statale che consente ai piani paesaggistici, una volta affermatone il primato gerarchico rispetto ai piani urbanistici, di fissare norme di salvaguardia applicabili in attesa dell’adeguamento degli strumenti urbanistici rispetto alle previsioni dei piani paesaggistici.
8.7. Tale norma statale è applicabile nella regione Sardegna.
Va premesso che, nonostante la tutela del paesaggio rientri, ai sensi dell’art. 117 Cost., nella competenza legislativa statale esclusiva (Corte cost., 7 novembre 2007 n. 367), e che lo statuto della Regione Sardegna non contempli espressamente il paesaggio tra le materie di competenza legislativa regionale, la Corte costituzionale ha tuttavia riconosciuto, proprio in relazione alla l.r. n. 8/2004, la competenza della Regione Sardegna a legiferare in materia di paesaggio (Corte cost. 10 febbraio 2006 n. 51), fondandola sul decreto legislativo di attuazione dello statuto quanto al governo del territorio (segnatamente il d.P.R. 22 maggio 1975 n. 480), e riconducendola all’art. 3 dello statuto medesimo.
Afferma testualmente la Corte costituzionale: <>.
Tuttavia, la citata pronuncia della Corte, pur riconoscendo la competenza del legislatore regionale a intervenire in materia di tutela del paesaggio, afferma che tale competenza incontra i limiti di cui all’art. 3 dello statuto, e segnatamente il limite derivante dalle norme statali di <>.
Si afferma infatti testualmente: <>.
Si deve pertanto ritenere che il d.lgs. n. 42/2004 trovi applicazione nella regione Sardegna quanto alle norme di <>.
La regola contenuta nell’art. 144, d.lgs. n. 42/2004, secondo cui i piani paesistici prevedono misure di salvaguardia può senz’altro essere ritenuta una norma di riforma economico-sociale di diretta applicazione nella Regione Sardegna.
Tale ricostruzione trova conferma nella stessa l.r. n. 8/2004, che, varata dopo il d.lgs. n. 42/2004, lo richiama ripetutamente, quanto ai contenuti della pianificazione paesaggistica regionale.
La successione temporale (prima d.lgs. n. 42/2004, poi l.r. n. 8/2004) spiega anche perché il legislatore regionale nel 2004 abbia ritenuto di abrogare senza riproduzione una precedente norma regionale sulle misure di salvaguardia relative ai piani paesistici adottati; ciò in quanto era nel frattempo sopravvenuta una norma statale, di diretta applicazione nella Regione, che regolava appunto tali misure di salvaguardia.
8.8. Alla luce di tale ricostruzione, è l’art. 144, co. 3, d.lgs. n. 42/2004 che fonda il potere del PPR di prevedere misure di salvaguardia, e che dunque rende legittimo l’art. 15 delle nta del piano regionale, a tenore del quale sono precluse costruzioni negli ambiti di paesaggio costieri fino all’adeguamento degli strumenti urbanistici comunali alle previsioni del PPR.
9. Va disattesa, poi, la censura di genericità delle norme di salvaguardia contenute nel PPR perché riferite ad aree non determinate con precisione e per mancanza, nel piano, di una specifica normativa di uso del territorio.
Intanto la censura non può essere riferita all’intero PPR, per difetto di interesse, ma va riferita solo alla parte di piano incidente sull’area di proprietà della ricorrente.
Le misure di salvaguardia sono, in parte qua, riferite al paesaggio costiero e sono volte a compulsare le amministrazioni comunali ad adeguare i piani urbanistici, sicché si tratta di misure ragionevoli e sufficientemente determinate sul piano oggettivo.
10. Con l’ultimo profilo di censura relativa al diniego di autorizzazione paesaggistica, si osserva che ai sensi dell’art. 4, l.r. n. 8/2004 e dell’art. 15, nta del PPR, nelle zone F quale quella per cui è processo possono essere realizzati gli interventi previsti negli strumenti urbanistici attuativi purché approvati e con convenzione efficace alla data del 10 agosto 2004 e ricadenti nella fascia di 2000 metri dalla linea di battigia marina, purché a tale data siano legittimamente avviate le opere di urbanizzazione, nel senso che sua stati realizzato il reticolo stradale e si sia determinato un mutamento consistente ed irreversibile dello stato dei luoghi.
10.1. Si assume che nel caso di specie erroneamente il provvedimento impugnato e la sentenza del Tar riterrebbero che alla data del 10 agosto 2004 non fossero state legittimamente avviate le opere di urbanizzazione.
Si assume che è stato effettuato un verbale di sopralluogo da cui risultano tutte le opere di urbanizzazione realizzate.
Solo in grado di appello, si adducono elementi atti a dimostrare che le opere di urbanizzazione, oltre che anteriori al 10 agosto 2004, sarebbero state legittimamente avviate in virtù di atti di assenso pregressi, succedutisi nel tempo.
10.2. Osserva tuttavia la Sezione che l’art. 4, l.r. n. 8/2004 e l’art. 15, n.t.a., richiedono non solo che le opere di urbanizzazione siano state legittimamente avviate, ma anche che si sia determinato un mutamento consistente ed irreversibile dello stato dei luoghi; trattasi di presupposti concorrenti e non alternativi, sicché la mancanza anche di uno solo dei due presupposti impedisce l’applicazione del regime transitorio di deroga.
Il provvedimento di diniego di autorizzazione paesaggistica fonda il diniego non solo sul mancato avvio delle opere di urbanizzazione, ma anche sul rilievo che non risulta irreversibilmente modificato lo stato dei luoghi.
Il ricorso di primo grado, come anche l’atto di appello, si incentrano solo sulla questione del legittimo avvio di opere di urbanizzazione, ma nulla obiettano all’assunto del provvedimento secondo cui lo stato dei luoghi non è stato irreversibilmente modificato.
In difetto di censure sul punto, tale capo di provvedimento è inoppugnabile e idoneo, anche da solo, a fondare il diniego di autorizzazione.
11. Occorre, secondo quanto espressamente richiesto dall’appellante, esaminare le censure contenute nell’altro ricorso di primo grado, che il Tar ha ritenuto improcedibili per asserito difetto di interesse.
11.1. Anche tali censure, già sintetizzate, sono infondate.
Dispone l’art. 6, l.r. n. 8/2004, che il dimensionamento delle volumetrie degli insediamenti turistici ammissibili nelle zone F non deve essere superiore al 50 per cento di quello consentito con l'applicazione dei parametri massimi stabiliti per la suddetta zona dal Dec.Ass. 20 dicembre 1983, n. 2266/U dell'Assessore degli enti locali, finanze ed urbanistica (c.d. decreto Floris).
11.2. Parte appellante contesta il criterio di calcolo utilizzato dal Comune di Villasimius in ossequio ai rilievi regionali, secondo cui va calcolata la linea di costa escludendo le emergenze minori (isole e scogli).
11.3. Va anzitutto osservato che l’art. 6 della citata l.r. pone un limite massimo di volumetria assentibile, ma non impedisce ai Comuni di assentire una volumetria inferiore rispetto a quella massima assentibile.
Pertanto non è neppure impedito di adottare un criterio di lettura restrittivo del decreto Floris, avendo riguardo alla <> solo con riferimento alla costa effettivamente fruibile, che il decreto Floris indica come costa sabbiosa, senza computare le emergenze minori quali isole e scogli, che non sono effettivamente fruibili.
11.4. Inoltre, correttamente viene calcolata la volumetria sulla base della capacità insediativa massima calcolata sulla fruibilità ottimale del litorale (posti bagnanti per metro lineare di costa sabbiosa), e non con riferimento all’indice fondiario di 0,75 mc/mq. Infatti l’indice fondiario non riguarda la volumetria complessiva massima assentibile nell’intera zona F, ma la volumetria massima assentibile per ciascun lotto.
11.5. Sono infondate per genericità le censure articolate in prime cure riferite a presunti errori di calcolo commessi dal Comune di Villasimius nel misurare le coste sabbiose, atteso che non vengono forniti elementi atti a dimostrare l’errore di calcolo e l’effettiva diversità dello stato dei luoghi.
11.6. Va disattesa la censura di violazione, nel procedimento di ricognizione della volumetria assentibile, delle regole dettate da una circolare. E’ noto, infatti, che le circolari non contengono (non possono contenere) disposizioni vincolanti.
11.7. Vanno infine disattese per manifesta infondatezza le censure di illegittimità costituzionale della l.r. n. 8/2004 sotto il profilo che il dimezzamento delle volumetrie assentibili nelle zone F, anche per le lottizzazioni in corso, violerebbe gli artt. 3, 9, 41, 42, 97 e 118 Cost.
Infatti la previsione regionale, di particolare rigore, trova piena giustificazione nell’esigenza di salvaguardare un paesaggio di incomparabile bellezza, che ha già subito attentati a causa della propensione italica ad una edificazione indiscriminata.
Nella valutazione comparativa di contrapposti interessi, quello generale alla salvaguardia del paesaggio, anche a tutela delle generazioni future, e quello individuale e imprenditoriale allo sviluppo degli insediamenti turistici, trova piena legittimità costituzionale la previsione regionale, estesa anche alle lottizzazioni in corso.
12. Per quanto esposto l’appello va respinto.
La complessità delle questioni giustifica la integrale compensazione delle spese di lite.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione VI), definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo respinge.
Spese del grado compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 7 luglio 2009 con l'intervento dei Magistrati:
Giovanni Ruoppolo, Presidente
Paolo Buonvino, Consigliere
Rosanna De Nictolis, Consigliere, Estensore
Maurizio Meschino, Consigliere
Roberto Chieppa, Consigliere
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
N. 01689/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
DECISIONE
Sul ricorso numero di registro generale 1689 del 2009, proposto da:
Cala Giunco s.r.l., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avvocati Massimo Massa, Marcello Molè, Marcello Vignolo, con domicilio eletto presso Marcello Molè in Roma, via della Farnesina, n. 272;
contro
Ministero per i beni e le attività culturali, Soprintendenza Bapsae Prov. di Cagliari e Oristano, in persona del Ministro in carica, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso cui per legge domiciliano, in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
Regione Autonoma della Sardegna, in persona del presidente in carica, rappresentata e difesa dall'avvocato Gian Piero Contu, domiciliata in Roma, via Lucullo, n. 24;
Comune di Villasimius, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentato e difeso dall'avvocato Roberto Candio, con domicilio eletto presso Nicola Giancaspro in Roma, via Postumia, n. 1;
per la riforma
della sentenza del Tar Sardegna – Cagliari, sez. II, n. 01997/2008, resa tra le parti.
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione delle amministrazioni appellate;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 luglio 2009 il consigliere Rosanna De Nictolis e uditi per l’appellante gli avvocati Molé e Vignolo, per le amministrazioni statali l’avvocato dello Stato F Tortora, per la Regione Sardegna l’avv. Contu e per il Comune di Villasimius l’avv. Candio;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
1. Il presente contenzioso costituisce l’epilogo di una vicenda ultratrentennale relativa ad un piano di lottizzazione nel territorio costiero del Comune di Villa Simius, in zona F, denominato piano <
Le vicende precedenti ai fatti di causa, sebbene puntualmente richiamate da parte ricorrente, verranno indicate solo nei limiti in cui hanno effettiva rilevanza per l’attuale contenzioso.
1.1. Dopo l’approvazione del piano di lottizzazione in questione è entrata in vigore la l.r. 25 novembre 2004 n. 8.
Nel vigore di tale legge, la società odierna appellante ha chiesto alla Regione Sardegna l’autorizzazione paesaggistica per la realizzazione di opere di urbanizzazione.
Nel silenzio della Regione, la società ha chiesto l’intervento sostitutivo della competente Soprintendenza statale, che, con provvedimento 27 giugno 2006 n. 52 ha negato l’autorizzazione paesaggistica, con la seguente motivazione: <
1.2. La società ha pertanto proposto un primo ricorso di primo grado con cui ha impugnato:
a) il citato provvedimento n. 52/2006 recante diniego dell’autorizzazione paesaggistica;
b) la delibera di giunta regionale n. 22/3 del 24 maggio 2006 recante adozione del piano paesaggistico regionale;
c) il decreto del presidente della Regione Sardegna n. 46 del 24 maggio 2006 con cui è stata disposta la pubblicazione del piano paesistico.
1.3. Con il ricorso ha, in sintesi, lamentato:
a) il decorso dei termini per le misure di salvaguardia ex lege previste dall’art. 3, l.r. n. 8/2004;
b) l’illegittima estensione, da parte del piano paesistico, delle misure di salvaguardia previste dalla citata legge regionale oltre i termini ivi previsti;
c) l’inesistenza di altre norme primarie idonee a fondare la competenza del piano paesistico a prevedere misure di salvaguardia;
d) l’applicabilità, comunque, del regime di deroga alle misure di salvaguardia previsto dalla stessa l.r. n. 8/2004, essendo già state realizzate le opere di urbanizzazione.
2. La società odierna appellante avviava un distinto procedimento presso il Comune di Villa Simius, finalizzato all’ottenimento della concessione edilizia.
Allo scopo, occorreva che il Comune procedesse, previamente, all’accertamento della volumetria complessiva massima assentibile nella zona F, ai sensi dell’art. 6, l.r. n. 8/2004, al fine di stabilire se vi fosse residua volumetria non ancora utilizzata, e se fossero dunque ancora rilasciabili concessioni edilizie.
2.1. Il Comune effettuava un primo accertamento, con i criteri prescritti dalla legislazione regionale, da cui risultava una residua volumetria non ancora utilizzata.
2.2. Tuttavia la Regione segnalava un errore di calcolo, osservando che andava conteggiata la sola linea di costa escludendo le emergenze minori quali isole e scogli.
2.3. Il Comune rettificava il calcolo secondo le indicazioni regionali, e dal nuovo conteggio emergeva il superamento della capacità insediativa massima nelle zone turistiche F, con conseguente impossibilità di rilascio della concessione edilizia alla società odierna appellante.
2.4. Di qui un secondo ricorso al Tar Sardegna, avente ad oggetto:
a) la nota prot. 2 febbraio 2007 n. 1885 con cui il Comune di Villasimius ha comunicato l’impossibilità di rilasciare concessione edilizia per il completamento del piano di lottizzazione Cala Giunco <
b) la deliberazione del consiglio comunale di Villasimius 19 gennaio 2007 n. 2 con cui è stato approvato l’atto di <
c) la nota 28 febbraio 2006 n. 19662/DG con cui l’assessorato regionale competente ha invitato il comune di Villasimius a rettificare il calcolo dell’estensione costiera prendendo in considerazione la sola linea di costa ed escludendo tutte le emergenze minori – isole e scogli;
d) la delibera di giunta regionale 5 settembre 2006 n. 36/7 con cui è stato approvato il piano paesistico regionale, nella parte in cui condiziona il completamento dei piani attuativi approvati e convenzionati alla previa verifica della cubatura disponibile di cui all’art. 6, l.r. n. 8/2004.
2.5. Si lamentava, in sintesi:
a) erronea applicazione dell’art. 6, l.r. n. 8/2004 e del c.d. decreto Floris ivi richiamato;
b) errata misurazione della lunghezza di costa;
c) violazione del procedimento previsto dalla circolare esplicativa n. 40/GAB del 3 febbraio 2005 per la determinazione dell’esistenza di eventuali volumi residui nelle zone F;
d) in subordine: illegittimità costituzionale della previsione della l.r. n. 8/2004 che dimezza la volumetria edificabile nelle zone F anche con riferimento a lottizzazioni già approvate e convenzionate per le quali sono state già completate le opere di urbanizzazione.
3. Il Tar adito, con la sentenza 12 novembre 2008 n. 1997:
a) ha riunito i due ricorsi;
b) ha respinto il ricorso rivolto contro il diniego di autorizzazione paesaggistica e contro il piano paesaggistico regionale, ritenendo, da un lato, che esiste una norma primaria regionale a fondamento della competenza del piano paesistico a prevedere misure di salvaguardia e che, dall’altro lato, non trovasse applicazione la deroga alle misure di salvaguardia, non essendovi, nell’ambito della lottizzazione Cala Giunco, opere di urbanizzazione legittimamente avviate;
c) ha dichiarato improcedibile il ricorso contro il diniego di concessione edilizia e gli atti presupposti, per difetto di interesse derivante dalla impossibilità di conseguire l’autorizzazione paesaggistica (per effetto del rigetto del ricorso avverso quest’ultima).
4. Ha proposto appello l’originaria ricorrente, con cui vengono riproposte le censure di cui al ricorso di primo grado e vengono mosse motivate critiche alla sentenza gravata, chiedendo altresì la sospensione dell’esecuzione della sentenza.
5. Nell’udienza fissata per l’esame della domanda cautelare (24 marzo 2009) la causa è stata rinviata al merito, poi fissato per l’udienza odierna (7 luglio 2009).
6. Si sono costituiti:
a) il Ministero per i beni e le attività culturali, con la Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici della Sardegna;
b) il Comune di Villasimius;
c) la Regione Sardegna.
7. Con l’atto di appello si ripropongono, anzitutto, le censure con cui si lamenta che il piano paesistico regionale non avrebbe avuto competenza a fissare misure di salvaguardia, per difetto di una norma primaria regionale che lo consentisse.
7.1. Si assume che la norma primaria invocata dalla sentenza del Tar Sardegna, e segnatamente l’art. 11, co. 8, l.r. n. 45/1989, sarebbe stato abrogato dalla l.r. n. 8/2004.
8. Il mezzo va, nel suo complesso, disatteso, e la sentenza va in parte qua confermata, ancorché con diversa motivazione.
8.1. Giova ricostruire il complesso quadro normativo di riferimento.
L’art. 11, l.r. n. 45/1989, oggetto di numerose modifiche legislative, nella versione ultima anteriore all’intervento di cui alla l.r. n. 8/2004 (di cui si dirà a breve), prevede che dalla data di adozione e fino all’approvazione del piano paesistico regionale trovano applicazione le misure di salvaguardia di cui alla l. 3 novembre 1952 n. 1902.
8.2. La l.r. 25 novembre 2004 n. 8 all’art. 2 dispone che <
8.3. Secondo la sentenza del Tar, la l.r. n. 8/2004 avrebbe inteso non già sostituire integralmente l’art. 11, l.r. n. 45/1989, ma solo modificarlo limitatamente alla parte relativa alle procedure di redazione, adozione e approvazione del PPR, lasciando in vita la previsione relativa alle misure di salvaguardia. Tanto si desumerebbe anche dalla circostanza che l’art. 9, l.r. n. 8/2004, recante le abrogazioni, abroga espressamente gli artt. 10, 12 e 13, l.r. n. 45/1989, ma non l’art. 11 di tale legge.
8.4. Secondo parte appellante, l’art. 2, l.r. n. 8/2004, opera una integrale sostituzione dell’art. 11, l.r. n. 45/1989, sicché non può restare in vita uno spezzone di articolo non compreso nell’articolo come modificato.
Tanto si desumerebbe anche dal dato testuale dell’art. 2, l.r. n. 8/2004, secondo cui la modifica è riferita all’intero art. 11, e non solo ad una parte delle sue disposizioni (si dice che l’articolo è <
8.5. Il Collegio non può esimersi dallo stigmatizzare la cattiva tecnica utilizzata dal legislatore regionale, che viola i canoni di semplificazione normativa e chiarezza del linguaggio legislativo, e dunque il principio di ragionevole affidamento del cittadino.
Osserva, però, che secondo il dato testuale dell’art. 2, l.r. n. 8/2004, emerge l’intento di modificare l’intero art. 11, e non solo una parte di esso.
Pertanto, l’art. 2, l.r. n. 8/2004, nel riscrivere tra virgolette un testo dell’art. 11, l.r. n. 45/1989, lo sostituisce integralmente, e non solo in parte, come affermato dal Tar.
Pertanto, effettivamente l’art. 11, l.r. n. 45/1989, come riscritto dall’art. 2, l.r. n. 8/2004, si compone di soli cinque commi, e non contiene alcun riferimento a misure di salvaguardia da applicarsi nel periodo temporale che va dall’adozione all’approvazione del PPR.
8.6. Tuttavia, ad avviso del Collegio, questo non significa che manchi una norma primaria che fondi l’applicazione di misure di salvaguardia nel suddetto intervallo temporale.
Giova infatti osservare che poco prima della l.r. n. 8/2004 era entrato in vigore il d.lgs. statale n. 42/2004, recante il codice dei beni culturali e del paesaggio.
L’art. 144, co. 3, di tale codice, sin dalla sua originaria versione, stabiliva che <
Vi è dunque una norma primaria statale che consente ai piani paesaggistici, una volta affermatone il primato gerarchico rispetto ai piani urbanistici, di fissare norme di salvaguardia applicabili in attesa dell’adeguamento degli strumenti urbanistici rispetto alle previsioni dei piani paesaggistici.
8.7. Tale norma statale è applicabile nella regione Sardegna.
Va premesso che, nonostante la tutela del paesaggio rientri, ai sensi dell’art. 117 Cost., nella competenza legislativa statale esclusiva (Corte cost., 7 novembre 2007 n. 367), e che lo statuto della Regione Sardegna non contempli espressamente il paesaggio tra le materie di competenza legislativa regionale, la Corte costituzionale ha tuttavia riconosciuto, proprio in relazione alla l.r. n. 8/2004, la competenza della Regione Sardegna a legiferare in materia di paesaggio (Corte cost. 10 febbraio 2006 n. 51), fondandola sul decreto legislativo di attuazione dello statuto quanto al governo del territorio (segnatamente il d.P.R. 22 maggio 1975 n. 480), e riconducendola all’art. 3 dello statuto medesimo.
Afferma testualmente la Corte costituzionale: <
Tuttavia, la citata pronuncia della Corte, pur riconoscendo la competenza del legislatore regionale a intervenire in materia di tutela del paesaggio, afferma che tale competenza incontra i limiti di cui all’art. 3 dello statuto, e segnatamente il limite derivante dalle norme statali di <
Si afferma infatti testualmente: <>.
Si deve pertanto ritenere che il d.lgs. n. 42/2004 trovi applicazione nella regione Sardegna quanto alle norme di <
La regola contenuta nell’art. 144, d.lgs. n. 42/2004, secondo cui i piani paesistici prevedono misure di salvaguardia può senz’altro essere ritenuta una norma di riforma economico-sociale di diretta applicazione nella Regione Sardegna.
Tale ricostruzione trova conferma nella stessa l.r. n. 8/2004, che, varata dopo il d.lgs. n. 42/2004, lo richiama ripetutamente, quanto ai contenuti della pianificazione paesaggistica regionale.
La successione temporale (prima d.lgs. n. 42/2004, poi l.r. n. 8/2004) spiega anche perché il legislatore regionale nel 2004 abbia ritenuto di abrogare senza riproduzione una precedente norma regionale sulle misure di salvaguardia relative ai piani paesistici adottati; ciò in quanto era nel frattempo sopravvenuta una norma statale, di diretta applicazione nella Regione, che regolava appunto tali misure di salvaguardia.
8.8. Alla luce di tale ricostruzione, è l’art. 144, co. 3, d.lgs. n. 42/2004 che fonda il potere del PPR di prevedere misure di salvaguardia, e che dunque rende legittimo l’art. 15 delle nta del piano regionale, a tenore del quale sono precluse costruzioni negli ambiti di paesaggio costieri fino all’adeguamento degli strumenti urbanistici comunali alle previsioni del PPR.
9. Va disattesa, poi, la censura di genericità delle norme di salvaguardia contenute nel PPR perché riferite ad aree non determinate con precisione e per mancanza, nel piano, di una specifica normativa di uso del territorio.
Intanto la censura non può essere riferita all’intero PPR, per difetto di interesse, ma va riferita solo alla parte di piano incidente sull’area di proprietà della ricorrente.
Le misure di salvaguardia sono, in parte qua, riferite al paesaggio costiero e sono volte a compulsare le amministrazioni comunali ad adeguare i piani urbanistici, sicché si tratta di misure ragionevoli e sufficientemente determinate sul piano oggettivo.
10. Con l’ultimo profilo di censura relativa al diniego di autorizzazione paesaggistica, si osserva che ai sensi dell’art. 4, l.r. n. 8/2004 e dell’art. 15, nta del PPR, nelle zone F quale quella per cui è processo possono essere realizzati gli interventi previsti negli strumenti urbanistici attuativi purché approvati e con convenzione efficace alla data del 10 agosto 2004 e ricadenti nella fascia di 2000 metri dalla linea di battigia marina, purché a tale data siano legittimamente avviate le opere di urbanizzazione, nel senso che sua stati realizzato il reticolo stradale e si sia determinato un mutamento consistente ed irreversibile dello stato dei luoghi.
10.1. Si assume che nel caso di specie erroneamente il provvedimento impugnato e la sentenza del Tar riterrebbero che alla data del 10 agosto 2004 non fossero state legittimamente avviate le opere di urbanizzazione.
Si assume che è stato effettuato un verbale di sopralluogo da cui risultano tutte le opere di urbanizzazione realizzate.
Solo in grado di appello, si adducono elementi atti a dimostrare che le opere di urbanizzazione, oltre che anteriori al 10 agosto 2004, sarebbero state legittimamente avviate in virtù di atti di assenso pregressi, succedutisi nel tempo.
10.2. Osserva tuttavia la Sezione che l’art. 4, l.r. n. 8/2004 e l’art. 15, n.t.a., richiedono non solo che le opere di urbanizzazione siano state legittimamente avviate, ma anche che si sia determinato un mutamento consistente ed irreversibile dello stato dei luoghi; trattasi di presupposti concorrenti e non alternativi, sicché la mancanza anche di uno solo dei due presupposti impedisce l’applicazione del regime transitorio di deroga.
Il provvedimento di diniego di autorizzazione paesaggistica fonda il diniego non solo sul mancato avvio delle opere di urbanizzazione, ma anche sul rilievo che non risulta irreversibilmente modificato lo stato dei luoghi.
Il ricorso di primo grado, come anche l’atto di appello, si incentrano solo sulla questione del legittimo avvio di opere di urbanizzazione, ma nulla obiettano all’assunto del provvedimento secondo cui lo stato dei luoghi non è stato irreversibilmente modificato.
In difetto di censure sul punto, tale capo di provvedimento è inoppugnabile e idoneo, anche da solo, a fondare il diniego di autorizzazione.
11. Occorre, secondo quanto espressamente richiesto dall’appellante, esaminare le censure contenute nell’altro ricorso di primo grado, che il Tar ha ritenuto improcedibili per asserito difetto di interesse.
11.1. Anche tali censure, già sintetizzate, sono infondate.
Dispone l’art. 6, l.r. n. 8/2004, che il dimensionamento delle volumetrie degli insediamenti turistici ammissibili nelle zone F non deve essere superiore al 50 per cento di quello consentito con l'applicazione dei parametri massimi stabiliti per la suddetta zona dal Dec.Ass. 20 dicembre 1983, n. 2266/U dell'Assessore degli enti locali, finanze ed urbanistica (c.d. decreto Floris).
11.2. Parte appellante contesta il criterio di calcolo utilizzato dal Comune di Villasimius in ossequio ai rilievi regionali, secondo cui va calcolata la linea di costa escludendo le emergenze minori (isole e scogli).
11.3. Va anzitutto osservato che l’art. 6 della citata l.r. pone un limite massimo di volumetria assentibile, ma non impedisce ai Comuni di assentire una volumetria inferiore rispetto a quella massima assentibile.
Pertanto non è neppure impedito di adottare un criterio di lettura restrittivo del decreto Floris, avendo riguardo alla <
11.4. Inoltre, correttamente viene calcolata la volumetria sulla base della capacità insediativa massima calcolata sulla fruibilità ottimale del litorale (posti bagnanti per metro lineare di costa sabbiosa), e non con riferimento all’indice fondiario di 0,75 mc/mq. Infatti l’indice fondiario non riguarda la volumetria complessiva massima assentibile nell’intera zona F, ma la volumetria massima assentibile per ciascun lotto.
11.5. Sono infondate per genericità le censure articolate in prime cure riferite a presunti errori di calcolo commessi dal Comune di Villasimius nel misurare le coste sabbiose, atteso che non vengono forniti elementi atti a dimostrare l’errore di calcolo e l’effettiva diversità dello stato dei luoghi.
11.6. Va disattesa la censura di violazione, nel procedimento di ricognizione della volumetria assentibile, delle regole dettate da una circolare. E’ noto, infatti, che le circolari non contengono (non possono contenere) disposizioni vincolanti.
11.7. Vanno infine disattese per manifesta infondatezza le censure di illegittimità costituzionale della l.r. n. 8/2004 sotto il profilo che il dimezzamento delle volumetrie assentibili nelle zone F, anche per le lottizzazioni in corso, violerebbe gli artt. 3, 9, 41, 42, 97 e 118 Cost.
Infatti la previsione regionale, di particolare rigore, trova piena giustificazione nell’esigenza di salvaguardare un paesaggio di incomparabile bellezza, che ha già subito attentati a causa della propensione italica ad una edificazione indiscriminata.
Nella valutazione comparativa di contrapposti interessi, quello generale alla salvaguardia del paesaggio, anche a tutela delle generazioni future, e quello individuale e imprenditoriale allo sviluppo degli insediamenti turistici, trova piena legittimità costituzionale la previsione regionale, estesa anche alle lottizzazioni in corso.
12. Per quanto esposto l’appello va respinto.
La complessità delle questioni giustifica la integrale compensazione delle spese di lite.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione VI), definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo respinge.
Spese del grado compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 7 luglio 2009 con l'intervento dei Magistrati:
Giovanni Ruoppolo, Presidente
Paolo Buonvino, Consigliere
Rosanna De Nictolis, Consigliere, Estensore
Maurizio Meschino, Consigliere
Roberto Chieppa, Consigliere
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE