Cass. Sez. III n. 50336 del 28 novembre 2016 (CC 5 lug 2016)
Pres. Amoresano Est.Rosi Imp. Del Gaizo
Beni Ambientali.Sequestro preventivo di struttura abusiva ultimata

In tema di sequestro preventivo di manufatti abusivi realizzati in zona soggetta a vincolo paesaggistico-ambientale, il "periculum in mora" non può essere desunto solo dalla esistenza ed entità delle opere ultimate, essendo invece necessario dimostrare che l'effettiva disponibilità materiale o giuridica delle stesse, da parte del soggetto indagato o di terzi, possa ulteriormente pregiudicare il bene protetto dal vincolo, sulla base di un accertamento da parte del giudice circa l'incidenza degli abusi sulle diverse matrici ambientali ovvero il loro impatto sulle zone oggetto di particolare tutela.




RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di Salerno, con ordinanza del 20 novembre 2015, ha rigettato la richiesta di riesame proposta da Del Gaizo Gennaro, indagato del reato p. e p. dall'art. 44 , lett. c) D.P.R n. 380 del 2001 e l'art. 181 c. 1 bis del d.lgs. n. 42 del 2004, fatto accertato in Praiano in epoca prossima e antecedente al 16 maggio 2013, in riferimento ad un immobile come descritto nell'imputazione del provvedimento di sequestro preventivo del 20 ottobre 2015 (realizzato presso un manufatto di proprietà del ricorrente adibito ad attività di B&B, in zona vincolata paesaggisticamente e dichiarata con DM 1987 di notevole interesse pubblico), ritenendo sussistente il fumus del reato urbanistico (quantomeno in riferimento all'ampliamento senza permesso di costruire di 26 mq dell'appartamento sito al primo piano), ma anche il fumus del reato paesaggistico, per la mancanza di autorizzazione paesaggistica e la sussistenza del periculum in mora relativo al reato di cui all'art. 181 c. 1 d.lgs n. 42 del 2004, che di fronte ad un manufatto realizzato ed ultimato in assenza di tale autorizzazione impone il sequestro allo scopo di inibirne l'uso.
2. Il ricorrente, per il tramite del proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione chiedendo l'annullamento del provvedimento, deducendo la seguente doglianza:
Motivazione erronea ed insufficiente in violazione dell'art. 321 c.p.p. e delle disposizioni del D.P.R. n. 380 del 2001, nonchè del D.Lgs n. 42 del 2004, artt. 149 e 181. Difetto di motivazione, travisamento dei fatti e carenza istruttoria. Innanzitutto gli interventi effettuati rappresenterebbero dei manufatti rientranti nella nozione di attività di manutenzione ordinaria del D.P.R. n. 380 del 2001, ex art. 3, per cui sarebbe errata la qualificazione giuridica; inoltre difetta per gli stessi il requisito del periculum in mora, che il Tribunale del riesame ha considerato sussistente sulla considerazione del fatto che il solo uso fosse idoneo a continuare ad alterare l'ecosistema tutelato con il vincolo paesaggistico. Infatti lo stesso G.I.P. ha ritenuto risalente nel tempo l'esecuzione delle opere (in epoca successiva al 9 settembre 2008, ma precedente al 21 giugno 2013), per cui risulterebbe maturata la prescrizione per tutti i reati contestati, anche il delitto di cui al D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181 bis, prescrizione sulla quale i giudici del riesame non avrebbero avuto certezza, per cui avrebbero determinato il momento consumativo al (OMISSIS), in concomitanza con la presentazione della SCIA da parte del D.G.. Tale assunto sarebbe errato in quanto la SCIA in oggetto ha valore commerciale per l'esercizio dell'attività di B&B. I giudici non hanno chiarito in che modo gli interventi attuati avrebbero recato offesa al territorio ed all'equilibrio ambientale, non potendosi ipotizzare con tale ampliamento un aumento del carico urbanistico.
3. Con successiva memoria, in data 23 giugno 2016, il difensore del ricorrente, Avv. Andrea Di Lieto, ha rappresentato che a seguito della sentenza n. 56 del 23 marzo 2016, la Corte Costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale di parte del disposto del D.Lgs n. 42 del 2004, art. 181 comma 1-bis, con conseguente incisione nella fattispecie ascritta al ricorrente, per cui tutti i reati ascritti al ricorrente sono di certo prescritti; ed ha così insistito per l'annullamento del provvedimento con rinvio al Tribunale di Salerno affinchè possa valutare gli effetti di tale sentenza nel caso di specie.

DIRITTO

1. Premesso che il ricorso per cassazione contro le ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli "errores in iudicando" o "in procedendo", sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l'apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l'itinerario logico seguito dal giudice. (così, Sez. 6, n. 6589 del 10/1/2013, Gabriele, Rv. 254893, SSUU., n. 25932 del 26 giugno 2008, Ivanov, Rv. 239692). Occorre anche sottolineare che la qualificazione della legittimità dell'imposizione del vincolo sulla res è tema di valutazione da parte del Collegio del riesame che deve controllare la persistenza delle ragioni giustificanti il mantenimento della misura cautelare reale, a seguito delle deduzioni avanzate con l'impugnazione, tenuto conto del rispetto dei principi di adeguatezza, proporzionalità e graduazione dettati dall'art. 275 c.p.p. "al fine di evitare un'esasperata compressione del diritto di proprietà e di libera iniziativa economica privata", sempre che tale sproporzione sia facilmente riscontrabile, sulla base dei motivi e dei documenti, insuscettibili di approfondimento, addotti dalle parti nel corso dell'udienza, ovvero che dipenda da modifiche legislative intervenute nel frattempo.
2. Orbene, nel caso di specie, è condivisibile la valutazione del Collegio che ha respinto la asserita estinzione del reato edilizio (e paesaggistico) per il decorso del termini prescrizionali, in quanto rispondente a principi di diritto consolidati, che non consentono nella fase delle indagini preliminari di trasferire le eventuali incertezze in ordine al tempus commissi delicti innanzi al giudice del riesame, al fine di ottenere un'anticipata piena cognitio sul punto, salvo che tale determinazione non emerga con solare evidenza dagli atti trasmessi al Tribunale del riesame. Pertanto, allo stato nessuna incidenza in questa sede può avere la declaratoria di illegittimità costituzionale del disposto di cui all'art. 181, comma 1-bis, richiamata nella memoria, posto che non emerge con chiarezza la data di commissione del reato.
3. Di contro, ritiene questo Collegio discutibile l'adesione da parte del Tribunale di Salerno ad un indirizzo giurisprudenziale, peraltro di minoranza, che ammette la presunzione del requisito del periculum in mora, laddove la realizzazione della struttura abusiva incida in zona a tutela paesaggistica. Deve infatti essere innanzitutto ribadito il principio che la sussistenza dei requisiti per disporre la misura cautelare reale di cui all'art. 321 c.p.p., comma 1, non può mai essere presunta, nè in relazione al fumus delicti, nè quanto al periculum in mora, dovendo l'autorità giudiziaria fornire motivata ragione del vincolo reale apposto, quanto alla sussistenza degli indici di reato e delle esigenze cautelari, ossia del pericolo, concreto ed attuale, che la libera disponibilità della cosa pertinente al reato posta in sequestro possa aggravare o protrarre le conseguenze di esso.
4. La giurisprudenza di legittimità più recente ha fornito, del resto, essenziali indicazioni in questa ottica proprio in riferimento ai reati paesaggistici: è stato sottolineato che la mera esistenza di una struttura abusiva ultimata "non integra i requisiti della concretezza ed attualità del pericolo, in assenza di ulteriori elementi idonei a dimostrare che la disponibilità della stessa, da parte del soggetto indagato o di terzi, possa implicare una effettiva lesione dell'ambiente e del paesaggio " (sez. 3, n. 48958 del 13/10/2015, Giordano, Rv. 266011; Sez. 3, n. 40486 del 27/10/2010, Pm in proc. Petrina e altro, Rv. 248701, che ha precisato che "l'esclusione dell'idoneità dell'uso della cosa a deteriorare ulteriormente l'ecosistema, protetto dal vincolo, deve formare oggetto di un esame particolarmente approfondito"; principio di recente ribadito da Sez. 3, n. 35456 del 24/8/2016, Forino, non mass.)
5. Va pertanto riaffermato il principio che per valutare il periculum in mora il giudice consideri non solo l'entità delle opere realizzate, ma l'incidenza delle stesse nelle diverse matrici ambientali ovvero il loro impatto nelle zone oggetto di particolare tutela paesaggistica-ambientale. E' infatti assodato che rientrano, ad esempio, nelle aree tutelate paesaggisticamente, ai sensi del D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 142, comma 1, lett. f), le aree naturali protette (SIC e ZPS). L'elenco dei beni così tutelati per legge, in forza della citata disposizione normativa, comprende poi: a) i territori costieri compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia, anche per i terreni elevati sul mare; b) i territori con-termini ai laghi compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia, anche per i territori elevati sui laghi; c) i fiumi, i torrenti, i corsi d'acqua iscritti negli elenchi previsti dal testo unico delle disposizioni di legge sulle acque ed impianti elettrici, approvato con R.D. 11 dicembre 1933, n. 1775, e le relative sponde o piedi degli argini per una fascia di 150 metri ciascuna; d) le montagne per la parte eccedente 1.600 metri sul livello del mare per la catena alpina e 1.200 metri sul livello del mare per la catena appenninica e per le isole; e) i ghiacciai e i circhi glaciali; f) i parchi e le riserve nazionali o regionali, nonchè i territori di protezione esterna dei parchi;
g) i territori coperti da foreste e da boschi, ancorchè percorsi o danneggiati dal fuoco, e quelli sottoposti a vincolo di rimboschimento, come definiti dal D.Lgs. 18 maggio 2001, n. 227, art. 2, commi 2 e 6; h) le aree assegnate alle università agrarie e le zone gravate da usi civici; i) le zone umide incluse nell'elenco previsto dal D.P.R. 13 marzo 1976, n. 448; l) i vulcani; m) le zone di interesse archeologico.
6. Risulta con ciò evidente che l'ambito di tutela del D.Lgs. n. 42 del 2004 ha delle peculiarità di carattere esclusivamente "nazionale", rispetto alla normativa del c.d. Codice dell'ambiente ed alla legislazione di tutela dell'ambiente (anche mediante lo strumento del diritto penale), la quale costituisce attuazione della normativa europea - come del resto espressamente indicato nella sentenza della Corte di Giustizia del 6 marzo 2014 (causa C- 206/13), che ha escluso la riconducibilità della legge italiana di protezione del paesaggio all'ambito della disciplina comunitaria afferente l'ambiente. La legge menzionata, infatti, tutela sia il paesaggio in senso stretto, che l'ecosistema: si può infatti ravvisare un profilo di stretta tutela ambientale anche in riferimento alle zone sottoposte a vincolo c.d. paesaggistico, tutte le volte in cui si sia verificata un'incidenza dell'intervento edilizio, o di trasformazione del territorio, sui beni sopraindicati (quale conseguenza, ad esempio, del consumo del suolo, dell'invasione dei perimetri fluviali e dell'erosione delle zone costiere e delle sempre più limitate aree boschive). Tale incidenza deve avere rilievo non solo quando si sia verificato un evento di danno, ossia un nocumento, una lesione effettiva del bene sottoposto a vincolo paesaggistico, ma anche nel caso di cui ne derivi un nocumento potenziale, considerata la situazione fattuale concreta, come accertata, ovvero come risultante allo stato delle indagini nel caso in cui la verifica debba essere operata in sede cautelare.
7. Quanto rilevato comporta, di per sè, l'annullamento dell'ordinanza impugnata, risultando la stessa non fornita di motivazione specifica sulla valutazione circa il permanere della lesività della struttura abusiva già completata, sotto il profilo, quanto meno, del pericolo concreto per il paesaggio e/o ecosistema, ossia quanto ad incidenza nel paesaggio, ovvero nell'ecosistema specifico della zona sottoposta a tutela paesaggistica.
8. A tale proposito, va evidenziato che un giudizio di sussistenza del periculum in mora non può essere ancorato, in via semplicistica, al mancato completamento dell'intervento edilizio o di trasformazione del territorio, e quindi all'incidenza dell'opera nel paesaggio, inteso come forma visibile del territorio, ma deve piuttosto essere considerata la "compromissione ambientale", in relazione alle matrici ambientali interessate ed alle specifiche aree tutelate, compromissione che potrebbe essere ritenuta comunque sussistente non solo nel caso di opera già realizzata, ma anche nel caso di interventi edilizi di minore consistenza, i quali, qualora non superino le soglie volumetriche indicate non risultano più inclusi nella più grave ipotesi delittuosa di cui all'art. 181, comma 1-bis, proprio in virtù del pronunciamento del Giudice delle L. n. 56 del 2016. Il rilievo conferma il principio che le nozioni di stretta pertinenza della disciplina edilizia ed urbanistica (quali "superficie utile" o "volumetria realizzata", e quindi "carico urbanistico") non possono connotare, per ciò solo, anche il giudizio sui requisiti del periculum in mora, afferente la compromissione ambientale e paesaggistica. Di conseguenza, l'ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio al Tribunale di Salerno per nuovo esame sul punto.

PQM

Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia al Tribunale di Salerno.
Così deciso in Roma, il 5 luglio 2016.