Cass. Sez. III n.26577 del 26 giugno 2009 (Ud. 20 mag. 2009)
Pres. De Maio Est. Franco Ric. Pannofino
Beni ambientali. Esercizio della caccia in aree protette (elemento soggettivo)

E’ corretta la decisione con la quale una corte d’appello ha escluso la rilevanza della mancata presenza di recinzioni, segnali o tabelle delimitanti unì’area protetta ed ha altresì escluso che l’eventuale errore in cui, secondo la difesa, sarebbe caduto l’imputato potesse considerarsi inevitabile, e quindi incolpevole, in quanto l’indicazione dell’area protetta con l’allegata planimetria dei luoghi era stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale, sicché l’imputato, intendendo esercitare l’attività venatoria, era tenuto a prenderne previamente conoscenza, con la conseguenza che sarebbe in ogni caso ravvisabile un suo comportamento colposo, sufficiente per integrare l’elemento psicologico del reato, nel non essersi doverosamente accertato dell’esistenza e dell’estensione dell’area protetta prima di intraprendere l’attività.

UDIENZA 20.05.2009

SENTENZA N. 1103

REG. GENERALE n.5761/09


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale



Composta dagli Ill.mi Signori


Dott. Guido De Maio Presidente
Dott. Alfredo Teresi Consigliere
Dott. Mario Gentile Consigliere

Dott. Amedeo Franco Consigliere
Dott. Silvio Amoresano Consigliere


ha pronunciato la seguente


SENTENZA


sul ricorso proposto da Pannofino Umberto, nato a Ostuni il 29.12.1951; avverso la sentenza emessa l\'8 luglio 2008 dalla corte d\'appello di Bari;

udita nella pubblica udienza del 20 maggio 2009 la relazione fatta dal Consigliere Amedeo Franco;

udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. Guglielmo Passacantando, che ha concluso per l\'inammissibilità del ricorso;


Svolgimento del processo


Con la sentenza in epigrafe la corte d\'appello di Bari confermò la sentenza 25.5.2007 del giudice del tribunale di Bari, sezione distaccata di Acquaviva delle Fonti, che aveva dichiarato Pannofino Umberto colpevole del reato di esercizio della attività venatoria all\'interno del Parco Nazionale dell\'Alta Murgia, condannandolo alla pena ritenuta di giustizia.

L\'imputato propone ricorso per cassazione deducendo violazione degli artt. 125 cod. proc. pen. e 111, comma 6, Cost., e mancanza e insufficienza della motivazione. Lamenta che la sentenza è surrettiziamente motivata per relationem attraverso il generico richiamo alla sentenza di primo grado senza uno specifico esame dei motivi di gravame. La corte di appello non ha neppure esaminato le dichiarazioni dei verbalizzanti, secondo i quali il posto era privo di cancello, recinzione e di qualsiasi delimitazione o segnali. Con il gravame aveva appunto eccepito una ignoranza inevitabile, pur avendo fatto il possibile per adeguarsi alla norma, ed aveva lamentato che il giudice non aveva considerato questi dati ed aveva preteso la conoscenza della area di pertinenza del parco risultante dalla Gazzetta Ufficiale. La corte d\'appello ha omesso di esaminare questi motivi di gravame e di motivare sugli stessi.


Motivi della decisione


Ritiene il Collegio che il ricorso sia infondato, alla stregua dell\'orientamento giurisprudenziale, cui il Collegio aderisce, secondo cui «In tema di tutela delle aree protette, i parchi nazionali sono sottratti alla necessità di perimetrazione tabellare in quanto istituiti e delimitati con appositi provvedimenti, completi di tutte le indicazioni tecniche e topografiche necessarie per l\'individuazione, la cui conoscenza è assicurata dalla loro pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. Ne consegue che non può considerarsi scusabile, a norma dell\'art. 5 cod. pen., l\'ignoranza colpevole circa l\'esatta perimetrazione dell\'area protetta, stante l\'irrilevanza del difetto di perimetrazione tabellare» (Sez. III, 6.6.2007, Marcianò m. 237142); e «In tema di divieto di caccia nelle aree protette ai sensi della Legge 6 dicembre 1991 n. 394, la mancanza di specifici segnali o cartelli indicanti sul posto i limiti della zona protetta non escludono la integrabilità del reato previsto dagli artt. 21 e 30 della Legge 11 febbraio 1992 n. 157, atteso che l\'obbligo di conoscenza da parte del contravventore del perimetro interdetto discende dalla pubblicazione sulla Gazzetta della carta topografica relativa a quella specifica area» (Sez. III, 10.6.2005, Acerito, m. 231820).

Esattamente dunque la corte d\'appello ha escluso la rilevanza della mancata presenza di recinzioni, segnali o tabelle ed ha altresì escluso che l\'eventuale errore in cui, secondo la difesa, sarebbe caduto l\'imputato potesse considerarsi inevitabile, e quindi incolpevole, in quanto l\'indicazione dell\'area protetta con l\'allegata planimetria dei luoghi era stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale, sicché l\'imputato, intendendo esercitare l\'attività venatoria, era tenuto a prenderne previamente conoscenza, con la conseguenza che sarebbe in ogni caso ravvisabile un suo comportamento colposo, sufficiente per integrare l\'elemento psicologico del reato, nel non essersi doverosamente accertato dell\'esistenza e dell\'estensione dell\'area protetta prima di intraprendere l\'attività.
Il ricorso deve pertanto essere rigettato con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.


Per questi motivi
La Corte Suprema di Cassazione


rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte Suprema di Cassazione, il 20 maggio 2009.
Deposito in Cancelleria il 26 giugno 2009.