Odori molesti ed emissioni odorigene. La prima sentenza della Cassazione
di Gianfranco AMENDOLA
articolo pubblicato su Questione Giustizia. Si ringraziono Autore ed Editore
Gli odori molesti e l’art. 674 c.p.
Ci sono alcuni inquinamenti che normalmente vengono ignorati dalla dottrina perché ritenuti poco rilevanti, mentre, in realtà, molto spesso costituiscono oggetto di preoccupazione e, a volte, di litigi nella “normale” vita di tutti i giorni.
Ci riferiamo, ovviamente, in primo luogo all’inquinamento acustico (una vera sciagura, specie tra condomini) ma, pur se in misura minore, anche all’inquinamento da odori molesti, che, spesso, porta a situazioni insopportabili, specie se vengono prodotti in modo continuativo da industria o attività commerciale.
Nel primo caso, come è noto, la tutela penale, di tipo contravvenzionale, viene assicurata dall’art. 659 c.p. (“ Disturbo alle occupazioni o al riposo delle persone”) mentre, nel secondo, in assenza di una norma dedicata, la giurisprudenza, dopo qualche esitazione1, ha ritenuto applicabile l’art. 674 c.p. (“ Getto pericoloso di cose”) che punisce con l'arresto fino a 1 mese o con l'ammenda fino a euro 206 “ chiunque getta o versa in luogo di pubblico transito o in un luogo privato ma di comune o altrui uso, cose atte a offendere o imbrattare o molestare persone ovvero, nei casi non consentiti dalla legge, provoca emissioni di gas, di vapori o di fumo, atti a cagionare tali effetti ”.
In estrema sintesi, la Suprema Corte ha motivato l’applicabilità della norma, affermando che “ le esalazioni maleodoranti... costituiscono offesa al benessere dei vicini e grave pregiudizio, tutelato dalla norma penale, ed integrano, pertanto, il reato di cui all’ art. 674 c.p .” 2 , precisando, altresì, che “ le esalazioni di "odore" moleste, nauseanti o puzzolenti, in tanto possono configurare il reato di cui all'art. 674 c.p. in quanto presentino un carattere non del tutto momentaneo e siano intollerabili o almeno idonee a cagionare un fastidio fisico apprezzabile (es. nausea, disgusto) ed abbiano un impatto negativo, anche psichico, sull'esercizio delle normali attività quotidiane di lavoro e di relazione (es. necessità di tenere le finestre chiuse, difficoltà di ricevere ospiti, ecc .)"3.
Le emissioni moleste “nei casi non consentiti dalla legge”
Ovviamente, nel struttura dell’art. 674, gli odori molesti sono stati fatti rientrare nell’ambito della seconda parte relativa alle “ emissioni di gas, di vapori o di fumo”, la quale, tuttavia, è preceduta dall’inciso “nei casi non consentiti dalla legge” che, nel tempo, è stato oggetto di interpretazioni contrastanti, con continui cambiamenti di orientamento da parte della Cassazione, e a tutt’oggi presenta ancora notevoli incertezze.
Rinviando in proposito ad altri lavori per approfondimenti, citazioni e richiami4, sembra, in questa sede, sufficiente ricordare, in estrema sintesi, che la giurisprudenza della Suprema Corte ha sempre oscillato tra due distinti orientamenti-base, bene riassunti dalla stessa Cassazione sin dal 2004 5. Secondo il primo, più risalente (anni 90) e definito “ largamente prevalente”, “rientra pacificamente nei "casi non consentiti dalla legge" il superamento della soglia delle emissioni fissata dalla normativa di settore, ma -anche nei casi di attività esercitata previo regolare rilascio dell'autorizzazione amministrativa e nel rispetto dei limiti tabellari fissati dalla normativa speciale- la contravvenzione è pur sempre configurabile alla stregua dei criteri civilistici, in quanto la "molestia" dell'emissione non è esclusa per il solo fatto che essa sia inferiore ai limiti massimi di tolleranza specificamente fissati dalla legge 6 . E, pertanto, il reato è ipotizzabile anche se l’attività è autorizzata e rispetta la normativa antinquinamento.
Secondo il secondo, invece, formatosi dal 2000, “ nel campo dell'illecito penale, si riscontra una sorta di presunzione di legittimità per quelle emissioni che non superino le soglie fissate dalle leggi speciali ” e ritiene, quindi, che “ ai fini dell'affermazione di responsabilità in ordine al reato previsto dall'art. 674 cod. pen., non basta che le emissioni siano astrattamente idonee ad arrecare fastidio, ma è indispensabile la puntuale e specifica dimostrazione che esse superino gli standards fissati dalla legge”. Con la conseguenza che “ quando esistono precisi limiti tabellari fissati dalla legge, non possono ritenersi "non consentite" le emissioni che abbiano, in concreto, le caratteristiche qualitative e quantitative già valutate ed ammesse dal legislatore; nei casi, invece, in cui non esiste una predeterminazione normativa, spetterà al giudice penale la valutazione della tollerabilità consentita, ma pur sempre con riferimento ai principi ispiranti le specifiche leggi di settore” 7
In quest’ultimo filone si inseriva, nel settembre 2008, una importante sentenza relativa al presunto inquinamento elettromagnetico provocato da radio Vaticana, la quale affermava che il reato è integrato solo qualora le emissioni abbiano l’idoneità concreta a provocare uno degli eventi descritti dal legislatore; che le fattispecie previste dall’art. 674 c.p. (prima e seconda parte) rientrerebbero nell’ambito di una unica ipotesi di reato e che il reato non sarebbe configurabile nel caso in cui getto o emissioni provengano da attività regolarmente autorizzata o da una attività prevista e disciplinata da atti normativi speciali e siano contenuti nei limiti previsti dalle leggi di settore o dagli specifici provvedimenti amministrativi che li riguardano, il cui rispetto implica unapresunzione assoluta di legittimità del comportamento 8. Conclusione che veniva consolidata dalla Cassazione con una raffica di sentenze (sempre in tema di inquinamento elettromagnetico) depositate il 15 aprile 2009, dalla stessa sezione con lo stesso Presidente e lo stesso estensore, anche se, negli stessi giorni, la stessa sezione, con un diverso Presidente ed estensore, confermava, a proposito di attività autorizzata, l’orientamento tradizionale in tema di inquinamento atmosferico, affermando, invece, che “ il reato di cui all'art. 674 c.p. si configura in presenza di un evento di molestia provocato dalle emissioni di gas, fumi o vapori non solo nei casi di emissioni inquinanti in violazione dei limiti di legge, ma anche quando sia superato il limite della normale tollerabilità ex art. 844 cod. civ . ”9.
Peraltro, poco prima di quest’ultima decisione 10, una parziale ( e importante) rettifica della sentenza Tucci veniva operata da altra sentenza in cui la Suprema Corte precisava che “ la clausola <<nei casi non consentiti dalla legge>> esclude il reato non per tutte le emissioni provocate dalla attività industriale regolamentata e autorizzata, ma solo per quelle emissioni che sono specificamente consentite attraverso limiti tabellari o altre determinate disposizioni amministrative. Solo queste ultime emissioni si presumono legittime. Non possono presumersi come legittime, invece, le altre emissioni, connesse più o meno direttamente all’attività produttiva regolamentata, che il legislatore non disciplina specificamente o che addirittura considera pericolose perché superiori ai limiti tabellari, o che vuole comunque evitare attraverso misure di prevenzione e di cautela imposte all’imprenditore ” 11 .
Tuttavia, nessuno di questi orientamenti si consolidava con certezza negli anni successivi, e la Cassazione continuava ad oscillare tra i due orientamenti già riportati.
Alcuni esempi: nel 2011, perveniva ad una palese sconfessione della sentenza Tucci e riaffermava “ il principio che il mantenimento delle emissioni entro i limiti consentiti non è di per sé sufficiente ad escludere l’esistenza della contravvenzione contestata, potendo assumere rilevanza l’omessa adozione delle misure tecniche in grado di impedire il verificarsi di molestie alle persone…… ” 12 . Ma, sei mesi dopo, ribadiva nuovamente che “ il reato di cui all’art. 674 cod. pen. non è configurabile nel caso in cui le emissioni provengano da una attività regolarmente autorizzata o da una attività prevista e disciplinata da atti normativi speciali e siano contenute nei limiti previsti dalle leggi di settore o dagli specifici provvedimenti amministrativi che le riguardano, il cui rispetto implica una presunzione di legittimità del comportamento ” 13.
Nel 2014 sconfessava nuovamente la sentenza Tucci, precisando che “ l a contravvenzione contenuta nell'art. 674 c.p. è da considerare, per costante giurisprudenza un reato di pericolo . Pertanto, per la configurabilità del reato ai sensi dell’art. 674 c.p. non è necessario che le emissioni di gas, di vapori o di fumo provochino un effettivo nocumento, essendo sufficiente l 'attitudine delle stesse ad offendere, imbrattare o molestare persone, cioè arrecare ad esse disagio, fastidio o disturbo ovvero turbarne il modo di vivere quotidiano e che costituisce molestia anche il fatto di arrecare alle persone preoccupazione ed allarme circa eventuali danni alla salute” 14 .
Nel 2019, tornava nuovamente alla presunzione di legittimità, affermando che “ all’inciso "nei casi non consentiti dalla legge", contenuto nella disposizione incriminatrice di cui all’art. 674 cod. pen. e riferibile solo alle emissioni che possono essere specificamente autorizzate, deve riconoscersi un valore rigido e decisivo , tale da costituire una sorta di spartiacque tra il versante dell'illecito penale, da un lato, e dell'illecito civile, dall'altro, poiché il reato di getto pericoloso di cose non è configurabile nel caso in cui le emissioni provengano da un'attività regolarmente autorizzata o da un'attività prevista e disciplinata da atti normativi speciali, e siano contenute nei limiti previsti dalle leggi di settore o dagli specifici provvedimenti amministrativi che le riguardano, il cui rispetto implica una presunzione di legittimità del comportamento ”15.
Le molestie olfattive in particolare
E’, quindi, in questo quadro generale che va valutata la problematica delle molestie olfattive, a proposito delle quali, tuttavia, si riscontra fortunatamente un orientamento meno oscillante della Suprema Corte, specie se si considera la giurisprudenza più recente.
Secondo la Cassazione, infatti, per le molestie olfattive, “nei casi in cui le emissioni non siano prodotte nell'ambito di attività industriali o comunque autorizzate, non può configurarsi l'operatività di criteri positivitizzati, normativi o amministrativi, ai quali l'attività di emissione atmosferica sia chiamata ad uniformarsi (v. Sez. 3, n. 34896 del 27/09/2011, Ferrara; Sez. 3, n. 2377/2012 del 4/11/ 2011, Landi, Rv. 251903; Sez. 1, n. 16693 del 27/03/2008, Polizzi, Rv. 240117 )” 16 e pertanto “ è affidata al giudice penale, che può basarsi anche su dichiarazioni testimoniali, purché non risolventisi in apprezzamenti meramente soggettivi, la valutazione della tollerabilità consentita, alla stregua delle conseguenze che le emissioni producono sull 'esercizio delle normali attività quotidiane di lavoro e di relazione” 17 . A questo proposito, la giurisprudenza prevalente afferma che, in tema di molestie olfattive, occorre “aver riguardo al criterio della stretta tollerabilità e non a quello della normale tollerabilità di cui all'art. 844 cod. civ., anch'esso comunque condizionato, come quello della normale tollerabilità, dalla situazione ambientale e dalle altre circostanze che caratterizzano l'emissione molesta ”18, precisando, tuttavia, che, nel caso, in cui “ l’attività è esercitata secondo l’autorizzazione e senza superamento dei limiti di questa , si deve fare riferimento alla “ normale tollerabilità ” delle persone quale si ricava dal contenuto dell’art. 844 cod. civ. Qualora sia riscontrata l’autorizzazione e il rispetto dei limiti di questa, una responsabilità potrà comunque sussistere qualora l’azienda non adotti quegli accorgimenti tecnici ragionevolmente utilizzabili per ulteriormente abbattere l’impatto sulla realtà esterna. ”19.
In altri termini, “ in tema di getto pericoloso di cose, l’evento molestia provocato dalle emissioni di gas, fumi o vapori si ha non solo nei casi di emissioni inquinanti in violazione dei limiti di legge, ma anche nel caso di superamento del limite della normale tollerabilità ex art. 844 c.c., la cui tutela costituisce la ratio della norma incriminatrice; in caso di “ molestie olfattive ”, poi, quando non esiste una normativa statale che prevede disposizioni specifiche e valori limite in materia di odori, la Corte di cassazione ha individuato il criterio della “ stretta tollerabilità ” quale parametro di legalità dell’emissione, attesa l’inidoneità ad approntare una protezione adeguata all’ambiente ed alla salute umana di quello della “normale tollerabilità ”, previsto dall’art. 844 c.c. ” 20 .
In sostanza, quindi, per le molestie olfattive, in assenza di una normativa dedicata, si deve far ricorso al criterio della “ stretta tollerabilità”.
Accertamento, peraltro, non semplice per un tipo di emissione, quale quella olfattiva, per la quale mancano parametri obiettivi di riferimento 21 , cui ha tentato di dare concretezza la Cassazione affermando costantemente che “ laddove, trattandosi di odori, manchi la possibilità di accertare obiettivamente, con adeguati strumenti, l'intensità delle emissioni, il giudizio sull'esistenza e sulla non tollerabilità delle emissioni stesse ben può basarsi sulle dichiarazioni dei testi, soprattutto se si tratta di persone a diretta conoscenza dei fatti, come i vicini, o particolarmente qualificate, come gli agenti di polizia e gli organi di controllo della USL. Ove risulti l'intollerabilità, non rileva, al fine di escludere l'elemento soggettivo del reato, l'eventuale adozione di tecnologie dirette a limitare le emissioni, essendo evidente che non sono state idonee o sufficienti ad eliminare l'evento che la normativa intende evitare e sanziona. Quel che conta è che le testimonianze non si risolvano nell'espressione di valutazioni meramente soggettive o di giudizi di natura tecnica, ma si limitino a riferire quanto oggettivamente percepito da dichiaranti medesimi ” 22 . Tentativo certamente lodevole ma altrettanto certamente, salvo casi eclatanti, non scevro da dubbi e incertezze in quanto basato pur sempre su valutazioni soggettive non verificabili oggettivamente 23 .
Resta solo da aggiungere che, secondo la giurisprudenza già ricordata, “ il limite della "normale tollerabilità" , valicato il quale le immissioni e/o emissioni diventano moleste, con conseguente pericolo per la salute pubblica la cui tutela costituisce la "ratio" della norma incriminatrice, è quello indicato nell'art. 844 c.c…. ” 24 mentre il criterio della “stretta tollerabilità” vale ad “ escludere dal campo applicativo della norma le sole condotte prive di offensività in concreto 25 .
Peraltro, recentemente la Suprema Corte ha motivato e precisato in proposito che, in caso di attività autorizzata svolta in conformità alle prescrizioni, il criterio di riferimento non può che essere quello
della “normale tollerabilità”, e non quello, << più rigoroso per l'agente, della "stretta tollerabilità">> in quanto << un diverso argomentare…..condurrebbe - in evidente contrasto col principio della residualità della tutela penale rispetto a quella, a contenuto inibitorio e risarcitorio, offerta all'individuo dall'ordinamento di tipo civilistico - a collocare su di un fronte più avanzato la tutela penale in caso di immissioni olfattive rispetto a quella pacificamente apprestata, in sede civile, per siffatto genere di immissioni, la cui illiceità, ai sensi dell'art. 844 cod. civ., laddove non sia posto a repentaglio un valore di rango superiore quale quello del diritto alla salute, è
subordinata al criterio della "normale tollerabilità" (Corte di cassazione, Sezione 2, civile, 31 agosto 2018, n. 21504) >> 26 .
La previsione (dal 2017) delle emissioni odorigene nel Testo Unico ambientale
A questo punto si deve, tuttavia, evidenziare che recentemente, a livello normativo, è intervenuto un fatto nuovo in quanto l'art. 1, comma 1, del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183 del 2017 ha aggiunto al TUA (D. Lgs. 152/06) un art. 272-bis per prevenire e limitare le “ emissioni odorigene” 27. E pertanto deve essere esaminato il problema della sua rilevanza rispetto all’art. 674 c.p. specie con riferimento all’inciso “ nei casi non consentiti dalla legge”, visto che dal 2017 il fenomeno viene, appunto, espressamente previsto dalla legge.
Leggiamo, allora, l’articolo:
art. 272-bis D. Lgs 152/06
Emissioni odorigene
1 . La normativa regionale o le autorizzazioni possono prevedere misure per la prevenzione e la limitazione delle emissioni odorigene degli stabilimenti di cui al presente titolo. Tali misure possono anche includere, ove opportuno, alla luce delle caratteristiche degli impianti e delle attività presenti nello stabilimento e delle caratteristiche della zona interessata, e fermo restando, in caso di disciplina regionale, il potere delle autorizzazioni di stabilire valori limite più severi con le modalità previste all'articolo 271:
a) valori limite di emissione espressi in concentrazione (mg/Nm³) per le sostanze odorigene;
b) prescrizioni impiantistiche e gestionali e criteri localizzativi per impianti e per attività aventi un potenziale impatto odorigeno, incluso l'obbligo di attuazione di piani di contenimento;
c) procedure volte a definire, nell'ambito del procedimento autorizzativo, criteri localizzativi in funzione della presenza di ricettori sensibili nell'intorno dello stabilimento;
d) criteri e procedure volti a definire, nell'ambito del procedimento autorizzativo, portate massime o concentrazioni massime di emissione odorigena espresse in unità odorimetriche (ouE/m³ o ouE/s) per le fonti di emissioni odorigene dello stabilimento;
e) specifiche portate massime o concentrazioni massime di emissione odorigena espresse in unità odorimetriche(ouE/m³ o ouE/s) per le fonti di emissioni odorigene dello stabilimento;
2. Il Coordinamento previsto dall'articolo 20 del decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 155, può elaborare indirizzi in relazione alle misure previste dal presente articolo. Attraverso l'integrazione dell'allegato I alla Parte Quinta, con le modalità previste dall'articolo 281, comma 6, possono essere previsti, anche sulla base dei lavori del Coordinamento, valori limite e prescrizioni per la prevenzione e la limitazione delle emissioni odorigene degli stabilimenti di cui al presente titolo, inclusa la definizione di metodi di monitoraggio e di determinazione degli impatti.
In sostanza, quindi, con questa norma non si stabilisce direttamente una disciplina “statale” con limiti certi, uniformi e prederminati per le emissioni odorigene ma si attribuisce alla normativa regionale o alle singole autorizzazioni la facoltà di prevedere misure per la prevenzione e la limitazione delle emissioni odorigene degli stabilimenti con uno o più impianti o una o più attività che producono emissioni nell’atmosfera. E, pertanto, sembrano del tutto giustificati i timori di chi dubita che questa disposizione “ possa effettivamente aiutare ad ancorare la valutazione di merito a dati più oggettivi; certo è che la previsione di una facoltà di stabilire limiti da parte delle Regioni o all’interno delle autorizzazioni rischia di condurre a situazioni assai diverse a seconda del luogo in cui l’emissione si verifichi, non dimenticando poi che la norma si applica solo agli impianti previsti dal titolo I della parte quinta del T.U.A. ”28.
In ogni caso, va subito messo in rilievo che questa novità riguarda, appunto, solo attività con emissioni disciplinate ai sensi dell’art. 272-bis (con autorizzazione o con normativa regionale) e che, in tal caso, il D. Lgs 152/06 prevede già autonome sanzioni in caso di inottemperanza (art. 279). Il che non esclude, ovviamente, che sia configurabile, ricorrendone i presupposti, anche il reato di cui all’art. 674, come costantemente affermato dalla giurisprudenza a proposito del possibile concorso di reati tra norme speciali ambientali (oggi D. Lgs 152/06) e art. 674 c.p.29 .
La prima sentenza della Cassazione sulle emissioni odorigene
In questo quadro certamente poco soddisfacente, appare pertanto di particolare interesse l’esame della prima sentenza della Suprema Corte sull’art. 272-bis, la quale, oltre a dar conto diffusamente della nuova disposizione, si occupa, in particolare, opportunamente, degli aspetti sanzionatori, anche in relazione alla contravvenzione dell’art. 674 c.p. 30.
In estrema sintesi, secondo la sentenza:
a) L’ambito di applicazione dell’art. 272-bis è limitato ai soli impianti che producono emissioni in atmosfera disciplinati dal Titolo I della Parte Quinta del D.Lgs. 152\06, come confermato da una recente pronuncia della Corte costituzionale (sent. 178\2019).
b) Le sanzioni per la violazione delle prescrizioni imposte ai sensi dell’art. 272-bis sono, quindi, quelle previste dall’art. 279 D. Lgs 152/06. Pertanto, nel caso in cui vi sia la violazione dei valori limite di emissione potrà configurarsi la contravvenzione di cui al secondo comma dell’art. 279, mentre, nel caso in cui la violazione riguardi misure imposte per le emissioni odorigene diverse dai valori limite, sarà applicabile (ai sensi del comma 2-bis dell’art. 279 introdotto dal D. Lgs. 183/2017), la sola sanzione amministrativa pecuniaria da 1000 a 10.000 euro. Qualora, invece, le emissioni odorigene siano oggetto di specifiche prescrizioni imposte con l’AIA, dovrà farsi riferimento all’impianto sanzionatorio di cui all’art. 29-quaterdecies D. Lgs. 152\06
c) Quanto all’art. 674 c.p. la Cassazione riconosce, in generale, che “ i contenuti dell’art. 674 cod. pen. sono stati oggetto di un tortuoso percorso interpretativo, che ha a lungo impegnato la giurisprudenza di legittimità e che solo recentemente sembra essersi in qualche modo stabilizzato ”31.
d) La giurisprudenza della Cassazione ha incluso anche gli odori nel precetto della seconda parte dell’art. 674 c.p. la quale vieta espressamente di provocare “ emissioni di gas, di vapori o di fumo atti a cagionare l'evento di molestia alle persone, da intendersi, in adesione ad una risalente pronuncia (Sez. 3, n. 38297 del 18/6/2004, Providenti, Rv. 229618), come qualsiasi situazione di fastidio, disagio, disturbo e comunque di turbamento della tranquillità e della quiete produttiva di un impatto negativo, anche psichico, sull'esercizio delle normali attività quotidiane di lavoro e di relazione, situazione che non comprende quindi il danno o anche il pericolo di danno alla salute e/o all'ambiente, casi nei quali altre sono le fattispecie incriminatrici applicabili ”.
e) A questo proposito, tuttavia, si deve riconoscere che “ l’inciso <<nei casi non consentiti dalla legge>> ha condotto a soluzioni interpretative non sempre uniformi, in particolare per quanto riguarda la rilevanza del possesso di un’autorizzazione amministrativa all’esercizio di una determinata attività ai fini della configurabilità del reato ”.
f) Per quanto riguarda, in particolare, le emissioni olfattive, la sentenza si connette alla giurisprudenza più recente 32, la quale, come abbiamo visto, perviene alla conclusione che occorre distinguere tra l'attività produttiva esercitata secondo l'autorizzazione e senza superamento dei limiti consentiti , per la quale si deve fare riferimento alla " normale tollerabilità" prevista dall'art. 844 cod. civ., sempre che l'azienda abbia adottato gli accorgimenti tecnici ragionevolmente utilizzabili per abbattere l'impatto delle emissioni sulla realtà esterna; e quella svolta senza l'autorizzazione dell'autorità preposta, per la quale il contrasto con gli interessi tutelati va valutato secondo criteri di "stretta tollerabilità … attesa la inidoneità del primo criterio ad assicurare una protezione adeguata all'ambiente ed alla salute umana ”.
g) Tra la contravvenzione di cui all’art. 674 c. p. e la disciplina in tema di inquinamento atmosferico
non vi è alcun rapporto di specialità, ma è possibile il concorso sia per la diversità del contenuto precettivo sia per la diversità del bene tutelato33 .
h) L’attitudine ad offendere o molestare le persone non deve essere necessariamente accertata mediante perizia, potendo il giudice, secondo le regole generali, fondare il proprio convincimento su elementi probatori di diversa natura, quali, in particolare, le dichiarazioni testimoniali quando tali dichiarazioni non si risolvano nell'espressione di valutazioni meramente soggettive o di giudizi di natura tecnica, ma si limitino a riferire quanto oggettivamente percepito dai dichiaranti medesimi.
In conclusione, quindi, “in caso di emissioni odorigene , la violazione delle misure imposte ai sensi dell’art. 272-bis d.lgs. 152\06 per attività che producono emissioni in atmosfera configura la contravvenzione di cui all’art. 279, comma 2 d.lgs. 152\06 se riferita a valori limite di emissione (mentre negli altri casi saranno applicabili le sanzioni amministrative di cui al comma 2-bis del medesimo articolo). Per la violazione delle prescrizioni relative alle emissioni odorigene imposte con l’AIA alle attività ad essa soggette si applicano, invece, le sanzioni di cui all’art. 29-quaterdecies d.lgs. 152\06. E’ inoltre possibile il concorso con il reato di cui all’art. 674 cod. pen., stante la diversità delle condotte sanzionate e l’oggetto della tutela, pur dovendosi distinguere, al fine di definire il concetto di "molestia" che integra la contravvenzione, tra attività produttiva svolta in assenza dell'autorizzazione dell'autorità preposta, per la quale il contrasto con gli interessi tutelati va valutato secondo criteri di “ stretta tollerabilità ” e quella esercitata in conformità all'autorizzazione e senza superamento dei limiti consentiti, per la quale si deve far riferimento alla " normale tollerabilità " delle persone, che si ricava dall'art. 844 cod. civ. e che ricorre sempre che l'azienda abbia adottato gli accorgimenti tecnici ragionevolmente utilizzabili per abbattere l'impatto delle emissioni ”.
Alcune considerazioni finali
Bisogna riconoscere subito che la sentenza sopra sommariamente riassunta va segnalata non solo per la novità dell’oggetto ma anche per la chiarezza con cui sintetizza la complessa problematica relative alla interpretazione di una norma quale l’art. 674 c.p. che, come abbiamo visto e come riconosce la stessa Cassazione, ha subito notevoli e continue oscillazioni e presenta rilevanti margini di incertezza. Ed anche le conclusioni cui perviene la sentenza sono, a nostro sommesso avviso, largamente condivisibili.
A conferma della sentenza in esame, peraltro, c’è un punto che merita di essere evidenziato ed approfondito. Ci riferiamo all’affermazione che il bene giuridico tutelato dall’art. 674 c.p, a differenza di quelli tutelati dalle normative di settore, è “la pubblica incolumità”. Perché, a questo punto, sembra opportuno e doveroso ricordare che, proprio a questo proposito, sin dal lontano 1990 si è espressa la Corte Costituzionale, la quale, chiamata ad occuparsi, per un caso di inquinamento atmosferico da industria, della definizione di <<migliore tecnologia disponibile>> subordinata alla condizione che essa non comportasse <<costi eccessivi>>, confermava l’applicabilità dell’art. 674 c.p. in quanto, in ottemperanza del “ principio fondamentale del diritto alla salute sancito dell'art. 32 della Costituzione… il condizionamento al costo non eccessivo dell'uso della migliore tecnologia disponibile va riferito al raggiungimento di livelli inferiori a quelli compatibili con la tutela della salute umana” ; precisando, in particolare, che: “ ... il limite massimo di emissione inquinante, tenuto conto dei criteri sopra accennati, non potrà mai superare quello ultimo assoluto e indefettibile rappresentato dalla tollerabilità per la tutela della salute umana e dell’ambiente in cui l’uomo vive : tutela affidata al principio fondamentale di cui all’art. 32 della Costituzione, cui lo stesso art. 41, secondo comma, si richiama”, concludendo, quindi, che “nessuna norma ordinaria, infatti, può sottrarsi all’ossequio della legge fondamentale, sicchè è in tal senso che va interpretato l’inciso «nei casi consentiti dalla legge » di cui all’art. 674 cod.pen.” 34 .
In sostanza, quindi, nessuna autorizzazione o disciplina di settore può superare il divieto costituzionalmente garantito di provocare emissioni non tollerabili per l’uomo e per l’ambiente.
Una ultima osservazione. Questa conclusione è valida, ovviamente, anche per le locuzioni, sostanzialmente equivalenti ai “ casi non consentiti dalla legge” dell’art. 674 c.p., con cui, a volte, si vuole delimitare il perimetro della illiceità penale in nome della rilevanza sociale di attività economiche; come, quando, si è voluto punire, con la legge n. 68/2015, il disastro ambientale solo se commesso “ abusivamente”. Senza riaprire vecchie polemiche ma solo per la cronaca35, ci sembra doveroso ricordare che il principale fautore (ed artefice) di questo inserimento sostiene che “ l’abusivamente è clausola che rende oggettivamente e tendenzialmente lecito il fatto, prima e a prescindere da qualsiasi valutazione sulla (eventuale) colpa soggettivamente rimproverabile all’autore del fatto ”, e pertanto nessun delitto di disastro può essere ipotizzato qualora siano riscontrabili “ condotte non abusive, cioè conformi ai valori di legge e alle prescrizioni amministrative, salvi casi di collusione o di reati sottesi, o, più problematicamente (sul distinto versante colposo), di macroscopica inadeguatezza delle soglie o delle prescrizioni rispetto a conoscenze diffuse al momento della condotta. ”; citando, a sostegno, la sentenza di radio Vaticana sull’art. 674 c.p. e sull’inciso “nei casi non consentiti dalla legge”, secondo cui “ emissioni moleste … ove autorizzate e rispettose dei limiti soglia e delle prescrizioni e norme di settore non costituiscono comunque reato” 36. Proprio, cioè, la conclusione opposta a quella cui la Corte Costituzionale è pervenuta nel 1990, e viene oggi ribadita dalla Cassazione, la quale respinge con chiarezza la tesi secondo cui l’inciso costituisce un “ rigido spartiacque” dell’illecito penale e comporta una presunzione assoluta di legittimità del comportamento 37 , ricordando giustamente che occorre sempre, invece, “ assicurare una protezione adeguata all’ambiente e alla salute umana ”.
E, se anche è vero che fortunatamente la Cassazione, nel delitto di disastro ambientale, ha sostanzialmente sterilizzato la portata dell’avverbio “abusivamente” fornendone una interpretazione talmente ampia da farci rientrare praticamente di tutto (norme penali, norme extrapenali, norme tecniche, norme di condotta, norme di prudenza, norme di principio, principi di derivazione comunitaria ecc) 38 , è anche vero che diventa incomprensibile il motivo per cui oggi la Suprema Corte afferma, con riferimento all’art. 674 ed alle emissioni moleste, che, nonostante l’inciso, occorre sempre “ assicurare una protezione adeguata all’ambiente e alla salute umana ”, mentre, con riferimento ad un reato notevolmente più grave e preoccupante, quale il disastro ambientale, non dica con altrettanta chiarezza, fugando ogni dubbio 39, che, qualunque avverbio venga inserito dal legislatore, nessuna autorizzazione o disciplina di settore può superare il divieto costituzionalmente garantito di attentare al diritto alla salute ed alla incolumità pubblica. E che non può mai esistere un disastro ambientale non abusivo, e cioè lecito e consentito.
1 Cass. Pen., Sez. 1, 29 gennaio 1991, in Riv. Pen. 1992, secondo cui “ le esalazioni maleodoranti o comunque sgradevoli non rientrano nella tutela penalmente apprestata dall'art. 674 c.p. per le emissioni moleste di gas, vapori e fumo, ma possono esser fonte di responsabilità civile, ove eccedono i limiti posti dall'art. 844 c.c .”.
2 Cass. Pen., Sez. 1, 20 ottobre 1993 in Cass. Pen. 1995, pag. 928, n. 546; nello stesso senso e nello stesso periodo,, tra le tante, per esalazioni maleodoranti provenienti da impianto di depurazione, cfr. ID. 15 novembre 1994, Composto, in Cass. Pen. 1996, pag 1161, n. 636; ID. 29 novembre 1995, Viale, in Cass. e ambiente 1996, n. 2, pag. 58, per esalazioni provenienti da detenzione di animali da cortile nell’ abitazione senza adeguata pulizia, nonchè più di recente, Cass. Pen., Sez. 3, 21 febbraio 2006, n. 15556, Davito, in www.lexambiente.it, secondo cui " la percezione di un determinato odore costituisce il risultato della liberazione da una determinata materia (nella fattispecie, deiezioni animali) di prodotti volatili, come tali percepibili anche all’olfatto e definibili, secondo il linguaggio comune, anche come gas ". In dottrina, cfr. PAONE, Art. 674 cod. pen.: le molestie olfattive e il “bilanciamento di opposti interessi” in Ambiente e sviluppo, 2018, n. 3, pag. 149 e segg ., cui si rinvia anche per citazioni più aggiornate di giurisprudenza. Più in generale sull’applicazione dell’art. 674 c.p. all’inquinamento atmosferico, cfr. RAMACCI, Articolo 674 cod. pen. e inquinamento atmosferico nella giurisprudenza della Cassazione ”, ivi, 2009, pag. 620; ID., Articolo 674 codice penale, emissioni in atmosfera e giurisprudenza di legittimità , in www.lexambiente.it ., 20 giugno 2012.
3 Cass. Pen., Sez. 3, 1 dicembre 2005 (c.c.), n. 3678, Rv. 233291, Giusti, in www.lexambiente.it, cui si rinvia anche per il richiamo di precedenti.
4 Ci permettiamo rinviare al nostro Art. 674 c.p., emissioni moleste e inquinamenti. La Cassazione ci ripensa? in www.lexambiente.it. 2009, nonchè Art. 674 c.p., emissioni moleste e inquinamenti. E’ l’ora delle sezioni unite? , ivi, 2011
5 Cass. Pen., Sez. 3, 29 settembre 2004, (Ud. 18 giugno 2004), n. 38297, Providenti, in www.ambientediritto.it, (con riferimento alla normativa vigente all’epoca in tema di inquinamento atmosferico) cui si rinvia per la citazione dei precedenti.
6 “In tale prospettiva, la "normale tollerabilità" viene riferita anche ai parametri di cui all'art. 844 cod. civ., essendo l'agente tenuto al rispetto non soltanto dei limiti fissati dalle tabelle della normativa speciale di settore ma anche della legge in generale e, quindi, delle prescrizioni del codice civile, con il conseguente obbligo di ricorrere alla "migliore tecnologia disponibile" per contenere al massimo possibile le emissioni inquinanti, al fine della tutela della salute umana e dell'ambiente quali valori costituzionalmente garantiti. ”
7 “ In ogni caso, comunque, affinché possa configurarsi il reato di cui all'art. 674 cod. pen., non basta che le immissioni in atmosfera superino i limiti eventualmente fissati dalla normativa speciale, ma occorre anche che esse abbiano carattere effettivamente molesto, nel senso dianzi delineato” . Nello stesso senso, cfr. anche, tra le altre, Cass. Pen., Sez. 3, 10 febbraio 2005, n. 9503, Rv. 230982, Montinaro, secondo cui ““ non è configurabile il reato di cui all’articolo 674 c.p. nel caso in cui le emissioni in atmosfera provengano da un’attività regolarmente autorizzata e siano inferiori ai limiti previsti dalle leggi speciali in materia di inquinamento atmosferico ”. Per approfondimenti in dottrina, cfr. MONTAGNA, Cassazione, emissioni lecite in atmosfera e configurabilità del reato di cui all’art. 674 c.p ., in Ambiente e sviluppo 2006, n. 1, pag. 87 e segg
8 Cass. Pen., Sez. 3, 26 settembre 2008 (ud. 13 maggio 2008), n. 36845, Tucci, precisando che, per la configurazione del reato, vi sarebbe la necessità che “ qualora si tratti di attività considerata dal legislatore socialmente utile e che per tale motivo sia prevista e disciplinata, l’emissione avvenga in violazione delle norme o prescrizioni di settore che regolano la specifica attività ”. Per approfondimenti anche critici, si rinvia al nostro Radio Vaticana, elettrosmog e Cassazione: una sentenza molto discutibile in www.lexambiente.it, 2008.
9 Cass. Pen., Sez. 3, 15 aprile 2009 (c.c. 12 febbraio 2009), n. 15734, Schembri la quale, tra l’altro, richiama espressamente Cass. Pen., Sez. 3, n. 38936/2005, Riva, RV 232359, secondo cui (e la citazione è in neretto nella sentenza in esame) “ la contravvenzione di cui all’art. 674 c.p. è è integrabile indipendentemente dal superamento dei valori limite d’emissione eventualmente stabiliti dalla legge , in quanto anche un’attività produttiva di carattere industriale autorizzata può procurare molestie alle persone, per la mancata attuazione dei possibili accorgimenti tecnici, atteso che il reato de quo mira a tutelare la salute e l’incolumità delle persone indipendentemente dall’osservanza o meno di standards fissati per la prevenzione dell’inquinamento atmosferico”
10 anche se la pubblicazione avveniva due giorni dopo: Cass. Pen, Sez. 3, n.16286 del 17 aprile 2009 (Ud. 18 dic. 2008 ), Del Balzo (in tema di inquinamento da polveri).
11 Cfr., in dottina, RAMACCI, Articolo 674 cod. pen. …., op. loc. cit,. il quale rileva che con questa sentenza si è “ ridimensionata in modo sicuramente accettabile la portata della sentenza Tucci” pur “ non risolvendo, purtroppo in modo definitivo lo stato di incertezza che da molti anni impedisce un esatto inquadramento della effettiva portata dell’art. 674 c.p .”
12 Cass. Pen., Sez. 3, 11 gennaio-27 aprile 2011, n. 16422, in www.ambientediritto.it , 2011 relativa all’inquinamento da polveri della centrale ENEL di Porto Tolle in cui, tra l’altro, la Suprema Corte ribadisce la impostazione tradizionale della netta divisione dell’ art. 674 c.p. in due parti, per cui, vertendosi nella fattispecie della prima parte, “ non debbono essere presi in esame ai fini della responsabilità gli ulteriori requisiti fissati dalla seconda parte dello stesso articolo ”.
13 Cass. Pen., Sez. 3, 13 luglio -17 ottobre 2011, n. 37495, PM in proc. Dradi in www.lexambiente.it, 7 novembre 2011, commentata da PAONE Emissioni in atmosfera, molestia alle persone e intervento giudiziario ” in Ambiente e Sviluppo n. 2012, n. 4, pag.313, cui si rinvia.
14 Cass. Pen., Sez. 3, 7 gennaio 2014, n. 10034, Calabrò, in www.lexambiente.it, 21 marzo 2014; sconfessando, quindi, in sostanza, la motivazione contraria, ripresa dalla sentenza Tucci su radio Vaticana, secondo cui “ se si accogliesse una nozione estremamente ampia e generica di ‘molestia’ e si ritenesse che l’idoneità ad offendere o molestare non debba essere provata in modo certo ed oggettivo, ma possa desumersi anche da mere affermazioni o sensazioni soggettive di aver subìto turbamenti, o fastidi, o addirittura preoccupazioni per una eventuale possibilità di danni alla salute non verificata scientificamente ed in concreto, si determinerebbe la conseguenza che il solo superamento dei limiti di esposizione o dei valori di attenzione - proprio perché si tratta di limiti fissati in via precauzionale a tutela della salute - potrebbe, in pratica, essere di per sé stesso idoneo a provocare turbamento, preoccupazione, allarme ”.
15 Cass. Pen., Sez. 3, 13 settembre 2019 (UP 30 mag 2019), n. 38021, Viasu, in in www.lexambiente.it, 9 ottobre 2019
16 Cass. Pen., Sez. 3, 3 novembre 2016 (Ud 13 lug 2016), n. 46149 , Capello in www.lexambiente.it, 29 novembre 2016
17 Cass. Pen. Sez. 3, 28 maggio-13 luglio 2009, n. 28520, Fava
18 Cass, Pen., Sez. 3, 4 maggio 2012 (Ud. 28 mar. 2012), Frate. Nello stesso senso, in precedenza, cfr. ID., 16 maggio 2007, Carani, in Dir. e giur. agr. e ambiente, 2008, n. 10, pag. 568, nonchè ID., 17 gennaio 2008 (ud. 9 ottobre 2007) n. 2475, Alghisi, in www.lexambiente.it. e ID, 28 maggio-13 luglio 2009, n. 28520, Fava, cit, secondo cui in tema di molestie olfattive occorre applicare l’art. 674 c.p. “ con individuazione del parametro di legalità nel criterio della " stretta tollerabilità , dovendo ritenersi riduttivo ed inadeguato il riferimento alla normale tollerabilità fissato dall'art. 844 c.c. che appare inidoneo ad apportare una protezione adeguata all'ambiente ed alla salute umana, attesa la sua portata individualistica e non collettiva" ... Cfr., tuttavia ID., 3 luglio-3 novembre 2014, n. 45230, Benassi, in www.lexambiente.it, 21 novembre 2014, secondo cui “ la contravvenzione prevista dall'art. 674 cod. pen. è configurabile anche nel caso di "molestie olfattive " con la specificazione che quando non esista una predeterminazione normativa dei limiti delle emissioni, si deve avere riguardo, condizione nella specie sussistente, al criterio della normale tollerabilità di cui all'art. 844 cod. civ. (Sez. 3, n. 34896 del 14/07/2011, Ferrara, Rv. 250868), che comunque costituisce un referente normativo, per il cui accertamento non è certo necessario disporre perizia tecnica, potendo il giudice fondare il suo convincimento, come avvenuto nel caso di specie, su elementi probatori di diversa natura e dunque, anche ricorrendo alle sole dichiarazioni testimoniali dei confinanti (Sez. 3, n. 21138 del 02/04/2013, Bruzzi, non mass .)”.
19 da ultimo, Cass. Pen., Sez. 3, 23 gennaio-30 aprile 2020, n. 13324, Coletti, in www.lexambiente.it, 30 aprile 2020, ove si ricorda in proposito, con specifico riferimento alle molestie olfattive, che “ quando non esiste una normativa statale che prevede disposizioni specifiche e valori limite in materia di odori, la Corte di cassazione ha individuato il criterio della “ stretta tollerabilità ” quale parametro di legalità dell’emissione, attesa l’inidoneità ad approntare una protezione adeguata all’ambiente ed alla salute umana di quello della “normale tollerabilità”, previsto dall’art. 844 cod. civ. (Sez. 3, n. 2475 del 09/10/2007, Alghisi, Rv. 238447, alla cui ampia e articolata motivazione si rimanda; nello stesso senso cfr. anche Sez. 3, n. 11556 del 21/02/2006, Davito, Rv. 233565; Sez. 3, n. 19898 del 21/04/2005, Pandolfini, Rv. 231651).E ciò in quanto anche un’attività produttiva di carattere industriale autorizzata può procurare molestie alle persone, per la mancata attuazione dei possibili accorgimenti tecnici e dell’osservanza del principio di precauzione che deve informare l’attività produttiva potenzialmente in grado di arrecare disturbo e molestie alla salute delle persone ”. Negli stessi termini, ante, cfr. ID., n. 54209 del 23 ottobre- 4 dicembre 2018, Tirapelle, Rv. 275298.
20 Cass. Pen., Sez. 3, 6 ottobre 2020, n. 33817, Schipichetti, inRGA online, n. 17, gennaio 2021, con nota di SANSON, Molestie olfattive e tollerabilità delle emissioni, cui si rinvia per citazioni e richiami anche di dottrina..
21 In realtà esiste una metodica normata dalla UNI EN 13725:2004 “ Qualità dell’aria – Determinazione della concentrazione di odore mediante olfattometria dinamica ”, che, in estrema sintesi, si basa sull’operato di un gruppo di persone, opportunamente selezionate e addestrate (rinoanalisti), chiamato “panel”. A questo gruppo viene somministrato, facendoglielo annusare, il campione di gas odoroso, opportunamente diluito con aria inodore secondo rapporti definiti, così che ogni campione è presentato seguendo una serie di diluizioni decrescenti, in modo tale da identificarne la soglia percepita. L’intensità dell’odore viene espressa in Unità Odorimetriche (UO/m3) e, intuitivamente, maggiore è questo numero, più intenso è l’odore. Ma appare del tutto evidente che non si tratta di una metodica utilizzabile come prova a fini di accertamento di reato
22 Tra le tante, Cass. Pen., Sez. 1, 14 gennaio 2000, n. 407, Samengo in Rivistambiente 2000, n. 1, pag. 80; più di recente Cass. Pen., Sez. 3, 14 settembre 2015 (Up 18 giu 2015), Maroni, in www.lexambiente.it., 29 settembre 2015
23 Osserva in proposito PAONE, op. cit., pag. 150 che “ la nozione è talmente ampia e generica da rendere evanescenti i contorni della fattispecie criminosa. Rischio che, peraltro, si aggrava se, nell’acquisizione della prova sull’idoneità lesiva delle emissioni, si dovesse far ricorso solo alle dichiarazioni dei soggetti esposti ”.
24 sentenza Riva, di cui alla nota 9.
25 SANSON, op.loc.cit., il quale evidenzia, comunque, “i l punto dolente che la giurisprudenza ha finora dovuto fondare il discrimen della rilevanza penale sul superamento di una soglia, quella della tollerabilità, “stretta” o “normale” che sia, che di fatto si traduce in una valutazione estremamente soggettiva dei soggetti coinvolti, con buona pace della certezza del diritto ”
26 Cass. Pen., Sez. 3, 13 luglio- 5 agosto 2020, n. 23582, Alborè la quale aggiunge che << il criterio della "stretta tollerabilità" torna, invece, in giuoco sia nel caso in cui sia in discussione…..una possibile violazione del diritto alla salute dei soggetti che le predette immissioni subiscano, sia nel caso in cui l'agente operi in assenza di qualsivoglia autorizzazione, sempre che la stessa sia comunque richiesta, in quanto il collocarsi della attività in discorso al di fuori dei limiti per essa fissati dall'ordinamento, giustifica per la medesima una valutazione di particolare rigore tale da escludere la liceità di alcuna apprezzabile compressione dei diritti dei terzi >>
27 definite dall’art. 268, comma 1, lett. f-bis) TUA (introdotto dal D. Lgs 30 luglio 2020, n. 102) come le “ emissioni convogliate o diffuse aventi effetti di natura odorigena ”.
28 SANSON, op. loc. cit. Peraltro, già prima della introduzione dell’art. 272-bis alcune Regioni si erano dotate di una normativa per prevenire emissioni odorigene.
29 Cfr. per tutti Cass. Pen., Sez. 3, 7 novembre 2007, n. 6419, Costanza, secondo cui “v i è possibilità di concorso tra l'art. 674 C.P. e le norme speciali in materia ambientale (inquinamento atmosferico, inquinamento idrico e inquinamento elettromagnetico). Non sussiste rapporto di specialità, ex art. 9 della legge n. 689 del 1981, tra la norma che sanziona l’effettuazione di scarichi di acque reflue domestiche senza la prescritta autorizzazione) e quella di cui all'art. 674 cod. pen., trattandosi di norme dirette alla tutela di beni giuridici diversi e fondate su diversi presupposti, in quanto esula dalla previsione della fattispecie sanzionata in via amministrativa il fatto di avere cagionato offesa o molestia alle persone ” nonchè ID., 30 ottobre 2013, n. 46237, Semplici, secondo cui “i n linea di principio, il reato di getto pericoloso di cose può concorrere con i reati di gestione non autorizzata di rifiuti (art. 256, D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152) e di scarico di reflui industriali senza autorizzazione (art. 137, D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152), purché si accerti la potenziale offensività del rifiuto o del refluo ed il getto avvenga in un luogo di pubblico transito o in un luogo privato di comune o altrui uso ”; entrambe in www.lexambiente.it
30 Cass. Pen., Sez. 3, (est. Ramacci) 21 maggio 2021 (CC 29 apr 2021), n. 20204, Galleri in www.lexambiente.it, 24 maggio 2021, alla cui lettura integrale si rinvia.
31 L’osservazione può essere condivisa, a nostro sommesso avviso, solo sottolineando “in qualche modo”.
32 richiamando, in particolare, le sentenze Tirapelle e Coletti da noi citate alla nota 19.
33 La sentenza ricorda giustamente, tra l’altro, che l'attitudine della condotta incriminata a provocare molestie alle persone costituisce elemento ulteriore ed essenziale della fattispecie di pericolo delineata dall’ art. 674 c.p.
34 Corte Cost. 7-16 marzo 1990, n 127 in Foro it., 1991, I, 36, con nota di FUZIO. Aggiunge PAONE, Emissioni in atmosfera, cit., che, “ uno dei casi non consentiti dalla legge sarà perciò costituito dall’applicazione diretta della norma che tutela il diritto alla salute e all’ambiente salubre di cui al combinato disposto dell’art. 32 e 41, secondo comma, Cost .”. Cfr., nello stesso senso, anche il nostroArt. 674 c.p., emissioni moleste e inquinamenti. E’ l’ora delle sezioni unite?…., cit.
35 Per un primo esame, si rinvia ad AMENDOLAMa che significa veramente disastro ambientale abusivo?, inwww.lexambiente.it, marzo 2015; e La Confindustria ed il disastro ambientale abusivo, in www.questionegiustizia.it , aprile 2015. Amplius, cfr. il nostro Il diritto penale dell’ambiente, Roma 2017, pag. 319 e segg., cui si rinvia per richiami di dottrina e giurisprudenza.
36 RUGA RIVA, Ambiente in genere. Ancora sul concetto di abusivamente nei delitti ambientali: replica a Gianfranco Amendola , in www.lexambiente.it , 6 luglio 2015
37 Nello stesso senso, cfr. il nostro Radio Vaticana, elettrosmog …., cit., ove mettevamo in evidenza <<l’aspetto più preoccupante>> di questa tesi che postula una “ totale ed obbligata soggezione, nel campo delle attività inquinanti, del giudice penale (e della legge penale) rispetto all’autorità amministrativa (ed alle norme di settore), anche se fosse provata la lesione o la messa in pericolo del bene giuridico protetto da una norma penale ”.
38 Cfr., da ultimo, GALANTI, I delitti contro l’ambiente, Pisa 2021, pag. 72 e segg.
39 ed ogni indecisione da parte di chi è chiamato a fare indagini. Cfr per tutti l’audizione del 6 marzo 2019 quando, dinanzi alla Commissione parlamentare Ecomafia, Maurizio FERLA, Comandante dei Carabinieri per la tutela dell’ambiente, parlando della legge n. 68/2015, ha messo in risalto che << al di là delle statistiche a volte abbastanza celebrative, in realtà gli articoli su inquinamento ambientale e disastro… restano sostanzialmente lettera morta o quasi, perché formulati con un preliminare “abusivamente” che sta bloccando molte Procure, molte autorità giudiziarie, molta polizia giudiziaria, particolarmente noi >>