TAR Marche Sez. I n.114 del 10 febbraio 2017
Ambiente in genere.VIA postuma

Il Tribunale sospende il giudizio e sottopone alla Corte di Giustizia CE le seguenti questioni pregiudiziali:
- se il diritto comunitario (ed in specie la direttiva 2011/92/UE, nella versione vigente alla data di adozione dei provvedimenti impugnati) osta in via di principio ad una normativa o ad una prassi amministrativa nazionale che consente di sottoporre a verifica di assoggettabilità a VIA o a VIA progetti relativi ad impianti già realizzati nel momento in cui si svolge la verifica o se, al contrario, esso consente di tenere conto al riguardo di circostanze eccezionali che giustifichino una deroga al principio generale per cui la VIA ha natura di valutazione preventiva;
- se, più in particolare, tale deroga sia giustificata nel caso in cui una normativa sopravvenuta esoneri da VIA un determinato progetto che avrebbe dovuto essere sottoposto a screening in base ad una decisione del giudice nazionale che ha dichiarato incostituzionale e/o disapplicato una norma previgente che prevedeva l’esenzione.

Pubblicato il 10/02/2017

N. 00114/2017 REG.PROV.COLL.

N. 00576/2015 REG.RIC.

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA NON DEFINITIVA

sul ricorso numero di registro generale 576 del 2015, proposto da:
Comune di Castelbellino, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato Alessandro Lucchetti, con domicilio eletto presso lo studio Avv. Alessandro Lucchetti in Ancona, corso Mazzini, 156;

contro

Regione Marche, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avvocato Pasquale De Bellis, con domicilio eletto presso il Servizio Legale della Regione, in Ancona, piazza Cavour, 23;
Ministero per i Beni e Le Attività Culturali, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliato presso la sede della stessa, in Ancona, piazza Cavour, 29;
Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, non costituito in giudizio;
Regione Marche Servizio Infrastrutture Trasporti Energia, P.F. Rete Elettrica Regionale, non costituita in giudizio;
Provincia di Ancona, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avvocato Claudia Domizio, con domicilio eletto presso l’Ufficio Legale dell’Amministrazione Provinciale, in Ancona, via Ruggeri, 5;

nei confronti di

Societa' Agricola 4 C S.S., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avvocato Moreno Misiti, con domicilio eletto presso lo studio Avv. Moreno Misiti, in Ancona, corso Garibaldi, 124;

per l'annullamento

previa sospensione

- del decreto n. 60/EFR del 3/6/2015, comunicato con nota prot.395331 del 4/6/2015, del Dirigente della P.F. "Rete Elettrica Regionale, Autorizzazioni Energetiche, Gas ed Idrocarburi" della Regione Marche;

- della nota prot.337839 del 13/5/2015 della Regione Marche;

nonché di ogni altro atto presupposto, connesso, conseguente o comunque collegato.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Marche, del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, della Provincia di Ancona e della Societa' Agricola 4 C S.S.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 2 dicembre 2016 il dott. Tommaso Capitanio e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Visto l'art. 36, co. 2, cod. proc. amm.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. La presente vicenda contenziosa costituisce il seguito di quella definita da questo Tribunale con la sentenza n. 486/2015.

Con tale decisione è stata annullata l’autorizzazione unica ex art. 12 D.Lgs. n. 387/2003, rilasciata dalla Regione Marche in favore della controinteressata Società Agricola 4 C S.S. per il potenziamento di un preesistente impianto per la produzione di energia elettrica da biomasse (da 249 a 999 kW), ubicato nel territorio del Comune di Castelbellino.

2. L’annullamento è stato pronunciato per la ritenuta sussistenza della violazione della direttiva 2011/92/UE, e ciò a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 93 del 2013, con la quale sono state dichiarate incostituzionali le disposizioni regionali in forza delle quali l’impianto in argomento era stato esonerato dalla procedura di screening di VIA (la declaratoria di incostituzionalità ha riguardato in particolare gli “…allegati A1, A2, B1 e B2 alla legge della Regione Marche 26 marzo 2012, n. 3 (Disciplina regionale della valutazione di impatto ambientale – VIA), nel loro complesso, nella parte in cui, nell’individuare i criteri per identificare i progetti da sottoporre a VIA regionale o provinciale ed a verifica di assoggettabilità regionale o provinciale, non prevedono che si debba tener conto, caso per caso, di tutti i criteri indicati nell’Allegato III alla direttiva 13 dicembre 2011, n. 2011/92/UE (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati – codificazione), come prescritto dall’articolo 4, paragrafo 3, della medesima…” - vedasi il dispositivo della sentenza n. 93/2013).

L’impianto era stato esentato dalla verifica di assoggettabilità in ragione della sua potenza nominale, inferiore a 1 MW.

3. Va evidenziato che a seguito della citata sentenza della Corte Costituzionale questo Tribunale ha accolto numerosi ricorsi analoghi a quello proposto a suo tempo dal Comune di Castelbellino e tutte queste vicende erano accomunate dal fatto che i progetti relativi agli impianti furono a suo tempo esentati dalla procedura di screening ai sensi della L.R. Marche n. 3/2012 (o anche della previgente L.R. n. 20/2011, la quale recava una formulazione esattamente identica a quella della L.R. n. 3/2012).

4. Va altresì ricordato che, già a seguito dell’impugnazione da parte del Governo della L.R. n. 3/2012 e prima ancora che la Corte Costituzionale si pronunciasse, la Regione Marche aveva modificato la L.R. n. 3/2012, prevedendo in particolare, all’art. 3, commi 1 e 1-bis, che:

“1. Sono sottoposti alla verifica di assoggettabilità di cui all'articolo 8 i progetti indicati negli allegati B1 e B2.

1-bis. I progetti di cui agli allegati B1 e B2, che prevedono soglie dimensionali al di sotto di quelle indicate dai medesimi allegati, sono sottoposti a verifica di assoggettabilità a VIA qualora producano impatti significativi e negativi sull'ambiente, da valutarsi sulla base dei criteri di cui all'allegato C. La Giunta regionale determina le modalità di attuazione ed applicazione della presente disposizione…”. Ulteriori disposizioni sono contenute nei successivi commi dell’art. 3.

5. Ciò detto, nell’ambito del pregresso giudizio è accaduto che, prima della celebrazione dell’udienza di trattazione del merito, è stato pubblicato sulla G.U.R.I. n. 84 dell’11 aprile 2015 il Decreto del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare 30 marzo 2015, recante “Linee guida per la verifica di assoggettabilità a valutazione di impatto ambientale dei progetti di competenza delle regioni e province autonome, previsto dall'articolo 15 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 116”.

Questo decreto, come risulta anche dal titolo, è stato adottato in attuazione della delega contenuta nell’art. 15 (intitolato “Disposizioni finalizzate al corretto recepimento della direttiva 2011/92/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, in materia di valutazione di impatto ambientale. Procedure di infrazione n. 2009/2086 e n. 2013/2170”) del D.L. n. 91/2014, convertito in L. n. 116/2014.

6. Per quanto di interesse nel presente giudizio, da un lato il D.L. n. 91/2014 ha modificato il D.Lgs. n. 152/2006 (c.d. Testo Unico Ambiente) abrogando le norme che consentivano alla Regione di fissare soglie di esenzione dalla VIA differenziate (art. 6, comma 9, del T.U., nella versione previgente all’entrata in vigore dell’art. 15), dall’altro lato il D.M. ha stabilito i parametri uniformi validi a livello nazionale per l’esenzione dalla VIA di progetti di interesse regionale, consentendo alle Regioni unicamente di formulare al Ministero dell’Ambiente istanze tese ad ottenere:

“…. una diversa riduzione percentuale delle soglie dimensionali di cui all'allegato IV della parte seconda del decreto legislativo n. 152/2006 rispetto a quanto previsto dalle presenti linee guida in relazione alla presenza di specifiche norme regionali che, nell'ambito della procedura di autorizzazione dei progetti, garantiscano livelli di tutela ambientale più restrittivi di quelli stabiliti dalle norme dell'Unione europea e nazionali nelle aree sensibili individuate al paragrafo 4 delle allegate linee guida;

b) [….], qualora non siano applicabili i criteri specifici individuati al paragrafo 4 delle allegate linee guida, un incremento nella misura massima del 30% delle soglie dimensionali di cui all'allegato IV della parte seconda del decreto legislativo n. 152/2006, garantendo livelli di tutela ambientale complessivamente non inferiori a quelli richiesti dalle vigenti norme dell'Unione europea e nazionali;

c) […], qualora non siano applicabili i criteri specifici individuati al paragrafo 4 delle allegate linee guida, criteri o condizioni in base ai quali è possibile escludere la sussistenza di potenziali effetti significativi sull'ambiente e pertanto non è richiesta la procedura di verifica di assoggettabilità alla VIA” (vedasi l’art. 2 del D.M.).

7. La Società Agricola 4 C S.S., in data 16 aprile 2015, aveva pertanto presentato alla Regione Marche istanza di attivazione del procedimento per la verifica dell’esenzione dell’impianto dalla VIA e tale procedimento era ancora in corso alla data di celebrazione dell’udienza di trattazione del citato ricorso n. 54/2013 R.G. In quella sede sia la Regione che la controinteressata avevano quindi chiesto il rinvio dell’udienza, ma il Tribunale - stante anche l’opposizione del Comune di Castelbellino - non ha ritenuto di accogliere tale istanza.

8. Con la citata sentenza n. 486/2015 il Tribunale ha annullato l’autorizzazione unica, spiegando anche le ragioni per cui non ha ritenuto rilevante, allo stato, la sopravvenienza del D.M. 30/3/2015.

Come in effetti è dimostrato dalla proposizione del presente ricorso, il rinvio dell’udienza non sarebbe stato risolutivo, essendo facilmente pronosticabile l’impugnazione da parte del Comune del provvedimento con cui la Regione avesse sostanzialmente sanato il vizio originario dell’omessa sottoposizione del progetto a screening di VIA. Che questa impugnazione fosse stata fatta con motivi aggiunti al ricorso n. 54/2013 R.G. o con ricorso autonomo poco rilevava nell’economia della decisione del TAR, non essendo nemmeno decisivo il fatto che la decisione regionale sull’applicabilità o meno del D.M. 30/3/2015 pervenisse in un momento in cui l’autorizzazione regionale era ancora valida in quanto non incisa dalla sentenza del Tribunale. In effetti, laddove il Tribunale ritenesse corretto l’operato della Regione, la controinteressata riuscirebbe comunque a perseguire l’interesse sostanziale a continuare nella gestione dell’impianto.

Va precisato che la sentenza n. 486/2015 è stata appellata, ma il relativo ricorso n. 8440/2015 R.G. alla data della presente decisione non è stato ancora deciso dal Consiglio di Stato; né risulta che il giudice di appello abbia sospeso l’esecutività della sentenza del TAR.

9. Con il presente ricorso il Comune di Castelbellino impugna dunque il decreto n. 60/EFR del 3 giugno 2015, con il quale il dirigente della P.F. Rete Elettrica Regionale, Autorizzazioni Energetiche, Gas ed Idrocarburi della Regione Marche ha:

- preso atto della sentenza della Corte Costituzionale n. 93/2013 e delle successive sentenze di questo TAR che hanno recepito tale decisione della Corte;

- ritenuto applicabile all’istanza presentata dalla società agricola controinteressata il D.M. 30/3/2015;

- verificato che, in base ai criteri introdotti dal D.M., l’impianto in questione è esentato dalla verifica di assoggettabilità a VIA. Infatti, in base alla nuova formulazione del D.Lgs. n. 152/2006, la soglia di assoggettabilità a VIA degli impianti del tipo di quello realizzato da 4 C è di 50 MW di potenza nominale, soglia che in presenza di almeno una delle condizioni indicate dal punto 4. e successivi sottoparagrafi del D.M. 30/3/2015 va ridotta del 50% (25 MW). Poiché l’impianto per cui è causa ha una potenza nominale inferiore a 1 MW, lo stesso non deve essere sottoposto a screening di VIA;

- confermato dunque l’esenzione da screening di VIA del progetto in argomento;

- convalidato l’autorizzazione unica rilasciata nel 2012.

10. Queste le censure formulate dal Comune:

- violazione e falsa applicazione dei principi di legalità, tipicità, imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa. Violazione della disciplina comunitaria e nazionale in materia di VIA ed in particolare del principio per cui la valutazione di impatto ambientale non può essere svolta in sanatoria. Violazione del principio tempus regit actum. Difetto di istruttoria e di motivazione;

- violazione e falsa applicazione dell’art. 21-nonies L. n. 241/1990 (assenza dei presupposti di legge per la convalida di un provvedimento amministrativo illegittimo). Violazione dell’art. 10 della L. n. 241/1990. Difetto di istruttoria e di motivazione;

- violazione e falsa applicazione dell’art. 4, comma 2, D.M. 30/3/2015.

11. Si sono costituiti il Ministero per i Beni e Le Attività Culturali e la Provincia di Ancona, svolgendo difese di mero stile. La Regione Marche e la ditta Società Agricola 4 C S.S. hanno invece chiesto il rigetto del ricorso nel merito.

Per la trattazione della causa era stata fissata inizialmente l’udienza pubblica del 3 giugno 2016, poi differita al 2 dicembre 2016 su istanza congiunta delle parti.

DIRITTO

12. Il Tribunale ritiene che la decisione sulla presente controversia non possa prescindere dalla rimessione alla Corte di Giustizia UE delle questioni di cui si dirà nel prosieguo.

13. Prima di dare conto di tali questioni, sono però necessarie due premesse.

13.1. Il primo profilo attiene al rigetto di alcune censure formulate in ricorso, le quali rivestirebbero rilievo preliminare rispetto a quelle oggetto del rinvio pregiudiziale.

Ci si riferisce, in particolare, alle doglianze con le quali si sostiene la violazione dei principi generali in materia di convalida dei provvedimenti amministrativi e l’inapplicabilità alla fattispecie - e non per ragioni sostanziali, ma per motivi di carattere formale - del D.M. 30/3/2015.

E’ evidente infatti che se il Tribunale condividesse tali censure, il ricorso solo per questo andrebbe accolto e non vi sarebbe quindi alcun bisogno di investire della vicenda la Corte di Giustizia UE.

13.2. L’altra premessa discende dal fatto che con ordinanze n. 185/2016 e n. 186/2016 questo Tribunale ha operato un rinvio pregiudiziale sempre con riguardo alla materia che occupa il Collegio, ma in relazione ad un diverso profilo della medesima problematica.

Le relative cause sono iscritte nel ruolo della Corte di Giustizia con i numeri C-196/16 e C-197/16 e non sono state ancora definite.

Rinviando per ragioni di celerità espositiva al contenuto delle citate ordinanze, va solo rimarcato che in quelle vicende viene in evidenza la problematica della c.d. VIA postuma, ossia fattispecie nelle quali, a seguito dell’annullamento - sempre in applicazione della sentenza della Corte Costituzionale n. 93/2013 - dell’autorizzazione unica, i proponenti hanno attivato la procedura di VIA, che si è conclusa favorevolmente e che è in alcuni casi è stata già stata seguita dal rilascio di una nuova autorizzazione unica. Tali provvedimenti sono stati impugnati dai soggetti pubblici o privati che avevano ottenuto l’annullamento delle autorizzazioni originarie, i quali deducono quale vizio principale il fatto che l’ordinamento comunitario non contempla l’istituto della VIA postuma e che dunque prima di procedere all’eventuale rinnovamento della procedura autorizzativa, gli impianti le cui autorizzazioni sono state annullate andrebbero disattivati e demoliti (e ciò soprattutto al fine di evitare un condizionamento anche inconsapevole in capo ai funzionari regionali o provinciali che sono chiamati a svolgere le procedure di screening, i quali potrebbero essere indotti a sottovalutare l’impatto ambientale pur non di essere costretti a ordinare lo smantellamento di impianti già esistenti).

14. Partendo dalle censure si cui si è detto al punto 13.1, il Collegio osserva quanto segue.

14.1. Seppure è vero che, in generale, la convalida di atti amministrativi illegittimi in pendenza di un giudizio può implicare un vulnus al principio di effettività della tutela giurisdizionale, è altrettanto vero che l’ordinamento nazionale prevede espressamente l’istituto della convalida (art. 21-nonies L. n. 241/1990). Va poi tenuto conto del fatto che, per il diritto interno, la convalida e la sanatoria degli atti giuridici non sono sempre possibili, essendo ammissibili o nel caso in cui si tratti di eliminare vizi formali - procedurali oppure quando esista una specifica norma di legge che ciò consenta (si veda, ad esempio, l’art. 38 del DPR n. 380/2001). Ma, in ogni caso, deve essere sempre il giudice, opportunamente adito, a stabilire se la convalida o la sanatoria sono legittime.

Nella specie, la Regione, pur avendo preso atto della sentenza della Corte Costituzionale n. 93/2013 e delle successive sentenze di questo Tribunale, ha ritenuto comunque percorribile la via della convalida.

14.2. A questo proposito, va ulteriormente osservato che:

- la più volte citata sentenza della Corte Costituzionale, in generale, si prestava ad essere eseguita in vari modi, visto che la direttiva 2011/92/UE prevede pur sempre che uno dei criteri da utilizzare per l’individuazione dei progetti che possono essere esentati dallo screening di VIA è quello della soglia numerica (si vedano, ad esempio, le soglie previste per gli impianti di trattamento di acque reflue o per gli allevamenti di pollami e suini - punti 13 e 17 dell’allegato I alla direttiva 2011/92/UE) e che, in realtà, la L.R. Marche n. 3/2012 anche nella sua formulazione originaria prevedeva un meccanismo composito di esenzione dalla VIA, non basato solo su soglie numeriche (si vedano i commi 2, 3 e 4 dell’art. 3 della L.R. n. 3/2012, non modificati dalla successiva L.R. n. 30/2012);

- se non fosse nelle more intervenuta la normativa statale, l’impianto in argomento sarebbe stato sottoposto in via postuma a screening di VIA, in base alla L.R. n. 3/2012, come modificata dalla L.R. n. 30/2012 (il che, in caso di ricorso, avrebbe sollevato le medesime problematiche oggetto delle citate ordinanze di rinvio pregiudiziale nn. 185 e 186/2016, con l’unica differenza che il Tribunale avrebbe potuto anche evitare di adottare un’autonoma ordinanza di rinvio, in assenza di profili nuovi da sottoporre alla Corte di Giustizia);

- peraltro, poiché in base ad un principio generale dell’ordinamento la normativa vigente nel momento in cui la pubblica amministrazione deve dare esecuzione ad una sentenza di annullamento non è irrilevante (specie quando la stessa abbia modificato le regole sulla competenza o i presupposti per l’applicazione di una determinata normativa), la Regione non ha potuto non tenere conto del fatto che il D.M. 30/3/2015 ha modificato in senso sostanziale i criteri di sottoponibilità a screening di VIA degli impianti a biomasse;

- questo anche in ragione del fatto che rientrava nelle prerogative del legislatore statale la modifica delle disposizioni del T.U. n. 152/2006 che in precedenza prevedevano una sorta di competenza concorrente delle Regioni nella individuazione dei progetti da sottoporre a VIA o a verifica di assoggettabilità;

14.3. Nella specie poi l’impianto era esente da VIA al momento del rilascio dell’autorizzazione unica ed è esente da VIA anche attualmente. L’esecuzione della sentenza n. 486/2015 imponeva in primo luogo di verificare l’assoggettabilità dell’impianto a VIA (anche perché le altre censure di merito formulate dal Comune di Castelbellino nel precedente giudizio erano state respinte) e questo è ciò che la Regione ha fatto.

Non è pertanto rilevante il fatto che formalmente il procedimento di rilascio dell’autorizzazione unica si era già concluso nel 2012, visto che, anche in assenza di un’istanza da parte di 4 C, la Regione, prima di decretare lo spegnimento e/o la rimozione dell’impianto, avrebbe dovuto comunque verificare se lo stesso doveva essere sottoposto a screening.

In ogni caso, per verifica di assoggettabilità si intende “…la verifica attivata allo scopo di valutare, ove previsto, se piani, programmi ovvero le loro modifiche, possano aver effetti significativi sull'ambiente e devono essere sottoposti alla fase di valutazione secondo le disposizioni del presente decreto considerato il diverso livello di sensibilità ambientale delle aree interessate…” (art. 5, let. m-bis), del D.Lgs. n. 152/2006.

Nella specie la Regione ha effettuato proprio tale verifica, anche se la stessa si è conclusa nella fase preliminare, in ragione delle soglie e dei criteri introdotti dal D.M. 30/3/2015.

14.4. Il motivo di ricorso con cui si deduce la inapplicabilità alla fattispecie del D.M. 30/3/2015 va quindi respinto.

15. Si deve passare dunque a trattare della questione centrale attorno a cui ruota il presente giudizio, la quale, ad avviso del Collegio, attiene comunque alla problematica della c.d. VIA postuma e necessita dunque di essere sottoposta alla valutazione del Giudice comunitario, in linea con quanto questo Tribunale ha già disposto con le citate ordinanze nn. 185 e 186/2016.

15.1. In vista dell’udienza di trattazione il Comune ricorrente ha tenuto a rimarcare il fatto che nella presente controversia la questione è ancora più rilevante, visto che nelle vicende oggetto delle citate ordinanze di rinvio pregiudiziale la VIA era stata quantomeno svolta (sia pure ad impianto già realizzato), mentre nella specie la valutazione di impatto ambientale non è stata svolta né ab origine - in applicazione di una norma poi dichiarata incostituzionale - né in via postuma.

15.2. Il Tribunale condivide i dubbi sollevati da parte ricorrente, nei seguenti termini:

- il dichiarato intento del legislatore statale del 2014 (intento che emerge peraltro dalla stessa rubrica dell’art. 15 del D.L. n. 91/2014) era quello di superare le procedure di infrazione n. 2009/2086 e n. 2013/2170, aperte dalla Commissione UE a carico dell’Italia (successivamente la Commissione ha comunicato l’archiviazione della citata procedura d’infrazione n. 2009/2086, mentre l’altra procedura non rileva nel presente giudizio avendo ad oggetto la non corretta trasposizione della categoria progettuale relativa alle opere di regolazione dei corsi d’acqua);

- tale obiettivo è stato perseguito, come detto, attraverso una modifica del T.U. Ambiente n. 152/2006 che elimina il potere delle Regioni di stabilire direttamente, per i progetti di interesse sub-statale, soglie di esenzione dalla VIA diversificate. Le uniche soglie sono quindi quelle fissate a livello statale dal T.U., mentre alla singola Regione è data solo la facoltà di richiedere al Ministero dell’Ambiente l’introduzione di soglie inferiori in relazione a specifiche e comprovate esigenze di tutela ambientale che riguardano solo quella Regione (vedasi il citato art. 2 del D.M. 30/3/2015);

- il legislatore statale dichiara altresì che la nuova disciplina aumenta in modo considerevole il numero di progetti che sono sottoposti quantomeno a verifica di assoggettabilità, e ciò in applicazione dei criteri di cui ai punti da 3. a 5. delle Linee guida (vedasi il punto 1. Finalità e ambito di applicazione delle stesse Linee guida);

- in alcuni casi, peraltro, e con specifico riguardo alla situazione della Regione Marche (l’unica che si sia vista dichiarare parzialmente incostituzionale la normativa regionale sulla VIA), questa novella legislativa implica che un certo numero di progetti non debba essere più sottoposto a screening. Va infatti considerato che, in base alla normativa regionale poi dichiarata incostituzionale, tutti gli impianti a biomasse di potenza superiore a 1 MW erano sottoposti a screening, mentre attualmente solo gli impianti di potenza superiore a 50 MW (o 25 MW in presenza di una o più delle condizioni di cui ai punti 3-5 delle Linee guida allegate al D.M. 30/3/2015) sono sottoposti a verifica di assoggettabilità.

15.3. A ciò si aggiungano le medesime considerazioni di fondo espresse dal Tribunale nelle citate ordinanze di rinvio pregiudiziale nn. 185 e 186 del 2016. In effetti, anche nel caso in esame si è in presenza di una verifica di assoggettabilità a VIA postuma, effettuata cioè in un momento in cui l’impianto è stato già realizzato.

Oltre a tali considerazioni (le quali, per non appesantire oltre il dovuto la presente decisione, vengono richiamate integralmente per relationem), l’odierno Collegio ritiene solo di dover evidenziare che ulteriori elementi di riflessione emergono dalla recente sentenza della Corte di Giustizia CE 17 novembre 2016, in causa C-348/15, Stadt Wiener Neustadt, laddove il Giudice comunitario ha richiamato le note sentenze 3 luglio 2008, in causa C-215/06, Commissione/Irlanda, e 7 gennaio 2004, in causa C-201/02, Wells.

16. Tutto ciò premesso, il Tribunale sospende il giudizio e sottopone alla Corte di Giustizia CE le seguenti questioni pregiudiziali:

- se il diritto comunitario (ed in specie la direttiva 2011/92/UE, nella versione vigente alla data di adozione dei provvedimenti impugnati) osta in via di principio ad una normativa o ad una prassi amministrativa nazionale che consente di sottoporre a verifica di assoggettabilità a VIA o a VIA progetti relativi ad impianti già realizzati nel momento in cui si svolge la verifica o se, al contrario, esso consente di tenere conto al riguardo di circostanze eccezionali che giustifichino una deroga al principio generale per cui la VIA ha natura di valutazione preventiva;

- se, più in particolare, tale deroga sia giustificata nel caso in cui una normativa sopravvenuta esoneri da VIA un determinato progetto che avrebbe dovuto essere sottoposto a screening in base ad una decisione del giudice nazionale che ha dichiarato incostituzionale e/o disapplicato una norma previgente che prevedeva l’esenzione.

17. Ai sensi della “nota informativa riguardante la proposizione di domande di pronuncia pregiudiziale da parte dei giudici nazionali” 2011/C 160/01 in G.U.C.E. 28 maggio 2011, vanno trasmessi alla cancelleria della Corte di Giustizia UE, mediante plico raccomandato in copia, i seguenti atti:

- copia della presente sentenza-ordinanza;

- copia integrale del fascicolo di causa;

- copia della sentenza n. 486/2015 e delle ordinanze nn. 185 e 186/2016 del TAR Marche;

- copia della sentenza della Corte Costituzionale n. 93/2013;

- testo dell’art. 15 del D.L. n. 91/2014, quale risulta all’esito della conversione disposta con L. n. 116/2014;

- copia del D.M. Ambiente 30/3/2015;

- testo originale della L.R. Marche n. 3/2012;

- testo della L.R. Marche n. 3/2012, come modificata dalla L.R. Marche n. 30/2012.

18. Il presente giudizio viene sospeso, nelle more della definizione delle questioni pregiudiziali, e ogni ulteriore decisione, anche in ordine alle spese, è riservata alla pronuncia definitiva.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche (Sezione Prima), non definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:

- in parte lo respinge;

- per il resto dispone:

1) a cura della segreteria, la trasmissione degli atti alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea ai sensi dell’art. 267 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, nei sensi e con le modalità di cui in motivazione, e con copia degli atti ivi indicati;

2) la sospensione del presente giudizio;

- riserva alla decisione definitiva ogni ulteriore statuizione in rito, in merito e in ordine alle spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Ancona nelle camere di consiglio dei giorni 2 dicembre 2016 e 13 gennaio 2017, con l'intervento dei magistrati:

Maddalena Filippi, Presidente

Tommaso Capitanio, Consigliere, Estensore

Francesca Aprile, Primo Referendario

         
         
L'ESTENSORE        IL PRESIDENTE
Tommaso Capitanio        Maddalena Filippi