TAR Lombardia (MI) Sez. III n. 2261 del 10 ottobre 2023
Ambiente in genere.Rapporti tra VIA e VAS

Sul tema dei rapporti fra VIA e VAS, non va sottaciuto che, pur sussistendo dei punti di contatto fra i due istituti, la seconda si discosta dalla prima quanto ad ambito applicativo, mirando alla valutazione preventiva degli effetti sull’ambiente non tanto di attività progettuali, quanto di azioni pianificatorie e programmatiche, anticipando, così, lo strumento della tutela ad una fase antecedente alla redazione e stesura del singolo progetto da realizzare. Detto altrimenti, la VAS presenta un carattere complessivo e non può approfondire, per ogni singola opera, tutti i profili ambientali, poiché, essendo finalizzata alla soluzione di problemi su scala geografica più ampia, si concentra sugli impatti strategici, mentre è compito della VIA operare a livello di specifico intervento. Corrobora tale conclusione l’art. 6, comma 12 del TUA, a tenore del quale, «Per le modifiche dei piani e dei programmi elaborati per la pianificazione territoriale, urbanistica (…) la valutazione ambientale strategica non è necessaria per la localizzazione delle singole opere». Ne discende, pertanto, che le questioni attinenti la localizzazione delle singole opere non costituiscono dimensione di analisi strategica propria della VAS ex art. 6, comma 12, d.lgs. 152/2016.

Pubblicato il 10/10/2023

N. 02261/2023 REG.PROV.COLL.

N. 00525/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 525 del 2021, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Legambiente - Associazione di Promozione Sociale - APS, in persona del Presidente regionale pro-tempore di Legambiente Lombardia - Onlus, Barbara Meggetto, previamente autorizzata in data 08.03.2021 dal Presidente Nazionale; nonché da: Andrea Benvenuto Beretta, Cristina Capetta, Gian Luigi Suardi, Marco Perego, Maria Luisa Chiari, Dario Buzzi, Andrea Buzzi, Stefania Galbiati, rappresentati e difesi dall'avvocato Emanuela Beacco, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Città Metropolitana di Milano, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Marialuisa Ferrari, Nadia Marina Gabigliani, Alessandra Zimmitti e Giorgio Giulio Grandesso, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Comune di Vaprio d'Adda, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Alberto Fossati, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Regione Lombardia, non costituita in giudizio;

nei confronti

Lidl Italia S.r.l., rappresentata e difesa dall'avvocato Cesare Righetti, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l'annullamento

A) quanto al ricorso introduttivo:

a) della determina dirigenziale della Città Metropolitana di Milano (CMM) n. 564, del 21/01/2021, di «Verifica di assoggettabilità alla Valutazione di Impatto Ambientale, ai sensi dell'art. 19 del d.vo n. 152/2006, relativa al “Progetto di realizzazione di nuovo magazzino ad uso logistico”, da realizzare in comune di Vaprio d'Adda», pubblicata per 15 gg. consecutivi, dal 21.01.2021 e della relativa relazione istruttoria;

b) della richiesta di integrazioni di Città Metropolitana;

c) nonché, di ogni atto presupposto, connesso e conseguente, ancorché non noto;

B) e, per quanto riguarda i motivi aggiunti, depositati il 27/12/2021:

d) della delibera del Consiglio Comunale di Vaprio d’Adda n. 42, del 23.07.2021, di approvazione definitiva del Piano Attuativo Produttivo Artigianale "PUAV/P1", in variante al Piano delle Regole e al Piano dei Servizi, pubblicata dal 28.09.2021 al 13.10.2021; di tutti gli elaborati grafici allegati, incluse controdeduzioni e convenzione;

b) del decreto del Comune di Vaprio d’Adda dell'11.12.2020, di esclusione dalla Vas;

c) della delibera del Consiglio Comunale di Vaprio d’Adda n. 12 del 2021, di adozione del Piano "PUAV/P1";

d) della delibera della Giunta Comunale di Vaprio d’Adda n.43 del 2020, di avvio della procedura di verifica di assoggettabilità a VAS, e dei verbali della conferenza dei servizi;

e) per quanto occorrer possa, del PGT del Comune di Vaprio d’Adda.


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Vaprio d'Adda, della Città Metropolitana di Milano e di Lidl Italia S.r.l.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 giugno 2023 la dott.ssa Concetta Plantamura e uditi per le parti i difensori, come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1) Con ricorso notificato il 22 marzo 2021 e depositato il successivo 5 aprile 2021 gli esponenti hanno chiesto l’annullamento del provvedimento, in epigrafe specificato, con cui la Città Metropolitana di Milano ha decretato di non sottoporre alla procedura di valutazione d’impatto ambientale il progetto per la realizzazione di un nuovo magazzino ad uso logistico, da realizzare in Comune di Vaprio d’Adda, proposto dalla controinteressata LIDL Italia S.r.l.

1.1) Riferiscono, in fatto, i ricorrenti, come si tratterebbe di un intervento - in variante allo strumento urbanistico vigente - per oltre 55.000 mq di slp, su una porzione di 124.757 mq di territorio, allo stato inedificato e classificato come ambito agricolo di rilevanza paesistica. Dal punto di vista urbanistico, aggiungono ancora gli istanti, come le aree su cui dovrà sorgere il nuovo polo logistico avrebbero, in base al Piano di Governo del Territorio (PGT) vigente, quattro diverse destinazioni. Una parte dei mappali sarebbe azzonata come piano attuativo (P.L.) vigente; si tratterebbe di un vecchio piano attuativo produttivo, denominato «PUAV/P1» (ex «AP1»), adottato ed approvato nel 2008, con convenzione sottoscritta il 28.5.2009, ma prorogata nel 2013 per altri 10 anni, mai attuato. Alcune aree rientrerebbero, invece, nel perimetro della limitrofa cava (ATEg18) e sarebbero state nel corso degli anni acquisite dall’amministrazione. Altra parte del comparto ricomprenderebbe, poi, alcuni ambiti edificabili, a destinazione commerciale e produttiva, soggetti a permesso di costruire convenzionato (PCC/P1 e PCC/P2), oltre alla piattaforma ecologica.

Al fine di rendere il progetto urbanisticamente compatibile, LIDL avrebbe chiesto al Comune di Vaprio d’Adda l’approvazione di una variante al P.L. del 2008, con variante al Piano di Governo del Territorio, che contemplerebbe: (i) un ampliamento di circa 30.000 mq del perimetro del Piano; (ii) la modifica di diversi parametri edilizi e urbanistici (incremento dell’altezza massima da 12 a 18 metri, riduzione dal 20% al 15% dell’area filtrante); (iii) la modifica dell’azzonamento delle aree PCC/P1 e PCC/P2 e (iv) la ricollocazione della piazzola ecologica comunale, con l’eliminazione dell’edificio residenziale esistente.

L’iter della variante al Piano attuativo, avviato con d.G.C. n. 43, del 23.6.2020, avrebbe ottenuto il non assoggettamento a VAS, con successiva adozione del Piano il 5 marzo 2021.

Quanto all’iter avviato sulla domanda di verifica di assoggettabilità a VIA del progetto, invece, il 27.7.2020 la Città Metropolitana avrebbe trasmesso l’istanza agli Enti territoriali e ai gestori dei servizi con richiesta di contributi e/o pareri istruttori.

Tanto il Settore Area Ambiente e Tutela del Territorio della Città Metropolitana quanto l’ATS avrebbero rilevato delle criticità per le interferenze del progetto rispetto ai caratteri del contesto, nonché per l’incremento del traffico e il conseguente incremento delle emissioni in atmosfera e dell’impatto acustico.

A seguito dei contributi e delle osservazioni pervenute, con nota del 29.9.2020 la Città Metropolitana avrebbe chiesto integrazioni documentali alla società proponente la quale, dopo avere richiesto e ottenuto una proroga dei termini, il 16 dicembre 2020 avrebbe presentato le proprie integrazioni. Indi, il 21 gennaio 2021 la Città Metropolitana avrebbe pubblicato il decreto di esclusione dalla VIA, contro cui verte il ricorso in epigrafe.

2) I motivi di ricorso sono tre.

2.1) Con il primo viene dedotto il difetto d’istruttoria e la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 5, 6, 19 e 20 del d.lgs. n. 152 del 2006 (TUA) e dei principi di precauzione, prevenzione e dello sviluppo sostenibile.

Ciò, poiché la Città Metropolitana avrebbe condotto un’istruttoria carente e artefatta, avendo omesso di considerare: (i) il cumulo con gli altri progetti autorizzati od approvati (di cui all’Allegato V al TUA, punti 1 lett. b; punto 2 lett. a) e punto 3 lett. g); (ii) la sensibilità ambientale delle aree (di cui all’Allegato V, n. 2); (iii) l’opzione “zero”; (iv) l’impatto sull’aria e sul traffico e le immissioni acustiche.

2.2) Il secondo motivo fa leva sulla violazione e/o falsa applicazione degli artt. 5, 6, 19, 53 e 54 del d.lgs. n. 152/2006, della L.R. n. 5 del 2010 e della direttiva 2014/52/UE; nonché, sulla illegittimità costituzionale dell’art. 2, lettera c) della L. regionale della Lombardia n. 31 del 2014, in relazione all’art. 117, secondo comma, lettera s), e comma 1, della Costituzione, in combinato disposto con l’art. 2 del d.P.R. n. 120 del 2017 e con gli artt. 53 e 54 del Codice dell’Ambiente.

Ciò, poiché il Legislatore regionale avrebbe introdotto una definizione di “consumo di suolo” che, derogando ai principi posti dal Legislatore nazionale, avrebbe determinato, di fatto, una minore tutela della “risorsa suolo” rispetto a quanto imposto a livello statale, avendo valorizzato come “consumo di suolo” la trasformazione dei soli lotti non inclusi negli atti di pianificazione, sottraendo, così, alla valutazione, numerose ed importanti trasformazioni fisiche del suolo medesimo. Da ciò, la richiesta di sollevare la questione di illegittimità dell’art. 2, lettere a) e c), della L. n. 31 del 2014, per violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera s), e comma 1 della Costituzione, in combinato disposto con l’art. 2 del d.P.R. n. 120/2017 e con gli artt. 53 e 54 del TUA.

2.3) Con il terzo motivo si deduce, infine, la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 6, comma 12, e 19 del D.lgs. n. 152 del 2006, la violazione dei principi di precauzione, di azione preventiva e dello sviluppo sostenibile, la violazione della Deliberazione del Consiglio Regionale n. VIII/0351, del 13 marzo 2007, punto 7.3, nonché, l’eccesso di potere per difetto di istruttoria.

Ciò, poiché la verifica di assoggettamento a VIA non darebbe conto delle risultanze e delle criticità emerse nella parallela procedura di VAS.

3) Si sono costituiti la Città Metropolitana di Milano e il Comune di Vaprio d’Adda.

4) Con motivi aggiunti notificati il 13 dicembre 2021 e depositati il successivo 27 dicembre 2021 l’impugnazione è stata estesa, fra l’altro, alla delibera del Consiglio Comunale di approvazione definitiva del Piano Attuativo Produttivo Artigianale "PUAV/P1", in variante al Piano delle Regole ed al Piano dei Servizi del PGT del Comune di Vaprio d’Adda, e al decreto di esclusione dalla VAS.

5) I motivi dedotti sono otto.

5.1) Con il primo si lamenta la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 4, 8, 12, 13, 51 e 43 comma 2-sexies della L.R. della Lombardia n. 12/2005 e dell’art. 5, comma 4 della L.R. della Lombardia n. 31/2014, la violazione dell’art. 56 delle NTA del PGT del Comune di Vaprio d’Adda, la elusione della verifica di compatibilità con il PTCP e il PTM della Città Metropolitana, la violazione del PTR, nonché, l’eccesso di potere per difetto di istruttoria e violazione dei principi in tema di pianificazione.

Ciò, poiché il Comune avrebbe approvato il progetto direttamente con il Piano attuativo, senza che la relativa previsione fosse stata autorizzata e prevista dallo strumento urbanistico generale e, quindi, senza intervenire sul Documento di Piano, il quale sarebbe stato illegittimamente sottratto alle verifiche imposte dal diritto dell’unione e dal diritto interno.

5.2) Il secondo motivo fa leva sulla violazione dell’art. 12, comma 4 della L.R. n. 12/05, in quanto la presentazione del P.A. non sarebbe avvenuta ad opera dei proprietari degli immobili interessati.

5.3) Con il terzo motivo si deduce, a seguire, la violazione dell’art. 13, comma 14-bis della L.R. n. 12 del 2005 e della L.R. n. 14 del 1998, nonché, l’eccesso di potere difetto di istruttoria e la violazione del Piano cave, approvato con d.C.R. n.166 del 16.5.2006.

Ciò, poiché il Comune di Vaprio d’Adda avrebbe unilateralmente modificato il Piano cave, includendo nel P.A. una parte dell’ATEg18, di cui avrebbe modificato anche la destinazione urbanistica, trasformandola, per una parte, in area a destinazione produttiva e, per il resto, in area destinata alle mitigazioni ambientali.

5.4) Il quarto motivo fa leva sulla violazione dell'art. 6, comma 12 del D.lgs. n. 152 del 2006, la violazione della direttiva 2001/42/CE, la violazione della DCR n. VIII/0351 del 13.3.2007, la violazione del PTC della Città Metropolitana e del PTM, nonché, sulla mancata valutazione della conformità del P.A. agli strumenti sovraordinati, oltreché sull’eccesso di potere per difetto di istruttoria, violazione dei principi di precauzione, prevenzione e sviluppo sostenibile, anche per mancata previsione delle compensazioni e mitigazioni ambientali.

5.5) Con il quinto motivo si deduce, ancora, la violazione della L.R. n. 12/2005; la violazione delle NTA del PGT del Comune di Vaprio, dell’art. 3.2.1 del RLI, nonché, l’eccesso di potere per difetto di istruttoria, stanti gli errori commessi dal Comune nel calcolo del verde privato e della superficie filtrante.

5.6) A seguire, si propongono, sia quali vizi propri che in via derivata, quelli articolati nel ricorso introduttivo, ovvero:

- il sesto motivo ripropone le censure svolte nel secondo motivo del ricorso introduttivo, contestando l’affermazione della CMM, di cui alla nota del 15.10.2020, ove si afferma che: "l’intervento non comporta consumo di suolo né ai sensi della L.R. n.31/2014, né ai sensi del PTCP vigente, poiché riguarda ambiti che prevedevano già l'insediamento di attività produttive, tra cui quella estrattiva”. Si torna a chiedere, pertanto, «di sollevare questione di illegittimità dell’art. 2 per violazione dell’art. 117 secondo comma, lettera s), della Costituzione, nonché ai sensi dell’art. 117 comma 1, in combinato disposto con l’art. 2 del DPR 120/2017 e 53 e 54 del Codice dell’Ambiente» (così i motivi aggiunti, a pagina 26);

- il settimo motivo ripropone le censure svolte nel primo motivo del ricorso introduttivo, avverso la determinazione conclusiva dello screening sulla VIA;

- l’ultimo motivo ripropone le censure svolte avverso il decreto di non assoggettamento a VIA con il terzo motivo del ricorso introduttivo.

6) Si è costituita LIDL Italia s.r.l.

7) I difensori della società LIDL e quelli del Comune di Vaprio d’Adda hanno sottoscritto istanza di prelievo.

8) In vista dell’udienza di merito tutte le parti hanno depositato memorie; i ricorrenti hanno replicato.

8.1) Il Comune di Vaprio d’Adda ha controdedotto alle censure avversarie ed ha, inoltre, eccepito il difetto di legittimazione attiva dei signori Beretta, Perego, Buzzi D., Buzzi A., Capetta e Chiari, per mancanza della “vicinitas”; nonché, il difetto d’interesse al ricorso, non essendovi alcuna prova del reale pregiudizio derivante loro dall’intervento assentito dall’Amministrazione. Lo stesso Ente ha anche eccepito la inammissibilità per acquiescenza e l’irricevibilità dei motivi aggiunti, nella parte riguardante il decreto di esclusione dalla VAS, dell’11.12.2020, in quanto impugnato ben oltre il termine decadenziale di 60 giorni, decorrente dalla pubblicazione del decreto medesimo all’Albo Pretorio.

8.2) Anche la società LIDL ha controdedotto e sollevato plurime eccezioni, quali quelle: (i) di inammissibilità del ricorso per difetto d’interesse (poiché, ove fosse annullato il Piano “PUAV/P1” tornerebbe ad essere realizzabile il precedente Piano, maggiormente pregiudizievole per la ricorrente); (ii) di inammissibilità del ricorso per difetto d’interesse, non avendo i ricorrenti specificato quale maggiore lesione subirebbero in conseguenza della realizzazione del Piano “PUAV/P1” rispetto all’assetto assentito con il precedente Piano Attuativo.

8.3) In replica, i ricorrenti hanno ribadito le proprie posizioni.

9) All’udienza pubblica del 13 giugno 2023, presenti gli avvocati E. Beacco per la parte ricorrente, N. M. Gabigliani per Città Metropolitana, R. Montresor in sostituzione di Righetti per LIDL e A. Fossati per il Comune di Vaprio d'Adda, la causa è stata trattenuta in decisione.

10) Preliminarmente, il Collegio deve soffermarsi sulle eccezioni di difetto di legittimazione attiva e di interesse a ricorrere, come sopra sollevate dalle parti resistenti e dalla controinteressata.

10.1) Al riguardo, preme osservare come tali eccezioni riguardino soltanto alcuni dei ricorrenti, ovvero le persone fisiche, e non anche Legambiente, rispetto alla quale non si dubita della relativa legittimazione attiva, ex artt. 13 e 18, comma 5 della Legge n. 349/1986 (cfr. sulla legittimazione ex lege delle associazioni ambientaliste, che può esser riconosciuta non solo nel caso di atti inerenti la materia ambientale, ma anche per quelli che incidono sulla qualità della vita in un dato territorio, tra le tante, Cons Stato, II, 10-03-2021, n. 2056; TAR Lombardia, Milano, II 14-12-2020, n. 2491).

10.2) Per quanto attiene ai ricorrenti diversi da Legambiente, preme rammentare, in generale, che, ai fini della sussistenza delle condizioni dell'azione avverso provvedimenti lesivi dal punto di vista ambientale, il criterio della vicinitas - ovvero il fatto che i ricorrenti vivano abitualmente in prossimità del sito prescelto per la realizzazione dell'intervento o abbiano uno stabile e significativo collegamento con esso, tenuto conto della portata delle possibili esternalità negative - (criterio che non può più considerarsi dirimente ai fini della legittimazione ad agire nella materia dell’edilizia) rappresenta invece, sul piano della tutela dell’ambiente a fronte di atti che lo possano in via ipotetica compromettere, un elemento di per sé qualificante, fermo restando che pretendere la dimostrazione di un sicuro pregiudizio all'ambiente o alla salute, ai fini della legittimazione e dell'interesse a ricorrere, potrebbe costituire una probatio diabolica, tale da incidere sul diritto costituzionale di tutela in giudizio delle posizioni giuridiche soggettive [cfr. Cons. Stato, IV, 7-06-2022, n. 4639, che si richiama alla giurisprudenza della Cassazione (e, in particolare, alla sentenza n. 21740, del 27 agosto 2019), la quale, condividendo gli approdi della giurisprudenza amministrativa, ha statuito che il requisito della “vicinitas aggiunge l’elemento della differenziazione ad interessi qualificati in virtù delle norme costituzionali o di quelle ordinarie”, nelle materie che di volta in volta vengono in rilievo. Ciò, sempre ad avviso della Suprema Corte, in quanto l’interesse “appartiene a tanti soggetti facenti parte di una comunità identificata in base ad un prevalente criterio territoriale, che emerge come autentica situazione giuridica tutelabile in giudizio, laddove l'attività conformativa della Pubblica Amministrazione incida su un determinato spazio territoriale, modificandone l'assetto nelle sue caratteristiche non solo urbanistiche, ma anche paesaggistiche, ecologiche e di salubrità, e venga nel contempo denunziata come foriera di rischi per la salute, diritto, questo, costituzionalmente protetto”].

Non va poi sottaciuto, sullo stesso tema, come il concetto di “vicinitas” a cui fa riferimento la giurisprudenza richiamata nella memoria della difesa comunale, siccome relativo alle strutture commerciali, non coincida con quello impiegato nella materia dell’urbanistica e dell’ambiente (cfr. sulla “vicinitas, in ambito edilizio-urbanistico”: Cons. Stato, A.P., 9-12-2021, n. 22).

Ferma, pertanto, la sufficienza, ai fini del ridetto interesse, della verifica «che “la situazione giuridica soggettiva affermata possa aver subito una lesione” ma non anche che “abbia subito” una lesione, poiché questo secondo accertamento attiene al merito della lite» (così, Consiglio di Stato, A.P. n. 22/2021, citata), va ribadito come detto pregiudizio debba avere un piano d’indagine ampio, che coinvolga, cioè, il godimento dell’immobile “in uno con il richiamo a salute e ambiente” (così, sempre la citata sentenza n. 22 del 2021, che ha poi chiarito, con riguardo alla stessa materia dell’edilizia, come su detto piano ampio abbia fatto leva la giurisprudenza «per ravvisare il pregiudizio sofferto dal terzo non solo ad esempio nella diminuzione di aria, luce, visuale o panorama, ma anche nelle menomazioni di valori urbanistici e nelle degradazioni dell’ambiente in conseguenza dell’aumentato carico urbanistico in termini di riduzione dei servizi pubblici, sovraffollamento, aumento del traffico»).

Applicando le suesposte coordinate ermeneutiche alla fattispecie in esame, il Collegio ritiene che l’interesse al ricorso possa ricavarsi dall’insieme delle documentate allegazioni del patrocinio dei ricorrenti, tenuto conto della portata dell’intervento in contestazione che, abbracciando l’assetto urbanistico di una vasta area (124.757 mq di territorio, allo stato in prevalenza inedificato), appare suscettibile di arrecare alle persone fisiche residenti nelle vicinanze dell’area stessa (cfr. i documenti depositati sub nn. 25 e ss. da parte ricorrente), un possibile deprezzamento dei rispettivi immobili, a causa della minore qualità panoramica, ambientale e paesaggistica della zona interessata, tenuto anche conto delle conseguenze dell’aumento del carico urbanistico e, quindi, del traffico stradale [si legge, al riguardo, nei motivi aggiunti, che il P.A. «prevede un’attività logistica che coinvolge circa 150 mezzi pesanti al giorno (10 all’ora, uno ogni 6 minuti), oltre 100 auto dei dipendenti)»].

10.3) Anche l’eccezione che correla il difetto d’interesse alla eventualità che, con l’annullamento del Piano impugnato con i motivi aggiunti, potrebbe rivivere il precedente Piano attuativo, peggiorativo rispetto a quello contestato, va disattesa, in quanto, in disparte altro, formulata sul presupposto – il minore impatto ambientale del nuovo Piano rispetto al precedente -, che non trova affatto riscontro nella prospettazione attorea e che attiene, invece, al merito del ricorso in epigrafe.

10.4) Si può soprassedere all’esame delle restanti eccezioni, svolte in relazione ai motivi aggiunti rivolti contro il decreto di esclusione dalla VAS, stante l’infondatezza nel merito degli stessi.

11) Si può, pertanto, passare allo scrutinio del merito della controversia.

12) Sul primo motivo del ricorso introduttivo, che si incentra sul difetto d’istruttoria per mancata considerazione: (i) del cumulo con gli altri progetti autorizzati od approvati (di cui all’Allegato V al TUA, punti 1 lett. b; punto 2 lett. a) e punto 3 lett. g); (ii) della sensibilità ambientale delle aree (di cui all’Allegato V, n. 2); (iii) dell’opzione “zero”; (iv) dell’impatto sull’aria, sul rumore e sul traffico, il Collegio osserva quanto segue.

12.1) Il motivo è, nei sensi di seguito esposti, fondato.

12.2) L’art. 19 del d.lgs. 03/04/2006, n. 152 (TUA), nel disciplinare le modalità di svolgimento del procedimento di verifica di assoggettabilità a VIA, ha previsto, fra l’altro, che: «L'autorità competente, sulla base dei criteri di cui all'allegato V alla parte seconda del presente decreto, tenuto conto delle osservazioni pervenute e, se del caso, dei risultati di eventuali altre valutazioni degli effetti sull'ambiente effettuate in base ad altre pertinenti normative europee, nazionali o regionali, verifica se il progetto ha possibili ulteriori impatti ambientali significativi» (così, al comma 5). Aggiungendo, poi, che: «Qualora l'autorità competente stabilisca di non assoggettare il progetto al procedimento di VIA, specifica i motivi principali alla base della mancata richiesta di tale valutazione in relazione ai criteri pertinenti elencati nell'allegato V alla parte seconda (…)» (così, al comma 7).

Si legge, nel richiamato Allegato V del d.lgs. n. 152/2006, a proposito dei «Criteri per la verifica di assoggettabilità di cui all'art. 19»:

«1. Caratteristiche dei progetti.

Le caratteristiche dei progetti debbono essere considerate tenendo conto, in particolare:

(…)

b) del cumulo con altri progetti esistenti e/o approvati;

c) dell'utilizzazione di risorse naturali, in particolare suolo, territorio, acqua e biodiversità;

(…).

2. Localizzazione dei progetti.

Deve essere considerata la sensibilità ambientale delle aree geografiche che possono risentire dell'impatto dei progetti, tenendo conto, in particolare:

a) dell'utilizzazione del territorio esistente e approvato;

b) della ricchezza relativa, della disponibilità, della qualità e della capacità di rigenerazione delle risorse naturali della zona (comprendenti suolo, territorio, acqua e biodiversità) e del relativo sottosuolo;

c) della capacità di carico dell'ambiente naturale (…).

3. Tipologia e caratteristiche dell'impatto potenziale.

I potenziali impatti ambientali dei progetti debbono essere considerati in relazione ai criteri stabiliti ai punti 1 e 2 del presente allegato con riferimento ai fattori di cui all'articolo 5, comma 1, lettera c), del presente decreto, e tenendo conto, in particolare:

(…)

g) del cumulo tra l'impatto del progetto in questione e l'impatto di altri progetti esistenti e/o approvati;

h) della possibilità di ridurre l'impatto in modo efficace» (sulla ratio di tali criteri, volti a garantire per quanto possibile il più elevato livello di tutela ambientale, senza tuttavia onerare inutilmente il cittadino richiedente, cfr. Cons. Stato, II, 07-09-2020, n. 5379).

12.3) Applicando le suesposte norme alla fattispecie in esame, si ricava come la contestata verifica di assoggettabilità a VIA non risulti rispettosa dei succitati criteri, avendo l’Autorità competente omesso di considerare sia il cumulo con gli altri progetti autorizzati od approvati, sia la cd. opzione zero.

12.3.1) Sul primo aspetto, va notato che, pur avendo la stessa Città Metropolitana ritenuto, in un primo tempo, necessario richiedere al proponente di integrare la propria “Relazione” (depositata come documento n. 6 da parte ricorrente), con approfondimenti aventi ad oggetto, fra l’altro, gli effetti dei potenziali cumuli degli impatti dell’insediamento de quo con le altre strutture simili presenti nell’area di riferimento (cfr. la richiesta di integrazioni della CMM, datata 29.09.2020, allegata come doc. n. 6 dei depositi della Città Metropolitana), lo stesso Ente ha poi ritenuto “superate le iniziali carenze” (cfr. le “Risultanze dell’istruttoria”, richiamate quale Allegato A del Decreto n. 564 impugnato, depositate sub n. 2 della produzione di CMM), attraverso le integrazioni della proponente del 16.12.2020 (di cui al documento depositato sub n. 3 della produzione della controinteressata).

Sennonché, ad un attento esame, tali integrazioni non risultano affatto rispondenti agli approfondimenti richiesti e, più in generale, ai criteri sopra richiamati.

In particolare, nelle predette integrazioni si legge, rispetto al profilo sul quale l’Amministrazione aveva richiesto l’approfondimento, che «la scelta localizzativa trova giustificazione nelle previsioni urbanistiche dello strumento comunale che, grazie a questo intervento, trovano compiuta attuazione stante il mancato perfezionamento del piano attuativo in precedenza approvato» e che «di fatto tale scelta risponde alla logica della non compromissione di ulteriore suolo rispetto a quanto già preventivato e consolidato ed inoltre risulta di difficile reperimento un complesso dismesso eventualmente di riqualificare avente le caratteristiche richieste dal progetto sia in ambito locale che in un'ottica di più ampio respiro».

Orbene, è evidente come tale indicazione non fornisca affatto una risposta alla richiesta dell’Amministrazione volta, in applicazione dei noti criteri, a verificare i possibili impatti ambientali significativi e negativi del progetto de quo, [arg. ex art. 5, comma 1, lett. m) del D.Lgs. 03/04/2006, n. 152)], «anche per stimare la complessiva pressione ambientale derivata dalla sommatoria di più interventi incidenti sulle medesime componenti» (così, la richiesta di integrazioni di CMM del 29.09.2020, già citata).

Risulta, pertanto, affetta dai lamentati vizi istruttori la determinazione di non assoggettare a VIA il progetto basandosi sul presupposto, evidentemente erroneo, che lo Studio preliminare Ambientale, così come integrato dal proponente, «consenta di valutare compiutamente il progetto e i suoi impatti, avendo superato le iniziali carenze grazie all’aggiornamento dell’analisi del contesto, del cumulo degli impatti …» (così, la Relazione integrativa già citata, al § 6).

Sul punto, giova ribadire come tanto nelle Integrazioni del proponente quanto nella Relazione istruttoria dell’Autorità procedente, nella parte dedicata all’analisi del “cumulo” (§ B3 della citata Relazione integrativa di LIDL e punti nn. 5.2 e 5.3 della citata Relazione istruttoria di CMM) non vi sia alcuna valutazione degli altri impianti insediati nell’area (di cui al documento prodotto sub n. 7 da parte ricorrente).

Sulla Relazione integrativa si è già detto, mentre, sull’altra, si può solo aggiungere come la stessa si sia limitata a richiamare lo Studio del proponente, che, benché privo delle integrazioni in precedenza richieste dalla stessa CMM, stando alla citata Relazione istruttoria «compie una sintetica valutazione sulle aziende insediate nelle aree limitrofe, evidenziando di non riscontrare, con i dati a disposizione, attività che possano generare impatti cumulativi su aria, acqua, sottosuolo e salute pubblica».

Sennonché, non rinvenendosi nella documentazione versata in atti né i predetti “dati a disposizione” dell’Amministrazione né alcuna valutazione sulle aziende insediate nelle aree limitrofe al comparto per cui è causa, l’operato dell’Amministrazione stessa, così come declinato nel decreto di non assoggettabilità a VIA, non può che incorrere nelle censure sollevate da parte ricorrente, in quanto la verifica di assoggettabilità non risulta condotta in modo da fare emergere la valutazione di tutti i potenziali impatti ambientali significativi e negativi del progetto, con particolare riguardo al cumulo con altri progetti autorizzati od approvati.

12.3.2) Ad analoghe conclusioni deve pervenirsi rispetto all’approfondimento richiesto dalla Città Metropolitana in ordine alla cd. alternativa zero, meglio declinato dall’Amministrazione facendo esplicito riferimento alla necessità «di integrare le valutazioni esplicitando se e in che modo sia stata indagata la possibilità di realizzare l’opera in altro sito, magari recuperando un complesso di aree dismesse, eventualmente presente nel contesto d’area vasta» (cfr. la richiesta di integrazioni di CMM del 29.09.2020, già citata).

Fin da subito si può notare che l’amministrazione, con tale nota, si è autovincolata a valorizzare la cd. “opzione zero” nel senso non soltanto di valutare quale sarebbe stata la sorte del territorio ove l’opera non fosse realizzata, ma anche e soprattutto di prendere in considerazione, per il progetto, altre aree insediative, tali, evidentemente, da conciliare meglio la tutela ambientale con le esigenze dell’impresa. In tal senso, si sarebbe quindi trattato, nel caso di specie, di assumere in considerazione “alternative possibili” (cfr Cons. Stato, sez. IV, n. 1225 del 2016), e non soltanto di soffermarsi sui punti di forza dell’attuale progetto.

Al contrario, si legge nelle integrazioni della proponente, avallate da parte della Città Metropolitana, che: «L’area oggetto di studio è già stata oggetto di piano attuativo approvato ed inserito nella strumentazione urbanistica comunale. La scelta localizzativa trova la sua ragion d’essere sia nella collocazione delle aree (ad adeguata distanza dal centro abitato e nei pressi si un’importante arteria stradale) che nella circostanza che si tratta di ambiti di fatto già sottratti alla destinazione agricola (ancorché non ancora fisicamente trasformate)».

Ora, benché da tale risposta della controinteressata si ricavi agevolmente come la stessa, diversamente da quanto richiesto dall’Autorità procedente, non abbia affatto “indagato” la possibilità di realizzare l’opera in altro sito, nondimeno la Città metropolitana - nella determinazione conclusiva – ha omesso sul punto ogni considerazione, richiamando invero una circostanza (“che si tratta di ambiti di fatto già sottratti alla destinazione agricola”) che appare insufficiente ai fini della richiesta istruttoria di cui si tratta, tanto più che una sottrazione “di fatto” non equivale certamente alla sussistenza di un’irreversibile scelta, tale da implicare necessariamente, quand’anche il progetto non fosse stato approvato, la compromissione del suolo, alla luce dei pregi e delle qualità che esso riveste attualmente sul piano ambientale.

In effetti, sul primo profilo, è sufficiente osservare come, in disparte la documentazione fotografica allegata alle relazioni istruttorie in precedenza richiamate, la stessa resistente abbia osservato che: «La realizzazione del nuovo magazzino logistico insiste su un’ampia porzione di territorio agricolo, per un’estensione di 124.757,26 mq, in un contesto coltivato prevalentemente a seminativi semplici (frumento, prati e mais), come si evince dal DUSAF 5.0, e intersecato da fossi e canali irrigui» (così, le “Osservazioni” del Settore Pianificazione territoriale generale di CMM, depositate come doc. n. 7 da parte della stessa CMM).

Per il resto, non va comunque sottaciuto che, stando ai criteri per la verifica di assoggettabilità, di cui all'allegato V alla parte seconda del TUA, richiamati dall'art. 19, comma 5 dello stesso TUA, le caratteristiche dei progetti debbono essere considerate tenendo conto, fra l’altro, «dell'utilizzazione di risorse naturali, in particolare suolo, territorio, acqua e biodiversità». Analoga indicazione si legge a proposito della “localizzazione dei progetti”, per la quale deve essere considerata «la sensibilità ambientale delle aree geografiche che possono risentire dell'impatto dei progetti, tenendo conto, in particolare (…) dell'utilizzazione del territorio esistente e approvato».

Ne consegue che la circostanza che si tratti di area già oggetto di un Piano attuativo risalente nel tempo e mai effettivamente attuato non esime l’Amministrazione, ove venga domandata l’approvazione di un nuovo Piano attuativo, dal richiedere, in sede istruttoria, i suesposti approfondimenti al proponente sulla base dell’attuale assetto dell’area, onde verificare se il progetto sia suscettibile di determinare o meno impatti ambientali significativi e negativi; a fortiori, la stessa circostanza non giustifica l’omessa considerazione dei risultati dell’istruttoria nella motivazione del provvedimento conclusivo del procedimento di verifica di assoggettabilità a VIA.

12.4) Tali omissioni e, più in generale, tale modus operandi dell’Amministrazione si pone anche in contrasto con l’art. 19, comma 7, del d.lgs. n. 152/2006, a tenore del quale, ove l'autorità competente stabilisca di non assoggettare il progetto al procedimento di VIA «specifica i motivi principali alla base della mancata richiesta di tale valutazione in relazione ai criteri pertinenti elencati nell'allegato V alla parte seconda».

Si tratta, giova ribadire, di lacune che, oltre a rivelare il lamentato vizio dell’istruttoria procedimentale, precludono al procedimento di screening di raggiungere il fine ad esso assegnato dal legislatore, eurounitario e nazionale, di valutare se il progetto in questione determini effetti significativi, diretti e indiretti, sull’ambiente [ovvero, sui fattori di cui all’art. 5, comma 1 lettera c) del TUA, quali: «popolazione e salute umana; biodiversità, con particolare attenzione alle specie e agli habitat protetti in virtù della direttiva 92/43/CEE e della direttiva 2009/147/CE; territorio, suolo, acqua, aria e clima; beni materiali, patrimonio culturale, paesaggio; interazione tra i fattori sopra elencati (…)»].

12.5) La pregnanza delle censure sin qui scrutinate e ritenute fondate giustifica l’assorbimento delle restanti censure, svolte nel medesimo motivo, rivolte contro le misure di mitigazione e compensazione contemplate dal progetto per cui è causa, mentre risultano infondate le censure con cui si lamenta la mancata valutazione dei “numerosi vincoli dettati dal Piano Metropolitano”, atteso che, dalla documentazione versata in atti di causa, non risultano documentati siffatti vincoli sull’area interessata dall’intervento [tali non essendo quelli richiamati da parte ricorrente e riportati nella Relazione istruttoria della CMM (cfr. il punto 5.1, “quadro programmatico”, della citata Relazione)].

13) Si può, così, passare all’esame del secondo motivo del ricorso introduttivo, con cui parte ricorrente si duole del decreto di non assoggettamento a VIA in quanto, in tesi, adottato sulla base di una norma di legge regionale, ossia l’art. 2, comma 1, lett. c) della legge regionale n. 31 del 2014, di cui si sospetta l’incostituzionalità, in relazione all’art. 117, secondo comma, lett. s) Cost.

Ciò, poiché con essa il Legislatore regionale avrebbe introdotto una nozione di «consumo di suolo» costituzionalmente illegittima, richiamata dall’Autorità procedente nel Decreto impugnato (in particolare, nell’Allegato A del Decreto, “Risultanze dell’Istruttoria”, § 5.3 “Consumo di suolo”, ove si legge che: «lo studio evidenzia che l’intervento in progetto si svilupperà per la sua totalità su zone già destinate dal PGT alla trasformazione e pertanto non darà luogo a consumo di suolo valutato ai sensi della L.R. n.31/2104»).

Ad avviso dei ricorrenti, in particolare, la norma citata sarebbe costituzionalmente illegittima in quanto differirebbe da quella dettata dal Legislatore statale con gli artt. 53 e 54 del d.lgs. n. 152 del 2006 e con l’art. 2 del d.P.R. n. 120 del 2017, determinando una riduzione del livello di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema.

13.1) La questione di legittimità costituzionale è priva di rilevanza, alla luce dell’accoglimento del primo motivo di ricorso, che, comportando l’annullamento dell’atto impugnato per una ragione autonoma dall’applicazione della disposizione oggetto del dubbio di costituzionalità, rende non più necessaria quest’ultima.

Essa, in ogni caso, è manifestamente infondata.

L’art. 2, comma 1, lett. c) della legge lombarda n. 31 del 2014 stabilisce che per “consumo di suolo” si intende “la trasformazione, per la prima volta, di una superficie agricola da parte di uno strumento di governo del territorio, non connessa con l'attività agro-silvo-pastorale, esclusa la realizzazione di parchi urbani territoriali e inclusa la realizzazione di infrastrutture sovra comunali; il consumo di suolo è calcolato come rapporto percentuale tra le superfici dei nuovi ambiti di trasformazione che determinano riduzione delle superfici agricole del vigente strumento urbanistico e la superficie urbanizzata e urbanizzabile”.

A parere delle parti ricorrenti, l’effetto di tale disposizione consisterebbe nel pregiudicare l’ambiente, posto che la pianificazione urbanistica locale già intervenuta all’entrata in vigore della legge permetterebbe di “ipotecare” il suolo agricolo ivi già destinato alla trasformazione, escludendolo dal calcolo della superficie di suolo da proteggere, benché le scelte di pianificazione non abbiano ancora avuto concreta attuazione.

Tuttavia, è agevole rilevare che gli artt. 53 e 54 del codice dell’ambiente e l’art. 2 del d.P.R. n. 120 del 2017, ove sarebbe contenuta la disciplina statale contro cui si porrebbe la norma regionale, non afferiscono minimamente alla questione dei parametri in base ai quali calcolare il “consumo di suolo”, sicché è palese l’insussistenza del denunciato contrasto.

Né la norma regionale di per sé decrementa lo standard minimo di tutela ambientale imposto dal legislatore statale, ma, piuttosto, lo incrementa, nell’esercizio della competenza concorrente della Regione in tema di “governo del territorio”, conformando l’attività di pianificazione a venire all’esigenza di preservare una quota di territorio agricolo.

La L.R. 28/11/2014, n. 31, come enunciato nella sua stessa rubrica, «detta disposizioni affinché gli strumenti di governo del territorio, nel rispetto dei criteri di sostenibilità e di minimizzazione del consumo di suolo, orientino gli interventi edilizi prioritariamente verso le aree già urbanizzate, degradate o dismesse ai sensi dell'articolo 1 della legge regionale 11 marzo 2005, n. 12 (Legge per il governo del territorio), sottoutilizzate da riqualificare o rigenerare, anche al fine di promuovere e non compromettere l'ambiente, il paesaggio, nonché l'attività agricola, in coerenza con l'articolo 4-quater della legge regionale 5 dicembre 2008, n. 31 (Testo unico delle leggi regionali in materia di agricoltura, foreste, pesca e sviluppo rurale)» (così, l’art. 1).

Il Legislatore regionale, quindi, lungi dal disattendere i principi del TUA o la stessa nozione di “suolo” adottata dal Legislatore statale, si è mosso, con il successivo art. 2, nel senso di richiederne l’attuazione sin dal momento della programmazione del territorio, anticipando ma non diminuendo la tutela ambientale.

La manifesta infondatezza della prospettata questione di legittimità costituzionale trae con sé quella del motivo in esame.

14) Quanto al terzo motivo, con cui parte ricorrente lamenta la mancata considerazione, nella verifica di assoggettabilità a VIA, delle risultanze e delle criticità emerse nella parallela procedura di VAS, il Collegio osserva quanto segue.

14.1) Il motivo è inammissibile per genericità e comunque infondato.

14.1.1) Gli articoli richiamati da parte ricorrente o rimettono alla discrezionalità dell’Autorità competente (come è per l’art. 19, comma 5 del TUA) di tenere conto “se del caso” dei risultati di eventuali altre valutazioni, oppure (com’è nel caso dell’art. 10, comma 5 del D.Lgs. 03/04/2006, n. 152) non si applicano alla fattispecie in esame [che, giova rimarcare, ha ad oggetto lo studio preliminare ambientale (richiesto dal citato art. 19 TUA per il procedimento di verifica di assoggettabilità)], ma alla diversa fattispecie dello studio di impatto ambientale, di cui all'articolo 22 del TUA.

14.1.2) D’altronde, non si comprende neppure quale sarebbe il vizio da cui dovrebbe essere affetto il decreto di non assoggettamento a VIA, per non avere dato conto delle risultanze della procedura di screening per VAS.

Più in generale, poi, sul tema dei rapporti fra VIA e VAS, non va sottaciuto che, pur sussistendo dei punti di contatto fra i due istituti, la seconda si discosta dalla prima quanto ad ambito applicativo, mirando alla valutazione preventiva degli effetti sull’ambiente non tanto di attività progettuali, quanto di azioni pianificatorie e programmatiche, anticipando, così, lo strumento della tutela ad una fase antecedente alla redazione e stesura del singolo progetto da realizzare (cfr. TAR Lombardia, Milano, II, 09-05-2022, n. 1064; T.A.R. Piemonte, II, 26-09-2016, n. 1165; TAR Lazio, Roma, II-bis, 26-09-2016, n. 9932; TAR Liguria, Genova, I, 26-02-2014, n. 359; TAR Marche, Ancona, I, 22-06-2012, n. 444; Cons. Stato, IV, 12-01-2011, n. 133). Detto altrimenti, la VAS presenta un carattere complessivo e non può approfondire, per ogni singola opera, tutti i profili ambientali, poiché, essendo finalizzata alla soluzione di problemi su scala geografica più ampia, si concentra sugli impatti strategici, mentre è compito della VIA operare a livello di specifico intervento (cfr., TAR Toscana, I, 28-12-2016, n. 1873). Corrobora tale conclusione l’art. 6, comma 12 del TUA, a tenore del quale, «Per le modifiche dei piani e dei programmi elaborati per la pianificazione territoriale, urbanistica (…) la valutazione ambientale strategica non è necessaria per la localizzazione delle singole opere». Ne discende, pertanto, che «le questioni attinenti la localizzazione delle singole opere non costituiscono dimensione di analisi strategica propria della VAS ex art. 6, comma 12, d.lgs. 152/2016» (così, Consiglio di Stato, IV, 06-12-2022, n. 10667).

15) Il ricorso introduttivo va, pertanto, accolto, nei sensi e nei limiti sopra specificati, scrutinando il primo motivo di ricorso. L’amministrazione dovrà, pertanto, rinnovare il procedimento di verifica di assoggettabilità a valutazione di impatto ambientale al fine di eliminare i vizi della procedura che sono stati riscontrati supra, sub nn.da 12.1 a 12.4.

16) Passando all’esame dei motivi aggiunti, il Collegio ritiene utile, per comodità espositiva, anticipare la trattazione degli ultimi tre motivi formulati nel ricorso per motivi aggiunti, che ripropongono, sia quali vizi propri che in via derivata, i motivi articolati nel ricorso introduttivo.

16.1) I suesposti motivi si rivelano, ad avviso del Collegio, fondati nella sola misura in cui deducono il vizio di invalidità derivata che colpisce l’approvazione del piano attuativo, in quanto disposta in assenza di valutazione di impatto ambientale del progetto oggetto della variante.

Una volta accertata l’illegittimità della scelta di escludere il progetto dalla VIA, consegue che il contrario presupposto su cui si fonda la delibera comunale di approvazione del nuovo Piano attuativo, vale a dire che la procedura di screening per la Via fosse conclusa, si rivela erroneo, inficiando così la legittimità di tale delibera.

Del resto, la variante è stata approvata proprio affinché si desse esecuzione al progetto, cosicché la legittimità, e dunque l’effettiva realizzabilità di quest’ultimo, ne costituisce la premessa logica e giuridica.

Ciò detto quanto al rapporto tra il decreto di non assoggettabilità a VIA e la delibera del Consiglio Comunale di Vaprio d’Adda del 23 luglio 2021, di approvazione definitiva del Piano Attuativo "PUAV/P1", con correlato annullamento di quest’ultima, è invece da escludersi, già sul piano cronologico, che il decreto di non assoggettabilità a VIA, datato 21 gennaio 2021, possa porsi come atto presupposto del decreto di non assoggettabilità a VAS, impugnato con i motivi aggiunti e risalente all'11 dicembre 2020,

Tale conclusione è, del resto, coerente con gli approdi della giurisprudenza sul tema dei rapporti fra la VIA e la VAS, ove – come già poc’anzi rilevato (supra, sub n. 14.1.2) - si afferma la netta differenza fra i due istituti «non solo normativamente, ma anche concettualmente, avendo ad oggetto, la prima, la valutazione degli impatti generati da opere specifiche, la seconda, gli effetti indotti sull'ambiente dall'attuazione delle previsioni contenute in determinati strumenti di pianificazione e programmazione» (così, la Corte Costituzionale, nelle sentenze n. 227, del 22-07-2011, e n. 58, del 29-03-2013).

16.1.2) Va infine precisato che gli ulteriori motivi aggiunti sono invece infondati, atteso che:

16.1.2.1) - il sesto motivo, che ripropone le censure svolte nel secondo motivo del ricorso introduttivo, è infondato, poiché la verifica di assoggettabilità a VAS, nei casi in cui lo strumento attuativo di piani urbanistici comporti variante allo strumento sovraordinato, è limitata (ex art. 12, ultimo comma, del TUA e, prima ancora, ex art. 16, ultimo comma, della L. n. 1150/1942) ai soli effetti significativi sull'ambiente che non siano stati precedentemente considerati dagli strumenti normativamente sovraordinati, purché a propria volta sottoposti a VAS.

Ne consegue che, l’affermazione della Città Metropolitana (di cui al documento n. 36 della produzione ricorrente) per cui «L’intervento non comporta consumo di suolo né ai sensi della L.R. n.31/2014, né ai sensi del PTCP vigente, poiché riguarda ambiti che prevedevano già l'insediamento di attività produttive, tra cui quella estrattiva» risulta immune dalle dedotte censure, rappresentando una piana applicazione delle norme suindicate, oltreché del principio di non duplicazione delle valutazioni già effettuate (su cui cfr.: Corte Cost., Sent. 29-03-2013, n. 58, che, analizzando la fattispecie oggetto dell’art. 16, ultimo comma, della legge n. 1150 del 1942, ha osservato che il legislatore statale «al fine di semplificare il procedimento urbanistico, si è premurato di evitare una duplicazione della valutazione ambientale strategica, indicando le condizioni in presenza delle quali per il piano attuativo non occorre la VAS»).

In effetti, nella fattispecie in esame, la destinazione logistico-produttiva degli ambiti accorpati nel PUAV/P1 risulta risalente al P.L. del 2008, e tuttora in essere, secondo quanto di seguito precisato, in relazione al primo motivo aggiunto (vd.si infra, sub n. 16.2.1). Tale destinazione risulta, pertanto, già assoggettata a suo tempo a VAS (cfr. i documenti inerenti la VAS del PGT reperibili sul sito istituzionale del Comune di Vaprio d’Adda), sicché, ai sensi dell’art. 12, ultimo comma del TUA (per cui: «La verifica di assoggettabilità a VAS ovvero la VAS relativa a modifiche a piani e programmi ovvero a strumenti attuativi di piani o programmi già sottoposti positivamente alla verifica di assoggettabilità di cui all'art. 12 o alla VAS di cui agli artt. da 12 a 17, si limita ai soli effetti significativi sull'ambiente che non siano stati precedentemente considerati dagli strumenti normativamente sovraordinati»), la stessa non doveva formare oggetto di ulteriore verifica.

Ne consegue che, la prospettata questione di legittimità costituzionale risulta non solo manifestamente infondata, per le ragioni già sopra esposte (sub n. 13.1) ma anche irrilevante, poiché la determinazione impugnata non fa leva sulla nozione regionale di “consumo di suolo” ma sulla normativa statale in precedenza riportata;

16.1.2.2) – il settimo motivo è chiaramente infondato, in quanto richiama norme disciplinanti il procedimento di VIA, assumendone la violazione ad opera di atti (quelli impugnati con i motivi aggiunti) estranei al predetto procedimento;

16.1.2.3) – l’ultimo motivo è inammissibile e comunque infondato, per le ragioni già esposte in precedenza (sub n. 14.1), da intendersi qui, per dovere di sintesi, richiamate.

16.2) Quanto ai restanti motivi aggiunti, il Collegio osserva quanto segue.

16.2.1) Il primo motivo, con cui si lamenta, in sostanza, l’illegittima sottrazione del Documento di Piano alle verifiche imposte dal diritto dell’unione e dal diritto interno, è infondato.

Stando a quanto allegato e documentato da parte del Comune di Vaprio d’Adda (cfr. le NTA del Piano delle Regole del PGT del Comune di Vaprio d’Adda, aggiornate con la rettifica n. 01/2019, e la pertinente Tavola, con l’individuazione degli Ambiti d’interesse, depositate entrambe dalla difesa comunale, sub docc. nn. 8 e 9, nonché, da parte ricorrente, come doc. n. 39) e correttamente riportato nella Relazione tecnica allegata all’impugnato Piano attuativo (cfr. il documento n. 18 dei depositi comunali), le aree interessate dal predetto Piano, denominato «PUAV/P1» (ex «AP1»), coinvolgono gli ambiti urbanistici del vigente PGT di seguito specificati:

- “Ambiti soggetti a permesso di costruire convenzionato – PCC/P”, ricompresi negli “Ambiti del tessuto consolidato” della “Città consolidata”, disciplinati dal Piano delle Regole (PdR) del PGT (all’art. 50 delle NTA);

- “Ambiti produttivi – D2”, ricompresi sempre negli “Ambiti del tessuto consolidato” della “Città consolidata”, disciplinati dal Piano delle Regole del PGT (all’art. 44 delle NTA);

- “Piani attuativi e PCC produttivi in atto – PUAV/P”, ricompresi nella parte riguardante la “Città da consolidare”, disciplinati sempre dal PdR del PGT (all’art. 56 delle NTA);

- “Ambiti dei servizi esistenti e di progetto” (piattaforma ecologica e parcheggi pubblici), ricompresi nella parte del PGT riguardante il “Sistema dei servizi”, disciplinata dal Piano dei Servizi;

− “Ambiti delle attività estrattive”, relativo all’ “Ambito di cava ATEg18”, disciplinati sempre dal PdR del PGT (all’art. 85 delle NTA).

La variante urbanistica approvata con il contestato Piano “PUAV/P1” ha previsto:

- la modifica dell’altezza di zona, da 12 a 18 mt;

- la modifica dell’indice percentuale dell’area filtrante dal 20% al 15% (come da RLI);

- l’accorpamento in un unico ambito delle aree denominate PCC/P1, PCC/P2 e PUAV/P1 (nel senso di uniformare la destinazione urbanistica delle aree produttive denominate PCC/P1 e PCC/P2 all’ambito PUAV/P1, già convenzionato con validità sino al 12-12-2023);

- la ricollocazione della piazzola ecologica comunale;

- l’eliminazione dell’edificio residenziale isolato posto all’interno dell’Ambito PUAV/P1;

- la ridefinizione del perimetro dell’ambito estrattivo ATEg18.

A seguito della suddetta variante, mentre la superficie territoriale interessata dal Piano attuativo (P.A.) è aumentata, risulta al contempo, diversamente da quanto affermato da parte ricorrente, diminuita la SLP.

Dal quadro sin qui tratteggiato si ricava, allora, come il Piano «PUAV/P1» non intacchi il Documento di Piano del PGT (di cui al documento depositato sub n. 40 da parte ricorrente), rivolgendosi esclusivamente agli ambiti ricadenti all’interno della “Citta consolidata” o “da consolidare” o del “Sistema dei servizi”, disciplinati, rispettivamente, dal Piano delle Regole e dal Piano dei Servizi del PGT del Comune di Vaprio d’Adda ma, comunque, estranei agli “Ambiti di trasformazione”, oggetto del Documento di Piano (cfr. l’art. 18 delle NTA del PGT, relativo alla “Suddivisione del sistema dello spazio costruito”).

In altri termini, dalla documentazione allegata al procedimento di approvazione del predetto P.A. e, in particolare, dalla Relazione tecnica del proponente (cfr. i documenti depositati da parte del Comune, sub n. 18), confermata dalla documentazione versata in atti da parte resistente, è evidente come si tratti di piano “in variante” al Piano delle Regole e al Piano dei Servizi del Comune di Vaprio d’Adda, siccome volto essenzialmente ad accorpare i tre ambiti sopra specificati (quelli denominati PUAV/P1, PCC/P1 e PCC/P2, disciplinati, rispettivamente, dagli artt. 56 e 50 delle NTA del PdR, depositate sub doc. n. 39 da parte ricorrente), senza coinvolgere in alcun modo il Documento di Piano (di cui al doc. n. 40 dei depositi di parte ricorrente).

Preme, inoltre, rimarcare come, fra gli ambiti preesistenti, il PUAV/P1 fosse già stato oggetto di Piano attuativo (il P.L. approvato con d.C.C. n. 15 del 20/04/09) la cui “Relazione generale” (cfr. l’“Elaborato 016”, depositato sub n. 6 da parte della controinteressata) fa chiaramente riferimento al carattere logistico-produttivo dell’insediamento oggetto dello stesso Piano, la cui validità, a seguito delle modifiche intervenute con d.C.C. del 24.10.2013 (cfr. il documento depositato sub n. 33 da parte ricorrente), risulta protratta sino al 12-12-2023 e, pertanto, sussistente al momento dell’approvazione (il 23-07-2021) del nuovo P.A.

In tale contesto, non è ravvisabile la violazione, come sopra dedotta, del Documento di Piano da parte del Piano in variante approvato dal Comune di Vaprio d’Adda con la d.C.C. n. 42 del 2021, investendo il predetto P.A. degli ambiti estranei al DdP (come correttamente riportato nella delibera di approvazione del Piano medesimo, ove chiaramente si afferma che lo stesso “non individua varianti al Documento di Piano”).

Non risultando apportata, dal ridetto P.A., alcuna modifica al DdP del PGT del Comune di Vaprio, viene meno il presupposto su cui fanno leva le ulteriori censure, dedotte con il motivo in esame, ove si lamentano varie omissioni, asseritamente perpetrate dall’Autorità procedente (per mancata sottoposizione a VAS e alle ulteriori verifiche in tema di consumo di suolo e di compatibilità con i criteri dettati dal Piano Territoriale Regionale, dal PTCP e dal PTM) attraverso l’approvazione del Piano in parola, trattandosi di verifiche qui non richieste, in applicazione del già citato principio di non duplicazione delle valutazioni ambientali, contenuto anche nell'art. 4, commi 2 e 3 della direttiva 2011/42/CE (su cui cfr., da ultimo, Cons. Stato, IV, 28-03-2023, n. 3168).

Anche la violazione dell’art. 8, lettera e) quinquies e sexies della L.R. n. 12/05 appare, così come dedotta, in disparte la inammissibilità per violazione dell’art. 40, comma 1, lettera d, del c.p.a., comunque infondata, in quanto rivolta contro uno strumento di pianificazione di livello attuativo (il PUAV/P1) diverso da quello sovraordinato (il Documento di Piano, parte integrante del PGT, ex art. 7 della L.R. n. 12/2005, non implicato nella vicenda in esame) a cui fa riferimento l’articolo 8, da ultimo richiamato.

Risulta, altresì, infondata, la censura che fa leva sulla violazione dell’art. 56, comma 3 delle NTA del PGT, atteso che, contrariamente alla tesi propugnata da parte ricorrente, la norma in questione non risulta applicabile al caso di specie, ove non si è in presenza di una convenzione scaduta “senza che siano state iniziate o terminate le opere da essa previste”, venendo in rilievo, stando a quanto ricavabile dalla documentazione in atti (cfr., i docc. depositati sub nn. 6 e 7 da parte della controinteressata) una convenzione pienamente vigente al momento dell’approvazione del Piano attuativo PUAV/P1 (Ex AP1).

16.2.2) Il secondo motivo, con cui si censura la violazione dell’art. 12, comma 4 della legge regionale, per essere stato il P.A. presentato da soggetto privo di titolo, il Collegio osserva quanto segue.

16.2.2.1) Il motivo è infondato.

La presentazione del Piano attuativo risulta effettuata da parte della controinteressata LIDL, in qualità di promissaria acquirente e sulla base di apposito mandato con rappresentanza (documentato da parte della difesa del Comune di Vaprio d’Adda sub doc. n. 21) ad essa conferito dai proprietari delle aree de quibus.

In siffatte evenienze, il Collegio ritiene insussistente la dedotta illegittimità, tenuto anche conto del condivisibile orientamento giurisprudenziale, incline a ritenere che anche il promissario acquirente possa avanzare domanda volta all'adozione di uno strumento urbanistico convenzionato, sempre che abbia l'effettiva disponibilità del bene, a nulla rilevando che detta disponibilità possa essere acquisita, nella sua pienezza, solo dopo la stipula del rogito notarile di trasferimento della proprietà, dovendo il concetto di disponibilità essere inteso nel senso della sussistenza di requisiti oggettivi tali da far ritenere che il trasferimento di proprietà sia destinato a verificarsi con sufficienti margini di certezza (cfr. Consiglio Stato, V, 24-08-2007, n. 4485; id., IV, 12-04-2011, n. 2275).

Tale disponibilità, nella specie, deve ritenersi sussistente, atteso che la società LIDL ha, nelle more, acquistato la proprietà delle aree de quibus, sì da sottoscrivere, con atto notarile del 27-02-2023, la convenzione per l’attuazione del Piano Attuativo “PUAV/P1” (depositata sub doc. n. 7 da parte controinteressata).

16.2.3) Quanto al terzo motivo, il Collegio osserva quanto segue.

16.2.3.1) Il motivo è inammissibile per mancanza d’interesse sotto un duplice profilo.

In primo luogo, in quanto, stando a quanto allegato e documentato da parte del Comune, di CMM e della controinteressata e non specificamente contestato da parte ricorrente, la ridefinizione del perimetro del Polo estrattivo ATEg18 è conforme al nuovo Piano Cave della CMM, adottato con deliberazione del Consiglio Metropolitano n. 11/2019, del 14-03-2019, e approvato dal Consiglio Regionale con delibera n. XI/2501, del 28.6.2022, pubblicata sul BURL, Serie Ordinaria n. 29, del 22-07-2022, che non risulta impugnato da parte ricorrente; (ii) inoltre, in quanto, sempre stando a quanto allegato e documentato da parte del Comune, della CMM e della controinteressata e non specificamente contestato da parte ricorrente, la censurata modifica ha destinato la quasi totalità dell’area sottratta al perimetro della cava a verde (ovvero, ad interventi di “mitigazione ambientale”), sicché non risulta dimostrata l’incidenza del vizio prospettato rispetto all’interesse azionato nel ricorso.

16.2.4) Sul quarto motivo, con cui si contesta il difetto d’istruttoria della verifica di esclusione della VAS, sotteso alla mancata considerazione dell’incidenza del Piano su un’area agricola non edificata di vaste dimensioni, alla mancata valutazione dell’influenza su altri piani, inclusi quelli gerarchicamente ordinati (PTCP, PTR, PTM), alla mancanza delle misure di mitigazione, il Collegio osserva quanto segue.

16.2.4.1) Il motivo è infondato.

Come già evidenziato in occasione dello scrutinio del sesto motivo (supra, sub n. 16.1.2.1), la verifica di assoggettabilità a VAS, nei casi in cui lo strumento attuativo di piani urbanistici comporti variante allo strumento sovraordinato, è limitata, in applicazione del già citato principio di non duplicazione delle valutazioni ambientali, ritraibile dall’art. 12, ultimo comma, del TUA e, prima ancora, dall’art. 16, ultimo comma, della L. n. 1150/1942, ai soli effetti significativi sull'ambiente che non siano stati precedentemente considerati dallo strumento sovraordinato.

Deve, conseguentemente, ritenersi che, nei riguardi del Piano per cui è causa, comportante variante urbanistica allo strumento sovraordinato nei circoscritti limiti sopra specificati, la verifica di assoggettabilità a VAS risulta anch’essa limitata ai soli aspetti della pianificazione attuativa non valutati in occasione dell’approvazione del Piano sovraordinato sottoposto a VAS.

Pertanto, poiché la destinazione logistico-produttiva risultava già impressa all’area oggetto del PUAV/P1 in forza della precedente attività di pianificazione, sfociata nei tre ambiti (PUAV/P1, PCC/P1 e PCC/P2) accorpati nel nuovo Piano attuativo, legittimamente l’Autorità competente non ha ricompreso l’incidenza del nuovo P.A. sulla predetta area nell’ambito della verifica condotta per lo screening di VAS.

16.2.5) Infine, sugli errori nel calcolo del verde privato e della superficie filtrante, oggetto del quinto motivo, il Collegio osserva quanto segue.

16.2.5.1) Il motivo è infondato.

Stando a quanto allegato e documentato da parte della difesa del Comune di Vaprio, il progetto non prevede alcuna costruzione interrata né una impermeabilizzazione della vasca di compensazione, espressamente prevista quale «superficie per verde privato permeabile» (cfr. il doc. n. 16 dei depositi del Comune resistente), senza contare che, in ogni caso, le caratteristiche tecniche di detta vasca saranno dettagliate nella domanda di permesso di costruire, conformemente a quanto previsto dall’art. 6 del Regolamento regionale n. 7/2017.

Anche l’indice percentuale dell’area filtrante risulta calcolato senza incorrere nelle censure svolte da parte ricorrente e nel rispetto dell’art. 3.2.3 del Regolamento locale d’Igiene, per cui «L’area di pertinenza dei fabbricati di nuova realizzazione dovrà avere una superficie scoperta e drenante (…) non inferiore (…) al 15% per le zone destinate ad insediamenti produttivi o commerciali».

17) Per quanto sin qui esposto, quindi, il ricorso per motivi aggiunti va accolto per il solo profilo della invalidità derivata.

18) Le questioni appena vagliate esauriscono la vicenda sottoposta al Collegio, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato, come chiarito dalla giurisprudenza costante (ex aliis, Cassazione civile, II, 22-03-1995 n. 3260 e, per quelle più recenti, Cassazione civile, V, 16-05-2012 n. 7663). Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.

19) Conclusivamente, quindi, alla luce delle precedenti considerazioni:

19.1) - il ricorso introduttivo va accolto, nei sensi e nei limiti sopra specificati. L’amministrazione dovrà, pertanto, rinnovare il procedimento di verifica di assoggettabilità a valutazione di impatto ambientale al fine di eliminare i vizi della procedura, come sopra riscontrati (cfr. supra, sub nn. da 12.1 a 12.4);

19.2) – il ricorso per motivi aggiunti va accolto, nei soli limiti sopra enunciati.

20) Le specifiche circostanze inerenti alla controversia in esame costituiscono elementi che militano per la compensazione delle spese di giudizio tra tutte le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso e i motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, li accoglie nei sensi, nei limiti e per gli effetti di cui in motivazione.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 13 giugno 2023 con l'intervento dei magistrati:

Marco Bignami, Presidente

Concetta Plantamura, Consigliere, Estensore

Fabrizio Fornataro, Consigliere