TAR Toscana Sez. II sentt. n. 1868, 1869 e 1870 del 30 luglio 2008
Ambiente in genere. Rigassificatori
Tre decisioni segnalate da A. Valentino sul rigassifigatore di Livorno
Ambiente in genere. Rigassificatori
Tre decisioni segnalate da A. Valentino sul rigassifigatore di Livorno
N. 01868/2008 REG.SEN.
N. 02161/2004 REG.RIC.
N. 00585/2006 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 2161 del 2004, proposto da:
Edison S.p.A., in persona del legale rappresentante “pro tempore”, rappresentata e difesa dagli avv.ti Nicola Bassi, Mario Bucello, Monica Passalacqua, Simona Viola ed Eugenio Bruti Liberati, con domicilio eletto presso Monica Passalacqua in Firenze, via XX Settembre 60;
contro
Regione Toscana, in persona del Presidente “pro tempore”, rappresentata e difesa dagli avv.ti Lucia Bora e Barbara Mancino, con domicilio eletto presso la sede dell’Avvocatura regionale in Firenze, Piazza dell’Unita' Italiana 1;
Ministero per le Attivita' Produttive, Ministero dell'Ambiente e Tutela Territorio, in persona dei rispettivi Ministri “pro tempore”, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliata per legge in Firenze, via degli Arazzieri 4;
Comune di Rosignano Marittimo, Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Ministero della Salute, Ministero della Difesa, Ministero dell'Interno, Ministero dell'Economia e delle Finanze, Agenzia delle Dogane - Roma, Registro Italiano Navale,Comune di Livorno, Provincia di Livorno, Provincia di Pisa, Comune di Collesalvetti, Autorita' Portuale di Livorno;
Comune di Pisa, in persona del Sindaco “pro tempore”, rappresentato e difeso dagli avv.ti Andrea Guarino e Susanna Caponi, con domicilio eletto presso Graziella Ferraroni in Firenze, via Duca D'Aosta 2;
nei confronti di
Olt Offshore LNG Toscana S.r.l., in persona del legale rappresentante “pro tempore”, rappresentato e difeso dagli avv.ti Lorenzo Acquarone, Daniela Anselmi, Natale Giallongo ed Ilaria Pagni, con domicilio eletto presso Natale Giallongo in Firenze, via Vittorio Alfieri 19;
Rina S.p.A., in persona del legale rappresentante “pro tempore”, rappresentata e difesa dagli avv.ti Fabio Colzi e Roberto Damonte, con domicilio eletto presso Fabio Colzi in Firenze, via San Gallo 76;
Sul ricorso numero di registro generale 585 del 2006, proposto da:
Edison S.p.A., in persona del legale rappresentante “pro tempore”, rappresentata e difesa dagli avv.ti Nicola Bassi, Mario Bucello, Monica Passalacqua, Simona Viola ed Eugenio Bruti Liberati, con domicilio eletto presso Monica Passalacqua in Firenze, via XX Settembre 60;
contro
Regione Toscana, in persona del Presidente “pro tempore”, rappresentata e difesa dagli avv.ti Lucia Bora e Barbara Mancino, con domicilio eletto presso la sede dell’Avvocatura regionale in Firenze, Piazza dell’Unita' Italiana 1;
Ministero per le Attivita' Produttive, Ministero dell'Ambiente e Tutela Territorio, in persona dei rispettivi Ministri “pro tempore”, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, presso la cui sede sono domiciliati per legge in Firenze, via degli Arazzieri 4;
Comune di Livorno, in persona del Sindaco “pro tempore”, rappresentato e difeso dagli avv.ti Lucia Macchia e Paolo Macchia, con domicilio eletto presso la Segreteria del T.A.R. Toscana in Firenze, via Ricasoli 40;
Comune di Pisa, rappresentato e difeso dagli avv.ti Andrea Guarino e Susanna Caponi, con domicilio eletto presso Graziella Ferraroni in Firenze, via Duca D'Aosta 2;
Registro Italiano Navale, Agenzia delle Dogane - Roma, Capitaneria di Porto di Livorno, Ministero per i Beni e le Attivita' Culturali, Ministero della Salute, Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Ministero della Difesa, Ministero dell'Interno, Ministero dell'Economia e delle Finanze, Provincia di Livorno, Provincia di Pisa, Direzione Urbanistica - Comune di Pisa, Comune di Collesalvetti, Autorita' Portuale di Livorno, Comune di Rosignano Marittimo, Comitato Tecnico Regionale ex art. 19 D.Lgs. 334 del 1999;
nei confronti di
Olt Offshore LNG Toscana S.p.A., in persona del legale rappresentante “pro tempore”, rappresentata e difesa dagli avv.ti Lorenzo Acquarone, Daniela Anselmi, Natale Giallongo ed Ilaria Pagni, con domicilio eletto presso Natale Giallongo in Firenze, via Vittorio Alfieri 19;
Rina S.p.A., in persona del legale rappresentante “pro tempore”, rappresentata e difesa dagli avv.ti Fabio Colzi e Roberto Damonte, con domicilio eletto presso Fabio Colzi in Firenze, via San Gallo 76;
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
quanto al ricorso n. 2161 del 2004:
della decisione regionale n. 28 del 20 luglio 2004, avente ad oggetto la valutazione integrata dei progetti presentati da Edison S.p.A. ed Olt Offshore LNG Toscana S.r.l. per la realizzazione di terminali di rigassificazione, nonché di ogni altro atto connesso, ivi inclusi il documenti tecnico del 9 luglio 2004 ed i pareri di compatibilità ambientale formulati dalla Regione sui progetti in questione ai fini della pronuncia di VIA statale (ricorso introduttivo);
delle determinazioni assunte dalla conferenza di servizi riunitasi il 17 dicembre 2002, il 28 aprile ed il 1 agosto 2003, ed il 14 aprile 2005 (primo atto di motivi aggiunti);
delle delibere di Giunta regionale nn. 931 e 932 del 19 settembre 2005, nonché dell’accordo in data 19 settembre 2005 fra Olt, Comune e Provincia di Pisa, e del documento di intesa sulla valutazione del progetto Olt del 5 settembre 2005 (secondo atto di motivi aggiunti);
del decreto Ministero Attività Produttive del 23 febbraio 2006, recante il rilascio dell’autorizzazione ex art. 8 l. 340/00 in favore di Olt, e di ogni atto connesso (terzo atto di motivi aggiunti);
di tutti gli atti già impugnati con il ricorso principale ed i precedenti motivi aggiunti (quarto atto di motivi aggiunti);
quanto al ricorso n. 585 del 2006:
del decreto Ministero Attività Produttive del 23 febbraio 2006, recante il rilascio dell’autorizzazione ex art. 8 l. 340/00 in favore di Olt, e di ogni atto connesso, come meglio specificato nell’atto introduttivo del giudizio e nei successivi motivi aggiunti.
Visti i ricorsi con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione Toscana;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero per le Attività Produttive e del Ministero dell'Ambiente e Tutela Territorio;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Agenzia delle Dogane - Roma;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Registro Italiano Navale;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Pisa;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Livorno;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della Capitaneria di Porto di Livorno;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della Olt Offshore Lng Toscana S.r.l.;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della Rina S.p.A.;
Visti gli atti di motivi aggiunti proposti in ambedue i ricorsi;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti delle cause;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11/06/2008 il dott. Pierpaolo Grauso e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
Con ricorso notificato il 2 e depositato il 17 novembre 2004 (iscritto al n. 2161 R.G. 2004), la Edison S.p.A., premesso di aver recentemente elaborato un progetto per la costruzione di un nuovo terminale di rigassificazione di gas naturale liquefatto (GNL) da collocare sulla costa toscana, all’interno dell’insediamento industriale Solvay, in Comune di Rosignano Marittimo, in relazione a tale progetto esponeva di aver avviato presso il Ministero delle Attività Produttive, in data 1 agosto 2002, la procedura semplificata per il rilascio dell’autorizzazione unica prevista, per l’installazione di impianti di rigassificazione all’interno di siti industriali, dall’art. 8 della legge n. 340/00. Analoga richiesta di autorizzazione era stata presentata, pressoché contestualmente, dalla Olt Offshore LNG Toscana S.r.l. (di seguito, Olt), il cui progetto si riferiva ad impianto da realizzare nella medesima area geografica ma, anziché all’interno di un sito industriale, direttamente in mare (a dodici miglia dalla costa tra Pisa e Livorno), trattandosi di un terminale galleggiante collegato a terra mediante tubazioni sottomarine.
Il giorno 29 aprile 2003, proseguiva la ricorrente, si era tenuta la prima conferenza di servizi per l’esame dell’istanza presentata da essa Edison, ed in quella sede la Regione Toscana – stante la pendenza di due richieste di autorizzazione per la realizzazione di altrettanti rigassificatori localizzati in ambiti contigui – aveva manifestato l’intenzione di subordinare la propria intesa ad una valutazione strategica complessiva dei due progetti, onde verificare i potenziali effetti della compresenza degli impianti; la valutazione strategica regionale si era conclusa con l’emanazione di un documento tecnico del 9 luglio 2004, contenente una sorta di giudizio comparativo fra i due progetti, che si concludeva con la preferenza per quello presentato dalla società Olt. Il successivo 20 luglio, la Regione Toscana aveva quindi formulato per quanto di propria competenza i pareri di compatibilità ambientale delle due opere ai fini della VIA statale sui progetti in questione, pronunciandosi favorevolmente nei confronti di Olt e sfavorevolmente nei confronti di Edison, ed aveva altresì deliberato di recepire con apposita decisione i contenuti del documento tecnico conclusivo della valutazione strategica condotta sui due progetti, ribadendo il proprio favore per il progetto Olt, salva la necessità di alcuni approfondimenti istruttori.
Avverso gli atti assunti dalla Regione il 20 luglio 2004, nonché avverso il documento tecnico conclusivo della valutazione strategica preventiva, ritenuti illegittimi e gravemente lesivi, la Edison S.p.A. proponeva in diritto cinque motivi di gravame, tutti imperniati sulla pretesa violazione del dianzi citato art. 8 della legge n. 340/00, ed, intimati dinanzi a questo tribunale le amministrazioni coinvolte (Regione Toscana, Ministeri delle Attività Produttive e dell’Ambiente, Comune di Rosignano Marittimo) unitamente alla controinteressata Olt, concludeva per l’annullamento dei provvedimenti impugnati, previa sospensiva.
Costituitisi in giudizio la Regione Toscana ed i Ministeri delle Attività Produttive e dell’Ambiente, che resistevano all’impugnazione, con ordinanza del 26 novembre 2004 il collegio respingeva la domanda cautelare.
Successivamente, per resistere al ricorso si costituivano altresì la controinteressata Olt S.r.l., la R.I.N.A. S.p.A., i Ministeri dell’Interno, della Difesa, dell’Economia e Finanze, il Registro Navale Italiano, l’Agenzia delle Dogane.
Con atti di motivi aggiunti notificati rispettivamente il 17 giugno 2005, il 13 dicembre 2005 ed il 29 marzo 2006, la società ricorrente estendeva quindi l’impugnazione – formulando alcune censure autonome in aggiunta a quelle già proposte con l’atto introduttivo del giudizio, che venivano comunque replicate – a tutte le determinazioni assunte nell’ambito della procedura autorizzativa promossa dalla Olt, in epigrafe meglio indicati, ed, in particolare, al decreto del 23 febbraio 2006, con cui il Ministero delle attività Produttive di concerto con quello dell’Ambiente aveva rilasciato ad Olt l’autorizzazione per la costruzione e l’esercizio del rigassificatore ubicato in mare al largo della costa toscana. Con un quarto atto di motivi aggiunti, notificato l’8 giugno 2007, la Edison S.p.A. rinnovava alcune delle censure già svolte, alla luce di una nota redatta l’8 maggio 2008 dall’ufficio legislativo del Ministero dell’Ambiente, e da quest’ultimo depositata in vista dell’udienza del 16 maggio 2007, inizialmente fissata per la discussione del merito.
Frattanto, con atto notificato il 15 e depositato il 24 febbraio 2006, si era costituito in giudizio anche il Comune di Pisa, proponendo ricorso incidentale subordinato nei confronti del decreto ministeriale 15 dicembre 2004, contenente la valutazione favorevole di impatto ambientale del progetto Olt, per l’ipotesi in cui tale decreto avesse potuto ritenersi ostativo allo spostamento della localizzazione dell’impianto.
Nelle more, l’impugnazione avverso l’autorizzazione ministeriale rilasciata ad Olt e tutti gli atti ad essa presupposti, vale a dire i medesimi atti già oggetto del ricorso principale iscritto al n. 2161/04 R.G. e dei relativi motivi aggiunti, venivano nuovamente ed autonomamente impugnati dalla società Edison con separato ricorso, notificato il 1 e depositato il 13 aprile 2006 (n. 585 R.G. 2006), nell’ambito del quale la ricorrente provvedeva in data 8 giugno 2007 alla notifica di motivi aggiunti aventi il medesimo contenuto di quelli notificati in pari data nel procedimento più risalente.
Le due cause, istruite mediante le sole produzioni documentali delle parti, venivano entrambe discusse e trattenute per la decisione alla pubblica udienza dell’11 giugno 2008, preceduta dal rituale deposito di memorie difensive.
DIRITTO
Come riferito in narrativa, con il ricorso iscritto al n. 2161 R.G. 2004, la Edison S.p.A. – progressivamente ampliando l’oggetto originario del giudizio mediante la proposizione di motivi aggiunti in corso di causa – ha via via impugnato tutti gli atti della procedura semplificata conclusasi con il decreto del Ministero delle Attività Produttive, di concerto con il Ministero dell’Ambiente e d’intesa con la Regione Toscana, recante il rilascio alla Olt S.r.l. dell’autorizzazione unica “ex” art. 8 della legge n. 340/00 per la costruzione e l’esercizio di un impianto galleggiante di rigassificazione di gas naturale liquido da realizzare nel tratto di mare antistante il litorale tra Livorno e Marina di Pisa. Le censure dedotte dalla ricorrente – a sua volta titolare di analoga e coeva istanza per l’autorizzazione di un rigassificatore, da localizzare all’interno dell’insediamento industriale Solvay, nel Comune di Rosignano Marittimo – postulano l’illegittimità degli atti impugnati sia sotto il profilo della inapplicabilità al progetto Olt della procedura semplificata di cui all’art. 8 l. 340/00 cit., sia in relazione alla scelta della Regione Toscana di far precedere le proprie determinazioni sull’intesa con il Ministero ad una sorta di valutazione comparativa fra i progetti presentati da Olt ed Edison, nonché al contenuto stesso della valutazione comparativa così condotta, e conclusasi con la preferenza accordata alla prima; la ricorrente si duole, altresì, del parere regionale di incompatibilità ambientale pronunciato nei confronti del suo progetto ai fini della VIA, a fronte del parere favorevole espresso dalla Regione nei confronti del progetto della controinteressata.
I medesimi atti e provvedimenti formano oggetto del ricorso iscritto al n. 585 R.G. 2006, mediante il quale la Edison ha peraltro fatto valere in via separata ed autonoma le stesse censure già azionate in precedenza. La sostanziale identità oggettiva e soggettiva delle controversie impone la trattazione congiunta dei due ricorsi, che debbono pertanto essere riuniti.
Preliminarmente, occorre dare conto delle eccezioni di inammissibilità e/o improcedibilità dei gravami per difetto di interesse, sollevate dalle difese regionale ed erariale, nonché dalla controinteressata Olt, le quali contestano che gli atti impugnati spieghino efficacia lesiva nei riguardi della società ricorrente. Da un lato, infatti, la decisione (n. 28/04) della Giunta regionale toscana di fare propri i risultati della valutazione strategica preventiva del potenziale impatto dei due progetti presentati da Edison ed Olt si riferirebbe ad un’attività dichiaratamente qualificata come istruttoria dalla stessa Giunta, laddove il giudizio non favorevole espresso sul progetto Edison non presenterebbe comunque connotati preclusivi in ordine al rilascio dell’intesa regionale richiesta dall’art. 8 della legge n. 340/00, limitandosi a evidenziare una serie di criticità ed a sollecitare la revisione del progetto; sollecitazione accolta da Edison, la quale – presentando alla conferenza di servizi del 20 aprile 2005 un nuovo progetto, in variante a quello originario – avrebbe determinato un mutamento della situazione di fatto nuova rispetto a quella sussistente al momento della proposizione della domanda (l’iter autorizzatorio del progetto in variante è, allo stato, pendente) e, con esso, avrebbe in ogni caso fatto venire meno l’interesse alla decisione. Quanto, poi, all’impugnazione della sequenza procedimentale culminata con il rilascio dell’autorizzazione unica alla controinteressata, la ricorrente non sarebbe titolare di alcuna posizione differenziata legittimante, né da un eventuale annullamento essa potrebbe trarre alcun vantaggio, neppure strumentale, posto che l’intesa espressa dalla Regione sul progetto Olt non precluderebbe affatto la possibilità di definire con esito favorevole altre istanze relative ad impianti del medesimo genere.
Le eccezioni sono fondate.
In seno alla conferenza di servizi del 29 aprile 2003, convocata dal Ministero delle Attività Produttive per l’esame dell’istanza di autorizzazione presentata dalla società Edison relativamente alla realizzazione di un rigassificatore all’interno dell’area industriale Solvay di Rosignano Marittimo, la Regione Toscana, stante la contestuale pendenza dell’istanza presentata da Olt per la realizzazione del terminale offshore al largo della costa di Livorno, comunicava la propria intenzione di effettuare una valutazione strategica delle due iniziative onde verificare i possibili effetti della compresenza dei due impianti sugli interessi ambientali, territoriali ed economici. La dichiarazione di intenti della Regione, in nulla pregiudizievole degli interessi della odierna ricorrente, si traduceva nel “documento conclusivo” del 9 luglio 2004, fatto proprio nei suoi contenuti dalla sopra menzionata decisione di Giunta n. 28/04, la quale si curava peraltro di precisare la funzione istruttoria della valutazione integrata strategica condotta sui due progetti. I giudizi ivi espressi – favorevole al progetto Olt, sfavorevole al progetto Edison – operano dunque sul piano endoprocedimentale delle valutazioni istruttorie, e del resto la stessa decisione n. 28/04 non ha natura di atto finale, giacché per il progetto Olt rinvia il rilascio dell’intesa “ex” art. 8 l. 340/00 all’esito di ulteriori approfondimenti e verifiche, mentre per il progetto Edison indica in maniera esplicita, attraverso il rinvio ai risultati dell’istruttoria, i profili di criticità sui quali intervenire mediante revisione, senza tuttavia esprimere un diniego definitivo dell’intesa; né la definitività del diniego può farsi discendere da una pretesa alternatività – reciprocamente escludente – dei due progetti, di cui il “documento conclusivo” della valutazione strategica non reca traccia (al contrario di quanto afferma la ricorrente, la decisione comunitaria 1229/2003/CE non è invocata dalla Regione al fine di sancire l’impossibilità di fare luogo, in Toscana, ad un solo impianto di rigassificazione, bensì al diverso scopo di evidenziare come il Parlamento europeo avesse attribuito carattere prioritario ad un solo terminale nel Mar Tirreno; ma il fatto che un solo impianto sia considerato prioritario non implica di per sé che altri non possano essere contestualmente realizzati, nell’ottica, parimenti considerata dallo studio regionale, della sicurezza, flessibilità e diversificazione degli approvvigionamenti).
La riprova del carattere interlocutorio della decisione n. 28/04 si trae dal verbale della conferenza di servizi tenutasi il 14 aprile 2005 in merito al rilascio dell’autorizzazione sul progetto Olt, nell’ambito della quale il rappresentante regionale prospetta come evento futuro il diniego dell’intesa sul progetto Edison, e precisa come tale intendimento sia comunque da intendersi “allo stato attuale”. Coerente con tale conclusione è, del resto, il successivo svolgersi del procedimento autorizzativo promosso dalla ricorrente, che ha tratto nuovo impulso dalla presentazione di una variante al progetto originario; la proposta di variante, esaminata in prima battuta nella conferenza di servizi appositamente indetta per il 20 aprile 2005, non ha raccolto alcuna contrarietà pregiudiziale da parte della Regione Toscana (questa si è limitata a evidenziare la necessità di un inquadramento di tutte le infrastrutture energetiche presenti nell’area) e, a quanto emerge dagli atti di causa, si trova attualmente sottoposta a VIA. La circostanza che la procedura per il rilascio dell’autorizzazione sul progetto Edison non si sia ancora conclusa rappresenta, in definitiva, una conseguenza fisiologica dalla piena attuazione del contraddittorio procedimentale fra le amministrazioni coinvolte e l’interessata, la quale con la sua condotta mostra di aver voluto accantonare il progetto iniziale, per aderire alle sollecitazioni a modificare l’impostazione primigenia, sollecitazioni per inciso provenienti non solo dalla Regione, ma anche dal Comune di Rosignano Marittimo, nel cui territorio l’impianto dovrebbe sorgere.
Per un verso, la mancanza di un atto qualificabile come arresto procedimentale non consente dunque di annettere valore meramente tuzioristico, nel senso voluto dalla ricorrente, alla presentazione della variante, il cui significato obiettivo rivela proprio l’intenzione dell’interessata di evitare una chiusura sfavorevole del procedimento, a costo di acconsentire alla modifica del progetto. In altri termini, la presentazione della variante pur in assenza di definitivo diniego è incompatibile con la volontà di insistere sul primo progetto: a tacer d’altro, non si vede quale residuo interesse all’impugnazione potrebbe rivendicare l’interessata, laddove, senza aver mai respinto l’istanza relativa al primo progetto, l’amministrazione dovesse infine autorizzare quello in variante. A diverse conclusioni si sarebbe potuti pervenire ove Edison – dalla quale non risultano oltretutto formulate riserve circa la volontà di non rinunciare al primo progetto – si fosse limitata a sollecitare una rivisitazione degli orientamenti regionali, per poi attendere un pronunciamento definitivo e, ove lesivo, impugnarlo.
Se, pertanto, la presentazione della variante rivela la persistenza dell’interesse alla positiva definizione di quella procedura, in effetti non ancora conclusasi, allo stesso tempo essa non ha valore di fatto nuovo idoneo a far cessare l’interesse all’impugnazione, bensì avalla ulteriormente la tesi dell’insussistenza originaria dell’interesse ad impugnare atti che sono e rimangono qualificabili come endoprocedimentali. Come senz’altro valore endoprocedimentale riveste il parere di incompatibilità ambientale rilasciato dalla Regione ai fini della VIA statale (delibera n. 702/04), poi superato dalla successiva valutazione favorevole operata dal Ministero dell’Ambiente.
Tornando al preteso giudizio di incompatibilità/esclusione dei due impianti di rigassificazione di cui è causa, che la ricorrente assume essere alla base degli atti impugnati ed, in particolare, delle determinazioni della Regione, nessuna aprioristica contrarietà ad assentire più di un impianto può farsi discendere dalla delibera n. 105/06, recante la conferma dell’intesa regionale sul progetto Olt. In primo luogo, le condizioni cui l’intesa stessa è vincolata riguardano unicamente il rispetto di una serie di impegni assunti dalla Olt medesima, e consacrati nella precedente delibera n. 932/05, la quale in nessun modo coinvolge il progetto della ricorrente e la sua realizzazione. A questo, si aggiunga che la esplicita, quanto superflua, limitazione dell’assenso regionale all’impianto Olt non può certo dirsi concludente nel senso di far presumere l’intento della Regione di negare per il futuro il rilascio dell’intesa relativamente ad altri impianti (lo stesso Piano Energetico Regionale, ancora “in itinere”, nel prevedere la realizzazione di un rigassificatore per finalità di diversificazione degli approvvigionamenti, non sembra precludere che il perseguimento di tali finalità sia incoraggiato attraverso l’avvio di ulteriori impianti).
Escluso dunque, per le ragioni esposte, che l’autorizzazione rilasciata ad Olt implichi per il futuro il rilascio dell’autorizzazione chiesta da Edison, ancora una volta non è configurabile alcun interesse sostanziale al gravame in capo alla società ricorrente, la quale non ricaverebbe alcun vantaggio dall’accoglimento della domanda, tantomeno sotto l’ipotizzato profilo della rimozione di un ostacolo al rilascio dell’autorizzazione a propria volta richiesta.
La ricorrente rivendica peraltro la sussistenza dell’interesse a far valere l’illegittimità degli atti autorizzatori rilasciati alla controinteressata siccome suscettibili di alterare l’assetto concorrenziale del mercato della produzione e commercializzazione del gas naturale. Sotto questo profilo, tuttavia, l’interesse è allo stesso tempo inattuale e non qualificato, nella misura in cui Edison non è ancora titolare di autorizzazione all’esercizio del rigassificatore, e non è dunque legittimata a dolersi dell’attività condotta da altri nell’area geografica che essa stessa aspira ad occupare, fermo restando quanto già affermato circa l’inidoneità dell’autorizzazione rilasciata alla controinteressata ad impedire il rilascio di analoga autorizzazione in favore della ricorrente; e non dovendosi trascurare, più in generale, che l’attività di produzione dell’energia – cui la costruzione di nuovi impianti produttivi afferisce – è stata liberalizzata dal legislatore (l. n. 239/04) al dichiarato scopo di garantire sicurezza, flessibilità e continuità degli approvvigionamenti: infatti, a fronte di tale obiettivo generale di politica energetica del paese, che implica un evidente “favor” per l’incremento delle fonti produttive e consente a ciascun operatore di promuovere l’attivazione di nuovi impianti, a maggior ragione degrada a interesse di mero fatto quello reclamato dalla ricorrente, la quale non vede pregiudicata la propria capacità di farsi produttore di energia in qualsiasi forma e, segnatamente, di realizzare il proprio impianto di rigassificazione.
Alla luce delle considerazioni che precedono, le impugnative proposte dalla società Edison debbono essere dichiarate inammissibili per difetto di interesse, rimanendone assorbita ogni altra questione di rito e di merito.
Le spese di lite seguono la soccombenza, e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana, sezione II, definitivamente pronunciando sui ricorsi in epigrafe, ne dispone la riunione e dichiara le impugnazioni inammissibili per carenza di interesse nei sensi di cui in motivazione.
Condanna la società ricorrente alla rifusione delle spese processuali, che liquida in complessivi euro 3.000,00, oltre I.V.A. e C.P.A., in favore delle amministrazioni rappresentate dall’Avvocatura dello Stato, ed in euro 2.000,00, oltre I.V.A. e C.P.A., per ciascuna delle rimanenti controparti costituite.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 11/06/2008 con l'intervento dei Magistrati:
Maurizio Nicolosi, Presidente
Vincenzo Fiorentino, Consigliere
Pierpaolo Grauso, Referendario, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 30/07/2008
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
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N. 01869/2008 REG.SEN.
N. 00788/2006 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 788 del 2006, proposto da:
Martelli Mario, Bardelli Beatrice, Zicanu Maurizio, Nieri Sergio, Pesacane Ciro, nella qualità di Presidente dell’Associazione “Forum Ambientalista”, D’Angelo Fernando Antonio, nella qualità di Presidente della Coop a r.l. Medicina Democratica, De Santi Massimo, Saller Riccardo, Picardi Salvatore, Rognini Paolo, Tani Mauro, Poltronieri Lorenza, Sirtori Roberto, Zoppè Monica Maria, Baschieri Paolo, Tonarelli Patrizia, Poltronieri Maria Gioia, Santi Roberto, Cirillini Lia, Bacci Andrea, Casola Fabrizio, Banchetti Laura, Baldi Veronica, Lenti Evi, Lenti Rosaria, Milianti Isabella, Mogre Federico, Gazineo Claudia, Marchetti Carlo, Malizia Palma, Di Guida Maria Grazia, Fabbri Flavio, Mangiavillano Stefano, Roncaglia Giuseppina, Carruba Giuseppa, Marani Francesco, Tani Cinzia, Volpi Carlo, Maggi Silvia, Galatolo Sabra, Bonanno Maria Luisa, Suggi Luciano, Chelli Mario, Morini Gabriella, Morucci Francesca, Del Preda Paola, Trimboli Giovanna Maria, Brogi Rita, Guerrini Alessandra, Fagiolini Paolo, Detti Lazzaro, Pasqui Paola, Ferrini Donatella, Cocorullo Silvana, Guglielmi Viviana, Cerri Rolando, Magrini Giovanna, Santucci Eleonora, Girotto Graziano, Corsani Sarah, Frassi Luca, Boccuzzi Mauro, Parenti Antonio, Sammuri Giordano, Traversi Luciano, Borriello Maurizio, Nocchi Mauro, Chiavacci Leandro, Magnolfi Luca, Magnani Adriana, Rossi Maria Stella, Barsacchi Enrico, Barsacchi Flavio, Bernini Ivano, Sordini Vittorio, Lombardo Gabriella, Regoli Roberto, Del Punta Alessandra, Cinali Ennio, Macchia Marina, Coppini Viviana, Fanelli Emiliano, Magnani Adriano, De Santi Mirco, Marongiu Cristina, Cadoni Andrea, Finale Chiara, Agostini Stefano, Pellegrini Maria Carlotta, Pellegrini Francesco, Lo Russo Rita, Meschi Anna Lina, Fontanelli Maurizio, Turchi Maria Cristina, Girmena Valerio, Gori Paola, Saba Gioacchino, Bazzi Giacomo, Barbagli Ambra, Baiamonte Giovanna, Lunardi Eliano, Celata Bernardo, Lami Andrea, Beverelli Fiorigia, Gallinari John Dino, Moncini Lia Franca, Carlevaro Roberto, Franchini Camillo, Zanasi Maria Angela, Amodeo Leila, Pagani Giovanna, Bardelli Lido, Puccini Anna, Ria Elisabetta, Berloco Anna, Boni Andrea, Vaghetti Raniero, Alderigi Cristiana, Carriero Anna, Biagi Maria Anna , Giannessi Nadia, Bargagna Barbara, Pistelli Sonia, Tassinari Deborah, Pieroni Rosalba, Nuti Cecilia, Gonforti Mirella, Dinucci Manlio, Baldari Adriana, Martinelli Carla, Taccini Adriana, Corrado Anna, Cavalli Aldo, Cerbai Guido, Baldacci Elisa, Lazzerini Giovanni, Nevi Lucia, Della Bartola Giovanni, Niccolai Roberta, Giomi Daniela, Molino Lucia, Ponzini Lucia, Villanti Provvidenza, tutti rappresentati e difesi dagli avv.ti Giancarlo Altavilla e Carmelo D'Antone, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Andrea Cuccurullo in Firenze, Lungarno A. Vespucci 20;
contro
Ministero per le Attivita' Produttive, Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio, Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Ministero della Salute, Ministero della Difesa, Ministero dell'Interno, Stato Maggiore della Difesa, Capitaneria di Porto di Livorno, Registro Italiano Navale, Agenzia delle Dogane - Roma, Agenzia delle Dogane - Direzione Regione Toscana, Agenzia delle Dogane - U.T.F. Livorno, Comando Dipart. Militare Marittimo Alto Tirreno - La Spezia, tutti rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliata per legge in Firenze, Via degli Arazzieri 4;
Regione Toscana, rappresentata e difesa dall'avv. Lucia Bora, con domicilio eletto presso la sede dell’Avvocatura Regionale in Firenze, Piazza dell’Unita' Italiana 1;
Comune di Livorno, rappresentato e difeso dagli avv.ti Lucia Macchia e Paolo Macchia, con domicilio eletto presso la Segreteria del T.A.R. per la Toscana in Firenze, Via Ricasoli 40;
Comune di Pisa, rappresentato e difeso dagli avv.ti Giuseppina Gigliotti, Gloria Lazzeri e Susanna Caponi, con domicilio eletto in Pisa presso l’Ufficio Legale Comunale;
Provincia di Pisa, Provincia di Livorno, Comune di Collesalvetti, R.I.N.A. Industry S.p.A., Autorita' Portuale di Livorno, Comitato Tecnico Regionale c/o Ispet. Reg. Vigili del Fuoco;
nei confronti di
Olt Offshore LNG Toscana S.p.a., rappresentata e difesa dagli avv.ti Lorenzo Acquarone, Daniela Anselmi, Natale Giallongo ed Ilaria Pagni, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Natale Giallongo in Firenze, via Vittorio Alfieri 19;
per l'annullamento
del decreto del Ministero delle Attività Produttive 23 febbraio 2006, col quale la OLT Offshore LNG Toscana s.p.a. è stata autorizzata a costruire e ad esercitare un terminale di rigassificazione di gas naturale;
della deliberazione della Giunta regionale della Toscana 20 febbraio 2006, n. 105 (e di quelle in essa richiamate), con la quale è stato espresso l'assenso allo schema del decreto ministeriale suddetto;
degli atti tutti del procedimento che si è concluso con il decreto di autorizzazione alla costruzione del terminale di rigassificazione: tra questi, non esaustivamente, la deliberazione della Conferenze dei servizi 14 aprile 2005, ed ogni precedente verbale e decisione (parziale ovvero interlocutoria) della Conferenza medesima; le decisioni della Giunta regionale della Toscana 20 luglio 2004, nn. 28 e 696, aventi ad oggetto, rispettivamente, la valutazione integrata degli aspetti di livello strategico dei progetti "OLT" ed "EDISON", ed il parere ai fini della pronuncia di V.I.A. dell'Ambiente 15 dicembre 2004, col quale è stata pronunciata la valutazione di compatibilità ambientale del terminale di rigassificazione OLT.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dei Ministeri per le Attivita' Produttive, dell'Ambiente e della Tutela del Territorio, delle Infrastrutture e dei Trasporti, della Salute, della Difesa, dell'Interno;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dello Stato Maggiore della Difesa, della Capitaneria di Porto di Livorno, del Registro Italiano Navale, dell’Agenzia delle Dogane – Roma, dell’Agenzia delle Dogane - Direzione Regione Toscana, dell’Agenzia delle Dogane - U.T.F. Livorno, del Comando Dipart. Militare Marittimo Alto Tirreno - La Spezia;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione Toscana;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Livorno;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Pisa;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dellaOlt Offshore Lng Toscana S.p.a.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11/06/2008 il dott. Pierpaolo Grauso e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
Con ricorso notificato il 21 aprile – 15 maggio e depositato il 23 maggio 2006, Mario Martelli e gli altri litisconsorti in epigrafe, tutti cittadini pisani e livornesi, oltre che rappresentanti di associazioni ambientaliste nazionali, proponevano impugnazione avverso il decreto del 23 febbraio 2006, mediante il quale il Ministero delle Attività Produttive, di concerto con quello dell’Ambiente e d’intesa con la Regione Toscana, aveva autorizzato la Olt Offshore LNG S.p.a. a realizzare e gestire un terminale di rigassificazione di gas naturale liquefatto localizzato in mare, dodici miglia al largo del tratto di litorale toscano compreso tra Livorno e Marina di Pisa; il gravame era altresì esteso all’attività procedimentale pregressa e, segnatamente: alla delibera di Giunta Regionale n. 105 del 20 febbraio 2006, di assenso allo schema del decreto ministeriale autorizzativo; alle deliberazioni assunte in seno alle conferenze di servizi indette tra le varie amministrazioni centrali e locali interessate a seguito della presentazione del progetto di rigassificatore; alle decisioni della Giunta Regionale nn. 28 e 696 del 20 luglio 2004, la prima recante la valutazione integrata strategica del progetto presentato dalla società Olt e di altro progetto presentato dalla Edison S.p.a., la seconda il parere favorevole di V.I.A. sul progetto Olt; al decreto del Ministero dell’Ambiente 15 dicembre 2004, di compatibilità ambientale dell’impianto Olt.
I ricorrenti, rivendicata la propria legittimazione ad agire quali residenti nel territorio coinvolto dalla presenza del rigassificatore e, perciò, destinatari dei rischi per la salute e l’incolumità pubblica connessi a tale presenza, nonché rappresentanti di associazioni ambientaliste nazionali, in diritto si affidavano a cinque, complessi, motivi, e concludevano per l’annullamento degli atti e provvedimenti impugnati.
Per resistere alla domanda, si costituivano in giudizio gli enti intimati e la controinteressata.
La causa veniva discussa e trattenuta per la decisione alla pubblica udienza dell’11 giugno 2008, preceduta dal rituale deposito di documenti e memorie difensive.
DIRITTO
1. Come riferito in narrativa, l’impugnazione ha per oggetto principale il decreto del Ministero delle Attività Produttive in data 23 febbraio 2006, contenente l’autorizzazione unica rilasciata, ai sensi dell’art. 8 della legge n. 340/00, alla controinteressata Olt Offshore LNG Toscana S.p.a. (di seguito, Olt) per la realizzazione e gestione di un terminale galleggiante di rigassificazione di gas naturale liquido, costituito da una nave stabilmente ancorata in mare al largo della costa toscana tra Pisa e Livorno, e collegata a terra attraverso un gasdotto sottomarino. Sono altresì impugnati tutti gli atti della serie procedimentale che ha preceduto il rilascio dell’autorizzazione, e tra questi la delibera n. 105 del 20 febbraio 2006, con cui la Regione Toscana ha espresso la propria intesa sul decreto autorizzativo, nonché tutte le determinazioni assunte in conferenza di servizi dalle amministrazioni coinvolte nell’approvazione del progetto di rigassificatore presentato dalla Olt, e le pronunce ministeriali e regionali di compatibilità ambientale del progetto stesso.
1.1. In via pregiudiziale, sono sollevate una serie di eccezioni, le quali attengono in primo luogo all’invalidità delle procure alle liti apposte dai ricorrenti su fogli spillati all’atto introduttivo del giudizio, ed alla conseguente nullità di quest’ultimo. L’eccezione, proposta dalla difesa della controinteressata Olt, è infondata.
L'art. 83 co. 3 ultima parte c.p.c. stabilisce che la procura alle liti si considera apposta in calce anche se rilasciata su foglio separato che sia però congiunto materialmente all'atto cui si riferisce, e non si dubita che a tale facoltà possa farsi ricorso ogniqualvolta nelle pagine dell’atto giudiziale cui la procura accede non vi sia spazio sufficiente, ed occorra pertanto materialmente aggiungere un altro o altri fogli (cfr. Cons. Stato , Sez. VI, 20 luglio 2004, n. 5266). Nella specie, stante il numero elevato dei ricorrenti, è indiscutibile che lo spazio rimasto libero in calce all’ultimo foglio del ricorso introduttivo non potesse contenere il testo dei mandati difensivi con le relative sottoscrizioni ed autentiche, giustificandosi pertanto la redazione dei mandati stessi su più fogli separati congiunti al ricorso mediante spillatura; né, per inciso, alcuna irregolarità discende dalla generalizzata mancanza di data delle procure in questione, le quali, precedendo le relate dell’Ufficiale Giudiziario, debbono logicamente presumersi anteriori, o quantomeno coeve, alla notificazione del ricorso.
1.2. Sono inoltre eccepite la tardività del gravame e, comunque, la sua inammissibilità per difetto di interesse. Neppure tali eccezioni meritano accoglimento.
Quanto alla pretesa tardività, dagli atti del giudizio risulta che la prima notificazione del ricorso introduttivo nei confronti della controinteressata è stata eseguita il 21 aprile 2006 a mezzo del servizio postale, con esito negativo (l’atto non è stato recapitato per irreperibilità del destinatario all’indirizzo indicato). La notificazione è stata quindi ripetuta a mani il 15 maggio 2006 presso il medesimo indirizzo, stavolta con successo, e non vi sono elementi per affermare che essa sia stata intempestiva: è noto che, al fine del decorso del termine d' impugnazione, la piena conoscenza dell'attività amministrativa e della sua lesività non possono essere affermate in via presuntiva, ma debbono formare oggetto di prova rigorosa da parte di chi eccepisce la tardività del gravame (da ultimo, cfr. Cons. Stato, sez. IV, 15 maggio 2008, n. 2236); prova che la controinteressata non ha fornito né è altrimenti desumibile dagli atti a disposizione, posto che i ricorrenti non sono destinatari di comunicazione diretta del provvedimento, e che di quest’ultimo neppure consta la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
1.3. Sulla scorta dei principi costantemente affermati in giurisprudenza, non può poi essere disconosciuto l’interesse individuale all’impugnazione di chi, come gli odierni ricorrenti, risiede in prossimità del sito individuato per la realizzazione del rigassificatore, rivestendo perciò una posizione differenziata e qualificata in virtù dello stabile collegamento con l’area interessata e dei potenziali rischi ambientali legati alle caratteristiche tecnico-dimensionali dell’impianto (il progetto prevede l’eventuale raddoppio della già cospicua capacità iniziale di rigassificazione, stimata in non meno di 3,5 miliardi di metri cubi di gas) ed, evidentemente, alla natura stessa delle sostanze ivi trattate. Alla stregua del criterio della vicinanza alla fonte della lesione paventata, ed a prescindere dalla specifica prova del danno, le temute ripercussioni sul territorio circostante legittimano dunque la proposizione dell’azione nella misura in cui le censure svolte tendono a far valere, come i ricorrenti stessi si premurano di precisare, l’insufficienza dell’attività istruttoria espletata dalle amministrazioni intimate in relazione alle esigenze di adeguata raccolta e ponderazione degli interessi ambientali, ecologici, paesaggistici implicati nell’”iter” autorizzatorio di cui si discute (per tutte, cfr. Cons. Stato, sez. VI, 15 ottobre 2001, n. 5411).
Deve invece essere negata la legittimazione ad agire in capo ai soggetti collettivi “Medicina Democratica” e “Forum Ambientalista”, dei quali si ignorano i fini statutari, il grado di rappresentatività e stabilità, l’ambito operativo di riferimento, risultando con ciò precluso l’indispensabile accertamento in concreto circa l’attitudine di tali enti a farsi portatori in giudizio delle rivendicate istanze di tutela dell’ambiente (né a fondare la legittimazione è sufficiente lo scopo associativo dichiarato, che in definitiva si risolva nella stessa finalità di proporre l'azione giurisdizionale, cfr. Cons. Stato, sez. VI, 5 dicembre 2002, n. 6657).
2. Data l’infondatezza (eccetto per i due soggetti collettivi sopra indicati) delle eccezioni pregiudiziali, l’analisi deve essere indirizzata al merito della controversia.
Con il primo motivo, è dedotta l’illegittimità degli atti impugnati per violazione e falsa applicazione dell’art. 8 della legge n. 340/00, dell’art. 3 della legge regionale toscana n. 39/05, dell’art. 1 della legge n. 239/04 e degli artt. 23 e segg. Del D.Lgs. n. 112/98, nonché per eccesso di potere sotto i profili del difetto dei presupposti, del difetto di istruttoria, del travisamento dei fatti, e dell’incompetenza.
Innanzitutto, i ricorrenti contestano che la proposta progettuale presentata dalla Olt potesse venire istruita secondo il procedimento semplificato di cui all’art. 8 l. 340/00 cit., disposizione specificamente dettata per l’allocazione di rigassificatori presso siti industriali, mentre il progetto Olt si riferisce ad un impianto ubicato in mare; inoltre, la procedura semplificata non sarebbe stata preceduta dal necessario nulla osta del Ministero dell’Ambiente. Ancora, in forza del mutato assetto delle competenze dovuto alla riforma del titolo V della Costituzione, ed ai sensi della legislazione regionale in materia, l’intesa sul decreto ministeriale di autorizzazione avrebbe dovuto essere pronunciata dalle Provincie di Pisa e Livorno, e non dalla Regione Toscana, dovendosi peraltro considerare che – a seguito della liberalizzazione del settore energetico – l’intera procedura avrebbe dovuto rimanere sotto il dominio delle stesse amministrazioni provinciali, nella materia essendo oramai venute meno le competenze dello Stato.
Con il secondo motivo, la censura di violazione dell’art. 8 della legge n. 340/00 è ribadita, in una con quella di eccesso di potere, in relazione alla violazione delle norme che regolano il funzionamento della conferenza di servizi. Assumono infatti i ricorrenti che, pur in presenza di un dissenso esplicito e qualificato da parte del Ministero dell’Ambiente, della Provincia e del Comune di Pisa, la determinazione conclusiva della conferenza, favorevole all’approvazione del progetto, sarebbe stata adottata a maggioranza, anziché mediante rimessione all’autorità superiore, ed in assenza di qualsivoglia motivazione circa il contenuto delle posizioni dissenzienti; la conferenza, al pari del decreto ministeriale autorizzativo, non avrebbe poi tenuto in alcun conto l’intesa raggiunta fra Regione, Province e Comuni di Pisa e Livorno, e Comune di Collesalvetti in ordine alla ricerca di una soluzione condivisa al problema di rivedere la localizzazione dell’impianto attraverso il suo spostamento verso sud. I lavori della conferenza sarebbero altresì illegittimi a cagione del mancato coinvolgimento dell’Ente Parco regionale di Migliarino, San Rossore e Massaciuccoli e dell’Autorità per l’energia elettrica ed il gas.
Per ragioni di connessione, i due motivi saranno esaminati congiuntamente.
2.1. L’art. 1 della legge n. 239/04, recante principi fondamentali in materia energetica ai sensi dell'articolo 117 co. 3 Cost., prevede al comma 2 lett. a) che le attività di produzione, importazione, esportazione, stoccaggio non in sotterraneo anche di oli minerali, acquisto e vendita di energia ai clienti idonei, nonché di trasformazione delle materie fonti di energia sono libere su tutto il territorio nazionale, nel rispetto degli obblighi di servizio pubblico derivanti dalla normativa comunitaria e dalla legislazione vigente. La liberalizzazione dell’attività di produzione e trasformazione delle materie fonti di energia non equivale tuttavia, contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti, a liberalizzazione dell’attività di costruzione e gestione dei relativi impianti, la quale rimane soggetta al vigente regime autorizzatorio, come si evince dallo stesso art. 1 della legge n. 239/04 con specifico riferimento agli impianti di rigassificazione: per ciò che interessa ai fini di causa, la norma in esame presuppone infatti, e fa salva, la sopravvivenza della procedura semplificata di cui all’art. 8 della legge n. 340/00, che sottopone ad autorizzazione ministeriale – d’intesa con la Regione interessata – l'uso o il riutilizzo di siti industriali per l'installazione di rigassificatori di gas naturale liquido destinati al miglioramento del quadro di approvvigionamento strategico dell'energia, della sicurezza e dell'affidabilità del sistema, nonché della flessibilità e della diversificazione dell'offerta (viene in considerazione in particolare il comma 60 dell’art. 1 cit., che estende alla realizzazione e al potenziamento di terminali di rigassificazione di gas naturale liquefatto, ivi comprese le opere connesse, la procedura di valutazione di impatto ambientale, fatte espressamente salve le disposizioni di cui alla legge n. 443/01 e all'articolo 8 n. 340/00).
La procedura “ex” art. 8 cit. rappresenta peraltro un’eccezione alla disciplina contenuta nella legge n. 9/91 e nel relativo regolamento di attuazione (D.P.R. n. 420/94), secondo cui la costruzione e la gestione di nuovi stabilimenti per la lavorazione di oli minerali e nuove installazioni di gas naturale liquefatto sono soggetti a concessione, e che, non risultando abrogata dalla legge n. 239/04, deve ritenersi ancora applicabile alla costruzione di impianti di rigassificazione che non prevedano l’uso o il riuso di siti industriali, salve le precisazioni che verranno fatte di seguito a proposito del nuovo assetto del riparto di competenze fra Stato, Regioni e Province.
Tra le fonti ancora vigenti di livello statale che confermano l’esistenza di un regime autorizzativo della costruzione degli impianti di rigassificazione giova ricordare anche il D.Lgs. n. 164/00, che, pur avendo liberalizzato le attività di importazione, esportazione, trasporto e dispacciamento, distribuzione e vendita di gas naturale, in qualunque sua forma e comunque utilizzato, all’art. 29 onera comunque le amministrazioni centrali e periferiche di adottare criteri e procedure obiettivi e non discriminatori ogniqualvolta per l'esercizio di una o più delle attività di importazione, esportazione, trasporto, dispacciamento, stoccaggio, distribuzione, acquisto o vendita di gas naturale, o per la costruzione e l'esercizio dei relativi impianti sia prevista una autorizzazione, una concessione, una licenza, o una approvazione comunque denominata. Trattandosi di impianto da costruire in mare, non vanno poi dimenticati i profili concessori attinenti all’uso del bene demaniale, che, in quanto finalizzato all’approvvigionamento di fonti di energia, ricade pur sempre fra i compiti e le funzioni amministrative riservati alla competenza statale prima dall’art. 104 co. 1 lett. pp) del D.Lgs. n. 112/98, ed oggi dall’art. 1 co. 7 lett. l) della più volte citata legge n. 239/04.
Che la costruzione di impianti di rigassificazione non costituisca attività libera neppure all’indomani della riforma del titolo V della Costituzione è testimoniato, del resto, dalla stessa legge regionale toscana n. 39/05 invocata dai ricorrenti a sostegno del proprio assunto, la quale, se da un lato all’art. 11 sottopone alla propria autorizzazione la costruzione e l’esercizio di oleodotti e gasdotti, di impianti di stoccaggio di idrocarburi di capacità superiore a 25 metri cubi e di impianti per la lavorazione e trasformazione di idrocarburi (tale è il gas naturale liquido), al precedente art. 4 co. 4 riconosce l’esistenza di opere ed infrastrutture energetiche la cui autorizzazione è riservata allo Stato, ed in ordine alle quali prevede il rilascio di un atto di intesa regionale, garantendo altresì la partecipazione degli enti locali interessati nel processo decisionale (correlativamente, l’art. 42 della l.r. n. 39/05 non elenca, fra le norme statali da disapplicare, alcuna di quelle che si sono sopra richiamate).
Ricostruite in tal modo le indispensabili coordinate normative, l’avvio del procedimento promosso dalla controinteressata Olt per l’approvazione del progetto di rigassificatore “offshore” risale al mese di ottobre del 2002, ed è pertanto alla luce della disciplina vigente a quell’epoca che deve essere valutata la scelta di dare seguito alla procedura semplificata prevista dall’art. 8 l. 340/00, salvo in seguito verificare l’immediata applicabilità della legislazione regionale sopravvenuta nella pendenza del procedimento. Il tutto tenendo presente che i ricorrenti sono legittimati a dolersi delle eventuali violazioni procedimentali non in quanto tali, ma a condizione che esse si siano effettivamente risolte in una compromissione di quegli interessi – salubrità e sicurezza dell’ambiente di vita – dei quali i ricorrenti medesimi sono portatori nel presente giudizio.
2.2. L’art. 8 della legge n. 340/00 stabilisce, al primo comma, che l'uso o il riutilizzo di siti industriali per l'installazione di impianti destinati al miglioramento del quadro di approvvigionamento strategico dell'energia, della sicurezza e dell'affidabilità del sistema, nonché della flessibilità e della diversificazione dell'offerta, è soggetto ad autorizzazione del Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato (poi il Ministero delle Attività Produttive), di concerto con il Ministero dell'ambiente e d'intesa con la regione interessata; ai fini della procedura in questione, per impianti si intendono i rigassificatori di gas naturale liquido. La norma prevede che il procedimento si svolga in conferenza di servizi, richiede l’acquisizione del nulla osta ministeriale di impatto ambientale, e dispone che qualora l'esito della conferenza di servizi comporti la variazione dello strumento urbanistico, la determinazione costituisce proposta di variante sulla quale si pronuncia definitivamente entro novanta giorni il consiglio comunale; decorso inutilmente tale termine, la determinazione della conferenza di servizi equivale ad approvazione della variazione dello strumento urbanistico.
Tanto premesso, è in atti che, nella prima riunione della conferenza di servizi convocata per l’esame del progetto presentato dalla Olt S.p.a., tenutasi il 17 dicembre 2002, il rappresentante del Ministero dell’Ambiente manifestava perplessità circa la possibilità di applicare la procedura dell’autorizzazione unica, in relazione al tipo ed alla ubicazione dell’impianto. Di contro, il rappresentante del Ministero delle Attività Produttive osservava come almeno una parte dell’impianto ricadesse in area industriale in terraferma, e come lo strumento della conferenza di servizi fosse comunque utilizzabile per l’acquisizione dei vari pareri e nulla osta; in senso favorevole alla scelta procedurale così delineata si pronunciava la Regione Toscana. Il procedimento dunque proseguiva nella direzione impressa dal Ministero delle Attività Produttive, ed ai fini dell’autorizzazione unica venivano via via acquisiti: il nulla osta alla costruzione ed esercizio dell’impianto, con prescrizioni, espresso in data 12 febbraio 2003 dal Comando della 1^ Regione Aerea; il nulla osta al rilascio della concessione demaniale e l’autorizzazione “ex” art. 19 D.Lgs. n. 374/90 alla costruzione del terminale galleggiante ad opera della Circoscrizione doganale di Livorno, in data 28 maggio 2003; il nulla osta, per gli aspetti demaniali di competenza, del Comando RFC regionale Toscana, in data 14 luglio 2003; il nulla osta di fattibilità, con prescrizioni, rilasciato il 5 novembre 2003 dall’Ispettorato regionale della Toscana all’esito dell’istruttoria relativa all’esame del rapporto preliminare di sicurezza del terminale galleggiante; il parere favorevole, con prescrizioni, della Commissione centrale controllo armi, del 13 novembre 2003; il parere favorevole del comitato di pilotaggio nazionale in merito alla compatibilità ambientale dell’opera con il santuario dei mammiferi marini del Mediterraneo, del 25 novembre 2003; il parere di compatibilità ambientale, con prescrizioni, espresso in data 15 dicembre 2004 dal Ministero dell’Ambiente, di concerto con quello per i Beni e le Attività culturali e previo parere favorevole della Regione Toscana, ai sensi dell’art. 6 della legge n. 349/86, come richiamata dall’art. 1 della legge n. 220/92 in materia di costruzione di terminali per il carico e lo scarico di idrocarburi e di sostanze pericolose; la formale accettazione da parte della Olt delle prescrizioni contenute nella predetta valutazione di impatto ambientale, con nota del 13 gennaio 2005; il nulla osta della Direzione generale per le infrastrutture della navigazione marittime e interna del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti in data 14 febbraio 2005; il nulla osta della Direzione per la protezione della natura del Ministero dell’Ambiente in data 28 febbraio 2005; il parere favorevole dell’Agenzia delle Dogane in relazione agli aspetti fiscali e doganali, espresso nella conferenza di servizi del 14 aprile 2005.
Come emerge dalla ricostruzione che precede, l’”iter” procedimentale concretamente seguito per l’approvazione del progetto Olt ha di fatto ripercorso tutti i passaggi previsti dal procedimento disciplinato dalla legge n. 9/91, con particolare riferimento all’acquisizione della valutazione di impatto ambientale (che assorbe ogni nulla osta del Ministero dell’Ambiente), e dei pareri prescritti dall’art. 4 del D.P.R. n. 420/94, ivi compresi quelli dei Comuni di Pisa, Livorno e Collesalvetti, benché non rilevanti ai fini della conformità dell’impianto alle previsioni urbanistiche (sull’intervento nella procedura delle amministrazioni comunali e provinciali interessate si tornerà più avanti). Quanto alla mancata convocazione dell’Ente Parco di Migliarino, San Rossore e Massaciuccoli, i ricorrenti non hanno fornito alcun elemento obiettivo al fine di dimostrare l’interferenza dell’impianto con il territorio del parco, interferenza che è esplicitamente contestata dalle controparti; quanto invece al mancato coinvolgimento dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas, essa è priva di competenze specifiche nella materia, mentre in relazione alle competenze statali di cui all’art. 1 co. 7 della legge n. 239/04, l’intervento dell’Autorità – in funzione ausiliaria, ai sensi della medesima disposizione appena citata – può senz’altro considerarsi assorbito dalla presenza dei diversi Ministeri.
In altri termini, anche a voler ritenere che alla fattispecie non fosse applicabile la procedura di cui all’art. 8 l. 340/00 (come pare corretto affermare, atteso che il progetto Olt non prevede l’utilizzo o il riutilizzo di un sito industriale preesistente), nondimeno deve riconoscersi che la qualificazione normativa astratta adoperata dalle amministrazioni procedenti sia rimasta sul piano delle mere affermazioni di principio: il procedimento risulta infatti essersi svolto nel rispetto di tutti gli snodi istruttori previsti dalla procedura “ordinaria” per il rilascio della concessione di costruzione ed esercizio dell’impianto, senza che alcuna deviazione da tale schema sia ascrivibile al ricorso alla conferenza di servizi, modulo procedimentale ad applicazione generalizzata che non determina o implica alcuno spostamento o compromissione delle rispettive competenze.
2.3. Una volta accertato che l’adozione di un modello (nella pratica solo asseritamente) semplificato non ha costituito, da parte delle amministrazioni intimate, il pretesto formale per sottrarsi alla compiuta ponderazione di tutti gli interessi in gioco, resta da concludere il discorso intorno ai prospettati riflessi della sopravvenuta legislazione regionale sulla competenza ministeriale all’emanazione del provvedimento autorizzatorio impugnato in principalità.
La legge regionale n. 39/05, approvata nella pendenza del procedimento di cui è causa, sottopone ad autorizzazione unica di competenza regionale o provinciale la costruzione e l’esercizio di impianti di lavorazione e trasformazione di idrocarburi: tale disciplina è dichiaratamente applicativa dell'articolo 117 co. 3 e 4 Cost. e della legge n. 239/04, la quale ultima, lo si ricorda, riserva allo Stato i compiti e le funzioni amministrative in materia di utilizzazione del pubblico demanio marittimo e di zone del mare territoriale per finalità di approvvigionamento di fonti di energia.
Dovendosi pervenire ad un adeguato coordinamento sistematico delle fonti, rispettoso del riparto di competenze sancito dagli artt. 117 e 118 Cost., due esiti interpretativi possono essere ipotizzati. Da un lato, appare infatti possibile sostenere che dall’ambito applicativo della legge regionale esulino gli impianti di rigassificazione “offshore”, la competenza provinciale sancita dall’art. 3 co. 2 della legge regionale n. 39/05 dovendosi intendere interamente assorbita dalla evidenziata riserva di competenze statali in materia di utilizzo del mare (riserva che, altrimenti opinando, rimarrebbe grandemente svuotata di significato); con il che, la tesi dei ricorrenti circa la presunta incompetenza ministeriale sarebbe da respingere in radice.
Ove, al contrario, volesse intendersi la competenza statale non preclusiva del potere di autorizzazione riconosciuto alla Provincia dalla legge n. 39/05, dovrebbe concludersi per l’esistenza della situazione sopravvenuta di concorrenza di poteri prospettata dai ricorrenti: statali relativamente alla soddisfazione degli interessi pubblici connessi all’uso del demanio marittimo per finalità energetiche, provinciali relativamente alla costruzione ed esercizio dell’impianto anche nelle zone di mare territoriale prospicienti il tratto di costa ricadente nei confini provinciali (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 21 settembre 2006, n. 5547, in tema di esercizio dei poteri urbanistico-edilizi del Comune su opere realizzate in mare). Ciò posto, giova a questo punto ricordare che la posizione legittimante azionata nel presente giudizio dipende dalla proposizione di censure che, qualora accolte, producano un’utilità correlata con l’interesse alla tutela della salubrità dell’ambiente, innescando una riedizione dell’azione amministrativa implicante la rivalutazione del profilo ambientale: ma, se così è, nessuna utilità deriverebbe ai ricorrenti da un accoglimento motivato in ordine al dedotto vizio di incompetenza del Ministero dello Attività Produttive, atteso che la sopravvenuta competenza della Provincia in nessun caso potrebbe ripercuotersi sulle fasi procedimentali implicanti valutazioni di carattere ambientale, cioè quelle della VIA e del nulla osta di fattibilità, autonomamente definite in epoca anteriore all’entrata in vigore della legge regionale n. 39/05 e, come tali, non più tangibili dallo “jus superveniens”. Riguardata in questa ottica, la domanda, se non infondata, sarebbe comunque inammissibile.
2.4. Nemmeno ha pregio il mezzo di gravame attinente alla mancata rimessione degli atti al Consiglio dei Ministri a seguito del dissenso manifestato dal Ministero dell’Ambiente nella conferenza di servizi, da cui la denunciata violazione dell’art. 14-quater co. 3 della legge n. 241/90, oltre che del comma quinto dello stesso art. 8 legge n. 340/00.
Dal verbale della conferenza di servizi del 14 aprile 2005, risulta che il rappresentante del Ministero dell’Ambiente aveva proposto di differire l’assunzione di atti definitivi, in attesa delle determinazioni da assumere nel parallelo procedimento relativo ad altro progetto di rigassificatore, presentato dalla società Edison; la proposta, tradotta in una richiesta di sospensione cui avevano aderito il Comune e la Provincia di Pisa, era stata respinta a seguito di votazione tra i presenti. Il verbale attesta quindi l’acquisizione definitiva dei pareri e la valutazione positiva del progetto Olt espressa dalla maggioranza delle amministrazioni convenute. In prima battuta, va precisato che la proposta di “sospensione” formulata dal Ministero dell’Ambiente, ed appoggiata da Comune e Provincia di Pisa, più che una manifestazione di dissenso sulla determinazione conclusiva della conferenza, costituisce bensì una mozione d’ordine circa il futuro svolgimento dei lavori della conferenza, ai sensi dell’art. 14-ter co. 1 della legge n. 241/90 come modificato dalla legge n. 15/05; comunque la si voglia qualificare, non può peraltro non tenersi conto della posizione successivamente assunta dal Ministero, il quale, prestando il concerto sul decreto di autorizzazione, mostra di aver superato ogni eventuale dissenso precedentemente espresso.
Non dissimile è la posizione del Comune e della Provincia di Pisa, in ordine alla quale parimenti rilevano i comportamenti e gli atti successivi alla conferenza del 14 aprile 2005. I due enti avevano in effetti preannunciato, in quella sede, la propria intenzione di esprimere parere negativo sul progetto nell’eventualità, poi verificatasi, di una mancata sospensione del procedimento; e la stessa Regione Toscana aveva condizionato il proprio parere favorevole al raggiungimento di un accordo con gli altri enti locali. Ma poiché le perplessità manifestate non attenevano ad aspetti ambientali, quanto ai possibili influssi negativi dell’impianto di rigassificazione sui settori della nautica da diporto e della pesca, nonché sulle prospettive turistiche del litorale e sul buon esito degli investimenti all’uopo sostenuti, va intanto esclusa la sussistenza dei presupposti per il rinvio della decisione alla Conferenza unificata di cui all’art. 8 D.Lgs. n. 281/97, come previsto dall’art. 14-ter co. 3 l. 241/90.
Si consideri poi che il 5 settembre 2005, quando ancora la determinazione conclusiva del procedimento non era stata adottata dal Ministero delle Attività Produttive, la Regione Toscana, le Province di Livorno e Pisa, i Comuni di Livorno, Pisa e Collesalvetti, hanno concluso un documento d’intesa sulla valutazione del progetto Olt, sottoscrivendo il quale gli enti firmatari concordavano di richiedere alla Olt una proposta di correzione del luogo di ancoraggio del terminale “offshore”, nonché uno studio di fattibilità delle opere di completamento dell’infrastruttura denominata “Incile di collegamento tra il Canale dei Navicelli ed il fiume Arno”, e la Regione si riservava solo all’esito l’adozione degli atti di propria competenza (il rilascio dell’intesa sull’autorizzazione chiesta da Olt). Successivamente, il 19 settembre 2005, Olt, Comune e Provincia di Pisa hanno stipulato un accordo (poi riversato nella convenzione del 26 settembre 2005) in forza del quale la prima si è impegnata a correggere, in fase di progettazione esecutiva, il punto di ancoraggio del rigassificatore, all’interno dell’area di sversamento dei fanghi di dragaggio del porto di Livorno e nella misura massima consentita dalla pronuncia di VIA già assentita e compatibilmente con le determinazioni della conferenza di servizi; e si è impegnata altresì a realizzare le opere di completamento dell’”Incile”, e a non dare avvio ai lavori di realizzazione del terminale galleggiante se non dopo la presentazione del progetto esecutivo dell’infrastruttura e contestualmente a quelli di costruzione dell’”Incile”. Nel medesimo accordo, il Comune e la Provincia di Pisa si sono impegnati a propria volta a rinunciare al ricorso promosso dinanzi al T.A.R. del Lazio per l’annullamento delle determinazioni assunte dalla conferenza di servizi del 14 aprile 2005 nel caso di corretta ottemperanza di Olt agli impegni assunti.
Di tali eventi sopravvenuti non poteva non tenere conto la determinazione conclusiva del procedimento, assunta il 15 dicembre 2005, la quale, pur ripetendo pedissequamente la clausola legislativa delle “posizioni prevalenti” contenuta nell’art. 14-ter co. 6-bis l. 241/90, in realtà è intervenuta quando i dissensi manifestati in conferenza avevano oramai perduto ogni attualità per effetto delle iniziative e degli accordi di cui si è riferito, che ne avevano determinato il superamento con reciproca soddisfazione di tutte le parti. Né può legittimamente sostenersi che detta determinazione conclusiva presenti le carenze motivazionali dedotte dai ricorrenti, i quali trascurano di considerare che, alla luce delle sopravvenienze, la posizione da principio negativa del Comune e della Provincia di Pisa doveva considerarsi superata, aprendosi così la strada alla pronuncia dell’intesa regionale.
Relativamente all’autorizzazione ministeriale del 23 febbraio 2006, se il rinvio alla determinazione conclusiva del procedimento sarebbe di per sé sufficiente ad integrarne la motivazione ed a farvi in tal modo rientrare tutte le condizioni ritenute irrinunciabili per la realizzazione del rigassificatore, basti in ogni caso osservare che essa prevede espressamente la localizzazione del rigassificatore proprio all’interno dell’area individuata dall’accordo del 19 settembre 2005, rispettando così le manifestazioni di volontà espresse dagli enti inizialmente dissenzienti.
Va, infine, escluso che la cospicua durata complessiva del procedimento possa rappresentare in assoluto un sintomo di irragionevolezza dell’azione amministrativa, le esigenze di celerità apparendo recessive dinanzi alla complessità dell’impianto da realizzare ed alla opportunità di perseguire la migliore intesa possibile fra tutti i soggetti coinvolti, anche nell’interesse delle popolazioni rappresentate dagli enti locali esponenziali.
3. Con il terzo motivo sono denunciate, “sub specie” di violazione e falsa applicazione dell’art. 1 co. 7 della legge n. 239/04 e di eccesso di potere sotto vari profili, la superficialità dell’istruttoria amministrativa e l’erroneità dei suoi risultati. Il progetto Olt sarebbe privo del piano di emergenza interno ed esterno richiesto dal D.Lgs. n. 334/99, oltre che della documentazione finanziaria relativa ai costi di realizzazione e di gestione, e la sua approvazione non sarebbe stata preceduta da idonea valutazione circa la effettiva necessità del rigassificatore nel quadro globale delle scelte e della pianificazione energetica nazionali. Le stesse indicazioni del Ministero delle Attività Produttive in ordine all’utilità di valutare in senso programmatico il progetto della Olt sarebbero state disattese, e l’autorizzazione sarebbe stata concessa sulla base di dati approssimativi e contraddittori.
Il motivo è infondato.
Il D.Lgs. n. 334/99, la cui applicabilità all’impianto Olt è pacifica fra le parti, prevede all’art. 9 che chiunque intende realizzare uno stabilimento in cui siano presenti sostanze pericolose, prima di dare inizio alla costruzione degli impianti, oltre a tutte le autorizzazioni previste dalla legislazione vigente, deve ottenere il nulla osta di fattibilità di cui al successivo articolo 21 co. 3, e a tal fine, fa pervenire all'autorità competente un rapporto preliminare di sicurezza; al secondo comma la norma statuisce che, prima di dare inizio all'attività, il gestore, al fine di ottenere il parere tecnico conclusivo, presenta alla medesima autorità il rapporto di sicurezza, integrando eventualmente quello preliminare. Condizione per la costruzione degli impianti è, come si vede, il solo rilascio del nulla osta di fattibilità, regolarmente rilasciato alla controinteressata Olt il 5 novembre 2003 dal Dipartimento dei Vigili del Fuoco – Direzione Regionale Toscana – Firenze con una serie di prescrizioni, fra cui (n. 4) quella relativa alla predisposizione di una specifica pianificazione dell’emergenza: tale pianificazione di emergenza accede al rapporto definitivo di sicurezza relativo al progetto particolareggiato che costituisce invece condizione per l’avvio dell’attività, come chiaramente si evince dal citato art. 9 co. 2 del D.Lgs. n. 334/99, nonché dal successivo art. 21 co. 3 ult. parte, secondo cui il Comitato che presiede alla valutazione, esaminato il rapporto definitivo di sicurezza, esprime il parere tecnico conclusivo e, qualora le misure che il gestore intende adottare per la prevenzione e la riduzione di incidenti rilevanti risultino nettamente inadeguate ovvero non siano state fornite le informazioni richieste, è vietato l’inizio dell’attività; e dall’art. 20 co. 1 dello stesso decreto, che, in relazione alla predisposizione del piano di emergenza esterno, presuppone come già avvenuta quella del piano di emergenza interno, avendo ancora una volta come punto di riferimento l’inizio dell’attività, e non della costruzione.
3.1. In senso contrario alla presunta carenza di un’adeguata valutazione dell’utilità del rigassificatore nel quadro della programmazione energetica nazionale, depongono le considerazioni rassegnate dal Ministero delle Attività Produttive nella conferenza di servizi del 14 aprile 2005, ove – messa in luce la necessità di avviare celermente la realizzazione di nuove infrastrutture di approvvigionamento di gas naturale liquido, la cui domanda sul mercato nazionale è in costante aumento – si evidenziava come non fossero ancora neppure iniziati i lavori degli unici due terminali già autorizzati, e come di tutte le altre iniziative avviate solo per quella di Olt la procedura autorizzativa fosse in dirittura di arrivo, a fronte di un fabbisogno in crescita tale da giustificare ampio spazio per progetti di terminali di rigassificazione in Italia.
Ulteriori valutazioni di tipo strategico sono poi contenute nel decreto di autorizzazione del 23 febbraio 2006, nel quale è ribadita la necessità di favorire la realizzazione del maggior numero possibile di rigassificatori, tenuto conto: della costante crescita della domanda nazionale di gas e del grado di quasi saturazione delle infrastrutture di approvvigionamento esistenti; dell’esigenza di diversificare le fonti dell’approvvigionamento anche in considerazione dei problemi con alcuni produttori internazionali; dell’opportunità di dare vita ad un eccesso strutturale dell’offerta di gas sul mercato nazionale, in modo da promuovere lo sviluppo di meccanismi concorrenziali e, in prospettiva futura, di trasformare l’Italia da centro di mero consumo a via di transito del gas verso i mercati centroeuropei e conseguire così vantaggi competitivi per il nostro paese; di consentire attraverso l’uso del gas naturale una riduzione delle emissioni in atmosfera e facilitare il raggiungimento degli obiettivi previsti dal protocollo di Kyoto e dalle direttive europee sul miglioramento della qualità dell’aria.
Se, a questo, si aggiungono le valutazioni programmatiche contenute altresì nel decreto ministeriale di VIA del 15 dicembre 2004 e soprattutto, con dovizia di argomenti e documentazione, nel “documento conclusivo” della valutazione integrata condotta dalla Regione Toscana e oggetto della decisione n. 28 del 20 luglio 2004, le scarne notizie ed isolate giornalistiche che i ricorrenti allegano non possono, in assenza di elementi obiettivi a riscontro e supporto, rappresentare un valido indicatore di superficialità e manifesta irragionevolezza dell’azione amministrativa, e, con essa, del dedotto difetto di istruttoria, a maggior ragione considerato che si tratta di notizie le quali insistono su di un fenomeno – il prefigurato eccesso dell’offerta di gas naturale – che invece le amministrazioni procedenti in qualche misura auspicano e giustificano proprio nella prospettiva del perseguimento di obiettivi strategici.
4. Con il quarto motivo, i ricorrenti deducono la violazione e falsa applicazione del D.M. 3 maggio 1984, recante la disciplina degli allibi di oli minerali e di gas compressi e liquefatti, la quale conterrebbe un divieto relativo al gas naturale liquido.
La censura non può tuttavia essere accolta alla luce delle modifiche apportate alla disciplina in questione dal D.M. 6 febbraio 2006, anteriore al rilascio dell’autorizzazione in favore della controinteressata, il quale ha incluso il metano (principale componente del gas naturale) tra i prodotti per i quali è consentito il trasferimento da una nave all’altra senza necessità di specifica richiesta. In generale, non va poi dimenticato che il rigassificatore progettato dalla Olt è sì costituito da una nave, la quale, essendo stabilmente ancorata al fondo marino, perde la principale caratteristica del mezzo di trasporto, vale a dire la mobilità da un luogo all’altro, per assumere la diversa funzione dell’impianto fisso di immagazzinamento e trasformazione del gas liquefatto, come tale soggetto alla disciplina degli impianti a rischio dettata dal D.Lgs. n. 334/99; per conseguenza il ricorso all’analogia, che vale per estendere ad un impianto siffatto alcune delle norme in materia di trasferimento di gas tra navi (allibo in senso tecnico), non si attaglia a quelle disposizioni – come l’art. 23 del citato D.M. 3 maggio 1984, invocato dai ricorrenti – che presuppongono la destinazione attuale della nave al trasporto delle merci. Tale destinazione manca del tutto per la nave sulla quale è realizzato il rigassificatore, trasformata in piattaforma “offshore” capace di ruotare intorno al proprio asse, ma non di spostarsi: per questo, l’autorizzazione all’allibo non può rappresentare una condizione per l’esercizio del rigassificatore, che per questo aspetto è assimilabile ad una struttura stabile, fermo restando che detta autorizzazione dovrà di volta in volta essere ottenuta dalle navi gasiere dirette all’impianto per l’approvvigionamento (si vedano al riguardo le disposizioni contenute nel D.M. 2 agosto 2007, che ha sostituito, abrogandolo, il D.M. 3 maggio 1984).
4.1. I ricorrenti sostengono altresì che, non possedendo alcun titolo di disponibilità dello specchio d’acqua da trasformare in sito industriale, la controinteressata neppure sarebbe stata legittimata a richiedere l’autorizzazione per l’esercizio del terminale.
Il motivo è fondato per quanto di ragione.
Si è già osservato, e deve essere ribadito, che il progetto Olt non prevede l’utilizzo o il riutilizzo di un sito industriale preesistente, ma la realizzazione di un impianto di rigassificazione galleggiante, posizionato in mare, il che induce ad escluderne l’inquadramento nella previsione dell’art. 8 della legge n. 340/00 ai fini della semplificazione procedurale ivi prevista: i referenti normativi applicabili alla fattispecie vanno piuttosto rinvenuti nella disciplina generale posta dalla legge n. 9/91 per i nuovi stabilimenti per la lavorazione di oli minerali e le nuove installazioni di gas naturale liquefatto, ed in particolare nel regolamento attuativo (D.P.R. n. 420/94) laddove, all’art. 4, prevede che la concessione per la costruzione degli impianti venga rilasciata solo quando sia comprovata da parte del richiedente la disponibilità del suolo.
Trattandosi di impianto ubicato in sito marino, la disponibilità del suolo non può che farsi coincidere, in via di interpretazione estensiva, con quella della corrispondente zona di mare, ma è pacifico che al momento del rilascio dell’autorizzazione impugnata la Olt fosse sprovvista della relativa concessione demaniale marittima, ed anzi è lo stesso provvedimento autorizzatorio che prescrive alla controinteressata di munirsene. Il provvedimento impugnato risulta perciò illegittimo nella parte in cui pretende di trasformare un vero e proprio presupposto per l’assentibilità dell’impianto in una sorta di condizione di efficacia avverabile “ex post”, esonerando surrettiziamente l’amministrazione procedente dalla verifica preventiva – richiesta dal regolamento – circa la effettiva disponibilità del sito destinato ad accogliere l’impianto. Né in contrario rileva la circostanza del successivo rilascio della concessione demaniale, la legittimità del provvedimento dovendo essere vagliata con riferimento alla situazione di fatto e di diritto esistente al momento della sua emanazione, in conformità con i principi generali (si noti che, in virtù del richiamo contenuto nell’art. 42 co. 4 lett. b) della l.r. n. 39/05, le norme procedurali di cui al D.P.R. n. 420/94 trovano applicazione anche per le procedure di autorizzazione unica di competenza regionale e provinciale, di talché anche in relazione allo “jus superveniens” le conclusioni esposte non mutano).
5. Con il quinto motivo, i ricorrenti deducono la violazione della legge n. 108/01, di ratifica della Convenzione internazionale sull’accesso all’informazione, sulla partecipazione del pubblico al processo decisionale e sull’accesso alla giustizia in materia ambientale, fatta ad Aarhus il 25 giugno 1998, nonché dell’art. 23 del D.Lgs. n. 334/99, per non avere le amministrazioni procedenti consentito alle popolazioni interessate dalla costruzione del rigassificatore di partecipare ai processi decisionali esprimendo il loro parere su scelte implicanti notevoli ricadute sulla salubrità dell’ambiente e sulla sicurezza del territorio.
Le parti resistenti replicano, sostenendo che la consultazione delle popolazioni interessate dovrebbe ritenersi assorbita nel procedimento di VIA, nell’ambito del quale la Olt ha fatto pubblicare sui quotidiani “La Repubblica” ed “Il Tirreno” l’avviso dell’avvenuto deposito della documentazione inerente il proprio progetto presso gli uffici regionali, in assenza di osservazioni da parte del pubblico. D’altro canto, i principi in materia di partecipazione degli interessati al procedimento non dovrebbero applicarsi meccanicamente e formalisticamente, ma in prospettiva sostanzialistica, quindi ai fini indicati dai ricorrenti rileverebbe appunto il rispetto delle garanzie previste dalla procedura di VIA, a questo dovendosi aggiungere –la tesi è sostenuta dalla difesa della società Olt – che la stessa ubicazione dell’impianto a distanza dalla terraferma precluderebbe l’applicazione dell’art. 23 D.Lgs. n. 334/99 cit..
Anche tale censura è fondata.
La Convenzione di Aarhus del 25 giugno 1998, ratificata in Italia con legge n. 108/01, all’art. 6 stabilisce, con disposizione immediatamente precettiva, che ogni decisione relativa ad una serie di attività suscettibili di produrre effetti pregiudizievoli sull’ambiente e dettagliatamente elencate, fra cui quelle relative alle attività di gassificazione e liquefazione di gas, sia preceduta nella fase iniziale del processo decisionale da un informazione adeguata, tempestiva ed efficace del pubblico interessato. Per "pubblico interessato", secondo le definizioni della convenzione, si intende il pubblico che subisce o può subire gli effetti dei processi decisionali in materia ambientale o che ha un interesse da far valere al riguardo, e non è discutibile che tale qualifica debba essere riconosciuta agli odierni ricorrenti, in virtù di quella stessa vicinanza al luogo previsto per la realizzazione del rigassificatore che ne fonda la legittimazione e l’interesse processuale (date le dimensioni e le caratteristiche dell’impianto e delle sostanze che dovrebbero venirvi trattate, la circostanza che esso venga realizzato in mare non è certo sufficiente per affermarne la estraneità rispetto al territorio ove i ricorrenti risiedono, tenuto anche conto della breve distanza dalla costa). L’informazione dovuta riguarda, in particolare:
a) l'attività proposta e la richiesta su cui sarà presa una decisione;
b) la natura delle eventuali decisioni o il progetto di decisione;
c) l'autorità pubblica responsabile dell'adozione della decisione;
d) la procedura prevista, ivi compresi (nella misura in cui tali informazioni possano essere fornite): i) la data di inizio della procedura; ii) le possibilità di partecipazione offerte al pubblico; iii) la data e il luogo delle audizioni pubbliche eventualmente previste; iv) l'indicazione dell'autorità pubblica cui è possibile rivolgersi per ottenere le pertinenti informazioni e presso la quale tali informazioni sono state depositate per consentirne l'esame da parte del pubblico; v) l'indicazione dell'autorità pubblica o di qualsiasi altro organo ufficiale cui possono essere rivolti osservazioni e quesiti nonché i termini per la loro presentazione; vi) l'indicazione delle informazioni ambientali disponibili sull'attività proposta;
e) l'assoggettamento dell'attività in questione ad un procedura di valutazione dell'impatto ambientale a livello nazionale o transfrontaliero.
La controinteressata assume di aver ottemperato ai suoi obblighi di informazione in materia ambientale mediante la pubblicazione su due quotidiani dell’avviso delle comunicazioni inviate alle amministrazioni procedenti ai fini della valutazione dell’impatto ambientale del progetto, ai sensi dell’art. 6 della legge n. 349/86. L’efficacia delle modalità di informazione adottate appare, tuttavia, quantomeno discutibile in relazione alle esigenze tutelate dalla Convenzione, sia sotto il profilo del contenuto e, in special modo, della trasmissione diretta al pubblico delle informazioni ambientali disponibili sull’attività proposta (si veda il sopra citato art. 6 co. 2 n. vi) della Convenzione), sia sotto il non meno rilevante profilo della esiguità del termine di trenta giorni per consentire al pubblico stesso di prepararsi e di partecipare effettivamente al processo decisionale in materia ambientale, come previsto dal medesimo art. 6 al comma terzo. La fondatezza di tali incertezze è confermata dalle modifiche recentemente apportate alla disciplina interna della VIA dal D.Lgs. n. 4/08, correttivo del D.Lgs. n. 152/06, che ha introdotto l’obbligo di fornire al pubblico non più il semplice annuncio della comunicazione inviata alle autorità, ma la notizia del progetto, con una breve descrizione dello stesso e dei suoi possibili principali impatti ambientali, ed ha prolungato a sessanta giorni il termine per la presentazione di osservazioni e di elementi conoscitivi e valutativi, in modo da contemperare le contrapposte esigenze di celerità dell’istruttoria e di fattiva partecipazione degli interessati; dovendosi pertanto concludere che le pubblicazioni effettuate all’interno della procedura di autorizzazione del rigassificatore Olt rappresentano una forma inadeguata di pubblicità rispetto al criterio di efficacia posto dalla Convenzione del 25 giugno 1998, se il termine di trenta giorni per la formulazione di osservazioni viene parametrato alla novità e complessità della materia trattata, la quale ha richiesto alle amministrazioni procedenti quasi due anni per addivenire alla sola pronuncia di VIA, e più di tre anni per la definizione del procedimento autorizzativo nel suo complesso (mancando ancora la concessione demaniale).
5.1. Nella prospettiva della Convenzione, gli aspetti attinenti alla tutela ambientale “strictu sensu” sono peraltro indissolubilmente legati con quelli riguardanti lo stato di salute, la sicurezza e le condizioni di vita delle persone, e sul medesimo piano si muove altresì il legislatore comunitario nella misura in cui, con la Direttiva 96/82/CE, ha imposto agli Stati membri una disciplina comune in materia di prevenzione degli incidenti rilevanti connessi con l’utilizzo di determinate sostanze pericolose, onde limitarne le possibili conseguenze per l'uomo e per l'ambiente. Il legislatore nazionale ha dato attuazione a detta Direttiva mediante il D.Lgs. n. 334/99, in precedenza già citato, che all’art. 23 richiede la consultazione delle popolazioni interessate nei casi di elaborazione di progetti relativi a nuovi stabilimenti in cui siano presenti sostanze pericolose, ovvero, per quanto qui interessa, di creazione di nuovi insediamenti e infrastrutture attorno agli stabilimenti esistenti. Il parere delle popolazioni interessate deve essere espresso nell’ambito del procedimento di formazione dello strumento urbanistico o del procedimento di valutazione di impatto ambientale con le modalità stabilite dalle regioni o dal Ministro dell'ambiente, secondo le rispettive competenze, che possono prevedere la possibilità di utilizzare la conferenza di servizi con la partecipazione dei rappresentanti istituzionali, delle imprese, dei lavoratori e della società civile, qualora si ravvisi la necessità di comporre conflitti in ordine alla costruzione di nuovi stabilimenti, alla delocalizzazione di impianti nonché alla urbanizzazione del territorio.
Dal punto di vista sistematico, il fatto che la norma rimetta all’autorità competente l’individuazione delle modalità per la espressione del parere è chiaramente sintomatico, ad avviso del collegio, della non perfetta sovrapponibilità delle valutazioni relative all’impatto ambientale e di quelle relative alla immediata pericolosità dell’opera per l’uomo, oltre che per l’ambiente, giacché, in caso contrario, sarebbe stato sufficiente rinviare per le modalità procedimentali alle disposizioni vigenti in tema di VIA; il dato lessicale (“consultazione della popolazione”), unitamente alla possibilità di aprire la conferenza di servizi ai rappresentanti delle imprese, dei lavoratori, della società civile, indica d’altro canto l’esigenza che l’amministrazione si faccia portatrice di un ruolo di promozione del coinvolgimento consapevole del pubblico inteso nella sua dimensione collettiva, o comunque nella sua articolazione in categorie esponenziali, piuttosto che delle iniziative isolate di singoli cittadini. In ragione della specificità delle esigenze tutelate, l’art. 23 in esame deve essere pertanto letto nel senso che le amministrazioni procedenti sono onerate di sollecitare la partecipazione popolare sul particolare tema della prevenzione degli incidenti, previa comunicazione delle informazioni sulle misure di sicurezza da adottare, attraverso forme efficaci di coinvolgimento collettivo; le forme della partecipazione debbono inoltre tenere conto della complessità delle questioni tecniche da esaminare e della eventualità che gli interessati debbano rivolgersi ad esperti anche solo per essere in condizione di apprezzare i margini di rischio legati all’intervento, e formarsi in proposito un’opinione seria e documentata, con i tempi minimi che ciò comporta. Se, pertanto, la mancata predeterminazione delle modalità di raccolta dei pareri è il mezzo per calibrare la partecipazione sulle esigenze del caso concreto, a fronte del progetto di un’opera come quella di un rigassificatore “offshore”, connotata da forti implicazioni sul piano dell’impatto ambientale e della sicurezza, la pubblicazione in fase di VIA dell’annuncio di avvenuta comunicazione – strumento di conoscibilità e non di conoscenza degli elementi essenziali del progetto – ed il breve termine di trenta giorni per le osservazioni non assolvono adeguatamente al compito di mettere la popolazione in grado di pronunciarsi in maniera consapevole, con la conseguenza che il parere delle popolazioni interessate sulla realizzazione di impianti pericolosi non può in nessun caso considerarsi assorbito, stante anche la evidenziata diversità dell’oggetto, dagli adempimenti richiesti dall’art. 6 l. 349/86.
6. In forza di tutte le considerazioni che precedono, e nei loro limiti, dichiarata l’inammissibilità delle domande proposte dall’associazione “Forum Ambientalista” e dalla cooperativa “Medicina Democratica”, il ricorso può trovare accoglimento e l’autorizzazione impugnata deve essere annullata. Avuto riguardo ai motivi accolti, l’annullamento non travolge gli atti presupposti oggetto di gravame.
La novità della materia giustifica l’integrale compensazione delle spese processuali.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana, sezione II, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, dichiarato il difetto di legittimazione attiva dell’associazione “Forum Ambientalista” e della cooperativa “Medicina Democratica”, lo accoglie nei limiti di cui in motivazione, e per l’effetto annulla l’impugnato decreto ministeriale del 23 febbraio 2006.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 11/06/2008 con l'intervento dei Magistrati:
Maurizio Nicolosi, Presidente
Vincenzo Fiorentino, Consigliere
Pierpaolo Grauso, Referendario, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 30/07/2008
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
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N. 01870/2008 REG.SEN.
N. 01603/2007 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 1603 del 2007, proposto da:
Associazione Greenpeace, in persona del legale rappresentante “pro tempore”, rappresentata e difesa dall'avv. Giancarlo Altavilla, con domicilio eletto presso la Segreteria del T.A.R. Toscana in Firenze, via Ricasoli 40;
contro
Ministero dello Sviluppo Economico, Ministero dell'Ambiente e Tutela Territorio, in persona dei rispettivi Ministri “pro tempore”, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliata per legge in Firenze, via degli Arazzieri 4;
Regione Toscana, in persona del Presidente “pro tempore”, rappresentata e difesa dagli avv.ti Lucia Bora e Barbara Mancino, con domicilio eletto presso la sede dell’Avvocatura Regionale in Firenze, Piazza dell’Unita' Italiana 1;
Comune di Pisa, in persona del Sindaco “pro tempore”, rappresentato e difeso dagli avv.ti Giuseppina Gigliotti, Gloria Lazzeri e Susanna Caponi, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Graziella Ferraroni in Firenze, via Duca D'Aosta 2;
Ministero per le Attivita' Produttive, Comune di Livorno, Provincia di Pisa, Provincia di Livorno, Ministero delle Infrastrutture, Ministero della Salute, Ministero della Difesa, Ministero dell'Interno, Stato Maggiore della Difesa, Capitaneria di Porto di Livorno, Registro Italiano Navale, R.I.N.A. Industry S.p.A. Energy & Process Unit, Autorita' Portuale di Livorno, Agenzia delle Dogane - Roma, Agenzia delle Dogane - Direzione Regione Toscana, Agenzia delle Dogane - U.T.F. Livorno, Comando Dipart. Militare Marittimo Alto Tirreno - La Spezia, Comitato Tecnico Regionale c/o Ispettorato Reg. Vigili del Fuoco;
nei confronti di
Olt Offshore Lng Toscana S.p.a., in persona del legale “pro tempore”, rappresentata e difesa dagli avv.ti Lorenzo Acquarone, Daniela Anselmi, Natale Giallongo e Ilaria Pagni, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Natale Giallongo in Firenze, via Vittorio Alfieri 19;
per l'annullamento
del decreto del Ministero delle Attività Produttive 23 febbraio 2006, col quale la OLT Offshore LNG Toscana s.p.a. è stata autorizzata a costruire e ad esercitare un terminale di rigassificazione di gas naturale;
della deliberazione della Giunta regionale della Toscana 20 febbraio 2006, n. 105 (e di quelle in essa richiamate), con la quale è stato espresso l'assenso allo schema del decreto ministeriale suddetto;
degli atti tutti del procedimento che si è concluso con il decreto di autorizzazione alla costruzione del terminale di rigassificazione: tra questi, non esaustivamente, la deliberazione della Conferenze dei servizi 14 aprile 2005, ed ogni precedente verbale e decisione (parziale ovvero interlocutoria) della Conferenza medesima; le decisioni della Giunta regionale della Toscana 20 luglio 2004, nn. 28 e 696, aventi ad oggetto, rispettivamente, la valutazione integrata degli aspetti di livello strategico dei progetti "OLT" ed "EDISON", ed il parere ai fini della pronuncia di V.I.A. dell'Ambiente 15 dicembre 2004, col quale è stata pronunciata la valutazione di compatibilità ambientale del terminale di rigassificazione OLT.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dello Sviluppo Economico;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Ambiente e Tutela Territorio;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione Toscana;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Pisa;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della Olt Offshore Lng Toscana S.p.a.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11/06/2008 il dott. Pierpaolo Grauso e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
Con ricorso depositato il 28 novembre 2007, l’Associazione “Greenpeace” riassumeva dinanzi a questo tribunale – a seguito di regolamento di competenza definito dal Consiglio di Stato con pronuncia di cessazione della materia del contendere, sull’accordo delle parti – l’impugnazione originariamente proposta dinanzi al T.A.R. del Lazio nei confronti del decreto del 23 febbraio 2006, mediante il quale il Ministero delle Attività Produttive, di concerto con quello dell’Ambiente e d’intesa con la Regione Toscana, aveva autorizzato la Olt Offshore LNG S.p.a. a realizzare e gestire un terminale di rigassificazione di gas naturale liquefatto localizzato in mare, dodici miglia al largo del tratto di litorale toscano compreso tra Livorno e Marina di Pisa. Il gravame era altresì esteso all’attività procedimentale pregressa e, segnatamente: alla delibera di Giunta Regionale n. 105 del 20 febbraio 2006, di assenso allo schema del decreto ministeriale autorizzativo; alle deliberazioni assunte in seno alle conferenze di servizi indette tra le varie amministrazioni centrali e locali interessate a seguito della presentazione del progetto di rigassificatore; alle decisioni della Giunta Regionale nn. 28 e 696 del 20 luglio 2004, la prima recante la valutazione integrata strategica del progetto presentato dalla società Olt e di altro progetto presentato dalla Edison S.p.a., la seconda il parere favorevole di V.I.A. sul progetto Olt; al decreto del Ministero dell’Ambiente 15 dicembre 2004, di compatibilità ambientale dell’impianto Olt.
In diritto, l’associazione ricorrente si affidava a sei, complessi, motivi, e concludeva per l’annullamento degli atti e provvedimenti impugnati.
Per resistere alla domanda, si costituivano in giudizio i Ministeri dello Sviluppo Economico e dell’Ambiente, la Regione Toscana, il Comune di Pisa e la controinteressata Olt.
La causa veniva discussa e trattenuta per la decisione alla pubblica udienza dell’11 giugno 2008, preceduta dal rituale deposito di documenti e memorie difensive.
DIRITTO
1. Come riferito in narrativa, l’impugnazione ha per oggetto principale il decreto del Ministero delle Attività Produttive in data 23 febbraio 2006, contenente l’autorizzazione unica rilasciata, ai sensi dell’art. 8 della legge n. 340/00, alla controinteressata Olt Offshore LNG Toscana S.p.a. (di seguito, Olt) per la realizzazione e gestione di un terminale galleggiante di rigassificazione di gas naturale liquido, costituito da una nave stabilmente ancorata in mare al largo della costa toscana tra Pisa e Livorno, e collegata a terra attraverso un gasdotto sottomarino. Sono altresì impugnati tutti gli atti della serie procedimentale che ha preceduto il rilascio dell’autorizzazione, e tra questi la delibera n. 105 del 20 febbraio 2006, con cui la Regione Toscana ha espresso la propria intesa sul decreto autorizzativo, nonché tutte le determinazioni assunte in conferenza di servizi dalle amministrazioni coinvolte nell’approvazione del progetto di rigassificatore presentato dalla Olt, e le pronunce ministeriali e regionali di compatibilità ambientale del progetto stesso.
1.1. In via pregiudiziale, sono sollevate una serie di eccezioni, le quali attengono alla tardività del gravame, all’irritualità della riassunzione ed al difetto di legittimazione dell’associazione ricorrente.
Le eccezioni sono infondate.
La tardività è eccepita dalla controinteressata Olt sul presupposto che la notificazione del ricorso introduttivo dinanzi al T.A.R. del Lazio, risalendo al 19 aprile 2007, si collocherebbe ad oltre un anno di distanza dall’emanazione del provvedimento impugnato. Sul punto è sufficiente ricordare che, al fine del decorso del termine d' impugnazione, la piena conoscenza dell'attività amministrativa e della sua lesività non possono essere affermate in via presuntiva, ma debbono formare oggetto di prova rigorosa da parte di chi eccepisce la tardività del gravame (da ultimo, cfr. Cons. Stato, sez. IV, 15 maggio 2008, n. 2236); prova che la controinteressata non ha fornito né è altrimenti desumibile dagli atti a disposizione, posto che l’associazione ricorrente non è destinataria di comunicazione diretta del provvedimento, e che di quest’ultimo neppure consta la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
1.2. La controinteressata eccepisce inoltre l’inammissibilità del ricorso per mancata riassunzione nel termine di venti giorni all’uopo stabilito dall’art. 31 co. 4 della legge n. 1034/71, e decorrente dalla comunicazione dell’avvenuta trasmissione del fascicolo a questo tribunale a seguito della decisione del Consiglio di Stato sul regolamento di competenza.
L’applicabilità della norma dianzi citata discende, in effetti, dalla circostanza che l’accordo delle parti sulla rimessione della causa al T.A.R. per la Toscana è sopravvenuto quando gli atti erano già stati trasmessi al Consiglio di Stato, il quale – dichiarata la cessazione della materia del contendere – ha quindi a sua volta disposto d’ufficio la trasmissione degli atti al giudice indicato dalle parti. Tanto premesso, la tesi secondo cui il termine per la costituzione in giudizio di cui all’art. 31 co. 4 avrebbe natura perentoria, pur sostenuta in giurisprudenza, cozza irrimediabilmente con il dato positivo della mancanza di una esplicita affermazione legale circa la perentorietà del termine stesso, del quale deve pertanto presumersi il carattere ordinatorio, in virtù del principio generale ricavabile dall’art. 152 co. 3 c.p.c.. E tale conclusione diviene addirittura ineludibile se si ha riguardo al fatto che il medesimo art. 31 della legge n. 1034/71, nel mentre tace sulla natura del termine per la costituzione dinanzi al giudice indicato dalle parti, sanziona con la decadenza la violazione del termine per la proposizione del regolamento di competenza, il che dimostra come lo stesso legislatore, quando ha inteso far discendere conseguenze preclusive dalla violazione di un termine, abbia ritenuto di doverlo affermare esplicitamente; né, in chiave sistematica, è plausibile che all’interno della medesima disposizione la “voluntas legis” sia manifestata mediante l’utilizzo di espressioni disomogenee dal punto di vista lessicale e concettuale.
Del resto, mentre il termine per la proposizione del regolamento si giustifica con l’esigenza di pervenire ad una celere stabilizzazione della competenza, e la sua violazione non ha conseguenze se non quella di mantenere il processo dinanzi al giudice adito dal ricorrente, attribuire in via interpretativa carattere perentorio al termine per la costituzione a seguito di accordo sulla competenza equivarrebbe a gravare l’interessato di un termine decadenziale ulteriore rispetto a quello già previsto per l’impugnazione, traducendosi in definitiva in una indebita compressione del diritto di difesa costituzionalmente garantito, compressione non giustificata dall’esigenza di evitare gli inconvenienti di mero fatto che il mancato rispetto del termine in questione è suscettibile di determinare.
1.3. Il difetto di legittimazione della ricorrente “Greenpeace” è stato eccepito sia dalla Regione Toscana, sia dalla Olt, le quali sottolineano come la legittimazione riconosciuta dall’art. 18 della legge n. 349/86 rivesta carattere eccezionale e non possa intendersi estesa all’impugnativa degli atti amministrativi incidenti sull’assetto territoriale, e solo indirettamente su profili di ordine ambientale.
Pacifica l’eccezionalità della legittimazione processuale riconosciuta alle associazioni ambientaliste, nel senso che essa è ravvisabile nei limiti in cui il provvedimento che si intende impugnare leda in modo diretto e immediato l'interesse all'ambiente, non può tuttavia dubitarsi che l’impianto di rigassificazione progettato dalla Olt sia suscettibile – per caratteristiche ed ubicazione, e per la natura delle sostanze trattate – di produrre un significativo impatto sul bene-interesse azionato, che il legislatore codifica come sistema relazionale tra fattori antropici, naturalistici, chimico-fisici, climatici, paesaggistici, architettonici, culturali, agricoli ed economici (cfr. art. 5 D.Lgs. n. 152/06), e questo sia come conseguenza dell’inserimento del’opera nel contesto paesaggistico-ambientale, sia perché occorre pur sempre tenere presente la possibilità di eventuali malfunzionamenti dell’impianto in questione, l’appartenenza del quale al novero degli stabilimenti in cui sono presenti sostanze pericolose, sottoposti alla speciale disciplina del D.Lgs. n. 334/99, è riconosciuta dalle stesse amministrazioni procedenti. Si aggiunga che le censure formulate dalla ricorrente attengono tutte, salve le precisazioni che saranno fatte nel prosieguo, alla sfera dell’interesse ambientale, essendo volte a conseguire utilità direttamente connesse alla tutela della posizione legittimante, di talché anche per tale aspetto l’ammissibilità del gravame non è in discussione.
2. L’infondatezza delle eccezioni pregiudiziali conduce ad affrontare il merito della controversia.
Con il primo motivo, “Greenpeace” denuncia l’illegittimità degli atti impugnati per eccesso di potere dovuto a mancanza dei presupposti, difetto assoluto di istruttoria e travisamento dei fatti. L’impianto di rigassificazione progettato dalla Olt verrebbe ad essere collocato all’interno del c.d. “Santuario dei cetacei”, oggetto dell’accordo internazionale costitutivo ratificato dall’Italia con legge n. 391/01, in contrasto con la logica dell’istituzione del sito protetto e senza un’adeguata valutazione preventiva dei rischi ambientali derivanti dalla ubicazione in mare, e per di più in un’area particolarmente sensibile, di un impianto produttivo.
Il mezzo è infondato.
L’Accordo relativo alla creazione nel Mediterraneo di un santuario per i mammiferi marini, fatto a Roma il 25 novembre 1999 e ratificato dall’Italia con legge n. 391/01, stabilisce, al fine di garantire uno stato di conservazione favorevole dei mammiferi marini, che le parti firmatarie cooperino allo scopo di valutare periodicamente lo stato delle popolazioni di mammiferi marini, le cause di mortalità e le minacce che gravano sul loro habitat e in particolare sulle loro funzioni vitali, ed esercitino la sorveglianza nel Santuario intensificando la lotta contro ogni forma di inquinamento suscettibile di avere un impatto diretto o indiretto sullo stato di conservazione dei mammiferi marini e adottando strategie nazionali miranti alla soppressione progressiva degli scarichi di sostanze tossiche nel Santuario (artt. 4, 5 e 6). L’Accordo prevede altresì, per quanto qui interessa, che gli Stati aderenti vietino la cattura e la turbativa dei mammiferi marini, intervenendo nella regolamentazione della pesca, dell’osservazione dei mammiferi, delle competizioni di barche a motore, e favorendo campagne di sensibilizzazione (artt. 7, 8, 9 e 12). Per la definizione delle misure nazionali e delle misure da proporre, l’art. 3 della legge di ratifica istituisce un Comitato di pilotaggio dell’Accordo cui partecipano, con funzioni consultive, tre rappresentanti delle associazioni ambientaliste riconosciute.
L’Accordo, come si vede, non contiene alcuna disposizione che sia direttamente contraria all’utilizzo a fini produttivi del mare territoriale ricadente nei confini del Santuario, salvo il rispetto degli obiettivi di tutela che si sono indicati. Il decreto di VIA pronunciato dal Ministero dell’Ambiente sul progetto presentato dalla Olt, nell’esaminare il quadro di riferimento ambientale, si fa carico di valutare la potenziale incidenza del rigassificatore sulla popolazione stanziale di mammiferi marini, la quale tuttavia è localizzata durante tutto l’anno – secondo le indagini compiute dal Centro di ricerca sui cetacei – a considerevole distanza dal sito interessato dall’impianto (10 miglia a nord per i gruppi di tursiopi, 7 miglia a sudovest per le stenelle), e non effettua spostamenti tali da attraversare l’are circostante il terminale. Al di là delle affermazioni di principio, la ricorrente non ha in alcun modo smentito tale dato, in virtù del quale (ed in mancanza di elementi obiettivi in senso contrario) la paventata interferenza sull’habitat dei cetacei può essere dunque esclusa quantomeno per l’aspetto attinente alle rotte abitualmente percorse dagli animali, tenuto anche conto dell’intensità dell’attuale traffico marittimo all’interno del Santuario.
Del pari, la ricorrente non fonda su dati oggettivi e su alcun principio di prova l’affermazione circa il disturbo provocato dalla presenza del rigassificatore sul clima acustico sottomarino, limitandosi a dedurne gli effetti negativi sui cetacei, ma senza specificare l’ampiezza del raggio d’azione delle emissioni moleste (elemento rilevante, atteso che la presenza di mammiferi nelle vicinanze del rigassificatore è stata esclusa). Per quel che concerne gli scarichi in mare, non vi sono evidenze del fatto che la stima effettuata dall’amministrazione procedente in merito alla ridotta estensione del cono d’acqua interessato dal differenziale termico e dagli scarichi di cloro siano frutto di istruttoria inadeguata, né è dato comprendere in quale misura possa costituire un pertinente parametro di riferimento l’impianto di rigassificazione progettato a Trieste, del quale non sono note le caratteristiche; d’altro canto, le simulazioni con modello “a getto con mescolamento turbolento“ sono contenute nella consulenza tecnica prodotta dalla controinteressata, e pervengono a risultati conformi a quelli raggiunti dall’amministrazione, come pure nel caso dei valori del cloro presuntivamente immesso in mare, il cui impatto è definito irrilevante anche nel “documento conclusivo” della valutazione integrata strategica espletata dalla Regione.
Che il Ministero dell’Ambiente abbia mantenuto un atteggiamento di doverosa ed opportuna prudenza relativamente al problema della conservazione dell’ambiente marino, optando per un sicuro modello di verifica empirica degli orientamenti previsionali formulati sul progetto, è peraltro attestato dalla apposizione al decreto di VIA di apposite prescrizioni inerenti il monitoraggio delle caratteristiche chimico-fisiche della colonna d’acqua sull’asse dello scarico dell’acqua fredda, la rilevazione annuale delle concentrazioni di metalli pesanti e contaminanti organici, la rilevazione del passaggio di cetacei e tartarughe marine a vista del terminale e delle caratteristiche chimico-fisiche dei sedimenti del fondale e della comunità bentonica ivi presente, con trasmissione dei dati raccolti ad ICRAM ed ARPAT. Con analoga prudenza, e per gli obiettivi di tutela di cui alla Direttiva “Habitat”, è stato verificato mediante ripresa video dei fondali e sonar lo stato delle praterie di “Posidonia oceanica” presenti nell’area attraversata dal tracciato delle condotte sottomarine, giungendosi alla conclusione che esse consistono piuttosto in ciuffi sparsi, molto ridotti in dimensione e densità fogliare nella fascia batimetrica 7 – 11 m, in affioramenti biodetritici alternati a sedimento sabbioso coperto di foglie morte e rari ciuffi vivi nella fascia 12 – 13 m, ed in tappeti di foglie morte alla profondità di 13,5 – 17,5 m; posto che i risultati dell’indagine non sono contestati da “Greenpeace”, pare significativo che, nonostante l’assenza di praterie suscettibili di essere danneggiate dagli scavi, sia stato comunque prescritto l’uso di tutte le precauzioni possibili per salvaguardare la presenza anche di quei ciuffi isolati, unitamente alla conduzione di un programma di reimpianto di esemplari di “Posidonia” in numero almeno pari a quello – prevedibilmente modesto – degli esemplari eventualmente espiantati nel corso degli scavi per la posa delle condotte sottomarine, prescrizioni che evidentemente potranno considerarsi ottemperate solo a condizione che il reimpianto previsto abbia effettivamente una buona riuscita.
Il decreto di VIA affronta altresì il problema della movimentazione dei sedimenti e della possibile risospensione di contaminanti, prescrivendo di attivare la procedura di caratterizzazione del sito al fine di evidenziare situazioni che richiedano interventi di bonifica e messa in sicurezza e, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, la prescrizione è rifluita nel decreto di autorizzazione che, all’art. 3, impone espressamente alla Olt il rispetto delle prescrizioni contenute nei pareri menzionati in premessa, tra i quali quello del Ministero dell’Ambiente. Ed, ancora una volta, mancano dati obiettivi a supporto delle argomentazioni sostenute da “Greenpeace” circa l’inattendibilità delle stime ministeriali relative al movimento dei fondali ed alla dispersione di materiali sospesi.
Conclusivamente, anche a prescindere dal parere favorevole emesso dal Comitato di pilotaggio, le censure svolte dalla ricorrente non rivelano alcuno dei dedotti profili di eccesso di potere, anche alla luce dell’ampio corredo peritale allegato dalla Olt, e debbono perciò essere respinte.
3. Con il secondo motivo, è dedotta l’illegittimità degli atti impugnati per violazione e falsa applicazione dell’art. 8 della legge n. 340/00, dell’art. 3 della legge regionale toscana n. 39/05, dell’art. 1 della legge n. 239/04 e degli artt. 23 e segg. Del D.Lgs. n. 112/98, nonché per eccesso di potere sotto i profili del difetto dei presupposti, del difetto di istruttoria, del travisamento dei fatti, e dell’incompetenza. Innanzitutto, la ricorrente contesta che la proposta progettuale presentata dalla Olt potesse venire istruita secondo il procedimento semplificato di cui all’art. 8 l. 340/00 cit., disposizione specificamente dettata per l’allocazione di rigassificatori presso siti industriali, mentre il progetto Olt si riferisce ad un impianto ubicato in mare; inoltre, la procedura semplificata non sarebbe stata preceduta dal necessario nulla osta del Ministero dell’Ambiente. Ancora, in forza del mutato assetto delle competenze dovuto alla riforma del titolo V della Costituzione, ed ai sensi della legislazione regionale in materia, l’intesa sul decreto ministeriale di autorizzazione avrebbe dovuto essere pronunciata dalle Provincie di Pisa e Livorno, e non dalla Regione Toscana, dovendosi peraltro considerare che – a seguito della liberalizzazione del settore energetico – l’intera procedura avrebbe dovuto rimanere sotto il dominio delle stesse amministrazioni provinciali, nella materia essendo oramai venute meno le competenze dello Stato.
Con il terzo motivo (erroneamente rubricato “sub” 2), la censura di violazione dell’art. 8 della legge n. 340/00 è ribadita, in una con quella di eccesso di potere, in relazione alla violazione delle norme che regolano il funzionamento della conferenza di servizi. Assume infatti la ricorrente che, pur in presenza di un dissenso esplicito e qualificato da parte del Ministero dell’Ambiente, della Provincia e del Comune di Pisa, la determinazione conclusiva della conferenza, favorevole all’approvazione del progetto, sarebbe stata adottata a maggioranza, anziché mediante rimessione all’autorità superiore, ed in assenza di qualsivoglia motivazione circa il contenuto delle posizioni dissenzienti; la conferenza, al pari del decreto ministeriale autorizzativo, non avrebbe poi tenuto in alcun conto l’intesa raggiunta fra Regione, Province e Comuni di Pisa e Livorno, e Comune di Collesalvetti in ordine alla ricerca di una soluzione condivisa al problema di rivedere la localizzazione dell’impianto attraverso il suo spostamento verso sud. I lavori della conferenza sarebbero altresì illegittimi a cagione del mancato coinvolgimento dell’Ente Parco regionale di Migliarino, San Rossore e Massaciuccoli e dell’Autorità per l’energia elettrica ed il gas.
Per ragioni di connessione, i due motivi saranno esaminati congiuntamente.
3.1. L’art. 1 della legge n. 239/04, recante principi fondamentali in materia energetica ai sensi dell'articolo 117 co. 3 Cost., prevede al comma 2 lett. a) che le attività di produzione, importazione, esportazione, stoccaggio non in sotterraneo anche di oli minerali, acquisto e vendita di energia ai clienti idonei, nonché di trasformazione delle materie fonti di energia sono libere su tutto il territorio nazionale, nel rispetto degli obblighi di servizio pubblico derivanti dalla normativa comunitaria e dalla legislazione vigente. La liberalizzazione dell’attività di produzione e trasformazione delle materie fonti di energia non equivale tuttavia, contrariamente a quanto sostenuto dall’associazione ricorrente, a liberalizzazione dell’attività di costruzione e gestione dei relativi impianti, la quale rimane soggetta al vigente regime autorizzatorio, come si evince dallo stesso art. 1 della legge n. 239/04 con specifico riferimento agli impianti di rigassificazione: per ciò che interessa ai fini di causa, la norma in esame presuppone infatti, e fa salva, la sopravvivenza della procedura semplificata di cui all’art. 8 della legge n. 340/00, che sottopone ad autorizzazione ministeriale – d’intesa con la Regione interessata – l'uso o il riutilizzo di siti industriali per l'installazione di rigassificatori di gas naturale liquido destinati al miglioramento del quadro di approvvigionamento strategico dell'energia, della sicurezza e dell'affidabilità del sistema, nonché della flessibilità e della diversificazione dell'offerta (viene in considerazione in particolare il comma 60 dell’art. 1 cit., che estende alla realizzazione e al potenziamento di terminali di rigassificazione di gas naturale liquefatto, ivi comprese le opere connesse, la procedura di valutazione di impatto ambientale, fatte espressamente salve le disposizioni di cui alla legge n. 443/01 e all'articolo 8 n. 340/00).
La procedura “ex” art. 8 cit. rappresenta peraltro un’eccezione alla disciplina contenuta nella legge n. 9/91 e nel relativo regolamento di attuazione (D.P.R. n. 420/94), secondo cui la costruzione e la gestione di nuovi stabilimenti per la lavorazione di oli minerali e nuove installazioni di gas naturale liquefatto sono soggetti a concessione, e che, non risultando abrogata dalla legge n. 239/04, deve ritenersi ancora applicabile alla costruzione di impianti di rigassificazione che non preveda l’uso o il riuso di siti industriali, salve le precisazioni che verranno fatte di seguito a proposito del nuovo assetto del riparto di competenze fra Stato, Regioni e Province.
Tra le fonti ancora vigenti di livello statale che confermano l’esistenza di un regime autorizzativo della costruzione degli impianti di rigassificazione giova ricordare anche il D.Lgs. n. 164/00, che, pur avendo liberalizzato le attività di importazione, esportazione, trasporto e dispacciamento, distribuzione e vendita di gas naturale, in qualunque sua forma e comunque utilizzato, all’art. 29 onera comunque le amministrazioni centrali e periferiche di adottare criteri e procedure obiettivi e non discriminatori ogniqualvolta per l'esercizio di una o più delle attività di importazione, esportazione, trasporto, dispacciamento, stoccaggio, distribuzione, acquisto o vendita di gas naturale, o per la costruzione e l'esercizio dei relativi impianti sia prevista una autorizzazione, una concessione, una licenza, o una approvazione comunque denominata. Trattandosi di impianto da costruire in mare, non vanno poi dimenticati i profili concessori attinenti all’uso del bene demaniale, che, in quanto finalizzato all’approvvigionamento di fonti di energia, ricade pur sempre fra i compiti e le funzioni amministrative riservati alla competenza statale prima dall’art. 104 co. 1 lett. pp) del D.Lgs. n. 112/98, ed oggi dall’art. 1 co. 7 lett. l) della più volte citata legge n. 239/04.
Che la costruzione di impianti di rigassificazione non costituisca attività libera neppure all’indomani della riforma del titolo V della Costituzione è testimoniato, del resto, dalla stessa legge regionale toscana n. 39/05 invocata da “Greenpeace” a sostegno del proprio assunto, la quale, se da un lato all’art. 11 sottopone alla propria autorizzazione la costruzione e l’esercizio di oleodotti e gasdotti, di impianti di stoccaggio di idrocarburi di capacità superiore a 25 metri cubi e di impianti per la lavorazione e trasformazione di idrocarburi (tale è il gas naturale liquido), al precedente art. 4 co. 4 riconosce l’esistenza di opere ed infrastrutture energetiche la cui autorizzazione è riservata allo Stato, ed in ordine alle quali prevede il rilascio di un atto di intesa regionale, garantendo altresì la partecipazione degli enti locali interessati nel processo decisionale (correlativamente, l’art. 42 della l.r. n. 39/05 non elenca, fra le norme statali da disapplicare, alcuna di quelle che si sono sopra richiamate).
Ricostruite in tal modo le indispensabili coordinate normative, l’avvio del procedimento promosso dalla controinteressata Olt per l’approvazione del progetto di rigassificatore “offshore” risale al mese di ottobre del 2002, ed è pertanto alla luce della disciplina vigente a quell’epoca che deve essere valutata la scelta di dare seguito alla procedura semplificata prevista dall’art. 8 l. 340/00, salvo in seguito verificare l’immediata applicabilità della legislazione regionale sopravvenuta nella pendenza del procedimento. Il tutto tenendo presente che la ricorrente è legittimata a dolersi delle eventuali violazioni procedimentali non in quanto tali, ma a condizione che esse si siano effettivamente risolte in una compromissione di quegli interessi – salubrità e sicurezza dell’ambiente di vita – che fondano la legittimazione ad agire nel presente giudizio.
3.2. L’art. 8 della legge n. 340/00 stabilisce, al primo comma, che l'uso o il riutilizzo di siti industriali per l'installazione di impianti destinati al miglioramento del quadro di approvvigionamento strategico dell'energia, della sicurezza e dell'affidabilità del sistema, nonché della flessibilità e della diversificazione dell'offerta, è soggetto ad autorizzazione del Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato (poi il Ministero delle Attività Produttive), di concerto con il Ministero dell'ambiente e d'intesa con la regione interessata; ai fini della procedura in questione, per impianti si intendono i rigassificatori di gas naturale liquido. La norma prevede che il procedimento si svolga in conferenza di servizi, richiede l’acquisizione del nulla osta ministeriale di impatto ambientale, e dispone che qualora l'esito della conferenza di servizi comporti la variazione dello strumento urbanistico, la determinazione costituisce proposta di variante sulla quale si pronuncia definitivamente entro novanta giorni il consiglio comunale; decorso inutilmente tale termine, la determinazione della conferenza di servizi equivale ad approvazione della variazione dello strumento urbanistico.
Tanto premesso, è in atti che, nella prima riunione della conferenza di servizi convocata per l’esame del progetto presentato dalla Olt S.p.a., tenutasi il 17 dicembre 2002, il rappresentante del Ministero dell’Ambiente manifestava perplessità circa la possibilità di applicare la procedura dell’autorizzazione unica, in relazione al tipo ed alla ubicazione dell’impianto. Di contro, il rappresentante del Ministero delle Attività Produttive osservava come almeno una parte dell’impianto ricadesse in area industriale in terraferma, e come lo strumento della conferenza di servizi fosse comunque utilizzabile per l’acquisizione dei vari pareri e nulla osta; in senso favorevole alla scelta procedurale così delineata si pronunciava la Regione Toscana. Il procedimento dunque proseguiva nella direzione impressa dal Ministero delle Attività Produttive, ed ai fini dell’autorizzazione unica venivano via via acquisiti: il nulla osta alla costruzione ed esercizio dell’impianto, con prescrizioni, espresso in data 12 febbraio 2003 dal Comando della 1^ Regione Aerea; il nulla osta al rilascio della concessione demaniale e l’autorizzazione “ex” art. 19 D.Lgs. n. 374/90 alla costruzione del terminale galleggiante ad opera della Circoscrizione doganale di Livorno, in data 28 maggio 2003; il nulla osta, per gli aspetti demaniali di competenza, del Comando RFC regionale Toscana, in data 14 luglio 2003; il nulla osta di fattibilità, con prescrizioni, rilasciato il 5 novembre 2003 dall’Ispettorato regionale della Toscana all’esito dell’istruttoria relativa all’esame del rapporto preliminare di sicurezza del terminale galleggiante; il parere favorevole, con prescrizioni, della Commissione centrale controllo armi, del 13 novembre 2003; il parere favorevole del comitato di pilotaggio nazionale in merito alla compatibilità ambientale dell’opera con il santuario dei mammiferi marini del Mediterraneo, del 25 novembre 2003; il parere di compatibilità ambientale, con prescrizioni, espresso in data 15 dicembre 2004 dal Ministero dell’Ambiente, di concerto con quello per i Beni e le Attività culturali e previo parere favorevole della Regione Toscana, ai sensi dell’art. 6 della legge n. 349/86, come richiamata dall’art. 1 della legge n. 220/92 in materia di costruzione di terminali per il carico e lo scarico di idrocarburi e di sostanze pericolose; la formale accettazione da parte della Olt delle prescrizioni contenute nella predetta valutazione di impatto ambientale, con nota del 13 gennaio 2005; il nulla osta della Direzione generale per le infrastrutture della navigazione marittime e interna del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti in data 14 febbraio 2005; il nulla osta della Direzione per la protezione della natura del Ministero dell’Ambiente in data 28 febbraio 2005; il parere favorevole dell’Agenzia delle Dogane in relazione agli aspetti fiscali e doganali, espresso nella conferenza di servizi del 14 aprile 2005.
Come emerge dalla ricostruzione che precede, l’”iter” procedimentale concretamente seguito per l’approvazione del progetto Olt ha di fatto ripercorso tutti i passaggi previsti dal procedimento disciplinato dalla legge n. 9/91, con particolare riferimento all’acquisizione della valutazione di impatto ambientale (che assorbe ogni nulla osta del Ministero dell’Ambiente), e dei pareri prescritti dall’art. 4 del D.P.R. n. 420/94, ivi compresi quelli dei Comuni di Pisa, Livorno e Collesalvetti, benché non rilevanti ai fini della conformità dell’impianto alle previsioni urbanistiche (sull’intervento nella procedura delle amministrazioni comunali e provinciali interessate si tornerà più avanti). Quanto alla mancata convocazione dell’Ente Parco di Migliarino, San Rossore e Massaciuccoli, la ricorrente non ha fornito alcun elemento obiettivo al fine di dimostrare l’interferenza dell’impianto con il territorio del parco, interferenza che è esplicitamente contestata dalle controparti; quanto invece al mancato coinvolgimento dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas, essa è priva di competenze specifiche nella materia, mentre in relazione alle competenze statali di cui all’art. 1 co. 7 della legge n. 239/04, l’intervento dell’Autorità – in funzione ausiliaria, ai sensi della medesima disposizione appena citata – può senz’altro considerarsi assorbito dalla presenza dei diversi Ministeri.
In altri termini, anche a voler ritenere che alla fattispecie non fosse applicabile la procedura di cui all’art. 8 l. 340/00 (come pare corretto affermare, atteso che il progetto Olt non prevede l’utilizzo o il riutilizzo di un sito industriale preesistente), nondimeno deve riconoscersi che la qualificazione normativa astratta adoperata dalle amministrazioni procedenti sia rimasta sul piano delle mere affermazioni di principio: il procedimento risulta infatti essersi svolto nel rispetto di tutti gli snodi istruttori previsti dalla procedura “ordinaria” per il rilascio della concessione di costruzione ed esercizio dell’impianto, senza che alcuna deviazione da tale schema sia ascrivibile al ricorso alla conferenza di servizi, modulo procedimentale ad applicazione generalizzata che non determina o implica alcuno spostamento o compromissione delle rispettive competenze.
3.3. Una volta accertato che l’adozione di un modello (nella pratica solo asseritamente) semplificato non ha costituito, da parte delle amministrazioni intimate, il pretesto formale per sottrarsi alla compiuta ponderazione di tutti gli interessi in gioco, resta da concludere il discorso intorno ai prospettati riflessi della sopravvenuta legislazione regionale sulla competenza ministeriale all’emanazione del provvedimento autorizzatorio impugnato in principalità.
La legge regionale n. 39/05, approvata nella pendenza del procedimento di cui è causa, sottopone ad autorizzazione unica di competenza regionale o provinciale la costruzione e l’esercizio di impianti di lavorazione e trasformazione di idrocarburi: tale disciplina è dichiaratamente applicativa dell'articolo 117 co. 3 e 4 Cost. e della legge n. 239/04, la quale ultima, lo si ricorda, riserva allo Stato i compiti e le funzioni amministrative in materia di utilizzazione del pubblico demanio marittimo e di zone del mare territoriale per finalità di approvvigionamento di fonti di energia.
Dovendosi pervenire ad un adeguato coordinamento sistematico delle fonti, rispettoso del riparto di competenze sancito dagli artt. 117 e 118 Cost., due esiti interpretativi possono essere ipotizzati. Da un lato, appare infatti possibile sostenere che dall’ambito applicativo della legge regionale esulino gli impianti di rigassificazione “offshore”, la competenza provinciale sancita dall’art. 3 co. 2 della legge regionale n. 39/05 dovendosi intendere interamente assorbita dalla evidenziata riserva di competenze statali in materia di utilizzo del mare (riserva che, altrimenti opinando, rimarrebbe grandemente svuotata di significato); con il che, la tesi circa la presunta incompetenza ministeriale sarebbe da respingere in radice.
Ove, al contrario, volesse intendersi la competenza statale non preclusiva del potere di autorizzazione riconosciuto alla Provincia dalla legge n. 39/05, dovrebbe concludersi per l’esistenza della situazione sopravvenuta di concorrenza di poteri prospettata dalla ricorrente: statali relativamente alla soddisfazione degli interessi pubblici connessi all’uso del demanio marittimo per finalità energetiche, provinciali relativamente alla costruzione ed esercizio dell’impianto anche nelle zone di mare territoriale prospicienti il tratto di costa ricadente nei confini provinciali (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 21 settembre 2006, n. 5547, in tema di esercizio dei poteri urbanistico-edilizi del Comune su opere realizzate in mare). Ciò posto, giova a questo punto ricordare che la posizione legittimante azionata nel presente giudizio dipende dalla proposizione di censure che, qualora accolte, producano un’utilità correlata con l’interesse alla tutela della salubrità dell’ambiente, innescando una riedizione dell’azione amministrativa implicante la rivalutazione del profilo ambientale: ma, se così è, nessuna utilità deriverebbe alla ricorrente da un accoglimento motivato in ordine al dedotto vizio di incompetenza del Ministero dello Attività Produttive, atteso che la sopravvenuta competenza della Provincia in nessun caso potrebbe ripercuotersi sulle fasi procedimentali implicanti valutazioni di carattere ambientale, cioè quelle della VIA e del nulla osta di fattibilità, autonomamente definite in epoca anteriore all’entrata in vigore della legge regionale n. 39/05 e, come tali, non più tangibili dallo “jus superveniens”. Riguardata in questa ottica, la domanda, se non infondata, sarebbe comunque inammissibile.
3.4. Nemmeno ha pregio il mezzo di gravame attinente alla mancata rimessione degli atti al Consiglio dei Ministri a seguito del dissenso manifestato dal Ministero dell’Ambiente nella conferenza di servizi, da cui la denunciata violazione dell’art. 14-quater co. 3 della legge n. 241/90, oltre che del comma quinto dello stesso art. 8 legge n. 340/00.
Dal verbale della conferenza di servizi del 14 aprile 2005, risulta che il rappresentante del Ministero dell’Ambiente aveva proposto di differire l’assunzione di atti definitivi, in attesa delle determinazioni da assumere nel parallelo procedimento relativo ad altro progetto di rigassificatore, presentato dalla società Edison; la proposta, tradotta in una richiesta di sospensione cui avevano aderito il Comune e la Provincia di Pisa, era stata respinta a seguito di votazione tra i presenti. Il verbale attesta quindi l’acquisizione definitiva dei pareri e la valutazione positiva del progetto Olt espressa dalla maggioranza delle amministrazioni convenute. In prima battuta, va precisato che la proposta di “sospensione” formulata dal Ministero dell’Ambiente, ed appoggiata da Comune e Provincia di Pisa, più che una manifestazione di dissenso sulla determinazione conclusiva della conferenza, costituisce bensì una mozione d’ordine circa il futuro svolgimento dei lavori della conferenza, ai sensi dell’art. 14-ter co. 1 della legge n. 241/90 come modificato dalla legge n. 15/05; comunque la si voglia qualificare, non può peraltro non tenersi conto della posizione successivamente assunta dal Ministero, il quale, prestando il concerto sul decreto di autorizzazione, mostra di aver superato ogni eventuale dissenso precedentemente espresso.
Non dissimile è la posizione del Comune e della Provincia di Pisa, in ordine alla quale parimenti rilevano i comportamenti e gli atti successivi alla conferenza del 14 aprile 2005. I due enti avevano in effetti preannunciato, in quella sede, la propria intenzione di esprimere parere negativo sul progetto nell’eventualità, poi verificatasi, di una mancata sospensione del procedimento; e la stessa Regione Toscana aveva condizionato il proprio parere favorevole al raggiungimento di un accordo con gli altri enti locali. Ma poiché le perplessità manifestate non attenevano ad aspetti ambientali, quanto ai possibili influssi negativi dell’impianto di rigassificazione sui settori della nautica da diporto e della pesca, nonché sulle prospettive turistiche del litorale e sul buon esito degli investimenti all’uopo sostenuti, va intanto esclusa la sussistenza dei presupposti per il rinvio della decisione alla Conferenza unificata di cui all’art. 8 D.Lgs. n. 281/97, come previsto dall’art. 14-ter co. 3 l. 241/90.
Si consideri poi che il 5 settembre 2005, quando ancora la determinazione conclusiva del procedimento non era stata adottata dal Ministero delle Attività Produttive, fra la Regione Toscana, le Province di Livorno e Pisa, i Comuni di Livorno, Pisa e Collesalvetti, hanno concluso un documento d’intesa sulla valutazione del progetto Olt, sottoscrivendo il quale gli enti firmatari concordavano di richiedere alla Olt una proposta di correzione del luogo di ancoraggio del terminale “offshore”, nonché uno studio di fattibilità delle opere di completamento dell’infrastruttura denominata “Incile di collegamento tra il Canale dei Navicelli ed il fiume Arno”, e la Regione si riservava solo all’esito l’adozione degli atti di propria competenza (il rilascio dell’intesa sull’autorizzazione chiesta da Olt). Successivamente, il 19 settembre 2005, Olt, Comune e Provincia di Pisa hanno stipulato un accordo (poi riversato nella convenzione del 26 settembre 2005) in forza del quale la prima si è impegnata a correggere, in fase di progettazione esecutiva, il punto di ancoraggio del rigassificatore, all’interno dell’area di sversamento dei fanghi di dragaggio del porto di Livorno e nella misura massima consentita dalla pronuncia di VIA già assentita e compatibilmente con le determinazioni della conferenza di servizi; e si è impegnata altresì a realizzare le opere di completamento dell’”Incile”, e a non dare avvio ai lavori di realizzazione del terminale galleggiante se non dopo la presentazione del progetto esecutivo dell’infrastruttura e contestualmente a quelli di costruzione dell’”Incile”. Nel medesimo accordo, il Comune e la Provincia di Pisa si sono impegnati a propria volta a rinunciare al ricorso promosso dinanzi al T.A.R. del Lazio per l’annullamento delle determinazioni assunte dalla conferenza di servizi del 14 aprile 2005 nel caso di corretta ottemperanza di Olt agli impegni assunti.
Di tali eventi sopravvenuti non poteva non tenere conto la determinazione conclusiva del procedimento, assunta il 15 dicembre 2005, la quale, pur ripetendo pedissequamente la clausola legislativa delle “posizioni prevalenti” contenuta nell’art. 14-ter co. 6-bis l. 241/90, in realtà è intervenuta quando i dissensi manifestati in conferenza avevano oramai perduto ogni attualità per effetto delle iniziative e degli accordi di cui si è riferito, che ne avevano determinato il superamento con reciproca soddisfazione di tutte le parti. Né può legittimamente sostenersi che detta determinazione conclusiva presenti le carenze motivazionali dedotte da “Greenpeace”, la quale trascura di considerare che, alla luce delle sopravvenienze, la posizione da principio negativa del Comune e della Provincia di Pisa doveva considerarsi superata, aprendosi così la strada alla pronuncia dell’intesa regionale.
Relativamente all’autorizzazione ministeriale del 23 febbraio 2006, se il rinvio alla determinazione conclusiva del procedimento sarebbe di per sé sufficiente ad integrarne la motivazione ed a farvi in tal modo rientrare tutte le condizioni ritenute irrinunciabili per la realizzazione del rigassificatore, basti in ogni caso osservare che essa prevede espressamente la localizzazione del rigassificatore proprio all’interno dell’area individuata dall’accordo del 19 settembre 2005, rispettando così le manifestazioni di volontà espresse dagli enti inizialmente dissenzienti.
Va, infine, escluso che la cospicua durata complessiva del procedimento possa rappresentare in assoluto un sintomo di irragionevolezza dell’azione amministrativa, le esigenze di celerità apparendo recessive dinanzi alla complessità dell’impianto da realizzare ed alla opportunità di perseguire la migliore intesa possibile fra tutti i soggetti coinvolti, anche nell’interesse delle popolazioni rappresentate dagli enti locali esponenziali.
4. Con il quarto motivo (rubricato erroneamente al n. 3) sono denunciate, “sub specie” di violazione e falsa applicazione dell’art. 1 co. 7 della legge n. 239/04 e di eccesso di potere sotto vari profili, la superficialità dell’istruttoria amministrativa e l’erroneità dei suoi risultati. Il progetto Olt sarebbe privo del piano di emergenza interno ed esterno richiesto dal D.Lgs. n. 334/99, oltre che della documentazione finanziaria relativa ai costi di realizzazione e di gestione, e la sua approvazione non sarebbe stata preceduta da idonea valutazione circa la effettiva necessità del rigassificatore nel quadro globale delle scelte e della pianificazione energetica nazionali. Le stesse indicazioni del Ministero delle Attività Produttive in ordine all’utilità di valutare in senso programmatico il progetto della Olt sarebbero state disattese, e l’autorizzazione sarebbe stata concessa sulla base di dati approssimativi e contraddittori.
Il motivo è infondato.
Il D.Lgs. n. 334/99, la cui applicabilità all’impianto Olt è pacifica fra le parti, prevede all’art. 9 che chiunque intende realizzare uno stabilimento in cui siano presenti sostanze pericolose, prima di dare inizio alla costruzione degli impianti, oltre a tutte le autorizzazioni previste dalla legislazione vigente, deve ottenere il nulla osta di fattibilità di cui al successivo articolo 21 co. 3, e a tal fine, fa pervenire all'autorità competente un rapporto preliminare di sicurezza; al secondo comma la norma statuisce che, prima di dare inizio all'attività, il gestore, al fine di ottenere il parere tecnico conclusivo, presenta alla medesima autorità il rapporto di sicurezza, integrando eventualmente quello preliminare. Condizione per la costruzione degli impianti è, come si vede, il solo rilascio del nulla osta di fattibilità, regolarmente rilasciato alla controinteressata Olt il 5 novembre 2003 dal Dipartimento dei Vigili del Fuoco – Direzione Regionale Toscana – Firenze con una serie di prescrizioni, fra cui (n. 4) quella relativa alla predisposizione di una specifica pianificazione dell’emergenza: tale pianificazione di emergenza accede al rapporto definitivo di sicurezza relativo al progetto particolareggiato che costituisce invece condizione per l’avvio dell’attività, come chiaramente si evince dal citato art. 9 co. 2 del D.Lgs. n. 334/99, nonché dal successivo art. 21 co. 3 ult. parte, secondo cui il Comitato che presiede alla valutazione, esaminato il rapporto definitivo di sicurezza, esprime il parere tecnico conclusivo e, qualora le misure che il gestore intende adottare per la prevenzione e la riduzione di incidenti rilevanti risultino nettamente inadeguate ovvero non siano state fornite le informazioni richieste, è vietato l’inizio dell’attività; e dall’art. 20 co. 1 dello stesso decreto, che, in relazione alla predisposizione del piano di emergenza esterno, presuppone come già avvenuta quella del piano di emergenza interno, avendo ancora una volta come punto di riferimento l’inizio dell’attività, e non della costruzione.
4.1. In senso contrario alla presunta carenza di un’adeguata valutazione dell’utilità del rigassificatore nel quadro della programmazione energetica nazionale, depongono le considerazioni rassegnate dal Ministero delle Attività Produttive nella conferenza di servizi del 14 aprile 2005, ove – messa in luce la necessità di avviare celermente la realizzazione di nuove infrastrutture di approvvigionamento di gas naturale liquido, la cui domanda sul mercato nazionale è in costante aumento – si evidenziava come non fossero ancora neppure iniziati i lavori degli unici due terminali già autorizzati, e come di tutte le altre iniziative avviate solo per quella di Olt la procedura autorizzativa fosse in dirittura di arrivo, a fronte di un fabbisogno in crescita tale da giustificare ampio spazio per progetti di terminali di rigassificazione in Italia.
Ulteriori valutazioni di tipo strategico sono poi contenute nel decreto di autorizzazione del 23 febbraio 2006, nel quale è ribadita la necessità di favorire la realizzazione del maggior numero possibile di rigassificatori, tenuto conto: della costante crescita della domanda nazionale di gas e del grado di quasi saturazione delle infrastrutture di approvvigionamento esistenti; dell’esigenza di diversificare le fonti dell’approvvigionamento anche in considerazione dei problemi con alcuni produttori internazionali; dell’opportunità di dare vita ad un eccesso strutturale dell’offerta di gas sul mercato nazionale, in modo da promuovere lo sviluppo di meccanismi concorrenziali e, in prospettiva futura, di trasformare l’Italia da centro di solo consumo a via di transito del gas verso i mercati centroeuropei e conseguire così vantaggi competitivi per il nostro paese; di consentire attraverso l’uso del gas naturale una riduzione delle emissioni in atmosfera e facilitare il raggiungimento degli obiettivi previsti dal protocollo di Kyoto e dalle direttive europee sul miglioramento della qualità dell’aria.
Se, a questo, si aggiungono le valutazioni programmatiche contenute altresì nel decreto ministeriale di VIA del 15 dicembre 2004 e soprattutto, con dovizia di argomenti e documentazione, nel “documento conclusivo” della valutazione integrata condotta dalla Regione Toscana e oggetto della decisione n. 28 del 20 luglio 2004, le scarne notizie ed isolate giornalistiche che la ricorrente allega non possono, in assenza di elementi obiettivi a riscontro e supporto, rappresentare un valido indicatore di superficialità e manifesta irragionevolezza dell’azione amministrativa, e, con essa, del dedotto difetto di istruttoria, a maggior ragione considerato che si tratta di notizie le quali insistono su di un fenomeno – il prefigurato eccesso dell’offerta di gas naturale – che invece le amministrazioni procedenti in qualche misura auspicano e giustificano proprio nella prospettiva del perseguimento di obiettivi strategici.
5. Con il quinto motivo (rubricato “sub” 4), è dedotta la violazione e falsa applicazione del D.M. 3 maggio 1984, recante la disciplina degli allibi di oli minerali e di gas compressi e liquefatti, la quale conterrebbe un divieto relativo al gas naturale liquido.
La censura non può tuttavia essere accolta alla luce delle modifiche apportate alla disciplina in questione dal D.M. 6 febbraio 2006, anteriore al rilascio dell’autorizzazione in favore della controinteressata, il quale ha incluso il metano (principale componente del gas naturale) tra i prodotti per i quali è consentito il trasferimento da una nave all’altra senza necessità di specifica richiesta. In generale, non va poi dimenticato che il rigassificatore progettato dalla Olt è sì costituito da una nave, la quale, essendo stabilmente ancorata al fondo marino, perde la principale caratteristica del mezzo di trasporto, vale a dire la mobilità da un luogo all’altro, per assumere la diversa funzione dell’impianto fisso di immagazzinamento e trasformazione del gas liquefatto, come tale soggetto alla disciplina degli impianti a rischio dettata dal D.Lgs. n. 334/99; per conseguenza il ricorso all’analogia, che vale per estendere ad un impianto siffatto alcune delle norme in materia di trasferimento di gas tra navi (allibo in senso tecnico), non si attaglia a quelle disposizioni – come l’invocato art. 23 del citato D.M. 3 maggio 1984 – che presuppongono la destinazione attuale della nave al trasporto delle merci. Tale destinazione manca del tutto per la nave sulla quale è realizzato il rigassificatore, trasformata in piattaforma “offshore” capace di ruotare intorno al proprio asse, ma non di spostarsi: per questo, l’autorizzazione all’allibo non può rappresentare una condizione per l’esercizio del rigassificatore, che per questo aspetto è assimilabile ad una struttura stabile, fermo restando che detta autorizzazione dovrà di volta in volta essere ottenuta dalle navi gasiere dirette all’impianto per l’approvvigionamento (si vedano al riguardo le disposizioni contenute nel D.M. 2 agosto 2007, che ha sostituito, abrogandolo, il D.M. 3 maggio 1984).
5.1. L’associazione ricorrente sostiene altresì che, non possedendo alcun titolo di disponibilità dello specchio d’acqua da trasformare in sito industriale, la controinteressata neppure sarebbe stata legittimata a richiedere l’autorizzazione per l’esercizio del terminale.
Il motivo è fondato per quanto di ragione.
Si è già osservato, e deve essere ribadito, che il progetto Olt non prevede l’utilizzo o il riutilizzo di un sito industriale preesistente, ma la realizzazione di un impianto di rigassificazione galleggiante, posizionato in mare, il che induce ad escluderne l’inquadramento nella previsione dell’art. 8 della legge n. 340/00 ai fini della semplificazione procedurale ivi prevista: i referenti normativi applicabili alla fattispecie vanno piuttosto rinvenuti nella disciplina generale posta dalla legge n. 9/91 per i nuovi stabilimenti per la lavorazione di oli minerali e le nuove installazioni di gas naturale liquefatto, ed in particolare nel regolamento attuativo (D.P.R. n. 420/94) laddove, all’art. 4, prevede che la concessione per la costruzione degli impianti venga rilasciata solo quando sia comprovata da parte del richiedente la disponibilità del suolo.
Trattandosi di impianto ubicato in sito marino, la disponibilità del suolo non può che farsi coincidere, in via di interpretazione estensiva, con quella della corrispondente zona di mare, ma è pacifico che al momento del rilascio dell’autorizzazione impugnata la Olt fosse sprovvista della relativa concessione demaniale marittima, ed anzi è lo stesso provvedimento autorizzatorio che prescrive alla controinteressata di munirsene. Il provvedimento impugnato risulta perciò illegittimo nella parte in cui pretende di trasformare un vero e proprio presupposto per l’assentibilità dell’impianto in una sorta di condizione di efficacia avverabile “ex post”, esonerando surrettiziamente l’amministrazione procedente dalla verifica preventiva – richiesta dal regolamento – circa la effettiva disponibilità del sito destinato ad accogliere l’impianto. Né in contrario rileva la circostanza del successivo rilascio della concessione demaniale, la legittimità del provvedimento dovendo essere vagliata con riferimento alla situazione di fatto e di diritto esistente al momento della sua emanazione, in conformità con i principi generali (si noti che, in virtù del richiamo contenuto nell’art. 42 co. 4 lett. b) della l.r. n. 39/05, le norme procedurali di cui al D.P.R. n. 420/94 trovano applicazione anche per le procedure di autorizzazione unica di competenza regionale e provinciale, di talché anche in relazione allo “jus superveniens” le conclusioni esposte non mutano).
6. Con il sesto motivo, la ricorrente deduce la violazione della legge n. 108/01, di ratifica della Convenzione internazionale sull’accesso all’informazione, sulla partecipazione del pubblico al processo decisionale e sull’accesso alla giustizia in materia ambientale, fatta ad Aarhus il 25 giugno 1998, nonché dell’art. 23 del D.Lgs. n. 334/99, per non avere le amministrazioni procedenti consentito alle popolazioni interessate dalla costruzione del rigassificatore di partecipare ai processi decisionali esprimendo il loro parere su scelte implicanti notevoli ricadute sulla salubrità dell’ambiente e sulla sicurezza del territorio.
Le parti resistenti replicano, sostenendo che la consultazione delle popolazioni interessate dovrebbe ritenersi assorbita nel procedimento di VIA, nell’ambito del quale la Olt ha fatto pubblicare sui quotidiani “La Repubblica” ed “Il Tirreno” l’avviso dell’avvenuto deposito della documentazione inerente il proprio progetto presso gli uffici regionali, in assenza di osservazioni da parte del pubblico. D’altro canto, i principi in materia di partecipazione degli interessati al procedimento non dovrebbero applicarsi meccanicamente e formalisticamente, ma in prospettiva sostanzialistica, quindi ai fini indicati dalla ricorrente rileverebbe appunto il rispetto delle garanzie previste dalla procedura di VIA, a questo dovendosi aggiungere –la tesi è sostenuta dalla difesa della società Olt – che la stessa ubicazione dell’impianto a distanza dalla terraferma precluderebbe l’applicazione dell’art. 23 D.Lgs. n. 334/99 cit..
Anche tale censura è fondata.
La Convenzione di Aarhus del 25 giugno 1998, ratificata in Italia con legge n. 108/01, all’art. 6 stabilisce, con disposizione immediatamente precettiva, che ogni decisione relativa ad una serie di attività suscettibili di produrre effetti pregiudizievoli sull’ambiente e dettagliatamente elencate, fra cui quelle relative alle attività di gassificazione e liquefazione di gas, sia preceduta nella fase iniziale del processo decisionale da un informazione adeguata, tempestiva ed efficace del pubblico interessato. Per "pubblico interessato", secondo le definizioni della convenzione, si intende il pubblico che subisce o può subire gli effetti dei processi decisionali in materia ambientale o che ha un interesse da far valere al riguardo. L’informazione dovuta riguarda, in particolare:
a) l'attività proposta e la richiesta su cui sarà presa una decisione;
b) la natura delle eventuali decisioni o il progetto di decisione;
c) l'autorità pubblica responsabile dell'adozione della decisione;
d) la procedura prevista, ivi compresi (nella misura in cui tali informazioni possano essere fornite): i) la data di inizio della procedura; ii) le possibilità di partecipazione offerte al pubblico; iii) la data e il luogo delle audizioni pubbliche eventualmente previste; iv) l'indicazione dell'autorità pubblica cui è possibile rivolgersi per ottenere le pertinenti informazioni e presso la quale tali informazioni sono state depositate per consentirne l'esame da parte del pubblico; v) l'indicazione dell'autorità pubblica o di qualsiasi altro organo ufficiale cui possono essere rivolti osservazioni e quesiti nonché i termini per la loro presentazione; vi) l'indicazione delle informazioni ambientali disponibili sull'attività proposta;
e) l'assoggettamento dell'attività in questione ad un procedura di valutazione dell'impatto ambientale a livello nazionale o transfrontaliero.
La controinteressata assume di aver ottemperato ai suoi obblighi di informazione in materia ambientale mediante la pubblicazione su due quotidiani dell’avviso delle comunicazioni inviate alle amministrazioni procedenti ai fini della valutazione dell’impatto ambientale del progetto, ai sensi dell’art. 6 della legge n. 349/86. L’efficacia delle modalità di informazione adottate appare, tuttavia, quantomeno discutibile in relazione alle esigenze tutelate dalla Convenzione, sia sotto il profilo del contenuto e, in special modo, della trasmissione diretta al pubblico delle informazioni ambientali disponibili sull’attività proposta (si veda il sopra citato art. 6 co. 2 n. vi) della Convenzione), sia sotto il non meno rilevante profilo della esiguità del termine di trenta giorni per consentire al pubblico stesso di prepararsi e di partecipare effettivamente al processo decisionale in materia ambientale, come previsto dal medesimo art. 6 al comma terzo. La fondatezza di tali incertezze è confermata dalle modifiche recentemente apportate alla disciplina interna della VIA dal D.Lgs. n. 4/08, correttivo del D.Lgs. n. 152/06, che ha introdotto l’obbligo di fornire al pubblico non più il semplice annuncio della comunicazione inviata alle autorità, ma la notizia del progetto, con una breve descrizione dello stesso e dei suoi possibili principali impatti ambientali, ed ha prolungato a sessanta giorni il termine per la presentazione di osservazioni e di elementi conoscitivi e valutativi, in modo da contemperare le contrapposte esigenze di celerità dell’istruttoria e di fattiva partecipazione degli interessati; dovendosi pertanto concludere che le pubblicazioni effettuate all’interno della procedura di autorizzazione del rigassificatore Olt rappresentano una forma inadeguata di pubblicità rispetto al criterio di efficacia posto dalla Convenzione del 25 giugno 1998, se il termine di trenta giorni per la formulazione di osservazioni viene parametrato alla novità e complessità della materia trattata, la quale ha richiesto alle amministrazioni procedenti quasi due anni per addivenire alla sola pronuncia di VIA, e più di tre anni per la definizione del procedimento autorizzativo nel suo complesso (mancando ancora la concessione demaniale).
6.1. Nella prospettiva della Convenzione, gli aspetti attinenti alla tutela ambientale “strictu sensu” sono peraltro indissolubilmente legati con quelli riguardanti lo stato di salute, la sicurezza e le condizioni di vita delle persone, e sul medesimo piano si muove altresì il legislatore comunitario nella misura in cui, con la Direttiva 96/82/CE, ha imposto agli Stati membri una disciplina comune in materia di prevenzione degli incidenti rilevanti connessi con l’utilizzo di determinate sostanze pericolose, onde limitarne le possibili conseguenze per l'uomo e per l'ambiente. Il legislatore nazionale ha dato attuazione a detta Direttiva mediante il D.Lgs. n. 334/99, in precedenza già citato, che all’art. 23 richiede la consultazione delle popolazioni interessate nei casi di elaborazione di progetti relativi a nuovi stabilimenti in cui siano presenti sostanze pericolose, ovvero, per quanto qui interessa, di creazione di nuovi insediamenti e infrastrutture attorno agli stabilimenti esistenti. Il parere delle popolazioni interessate deve essere espresso nell’ambito del procedimento di formazione dello strumento urbanistico o del procedimento di valutazione di impatto ambientale con le modalità stabilite dalle regioni o dal Ministro dell'ambiente, secondo le rispettive competenze, che possono prevedere la possibilità di utilizzare la conferenza di servizi con la partecipazione dei rappresentanti istituzionali, delle imprese, dei lavoratori e della società civile, qualora si ravvisi la necessità di comporre conflitti in ordine alla costruzione di nuovi stabilimenti, alla delocalizzazione di impianti nonché alla urbanizzazione del territorio.
Dal punto di vista sistematico, il fatto che la norma rimetta all’autorità competente l’individuazione delle modalità per la espressione del parere è chiaramente sintomatico, ad avviso del collegio, della non perfetta sovrapponibilità delle valutazioni relative all’impatto ambientale e di quelle relative alla immediata pericolosità dell’opera per l’uomo, oltre che per l’ambiente, giacché, in caso contrario, sarebbe stato sufficiente rinviare per le modalità procedimentali alle disposizioni vigenti in tema di VIA; il dato lessicale (“consultazione della popolazione”), unitamente alla possibilità di aprire la conferenza di servizi ai rappresentanti delle imprese, dei lavoratori, della società civile, indica d’altro canto l’esigenza che l’amministrazione si faccia portatrice di un ruolo di promozione del coinvolgimento consapevole del pubblico inteso nella sua dimensione collettiva, o comunque nella sua articolazione in categorie esponenziali, piuttosto che delle iniziative isolate di singoli cittadini. In ragione della specificità delle esigenze tutelate, l’art. 23 in esame deve essere pertanto letto nel senso che le amministrazioni procedenti sono onerate di sollecitare la partecipazione popolare sul particolare tema della prevenzione degli incidenti, previa comunicazione delle informazioni sulle misure di sicurezza da adottare, attraverso forme efficaci di coinvolgimento collettivo; le forme della partecipazione debbono inoltre tenere conto della complessità delle questioni tecniche da esaminare e della eventualità che gli interessati debbano rivolgersi ad esperti anche solo per essere in condizione di apprezzare i margini di rischio legati all’intervento, e formarsi in proposito un’opinione seria e documentata, con i tempi minimi che ciò comporta. Se, pertanto, la mancata predeterminazione delle modalità di raccolta dei pareri è il mezzo per calibrare la partecipazione sulle esigenze del caso concreto, a fronte del progetto di un’opera come quella di un rigassificatore “offshore”, connotata da forti implicazioni sul piano dell’impatto ambientale e della sicurezza, la pubblicazione in fase di VIA dell’annuncio di avvenuta comunicazione – strumento di conoscibilità e non di conoscenza degli elementi essenziali del progetto – ed il breve termine di trenta giorni per le osservazioni non assolvono adeguatamente al compito di mettere la popolazione in grado di pronunciarsi in maniera consapevole, con la conseguenza che il parere delle popolazioni interessate sulla realizzazione di impianti pericolosi non può in nessun caso considerarsi assorbito, stante anche la evidenziata diversità dell’oggetto, dagli adempimenti richiesti dall’art. 6 l. 349/86.
7. In forza di tutte le considerazioni che precedono, e nei loro limiti, il ricorso può trovare accoglimento e l’autorizzazione impugnata deve essere annullata. Avuto riguardo ai motivi accolti, l’annullamento non travolge gli atti presupposti oggetto di gravame.
La novità della materia giustifica l’integrale compensazione delle spese processuali.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana, sezione II, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie nei limiti di cui in motivazione, e per l’effetto annulla l’impugnato decreto ministeriale del 23 febbraio 2006.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 11/06/2008 con l'intervento dei Magistrati:
Maurizio Nicolosi, Presidente
Vincenzo Fiorentino, Consigliere
Pierpaolo Grauso, Referendario, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 30/07/2008
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
N. 02161/2004 REG.RIC.
N. 00585/2006 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 2161 del 2004, proposto da:
Edison S.p.A., in persona del legale rappresentante “pro tempore”, rappresentata e difesa dagli avv.ti Nicola Bassi, Mario Bucello, Monica Passalacqua, Simona Viola ed Eugenio Bruti Liberati, con domicilio eletto presso Monica Passalacqua in Firenze, via XX Settembre 60;
contro
Regione Toscana, in persona del Presidente “pro tempore”, rappresentata e difesa dagli avv.ti Lucia Bora e Barbara Mancino, con domicilio eletto presso la sede dell’Avvocatura regionale in Firenze, Piazza dell’Unita' Italiana 1;
Ministero per le Attivita' Produttive, Ministero dell'Ambiente e Tutela Territorio, in persona dei rispettivi Ministri “pro tempore”, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliata per legge in Firenze, via degli Arazzieri 4;
Comune di Rosignano Marittimo, Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Ministero della Salute, Ministero della Difesa, Ministero dell'Interno, Ministero dell'Economia e delle Finanze, Agenzia delle Dogane - Roma, Registro Italiano Navale,Comune di Livorno, Provincia di Livorno, Provincia di Pisa, Comune di Collesalvetti, Autorita' Portuale di Livorno;
Comune di Pisa, in persona del Sindaco “pro tempore”, rappresentato e difeso dagli avv.ti Andrea Guarino e Susanna Caponi, con domicilio eletto presso Graziella Ferraroni in Firenze, via Duca D'Aosta 2;
nei confronti di
Olt Offshore LNG Toscana S.r.l., in persona del legale rappresentante “pro tempore”, rappresentato e difeso dagli avv.ti Lorenzo Acquarone, Daniela Anselmi, Natale Giallongo ed Ilaria Pagni, con domicilio eletto presso Natale Giallongo in Firenze, via Vittorio Alfieri 19;
Rina S.p.A., in persona del legale rappresentante “pro tempore”, rappresentata e difesa dagli avv.ti Fabio Colzi e Roberto Damonte, con domicilio eletto presso Fabio Colzi in Firenze, via San Gallo 76;
Sul ricorso numero di registro generale 585 del 2006, proposto da:
Edison S.p.A., in persona del legale rappresentante “pro tempore”, rappresentata e difesa dagli avv.ti Nicola Bassi, Mario Bucello, Monica Passalacqua, Simona Viola ed Eugenio Bruti Liberati, con domicilio eletto presso Monica Passalacqua in Firenze, via XX Settembre 60;
contro
Regione Toscana, in persona del Presidente “pro tempore”, rappresentata e difesa dagli avv.ti Lucia Bora e Barbara Mancino, con domicilio eletto presso la sede dell’Avvocatura regionale in Firenze, Piazza dell’Unita' Italiana 1;
Ministero per le Attivita' Produttive, Ministero dell'Ambiente e Tutela Territorio, in persona dei rispettivi Ministri “pro tempore”, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, presso la cui sede sono domiciliati per legge in Firenze, via degli Arazzieri 4;
Comune di Livorno, in persona del Sindaco “pro tempore”, rappresentato e difeso dagli avv.ti Lucia Macchia e Paolo Macchia, con domicilio eletto presso la Segreteria del T.A.R. Toscana in Firenze, via Ricasoli 40;
Comune di Pisa, rappresentato e difeso dagli avv.ti Andrea Guarino e Susanna Caponi, con domicilio eletto presso Graziella Ferraroni in Firenze, via Duca D'Aosta 2;
Registro Italiano Navale, Agenzia delle Dogane - Roma, Capitaneria di Porto di Livorno, Ministero per i Beni e le Attivita' Culturali, Ministero della Salute, Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Ministero della Difesa, Ministero dell'Interno, Ministero dell'Economia e delle Finanze, Provincia di Livorno, Provincia di Pisa, Direzione Urbanistica - Comune di Pisa, Comune di Collesalvetti, Autorita' Portuale di Livorno, Comune di Rosignano Marittimo, Comitato Tecnico Regionale ex art. 19 D.Lgs. 334 del 1999;
nei confronti di
Olt Offshore LNG Toscana S.p.A., in persona del legale rappresentante “pro tempore”, rappresentata e difesa dagli avv.ti Lorenzo Acquarone, Daniela Anselmi, Natale Giallongo ed Ilaria Pagni, con domicilio eletto presso Natale Giallongo in Firenze, via Vittorio Alfieri 19;
Rina S.p.A., in persona del legale rappresentante “pro tempore”, rappresentata e difesa dagli avv.ti Fabio Colzi e Roberto Damonte, con domicilio eletto presso Fabio Colzi in Firenze, via San Gallo 76;
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
quanto al ricorso n. 2161 del 2004:
della decisione regionale n. 28 del 20 luglio 2004, avente ad oggetto la valutazione integrata dei progetti presentati da Edison S.p.A. ed Olt Offshore LNG Toscana S.r.l. per la realizzazione di terminali di rigassificazione, nonché di ogni altro atto connesso, ivi inclusi il documenti tecnico del 9 luglio 2004 ed i pareri di compatibilità ambientale formulati dalla Regione sui progetti in questione ai fini della pronuncia di VIA statale (ricorso introduttivo);
delle determinazioni assunte dalla conferenza di servizi riunitasi il 17 dicembre 2002, il 28 aprile ed il 1 agosto 2003, ed il 14 aprile 2005 (primo atto di motivi aggiunti);
delle delibere di Giunta regionale nn. 931 e 932 del 19 settembre 2005, nonché dell’accordo in data 19 settembre 2005 fra Olt, Comune e Provincia di Pisa, e del documento di intesa sulla valutazione del progetto Olt del 5 settembre 2005 (secondo atto di motivi aggiunti);
del decreto Ministero Attività Produttive del 23 febbraio 2006, recante il rilascio dell’autorizzazione ex art. 8 l. 340/00 in favore di Olt, e di ogni atto connesso (terzo atto di motivi aggiunti);
di tutti gli atti già impugnati con il ricorso principale ed i precedenti motivi aggiunti (quarto atto di motivi aggiunti);
quanto al ricorso n. 585 del 2006:
del decreto Ministero Attività Produttive del 23 febbraio 2006, recante il rilascio dell’autorizzazione ex art. 8 l. 340/00 in favore di Olt, e di ogni atto connesso, come meglio specificato nell’atto introduttivo del giudizio e nei successivi motivi aggiunti.
Visti i ricorsi con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione Toscana;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero per le Attività Produttive e del Ministero dell'Ambiente e Tutela Territorio;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Agenzia delle Dogane - Roma;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Registro Italiano Navale;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Pisa;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Livorno;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della Capitaneria di Porto di Livorno;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della Olt Offshore Lng Toscana S.r.l.;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della Rina S.p.A.;
Visti gli atti di motivi aggiunti proposti in ambedue i ricorsi;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti delle cause;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11/06/2008 il dott. Pierpaolo Grauso e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
Con ricorso notificato il 2 e depositato il 17 novembre 2004 (iscritto al n. 2161 R.G. 2004), la Edison S.p.A., premesso di aver recentemente elaborato un progetto per la costruzione di un nuovo terminale di rigassificazione di gas naturale liquefatto (GNL) da collocare sulla costa toscana, all’interno dell’insediamento industriale Solvay, in Comune di Rosignano Marittimo, in relazione a tale progetto esponeva di aver avviato presso il Ministero delle Attività Produttive, in data 1 agosto 2002, la procedura semplificata per il rilascio dell’autorizzazione unica prevista, per l’installazione di impianti di rigassificazione all’interno di siti industriali, dall’art. 8 della legge n. 340/00. Analoga richiesta di autorizzazione era stata presentata, pressoché contestualmente, dalla Olt Offshore LNG Toscana S.r.l. (di seguito, Olt), il cui progetto si riferiva ad impianto da realizzare nella medesima area geografica ma, anziché all’interno di un sito industriale, direttamente in mare (a dodici miglia dalla costa tra Pisa e Livorno), trattandosi di un terminale galleggiante collegato a terra mediante tubazioni sottomarine.
Il giorno 29 aprile 2003, proseguiva la ricorrente, si era tenuta la prima conferenza di servizi per l’esame dell’istanza presentata da essa Edison, ed in quella sede la Regione Toscana – stante la pendenza di due richieste di autorizzazione per la realizzazione di altrettanti rigassificatori localizzati in ambiti contigui – aveva manifestato l’intenzione di subordinare la propria intesa ad una valutazione strategica complessiva dei due progetti, onde verificare i potenziali effetti della compresenza degli impianti; la valutazione strategica regionale si era conclusa con l’emanazione di un documento tecnico del 9 luglio 2004, contenente una sorta di giudizio comparativo fra i due progetti, che si concludeva con la preferenza per quello presentato dalla società Olt. Il successivo 20 luglio, la Regione Toscana aveva quindi formulato per quanto di propria competenza i pareri di compatibilità ambientale delle due opere ai fini della VIA statale sui progetti in questione, pronunciandosi favorevolmente nei confronti di Olt e sfavorevolmente nei confronti di Edison, ed aveva altresì deliberato di recepire con apposita decisione i contenuti del documento tecnico conclusivo della valutazione strategica condotta sui due progetti, ribadendo il proprio favore per il progetto Olt, salva la necessità di alcuni approfondimenti istruttori.
Avverso gli atti assunti dalla Regione il 20 luglio 2004, nonché avverso il documento tecnico conclusivo della valutazione strategica preventiva, ritenuti illegittimi e gravemente lesivi, la Edison S.p.A. proponeva in diritto cinque motivi di gravame, tutti imperniati sulla pretesa violazione del dianzi citato art. 8 della legge n. 340/00, ed, intimati dinanzi a questo tribunale le amministrazioni coinvolte (Regione Toscana, Ministeri delle Attività Produttive e dell’Ambiente, Comune di Rosignano Marittimo) unitamente alla controinteressata Olt, concludeva per l’annullamento dei provvedimenti impugnati, previa sospensiva.
Costituitisi in giudizio la Regione Toscana ed i Ministeri delle Attività Produttive e dell’Ambiente, che resistevano all’impugnazione, con ordinanza del 26 novembre 2004 il collegio respingeva la domanda cautelare.
Successivamente, per resistere al ricorso si costituivano altresì la controinteressata Olt S.r.l., la R.I.N.A. S.p.A., i Ministeri dell’Interno, della Difesa, dell’Economia e Finanze, il Registro Navale Italiano, l’Agenzia delle Dogane.
Con atti di motivi aggiunti notificati rispettivamente il 17 giugno 2005, il 13 dicembre 2005 ed il 29 marzo 2006, la società ricorrente estendeva quindi l’impugnazione – formulando alcune censure autonome in aggiunta a quelle già proposte con l’atto introduttivo del giudizio, che venivano comunque replicate – a tutte le determinazioni assunte nell’ambito della procedura autorizzativa promossa dalla Olt, in epigrafe meglio indicati, ed, in particolare, al decreto del 23 febbraio 2006, con cui il Ministero delle attività Produttive di concerto con quello dell’Ambiente aveva rilasciato ad Olt l’autorizzazione per la costruzione e l’esercizio del rigassificatore ubicato in mare al largo della costa toscana. Con un quarto atto di motivi aggiunti, notificato l’8 giugno 2007, la Edison S.p.A. rinnovava alcune delle censure già svolte, alla luce di una nota redatta l’8 maggio 2008 dall’ufficio legislativo del Ministero dell’Ambiente, e da quest’ultimo depositata in vista dell’udienza del 16 maggio 2007, inizialmente fissata per la discussione del merito.
Frattanto, con atto notificato il 15 e depositato il 24 febbraio 2006, si era costituito in giudizio anche il Comune di Pisa, proponendo ricorso incidentale subordinato nei confronti del decreto ministeriale 15 dicembre 2004, contenente la valutazione favorevole di impatto ambientale del progetto Olt, per l’ipotesi in cui tale decreto avesse potuto ritenersi ostativo allo spostamento della localizzazione dell’impianto.
Nelle more, l’impugnazione avverso l’autorizzazione ministeriale rilasciata ad Olt e tutti gli atti ad essa presupposti, vale a dire i medesimi atti già oggetto del ricorso principale iscritto al n. 2161/04 R.G. e dei relativi motivi aggiunti, venivano nuovamente ed autonomamente impugnati dalla società Edison con separato ricorso, notificato il 1 e depositato il 13 aprile 2006 (n. 585 R.G. 2006), nell’ambito del quale la ricorrente provvedeva in data 8 giugno 2007 alla notifica di motivi aggiunti aventi il medesimo contenuto di quelli notificati in pari data nel procedimento più risalente.
Le due cause, istruite mediante le sole produzioni documentali delle parti, venivano entrambe discusse e trattenute per la decisione alla pubblica udienza dell’11 giugno 2008, preceduta dal rituale deposito di memorie difensive.
DIRITTO
Come riferito in narrativa, con il ricorso iscritto al n. 2161 R.G. 2004, la Edison S.p.A. – progressivamente ampliando l’oggetto originario del giudizio mediante la proposizione di motivi aggiunti in corso di causa – ha via via impugnato tutti gli atti della procedura semplificata conclusasi con il decreto del Ministero delle Attività Produttive, di concerto con il Ministero dell’Ambiente e d’intesa con la Regione Toscana, recante il rilascio alla Olt S.r.l. dell’autorizzazione unica “ex” art. 8 della legge n. 340/00 per la costruzione e l’esercizio di un impianto galleggiante di rigassificazione di gas naturale liquido da realizzare nel tratto di mare antistante il litorale tra Livorno e Marina di Pisa. Le censure dedotte dalla ricorrente – a sua volta titolare di analoga e coeva istanza per l’autorizzazione di un rigassificatore, da localizzare all’interno dell’insediamento industriale Solvay, nel Comune di Rosignano Marittimo – postulano l’illegittimità degli atti impugnati sia sotto il profilo della inapplicabilità al progetto Olt della procedura semplificata di cui all’art. 8 l. 340/00 cit., sia in relazione alla scelta della Regione Toscana di far precedere le proprie determinazioni sull’intesa con il Ministero ad una sorta di valutazione comparativa fra i progetti presentati da Olt ed Edison, nonché al contenuto stesso della valutazione comparativa così condotta, e conclusasi con la preferenza accordata alla prima; la ricorrente si duole, altresì, del parere regionale di incompatibilità ambientale pronunciato nei confronti del suo progetto ai fini della VIA, a fronte del parere favorevole espresso dalla Regione nei confronti del progetto della controinteressata.
I medesimi atti e provvedimenti formano oggetto del ricorso iscritto al n. 585 R.G. 2006, mediante il quale la Edison ha peraltro fatto valere in via separata ed autonoma le stesse censure già azionate in precedenza. La sostanziale identità oggettiva e soggettiva delle controversie impone la trattazione congiunta dei due ricorsi, che debbono pertanto essere riuniti.
Preliminarmente, occorre dare conto delle eccezioni di inammissibilità e/o improcedibilità dei gravami per difetto di interesse, sollevate dalle difese regionale ed erariale, nonché dalla controinteressata Olt, le quali contestano che gli atti impugnati spieghino efficacia lesiva nei riguardi della società ricorrente. Da un lato, infatti, la decisione (n. 28/04) della Giunta regionale toscana di fare propri i risultati della valutazione strategica preventiva del potenziale impatto dei due progetti presentati da Edison ed Olt si riferirebbe ad un’attività dichiaratamente qualificata come istruttoria dalla stessa Giunta, laddove il giudizio non favorevole espresso sul progetto Edison non presenterebbe comunque connotati preclusivi in ordine al rilascio dell’intesa regionale richiesta dall’art. 8 della legge n. 340/00, limitandosi a evidenziare una serie di criticità ed a sollecitare la revisione del progetto; sollecitazione accolta da Edison, la quale – presentando alla conferenza di servizi del 20 aprile 2005 un nuovo progetto, in variante a quello originario – avrebbe determinato un mutamento della situazione di fatto nuova rispetto a quella sussistente al momento della proposizione della domanda (l’iter autorizzatorio del progetto in variante è, allo stato, pendente) e, con esso, avrebbe in ogni caso fatto venire meno l’interesse alla decisione. Quanto, poi, all’impugnazione della sequenza procedimentale culminata con il rilascio dell’autorizzazione unica alla controinteressata, la ricorrente non sarebbe titolare di alcuna posizione differenziata legittimante, né da un eventuale annullamento essa potrebbe trarre alcun vantaggio, neppure strumentale, posto che l’intesa espressa dalla Regione sul progetto Olt non precluderebbe affatto la possibilità di definire con esito favorevole altre istanze relative ad impianti del medesimo genere.
Le eccezioni sono fondate.
In seno alla conferenza di servizi del 29 aprile 2003, convocata dal Ministero delle Attività Produttive per l’esame dell’istanza di autorizzazione presentata dalla società Edison relativamente alla realizzazione di un rigassificatore all’interno dell’area industriale Solvay di Rosignano Marittimo, la Regione Toscana, stante la contestuale pendenza dell’istanza presentata da Olt per la realizzazione del terminale offshore al largo della costa di Livorno, comunicava la propria intenzione di effettuare una valutazione strategica delle due iniziative onde verificare i possibili effetti della compresenza dei due impianti sugli interessi ambientali, territoriali ed economici. La dichiarazione di intenti della Regione, in nulla pregiudizievole degli interessi della odierna ricorrente, si traduceva nel “documento conclusivo” del 9 luglio 2004, fatto proprio nei suoi contenuti dalla sopra menzionata decisione di Giunta n. 28/04, la quale si curava peraltro di precisare la funzione istruttoria della valutazione integrata strategica condotta sui due progetti. I giudizi ivi espressi – favorevole al progetto Olt, sfavorevole al progetto Edison – operano dunque sul piano endoprocedimentale delle valutazioni istruttorie, e del resto la stessa decisione n. 28/04 non ha natura di atto finale, giacché per il progetto Olt rinvia il rilascio dell’intesa “ex” art. 8 l. 340/00 all’esito di ulteriori approfondimenti e verifiche, mentre per il progetto Edison indica in maniera esplicita, attraverso il rinvio ai risultati dell’istruttoria, i profili di criticità sui quali intervenire mediante revisione, senza tuttavia esprimere un diniego definitivo dell’intesa; né la definitività del diniego può farsi discendere da una pretesa alternatività – reciprocamente escludente – dei due progetti, di cui il “documento conclusivo” della valutazione strategica non reca traccia (al contrario di quanto afferma la ricorrente, la decisione comunitaria 1229/2003/CE non è invocata dalla Regione al fine di sancire l’impossibilità di fare luogo, in Toscana, ad un solo impianto di rigassificazione, bensì al diverso scopo di evidenziare come il Parlamento europeo avesse attribuito carattere prioritario ad un solo terminale nel Mar Tirreno; ma il fatto che un solo impianto sia considerato prioritario non implica di per sé che altri non possano essere contestualmente realizzati, nell’ottica, parimenti considerata dallo studio regionale, della sicurezza, flessibilità e diversificazione degli approvvigionamenti).
La riprova del carattere interlocutorio della decisione n. 28/04 si trae dal verbale della conferenza di servizi tenutasi il 14 aprile 2005 in merito al rilascio dell’autorizzazione sul progetto Olt, nell’ambito della quale il rappresentante regionale prospetta come evento futuro il diniego dell’intesa sul progetto Edison, e precisa come tale intendimento sia comunque da intendersi “allo stato attuale”. Coerente con tale conclusione è, del resto, il successivo svolgersi del procedimento autorizzativo promosso dalla ricorrente, che ha tratto nuovo impulso dalla presentazione di una variante al progetto originario; la proposta di variante, esaminata in prima battuta nella conferenza di servizi appositamente indetta per il 20 aprile 2005, non ha raccolto alcuna contrarietà pregiudiziale da parte della Regione Toscana (questa si è limitata a evidenziare la necessità di un inquadramento di tutte le infrastrutture energetiche presenti nell’area) e, a quanto emerge dagli atti di causa, si trova attualmente sottoposta a VIA. La circostanza che la procedura per il rilascio dell’autorizzazione sul progetto Edison non si sia ancora conclusa rappresenta, in definitiva, una conseguenza fisiologica dalla piena attuazione del contraddittorio procedimentale fra le amministrazioni coinvolte e l’interessata, la quale con la sua condotta mostra di aver voluto accantonare il progetto iniziale, per aderire alle sollecitazioni a modificare l’impostazione primigenia, sollecitazioni per inciso provenienti non solo dalla Regione, ma anche dal Comune di Rosignano Marittimo, nel cui territorio l’impianto dovrebbe sorgere.
Per un verso, la mancanza di un atto qualificabile come arresto procedimentale non consente dunque di annettere valore meramente tuzioristico, nel senso voluto dalla ricorrente, alla presentazione della variante, il cui significato obiettivo rivela proprio l’intenzione dell’interessata di evitare una chiusura sfavorevole del procedimento, a costo di acconsentire alla modifica del progetto. In altri termini, la presentazione della variante pur in assenza di definitivo diniego è incompatibile con la volontà di insistere sul primo progetto: a tacer d’altro, non si vede quale residuo interesse all’impugnazione potrebbe rivendicare l’interessata, laddove, senza aver mai respinto l’istanza relativa al primo progetto, l’amministrazione dovesse infine autorizzare quello in variante. A diverse conclusioni si sarebbe potuti pervenire ove Edison – dalla quale non risultano oltretutto formulate riserve circa la volontà di non rinunciare al primo progetto – si fosse limitata a sollecitare una rivisitazione degli orientamenti regionali, per poi attendere un pronunciamento definitivo e, ove lesivo, impugnarlo.
Se, pertanto, la presentazione della variante rivela la persistenza dell’interesse alla positiva definizione di quella procedura, in effetti non ancora conclusasi, allo stesso tempo essa non ha valore di fatto nuovo idoneo a far cessare l’interesse all’impugnazione, bensì avalla ulteriormente la tesi dell’insussistenza originaria dell’interesse ad impugnare atti che sono e rimangono qualificabili come endoprocedimentali. Come senz’altro valore endoprocedimentale riveste il parere di incompatibilità ambientale rilasciato dalla Regione ai fini della VIA statale (delibera n. 702/04), poi superato dalla successiva valutazione favorevole operata dal Ministero dell’Ambiente.
Tornando al preteso giudizio di incompatibilità/esclusione dei due impianti di rigassificazione di cui è causa, che la ricorrente assume essere alla base degli atti impugnati ed, in particolare, delle determinazioni della Regione, nessuna aprioristica contrarietà ad assentire più di un impianto può farsi discendere dalla delibera n. 105/06, recante la conferma dell’intesa regionale sul progetto Olt. In primo luogo, le condizioni cui l’intesa stessa è vincolata riguardano unicamente il rispetto di una serie di impegni assunti dalla Olt medesima, e consacrati nella precedente delibera n. 932/05, la quale in nessun modo coinvolge il progetto della ricorrente e la sua realizzazione. A questo, si aggiunga che la esplicita, quanto superflua, limitazione dell’assenso regionale all’impianto Olt non può certo dirsi concludente nel senso di far presumere l’intento della Regione di negare per il futuro il rilascio dell’intesa relativamente ad altri impianti (lo stesso Piano Energetico Regionale, ancora “in itinere”, nel prevedere la realizzazione di un rigassificatore per finalità di diversificazione degli approvvigionamenti, non sembra precludere che il perseguimento di tali finalità sia incoraggiato attraverso l’avvio di ulteriori impianti).
Escluso dunque, per le ragioni esposte, che l’autorizzazione rilasciata ad Olt implichi per il futuro il rilascio dell’autorizzazione chiesta da Edison, ancora una volta non è configurabile alcun interesse sostanziale al gravame in capo alla società ricorrente, la quale non ricaverebbe alcun vantaggio dall’accoglimento della domanda, tantomeno sotto l’ipotizzato profilo della rimozione di un ostacolo al rilascio dell’autorizzazione a propria volta richiesta.
La ricorrente rivendica peraltro la sussistenza dell’interesse a far valere l’illegittimità degli atti autorizzatori rilasciati alla controinteressata siccome suscettibili di alterare l’assetto concorrenziale del mercato della produzione e commercializzazione del gas naturale. Sotto questo profilo, tuttavia, l’interesse è allo stesso tempo inattuale e non qualificato, nella misura in cui Edison non è ancora titolare di autorizzazione all’esercizio del rigassificatore, e non è dunque legittimata a dolersi dell’attività condotta da altri nell’area geografica che essa stessa aspira ad occupare, fermo restando quanto già affermato circa l’inidoneità dell’autorizzazione rilasciata alla controinteressata ad impedire il rilascio di analoga autorizzazione in favore della ricorrente; e non dovendosi trascurare, più in generale, che l’attività di produzione dell’energia – cui la costruzione di nuovi impianti produttivi afferisce – è stata liberalizzata dal legislatore (l. n. 239/04) al dichiarato scopo di garantire sicurezza, flessibilità e continuità degli approvvigionamenti: infatti, a fronte di tale obiettivo generale di politica energetica del paese, che implica un evidente “favor” per l’incremento delle fonti produttive e consente a ciascun operatore di promuovere l’attivazione di nuovi impianti, a maggior ragione degrada a interesse di mero fatto quello reclamato dalla ricorrente, la quale non vede pregiudicata la propria capacità di farsi produttore di energia in qualsiasi forma e, segnatamente, di realizzare il proprio impianto di rigassificazione.
Alla luce delle considerazioni che precedono, le impugnative proposte dalla società Edison debbono essere dichiarate inammissibili per difetto di interesse, rimanendone assorbita ogni altra questione di rito e di merito.
Le spese di lite seguono la soccombenza, e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana, sezione II, definitivamente pronunciando sui ricorsi in epigrafe, ne dispone la riunione e dichiara le impugnazioni inammissibili per carenza di interesse nei sensi di cui in motivazione.
Condanna la società ricorrente alla rifusione delle spese processuali, che liquida in complessivi euro 3.000,00, oltre I.V.A. e C.P.A., in favore delle amministrazioni rappresentate dall’Avvocatura dello Stato, ed in euro 2.000,00, oltre I.V.A. e C.P.A., per ciascuna delle rimanenti controparti costituite.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 11/06/2008 con l'intervento dei Magistrati:
Maurizio Nicolosi, Presidente
Vincenzo Fiorentino, Consigliere
Pierpaolo Grauso, Referendario, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 30/07/2008
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
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N. 01869/2008 REG.SEN.
N. 00788/2006 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 788 del 2006, proposto da:
Martelli Mario, Bardelli Beatrice, Zicanu Maurizio, Nieri Sergio, Pesacane Ciro, nella qualità di Presidente dell’Associazione “Forum Ambientalista”, D’Angelo Fernando Antonio, nella qualità di Presidente della Coop a r.l. Medicina Democratica, De Santi Massimo, Saller Riccardo, Picardi Salvatore, Rognini Paolo, Tani Mauro, Poltronieri Lorenza, Sirtori Roberto, Zoppè Monica Maria, Baschieri Paolo, Tonarelli Patrizia, Poltronieri Maria Gioia, Santi Roberto, Cirillini Lia, Bacci Andrea, Casola Fabrizio, Banchetti Laura, Baldi Veronica, Lenti Evi, Lenti Rosaria, Milianti Isabella, Mogre Federico, Gazineo Claudia, Marchetti Carlo, Malizia Palma, Di Guida Maria Grazia, Fabbri Flavio, Mangiavillano Stefano, Roncaglia Giuseppina, Carruba Giuseppa, Marani Francesco, Tani Cinzia, Volpi Carlo, Maggi Silvia, Galatolo Sabra, Bonanno Maria Luisa, Suggi Luciano, Chelli Mario, Morini Gabriella, Morucci Francesca, Del Preda Paola, Trimboli Giovanna Maria, Brogi Rita, Guerrini Alessandra, Fagiolini Paolo, Detti Lazzaro, Pasqui Paola, Ferrini Donatella, Cocorullo Silvana, Guglielmi Viviana, Cerri Rolando, Magrini Giovanna, Santucci Eleonora, Girotto Graziano, Corsani Sarah, Frassi Luca, Boccuzzi Mauro, Parenti Antonio, Sammuri Giordano, Traversi Luciano, Borriello Maurizio, Nocchi Mauro, Chiavacci Leandro, Magnolfi Luca, Magnani Adriana, Rossi Maria Stella, Barsacchi Enrico, Barsacchi Flavio, Bernini Ivano, Sordini Vittorio, Lombardo Gabriella, Regoli Roberto, Del Punta Alessandra, Cinali Ennio, Macchia Marina, Coppini Viviana, Fanelli Emiliano, Magnani Adriano, De Santi Mirco, Marongiu Cristina, Cadoni Andrea, Finale Chiara, Agostini Stefano, Pellegrini Maria Carlotta, Pellegrini Francesco, Lo Russo Rita, Meschi Anna Lina, Fontanelli Maurizio, Turchi Maria Cristina, Girmena Valerio, Gori Paola, Saba Gioacchino, Bazzi Giacomo, Barbagli Ambra, Baiamonte Giovanna, Lunardi Eliano, Celata Bernardo, Lami Andrea, Beverelli Fiorigia, Gallinari John Dino, Moncini Lia Franca, Carlevaro Roberto, Franchini Camillo, Zanasi Maria Angela, Amodeo Leila, Pagani Giovanna, Bardelli Lido, Puccini Anna, Ria Elisabetta, Berloco Anna, Boni Andrea, Vaghetti Raniero, Alderigi Cristiana, Carriero Anna, Biagi Maria Anna , Giannessi Nadia, Bargagna Barbara, Pistelli Sonia, Tassinari Deborah, Pieroni Rosalba, Nuti Cecilia, Gonforti Mirella, Dinucci Manlio, Baldari Adriana, Martinelli Carla, Taccini Adriana, Corrado Anna, Cavalli Aldo, Cerbai Guido, Baldacci Elisa, Lazzerini Giovanni, Nevi Lucia, Della Bartola Giovanni, Niccolai Roberta, Giomi Daniela, Molino Lucia, Ponzini Lucia, Villanti Provvidenza, tutti rappresentati e difesi dagli avv.ti Giancarlo Altavilla e Carmelo D'Antone, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Andrea Cuccurullo in Firenze, Lungarno A. Vespucci 20;
contro
Ministero per le Attivita' Produttive, Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio, Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Ministero della Salute, Ministero della Difesa, Ministero dell'Interno, Stato Maggiore della Difesa, Capitaneria di Porto di Livorno, Registro Italiano Navale, Agenzia delle Dogane - Roma, Agenzia delle Dogane - Direzione Regione Toscana, Agenzia delle Dogane - U.T.F. Livorno, Comando Dipart. Militare Marittimo Alto Tirreno - La Spezia, tutti rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliata per legge in Firenze, Via degli Arazzieri 4;
Regione Toscana, rappresentata e difesa dall'avv. Lucia Bora, con domicilio eletto presso la sede dell’Avvocatura Regionale in Firenze, Piazza dell’Unita' Italiana 1;
Comune di Livorno, rappresentato e difeso dagli avv.ti Lucia Macchia e Paolo Macchia, con domicilio eletto presso la Segreteria del T.A.R. per la Toscana in Firenze, Via Ricasoli 40;
Comune di Pisa, rappresentato e difeso dagli avv.ti Giuseppina Gigliotti, Gloria Lazzeri e Susanna Caponi, con domicilio eletto in Pisa presso l’Ufficio Legale Comunale;
Provincia di Pisa, Provincia di Livorno, Comune di Collesalvetti, R.I.N.A. Industry S.p.A., Autorita' Portuale di Livorno, Comitato Tecnico Regionale c/o Ispet. Reg. Vigili del Fuoco;
nei confronti di
Olt Offshore LNG Toscana S.p.a., rappresentata e difesa dagli avv.ti Lorenzo Acquarone, Daniela Anselmi, Natale Giallongo ed Ilaria Pagni, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Natale Giallongo in Firenze, via Vittorio Alfieri 19;
per l'annullamento
del decreto del Ministero delle Attività Produttive 23 febbraio 2006, col quale la OLT Offshore LNG Toscana s.p.a. è stata autorizzata a costruire e ad esercitare un terminale di rigassificazione di gas naturale;
della deliberazione della Giunta regionale della Toscana 20 febbraio 2006, n. 105 (e di quelle in essa richiamate), con la quale è stato espresso l'assenso allo schema del decreto ministeriale suddetto;
degli atti tutti del procedimento che si è concluso con il decreto di autorizzazione alla costruzione del terminale di rigassificazione: tra questi, non esaustivamente, la deliberazione della Conferenze dei servizi 14 aprile 2005, ed ogni precedente verbale e decisione (parziale ovvero interlocutoria) della Conferenza medesima; le decisioni della Giunta regionale della Toscana 20 luglio 2004, nn. 28 e 696, aventi ad oggetto, rispettivamente, la valutazione integrata degli aspetti di livello strategico dei progetti "OLT" ed "EDISON", ed il parere ai fini della pronuncia di V.I.A. dell'Ambiente 15 dicembre 2004, col quale è stata pronunciata la valutazione di compatibilità ambientale del terminale di rigassificazione OLT.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dei Ministeri per le Attivita' Produttive, dell'Ambiente e della Tutela del Territorio, delle Infrastrutture e dei Trasporti, della Salute, della Difesa, dell'Interno;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dello Stato Maggiore della Difesa, della Capitaneria di Porto di Livorno, del Registro Italiano Navale, dell’Agenzia delle Dogane – Roma, dell’Agenzia delle Dogane - Direzione Regione Toscana, dell’Agenzia delle Dogane - U.T.F. Livorno, del Comando Dipart. Militare Marittimo Alto Tirreno - La Spezia;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione Toscana;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Livorno;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Pisa;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dellaOlt Offshore Lng Toscana S.p.a.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11/06/2008 il dott. Pierpaolo Grauso e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
Con ricorso notificato il 21 aprile – 15 maggio e depositato il 23 maggio 2006, Mario Martelli e gli altri litisconsorti in epigrafe, tutti cittadini pisani e livornesi, oltre che rappresentanti di associazioni ambientaliste nazionali, proponevano impugnazione avverso il decreto del 23 febbraio 2006, mediante il quale il Ministero delle Attività Produttive, di concerto con quello dell’Ambiente e d’intesa con la Regione Toscana, aveva autorizzato la Olt Offshore LNG S.p.a. a realizzare e gestire un terminale di rigassificazione di gas naturale liquefatto localizzato in mare, dodici miglia al largo del tratto di litorale toscano compreso tra Livorno e Marina di Pisa; il gravame era altresì esteso all’attività procedimentale pregressa e, segnatamente: alla delibera di Giunta Regionale n. 105 del 20 febbraio 2006, di assenso allo schema del decreto ministeriale autorizzativo; alle deliberazioni assunte in seno alle conferenze di servizi indette tra le varie amministrazioni centrali e locali interessate a seguito della presentazione del progetto di rigassificatore; alle decisioni della Giunta Regionale nn. 28 e 696 del 20 luglio 2004, la prima recante la valutazione integrata strategica del progetto presentato dalla società Olt e di altro progetto presentato dalla Edison S.p.a., la seconda il parere favorevole di V.I.A. sul progetto Olt; al decreto del Ministero dell’Ambiente 15 dicembre 2004, di compatibilità ambientale dell’impianto Olt.
I ricorrenti, rivendicata la propria legittimazione ad agire quali residenti nel territorio coinvolto dalla presenza del rigassificatore e, perciò, destinatari dei rischi per la salute e l’incolumità pubblica connessi a tale presenza, nonché rappresentanti di associazioni ambientaliste nazionali, in diritto si affidavano a cinque, complessi, motivi, e concludevano per l’annullamento degli atti e provvedimenti impugnati.
Per resistere alla domanda, si costituivano in giudizio gli enti intimati e la controinteressata.
La causa veniva discussa e trattenuta per la decisione alla pubblica udienza dell’11 giugno 2008, preceduta dal rituale deposito di documenti e memorie difensive.
DIRITTO
1. Come riferito in narrativa, l’impugnazione ha per oggetto principale il decreto del Ministero delle Attività Produttive in data 23 febbraio 2006, contenente l’autorizzazione unica rilasciata, ai sensi dell’art. 8 della legge n. 340/00, alla controinteressata Olt Offshore LNG Toscana S.p.a. (di seguito, Olt) per la realizzazione e gestione di un terminale galleggiante di rigassificazione di gas naturale liquido, costituito da una nave stabilmente ancorata in mare al largo della costa toscana tra Pisa e Livorno, e collegata a terra attraverso un gasdotto sottomarino. Sono altresì impugnati tutti gli atti della serie procedimentale che ha preceduto il rilascio dell’autorizzazione, e tra questi la delibera n. 105 del 20 febbraio 2006, con cui la Regione Toscana ha espresso la propria intesa sul decreto autorizzativo, nonché tutte le determinazioni assunte in conferenza di servizi dalle amministrazioni coinvolte nell’approvazione del progetto di rigassificatore presentato dalla Olt, e le pronunce ministeriali e regionali di compatibilità ambientale del progetto stesso.
1.1. In via pregiudiziale, sono sollevate una serie di eccezioni, le quali attengono in primo luogo all’invalidità delle procure alle liti apposte dai ricorrenti su fogli spillati all’atto introduttivo del giudizio, ed alla conseguente nullità di quest’ultimo. L’eccezione, proposta dalla difesa della controinteressata Olt, è infondata.
L'art. 83 co. 3 ultima parte c.p.c. stabilisce che la procura alle liti si considera apposta in calce anche se rilasciata su foglio separato che sia però congiunto materialmente all'atto cui si riferisce, e non si dubita che a tale facoltà possa farsi ricorso ogniqualvolta nelle pagine dell’atto giudiziale cui la procura accede non vi sia spazio sufficiente, ed occorra pertanto materialmente aggiungere un altro o altri fogli (cfr. Cons. Stato , Sez. VI, 20 luglio 2004, n. 5266). Nella specie, stante il numero elevato dei ricorrenti, è indiscutibile che lo spazio rimasto libero in calce all’ultimo foglio del ricorso introduttivo non potesse contenere il testo dei mandati difensivi con le relative sottoscrizioni ed autentiche, giustificandosi pertanto la redazione dei mandati stessi su più fogli separati congiunti al ricorso mediante spillatura; né, per inciso, alcuna irregolarità discende dalla generalizzata mancanza di data delle procure in questione, le quali, precedendo le relate dell’Ufficiale Giudiziario, debbono logicamente presumersi anteriori, o quantomeno coeve, alla notificazione del ricorso.
1.2. Sono inoltre eccepite la tardività del gravame e, comunque, la sua inammissibilità per difetto di interesse. Neppure tali eccezioni meritano accoglimento.
Quanto alla pretesa tardività, dagli atti del giudizio risulta che la prima notificazione del ricorso introduttivo nei confronti della controinteressata è stata eseguita il 21 aprile 2006 a mezzo del servizio postale, con esito negativo (l’atto non è stato recapitato per irreperibilità del destinatario all’indirizzo indicato). La notificazione è stata quindi ripetuta a mani il 15 maggio 2006 presso il medesimo indirizzo, stavolta con successo, e non vi sono elementi per affermare che essa sia stata intempestiva: è noto che, al fine del decorso del termine d' impugnazione, la piena conoscenza dell'attività amministrativa e della sua lesività non possono essere affermate in via presuntiva, ma debbono formare oggetto di prova rigorosa da parte di chi eccepisce la tardività del gravame (da ultimo, cfr. Cons. Stato, sez. IV, 15 maggio 2008, n. 2236); prova che la controinteressata non ha fornito né è altrimenti desumibile dagli atti a disposizione, posto che i ricorrenti non sono destinatari di comunicazione diretta del provvedimento, e che di quest’ultimo neppure consta la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
1.3. Sulla scorta dei principi costantemente affermati in giurisprudenza, non può poi essere disconosciuto l’interesse individuale all’impugnazione di chi, come gli odierni ricorrenti, risiede in prossimità del sito individuato per la realizzazione del rigassificatore, rivestendo perciò una posizione differenziata e qualificata in virtù dello stabile collegamento con l’area interessata e dei potenziali rischi ambientali legati alle caratteristiche tecnico-dimensionali dell’impianto (il progetto prevede l’eventuale raddoppio della già cospicua capacità iniziale di rigassificazione, stimata in non meno di 3,5 miliardi di metri cubi di gas) ed, evidentemente, alla natura stessa delle sostanze ivi trattate. Alla stregua del criterio della vicinanza alla fonte della lesione paventata, ed a prescindere dalla specifica prova del danno, le temute ripercussioni sul territorio circostante legittimano dunque la proposizione dell’azione nella misura in cui le censure svolte tendono a far valere, come i ricorrenti stessi si premurano di precisare, l’insufficienza dell’attività istruttoria espletata dalle amministrazioni intimate in relazione alle esigenze di adeguata raccolta e ponderazione degli interessi ambientali, ecologici, paesaggistici implicati nell’”iter” autorizzatorio di cui si discute (per tutte, cfr. Cons. Stato, sez. VI, 15 ottobre 2001, n. 5411).
Deve invece essere negata la legittimazione ad agire in capo ai soggetti collettivi “Medicina Democratica” e “Forum Ambientalista”, dei quali si ignorano i fini statutari, il grado di rappresentatività e stabilità, l’ambito operativo di riferimento, risultando con ciò precluso l’indispensabile accertamento in concreto circa l’attitudine di tali enti a farsi portatori in giudizio delle rivendicate istanze di tutela dell’ambiente (né a fondare la legittimazione è sufficiente lo scopo associativo dichiarato, che in definitiva si risolva nella stessa finalità di proporre l'azione giurisdizionale, cfr. Cons. Stato, sez. VI, 5 dicembre 2002, n. 6657).
2. Data l’infondatezza (eccetto per i due soggetti collettivi sopra indicati) delle eccezioni pregiudiziali, l’analisi deve essere indirizzata al merito della controversia.
Con il primo motivo, è dedotta l’illegittimità degli atti impugnati per violazione e falsa applicazione dell’art. 8 della legge n. 340/00, dell’art. 3 della legge regionale toscana n. 39/05, dell’art. 1 della legge n. 239/04 e degli artt. 23 e segg. Del D.Lgs. n. 112/98, nonché per eccesso di potere sotto i profili del difetto dei presupposti, del difetto di istruttoria, del travisamento dei fatti, e dell’incompetenza.
Innanzitutto, i ricorrenti contestano che la proposta progettuale presentata dalla Olt potesse venire istruita secondo il procedimento semplificato di cui all’art. 8 l. 340/00 cit., disposizione specificamente dettata per l’allocazione di rigassificatori presso siti industriali, mentre il progetto Olt si riferisce ad un impianto ubicato in mare; inoltre, la procedura semplificata non sarebbe stata preceduta dal necessario nulla osta del Ministero dell’Ambiente. Ancora, in forza del mutato assetto delle competenze dovuto alla riforma del titolo V della Costituzione, ed ai sensi della legislazione regionale in materia, l’intesa sul decreto ministeriale di autorizzazione avrebbe dovuto essere pronunciata dalle Provincie di Pisa e Livorno, e non dalla Regione Toscana, dovendosi peraltro considerare che – a seguito della liberalizzazione del settore energetico – l’intera procedura avrebbe dovuto rimanere sotto il dominio delle stesse amministrazioni provinciali, nella materia essendo oramai venute meno le competenze dello Stato.
Con il secondo motivo, la censura di violazione dell’art. 8 della legge n. 340/00 è ribadita, in una con quella di eccesso di potere, in relazione alla violazione delle norme che regolano il funzionamento della conferenza di servizi. Assumono infatti i ricorrenti che, pur in presenza di un dissenso esplicito e qualificato da parte del Ministero dell’Ambiente, della Provincia e del Comune di Pisa, la determinazione conclusiva della conferenza, favorevole all’approvazione del progetto, sarebbe stata adottata a maggioranza, anziché mediante rimessione all’autorità superiore, ed in assenza di qualsivoglia motivazione circa il contenuto delle posizioni dissenzienti; la conferenza, al pari del decreto ministeriale autorizzativo, non avrebbe poi tenuto in alcun conto l’intesa raggiunta fra Regione, Province e Comuni di Pisa e Livorno, e Comune di Collesalvetti in ordine alla ricerca di una soluzione condivisa al problema di rivedere la localizzazione dell’impianto attraverso il suo spostamento verso sud. I lavori della conferenza sarebbero altresì illegittimi a cagione del mancato coinvolgimento dell’Ente Parco regionale di Migliarino, San Rossore e Massaciuccoli e dell’Autorità per l’energia elettrica ed il gas.
Per ragioni di connessione, i due motivi saranno esaminati congiuntamente.
2.1. L’art. 1 della legge n. 239/04, recante principi fondamentali in materia energetica ai sensi dell'articolo 117 co. 3 Cost., prevede al comma 2 lett. a) che le attività di produzione, importazione, esportazione, stoccaggio non in sotterraneo anche di oli minerali, acquisto e vendita di energia ai clienti idonei, nonché di trasformazione delle materie fonti di energia sono libere su tutto il territorio nazionale, nel rispetto degli obblighi di servizio pubblico derivanti dalla normativa comunitaria e dalla legislazione vigente. La liberalizzazione dell’attività di produzione e trasformazione delle materie fonti di energia non equivale tuttavia, contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti, a liberalizzazione dell’attività di costruzione e gestione dei relativi impianti, la quale rimane soggetta al vigente regime autorizzatorio, come si evince dallo stesso art. 1 della legge n. 239/04 con specifico riferimento agli impianti di rigassificazione: per ciò che interessa ai fini di causa, la norma in esame presuppone infatti, e fa salva, la sopravvivenza della procedura semplificata di cui all’art. 8 della legge n. 340/00, che sottopone ad autorizzazione ministeriale – d’intesa con la Regione interessata – l'uso o il riutilizzo di siti industriali per l'installazione di rigassificatori di gas naturale liquido destinati al miglioramento del quadro di approvvigionamento strategico dell'energia, della sicurezza e dell'affidabilità del sistema, nonché della flessibilità e della diversificazione dell'offerta (viene in considerazione in particolare il comma 60 dell’art. 1 cit., che estende alla realizzazione e al potenziamento di terminali di rigassificazione di gas naturale liquefatto, ivi comprese le opere connesse, la procedura di valutazione di impatto ambientale, fatte espressamente salve le disposizioni di cui alla legge n. 443/01 e all'articolo 8 n. 340/00).
La procedura “ex” art. 8 cit. rappresenta peraltro un’eccezione alla disciplina contenuta nella legge n. 9/91 e nel relativo regolamento di attuazione (D.P.R. n. 420/94), secondo cui la costruzione e la gestione di nuovi stabilimenti per la lavorazione di oli minerali e nuove installazioni di gas naturale liquefatto sono soggetti a concessione, e che, non risultando abrogata dalla legge n. 239/04, deve ritenersi ancora applicabile alla costruzione di impianti di rigassificazione che non prevedano l’uso o il riuso di siti industriali, salve le precisazioni che verranno fatte di seguito a proposito del nuovo assetto del riparto di competenze fra Stato, Regioni e Province.
Tra le fonti ancora vigenti di livello statale che confermano l’esistenza di un regime autorizzativo della costruzione degli impianti di rigassificazione giova ricordare anche il D.Lgs. n. 164/00, che, pur avendo liberalizzato le attività di importazione, esportazione, trasporto e dispacciamento, distribuzione e vendita di gas naturale, in qualunque sua forma e comunque utilizzato, all’art. 29 onera comunque le amministrazioni centrali e periferiche di adottare criteri e procedure obiettivi e non discriminatori ogniqualvolta per l'esercizio di una o più delle attività di importazione, esportazione, trasporto, dispacciamento, stoccaggio, distribuzione, acquisto o vendita di gas naturale, o per la costruzione e l'esercizio dei relativi impianti sia prevista una autorizzazione, una concessione, una licenza, o una approvazione comunque denominata. Trattandosi di impianto da costruire in mare, non vanno poi dimenticati i profili concessori attinenti all’uso del bene demaniale, che, in quanto finalizzato all’approvvigionamento di fonti di energia, ricade pur sempre fra i compiti e le funzioni amministrative riservati alla competenza statale prima dall’art. 104 co. 1 lett. pp) del D.Lgs. n. 112/98, ed oggi dall’art. 1 co. 7 lett. l) della più volte citata legge n. 239/04.
Che la costruzione di impianti di rigassificazione non costituisca attività libera neppure all’indomani della riforma del titolo V della Costituzione è testimoniato, del resto, dalla stessa legge regionale toscana n. 39/05 invocata dai ricorrenti a sostegno del proprio assunto, la quale, se da un lato all’art. 11 sottopone alla propria autorizzazione la costruzione e l’esercizio di oleodotti e gasdotti, di impianti di stoccaggio di idrocarburi di capacità superiore a 25 metri cubi e di impianti per la lavorazione e trasformazione di idrocarburi (tale è il gas naturale liquido), al precedente art. 4 co. 4 riconosce l’esistenza di opere ed infrastrutture energetiche la cui autorizzazione è riservata allo Stato, ed in ordine alle quali prevede il rilascio di un atto di intesa regionale, garantendo altresì la partecipazione degli enti locali interessati nel processo decisionale (correlativamente, l’art. 42 della l.r. n. 39/05 non elenca, fra le norme statali da disapplicare, alcuna di quelle che si sono sopra richiamate).
Ricostruite in tal modo le indispensabili coordinate normative, l’avvio del procedimento promosso dalla controinteressata Olt per l’approvazione del progetto di rigassificatore “offshore” risale al mese di ottobre del 2002, ed è pertanto alla luce della disciplina vigente a quell’epoca che deve essere valutata la scelta di dare seguito alla procedura semplificata prevista dall’art. 8 l. 340/00, salvo in seguito verificare l’immediata applicabilità della legislazione regionale sopravvenuta nella pendenza del procedimento. Il tutto tenendo presente che i ricorrenti sono legittimati a dolersi delle eventuali violazioni procedimentali non in quanto tali, ma a condizione che esse si siano effettivamente risolte in una compromissione di quegli interessi – salubrità e sicurezza dell’ambiente di vita – dei quali i ricorrenti medesimi sono portatori nel presente giudizio.
2.2. L’art. 8 della legge n. 340/00 stabilisce, al primo comma, che l'uso o il riutilizzo di siti industriali per l'installazione di impianti destinati al miglioramento del quadro di approvvigionamento strategico dell'energia, della sicurezza e dell'affidabilità del sistema, nonché della flessibilità e della diversificazione dell'offerta, è soggetto ad autorizzazione del Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato (poi il Ministero delle Attività Produttive), di concerto con il Ministero dell'ambiente e d'intesa con la regione interessata; ai fini della procedura in questione, per impianti si intendono i rigassificatori di gas naturale liquido. La norma prevede che il procedimento si svolga in conferenza di servizi, richiede l’acquisizione del nulla osta ministeriale di impatto ambientale, e dispone che qualora l'esito della conferenza di servizi comporti la variazione dello strumento urbanistico, la determinazione costituisce proposta di variante sulla quale si pronuncia definitivamente entro novanta giorni il consiglio comunale; decorso inutilmente tale termine, la determinazione della conferenza di servizi equivale ad approvazione della variazione dello strumento urbanistico.
Tanto premesso, è in atti che, nella prima riunione della conferenza di servizi convocata per l’esame del progetto presentato dalla Olt S.p.a., tenutasi il 17 dicembre 2002, il rappresentante del Ministero dell’Ambiente manifestava perplessità circa la possibilità di applicare la procedura dell’autorizzazione unica, in relazione al tipo ed alla ubicazione dell’impianto. Di contro, il rappresentante del Ministero delle Attività Produttive osservava come almeno una parte dell’impianto ricadesse in area industriale in terraferma, e come lo strumento della conferenza di servizi fosse comunque utilizzabile per l’acquisizione dei vari pareri e nulla osta; in senso favorevole alla scelta procedurale così delineata si pronunciava la Regione Toscana. Il procedimento dunque proseguiva nella direzione impressa dal Ministero delle Attività Produttive, ed ai fini dell’autorizzazione unica venivano via via acquisiti: il nulla osta alla costruzione ed esercizio dell’impianto, con prescrizioni, espresso in data 12 febbraio 2003 dal Comando della 1^ Regione Aerea; il nulla osta al rilascio della concessione demaniale e l’autorizzazione “ex” art. 19 D.Lgs. n. 374/90 alla costruzione del terminale galleggiante ad opera della Circoscrizione doganale di Livorno, in data 28 maggio 2003; il nulla osta, per gli aspetti demaniali di competenza, del Comando RFC regionale Toscana, in data 14 luglio 2003; il nulla osta di fattibilità, con prescrizioni, rilasciato il 5 novembre 2003 dall’Ispettorato regionale della Toscana all’esito dell’istruttoria relativa all’esame del rapporto preliminare di sicurezza del terminale galleggiante; il parere favorevole, con prescrizioni, della Commissione centrale controllo armi, del 13 novembre 2003; il parere favorevole del comitato di pilotaggio nazionale in merito alla compatibilità ambientale dell’opera con il santuario dei mammiferi marini del Mediterraneo, del 25 novembre 2003; il parere di compatibilità ambientale, con prescrizioni, espresso in data 15 dicembre 2004 dal Ministero dell’Ambiente, di concerto con quello per i Beni e le Attività culturali e previo parere favorevole della Regione Toscana, ai sensi dell’art. 6 della legge n. 349/86, come richiamata dall’art. 1 della legge n. 220/92 in materia di costruzione di terminali per il carico e lo scarico di idrocarburi e di sostanze pericolose; la formale accettazione da parte della Olt delle prescrizioni contenute nella predetta valutazione di impatto ambientale, con nota del 13 gennaio 2005; il nulla osta della Direzione generale per le infrastrutture della navigazione marittime e interna del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti in data 14 febbraio 2005; il nulla osta della Direzione per la protezione della natura del Ministero dell’Ambiente in data 28 febbraio 2005; il parere favorevole dell’Agenzia delle Dogane in relazione agli aspetti fiscali e doganali, espresso nella conferenza di servizi del 14 aprile 2005.
Come emerge dalla ricostruzione che precede, l’”iter” procedimentale concretamente seguito per l’approvazione del progetto Olt ha di fatto ripercorso tutti i passaggi previsti dal procedimento disciplinato dalla legge n. 9/91, con particolare riferimento all’acquisizione della valutazione di impatto ambientale (che assorbe ogni nulla osta del Ministero dell’Ambiente), e dei pareri prescritti dall’art. 4 del D.P.R. n. 420/94, ivi compresi quelli dei Comuni di Pisa, Livorno e Collesalvetti, benché non rilevanti ai fini della conformità dell’impianto alle previsioni urbanistiche (sull’intervento nella procedura delle amministrazioni comunali e provinciali interessate si tornerà più avanti). Quanto alla mancata convocazione dell’Ente Parco di Migliarino, San Rossore e Massaciuccoli, i ricorrenti non hanno fornito alcun elemento obiettivo al fine di dimostrare l’interferenza dell’impianto con il territorio del parco, interferenza che è esplicitamente contestata dalle controparti; quanto invece al mancato coinvolgimento dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas, essa è priva di competenze specifiche nella materia, mentre in relazione alle competenze statali di cui all’art. 1 co. 7 della legge n. 239/04, l’intervento dell’Autorità – in funzione ausiliaria, ai sensi della medesima disposizione appena citata – può senz’altro considerarsi assorbito dalla presenza dei diversi Ministeri.
In altri termini, anche a voler ritenere che alla fattispecie non fosse applicabile la procedura di cui all’art. 8 l. 340/00 (come pare corretto affermare, atteso che il progetto Olt non prevede l’utilizzo o il riutilizzo di un sito industriale preesistente), nondimeno deve riconoscersi che la qualificazione normativa astratta adoperata dalle amministrazioni procedenti sia rimasta sul piano delle mere affermazioni di principio: il procedimento risulta infatti essersi svolto nel rispetto di tutti gli snodi istruttori previsti dalla procedura “ordinaria” per il rilascio della concessione di costruzione ed esercizio dell’impianto, senza che alcuna deviazione da tale schema sia ascrivibile al ricorso alla conferenza di servizi, modulo procedimentale ad applicazione generalizzata che non determina o implica alcuno spostamento o compromissione delle rispettive competenze.
2.3. Una volta accertato che l’adozione di un modello (nella pratica solo asseritamente) semplificato non ha costituito, da parte delle amministrazioni intimate, il pretesto formale per sottrarsi alla compiuta ponderazione di tutti gli interessi in gioco, resta da concludere il discorso intorno ai prospettati riflessi della sopravvenuta legislazione regionale sulla competenza ministeriale all’emanazione del provvedimento autorizzatorio impugnato in principalità.
La legge regionale n. 39/05, approvata nella pendenza del procedimento di cui è causa, sottopone ad autorizzazione unica di competenza regionale o provinciale la costruzione e l’esercizio di impianti di lavorazione e trasformazione di idrocarburi: tale disciplina è dichiaratamente applicativa dell'articolo 117 co. 3 e 4 Cost. e della legge n. 239/04, la quale ultima, lo si ricorda, riserva allo Stato i compiti e le funzioni amministrative in materia di utilizzazione del pubblico demanio marittimo e di zone del mare territoriale per finalità di approvvigionamento di fonti di energia.
Dovendosi pervenire ad un adeguato coordinamento sistematico delle fonti, rispettoso del riparto di competenze sancito dagli artt. 117 e 118 Cost., due esiti interpretativi possono essere ipotizzati. Da un lato, appare infatti possibile sostenere che dall’ambito applicativo della legge regionale esulino gli impianti di rigassificazione “offshore”, la competenza provinciale sancita dall’art. 3 co. 2 della legge regionale n. 39/05 dovendosi intendere interamente assorbita dalla evidenziata riserva di competenze statali in materia di utilizzo del mare (riserva che, altrimenti opinando, rimarrebbe grandemente svuotata di significato); con il che, la tesi dei ricorrenti circa la presunta incompetenza ministeriale sarebbe da respingere in radice.
Ove, al contrario, volesse intendersi la competenza statale non preclusiva del potere di autorizzazione riconosciuto alla Provincia dalla legge n. 39/05, dovrebbe concludersi per l’esistenza della situazione sopravvenuta di concorrenza di poteri prospettata dai ricorrenti: statali relativamente alla soddisfazione degli interessi pubblici connessi all’uso del demanio marittimo per finalità energetiche, provinciali relativamente alla costruzione ed esercizio dell’impianto anche nelle zone di mare territoriale prospicienti il tratto di costa ricadente nei confini provinciali (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 21 settembre 2006, n. 5547, in tema di esercizio dei poteri urbanistico-edilizi del Comune su opere realizzate in mare). Ciò posto, giova a questo punto ricordare che la posizione legittimante azionata nel presente giudizio dipende dalla proposizione di censure che, qualora accolte, producano un’utilità correlata con l’interesse alla tutela della salubrità dell’ambiente, innescando una riedizione dell’azione amministrativa implicante la rivalutazione del profilo ambientale: ma, se così è, nessuna utilità deriverebbe ai ricorrenti da un accoglimento motivato in ordine al dedotto vizio di incompetenza del Ministero dello Attività Produttive, atteso che la sopravvenuta competenza della Provincia in nessun caso potrebbe ripercuotersi sulle fasi procedimentali implicanti valutazioni di carattere ambientale, cioè quelle della VIA e del nulla osta di fattibilità, autonomamente definite in epoca anteriore all’entrata in vigore della legge regionale n. 39/05 e, come tali, non più tangibili dallo “jus superveniens”. Riguardata in questa ottica, la domanda, se non infondata, sarebbe comunque inammissibile.
2.4. Nemmeno ha pregio il mezzo di gravame attinente alla mancata rimessione degli atti al Consiglio dei Ministri a seguito del dissenso manifestato dal Ministero dell’Ambiente nella conferenza di servizi, da cui la denunciata violazione dell’art. 14-quater co. 3 della legge n. 241/90, oltre che del comma quinto dello stesso art. 8 legge n. 340/00.
Dal verbale della conferenza di servizi del 14 aprile 2005, risulta che il rappresentante del Ministero dell’Ambiente aveva proposto di differire l’assunzione di atti definitivi, in attesa delle determinazioni da assumere nel parallelo procedimento relativo ad altro progetto di rigassificatore, presentato dalla società Edison; la proposta, tradotta in una richiesta di sospensione cui avevano aderito il Comune e la Provincia di Pisa, era stata respinta a seguito di votazione tra i presenti. Il verbale attesta quindi l’acquisizione definitiva dei pareri e la valutazione positiva del progetto Olt espressa dalla maggioranza delle amministrazioni convenute. In prima battuta, va precisato che la proposta di “sospensione” formulata dal Ministero dell’Ambiente, ed appoggiata da Comune e Provincia di Pisa, più che una manifestazione di dissenso sulla determinazione conclusiva della conferenza, costituisce bensì una mozione d’ordine circa il futuro svolgimento dei lavori della conferenza, ai sensi dell’art. 14-ter co. 1 della legge n. 241/90 come modificato dalla legge n. 15/05; comunque la si voglia qualificare, non può peraltro non tenersi conto della posizione successivamente assunta dal Ministero, il quale, prestando il concerto sul decreto di autorizzazione, mostra di aver superato ogni eventuale dissenso precedentemente espresso.
Non dissimile è la posizione del Comune e della Provincia di Pisa, in ordine alla quale parimenti rilevano i comportamenti e gli atti successivi alla conferenza del 14 aprile 2005. I due enti avevano in effetti preannunciato, in quella sede, la propria intenzione di esprimere parere negativo sul progetto nell’eventualità, poi verificatasi, di una mancata sospensione del procedimento; e la stessa Regione Toscana aveva condizionato il proprio parere favorevole al raggiungimento di un accordo con gli altri enti locali. Ma poiché le perplessità manifestate non attenevano ad aspetti ambientali, quanto ai possibili influssi negativi dell’impianto di rigassificazione sui settori della nautica da diporto e della pesca, nonché sulle prospettive turistiche del litorale e sul buon esito degli investimenti all’uopo sostenuti, va intanto esclusa la sussistenza dei presupposti per il rinvio della decisione alla Conferenza unificata di cui all’art. 8 D.Lgs. n. 281/97, come previsto dall’art. 14-ter co. 3 l. 241/90.
Si consideri poi che il 5 settembre 2005, quando ancora la determinazione conclusiva del procedimento non era stata adottata dal Ministero delle Attività Produttive, la Regione Toscana, le Province di Livorno e Pisa, i Comuni di Livorno, Pisa e Collesalvetti, hanno concluso un documento d’intesa sulla valutazione del progetto Olt, sottoscrivendo il quale gli enti firmatari concordavano di richiedere alla Olt una proposta di correzione del luogo di ancoraggio del terminale “offshore”, nonché uno studio di fattibilità delle opere di completamento dell’infrastruttura denominata “Incile di collegamento tra il Canale dei Navicelli ed il fiume Arno”, e la Regione si riservava solo all’esito l’adozione degli atti di propria competenza (il rilascio dell’intesa sull’autorizzazione chiesta da Olt). Successivamente, il 19 settembre 2005, Olt, Comune e Provincia di Pisa hanno stipulato un accordo (poi riversato nella convenzione del 26 settembre 2005) in forza del quale la prima si è impegnata a correggere, in fase di progettazione esecutiva, il punto di ancoraggio del rigassificatore, all’interno dell’area di sversamento dei fanghi di dragaggio del porto di Livorno e nella misura massima consentita dalla pronuncia di VIA già assentita e compatibilmente con le determinazioni della conferenza di servizi; e si è impegnata altresì a realizzare le opere di completamento dell’”Incile”, e a non dare avvio ai lavori di realizzazione del terminale galleggiante se non dopo la presentazione del progetto esecutivo dell’infrastruttura e contestualmente a quelli di costruzione dell’”Incile”. Nel medesimo accordo, il Comune e la Provincia di Pisa si sono impegnati a propria volta a rinunciare al ricorso promosso dinanzi al T.A.R. del Lazio per l’annullamento delle determinazioni assunte dalla conferenza di servizi del 14 aprile 2005 nel caso di corretta ottemperanza di Olt agli impegni assunti.
Di tali eventi sopravvenuti non poteva non tenere conto la determinazione conclusiva del procedimento, assunta il 15 dicembre 2005, la quale, pur ripetendo pedissequamente la clausola legislativa delle “posizioni prevalenti” contenuta nell’art. 14-ter co. 6-bis l. 241/90, in realtà è intervenuta quando i dissensi manifestati in conferenza avevano oramai perduto ogni attualità per effetto delle iniziative e degli accordi di cui si è riferito, che ne avevano determinato il superamento con reciproca soddisfazione di tutte le parti. Né può legittimamente sostenersi che detta determinazione conclusiva presenti le carenze motivazionali dedotte dai ricorrenti, i quali trascurano di considerare che, alla luce delle sopravvenienze, la posizione da principio negativa del Comune e della Provincia di Pisa doveva considerarsi superata, aprendosi così la strada alla pronuncia dell’intesa regionale.
Relativamente all’autorizzazione ministeriale del 23 febbraio 2006, se il rinvio alla determinazione conclusiva del procedimento sarebbe di per sé sufficiente ad integrarne la motivazione ed a farvi in tal modo rientrare tutte le condizioni ritenute irrinunciabili per la realizzazione del rigassificatore, basti in ogni caso osservare che essa prevede espressamente la localizzazione del rigassificatore proprio all’interno dell’area individuata dall’accordo del 19 settembre 2005, rispettando così le manifestazioni di volontà espresse dagli enti inizialmente dissenzienti.
Va, infine, escluso che la cospicua durata complessiva del procedimento possa rappresentare in assoluto un sintomo di irragionevolezza dell’azione amministrativa, le esigenze di celerità apparendo recessive dinanzi alla complessità dell’impianto da realizzare ed alla opportunità di perseguire la migliore intesa possibile fra tutti i soggetti coinvolti, anche nell’interesse delle popolazioni rappresentate dagli enti locali esponenziali.
3. Con il terzo motivo sono denunciate, “sub specie” di violazione e falsa applicazione dell’art. 1 co. 7 della legge n. 239/04 e di eccesso di potere sotto vari profili, la superficialità dell’istruttoria amministrativa e l’erroneità dei suoi risultati. Il progetto Olt sarebbe privo del piano di emergenza interno ed esterno richiesto dal D.Lgs. n. 334/99, oltre che della documentazione finanziaria relativa ai costi di realizzazione e di gestione, e la sua approvazione non sarebbe stata preceduta da idonea valutazione circa la effettiva necessità del rigassificatore nel quadro globale delle scelte e della pianificazione energetica nazionali. Le stesse indicazioni del Ministero delle Attività Produttive in ordine all’utilità di valutare in senso programmatico il progetto della Olt sarebbero state disattese, e l’autorizzazione sarebbe stata concessa sulla base di dati approssimativi e contraddittori.
Il motivo è infondato.
Il D.Lgs. n. 334/99, la cui applicabilità all’impianto Olt è pacifica fra le parti, prevede all’art. 9 che chiunque intende realizzare uno stabilimento in cui siano presenti sostanze pericolose, prima di dare inizio alla costruzione degli impianti, oltre a tutte le autorizzazioni previste dalla legislazione vigente, deve ottenere il nulla osta di fattibilità di cui al successivo articolo 21 co. 3, e a tal fine, fa pervenire all'autorità competente un rapporto preliminare di sicurezza; al secondo comma la norma statuisce che, prima di dare inizio all'attività, il gestore, al fine di ottenere il parere tecnico conclusivo, presenta alla medesima autorità il rapporto di sicurezza, integrando eventualmente quello preliminare. Condizione per la costruzione degli impianti è, come si vede, il solo rilascio del nulla osta di fattibilità, regolarmente rilasciato alla controinteressata Olt il 5 novembre 2003 dal Dipartimento dei Vigili del Fuoco – Direzione Regionale Toscana – Firenze con una serie di prescrizioni, fra cui (n. 4) quella relativa alla predisposizione di una specifica pianificazione dell’emergenza: tale pianificazione di emergenza accede al rapporto definitivo di sicurezza relativo al progetto particolareggiato che costituisce invece condizione per l’avvio dell’attività, come chiaramente si evince dal citato art. 9 co. 2 del D.Lgs. n. 334/99, nonché dal successivo art. 21 co. 3 ult. parte, secondo cui il Comitato che presiede alla valutazione, esaminato il rapporto definitivo di sicurezza, esprime il parere tecnico conclusivo e, qualora le misure che il gestore intende adottare per la prevenzione e la riduzione di incidenti rilevanti risultino nettamente inadeguate ovvero non siano state fornite le informazioni richieste, è vietato l’inizio dell’attività; e dall’art. 20 co. 1 dello stesso decreto, che, in relazione alla predisposizione del piano di emergenza esterno, presuppone come già avvenuta quella del piano di emergenza interno, avendo ancora una volta come punto di riferimento l’inizio dell’attività, e non della costruzione.
3.1. In senso contrario alla presunta carenza di un’adeguata valutazione dell’utilità del rigassificatore nel quadro della programmazione energetica nazionale, depongono le considerazioni rassegnate dal Ministero delle Attività Produttive nella conferenza di servizi del 14 aprile 2005, ove – messa in luce la necessità di avviare celermente la realizzazione di nuove infrastrutture di approvvigionamento di gas naturale liquido, la cui domanda sul mercato nazionale è in costante aumento – si evidenziava come non fossero ancora neppure iniziati i lavori degli unici due terminali già autorizzati, e come di tutte le altre iniziative avviate solo per quella di Olt la procedura autorizzativa fosse in dirittura di arrivo, a fronte di un fabbisogno in crescita tale da giustificare ampio spazio per progetti di terminali di rigassificazione in Italia.
Ulteriori valutazioni di tipo strategico sono poi contenute nel decreto di autorizzazione del 23 febbraio 2006, nel quale è ribadita la necessità di favorire la realizzazione del maggior numero possibile di rigassificatori, tenuto conto: della costante crescita della domanda nazionale di gas e del grado di quasi saturazione delle infrastrutture di approvvigionamento esistenti; dell’esigenza di diversificare le fonti dell’approvvigionamento anche in considerazione dei problemi con alcuni produttori internazionali; dell’opportunità di dare vita ad un eccesso strutturale dell’offerta di gas sul mercato nazionale, in modo da promuovere lo sviluppo di meccanismi concorrenziali e, in prospettiva futura, di trasformare l’Italia da centro di mero consumo a via di transito del gas verso i mercati centroeuropei e conseguire così vantaggi competitivi per il nostro paese; di consentire attraverso l’uso del gas naturale una riduzione delle emissioni in atmosfera e facilitare il raggiungimento degli obiettivi previsti dal protocollo di Kyoto e dalle direttive europee sul miglioramento della qualità dell’aria.
Se, a questo, si aggiungono le valutazioni programmatiche contenute altresì nel decreto ministeriale di VIA del 15 dicembre 2004 e soprattutto, con dovizia di argomenti e documentazione, nel “documento conclusivo” della valutazione integrata condotta dalla Regione Toscana e oggetto della decisione n. 28 del 20 luglio 2004, le scarne notizie ed isolate giornalistiche che i ricorrenti allegano non possono, in assenza di elementi obiettivi a riscontro e supporto, rappresentare un valido indicatore di superficialità e manifesta irragionevolezza dell’azione amministrativa, e, con essa, del dedotto difetto di istruttoria, a maggior ragione considerato che si tratta di notizie le quali insistono su di un fenomeno – il prefigurato eccesso dell’offerta di gas naturale – che invece le amministrazioni procedenti in qualche misura auspicano e giustificano proprio nella prospettiva del perseguimento di obiettivi strategici.
4. Con il quarto motivo, i ricorrenti deducono la violazione e falsa applicazione del D.M. 3 maggio 1984, recante la disciplina degli allibi di oli minerali e di gas compressi e liquefatti, la quale conterrebbe un divieto relativo al gas naturale liquido.
La censura non può tuttavia essere accolta alla luce delle modifiche apportate alla disciplina in questione dal D.M. 6 febbraio 2006, anteriore al rilascio dell’autorizzazione in favore della controinteressata, il quale ha incluso il metano (principale componente del gas naturale) tra i prodotti per i quali è consentito il trasferimento da una nave all’altra senza necessità di specifica richiesta. In generale, non va poi dimenticato che il rigassificatore progettato dalla Olt è sì costituito da una nave, la quale, essendo stabilmente ancorata al fondo marino, perde la principale caratteristica del mezzo di trasporto, vale a dire la mobilità da un luogo all’altro, per assumere la diversa funzione dell’impianto fisso di immagazzinamento e trasformazione del gas liquefatto, come tale soggetto alla disciplina degli impianti a rischio dettata dal D.Lgs. n. 334/99; per conseguenza il ricorso all’analogia, che vale per estendere ad un impianto siffatto alcune delle norme in materia di trasferimento di gas tra navi (allibo in senso tecnico), non si attaglia a quelle disposizioni – come l’art. 23 del citato D.M. 3 maggio 1984, invocato dai ricorrenti – che presuppongono la destinazione attuale della nave al trasporto delle merci. Tale destinazione manca del tutto per la nave sulla quale è realizzato il rigassificatore, trasformata in piattaforma “offshore” capace di ruotare intorno al proprio asse, ma non di spostarsi: per questo, l’autorizzazione all’allibo non può rappresentare una condizione per l’esercizio del rigassificatore, che per questo aspetto è assimilabile ad una struttura stabile, fermo restando che detta autorizzazione dovrà di volta in volta essere ottenuta dalle navi gasiere dirette all’impianto per l’approvvigionamento (si vedano al riguardo le disposizioni contenute nel D.M. 2 agosto 2007, che ha sostituito, abrogandolo, il D.M. 3 maggio 1984).
4.1. I ricorrenti sostengono altresì che, non possedendo alcun titolo di disponibilità dello specchio d’acqua da trasformare in sito industriale, la controinteressata neppure sarebbe stata legittimata a richiedere l’autorizzazione per l’esercizio del terminale.
Il motivo è fondato per quanto di ragione.
Si è già osservato, e deve essere ribadito, che il progetto Olt non prevede l’utilizzo o il riutilizzo di un sito industriale preesistente, ma la realizzazione di un impianto di rigassificazione galleggiante, posizionato in mare, il che induce ad escluderne l’inquadramento nella previsione dell’art. 8 della legge n. 340/00 ai fini della semplificazione procedurale ivi prevista: i referenti normativi applicabili alla fattispecie vanno piuttosto rinvenuti nella disciplina generale posta dalla legge n. 9/91 per i nuovi stabilimenti per la lavorazione di oli minerali e le nuove installazioni di gas naturale liquefatto, ed in particolare nel regolamento attuativo (D.P.R. n. 420/94) laddove, all’art. 4, prevede che la concessione per la costruzione degli impianti venga rilasciata solo quando sia comprovata da parte del richiedente la disponibilità del suolo.
Trattandosi di impianto ubicato in sito marino, la disponibilità del suolo non può che farsi coincidere, in via di interpretazione estensiva, con quella della corrispondente zona di mare, ma è pacifico che al momento del rilascio dell’autorizzazione impugnata la Olt fosse sprovvista della relativa concessione demaniale marittima, ed anzi è lo stesso provvedimento autorizzatorio che prescrive alla controinteressata di munirsene. Il provvedimento impugnato risulta perciò illegittimo nella parte in cui pretende di trasformare un vero e proprio presupposto per l’assentibilità dell’impianto in una sorta di condizione di efficacia avverabile “ex post”, esonerando surrettiziamente l’amministrazione procedente dalla verifica preventiva – richiesta dal regolamento – circa la effettiva disponibilità del sito destinato ad accogliere l’impianto. Né in contrario rileva la circostanza del successivo rilascio della concessione demaniale, la legittimità del provvedimento dovendo essere vagliata con riferimento alla situazione di fatto e di diritto esistente al momento della sua emanazione, in conformità con i principi generali (si noti che, in virtù del richiamo contenuto nell’art. 42 co. 4 lett. b) della l.r. n. 39/05, le norme procedurali di cui al D.P.R. n. 420/94 trovano applicazione anche per le procedure di autorizzazione unica di competenza regionale e provinciale, di talché anche in relazione allo “jus superveniens” le conclusioni esposte non mutano).
5. Con il quinto motivo, i ricorrenti deducono la violazione della legge n. 108/01, di ratifica della Convenzione internazionale sull’accesso all’informazione, sulla partecipazione del pubblico al processo decisionale e sull’accesso alla giustizia in materia ambientale, fatta ad Aarhus il 25 giugno 1998, nonché dell’art. 23 del D.Lgs. n. 334/99, per non avere le amministrazioni procedenti consentito alle popolazioni interessate dalla costruzione del rigassificatore di partecipare ai processi decisionali esprimendo il loro parere su scelte implicanti notevoli ricadute sulla salubrità dell’ambiente e sulla sicurezza del territorio.
Le parti resistenti replicano, sostenendo che la consultazione delle popolazioni interessate dovrebbe ritenersi assorbita nel procedimento di VIA, nell’ambito del quale la Olt ha fatto pubblicare sui quotidiani “La Repubblica” ed “Il Tirreno” l’avviso dell’avvenuto deposito della documentazione inerente il proprio progetto presso gli uffici regionali, in assenza di osservazioni da parte del pubblico. D’altro canto, i principi in materia di partecipazione degli interessati al procedimento non dovrebbero applicarsi meccanicamente e formalisticamente, ma in prospettiva sostanzialistica, quindi ai fini indicati dai ricorrenti rileverebbe appunto il rispetto delle garanzie previste dalla procedura di VIA, a questo dovendosi aggiungere –la tesi è sostenuta dalla difesa della società Olt – che la stessa ubicazione dell’impianto a distanza dalla terraferma precluderebbe l’applicazione dell’art. 23 D.Lgs. n. 334/99 cit..
Anche tale censura è fondata.
La Convenzione di Aarhus del 25 giugno 1998, ratificata in Italia con legge n. 108/01, all’art. 6 stabilisce, con disposizione immediatamente precettiva, che ogni decisione relativa ad una serie di attività suscettibili di produrre effetti pregiudizievoli sull’ambiente e dettagliatamente elencate, fra cui quelle relative alle attività di gassificazione e liquefazione di gas, sia preceduta nella fase iniziale del processo decisionale da un informazione adeguata, tempestiva ed efficace del pubblico interessato. Per "pubblico interessato", secondo le definizioni della convenzione, si intende il pubblico che subisce o può subire gli effetti dei processi decisionali in materia ambientale o che ha un interesse da far valere al riguardo, e non è discutibile che tale qualifica debba essere riconosciuta agli odierni ricorrenti, in virtù di quella stessa vicinanza al luogo previsto per la realizzazione del rigassificatore che ne fonda la legittimazione e l’interesse processuale (date le dimensioni e le caratteristiche dell’impianto e delle sostanze che dovrebbero venirvi trattate, la circostanza che esso venga realizzato in mare non è certo sufficiente per affermarne la estraneità rispetto al territorio ove i ricorrenti risiedono, tenuto anche conto della breve distanza dalla costa). L’informazione dovuta riguarda, in particolare:
a) l'attività proposta e la richiesta su cui sarà presa una decisione;
b) la natura delle eventuali decisioni o il progetto di decisione;
c) l'autorità pubblica responsabile dell'adozione della decisione;
d) la procedura prevista, ivi compresi (nella misura in cui tali informazioni possano essere fornite): i) la data di inizio della procedura; ii) le possibilità di partecipazione offerte al pubblico; iii) la data e il luogo delle audizioni pubbliche eventualmente previste; iv) l'indicazione dell'autorità pubblica cui è possibile rivolgersi per ottenere le pertinenti informazioni e presso la quale tali informazioni sono state depositate per consentirne l'esame da parte del pubblico; v) l'indicazione dell'autorità pubblica o di qualsiasi altro organo ufficiale cui possono essere rivolti osservazioni e quesiti nonché i termini per la loro presentazione; vi) l'indicazione delle informazioni ambientali disponibili sull'attività proposta;
e) l'assoggettamento dell'attività in questione ad un procedura di valutazione dell'impatto ambientale a livello nazionale o transfrontaliero.
La controinteressata assume di aver ottemperato ai suoi obblighi di informazione in materia ambientale mediante la pubblicazione su due quotidiani dell’avviso delle comunicazioni inviate alle amministrazioni procedenti ai fini della valutazione dell’impatto ambientale del progetto, ai sensi dell’art. 6 della legge n. 349/86. L’efficacia delle modalità di informazione adottate appare, tuttavia, quantomeno discutibile in relazione alle esigenze tutelate dalla Convenzione, sia sotto il profilo del contenuto e, in special modo, della trasmissione diretta al pubblico delle informazioni ambientali disponibili sull’attività proposta (si veda il sopra citato art. 6 co. 2 n. vi) della Convenzione), sia sotto il non meno rilevante profilo della esiguità del termine di trenta giorni per consentire al pubblico stesso di prepararsi e di partecipare effettivamente al processo decisionale in materia ambientale, come previsto dal medesimo art. 6 al comma terzo. La fondatezza di tali incertezze è confermata dalle modifiche recentemente apportate alla disciplina interna della VIA dal D.Lgs. n. 4/08, correttivo del D.Lgs. n. 152/06, che ha introdotto l’obbligo di fornire al pubblico non più il semplice annuncio della comunicazione inviata alle autorità, ma la notizia del progetto, con una breve descrizione dello stesso e dei suoi possibili principali impatti ambientali, ed ha prolungato a sessanta giorni il termine per la presentazione di osservazioni e di elementi conoscitivi e valutativi, in modo da contemperare le contrapposte esigenze di celerità dell’istruttoria e di fattiva partecipazione degli interessati; dovendosi pertanto concludere che le pubblicazioni effettuate all’interno della procedura di autorizzazione del rigassificatore Olt rappresentano una forma inadeguata di pubblicità rispetto al criterio di efficacia posto dalla Convenzione del 25 giugno 1998, se il termine di trenta giorni per la formulazione di osservazioni viene parametrato alla novità e complessità della materia trattata, la quale ha richiesto alle amministrazioni procedenti quasi due anni per addivenire alla sola pronuncia di VIA, e più di tre anni per la definizione del procedimento autorizzativo nel suo complesso (mancando ancora la concessione demaniale).
5.1. Nella prospettiva della Convenzione, gli aspetti attinenti alla tutela ambientale “strictu sensu” sono peraltro indissolubilmente legati con quelli riguardanti lo stato di salute, la sicurezza e le condizioni di vita delle persone, e sul medesimo piano si muove altresì il legislatore comunitario nella misura in cui, con la Direttiva 96/82/CE, ha imposto agli Stati membri una disciplina comune in materia di prevenzione degli incidenti rilevanti connessi con l’utilizzo di determinate sostanze pericolose, onde limitarne le possibili conseguenze per l'uomo e per l'ambiente. Il legislatore nazionale ha dato attuazione a detta Direttiva mediante il D.Lgs. n. 334/99, in precedenza già citato, che all’art. 23 richiede la consultazione delle popolazioni interessate nei casi di elaborazione di progetti relativi a nuovi stabilimenti in cui siano presenti sostanze pericolose, ovvero, per quanto qui interessa, di creazione di nuovi insediamenti e infrastrutture attorno agli stabilimenti esistenti. Il parere delle popolazioni interessate deve essere espresso nell’ambito del procedimento di formazione dello strumento urbanistico o del procedimento di valutazione di impatto ambientale con le modalità stabilite dalle regioni o dal Ministro dell'ambiente, secondo le rispettive competenze, che possono prevedere la possibilità di utilizzare la conferenza di servizi con la partecipazione dei rappresentanti istituzionali, delle imprese, dei lavoratori e della società civile, qualora si ravvisi la necessità di comporre conflitti in ordine alla costruzione di nuovi stabilimenti, alla delocalizzazione di impianti nonché alla urbanizzazione del territorio.
Dal punto di vista sistematico, il fatto che la norma rimetta all’autorità competente l’individuazione delle modalità per la espressione del parere è chiaramente sintomatico, ad avviso del collegio, della non perfetta sovrapponibilità delle valutazioni relative all’impatto ambientale e di quelle relative alla immediata pericolosità dell’opera per l’uomo, oltre che per l’ambiente, giacché, in caso contrario, sarebbe stato sufficiente rinviare per le modalità procedimentali alle disposizioni vigenti in tema di VIA; il dato lessicale (“consultazione della popolazione”), unitamente alla possibilità di aprire la conferenza di servizi ai rappresentanti delle imprese, dei lavoratori, della società civile, indica d’altro canto l’esigenza che l’amministrazione si faccia portatrice di un ruolo di promozione del coinvolgimento consapevole del pubblico inteso nella sua dimensione collettiva, o comunque nella sua articolazione in categorie esponenziali, piuttosto che delle iniziative isolate di singoli cittadini. In ragione della specificità delle esigenze tutelate, l’art. 23 in esame deve essere pertanto letto nel senso che le amministrazioni procedenti sono onerate di sollecitare la partecipazione popolare sul particolare tema della prevenzione degli incidenti, previa comunicazione delle informazioni sulle misure di sicurezza da adottare, attraverso forme efficaci di coinvolgimento collettivo; le forme della partecipazione debbono inoltre tenere conto della complessità delle questioni tecniche da esaminare e della eventualità che gli interessati debbano rivolgersi ad esperti anche solo per essere in condizione di apprezzare i margini di rischio legati all’intervento, e formarsi in proposito un’opinione seria e documentata, con i tempi minimi che ciò comporta. Se, pertanto, la mancata predeterminazione delle modalità di raccolta dei pareri è il mezzo per calibrare la partecipazione sulle esigenze del caso concreto, a fronte del progetto di un’opera come quella di un rigassificatore “offshore”, connotata da forti implicazioni sul piano dell’impatto ambientale e della sicurezza, la pubblicazione in fase di VIA dell’annuncio di avvenuta comunicazione – strumento di conoscibilità e non di conoscenza degli elementi essenziali del progetto – ed il breve termine di trenta giorni per le osservazioni non assolvono adeguatamente al compito di mettere la popolazione in grado di pronunciarsi in maniera consapevole, con la conseguenza che il parere delle popolazioni interessate sulla realizzazione di impianti pericolosi non può in nessun caso considerarsi assorbito, stante anche la evidenziata diversità dell’oggetto, dagli adempimenti richiesti dall’art. 6 l. 349/86.
6. In forza di tutte le considerazioni che precedono, e nei loro limiti, dichiarata l’inammissibilità delle domande proposte dall’associazione “Forum Ambientalista” e dalla cooperativa “Medicina Democratica”, il ricorso può trovare accoglimento e l’autorizzazione impugnata deve essere annullata. Avuto riguardo ai motivi accolti, l’annullamento non travolge gli atti presupposti oggetto di gravame.
La novità della materia giustifica l’integrale compensazione delle spese processuali.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana, sezione II, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, dichiarato il difetto di legittimazione attiva dell’associazione “Forum Ambientalista” e della cooperativa “Medicina Democratica”, lo accoglie nei limiti di cui in motivazione, e per l’effetto annulla l’impugnato decreto ministeriale del 23 febbraio 2006.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 11/06/2008 con l'intervento dei Magistrati:
Maurizio Nicolosi, Presidente
Vincenzo Fiorentino, Consigliere
Pierpaolo Grauso, Referendario, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 30/07/2008
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
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N. 01870/2008 REG.SEN.
N. 01603/2007 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 1603 del 2007, proposto da:
Associazione Greenpeace, in persona del legale rappresentante “pro tempore”, rappresentata e difesa dall'avv. Giancarlo Altavilla, con domicilio eletto presso la Segreteria del T.A.R. Toscana in Firenze, via Ricasoli 40;
contro
Ministero dello Sviluppo Economico, Ministero dell'Ambiente e Tutela Territorio, in persona dei rispettivi Ministri “pro tempore”, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliata per legge in Firenze, via degli Arazzieri 4;
Regione Toscana, in persona del Presidente “pro tempore”, rappresentata e difesa dagli avv.ti Lucia Bora e Barbara Mancino, con domicilio eletto presso la sede dell’Avvocatura Regionale in Firenze, Piazza dell’Unita' Italiana 1;
Comune di Pisa, in persona del Sindaco “pro tempore”, rappresentato e difeso dagli avv.ti Giuseppina Gigliotti, Gloria Lazzeri e Susanna Caponi, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Graziella Ferraroni in Firenze, via Duca D'Aosta 2;
Ministero per le Attivita' Produttive, Comune di Livorno, Provincia di Pisa, Provincia di Livorno, Ministero delle Infrastrutture, Ministero della Salute, Ministero della Difesa, Ministero dell'Interno, Stato Maggiore della Difesa, Capitaneria di Porto di Livorno, Registro Italiano Navale, R.I.N.A. Industry S.p.A. Energy & Process Unit, Autorita' Portuale di Livorno, Agenzia delle Dogane - Roma, Agenzia delle Dogane - Direzione Regione Toscana, Agenzia delle Dogane - U.T.F. Livorno, Comando Dipart. Militare Marittimo Alto Tirreno - La Spezia, Comitato Tecnico Regionale c/o Ispettorato Reg. Vigili del Fuoco;
nei confronti di
Olt Offshore Lng Toscana S.p.a., in persona del legale “pro tempore”, rappresentata e difesa dagli avv.ti Lorenzo Acquarone, Daniela Anselmi, Natale Giallongo e Ilaria Pagni, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Natale Giallongo in Firenze, via Vittorio Alfieri 19;
per l'annullamento
del decreto del Ministero delle Attività Produttive 23 febbraio 2006, col quale la OLT Offshore LNG Toscana s.p.a. è stata autorizzata a costruire e ad esercitare un terminale di rigassificazione di gas naturale;
della deliberazione della Giunta regionale della Toscana 20 febbraio 2006, n. 105 (e di quelle in essa richiamate), con la quale è stato espresso l'assenso allo schema del decreto ministeriale suddetto;
degli atti tutti del procedimento che si è concluso con il decreto di autorizzazione alla costruzione del terminale di rigassificazione: tra questi, non esaustivamente, la deliberazione della Conferenze dei servizi 14 aprile 2005, ed ogni precedente verbale e decisione (parziale ovvero interlocutoria) della Conferenza medesima; le decisioni della Giunta regionale della Toscana 20 luglio 2004, nn. 28 e 696, aventi ad oggetto, rispettivamente, la valutazione integrata degli aspetti di livello strategico dei progetti "OLT" ed "EDISON", ed il parere ai fini della pronuncia di V.I.A. dell'Ambiente 15 dicembre 2004, col quale è stata pronunciata la valutazione di compatibilità ambientale del terminale di rigassificazione OLT.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dello Sviluppo Economico;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Ambiente e Tutela Territorio;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione Toscana;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Pisa;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della Olt Offshore Lng Toscana S.p.a.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11/06/2008 il dott. Pierpaolo Grauso e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
Con ricorso depositato il 28 novembre 2007, l’Associazione “Greenpeace” riassumeva dinanzi a questo tribunale – a seguito di regolamento di competenza definito dal Consiglio di Stato con pronuncia di cessazione della materia del contendere, sull’accordo delle parti – l’impugnazione originariamente proposta dinanzi al T.A.R. del Lazio nei confronti del decreto del 23 febbraio 2006, mediante il quale il Ministero delle Attività Produttive, di concerto con quello dell’Ambiente e d’intesa con la Regione Toscana, aveva autorizzato la Olt Offshore LNG S.p.a. a realizzare e gestire un terminale di rigassificazione di gas naturale liquefatto localizzato in mare, dodici miglia al largo del tratto di litorale toscano compreso tra Livorno e Marina di Pisa. Il gravame era altresì esteso all’attività procedimentale pregressa e, segnatamente: alla delibera di Giunta Regionale n. 105 del 20 febbraio 2006, di assenso allo schema del decreto ministeriale autorizzativo; alle deliberazioni assunte in seno alle conferenze di servizi indette tra le varie amministrazioni centrali e locali interessate a seguito della presentazione del progetto di rigassificatore; alle decisioni della Giunta Regionale nn. 28 e 696 del 20 luglio 2004, la prima recante la valutazione integrata strategica del progetto presentato dalla società Olt e di altro progetto presentato dalla Edison S.p.a., la seconda il parere favorevole di V.I.A. sul progetto Olt; al decreto del Ministero dell’Ambiente 15 dicembre 2004, di compatibilità ambientale dell’impianto Olt.
In diritto, l’associazione ricorrente si affidava a sei, complessi, motivi, e concludeva per l’annullamento degli atti e provvedimenti impugnati.
Per resistere alla domanda, si costituivano in giudizio i Ministeri dello Sviluppo Economico e dell’Ambiente, la Regione Toscana, il Comune di Pisa e la controinteressata Olt.
La causa veniva discussa e trattenuta per la decisione alla pubblica udienza dell’11 giugno 2008, preceduta dal rituale deposito di documenti e memorie difensive.
DIRITTO
1. Come riferito in narrativa, l’impugnazione ha per oggetto principale il decreto del Ministero delle Attività Produttive in data 23 febbraio 2006, contenente l’autorizzazione unica rilasciata, ai sensi dell’art. 8 della legge n. 340/00, alla controinteressata Olt Offshore LNG Toscana S.p.a. (di seguito, Olt) per la realizzazione e gestione di un terminale galleggiante di rigassificazione di gas naturale liquido, costituito da una nave stabilmente ancorata in mare al largo della costa toscana tra Pisa e Livorno, e collegata a terra attraverso un gasdotto sottomarino. Sono altresì impugnati tutti gli atti della serie procedimentale che ha preceduto il rilascio dell’autorizzazione, e tra questi la delibera n. 105 del 20 febbraio 2006, con cui la Regione Toscana ha espresso la propria intesa sul decreto autorizzativo, nonché tutte le determinazioni assunte in conferenza di servizi dalle amministrazioni coinvolte nell’approvazione del progetto di rigassificatore presentato dalla Olt, e le pronunce ministeriali e regionali di compatibilità ambientale del progetto stesso.
1.1. In via pregiudiziale, sono sollevate una serie di eccezioni, le quali attengono alla tardività del gravame, all’irritualità della riassunzione ed al difetto di legittimazione dell’associazione ricorrente.
Le eccezioni sono infondate.
La tardività è eccepita dalla controinteressata Olt sul presupposto che la notificazione del ricorso introduttivo dinanzi al T.A.R. del Lazio, risalendo al 19 aprile 2007, si collocherebbe ad oltre un anno di distanza dall’emanazione del provvedimento impugnato. Sul punto è sufficiente ricordare che, al fine del decorso del termine d' impugnazione, la piena conoscenza dell'attività amministrativa e della sua lesività non possono essere affermate in via presuntiva, ma debbono formare oggetto di prova rigorosa da parte di chi eccepisce la tardività del gravame (da ultimo, cfr. Cons. Stato, sez. IV, 15 maggio 2008, n. 2236); prova che la controinteressata non ha fornito né è altrimenti desumibile dagli atti a disposizione, posto che l’associazione ricorrente non è destinataria di comunicazione diretta del provvedimento, e che di quest’ultimo neppure consta la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
1.2. La controinteressata eccepisce inoltre l’inammissibilità del ricorso per mancata riassunzione nel termine di venti giorni all’uopo stabilito dall’art. 31 co. 4 della legge n. 1034/71, e decorrente dalla comunicazione dell’avvenuta trasmissione del fascicolo a questo tribunale a seguito della decisione del Consiglio di Stato sul regolamento di competenza.
L’applicabilità della norma dianzi citata discende, in effetti, dalla circostanza che l’accordo delle parti sulla rimessione della causa al T.A.R. per la Toscana è sopravvenuto quando gli atti erano già stati trasmessi al Consiglio di Stato, il quale – dichiarata la cessazione della materia del contendere – ha quindi a sua volta disposto d’ufficio la trasmissione degli atti al giudice indicato dalle parti. Tanto premesso, la tesi secondo cui il termine per la costituzione in giudizio di cui all’art. 31 co. 4 avrebbe natura perentoria, pur sostenuta in giurisprudenza, cozza irrimediabilmente con il dato positivo della mancanza di una esplicita affermazione legale circa la perentorietà del termine stesso, del quale deve pertanto presumersi il carattere ordinatorio, in virtù del principio generale ricavabile dall’art. 152 co. 3 c.p.c.. E tale conclusione diviene addirittura ineludibile se si ha riguardo al fatto che il medesimo art. 31 della legge n. 1034/71, nel mentre tace sulla natura del termine per la costituzione dinanzi al giudice indicato dalle parti, sanziona con la decadenza la violazione del termine per la proposizione del regolamento di competenza, il che dimostra come lo stesso legislatore, quando ha inteso far discendere conseguenze preclusive dalla violazione di un termine, abbia ritenuto di doverlo affermare esplicitamente; né, in chiave sistematica, è plausibile che all’interno della medesima disposizione la “voluntas legis” sia manifestata mediante l’utilizzo di espressioni disomogenee dal punto di vista lessicale e concettuale.
Del resto, mentre il termine per la proposizione del regolamento si giustifica con l’esigenza di pervenire ad una celere stabilizzazione della competenza, e la sua violazione non ha conseguenze se non quella di mantenere il processo dinanzi al giudice adito dal ricorrente, attribuire in via interpretativa carattere perentorio al termine per la costituzione a seguito di accordo sulla competenza equivarrebbe a gravare l’interessato di un termine decadenziale ulteriore rispetto a quello già previsto per l’impugnazione, traducendosi in definitiva in una indebita compressione del diritto di difesa costituzionalmente garantito, compressione non giustificata dall’esigenza di evitare gli inconvenienti di mero fatto che il mancato rispetto del termine in questione è suscettibile di determinare.
1.3. Il difetto di legittimazione della ricorrente “Greenpeace” è stato eccepito sia dalla Regione Toscana, sia dalla Olt, le quali sottolineano come la legittimazione riconosciuta dall’art. 18 della legge n. 349/86 rivesta carattere eccezionale e non possa intendersi estesa all’impugnativa degli atti amministrativi incidenti sull’assetto territoriale, e solo indirettamente su profili di ordine ambientale.
Pacifica l’eccezionalità della legittimazione processuale riconosciuta alle associazioni ambientaliste, nel senso che essa è ravvisabile nei limiti in cui il provvedimento che si intende impugnare leda in modo diretto e immediato l'interesse all'ambiente, non può tuttavia dubitarsi che l’impianto di rigassificazione progettato dalla Olt sia suscettibile – per caratteristiche ed ubicazione, e per la natura delle sostanze trattate – di produrre un significativo impatto sul bene-interesse azionato, che il legislatore codifica come sistema relazionale tra fattori antropici, naturalistici, chimico-fisici, climatici, paesaggistici, architettonici, culturali, agricoli ed economici (cfr. art. 5 D.Lgs. n. 152/06), e questo sia come conseguenza dell’inserimento del’opera nel contesto paesaggistico-ambientale, sia perché occorre pur sempre tenere presente la possibilità di eventuali malfunzionamenti dell’impianto in questione, l’appartenenza del quale al novero degli stabilimenti in cui sono presenti sostanze pericolose, sottoposti alla speciale disciplina del D.Lgs. n. 334/99, è riconosciuta dalle stesse amministrazioni procedenti. Si aggiunga che le censure formulate dalla ricorrente attengono tutte, salve le precisazioni che saranno fatte nel prosieguo, alla sfera dell’interesse ambientale, essendo volte a conseguire utilità direttamente connesse alla tutela della posizione legittimante, di talché anche per tale aspetto l’ammissibilità del gravame non è in discussione.
2. L’infondatezza delle eccezioni pregiudiziali conduce ad affrontare il merito della controversia.
Con il primo motivo, “Greenpeace” denuncia l’illegittimità degli atti impugnati per eccesso di potere dovuto a mancanza dei presupposti, difetto assoluto di istruttoria e travisamento dei fatti. L’impianto di rigassificazione progettato dalla Olt verrebbe ad essere collocato all’interno del c.d. “Santuario dei cetacei”, oggetto dell’accordo internazionale costitutivo ratificato dall’Italia con legge n. 391/01, in contrasto con la logica dell’istituzione del sito protetto e senza un’adeguata valutazione preventiva dei rischi ambientali derivanti dalla ubicazione in mare, e per di più in un’area particolarmente sensibile, di un impianto produttivo.
Il mezzo è infondato.
L’Accordo relativo alla creazione nel Mediterraneo di un santuario per i mammiferi marini, fatto a Roma il 25 novembre 1999 e ratificato dall’Italia con legge n. 391/01, stabilisce, al fine di garantire uno stato di conservazione favorevole dei mammiferi marini, che le parti firmatarie cooperino allo scopo di valutare periodicamente lo stato delle popolazioni di mammiferi marini, le cause di mortalità e le minacce che gravano sul loro habitat e in particolare sulle loro funzioni vitali, ed esercitino la sorveglianza nel Santuario intensificando la lotta contro ogni forma di inquinamento suscettibile di avere un impatto diretto o indiretto sullo stato di conservazione dei mammiferi marini e adottando strategie nazionali miranti alla soppressione progressiva degli scarichi di sostanze tossiche nel Santuario (artt. 4, 5 e 6). L’Accordo prevede altresì, per quanto qui interessa, che gli Stati aderenti vietino la cattura e la turbativa dei mammiferi marini, intervenendo nella regolamentazione della pesca, dell’osservazione dei mammiferi, delle competizioni di barche a motore, e favorendo campagne di sensibilizzazione (artt. 7, 8, 9 e 12). Per la definizione delle misure nazionali e delle misure da proporre, l’art. 3 della legge di ratifica istituisce un Comitato di pilotaggio dell’Accordo cui partecipano, con funzioni consultive, tre rappresentanti delle associazioni ambientaliste riconosciute.
L’Accordo, come si vede, non contiene alcuna disposizione che sia direttamente contraria all’utilizzo a fini produttivi del mare territoriale ricadente nei confini del Santuario, salvo il rispetto degli obiettivi di tutela che si sono indicati. Il decreto di VIA pronunciato dal Ministero dell’Ambiente sul progetto presentato dalla Olt, nell’esaminare il quadro di riferimento ambientale, si fa carico di valutare la potenziale incidenza del rigassificatore sulla popolazione stanziale di mammiferi marini, la quale tuttavia è localizzata durante tutto l’anno – secondo le indagini compiute dal Centro di ricerca sui cetacei – a considerevole distanza dal sito interessato dall’impianto (10 miglia a nord per i gruppi di tursiopi, 7 miglia a sudovest per le stenelle), e non effettua spostamenti tali da attraversare l’are circostante il terminale. Al di là delle affermazioni di principio, la ricorrente non ha in alcun modo smentito tale dato, in virtù del quale (ed in mancanza di elementi obiettivi in senso contrario) la paventata interferenza sull’habitat dei cetacei può essere dunque esclusa quantomeno per l’aspetto attinente alle rotte abitualmente percorse dagli animali, tenuto anche conto dell’intensità dell’attuale traffico marittimo all’interno del Santuario.
Del pari, la ricorrente non fonda su dati oggettivi e su alcun principio di prova l’affermazione circa il disturbo provocato dalla presenza del rigassificatore sul clima acustico sottomarino, limitandosi a dedurne gli effetti negativi sui cetacei, ma senza specificare l’ampiezza del raggio d’azione delle emissioni moleste (elemento rilevante, atteso che la presenza di mammiferi nelle vicinanze del rigassificatore è stata esclusa). Per quel che concerne gli scarichi in mare, non vi sono evidenze del fatto che la stima effettuata dall’amministrazione procedente in merito alla ridotta estensione del cono d’acqua interessato dal differenziale termico e dagli scarichi di cloro siano frutto di istruttoria inadeguata, né è dato comprendere in quale misura possa costituire un pertinente parametro di riferimento l’impianto di rigassificazione progettato a Trieste, del quale non sono note le caratteristiche; d’altro canto, le simulazioni con modello “a getto con mescolamento turbolento“ sono contenute nella consulenza tecnica prodotta dalla controinteressata, e pervengono a risultati conformi a quelli raggiunti dall’amministrazione, come pure nel caso dei valori del cloro presuntivamente immesso in mare, il cui impatto è definito irrilevante anche nel “documento conclusivo” della valutazione integrata strategica espletata dalla Regione.
Che il Ministero dell’Ambiente abbia mantenuto un atteggiamento di doverosa ed opportuna prudenza relativamente al problema della conservazione dell’ambiente marino, optando per un sicuro modello di verifica empirica degli orientamenti previsionali formulati sul progetto, è peraltro attestato dalla apposizione al decreto di VIA di apposite prescrizioni inerenti il monitoraggio delle caratteristiche chimico-fisiche della colonna d’acqua sull’asse dello scarico dell’acqua fredda, la rilevazione annuale delle concentrazioni di metalli pesanti e contaminanti organici, la rilevazione del passaggio di cetacei e tartarughe marine a vista del terminale e delle caratteristiche chimico-fisiche dei sedimenti del fondale e della comunità bentonica ivi presente, con trasmissione dei dati raccolti ad ICRAM ed ARPAT. Con analoga prudenza, e per gli obiettivi di tutela di cui alla Direttiva “Habitat”, è stato verificato mediante ripresa video dei fondali e sonar lo stato delle praterie di “Posidonia oceanica” presenti nell’area attraversata dal tracciato delle condotte sottomarine, giungendosi alla conclusione che esse consistono piuttosto in ciuffi sparsi, molto ridotti in dimensione e densità fogliare nella fascia batimetrica 7 – 11 m, in affioramenti biodetritici alternati a sedimento sabbioso coperto di foglie morte e rari ciuffi vivi nella fascia 12 – 13 m, ed in tappeti di foglie morte alla profondità di 13,5 – 17,5 m; posto che i risultati dell’indagine non sono contestati da “Greenpeace”, pare significativo che, nonostante l’assenza di praterie suscettibili di essere danneggiate dagli scavi, sia stato comunque prescritto l’uso di tutte le precauzioni possibili per salvaguardare la presenza anche di quei ciuffi isolati, unitamente alla conduzione di un programma di reimpianto di esemplari di “Posidonia” in numero almeno pari a quello – prevedibilmente modesto – degli esemplari eventualmente espiantati nel corso degli scavi per la posa delle condotte sottomarine, prescrizioni che evidentemente potranno considerarsi ottemperate solo a condizione che il reimpianto previsto abbia effettivamente una buona riuscita.
Il decreto di VIA affronta altresì il problema della movimentazione dei sedimenti e della possibile risospensione di contaminanti, prescrivendo di attivare la procedura di caratterizzazione del sito al fine di evidenziare situazioni che richiedano interventi di bonifica e messa in sicurezza e, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, la prescrizione è rifluita nel decreto di autorizzazione che, all’art. 3, impone espressamente alla Olt il rispetto delle prescrizioni contenute nei pareri menzionati in premessa, tra i quali quello del Ministero dell’Ambiente. Ed, ancora una volta, mancano dati obiettivi a supporto delle argomentazioni sostenute da “Greenpeace” circa l’inattendibilità delle stime ministeriali relative al movimento dei fondali ed alla dispersione di materiali sospesi.
Conclusivamente, anche a prescindere dal parere favorevole emesso dal Comitato di pilotaggio, le censure svolte dalla ricorrente non rivelano alcuno dei dedotti profili di eccesso di potere, anche alla luce dell’ampio corredo peritale allegato dalla Olt, e debbono perciò essere respinte.
3. Con il secondo motivo, è dedotta l’illegittimità degli atti impugnati per violazione e falsa applicazione dell’art. 8 della legge n. 340/00, dell’art. 3 della legge regionale toscana n. 39/05, dell’art. 1 della legge n. 239/04 e degli artt. 23 e segg. Del D.Lgs. n. 112/98, nonché per eccesso di potere sotto i profili del difetto dei presupposti, del difetto di istruttoria, del travisamento dei fatti, e dell’incompetenza. Innanzitutto, la ricorrente contesta che la proposta progettuale presentata dalla Olt potesse venire istruita secondo il procedimento semplificato di cui all’art. 8 l. 340/00 cit., disposizione specificamente dettata per l’allocazione di rigassificatori presso siti industriali, mentre il progetto Olt si riferisce ad un impianto ubicato in mare; inoltre, la procedura semplificata non sarebbe stata preceduta dal necessario nulla osta del Ministero dell’Ambiente. Ancora, in forza del mutato assetto delle competenze dovuto alla riforma del titolo V della Costituzione, ed ai sensi della legislazione regionale in materia, l’intesa sul decreto ministeriale di autorizzazione avrebbe dovuto essere pronunciata dalle Provincie di Pisa e Livorno, e non dalla Regione Toscana, dovendosi peraltro considerare che – a seguito della liberalizzazione del settore energetico – l’intera procedura avrebbe dovuto rimanere sotto il dominio delle stesse amministrazioni provinciali, nella materia essendo oramai venute meno le competenze dello Stato.
Con il terzo motivo (erroneamente rubricato “sub” 2), la censura di violazione dell’art. 8 della legge n. 340/00 è ribadita, in una con quella di eccesso di potere, in relazione alla violazione delle norme che regolano il funzionamento della conferenza di servizi. Assume infatti la ricorrente che, pur in presenza di un dissenso esplicito e qualificato da parte del Ministero dell’Ambiente, della Provincia e del Comune di Pisa, la determinazione conclusiva della conferenza, favorevole all’approvazione del progetto, sarebbe stata adottata a maggioranza, anziché mediante rimessione all’autorità superiore, ed in assenza di qualsivoglia motivazione circa il contenuto delle posizioni dissenzienti; la conferenza, al pari del decreto ministeriale autorizzativo, non avrebbe poi tenuto in alcun conto l’intesa raggiunta fra Regione, Province e Comuni di Pisa e Livorno, e Comune di Collesalvetti in ordine alla ricerca di una soluzione condivisa al problema di rivedere la localizzazione dell’impianto attraverso il suo spostamento verso sud. I lavori della conferenza sarebbero altresì illegittimi a cagione del mancato coinvolgimento dell’Ente Parco regionale di Migliarino, San Rossore e Massaciuccoli e dell’Autorità per l’energia elettrica ed il gas.
Per ragioni di connessione, i due motivi saranno esaminati congiuntamente.
3.1. L’art. 1 della legge n. 239/04, recante principi fondamentali in materia energetica ai sensi dell'articolo 117 co. 3 Cost., prevede al comma 2 lett. a) che le attività di produzione, importazione, esportazione, stoccaggio non in sotterraneo anche di oli minerali, acquisto e vendita di energia ai clienti idonei, nonché di trasformazione delle materie fonti di energia sono libere su tutto il territorio nazionale, nel rispetto degli obblighi di servizio pubblico derivanti dalla normativa comunitaria e dalla legislazione vigente. La liberalizzazione dell’attività di produzione e trasformazione delle materie fonti di energia non equivale tuttavia, contrariamente a quanto sostenuto dall’associazione ricorrente, a liberalizzazione dell’attività di costruzione e gestione dei relativi impianti, la quale rimane soggetta al vigente regime autorizzatorio, come si evince dallo stesso art. 1 della legge n. 239/04 con specifico riferimento agli impianti di rigassificazione: per ciò che interessa ai fini di causa, la norma in esame presuppone infatti, e fa salva, la sopravvivenza della procedura semplificata di cui all’art. 8 della legge n. 340/00, che sottopone ad autorizzazione ministeriale – d’intesa con la Regione interessata – l'uso o il riutilizzo di siti industriali per l'installazione di rigassificatori di gas naturale liquido destinati al miglioramento del quadro di approvvigionamento strategico dell'energia, della sicurezza e dell'affidabilità del sistema, nonché della flessibilità e della diversificazione dell'offerta (viene in considerazione in particolare il comma 60 dell’art. 1 cit., che estende alla realizzazione e al potenziamento di terminali di rigassificazione di gas naturale liquefatto, ivi comprese le opere connesse, la procedura di valutazione di impatto ambientale, fatte espressamente salve le disposizioni di cui alla legge n. 443/01 e all'articolo 8 n. 340/00).
La procedura “ex” art. 8 cit. rappresenta peraltro un’eccezione alla disciplina contenuta nella legge n. 9/91 e nel relativo regolamento di attuazione (D.P.R. n. 420/94), secondo cui la costruzione e la gestione di nuovi stabilimenti per la lavorazione di oli minerali e nuove installazioni di gas naturale liquefatto sono soggetti a concessione, e che, non risultando abrogata dalla legge n. 239/04, deve ritenersi ancora applicabile alla costruzione di impianti di rigassificazione che non preveda l’uso o il riuso di siti industriali, salve le precisazioni che verranno fatte di seguito a proposito del nuovo assetto del riparto di competenze fra Stato, Regioni e Province.
Tra le fonti ancora vigenti di livello statale che confermano l’esistenza di un regime autorizzativo della costruzione degli impianti di rigassificazione giova ricordare anche il D.Lgs. n. 164/00, che, pur avendo liberalizzato le attività di importazione, esportazione, trasporto e dispacciamento, distribuzione e vendita di gas naturale, in qualunque sua forma e comunque utilizzato, all’art. 29 onera comunque le amministrazioni centrali e periferiche di adottare criteri e procedure obiettivi e non discriminatori ogniqualvolta per l'esercizio di una o più delle attività di importazione, esportazione, trasporto, dispacciamento, stoccaggio, distribuzione, acquisto o vendita di gas naturale, o per la costruzione e l'esercizio dei relativi impianti sia prevista una autorizzazione, una concessione, una licenza, o una approvazione comunque denominata. Trattandosi di impianto da costruire in mare, non vanno poi dimenticati i profili concessori attinenti all’uso del bene demaniale, che, in quanto finalizzato all’approvvigionamento di fonti di energia, ricade pur sempre fra i compiti e le funzioni amministrative riservati alla competenza statale prima dall’art. 104 co. 1 lett. pp) del D.Lgs. n. 112/98, ed oggi dall’art. 1 co. 7 lett. l) della più volte citata legge n. 239/04.
Che la costruzione di impianti di rigassificazione non costituisca attività libera neppure all’indomani della riforma del titolo V della Costituzione è testimoniato, del resto, dalla stessa legge regionale toscana n. 39/05 invocata da “Greenpeace” a sostegno del proprio assunto, la quale, se da un lato all’art. 11 sottopone alla propria autorizzazione la costruzione e l’esercizio di oleodotti e gasdotti, di impianti di stoccaggio di idrocarburi di capacità superiore a 25 metri cubi e di impianti per la lavorazione e trasformazione di idrocarburi (tale è il gas naturale liquido), al precedente art. 4 co. 4 riconosce l’esistenza di opere ed infrastrutture energetiche la cui autorizzazione è riservata allo Stato, ed in ordine alle quali prevede il rilascio di un atto di intesa regionale, garantendo altresì la partecipazione degli enti locali interessati nel processo decisionale (correlativamente, l’art. 42 della l.r. n. 39/05 non elenca, fra le norme statali da disapplicare, alcuna di quelle che si sono sopra richiamate).
Ricostruite in tal modo le indispensabili coordinate normative, l’avvio del procedimento promosso dalla controinteressata Olt per l’approvazione del progetto di rigassificatore “offshore” risale al mese di ottobre del 2002, ed è pertanto alla luce della disciplina vigente a quell’epoca che deve essere valutata la scelta di dare seguito alla procedura semplificata prevista dall’art. 8 l. 340/00, salvo in seguito verificare l’immediata applicabilità della legislazione regionale sopravvenuta nella pendenza del procedimento. Il tutto tenendo presente che la ricorrente è legittimata a dolersi delle eventuali violazioni procedimentali non in quanto tali, ma a condizione che esse si siano effettivamente risolte in una compromissione di quegli interessi – salubrità e sicurezza dell’ambiente di vita – che fondano la legittimazione ad agire nel presente giudizio.
3.2. L’art. 8 della legge n. 340/00 stabilisce, al primo comma, che l'uso o il riutilizzo di siti industriali per l'installazione di impianti destinati al miglioramento del quadro di approvvigionamento strategico dell'energia, della sicurezza e dell'affidabilità del sistema, nonché della flessibilità e della diversificazione dell'offerta, è soggetto ad autorizzazione del Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato (poi il Ministero delle Attività Produttive), di concerto con il Ministero dell'ambiente e d'intesa con la regione interessata; ai fini della procedura in questione, per impianti si intendono i rigassificatori di gas naturale liquido. La norma prevede che il procedimento si svolga in conferenza di servizi, richiede l’acquisizione del nulla osta ministeriale di impatto ambientale, e dispone che qualora l'esito della conferenza di servizi comporti la variazione dello strumento urbanistico, la determinazione costituisce proposta di variante sulla quale si pronuncia definitivamente entro novanta giorni il consiglio comunale; decorso inutilmente tale termine, la determinazione della conferenza di servizi equivale ad approvazione della variazione dello strumento urbanistico.
Tanto premesso, è in atti che, nella prima riunione della conferenza di servizi convocata per l’esame del progetto presentato dalla Olt S.p.a., tenutasi il 17 dicembre 2002, il rappresentante del Ministero dell’Ambiente manifestava perplessità circa la possibilità di applicare la procedura dell’autorizzazione unica, in relazione al tipo ed alla ubicazione dell’impianto. Di contro, il rappresentante del Ministero delle Attività Produttive osservava come almeno una parte dell’impianto ricadesse in area industriale in terraferma, e come lo strumento della conferenza di servizi fosse comunque utilizzabile per l’acquisizione dei vari pareri e nulla osta; in senso favorevole alla scelta procedurale così delineata si pronunciava la Regione Toscana. Il procedimento dunque proseguiva nella direzione impressa dal Ministero delle Attività Produttive, ed ai fini dell’autorizzazione unica venivano via via acquisiti: il nulla osta alla costruzione ed esercizio dell’impianto, con prescrizioni, espresso in data 12 febbraio 2003 dal Comando della 1^ Regione Aerea; il nulla osta al rilascio della concessione demaniale e l’autorizzazione “ex” art. 19 D.Lgs. n. 374/90 alla costruzione del terminale galleggiante ad opera della Circoscrizione doganale di Livorno, in data 28 maggio 2003; il nulla osta, per gli aspetti demaniali di competenza, del Comando RFC regionale Toscana, in data 14 luglio 2003; il nulla osta di fattibilità, con prescrizioni, rilasciato il 5 novembre 2003 dall’Ispettorato regionale della Toscana all’esito dell’istruttoria relativa all’esame del rapporto preliminare di sicurezza del terminale galleggiante; il parere favorevole, con prescrizioni, della Commissione centrale controllo armi, del 13 novembre 2003; il parere favorevole del comitato di pilotaggio nazionale in merito alla compatibilità ambientale dell’opera con il santuario dei mammiferi marini del Mediterraneo, del 25 novembre 2003; il parere di compatibilità ambientale, con prescrizioni, espresso in data 15 dicembre 2004 dal Ministero dell’Ambiente, di concerto con quello per i Beni e le Attività culturali e previo parere favorevole della Regione Toscana, ai sensi dell’art. 6 della legge n. 349/86, come richiamata dall’art. 1 della legge n. 220/92 in materia di costruzione di terminali per il carico e lo scarico di idrocarburi e di sostanze pericolose; la formale accettazione da parte della Olt delle prescrizioni contenute nella predetta valutazione di impatto ambientale, con nota del 13 gennaio 2005; il nulla osta della Direzione generale per le infrastrutture della navigazione marittime e interna del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti in data 14 febbraio 2005; il nulla osta della Direzione per la protezione della natura del Ministero dell’Ambiente in data 28 febbraio 2005; il parere favorevole dell’Agenzia delle Dogane in relazione agli aspetti fiscali e doganali, espresso nella conferenza di servizi del 14 aprile 2005.
Come emerge dalla ricostruzione che precede, l’”iter” procedimentale concretamente seguito per l’approvazione del progetto Olt ha di fatto ripercorso tutti i passaggi previsti dal procedimento disciplinato dalla legge n. 9/91, con particolare riferimento all’acquisizione della valutazione di impatto ambientale (che assorbe ogni nulla osta del Ministero dell’Ambiente), e dei pareri prescritti dall’art. 4 del D.P.R. n. 420/94, ivi compresi quelli dei Comuni di Pisa, Livorno e Collesalvetti, benché non rilevanti ai fini della conformità dell’impianto alle previsioni urbanistiche (sull’intervento nella procedura delle amministrazioni comunali e provinciali interessate si tornerà più avanti). Quanto alla mancata convocazione dell’Ente Parco di Migliarino, San Rossore e Massaciuccoli, la ricorrente non ha fornito alcun elemento obiettivo al fine di dimostrare l’interferenza dell’impianto con il territorio del parco, interferenza che è esplicitamente contestata dalle controparti; quanto invece al mancato coinvolgimento dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas, essa è priva di competenze specifiche nella materia, mentre in relazione alle competenze statali di cui all’art. 1 co. 7 della legge n. 239/04, l’intervento dell’Autorità – in funzione ausiliaria, ai sensi della medesima disposizione appena citata – può senz’altro considerarsi assorbito dalla presenza dei diversi Ministeri.
In altri termini, anche a voler ritenere che alla fattispecie non fosse applicabile la procedura di cui all’art. 8 l. 340/00 (come pare corretto affermare, atteso che il progetto Olt non prevede l’utilizzo o il riutilizzo di un sito industriale preesistente), nondimeno deve riconoscersi che la qualificazione normativa astratta adoperata dalle amministrazioni procedenti sia rimasta sul piano delle mere affermazioni di principio: il procedimento risulta infatti essersi svolto nel rispetto di tutti gli snodi istruttori previsti dalla procedura “ordinaria” per il rilascio della concessione di costruzione ed esercizio dell’impianto, senza che alcuna deviazione da tale schema sia ascrivibile al ricorso alla conferenza di servizi, modulo procedimentale ad applicazione generalizzata che non determina o implica alcuno spostamento o compromissione delle rispettive competenze.
3.3. Una volta accertato che l’adozione di un modello (nella pratica solo asseritamente) semplificato non ha costituito, da parte delle amministrazioni intimate, il pretesto formale per sottrarsi alla compiuta ponderazione di tutti gli interessi in gioco, resta da concludere il discorso intorno ai prospettati riflessi della sopravvenuta legislazione regionale sulla competenza ministeriale all’emanazione del provvedimento autorizzatorio impugnato in principalità.
La legge regionale n. 39/05, approvata nella pendenza del procedimento di cui è causa, sottopone ad autorizzazione unica di competenza regionale o provinciale la costruzione e l’esercizio di impianti di lavorazione e trasformazione di idrocarburi: tale disciplina è dichiaratamente applicativa dell'articolo 117 co. 3 e 4 Cost. e della legge n. 239/04, la quale ultima, lo si ricorda, riserva allo Stato i compiti e le funzioni amministrative in materia di utilizzazione del pubblico demanio marittimo e di zone del mare territoriale per finalità di approvvigionamento di fonti di energia.
Dovendosi pervenire ad un adeguato coordinamento sistematico delle fonti, rispettoso del riparto di competenze sancito dagli artt. 117 e 118 Cost., due esiti interpretativi possono essere ipotizzati. Da un lato, appare infatti possibile sostenere che dall’ambito applicativo della legge regionale esulino gli impianti di rigassificazione “offshore”, la competenza provinciale sancita dall’art. 3 co. 2 della legge regionale n. 39/05 dovendosi intendere interamente assorbita dalla evidenziata riserva di competenze statali in materia di utilizzo del mare (riserva che, altrimenti opinando, rimarrebbe grandemente svuotata di significato); con il che, la tesi circa la presunta incompetenza ministeriale sarebbe da respingere in radice.
Ove, al contrario, volesse intendersi la competenza statale non preclusiva del potere di autorizzazione riconosciuto alla Provincia dalla legge n. 39/05, dovrebbe concludersi per l’esistenza della situazione sopravvenuta di concorrenza di poteri prospettata dalla ricorrente: statali relativamente alla soddisfazione degli interessi pubblici connessi all’uso del demanio marittimo per finalità energetiche, provinciali relativamente alla costruzione ed esercizio dell’impianto anche nelle zone di mare territoriale prospicienti il tratto di costa ricadente nei confini provinciali (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 21 settembre 2006, n. 5547, in tema di esercizio dei poteri urbanistico-edilizi del Comune su opere realizzate in mare). Ciò posto, giova a questo punto ricordare che la posizione legittimante azionata nel presente giudizio dipende dalla proposizione di censure che, qualora accolte, producano un’utilità correlata con l’interesse alla tutela della salubrità dell’ambiente, innescando una riedizione dell’azione amministrativa implicante la rivalutazione del profilo ambientale: ma, se così è, nessuna utilità deriverebbe alla ricorrente da un accoglimento motivato in ordine al dedotto vizio di incompetenza del Ministero dello Attività Produttive, atteso che la sopravvenuta competenza della Provincia in nessun caso potrebbe ripercuotersi sulle fasi procedimentali implicanti valutazioni di carattere ambientale, cioè quelle della VIA e del nulla osta di fattibilità, autonomamente definite in epoca anteriore all’entrata in vigore della legge regionale n. 39/05 e, come tali, non più tangibili dallo “jus superveniens”. Riguardata in questa ottica, la domanda, se non infondata, sarebbe comunque inammissibile.
3.4. Nemmeno ha pregio il mezzo di gravame attinente alla mancata rimessione degli atti al Consiglio dei Ministri a seguito del dissenso manifestato dal Ministero dell’Ambiente nella conferenza di servizi, da cui la denunciata violazione dell’art. 14-quater co. 3 della legge n. 241/90, oltre che del comma quinto dello stesso art. 8 legge n. 340/00.
Dal verbale della conferenza di servizi del 14 aprile 2005, risulta che il rappresentante del Ministero dell’Ambiente aveva proposto di differire l’assunzione di atti definitivi, in attesa delle determinazioni da assumere nel parallelo procedimento relativo ad altro progetto di rigassificatore, presentato dalla società Edison; la proposta, tradotta in una richiesta di sospensione cui avevano aderito il Comune e la Provincia di Pisa, era stata respinta a seguito di votazione tra i presenti. Il verbale attesta quindi l’acquisizione definitiva dei pareri e la valutazione positiva del progetto Olt espressa dalla maggioranza delle amministrazioni convenute. In prima battuta, va precisato che la proposta di “sospensione” formulata dal Ministero dell’Ambiente, ed appoggiata da Comune e Provincia di Pisa, più che una manifestazione di dissenso sulla determinazione conclusiva della conferenza, costituisce bensì una mozione d’ordine circa il futuro svolgimento dei lavori della conferenza, ai sensi dell’art. 14-ter co. 1 della legge n. 241/90 come modificato dalla legge n. 15/05; comunque la si voglia qualificare, non può peraltro non tenersi conto della posizione successivamente assunta dal Ministero, il quale, prestando il concerto sul decreto di autorizzazione, mostra di aver superato ogni eventuale dissenso precedentemente espresso.
Non dissimile è la posizione del Comune e della Provincia di Pisa, in ordine alla quale parimenti rilevano i comportamenti e gli atti successivi alla conferenza del 14 aprile 2005. I due enti avevano in effetti preannunciato, in quella sede, la propria intenzione di esprimere parere negativo sul progetto nell’eventualità, poi verificatasi, di una mancata sospensione del procedimento; e la stessa Regione Toscana aveva condizionato il proprio parere favorevole al raggiungimento di un accordo con gli altri enti locali. Ma poiché le perplessità manifestate non attenevano ad aspetti ambientali, quanto ai possibili influssi negativi dell’impianto di rigassificazione sui settori della nautica da diporto e della pesca, nonché sulle prospettive turistiche del litorale e sul buon esito degli investimenti all’uopo sostenuti, va intanto esclusa la sussistenza dei presupposti per il rinvio della decisione alla Conferenza unificata di cui all’art. 8 D.Lgs. n. 281/97, come previsto dall’art. 14-ter co. 3 l. 241/90.
Si consideri poi che il 5 settembre 2005, quando ancora la determinazione conclusiva del procedimento non era stata adottata dal Ministero delle Attività Produttive, fra la Regione Toscana, le Province di Livorno e Pisa, i Comuni di Livorno, Pisa e Collesalvetti, hanno concluso un documento d’intesa sulla valutazione del progetto Olt, sottoscrivendo il quale gli enti firmatari concordavano di richiedere alla Olt una proposta di correzione del luogo di ancoraggio del terminale “offshore”, nonché uno studio di fattibilità delle opere di completamento dell’infrastruttura denominata “Incile di collegamento tra il Canale dei Navicelli ed il fiume Arno”, e la Regione si riservava solo all’esito l’adozione degli atti di propria competenza (il rilascio dell’intesa sull’autorizzazione chiesta da Olt). Successivamente, il 19 settembre 2005, Olt, Comune e Provincia di Pisa hanno stipulato un accordo (poi riversato nella convenzione del 26 settembre 2005) in forza del quale la prima si è impegnata a correggere, in fase di progettazione esecutiva, il punto di ancoraggio del rigassificatore, all’interno dell’area di sversamento dei fanghi di dragaggio del porto di Livorno e nella misura massima consentita dalla pronuncia di VIA già assentita e compatibilmente con le determinazioni della conferenza di servizi; e si è impegnata altresì a realizzare le opere di completamento dell’”Incile”, e a non dare avvio ai lavori di realizzazione del terminale galleggiante se non dopo la presentazione del progetto esecutivo dell’infrastruttura e contestualmente a quelli di costruzione dell’”Incile”. Nel medesimo accordo, il Comune e la Provincia di Pisa si sono impegnati a propria volta a rinunciare al ricorso promosso dinanzi al T.A.R. del Lazio per l’annullamento delle determinazioni assunte dalla conferenza di servizi del 14 aprile 2005 nel caso di corretta ottemperanza di Olt agli impegni assunti.
Di tali eventi sopravvenuti non poteva non tenere conto la determinazione conclusiva del procedimento, assunta il 15 dicembre 2005, la quale, pur ripetendo pedissequamente la clausola legislativa delle “posizioni prevalenti” contenuta nell’art. 14-ter co. 6-bis l. 241/90, in realtà è intervenuta quando i dissensi manifestati in conferenza avevano oramai perduto ogni attualità per effetto delle iniziative e degli accordi di cui si è riferito, che ne avevano determinato il superamento con reciproca soddisfazione di tutte le parti. Né può legittimamente sostenersi che detta determinazione conclusiva presenti le carenze motivazionali dedotte da “Greenpeace”, la quale trascura di considerare che, alla luce delle sopravvenienze, la posizione da principio negativa del Comune e della Provincia di Pisa doveva considerarsi superata, aprendosi così la strada alla pronuncia dell’intesa regionale.
Relativamente all’autorizzazione ministeriale del 23 febbraio 2006, se il rinvio alla determinazione conclusiva del procedimento sarebbe di per sé sufficiente ad integrarne la motivazione ed a farvi in tal modo rientrare tutte le condizioni ritenute irrinunciabili per la realizzazione del rigassificatore, basti in ogni caso osservare che essa prevede espressamente la localizzazione del rigassificatore proprio all’interno dell’area individuata dall’accordo del 19 settembre 2005, rispettando così le manifestazioni di volontà espresse dagli enti inizialmente dissenzienti.
Va, infine, escluso che la cospicua durata complessiva del procedimento possa rappresentare in assoluto un sintomo di irragionevolezza dell’azione amministrativa, le esigenze di celerità apparendo recessive dinanzi alla complessità dell’impianto da realizzare ed alla opportunità di perseguire la migliore intesa possibile fra tutti i soggetti coinvolti, anche nell’interesse delle popolazioni rappresentate dagli enti locali esponenziali.
4. Con il quarto motivo (rubricato erroneamente al n. 3) sono denunciate, “sub specie” di violazione e falsa applicazione dell’art. 1 co. 7 della legge n. 239/04 e di eccesso di potere sotto vari profili, la superficialità dell’istruttoria amministrativa e l’erroneità dei suoi risultati. Il progetto Olt sarebbe privo del piano di emergenza interno ed esterno richiesto dal D.Lgs. n. 334/99, oltre che della documentazione finanziaria relativa ai costi di realizzazione e di gestione, e la sua approvazione non sarebbe stata preceduta da idonea valutazione circa la effettiva necessità del rigassificatore nel quadro globale delle scelte e della pianificazione energetica nazionali. Le stesse indicazioni del Ministero delle Attività Produttive in ordine all’utilità di valutare in senso programmatico il progetto della Olt sarebbero state disattese, e l’autorizzazione sarebbe stata concessa sulla base di dati approssimativi e contraddittori.
Il motivo è infondato.
Il D.Lgs. n. 334/99, la cui applicabilità all’impianto Olt è pacifica fra le parti, prevede all’art. 9 che chiunque intende realizzare uno stabilimento in cui siano presenti sostanze pericolose, prima di dare inizio alla costruzione degli impianti, oltre a tutte le autorizzazioni previste dalla legislazione vigente, deve ottenere il nulla osta di fattibilità di cui al successivo articolo 21 co. 3, e a tal fine, fa pervenire all'autorità competente un rapporto preliminare di sicurezza; al secondo comma la norma statuisce che, prima di dare inizio all'attività, il gestore, al fine di ottenere il parere tecnico conclusivo, presenta alla medesima autorità il rapporto di sicurezza, integrando eventualmente quello preliminare. Condizione per la costruzione degli impianti è, come si vede, il solo rilascio del nulla osta di fattibilità, regolarmente rilasciato alla controinteressata Olt il 5 novembre 2003 dal Dipartimento dei Vigili del Fuoco – Direzione Regionale Toscana – Firenze con una serie di prescrizioni, fra cui (n. 4) quella relativa alla predisposizione di una specifica pianificazione dell’emergenza: tale pianificazione di emergenza accede al rapporto definitivo di sicurezza relativo al progetto particolareggiato che costituisce invece condizione per l’avvio dell’attività, come chiaramente si evince dal citato art. 9 co. 2 del D.Lgs. n. 334/99, nonché dal successivo art. 21 co. 3 ult. parte, secondo cui il Comitato che presiede alla valutazione, esaminato il rapporto definitivo di sicurezza, esprime il parere tecnico conclusivo e, qualora le misure che il gestore intende adottare per la prevenzione e la riduzione di incidenti rilevanti risultino nettamente inadeguate ovvero non siano state fornite le informazioni richieste, è vietato l’inizio dell’attività; e dall’art. 20 co. 1 dello stesso decreto, che, in relazione alla predisposizione del piano di emergenza esterno, presuppone come già avvenuta quella del piano di emergenza interno, avendo ancora una volta come punto di riferimento l’inizio dell’attività, e non della costruzione.
4.1. In senso contrario alla presunta carenza di un’adeguata valutazione dell’utilità del rigassificatore nel quadro della programmazione energetica nazionale, depongono le considerazioni rassegnate dal Ministero delle Attività Produttive nella conferenza di servizi del 14 aprile 2005, ove – messa in luce la necessità di avviare celermente la realizzazione di nuove infrastrutture di approvvigionamento di gas naturale liquido, la cui domanda sul mercato nazionale è in costante aumento – si evidenziava come non fossero ancora neppure iniziati i lavori degli unici due terminali già autorizzati, e come di tutte le altre iniziative avviate solo per quella di Olt la procedura autorizzativa fosse in dirittura di arrivo, a fronte di un fabbisogno in crescita tale da giustificare ampio spazio per progetti di terminali di rigassificazione in Italia.
Ulteriori valutazioni di tipo strategico sono poi contenute nel decreto di autorizzazione del 23 febbraio 2006, nel quale è ribadita la necessità di favorire la realizzazione del maggior numero possibile di rigassificatori, tenuto conto: della costante crescita della domanda nazionale di gas e del grado di quasi saturazione delle infrastrutture di approvvigionamento esistenti; dell’esigenza di diversificare le fonti dell’approvvigionamento anche in considerazione dei problemi con alcuni produttori internazionali; dell’opportunità di dare vita ad un eccesso strutturale dell’offerta di gas sul mercato nazionale, in modo da promuovere lo sviluppo di meccanismi concorrenziali e, in prospettiva futura, di trasformare l’Italia da centro di solo consumo a via di transito del gas verso i mercati centroeuropei e conseguire così vantaggi competitivi per il nostro paese; di consentire attraverso l’uso del gas naturale una riduzione delle emissioni in atmosfera e facilitare il raggiungimento degli obiettivi previsti dal protocollo di Kyoto e dalle direttive europee sul miglioramento della qualità dell’aria.
Se, a questo, si aggiungono le valutazioni programmatiche contenute altresì nel decreto ministeriale di VIA del 15 dicembre 2004 e soprattutto, con dovizia di argomenti e documentazione, nel “documento conclusivo” della valutazione integrata condotta dalla Regione Toscana e oggetto della decisione n. 28 del 20 luglio 2004, le scarne notizie ed isolate giornalistiche che la ricorrente allega non possono, in assenza di elementi obiettivi a riscontro e supporto, rappresentare un valido indicatore di superficialità e manifesta irragionevolezza dell’azione amministrativa, e, con essa, del dedotto difetto di istruttoria, a maggior ragione considerato che si tratta di notizie le quali insistono su di un fenomeno – il prefigurato eccesso dell’offerta di gas naturale – che invece le amministrazioni procedenti in qualche misura auspicano e giustificano proprio nella prospettiva del perseguimento di obiettivi strategici.
5. Con il quinto motivo (rubricato “sub” 4), è dedotta la violazione e falsa applicazione del D.M. 3 maggio 1984, recante la disciplina degli allibi di oli minerali e di gas compressi e liquefatti, la quale conterrebbe un divieto relativo al gas naturale liquido.
La censura non può tuttavia essere accolta alla luce delle modifiche apportate alla disciplina in questione dal D.M. 6 febbraio 2006, anteriore al rilascio dell’autorizzazione in favore della controinteressata, il quale ha incluso il metano (principale componente del gas naturale) tra i prodotti per i quali è consentito il trasferimento da una nave all’altra senza necessità di specifica richiesta. In generale, non va poi dimenticato che il rigassificatore progettato dalla Olt è sì costituito da una nave, la quale, essendo stabilmente ancorata al fondo marino, perde la principale caratteristica del mezzo di trasporto, vale a dire la mobilità da un luogo all’altro, per assumere la diversa funzione dell’impianto fisso di immagazzinamento e trasformazione del gas liquefatto, come tale soggetto alla disciplina degli impianti a rischio dettata dal D.Lgs. n. 334/99; per conseguenza il ricorso all’analogia, che vale per estendere ad un impianto siffatto alcune delle norme in materia di trasferimento di gas tra navi (allibo in senso tecnico), non si attaglia a quelle disposizioni – come l’invocato art. 23 del citato D.M. 3 maggio 1984 – che presuppongono la destinazione attuale della nave al trasporto delle merci. Tale destinazione manca del tutto per la nave sulla quale è realizzato il rigassificatore, trasformata in piattaforma “offshore” capace di ruotare intorno al proprio asse, ma non di spostarsi: per questo, l’autorizzazione all’allibo non può rappresentare una condizione per l’esercizio del rigassificatore, che per questo aspetto è assimilabile ad una struttura stabile, fermo restando che detta autorizzazione dovrà di volta in volta essere ottenuta dalle navi gasiere dirette all’impianto per l’approvvigionamento (si vedano al riguardo le disposizioni contenute nel D.M. 2 agosto 2007, che ha sostituito, abrogandolo, il D.M. 3 maggio 1984).
5.1. L’associazione ricorrente sostiene altresì che, non possedendo alcun titolo di disponibilità dello specchio d’acqua da trasformare in sito industriale, la controinteressata neppure sarebbe stata legittimata a richiedere l’autorizzazione per l’esercizio del terminale.
Il motivo è fondato per quanto di ragione.
Si è già osservato, e deve essere ribadito, che il progetto Olt non prevede l’utilizzo o il riutilizzo di un sito industriale preesistente, ma la realizzazione di un impianto di rigassificazione galleggiante, posizionato in mare, il che induce ad escluderne l’inquadramento nella previsione dell’art. 8 della legge n. 340/00 ai fini della semplificazione procedurale ivi prevista: i referenti normativi applicabili alla fattispecie vanno piuttosto rinvenuti nella disciplina generale posta dalla legge n. 9/91 per i nuovi stabilimenti per la lavorazione di oli minerali e le nuove installazioni di gas naturale liquefatto, ed in particolare nel regolamento attuativo (D.P.R. n. 420/94) laddove, all’art. 4, prevede che la concessione per la costruzione degli impianti venga rilasciata solo quando sia comprovata da parte del richiedente la disponibilità del suolo.
Trattandosi di impianto ubicato in sito marino, la disponibilità del suolo non può che farsi coincidere, in via di interpretazione estensiva, con quella della corrispondente zona di mare, ma è pacifico che al momento del rilascio dell’autorizzazione impugnata la Olt fosse sprovvista della relativa concessione demaniale marittima, ed anzi è lo stesso provvedimento autorizzatorio che prescrive alla controinteressata di munirsene. Il provvedimento impugnato risulta perciò illegittimo nella parte in cui pretende di trasformare un vero e proprio presupposto per l’assentibilità dell’impianto in una sorta di condizione di efficacia avverabile “ex post”, esonerando surrettiziamente l’amministrazione procedente dalla verifica preventiva – richiesta dal regolamento – circa la effettiva disponibilità del sito destinato ad accogliere l’impianto. Né in contrario rileva la circostanza del successivo rilascio della concessione demaniale, la legittimità del provvedimento dovendo essere vagliata con riferimento alla situazione di fatto e di diritto esistente al momento della sua emanazione, in conformità con i principi generali (si noti che, in virtù del richiamo contenuto nell’art. 42 co. 4 lett. b) della l.r. n. 39/05, le norme procedurali di cui al D.P.R. n. 420/94 trovano applicazione anche per le procedure di autorizzazione unica di competenza regionale e provinciale, di talché anche in relazione allo “jus superveniens” le conclusioni esposte non mutano).
6. Con il sesto motivo, la ricorrente deduce la violazione della legge n. 108/01, di ratifica della Convenzione internazionale sull’accesso all’informazione, sulla partecipazione del pubblico al processo decisionale e sull’accesso alla giustizia in materia ambientale, fatta ad Aarhus il 25 giugno 1998, nonché dell’art. 23 del D.Lgs. n. 334/99, per non avere le amministrazioni procedenti consentito alle popolazioni interessate dalla costruzione del rigassificatore di partecipare ai processi decisionali esprimendo il loro parere su scelte implicanti notevoli ricadute sulla salubrità dell’ambiente e sulla sicurezza del territorio.
Le parti resistenti replicano, sostenendo che la consultazione delle popolazioni interessate dovrebbe ritenersi assorbita nel procedimento di VIA, nell’ambito del quale la Olt ha fatto pubblicare sui quotidiani “La Repubblica” ed “Il Tirreno” l’avviso dell’avvenuto deposito della documentazione inerente il proprio progetto presso gli uffici regionali, in assenza di osservazioni da parte del pubblico. D’altro canto, i principi in materia di partecipazione degli interessati al procedimento non dovrebbero applicarsi meccanicamente e formalisticamente, ma in prospettiva sostanzialistica, quindi ai fini indicati dalla ricorrente rileverebbe appunto il rispetto delle garanzie previste dalla procedura di VIA, a questo dovendosi aggiungere –la tesi è sostenuta dalla difesa della società Olt – che la stessa ubicazione dell’impianto a distanza dalla terraferma precluderebbe l’applicazione dell’art. 23 D.Lgs. n. 334/99 cit..
Anche tale censura è fondata.
La Convenzione di Aarhus del 25 giugno 1998, ratificata in Italia con legge n. 108/01, all’art. 6 stabilisce, con disposizione immediatamente precettiva, che ogni decisione relativa ad una serie di attività suscettibili di produrre effetti pregiudizievoli sull’ambiente e dettagliatamente elencate, fra cui quelle relative alle attività di gassificazione e liquefazione di gas, sia preceduta nella fase iniziale del processo decisionale da un informazione adeguata, tempestiva ed efficace del pubblico interessato. Per "pubblico interessato", secondo le definizioni della convenzione, si intende il pubblico che subisce o può subire gli effetti dei processi decisionali in materia ambientale o che ha un interesse da far valere al riguardo. L’informazione dovuta riguarda, in particolare:
a) l'attività proposta e la richiesta su cui sarà presa una decisione;
b) la natura delle eventuali decisioni o il progetto di decisione;
c) l'autorità pubblica responsabile dell'adozione della decisione;
d) la procedura prevista, ivi compresi (nella misura in cui tali informazioni possano essere fornite): i) la data di inizio della procedura; ii) le possibilità di partecipazione offerte al pubblico; iii) la data e il luogo delle audizioni pubbliche eventualmente previste; iv) l'indicazione dell'autorità pubblica cui è possibile rivolgersi per ottenere le pertinenti informazioni e presso la quale tali informazioni sono state depositate per consentirne l'esame da parte del pubblico; v) l'indicazione dell'autorità pubblica o di qualsiasi altro organo ufficiale cui possono essere rivolti osservazioni e quesiti nonché i termini per la loro presentazione; vi) l'indicazione delle informazioni ambientali disponibili sull'attività proposta;
e) l'assoggettamento dell'attività in questione ad un procedura di valutazione dell'impatto ambientale a livello nazionale o transfrontaliero.
La controinteressata assume di aver ottemperato ai suoi obblighi di informazione in materia ambientale mediante la pubblicazione su due quotidiani dell’avviso delle comunicazioni inviate alle amministrazioni procedenti ai fini della valutazione dell’impatto ambientale del progetto, ai sensi dell’art. 6 della legge n. 349/86. L’efficacia delle modalità di informazione adottate appare, tuttavia, quantomeno discutibile in relazione alle esigenze tutelate dalla Convenzione, sia sotto il profilo del contenuto e, in special modo, della trasmissione diretta al pubblico delle informazioni ambientali disponibili sull’attività proposta (si veda il sopra citato art. 6 co. 2 n. vi) della Convenzione), sia sotto il non meno rilevante profilo della esiguità del termine di trenta giorni per consentire al pubblico stesso di prepararsi e di partecipare effettivamente al processo decisionale in materia ambientale, come previsto dal medesimo art. 6 al comma terzo. La fondatezza di tali incertezze è confermata dalle modifiche recentemente apportate alla disciplina interna della VIA dal D.Lgs. n. 4/08, correttivo del D.Lgs. n. 152/06, che ha introdotto l’obbligo di fornire al pubblico non più il semplice annuncio della comunicazione inviata alle autorità, ma la notizia del progetto, con una breve descrizione dello stesso e dei suoi possibili principali impatti ambientali, ed ha prolungato a sessanta giorni il termine per la presentazione di osservazioni e di elementi conoscitivi e valutativi, in modo da contemperare le contrapposte esigenze di celerità dell’istruttoria e di fattiva partecipazione degli interessati; dovendosi pertanto concludere che le pubblicazioni effettuate all’interno della procedura di autorizzazione del rigassificatore Olt rappresentano una forma inadeguata di pubblicità rispetto al criterio di efficacia posto dalla Convenzione del 25 giugno 1998, se il termine di trenta giorni per la formulazione di osservazioni viene parametrato alla novità e complessità della materia trattata, la quale ha richiesto alle amministrazioni procedenti quasi due anni per addivenire alla sola pronuncia di VIA, e più di tre anni per la definizione del procedimento autorizzativo nel suo complesso (mancando ancora la concessione demaniale).
6.1. Nella prospettiva della Convenzione, gli aspetti attinenti alla tutela ambientale “strictu sensu” sono peraltro indissolubilmente legati con quelli riguardanti lo stato di salute, la sicurezza e le condizioni di vita delle persone, e sul medesimo piano si muove altresì il legislatore comunitario nella misura in cui, con la Direttiva 96/82/CE, ha imposto agli Stati membri una disciplina comune in materia di prevenzione degli incidenti rilevanti connessi con l’utilizzo di determinate sostanze pericolose, onde limitarne le possibili conseguenze per l'uomo e per l'ambiente. Il legislatore nazionale ha dato attuazione a detta Direttiva mediante il D.Lgs. n. 334/99, in precedenza già citato, che all’art. 23 richiede la consultazione delle popolazioni interessate nei casi di elaborazione di progetti relativi a nuovi stabilimenti in cui siano presenti sostanze pericolose, ovvero, per quanto qui interessa, di creazione di nuovi insediamenti e infrastrutture attorno agli stabilimenti esistenti. Il parere delle popolazioni interessate deve essere espresso nell’ambito del procedimento di formazione dello strumento urbanistico o del procedimento di valutazione di impatto ambientale con le modalità stabilite dalle regioni o dal Ministro dell'ambiente, secondo le rispettive competenze, che possono prevedere la possibilità di utilizzare la conferenza di servizi con la partecipazione dei rappresentanti istituzionali, delle imprese, dei lavoratori e della società civile, qualora si ravvisi la necessità di comporre conflitti in ordine alla costruzione di nuovi stabilimenti, alla delocalizzazione di impianti nonché alla urbanizzazione del territorio.
Dal punto di vista sistematico, il fatto che la norma rimetta all’autorità competente l’individuazione delle modalità per la espressione del parere è chiaramente sintomatico, ad avviso del collegio, della non perfetta sovrapponibilità delle valutazioni relative all’impatto ambientale e di quelle relative alla immediata pericolosità dell’opera per l’uomo, oltre che per l’ambiente, giacché, in caso contrario, sarebbe stato sufficiente rinviare per le modalità procedimentali alle disposizioni vigenti in tema di VIA; il dato lessicale (“consultazione della popolazione”), unitamente alla possibilità di aprire la conferenza di servizi ai rappresentanti delle imprese, dei lavoratori, della società civile, indica d’altro canto l’esigenza che l’amministrazione si faccia portatrice di un ruolo di promozione del coinvolgimento consapevole del pubblico inteso nella sua dimensione collettiva, o comunque nella sua articolazione in categorie esponenziali, piuttosto che delle iniziative isolate di singoli cittadini. In ragione della specificità delle esigenze tutelate, l’art. 23 in esame deve essere pertanto letto nel senso che le amministrazioni procedenti sono onerate di sollecitare la partecipazione popolare sul particolare tema della prevenzione degli incidenti, previa comunicazione delle informazioni sulle misure di sicurezza da adottare, attraverso forme efficaci di coinvolgimento collettivo; le forme della partecipazione debbono inoltre tenere conto della complessità delle questioni tecniche da esaminare e della eventualità che gli interessati debbano rivolgersi ad esperti anche solo per essere in condizione di apprezzare i margini di rischio legati all’intervento, e formarsi in proposito un’opinione seria e documentata, con i tempi minimi che ciò comporta. Se, pertanto, la mancata predeterminazione delle modalità di raccolta dei pareri è il mezzo per calibrare la partecipazione sulle esigenze del caso concreto, a fronte del progetto di un’opera come quella di un rigassificatore “offshore”, connotata da forti implicazioni sul piano dell’impatto ambientale e della sicurezza, la pubblicazione in fase di VIA dell’annuncio di avvenuta comunicazione – strumento di conoscibilità e non di conoscenza degli elementi essenziali del progetto – ed il breve termine di trenta giorni per le osservazioni non assolvono adeguatamente al compito di mettere la popolazione in grado di pronunciarsi in maniera consapevole, con la conseguenza che il parere delle popolazioni interessate sulla realizzazione di impianti pericolosi non può in nessun caso considerarsi assorbito, stante anche la evidenziata diversità dell’oggetto, dagli adempimenti richiesti dall’art. 6 l. 349/86.
7. In forza di tutte le considerazioni che precedono, e nei loro limiti, il ricorso può trovare accoglimento e l’autorizzazione impugnata deve essere annullata. Avuto riguardo ai motivi accolti, l’annullamento non travolge gli atti presupposti oggetto di gravame.
La novità della materia giustifica l’integrale compensazione delle spese processuali.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana, sezione II, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie nei limiti di cui in motivazione, e per l’effetto annulla l’impugnato decreto ministeriale del 23 febbraio 2006.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 11/06/2008 con l'intervento dei Magistrati:
Maurizio Nicolosi, Presidente
Vincenzo Fiorentino, Consigliere
Pierpaolo Grauso, Referendario, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 30/07/2008
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO