BENI PUBBLICI DA RILEGGERE IN SENSO COSTITUZIONALE: ALCUNI SPUNTI DI RIFLESSIONE DALLA LETTURA DELLA SENTENZA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, SEZIONI UNITE CIVILI, 24 NOVEMBRE 2010 (DEP. 14/02/2011) N. 3665.
di Alberto PIEROBON
La recente sentenza della Corte di Cassazione, SS.UU., Civili, n.3665 in data 24 novembre 2010 (depositata il 14 febbraio 2011) è decisamente interessante anche per chi si occupa della materia ambientale, fornendo argomentazioni ricostruttive anche delle regole giuridiche dei beni pubblici contenute nel codice civile agli articoli 822-831, del codice della navigazione (artt. 28-35) il tutto secondo una lettura finalistica e funzionale di questi beni, così come richiede la Costituzione per la realizzazione dei suoi “valori”.
La vicenda nasce da un ricorso promosso da una società privata tendente a far accertare il proprio diritto di proprietà su di una valle di pesca ubicata nella laguna veneta. I resistenti (due ministeri, l’agenzia delle dogane e la regione veneta) oppongono la natura demaniale (c.d. demanio necessario) del bene oggetto della controversia poiché già storicamente, all’epoca dell’impero austriaco, la laguna veniva considerata (in conseguenza delle sue connotazioni fisiche) appartenere al demanio, necessario e marittimo (quindi di origine naturale: vedi l’art. 28 del codice della navigazione).
La sentenza si sofferma sulla nota tripartizione categoriale, di fonte civilistica, dei beni pubblici in :
1) demaniali (art.822 c.c. con criterio di tassatività) appartenente agli enti territoriali (art.824 c.c.);
2) patrimoniali indisponibili (art.826 c.c, commi 1 e 2, con un criterio di residualità rispetto alla prima categoria) con ulteriore suddivisione in patrimonio necessario (per natura, esempio: miniere, acque termali minerali, ecc) e in patrimonio accidentale (per destinazione , esempio edificio comunale ove si svolgono funzioni pubbliche);
3) patrimoniali disponibili (art. 828 c.c., comma 1: con regime ordinario civilistico).
Il regime giuridico dei beni (cfr. l’ art.823 c.c.) oltre a ricordare la appartenenza dei beni demaniali agli enti territoriali (art.824 c.c.) distingue tra:
- il demanio necessario (art.822 c.c., primo comma: esempio marittimo, idrico e militare) e;
- il demanio accidentale o eventuale (art.822 c.c., primo comma: esempio strade, autostrade, immobili di interesse storico-artistico, ecc.).
Per quanto riguarda il demanio marittimo assumono rilievo gli artt. 28-35 del codice della navigazione, e, per quanto riguarda la laguna, l’art.28, primo comma, lett. “d” del cit. cod. navig., ivi espressamente prevista.
Ora, la diretta applicabilità del principio di rango costituzionale della tutela umana della personalità e del suo svolgimento nello Stato sociale (considerato essere anche il paesaggio) comporta una rilettura di tutti quei beni che possono considerarsi (come vedremo di seguito) <funzionali al perseguimento e al soddisfacimento degli interessi della collettività>.
In altri termini, devesi esaminare la disciplina dei beni pubblici secondo una prospettazione, anzi visione (e quindi rilettura anche del dato codicistico, ivi comprese le classificazioni dianzi indicate) riguardante l’aspetto personale e collettivistico piuttosto che patrimoniale e proprietario.
Sicchè i beni non devonsi classificare col criterio della loro titolarità, bensì con quello della funzione e degli interessi collegati ai medesimi beni laddove essi beni, appunto, finalisticamente e funzionalmente servano alla realizzazione degli interessi di tutti i cittadini.
La Corte, invero, segnala diversi aspetti di questa tendenza annoverando, tra molti esempi, anche la trasformazione degli enti e delle società cosiccome avvenuta nell’ambito degli enti locali (cfr. il testo unico degli enti locali, di cui al D.Lgs. 18 agosto 2000, n.267 e ss.mm. e ii.) .
Viene quindi ad essere affermato che <l’aspetto dominicale della tipologia del bene cede il passo alla realizzazione degli interessi fondamentali per il compiuto svolgimento della umana personalità>.
Nel caso in esame, essendo le valli da pesca costituite da bacini di acqua salsa o salmastra comunicanti (anche se non per tutto l’anno, nonostante l’esistenza di chiuse e/o analoghi meccanismi idraulici approntati dai privati) con il mare, esse presentano le medesime utilizzazioni del mare (cioè il bacino è uguale al mare), in ciò rilevando la idoneità attuale del bene, secondo una oggettiva conformazione fisica ai servizi pubblici del mare.
E così le valli da pesca (con l’eccezione delle zone emerse dall’acqua) vengono ad essere attratte - nel loro duplice aspetto finalistico e funzionale - ai beni pubblici realizzanti valori costituzionali. Ragione per cui gli atti di disposizione dei privati nel frattempo intercorsi vanno considerati per la Corte di Cassazione nulli e gli eventuali comportamenti concludenti della pubblica amministrazione vanno considerati illeciti (in quanto assunti contra legem).
Da un punto di vista metodologico e interpretativo parrebbe che così argomentando:
- venga a confermarsi, se ce ne fosse bisogno, una lettura costituzionalmente orientata, della normativa, secondo un doppio criterio: finalistico e funzionalistico;
- venga vieppiù ad essere enfatizzata la prevalenza della tutela umana della personalità (interpretata in uno Stato sociale) rispetto ad altri beni (quali la proprietà ) in una prospettiva che è - come affermato dalla Corte - personale-collettivistica, non più patrimoniale-proprietaria;
- possa avvenire la identificazione, la qualificazione, la sussumibilità, eccetera dei beni pubblici nell’alveo di quelli collegati agli interessi di tutti i cittadini grazie ad un ancoraggio, al contempo, “storico” e “naturale”. Ovvero che il bene possa ricondursi ad una valutazione di interesse pubblico (quale l’acqua all’epoca dell’impero austriaco e prima ancora ovviamente) e che il medesimo bene necessariamente (fisicamente) sia considerato di interesse pubblico anche grazie alla sua “conformazione” naturalistica (per esempio, per le valli di pesca, il bacino di acqua salmastra “collegato” quantomeno sotto il profilo dell’idoneità, al mare);
- si ravvisi, in questa nuova visione, questi nuovi elementi di emersione di un bene pubblico demaniale, talchè tutti gli atti privati e financo pubblici (ivi comprese eventuali ricognizioni provvedimentali e altro) vengano meno, a favore dei fondamentali interessi al compiuto svolgimento della umana personalità.
Destrutturando le classificazioni normative e reinterpretandole alla luce di questo approccio, altri beni per così dire…. “naturalistici” potrebbero assurgere ad una siffatta (potenziata) tutela costituzionalmente protetta, ma potrebbero altresì intravvedersi (se non aprirsi) finalmente quelle “brecce” che la processualistica talvolta ha cercato di aprire (nella giurisdizione, nella legittimazione, eccetera) per la tutela di siffatte posizioni (e dei beni sottesi).
Per fare un esempio concreto, si rammenta la vicenda (originatasi nel 2007), relativa alla realizzazione, da parte del Commissariato straordinario di Governo per l’emergenza rifiuti, di una discarica di rifiuti urbani in Campania, più esattamente nel territorio del Comune di Serre (Salerno).
Il Comune allora ricorse contro l’ordinanza commissariale, avanti il Tribunale di Salerno, ritenendo avere una posizione di ente esponenziale della comunità territoriale, ovvero di diritto soggettivo assoluto (garantito, quindi, dalla Costituzione), incomprimibile, in quanto riguardante il diritto alla salute e alla salubrità dell’ambiente, cosicchè il Comune motivava (e giustificava), nel caso di specie, la giurisdizione del giudice ordinario.
Il giudice accoglieva il ricorso ordinando <al commissario straordinario di Governo per l'emergenza rifiuti in Campania di astenersi dall'installare e dal porre in esercizio l'impianto di discarica dei rifiuti nel comune di Serre, in località Valle della Masseria>. Al contempo venivano riconosciuti i <vincoli paesaggistici, naturalistici ed idrogeologici> del sito, costituendo <un unicum che sottende un'identità storica, culturale ed economica di eccezionale valore>[1].
Seguirono altri contenziosi, ci limitiamo qui a segnalare la sentenza della Corte di Cassazione, Sezioni Unite, in data 28 dicembre 2007, n. 27187 la quale enunciava d’ufficio – <nell’interesse della legge> (ex art. 363, terzo comma, c.p.c.[2]) il duplice principio di diritto secondo il quale:
1) nella specie, l’eventuale controversia di merito, <tendendo ad inibire la collocazione su un’area sita nel Comune di Serre dell’opera pubblica particolare costituita dalla discarica>, atteneva <all’uso o gestione del territorio regionale> ed era, pertanto, <da qualificare “urbanistica” o edilizia>, come tale <regolata, sul piano della tutela giurisdizionale, dal (…) d.lgs. n. 80 del 1998, art. 34, comma 1, come successivamente modificato>, attributivo al giudice amministrativo della giurisdizione esclusiva;
2) <Anche in materia di diritti fondamentali tutelati dalla Costituzione, quali il diritto alla salute (art. 32 Cost.), allorché la loro lesione sia dedotta come effetto di un comportamento materiale, espressione di poteri autoritativi e conseguente ad atti della P.A., di cui sia denunciata l’illegittimità, in materie riservate alla giurisdizione esclusiva dei giudici amministrativi, come ad esempio in quella di gestione del territorio, compete a detti giudici la cognizione esclusiva delle relative controversie e circa la sussistenza in concreto dei diritti vantati e il contemperamento o la limitazione dei suddetti diritti in rapporto all’interesse generale pubblico all’ambiente salubre e l’emissione di ogni provvedimento cautelare, per assicurare provvisoriamente gli effetti della futura decisione finale sulle richieste inibitorie, demolitorie ed eventualmente risarcitorie dei soggetti che deducono di essere danneggiati da detti comportamenti o provvedimenti>.
Nel frattempo, ovvero prima della emanazione della predetta sentenza, veniva (non a caso…) alla luce l’art. 4, comma 2, del d.l. n. 90 del 2008[3], in applicazione del quale il T.A.R. del Lazio e poi il Consiglio di Stato non riconfermavano il provvedimento adottato dal Tribunale di Salerno.
Indi, il Comune di Serre ricorreva alla Corte Costituzionale per incostituzionalità, sotto molteplici profili, del decreto legge n.90/2008[4], in quanto violativo, tra altri:
- dell’art.32 Costituzione, per il pericolo creato (come incidenza negativa) sul diritto alla salute dei cittadini[5];
- >degli artt. 2 e 117, primo comma, Cost., perché – in quanto lesiva del diritto alla salute – si pone in contrasto con un diritto inviolabile della persona costituzionalmente garantito e, di conseguenza, con il principio per cui la potestà legislativa dello Stato deve espletarsi nel rispetto della Costituzione>;
- dell’art. 9 Cost., perché riguarda una località <di eccezionale valore naturalistico>, riconosciuto a livello comunitario ed internazionale e, pertanto, contrasta con il principio della tutela del paesaggio;
- degli artt. 9, 114 e 118 Cost., perché <viene ad incidere su un unicum che sottende un’identità storica, culturale ed economica di eccezionale valore, costituzionalmente protetta>;
- dell’art. 3 Cost., perché, in contrasto con i princípi della ragionevolezza e dell’uguaglianza sostanziale dei cittadini, prevede la realizzazione di una seconda discarica nella medesima località in cui è già operante una discarica dei rifiuti solidi di tutta la Regione;
Intervenne, quindi, l’ordinanza Corte costituzionale, n.241 del 7 luglio 2010 che, dopo aver ripercorso il sofferto iter giudiziale (nei suoi vari livelli) concludeva dichiarando, con un ragionamento perlopiù processuale….. <la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 4, comma 2, e dell'art. 9, comma 1, del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 90 (Misure straordinarie per fronteggiare l'emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella regione Campania e ulteriori disposizioni di protezione civile), convertito, con modificazioni, dalla legge 14 luglio 2008, n. 123, sollevate - in riferimento agli artt. 2, 3, 9, 24, 32, 100, 101, 102, 103,104, 111, 113, 114, 117 e 118 della Costituzione - dal Tribunale di Salerno con l'ordinanza in epigrafe>.
Ricapitolando e andando al “succo” dei discorsi quivi brevemente intavolati: come fanno ad essere riconosciuti (a trovare ingresso) questi diritti cosiddetti “sociali” (che poi, per quanto osservato, riflettono i beni ad essi funzionalizzati e/o finalizzati) se poi processualmente parlando non si riesce (effettivamente, nel senso di incisione nei rapporti giuridici in atto, nella disciplina positiva) ad ottenere una qualche giustizia, ovvero ad entrare nella sostanza e nel concreto delle questioni?
Pare essere andata (per fortuna…) diversamente per la vicenda delle valli di pesca (laguna), sulla quale assai interessantemente (per noi tutti), anche sotto il profilo dei criteri e del metodo (a mo’ di rottura di un argine anche mentale di molti nostri giuristi) ha avuto modo di innovativamente argomentare la Corte di Cassazione.
Ma il nostro legislatore (governativo[6]) nel famoso “decreto milleproroghe” approvato definitivamente dal Senato in data 27 febbraio 2011, ha (tra molto altro) inserito l’articolo 2, comma 1-ter sintomaticamente titolato <Ricognizioni dei terreni nella laguna di Venezia>, stabilendo che, fino al completo trasferimento alle Regioni e alle Province dei beni del demanio marittimo e idrico, previsto dall'art. 1, comma 3, del D.Lgs. n. 85 del 2010, recante attribuzione a comuni, province, città metropolitane e regioni di un proprio patrimonio, in attuazione dell'articolo 19 della legge 5 maggio 2009, n. 42, si provveda, per i terreni agricoli e le valli da pesca della laguna di Venezia, alla ricognizione dei compendi già di proprietà privata (e dunque non appartenenti al demanio!) in quanto costituiti da valli arginate, alla data di entrata in vigore del dell'art. 28 codice della navigazione, approvato con R.D. 30 marzo 1942, n. 327. In pratica si intende garantire la certezza della proprietà privata almeno dalla data di entrata in vigore del codice della navigazione sui compendi costituiti da valli arginate nei terreni agricoli e nelle valli da pesca della laguna di Venezia…. Un compromesso? Un bilanciamento tra chi aveva fatto affidamento su un istituto “terribile” come la proprietà privata e le esigenze pubblicistiche dianzi lumeggiate? Bisognerebbe fare una valutazione casistica delle proprietà e loro titolarità (come nominativi) e della loro consistenza per meglio esprimersi al di là degli espedienti formali che conducono, nella superficie, al confezionamento di concetti (certezza della proprietà, conservazione dei rapporti giuridici sorti all’epoca, addirittura in epoca preunitaria, eccetera) sui quali tutti, in prima battuta, possiamo essere d’accordo. Bisogna vedere, appunto, quale è il “vero” voluto della norma.
Tornando al succo delle considerazioni sopra abbriviate, va altresì notato che un altro (forte, costoso, dissuasivo) elemento di riflessione non può prescindere dalla constatazione che un qualsiasi cittadino per ottenere “giustizia” o, per vedersi chiarito l’ambito giurisdizionale (cioè capire se può, per esempio, chiedere “giustizia” all’autorità giudiziaria ordinaria, bensì al solo T.A.R. Lazio, non quello campano) occorre che egli disponga non solo di tanta pazienza, ma pure di tante risorse (economiche) per potersi permettere di avviare e di coltivare (a tutti i livelli) i ricorsi di cui trattasi.
Tanto più che, come sembra avvenuto nella vicenda giudiziale della discarica di Serre, potrebbero erigersi “argini” o “blindature”, onde fermare in un qualche modo i diritti de quibus. In effetti, il decreto- legge n.90/2008 è intervenuto (come visto) successivamente alle ordinanze del tribunale di Salerno, trattasi di un decreto, come sappiamo, provocato dalle note esigenze emergenziali e di difficoltà sociale nella realizzazione del piano commissariale, ma con il quale decreto, in buona sostanza, si è voluto ribadire (si badi: in sede legislativa) le scelte già effettuate dall’organo commissariale circa la localizzazione della discarica di Serre e, altresì (per quanto accennato), rendere più difficoltosa la domanda di giustizia,peraltro investendo del giudizio organi giudiziali non appartenenti più al territorio di riferimento - quasi implicitamente affermando che la “vicinanza” (se non appartenenza) territoriale del giudice potrebbe aver comportato una sua “simpatia”, una condivisione e una difesa della problematica ambientale e sociale di quel territorio - bensì della Capitale……
Rischiando, forse, di essere tacciati di ovvietà, vogliamo attenzionare il lettore che ha avuto la pazienza fin qui di seguirci, sul fatto che stiamo parlando di diritti che non riguardano solamente beni pubblici “corporei” nel senso precedentemente additato, ma pure di beni immateriali, concernenti aspetti valoriali oggigiorno incandescenti, tra i quali citasi la sicurezza, l’immigrazione, la libertà di manifestazione del pensiero, la libertà di accedere alle informazioni e alla istruzione pubblica e così via.
Finchè i concetti rimangono astratti, per esempio sbandierando l’equiparazione teorica tra giustizia e uguaglianza, senza arrivare ad aspetti di concretezza ( e al loro inveramento), così riferendo, per esempio, la uguaglianza alla libertà, anzi (più esattamente) la uguaglianza <nella libertà, cioè come uguaglianza nella libera esplicazione della propria personalità>[7] continuerà a mancare l’effettività degli stessi diritti, di fatto svuotandoli.
Come diceva, con la serietà che lo contraddistingueva, un grande studioso del diritto <A chiunque si proponga di fare un esame spregiudicato dello sviluppo dei diritti dell’uomo dopo la seconda guerra mondiale consiglierei questo salutare esercizio: leggere la Dichiarazione universale e poi guardarsi attorno>[8].
In questo senso la sentenza della Corte di Cassazione, SS.UU., Civili, n.3665 in data 24 novembre 2010 (depositata il 14 febbraio 2011) che qui abbiamo succintamente annotato, pare infondere qualche speranza……ma, occorre altresì - per quanto dianzi accennato - consentire al comune cittadino delle forme di giustiziabilità più chiare, agevoli e di sostanza, onde portare questi diritti (e concetti) dal livello astratto a quello concreto.
[1] Un « unicum » comprendente (per contiguità territoriale) l'Oasi protetta dal WWF, circostanza peraltro avvalorata dal decreto del Ministro dei Beni Culturali del 1993 attestante la <area di notevole interesse pubblico> ed inoltre la dichiarazione del Ministro dell'Ambiente del 2003del sito di Valle della Masseria come < zona umida di importanza internazionale>.
[2] Il vigente art. 363 del C.P.C. è titolato <Principio di diritto nell’interesse della legge> e stabilisce che <1.Quando le parti non hanno proposto ricorso nei termini di legge o vi hanno rinunciato, ovvero quando il provvedimento non è ricorribile in cassazione e non è altrimenti impugnabile, il Procuratore generale presso la Corte di cassazione può chiedere che la Corte enunci nell'interesse della legge il principio di diritto al quale il giudice di merito avrebbe dovuto attenersi. 2. La richiesta del procuratore generale, contenente una sintetica esposizione del fatto e delle ragioni di diritto poste a fondamento dell'istanza, è rivolta al primo presidente, il quale può disporre che la Corte si pronunci a sezioni unite se ritiene che la questione è di particolare importanza.3.Il principio di diritto può essere pronunciato dalla Corte anche d'ufficio, quando il ricorso proposto dalle parti è dichiarato inammissibile, se la Corte ritiene che la questione decisa è di particolare importanza.4.La pronuncia della Corte non ha effetto sul provvedimento del giudice di merito>.
[3] Recante <Misure straordinarie per fronteggiare l'emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella regione Campania e ulteriori disposizioni di protezione civile>. L’art. 4 <Tutela giurisdizionale> così recita <1. Ferme restando le disposizioni di cui all'articolo 3 del decreto-legge 30 novembre 2005 n. 245, convertito, con modificazioni,dalla legge 27 gennaio 2006, n. 21, con le risorse umane e strumentali previste a legislazione vigente, sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutte le controversie, anche in ordine alla fase cautelare, comunque attinenti alla complessiva azione di gestione dei rifiuti, seppure posta in essere con comportamenti dell'amministrazione pubblica o dei soggetti alla stessa equiparati. La giurisdizione di cui sopra si intende estesa anche alle controversie relative a diritti costituzionalmente tutelati. 2. Le misure cautelari, adottate da una autorita' giudiziaria diversa da quella di cui al comma 1, cessano di avere effetto ove non riconfermate entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto dall'autorita' giudiziaria competente ai sensi del presente articolo>.
[4] In particolare dell’art. 9 <Discariche>, comma 1, ove <Allo scopo di consentire lo smaltimento in piena sicurezza dei rifiuti urbani prodotti nella regione Campania, nelle more dell'avvio a regime della funzionalità dell'intero sistema impiantistico previsto dal presente decreto, nonché per assicurare lo smaltimento dei rifiuti giacenti presso gli impianti di selezione e trattamento dei rifiuti urbani e presso i siti di stoccaggio provvisorio, è autorizzata la realizzazione, nel pieno rispetto della normativa comunitaria tecnica di settore, dei siti da destinare a discarica presso i seguenti comuni: Sant'Arcangelo Trimonte (BN) - località Nocecchie; Savignano Irpino (AV) - località Postarza; Serre (SA) - località Macchia Soprana; nonché presso i seguenti comuni: Andretta (AV) - località Pero Spaccone (Formicoso); Terzigno (NA) - località Pozzelle e località Cava Vitiello; Napoli località Chiaiano (Cava del Poligono - Cupa del cane); Caserta - località Torrione (Cava Mastroianni); Santa Maria La Fossa (CE) - località Ferrandelle; Serre (SA) - località Valle della Masseria>.
[5] <consistente in un maggior rischio «di patologie cardiovascolari, urogenitali ed al sistema nervoso, nonché dei tumori, derivanti dalla vicinanza a discariche>.
[6] Condividendosi quanto ha avuto occasione di affermare il costituzionalista Michele AINIS nell’articolo “Rasoio contro i decreti millepiedi” apparso ne “Il Sole 24 Ore” in data 26/02/2011 per il quale ormai <il Parlamento ha smesso di legiferare, sicchè legifera il Governo per decreto> tanto che si è ricorsi ad un maxiemendamento così che <il governo sequestra il Parlamento>.
[7] Vedasi N.BOBBIO,Lezioni di filosofia del diritto.Ad uso degli studenti,Giappichelli, Torino, 1946, pagg.113-114.
[8] Così N.BOBBIO, Autobiografia (a cura di A.PAPUZZI), Laterza, Roma-Bari, 1997, pag.230, il quale Autore nel testo (redatto nel 1967-68) prosegue <Quante vittime innocenti di guerre crudeli, quanto abominevole razzismo, quanta degradante povertà, e quanto spirito di sopraffazione, di dominio, di protervia, di disprezzo per i deboli, di cieca invidia per i forti; quanto fanatismo! Altro che dignità della persona umana! La storia dell’uomo è vecchia di millenni ma, paragonata alle nostre speranze, è appena cominciata>.