Cons. Stato Sez. VI n. 24 dell\' 11 gennaio 2010
Ambiente in genere. Diritto di accesso alle informazioni
Quale che sia la natura del diritto d\' accesso lo stesso è strumentale rispetto alla protezione di un\'ulteriore o sottesa situazione soggettiva che non necessariamente è di interesse legittimo o di diritto soggettivo, ma che può avere la consistenza di un interesse collettivo o diffuso o di un interesse semplice o di fatto. Tale posizione giuridica attiva, tuttavia, in qualsiasi modo la si voglia qualificare, deve sussistere affinchè la pretesa all’accesso agli atti possa trovare protezione. E ciò vale laddove l’istante agisca in proprio, ma anche allorchè la richiesta (congiunta od isolata) venga articolata da associazioni esponenziali
Ambiente in genere. Diritto di accesso alle informazioni
Quale che sia la natura del diritto d\' accesso lo stesso è strumentale rispetto alla protezione di un\'ulteriore o sottesa situazione soggettiva che non necessariamente è di interesse legittimo o di diritto soggettivo, ma che può avere la consistenza di un interesse collettivo o diffuso o di un interesse semplice o di fatto. Tale posizione giuridica attiva, tuttavia, in qualsiasi modo la si voglia qualificare, deve sussistere affinchè la pretesa all’accesso agli atti possa trovare protezione. E ciò vale laddove l’istante agisca in proprio, ma anche allorchè la richiesta (congiunta od isolata) venga articolata da associazioni esponenziali
N. 00024/2010 REG.DEC.
N. 05581/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
DECISIONE
Sul ricorso numero di registro generale 5581 del 2009, proposto da:
Silp - Sindacato Italiano Lavoratori di Polizia per la Cgil, Segreteria Provinciale di Genova, rappresentato e difeso dall\'avv. Matteo Repetti, con domicilio eletto presso Maria Carla Vecchi in Roma, viale Giulio Cesare, 118;
contro
Ministero dell\'Interno, in persona del Ministro pro-tempore, rappresentato e difeso dall\'Avvocatura Generale dello Stato e presso quest’ultima domiciliato per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per
la riforma
della sentenza del T.A.R. LIGURIA , SEZIONE II, 3 aprile 2009, n. 585.
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Visto l\'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell\'Interno;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nella camera di consiglio del giorno 31 luglio 2009, il Consigliere Fabio Taormina e uditi per le parti gli avvocati come da verbale d’udienza;
Ritenuto e considerato, in fatto e diritto, quanto segue:
FATTO
Con l\'impugnata sentenza il Tar della Liguria ha respinto il ricorso di primo grado proposto dalla odierna parte appellante e finalizzato ad ottenere l’accertamento del proprio diritto all’accesso ai documenti di cui alla istanza presentata il 15 dicembre 2008.
Tale richiesta era stata avanzata dalla qui appellante associazione sindacale in relazione alla circostanza che il poligono di tiro esistente presso al Caserma della P.S. “Ilardi” di Genova era ormai chiuso da tre anni per la necessità di svolgere lavori di adeguamento alla normativa vigente. Stante il protrarsi dei lavori, era stato chiesto di ottenere dall’appellata amministrazione copia degli atti adottati per l’affidamento dei lavori di adeguamento e/o manutenzione del Poligono (in particolare: nome dell’impresa e il termine previsto per la conclusione dei lavori, copia di tutti gli atti relativi alla interruzione dei lavori e gli eventuali provvedimenti adottati successivamente, nonché lo stato del procedimento relativo alla riapertura del poligono di tiro).
L’odierna parte appellante aveva impugnato il provvedimento reiettivo, sostenendo che sussisteva l’interesse del sindacato a conoscere i documenti richiesti atteso che gli stessi hanno attinenza alla propria attività in quanto si riverberano direttamente sulle modalità di svolgimento delle esercitazioni di tiro degli appartenenti alla Polizia di Stato di Genova.
I primi Giudici hanno respinto il ricorso rilevando che i documenti di cui alla richiesta di accesso non erano collegati direttamente ad una situazione giuridicamente tutelata propria del sindacato e neppure ad una situazione propria degli iscritti al sindacato stesso.
In particolare, è stato osservato dal Tar che il collegamento tra il ritardo nella conclusione dei lavori nella caserma “Ilardi” e la sicurezza dei lavoratori della polizia appariva indiretto.
Si sosteneva infatti, nel ricorso di primo grado, che la necessità di recarsi fuori Genova per l’espletamento delle esercitazioni di tiro limitasse la possibilità degli appartenenti alla Polizia di Stato di potere accedere alle esercitazioni: i primi Giudici hanno rilevato che tale conseguenza, ove anche fondata, dipendeva dall’amministrazione che non organizzava con sufficiente frequenza le trasferte per le esercitazioni.
Secondo il Tar della Liguria, (pur sconoscendosi esistenza e contenuto della normativa interna relativa al numero e alla frequenza delle esercitazioni di tiro) la chiusura del poligono non influiva negativamente sulla possibilità che il sindacato aveva di fare valere l’eventuale inosservanza, da parte dell’amministrazione, della relativa normativa: la conoscenza delle cause del ritardo, inoltre, non influiva sulla possibilità per l’associazione sindacale di fare valere i diritti degli iscritti e neppure consentiva all’associazione una più agevole tutela degli stessi.
Anche il versante relativo alla prospettazione secondo cui la necessità di recarsi fuori Genova comportava l’espletamento di trasferte anche pericolose (con possibilità di incidenti stradali) non appariva decisivo: l’incidenza causale della chiusura del poligono sulla possibilità di incidenti durante le trasferte era solo indiretta in quanto tali incidenti, quando non accidentali, derivavano dal mancato rispetto durante la trasferta delle normativa sulla sicurezza stradale e non certo dalla chiusura del poligono: il sindacato potrebbe interloquire sulle modalità di effettuazione delle trasferte ma non già non sulle vicende relative all’appalto dei lavori.
Conclusivamente, ha osservato il Tar, la richiesta di accesso per cui è causa configurava un tentativo di controllo generalizzato sull’operato della amministrazione e meritava pertanto di essere disattesa.
Avverso detta decisione ha proposto un articolato appello l’ originaria parte ricorrente chiedendo l’annullamento della decisione appellata, in quanto contraddittoria ed erronea.
L’appellante sindacato ha sottolineato che si è in presenza di un interesse tutelato che pertiene sia alla formazione sociale, che ai propri iscritti, che alla intera collettività: l’addestramento all’uso delle armi degli operatori di polizia, infatti, costituisce precipuo interesse della collettività, integrando momento fondamentale per garantire che i medesimi maneggino le armi con padronanza ed evitando inutili rischi.
La irragionevolezza di costringere gli operatori a lunghe e costose trasferte è evidente; i lavori di adeguamento del poligono erano stati disposti su specifica segnalazione del sindacato odierno appellante ed avevano formato oggetto di accordo con le organizzazioni sindacali: erroneamente si era escluso da parte dei primi Giudici che il sindacato non avesse legittimazione.
Sotto altro profilo, nessun apprezzabile interesse poteva essere sotteso alla mancata ostensione degli atti.
L’ appellata amministrazione si è costituita nell’odierno giudizio non depositando difese scritte.
DIRITTO
L’appello è infondato.
Ritiene il Collegio di condividere la ricostruzione sistematica secondo cui “quale che sia la natura del diritto d\' accesso lo stesso è strumentale rispetto alla protezione di un\'ulteriore o sottesa situazione soggettiva che non necessariamente è di interesse legittimo o di diritto soggettivo, ma che può avere la consistenza di un interesse collettivo o diffuso o di un interesse semplice o di fatto” (Consiglio Stato , sez. V, 10 agosto 2007, n. 4411).
Tale posizione giuridica attiva, tuttavia, in qualsiasi modo la si voglia qualificare, deve sussistere affinchè la pretesa all’accesso agli atti possa trovare protezione.
E ciò vale laddove l’istante agisca in proprio, ma anche allorchè la richiesta (congiunta od isolata) venga articolata da associazioni esponenziali.
Non sussistono elementi per discostarsi dall’orientamento in passato espresso dalla Sezione secondo cui “il diritto di accesso non si configura mai come un\'azione popolare (fatta eccezione per il peculiare settore dell\' accesso ambientale), ma postula sempre un accertamento concreto dell\'esistenza di un interesse differenziato della parte che richiede i documenti. La titolarità (o la rappresentatività) degli interessi diffusi non giustifica un generalizzato e pluricomprensivo diritto alla conoscenza di tutti i documenti riferiti all\'attività di un gestore del servizio e non collegati alla prestazione dei servizi all\'utenza, ma solo al più limitato diritto alla conoscenza di atti, relativi a servizi rivolti ai consumatori, che incidono in via diretta e immediata, e non in via meramente ipotetica e riflessa, sugli interessi dei consumatori.” (Consiglio Stato , sez. VI, 10 febbraio 2006, n. 555).
Anche in materia di “accesso ambientale”, peraltro, (laddove maggiormente si è assistito ad una dilatazione, in primis legislativa, del concetto di interesse sotteso all’accesso), si è avuto modo di sottolineare in senso definitorio che “la domanda di accesso alle informazioni ambientali può consistere anche in una generica richiesta di informazioni sulle condizioni di un determinato contesto ambientale, a condizione che questo sia specificato e che la richiesta non sia mirata ad un mero sindacato ispettivo sull\'attività del comune.”(Consiglio Stato , sez. VI, 16 febbraio 2007, n. 668, e n. 555 del 10.2.2006).
Con particolare riferimento alla legittimazione attiva delle organizzazioni sindacali, è stato condivisibilmente rilevato che “l\'organizzazione sindacale può essere titolare di un interesse giuridicamente rilevante all\'accesso di atti e documenti amministrativi, sia in relazione alla posizione di singoli iscritti, con necessaria esclusione di ogni ipotesi di pur potenziale conflitto di interessi, sia in relazione a un interesse proprio dell\'organizzazione, il quale sia rapportabile - secondo la terminologia giuslavoristica - a una posizione di parte del conflitto collettivo che intercorre istituzionalmente tra sindacato e datore di lavoro e quindi, nel settore pubblico, tra sindacato e amministrazione che agisca nella veste di datore di lavoro.” (Consiglio Stato , sez. IV, 30 dicembre 2003, n. 9158)
A tal proposito, invero, in passato è stato affermato dalla Sezione che il principio della trasparenza amministrativa accolto dal nostro ordinamento non è affatto assoluto e incondizionato, ma subisce alcuni temperamenti, basati, fra l\'altro, sulla limitazione dei soggetti attivi del diritto di accesso. La posizione legittimante l\'accesso è costituita da una situazione giuridicamente rilevante (comprensiva anche degli interessi diffusi) e dal collegamento qualificato tra questa posizione sostanziale e la documentazione di cui si pretende la conoscenza (decisione del 22 maggio 2006, n. 2959).
La titolarità (o la rappresentatività) degli interessi diffusi non giustifica, tuttavia, un generalizzato e pluricomprensivo diritto alla conoscenza di tutti i documenti riferiti all\'attività del gestore del servizio e non collegati alla prestazione dei servizi all\'utenza.
Con tale decisione, invero, si è definito l’interesse tutelato, che tuttavia era pur sempre riconducibile allo statuto fondante dell’organismo associativo richiedente e soprattutto coerente con la posizione attiva vantata.
L’altro “polo” dell’interpretazione giurisdizionale, del pari in passato predicata dalla Sezione, è volto a qualificare l’interesse sotteso all’actio ad exibendum, affermando che “il diritto di accesso è riconosciuto a chiunque - compresi i soggetti portatori di interessi diffusi e collettivi - vi abbia interesse, per la tutela di situazioni giuridicamente rilevanti e detto interesse deve essere diretto, concreto ed attuale.” (Consiglio di Stato , sez. VI, 27 febbraio 2008, n. 721).
Con specifico riferimento alla posizione delle associazioni sindacali, di recente la Sezione ha precisato che “sussiste il diritto dell\' organizzazione sindacale ad esercitare il diritto di accesso per la cognizione di documenti che possano coinvolgere sia le prerogative del sindacato quale istituzione esponenziale di una determinata categoria di lavoratori, sia le posizioni di lavoro di singoli iscritti nel cui interesse e rappresentanza opera l\' associazione. Rileva, infatti, un duplice profilo di legittimazione che consente di azionare il diritto di accesso da parte delle organizzazioni sindacali sia iure proprio, sia a tutela di interessi giuridicamente rilevati della categoria rappresentata. Detta sfera di legittimazione, non può tuttavia tradursi in iniziative di preventivo e generalizzato controllo dell\' intera attività dell\'amministrazione datrice di lavoro, sovrapponendosi e duplicando compiti e funzioni demandati ai soggetti istituzionalmente ed ordinariamente preposti nel settore di impiego alla gestione del rapporto di lavoro. Tale preclusione è espressamente codificata all\' art. 24, comma terzo, della legge n. 241/1990, nel teso novellato dall\' art. 16 della legge n. 15/2005, in base al quale "non sono ammissibili istanze di accesso preordinate ad un controllo generalizzato dell\' operato delle pubbliche amministrazioni". Pertanto, la domanda di accesso, ancorché esplicata in esercizio della prerogative dell\' organizzazione sindacale soggiace al filtro dell\'esistenza di un interesse diretto, concreto e attuale corrispondente ad un situazione giuridicamente tutelata che trovi collegamento nel documento che si vuole conoscere.” (sez. VI, 6 marzo 2009, n. 1351).
Nel caso di specie, proprio alla stregua dei condivisibili principi dianzi esposti, deve rilevarsi che la posizione attiva sottesa alla pretesa all’accesso azionata è sfornita dei superiori caratteri di concretezza, ed esattamente il Tar si è pronunciato nel senso della infondatezza della pretesa.
A monte non emerge a quale interesse specifico e diretto risponda la richiesta di accesso dell’appellante associazione.
Parte appellante “giustifica” detta richiesta con la tesi secondo cui l’addestramento all’uso delle armi degli operatori di polizia costituisce precipuo interesse della collettività, integrando momento fondamentale per garantire che i medesimi maneggino le armi con padronanza ed evitando inutili rischi.
Si osserva da un canto che tale circostanza non legittima il Sindacato ad eventualmente intraprendere attività finalizzate ad incidere sul quomodo mediante il quale l’amministrazione garantisce l’addestramento; sotto altro profilo che, come esattamente evidenziato dal Tar, prospettare i rischi attinenti alla circolazione stradale discendenti dalla necessità di svolgere l’addestramento in altro sito costituisce elemento del tutto distonico dall’interesse come prima qualificato.
Distonico e, a tacer d’altro, privo di qualsivoglia collegamento (se non indiretto in massimo grado).
Sotto altro profilo, e per concludere sull’argomento, non è dato riscontrare nel sistema del pubblico impiego “non contrattualizzato” italiano, un sistema cogestorio che legittimi le associazioni sindacali ad ingerirsi in scelte tipicamente discrezionali dell’amministrazione quali, per esempio, quella di allocare un sito lavorativo (o, come nella ipotesi in questione, addestrativo) in un luogo piuttosto che in un altro.
A tali inaccoglibili conclusioni, invero, ove spinto alle estreme conseguenze, indurrebbe l’accoglimento delle tesi dell’appellante associazione sindacale. Alla stregua delle argomentazioni sostenute nel ricorso in appello, si dovrebbe giungere ad affermare, ad esempio, la sussistenza di un interesse rilevante all’accesso agli atti con i quali si è deliberata la delocalizzazione di un commissariato, ed il trasferimento dello stesso in altro sito, più distante dal centro, perché onererebbe i dipendenti ad un più lungo percorso per raggiungerlo (o perché, ma gli esempi potrebbero essere infiniti, ubicato in prossimità del mare, esporrebbe i medesimi dipendenti a condizioni climatiche meno favorevoli, etc).
Tale tesi merita la reiezione.
Per il vero, sebbene non sia stato direttamente prospettato un possibile intervento del Giudice penale o contabile, dal complessivo contenuto del gravame emerge in realtà la possibile ratio della richiesta di accesso in esame: quella di svolgere un completo controllo sulle modalità di svolgimento del procedimento relativo alla ristrutturazione del poligono, laddove si fa riferimento (pag. 3 del ricorso in appello) ai costi sostenuti dall’amministrazione per organizzare le trasferte ed ad una conseguente non oculata spendita del pubblico denaro.
Anche tale interesse - che ben potrebbe definirsi “parainvestigativo” – esula però dagli interessi sia dell’Associazione Sindacale che degli aderenti.
Esso, può concludersi, potrebbe agevolmente essere soddisfatto in sede di procedimento penale o di giudizio contabile, e rientra nelle prerogative degli organi giurisdizionali competenti eventualmente aditi vagliare la necessità di acquisire la documentazione in premessa indicata a quei fini (si veda, in particolare, sul punto la decisione della Sezione n. 555/06, laddove si è puntualizzato che l’accesso non può essere un mezzo per compiere una indagine o un controllo ispettivo, “cui sono ordinariamente preposti organi pubblici, perché in tal caso nella domanda di accesso è assente un diretto collegamento con specifiche situazioni giuridicamente rilevanti”.).
Anche sotto tale angolo prospettico appare, pertanto, esatta e meritevole di conferma l’appellata sentenza e non meritevole di accoglimento l’appello proposto che, conclusivamente, deve essere respinto.
Sussistono nondimeno giusti motivi per compensare le spese del grado, a cagione della specificità degli elementi di fatto sottesi alla presente controversia, ed alla natura della stessa.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, respinge il ricorso in appello indicato in epigrafe.
Spese del grado compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall\'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 31 luglio 2009 con l\'intervento dei Signori:
Paolo Buonvino, Presidente FF
Luciano Barra Caracciolo, Consigliere
Maurizio Meschino, Consigliere
Roberto Giovagnoli, Consigliere
Fabio Taormina, Consigliere, Estensore
L\'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Il Segretario
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 11/01/2010
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
Il Dirigente della Sezione
N. 05581/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
DECISIONE
Sul ricorso numero di registro generale 5581 del 2009, proposto da:
Silp - Sindacato Italiano Lavoratori di Polizia per la Cgil, Segreteria Provinciale di Genova, rappresentato e difeso dall\'avv. Matteo Repetti, con domicilio eletto presso Maria Carla Vecchi in Roma, viale Giulio Cesare, 118;
contro
Ministero dell\'Interno, in persona del Ministro pro-tempore, rappresentato e difeso dall\'Avvocatura Generale dello Stato e presso quest’ultima domiciliato per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per
la riforma
della sentenza del T.A.R. LIGURIA , SEZIONE II, 3 aprile 2009, n. 585.
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Visto l\'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell\'Interno;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nella camera di consiglio del giorno 31 luglio 2009, il Consigliere Fabio Taormina e uditi per le parti gli avvocati come da verbale d’udienza;
Ritenuto e considerato, in fatto e diritto, quanto segue:
FATTO
Con l\'impugnata sentenza il Tar della Liguria ha respinto il ricorso di primo grado proposto dalla odierna parte appellante e finalizzato ad ottenere l’accertamento del proprio diritto all’accesso ai documenti di cui alla istanza presentata il 15 dicembre 2008.
Tale richiesta era stata avanzata dalla qui appellante associazione sindacale in relazione alla circostanza che il poligono di tiro esistente presso al Caserma della P.S. “Ilardi” di Genova era ormai chiuso da tre anni per la necessità di svolgere lavori di adeguamento alla normativa vigente. Stante il protrarsi dei lavori, era stato chiesto di ottenere dall’appellata amministrazione copia degli atti adottati per l’affidamento dei lavori di adeguamento e/o manutenzione del Poligono (in particolare: nome dell’impresa e il termine previsto per la conclusione dei lavori, copia di tutti gli atti relativi alla interruzione dei lavori e gli eventuali provvedimenti adottati successivamente, nonché lo stato del procedimento relativo alla riapertura del poligono di tiro).
L’odierna parte appellante aveva impugnato il provvedimento reiettivo, sostenendo che sussisteva l’interesse del sindacato a conoscere i documenti richiesti atteso che gli stessi hanno attinenza alla propria attività in quanto si riverberano direttamente sulle modalità di svolgimento delle esercitazioni di tiro degli appartenenti alla Polizia di Stato di Genova.
I primi Giudici hanno respinto il ricorso rilevando che i documenti di cui alla richiesta di accesso non erano collegati direttamente ad una situazione giuridicamente tutelata propria del sindacato e neppure ad una situazione propria degli iscritti al sindacato stesso.
In particolare, è stato osservato dal Tar che il collegamento tra il ritardo nella conclusione dei lavori nella caserma “Ilardi” e la sicurezza dei lavoratori della polizia appariva indiretto.
Si sosteneva infatti, nel ricorso di primo grado, che la necessità di recarsi fuori Genova per l’espletamento delle esercitazioni di tiro limitasse la possibilità degli appartenenti alla Polizia di Stato di potere accedere alle esercitazioni: i primi Giudici hanno rilevato che tale conseguenza, ove anche fondata, dipendeva dall’amministrazione che non organizzava con sufficiente frequenza le trasferte per le esercitazioni.
Secondo il Tar della Liguria, (pur sconoscendosi esistenza e contenuto della normativa interna relativa al numero e alla frequenza delle esercitazioni di tiro) la chiusura del poligono non influiva negativamente sulla possibilità che il sindacato aveva di fare valere l’eventuale inosservanza, da parte dell’amministrazione, della relativa normativa: la conoscenza delle cause del ritardo, inoltre, non influiva sulla possibilità per l’associazione sindacale di fare valere i diritti degli iscritti e neppure consentiva all’associazione una più agevole tutela degli stessi.
Anche il versante relativo alla prospettazione secondo cui la necessità di recarsi fuori Genova comportava l’espletamento di trasferte anche pericolose (con possibilità di incidenti stradali) non appariva decisivo: l’incidenza causale della chiusura del poligono sulla possibilità di incidenti durante le trasferte era solo indiretta in quanto tali incidenti, quando non accidentali, derivavano dal mancato rispetto durante la trasferta delle normativa sulla sicurezza stradale e non certo dalla chiusura del poligono: il sindacato potrebbe interloquire sulle modalità di effettuazione delle trasferte ma non già non sulle vicende relative all’appalto dei lavori.
Conclusivamente, ha osservato il Tar, la richiesta di accesso per cui è causa configurava un tentativo di controllo generalizzato sull’operato della amministrazione e meritava pertanto di essere disattesa.
Avverso detta decisione ha proposto un articolato appello l’ originaria parte ricorrente chiedendo l’annullamento della decisione appellata, in quanto contraddittoria ed erronea.
L’appellante sindacato ha sottolineato che si è in presenza di un interesse tutelato che pertiene sia alla formazione sociale, che ai propri iscritti, che alla intera collettività: l’addestramento all’uso delle armi degli operatori di polizia, infatti, costituisce precipuo interesse della collettività, integrando momento fondamentale per garantire che i medesimi maneggino le armi con padronanza ed evitando inutili rischi.
La irragionevolezza di costringere gli operatori a lunghe e costose trasferte è evidente; i lavori di adeguamento del poligono erano stati disposti su specifica segnalazione del sindacato odierno appellante ed avevano formato oggetto di accordo con le organizzazioni sindacali: erroneamente si era escluso da parte dei primi Giudici che il sindacato non avesse legittimazione.
Sotto altro profilo, nessun apprezzabile interesse poteva essere sotteso alla mancata ostensione degli atti.
L’ appellata amministrazione si è costituita nell’odierno giudizio non depositando difese scritte.
DIRITTO
L’appello è infondato.
Ritiene il Collegio di condividere la ricostruzione sistematica secondo cui “quale che sia la natura del diritto d\' accesso lo stesso è strumentale rispetto alla protezione di un\'ulteriore o sottesa situazione soggettiva che non necessariamente è di interesse legittimo o di diritto soggettivo, ma che può avere la consistenza di un interesse collettivo o diffuso o di un interesse semplice o di fatto” (Consiglio Stato , sez. V, 10 agosto 2007, n. 4411).
Tale posizione giuridica attiva, tuttavia, in qualsiasi modo la si voglia qualificare, deve sussistere affinchè la pretesa all’accesso agli atti possa trovare protezione.
E ciò vale laddove l’istante agisca in proprio, ma anche allorchè la richiesta (congiunta od isolata) venga articolata da associazioni esponenziali.
Non sussistono elementi per discostarsi dall’orientamento in passato espresso dalla Sezione secondo cui “il diritto di accesso non si configura mai come un\'azione popolare (fatta eccezione per il peculiare settore dell\' accesso ambientale), ma postula sempre un accertamento concreto dell\'esistenza di un interesse differenziato della parte che richiede i documenti. La titolarità (o la rappresentatività) degli interessi diffusi non giustifica un generalizzato e pluricomprensivo diritto alla conoscenza di tutti i documenti riferiti all\'attività di un gestore del servizio e non collegati alla prestazione dei servizi all\'utenza, ma solo al più limitato diritto alla conoscenza di atti, relativi a servizi rivolti ai consumatori, che incidono in via diretta e immediata, e non in via meramente ipotetica e riflessa, sugli interessi dei consumatori.” (Consiglio Stato , sez. VI, 10 febbraio 2006, n. 555).
Anche in materia di “accesso ambientale”, peraltro, (laddove maggiormente si è assistito ad una dilatazione, in primis legislativa, del concetto di interesse sotteso all’accesso), si è avuto modo di sottolineare in senso definitorio che “la domanda di accesso alle informazioni ambientali può consistere anche in una generica richiesta di informazioni sulle condizioni di un determinato contesto ambientale, a condizione che questo sia specificato e che la richiesta non sia mirata ad un mero sindacato ispettivo sull\'attività del comune.”(Consiglio Stato , sez. VI, 16 febbraio 2007, n. 668, e n. 555 del 10.2.2006).
Con particolare riferimento alla legittimazione attiva delle organizzazioni sindacali, è stato condivisibilmente rilevato che “l\'organizzazione sindacale può essere titolare di un interesse giuridicamente rilevante all\'accesso di atti e documenti amministrativi, sia in relazione alla posizione di singoli iscritti, con necessaria esclusione di ogni ipotesi di pur potenziale conflitto di interessi, sia in relazione a un interesse proprio dell\'organizzazione, il quale sia rapportabile - secondo la terminologia giuslavoristica - a una posizione di parte del conflitto collettivo che intercorre istituzionalmente tra sindacato e datore di lavoro e quindi, nel settore pubblico, tra sindacato e amministrazione che agisca nella veste di datore di lavoro.” (Consiglio Stato , sez. IV, 30 dicembre 2003, n. 9158)
A tal proposito, invero, in passato è stato affermato dalla Sezione che il principio della trasparenza amministrativa accolto dal nostro ordinamento non è affatto assoluto e incondizionato, ma subisce alcuni temperamenti, basati, fra l\'altro, sulla limitazione dei soggetti attivi del diritto di accesso. La posizione legittimante l\'accesso è costituita da una situazione giuridicamente rilevante (comprensiva anche degli interessi diffusi) e dal collegamento qualificato tra questa posizione sostanziale e la documentazione di cui si pretende la conoscenza (decisione del 22 maggio 2006, n. 2959).
La titolarità (o la rappresentatività) degli interessi diffusi non giustifica, tuttavia, un generalizzato e pluricomprensivo diritto alla conoscenza di tutti i documenti riferiti all\'attività del gestore del servizio e non collegati alla prestazione dei servizi all\'utenza.
Con tale decisione, invero, si è definito l’interesse tutelato, che tuttavia era pur sempre riconducibile allo statuto fondante dell’organismo associativo richiedente e soprattutto coerente con la posizione attiva vantata.
L’altro “polo” dell’interpretazione giurisdizionale, del pari in passato predicata dalla Sezione, è volto a qualificare l’interesse sotteso all’actio ad exibendum, affermando che “il diritto di accesso è riconosciuto a chiunque - compresi i soggetti portatori di interessi diffusi e collettivi - vi abbia interesse, per la tutela di situazioni giuridicamente rilevanti e detto interesse deve essere diretto, concreto ed attuale.” (Consiglio di Stato , sez. VI, 27 febbraio 2008, n. 721).
Con specifico riferimento alla posizione delle associazioni sindacali, di recente la Sezione ha precisato che “sussiste il diritto dell\' organizzazione sindacale ad esercitare il diritto di accesso per la cognizione di documenti che possano coinvolgere sia le prerogative del sindacato quale istituzione esponenziale di una determinata categoria di lavoratori, sia le posizioni di lavoro di singoli iscritti nel cui interesse e rappresentanza opera l\' associazione. Rileva, infatti, un duplice profilo di legittimazione che consente di azionare il diritto di accesso da parte delle organizzazioni sindacali sia iure proprio, sia a tutela di interessi giuridicamente rilevati della categoria rappresentata. Detta sfera di legittimazione, non può tuttavia tradursi in iniziative di preventivo e generalizzato controllo dell\' intera attività dell\'amministrazione datrice di lavoro, sovrapponendosi e duplicando compiti e funzioni demandati ai soggetti istituzionalmente ed ordinariamente preposti nel settore di impiego alla gestione del rapporto di lavoro. Tale preclusione è espressamente codificata all\' art. 24, comma terzo, della legge n. 241/1990, nel teso novellato dall\' art. 16 della legge n. 15/2005, in base al quale "non sono ammissibili istanze di accesso preordinate ad un controllo generalizzato dell\' operato delle pubbliche amministrazioni". Pertanto, la domanda di accesso, ancorché esplicata in esercizio della prerogative dell\' organizzazione sindacale soggiace al filtro dell\'esistenza di un interesse diretto, concreto e attuale corrispondente ad un situazione giuridicamente tutelata che trovi collegamento nel documento che si vuole conoscere.” (sez. VI, 6 marzo 2009, n. 1351).
Nel caso di specie, proprio alla stregua dei condivisibili principi dianzi esposti, deve rilevarsi che la posizione attiva sottesa alla pretesa all’accesso azionata è sfornita dei superiori caratteri di concretezza, ed esattamente il Tar si è pronunciato nel senso della infondatezza della pretesa.
A monte non emerge a quale interesse specifico e diretto risponda la richiesta di accesso dell’appellante associazione.
Parte appellante “giustifica” detta richiesta con la tesi secondo cui l’addestramento all’uso delle armi degli operatori di polizia costituisce precipuo interesse della collettività, integrando momento fondamentale per garantire che i medesimi maneggino le armi con padronanza ed evitando inutili rischi.
Si osserva da un canto che tale circostanza non legittima il Sindacato ad eventualmente intraprendere attività finalizzate ad incidere sul quomodo mediante il quale l’amministrazione garantisce l’addestramento; sotto altro profilo che, come esattamente evidenziato dal Tar, prospettare i rischi attinenti alla circolazione stradale discendenti dalla necessità di svolgere l’addestramento in altro sito costituisce elemento del tutto distonico dall’interesse come prima qualificato.
Distonico e, a tacer d’altro, privo di qualsivoglia collegamento (se non indiretto in massimo grado).
Sotto altro profilo, e per concludere sull’argomento, non è dato riscontrare nel sistema del pubblico impiego “non contrattualizzato” italiano, un sistema cogestorio che legittimi le associazioni sindacali ad ingerirsi in scelte tipicamente discrezionali dell’amministrazione quali, per esempio, quella di allocare un sito lavorativo (o, come nella ipotesi in questione, addestrativo) in un luogo piuttosto che in un altro.
A tali inaccoglibili conclusioni, invero, ove spinto alle estreme conseguenze, indurrebbe l’accoglimento delle tesi dell’appellante associazione sindacale. Alla stregua delle argomentazioni sostenute nel ricorso in appello, si dovrebbe giungere ad affermare, ad esempio, la sussistenza di un interesse rilevante all’accesso agli atti con i quali si è deliberata la delocalizzazione di un commissariato, ed il trasferimento dello stesso in altro sito, più distante dal centro, perché onererebbe i dipendenti ad un più lungo percorso per raggiungerlo (o perché, ma gli esempi potrebbero essere infiniti, ubicato in prossimità del mare, esporrebbe i medesimi dipendenti a condizioni climatiche meno favorevoli, etc).
Tale tesi merita la reiezione.
Per il vero, sebbene non sia stato direttamente prospettato un possibile intervento del Giudice penale o contabile, dal complessivo contenuto del gravame emerge in realtà la possibile ratio della richiesta di accesso in esame: quella di svolgere un completo controllo sulle modalità di svolgimento del procedimento relativo alla ristrutturazione del poligono, laddove si fa riferimento (pag. 3 del ricorso in appello) ai costi sostenuti dall’amministrazione per organizzare le trasferte ed ad una conseguente non oculata spendita del pubblico denaro.
Anche tale interesse - che ben potrebbe definirsi “parainvestigativo” – esula però dagli interessi sia dell’Associazione Sindacale che degli aderenti.
Esso, può concludersi, potrebbe agevolmente essere soddisfatto in sede di procedimento penale o di giudizio contabile, e rientra nelle prerogative degli organi giurisdizionali competenti eventualmente aditi vagliare la necessità di acquisire la documentazione in premessa indicata a quei fini (si veda, in particolare, sul punto la decisione della Sezione n. 555/06, laddove si è puntualizzato che l’accesso non può essere un mezzo per compiere una indagine o un controllo ispettivo, “cui sono ordinariamente preposti organi pubblici, perché in tal caso nella domanda di accesso è assente un diretto collegamento con specifiche situazioni giuridicamente rilevanti”.).
Anche sotto tale angolo prospettico appare, pertanto, esatta e meritevole di conferma l’appellata sentenza e non meritevole di accoglimento l’appello proposto che, conclusivamente, deve essere respinto.
Sussistono nondimeno giusti motivi per compensare le spese del grado, a cagione della specificità degli elementi di fatto sottesi alla presente controversia, ed alla natura della stessa.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, respinge il ricorso in appello indicato in epigrafe.
Spese del grado compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall\'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 31 luglio 2009 con l\'intervento dei Signori:
Paolo Buonvino, Presidente FF
Luciano Barra Caracciolo, Consigliere
Maurizio Meschino, Consigliere
Roberto Giovagnoli, Consigliere
Fabio Taormina, Consigliere, Estensore
L\'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Il Segretario
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 11/01/2010
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
Il Dirigente della Sezione