Immissioni di acque meteoriche di dilavamento ed acque di prima pioggia
di Luigi FANIZZI
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Nel D. Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 e s.m.i. (cd Testo Unico Ambientale o TUA), il legislatore nazionale, dopo aver disciplinato gli scarichi, al Capo II del Titolo IV della Sezione II della Parte III (art. 124 e successivi), all’art. 113, ai fini della prevenzione di rischi idraulici ed ambientali, demanda alle Regioni la disciplina delle immissioni idriche, costituite:
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dalle acque meteoriche di dilavamento;
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dalle acque di prima pioggia e di lavaggio delle aree esterne.
Specificatamente, a tali autorità locali, è assegnata:
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L’individuazione dei casi in cui può essere richiesto che le immissioni delle acque meteoriche di dilavamento, effettuate tramite altre condotte separate (diverse dalle normali reti fognarie separate), siano sottoposte a particolari prescrizioni, ivi compresa l’eventuale autorizzazione all’immissione (autorizzazione di tipo generale, diversa dall’autorizzazione allo scarico);
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L’individuazione, altresì, dei casi in cui può essere richiesto che le acque di prima pioggia e di lavaggio delle aree esterne siano convogliate ed opportunamente trattate in impianti di depurazione per particolari condizioni nelle quali, in relazione alle attività svolte, vi sia il rischio di dilavamento, da superfici impermeabili scoperte, di sostanze pericolose o di sostanze che creano pregiudizio per il raggiungimento degli obiettivi di qualità dei corpi idrici.
Se è pur vero, dunque, che non esiste una precisa definizione di acque meteoriche di dilavamento, la disciplina statale, in materia, consente, tuttavia, di ricavare una definizione per via indiretta. E’ possibile, infatti, utilizzare un criterio, per esclusione, in quanto esse vengono richiamate nella definizione di acque reflue industriali, alla lettera h), del comma 1, dell’art. 74 (definizioni), dalle quali esse vengono distinte.
E’ chiaro, dunque, che per acque meteoriche di dilavamento debbano intendersi esclusivamente quelle derivanti da precipitazioni piovose, rientranti nella definizione generale di acque, di cui all’art. 54, comma 1, lettera b), corrivanti sulla superficie del suolo.
Inoltre il richiamo all’art. 113, alle acque meteoriche di dilavamento ed alle acque di prima pioggia, consente di esplicitare i casi in cui tali immissioni vanno sottoposte a particolari forme di controllo. In generale, infatti, non c’è alcun obbligo al trattamento specifico per le acque meteoriche di dilavamento. Esistono tuttavia due eccezioni:
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Comma 1, lettera a): il caso in cui si configuri uno scarico, costituito da acque meteoriche di dilavamento convogliate in reti fognarie separate e provenienti da agglomerato, in quanto, la fattispecie, rientra nella normale definizione di acque reflue urbane, di cui alla lettera i) del comma 1, dell’art. 74;
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Comma 3: il caso in cui la prima parte delle acque meteoriche di dilavamento, la cosiddetta acqua prima pioggia (non assimilabile, comunque, alle acque reflue industriali), corrivando su superfici impermeabili scoperte, per particolari condizioni nelle quali, in relazione alle attività svolte, comporti il rischio di dilavamento di sostanze pericolose ovvero di sostanze ambientalmente pregiudizievoli, debba essere convogliata ed opportunamente trattata in impianti di depurazione ai fini del raggiungimento degli obiettivi di qualità dei corpi ricettori e, pertanto, sottoposta ad autorizzazione all’immissione (autorizzazione di tipo generale, diversa dall’autorizzazione allo scarico).
Per il comma 4, è vietato, comunque, lo scarico di acque reflue urbane c.s. o l’immissione di acque meteoriche (di dilavamento o di prima pioggia), nelle acque sotterranee.
Va precisato, inoltre, che affinché un’immissione idrica, come quelle summenzionate, costituisca normalmente uno scarico, sottoposto alle prescrizioni di cui al Capo II del Titolo IV della Sezione II della Parte III del D. Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 e s.m.i., ai sensi dell’art. 74 (definizioni), comma 1, lettera ff), non rileva la sua natura inquinante (quantunque detta immissione sia sottoposta, anche, a preventivo trattamento depurativo), ma il fatto che essa sia un refluo, derivante da un ciclo produttivo e sia convogliato esclusivamente tramite un sistema stabile di collettamento che colleghi, senza soluzione di continuità, detto ciclo con il corpo ricettore: rete fognaria, acque superficiali, suolo ovvero sottosuolo.
Dal 13 giugno 2013, infine, è in vigore il DPR 13 marzo 2013, n. 59 (regolamento recante la disciplina dell’Autorizzazione Unica Ambientale o AUA), che, ai sensi dell’ambito di applicazione di cui all’art. 1, si applica alle categorie di imprese di cui all’art. 2 del Decreto del Ministro delle Attività Produttive 18 aprile 2005, nonché agli impianti non soggetti alle disposizioni in materia di Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA).
In tema di scarichi idrici, ai sensi dell’art. 3, comma 1, è prescritto che i gestori degli impianti, di cui al summenzionato art. 1, debbano presentare domanda di AUA nel caso in cui siano soggetti, ai sensi della normativa vigente, al rilascio, alla formazione, al rinnovo ovvero all’aggiornamento del seguente titolo abilitativo:
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Autorizzazione agli scarichi di cui al Capo II del Titolo IV della Sezione II della Parte III del D. Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 e s.m.i. (art. 124 e successivi).
Come si appalesa dal summenzionato comma, vengono escluse, automaticamente, le immissioni idriche di cui all’art. 113 del D. Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 e s.m.i., tranne gli scarichi di cui al comma 1, lettera a).
E’, comunque, fatta salva, la facoltà dei gestori degli impianti di non avvalersi dell’AUA nel caso in cui si tratti di attività soggette solo a Comunicazione ovvero ad Autorizzazione di carattere generale, ferma restando la presentazione della comunicazione o dell’istanza generale, per il tramite del SUAP.