di Luigi antonio Pezone
Questo articolo si riallaccia a un precedente articolo del sottoscritto, pubblicato recentemente su alcuni siti Internet dal titolo "la rivolta dei sindaci per la gestione dell'acqua".
I seguenti valori: PH = 5,5 - 9,5; Solidi Sospesi < = 200 mg/l; Bod5 < = 250 mg/l; Cod < = 500 mg/l; fosforo tot. < = 10mg/l sono stati estratti dalla tabella 5 dell'allegato 3 del TUA 152/2006 che dovrebbe dettare i limiti di emissione degli scarichi in pubblica fognatura. Uso il condizionale perché, di fatto, non valgono per la maggioranza degli scarichi interessati. Proprio quelli domestici. Infatti, l'art. 107, c. 1, dice che gli scarichi domestici che recapitano in reti fognarie sono sempre ammessi purché osservino i regolamenti del soggetto gestore del servizio idrico integrato ed approvati dall'Autorità d'ambito competente. Ancora: l'art. 101, c. 3 dice: Tutti gli scarichi, ad eccezione di quelli domestici e di quelli assimilati ai sensi del comma 7, lettera e), devono essere resi accessibili per il campionamento da parte dell'autorità competente per il controllo.....Il legislatore, chiaramente, si è preoccupato più del risultato finale all'uscita del depuratore, i cui limiti sono riportati nella tabella 1 dello stesso allegato, che del risultato intermedio. Ma in materia ambientale non si può essere di manica larga. Il risultato di questa deroga è stato quello di rendere la vita facile ai molti che cercano di far passare per domestico ciò che domestico non è. Non rendere accessibili i punti di controllo è stato come chiudere entrambi gli occhi. I gestori è le A.A.T.O. con i loro regolamenti non hanno rimediato all'errore. Hanno semplicemente ripetuto la frase rituale: “i reflui domestici sono sempre ammessi nel rispetto del presente regolamento". Ho visto pubblicati valori accettati dalla fogna come Bod5 < = 1000 mg/l, Cod < = 3500 mg/l, solidi sospesi < = 6000 mg/l. Tutti ben al di sopra del valore tabellato e ben al di sopra dei valori indicativi massimi degli scarichi civili senza trattamento pubblicati nella direttiva CEE 91/271: (Bod5 = 500 mg/l , solidi sospesi = 1200 mg/l). In altri casi viene espressamente richiesta la dismissione delle vasche Imhoff all’atto dell’allacciamento alla pubblica fognatura, in quanto "trattamento non compatibile"
I risultati si vedono e le garanzie che i gestori non possono rispettare non servono a nulla. Se tutto va bene, grazie all'efficienza del gestore, i danni si possono limitare ad alcuni particolari periodi dell'anno, quando per piogge intense, si verificano sversamenti che by-passano gli impianti di depurazione per la piena della rete fognaria, scaricando nell'ambiente e nei corpi recettori liquame privo di qualsiasi trattamento. Un altro caso non infrequente è l'inevitabile decadimento della qualità dell’effluente nei periodi estivi nei posti di villeggiatura. Se, invece, ci troviamo di fronte ai tanti casi di deficit depurativo pubblicati dallo stesso ministero dell'ambiente, che riguardano in modo diversificato tutte le regioni d' Italia, il problema diventa ancora più serio. Pertanto è necessario, se non indispensabile, rispettare i limiti tabellari di tutte le immissioni in pubblica fognatura, o perlomeno avvicinarsi a tali limiti. Certamente non si può pretendere di installare un impianto di depurazione per ogni abitazione per i costi, la gestione e i consumi energetici che comporterebbe. Ma un pensierino si potrebbe fare a questi impianti se fossero molto economici, privi di problemi di gestione e senza consumi energetici. Questi impianti non sono da inventare, esistono dal 1904 e sono le fosse Imhoff. Troppo frettolosamente accantonate nelle città e nei comuni con l'avvento degli impianti di depurazione. L'utilizzo delle fosse non più come alternativa, ma come integrazione al trattamento depurativo centralizzato può portare a importantissimi vantaggi economici e ambientali. Ne cito alcuni:
1) Riduzione graduale degli scarichi abusivi (per la capillare distribuzione che le piccole fosse potrebbero avere nel territorio) e per i controlli effettuabili localmente sulle acque e sui fanghi prodotti. I controlli sulle acque possono anche fallire, ma i fanghi non mentono. Se si vuole appurare se in un fabbricato esiste un' attività illecita di tipo artigianale o industriale basta analizzare i fanghi.
2) Riduzione degli sversamenti di liquame nei recettori finali che non passano attraverso gli impianti di depurazione in caso di piogge eccessive ( minor inquinamento) sia con la depurazione parziale dell'acqua prima di essere immessa in fogna, sia con la riduzione di portata della fogna stessa dovuta al risparmio idrico.;
3) Prevenzione del decadimento depurativo nei posti turistici nel periodo estivo, dove importanti oscillazioni della popolazione residente, comportano altrettante oscillazioni della qualità dell’ effluente.
4) Alleggerimento del compito degli impianti di depurazione per la quantità (se abbinati al risparmio idrico, come appresso specificato) e la qualità delle acque da trattare;
5) Produzione localizzata di fanghi riciclabili arricchiti da minerali di fosforo (se abbinate al sistema di rimozione del fosforo domestico) particolarmente utili in agricoltura.
6) Riduzione sostanziale del grosso problema dello smaltimento dei fanghi non riciclabili. Questi in Italia sono circa il 70% dei fanghi prodotti, in Europa il 60%..
7) Riduzione dei consumi energetici degli impianti di depurazione almeno del 30 – 35% corrispondente alla percentuale di Bod5 abbattuto localmente nelle fosse imhoff senza consumi energetici
8) Prevenzione dei danni dovuti alla formazione di idrogeno solforato e acido solforico che comportano maggiori costi di depurazione, la disgregazione del cemento e la corrosione dell’acciaio delle condotte, con inquinamenti ambientali dovuti alle perdite di liquame attraverso le condotte danneggiate.
9) Assenza di infrastrutture necessarie da parte dello Stato ed Enti locali (espropri, Condotte di distribuzione, fogne, opere civili, impianti di depurazione, impianti di sollevamento) per l’installazione degli impianti .
10) Assenza di investimenti economici da parte dello Stato ed Enti Locali per ottenere i vantaggi sopra citati
Sarebbero sufficienti 10 motivazioni per rivalutare le fosse Imhoff così come sono state concepite oltre un secolo fa, anche se si dovesse sopportare, talvolta, qualche cattivo odore. Ma mi sia consentito esporre l'undicesima, che ancora non esiste e mai esisterà, se non si incomincia a riproporre uno sviluppo sostenibile che inizia dai trattamenti locali. Mi riferisco alla rimozione del fosforo che anche grazie alle imhoff, in futuro potrebbe essere rimosso localmente, con ingenti risparmi pubblici che sono o sarebbero necessari negli impianti di depurazione ancora inadeguati a svolgere tale funzione, che sono la maggioranza degli impianti Italiani (impianti a fanghi attivi). Infatti, abbinando le fosse Imhoff a piccolissimi impianti di scarico domestici è possibile risparmiare acqua, rimuovere il fosforo domestico. L'abbinamento è più che mai indovinato in quanto i piccoli impianti domestici hanno bisogno delle fosse Imhoff per completare il ciclo di rimozione del fosforo consentendo la sedimentazione e la digestione dei fanghi, mentre queste si gioverebbero dell'immissione graduale dei liquami, condizionati chimicamente, che consentirebbero di conservare nel tempo un ambiente moderatamente basico, che agevolerebbe la fermentazione metanica, quindi il rendimento e la prevenzione dell'acidificazione del liquame con la produzione di idrogeno solforato che provoca quel famoso odore di uova marce che, probabilmente, più di altre ignote ragioni, ha portato all' abbandono delle fosse stesse. Ma l'idrogeno solforato non produce solo cattivi odori. Può trasformarsi in acido solforico, disgrega il cemento delle condotte di scarico, è letale per chi lo respira durante i lavori fognari, comporta un incremento iperbolico dei costi di depurazione. Non si produce solo nelle fosse imhoff mal gestite ma è presente ovunque si originano degli scarichi acidi. Il "Water Pollution Research Laboratory" di Stevenage (U. K.) (Esther-Ribaldone-Bianucci ed. Hoepli) denuncia che l'acqua di fogna media inglese contiene 3 - 4 mg/L di zolfo come costituente delle proteine, 3 mg/L come gruppo solfonico dei detergenti sintetici, e 10 mg/L come solfato contenuto nei detergenti stessi e nell'urina; Va inoltre aggiunto il tenore di solfato variabile contenuto nell'acqua di origine. La decomposizione delle proteine contenenti zolfo da parte dei batteri produce questo gas. L'aumento della temperatura e la diminuzione del PH aumentano la velocità del processo. Per prevenire il fenomeno sulla base di dati sperimentali suggerisce, l'aggiunta al liquame immesso in fogna di circa 70mg/l di calce Quale posizione è più indicata delle nostre case per effettuare con precisione tale somministrazione? Dove la somministrazione di questo prodotto eco compatibile per eccellenza, ma poco solubile, per le piccole portate in gioco, può essere fatta in modo semplice, senza superare la bassa soglia di solubilità. Contrariamente a quando avviene negli impianti di depurazione.
Osservando ancora la tabella 3 dell'allegato 5 del TUA si può notare che il legislatore è stato molto permissivo nei confronti del fosforo totale, anche se l'ambiente non si può permettere questa concessione. Sono stati concessi ben 10mg/l per gli scarichi in fogna e, cosa gravissima, lo stesso valore anche per gli scarichi in acque superficiali, che rappresenta un autentico atto di resa nei confronti di questo elemento. La ragione è molto semplice: ancora non esiste, in Italia e nel mondo, un sistema di rimozione del fosforo “sostenibile” da utilizzare localmente. Naturalmente, fatta eccezione per quello proposto dal sottoscritto che stenta ad essere applicato perché, probabilmente, le Autorità ambientali e i loro consulenti ancora non ammettono che la soluzione potesse essere così semplice. Non rifiutano la sperimentazione. Semplicemente la ignorano. Questa carenza ha portato i legislatori, non solo italiani, a ridurre il fosforo per decreto (in Italia D.M. 413/98) e a inventarsi una linea di confine, che nella realtà non esiste, tra acque sensibili e superficiali in modo da trattare adeguatamente solo i pochi casi che a parere dei gestori ricadono nelle aree sensibili. Ma la riduzione della percentuale di fosforo nei detersivi non ha risolto il problema dell'eutrofizzazione. Senza trattamenti terziari si superano ugualmente i limiti stabiliti. Visto che i comuni impianti a fanghi attivi sono notoriamente impotenti contro tale elemento. Tra i componenti utilizzati per sostituirlo ci sono anche gli acidi carbossilici, non sufficientemente testati, che potrebbero essere dannosi per la salute umana (lo afferma la relazione Com 234 del 04/05/2007).
E’ noto che per avviare il ciclo di una fossa Imhoff occorre rendere l’acqua della vasca moderatamente alcalina versando circa 1,0 Kg di calce idrata disciolta a parte per ogni m3 di vasca controllando che il ph non superi il valore di 8. E’ altrettanto noto che quando si eseguono gli espurghi una parte dei fanghi deve restare nella fossa come innesco della fermentazione biologica, Queste buone pratiche purtroppo non sempre vengono eseguite e non sempre a regola d’arte. Il risultato è il seguente: Se si mette la calce in eccesso senza controllo, la fermentazione metanica non inizia fino a quando il ph del liquame non si abbassa almeno al valore di 8,0 della scala, con la immissione di nuovo liquame, nel frattempo si scarica acqua non trattata. Se la calce non si mette affatto, come spesso avviene, per arrivare alla fermentazione metanica bisogna passare attraverso una lunga fermentazione acida (5-6 mesi) poco gradita per la quantità di idrogeno solforato che sviluppa, che causa i ben noti cattivi odori. Il risultato è che si arriva allo spurgo successivo senza che la fermentazione metanica sia iniziata, perché è prassi comune degli amministratori condominiali chiamare l’espurgo quando i condomini protestano per i cattivi odori. Dalle considerazioni di cui sopra si deduce che le fosse Imhoff per funzionare bene gradirebbero un ambiente moderatamente alcalino che favorisce la digestione metanica, mentre il liquame che si riversa nella stessa tende a creare un ambiente acido. Si comprende facilmente che non è semplice creare e mantenere costante nel tempo l’ambiente ideale non potendo applicare (per la povertà degli impianti) tecnologie di controllo. La buona pratica dell’aggiunta di calce una tantum è solo un palliativo. Nonostante ciò, grazie alla semplicità, le fosse Imhoff hanno fatto il loro lavoro per oltre cento anni e in alcune applicazioni continuano a farlo. Per migliorare la loro efficienza occorreva una intuizione che utilizzasse una tecnologia altrettanto semplice e povera, quali sono i "mini impianti per il recupero e lo scarico con rimozione del fosforo delle acque domestiche". La nascita di tali impianti potrebbe essere la rinascita delle fosse Imhoff perché i due sistemi si integrano perfettamente in quanto uno ha bisogno di abbassare il Ph per poter scaricare i liquami, l’altro ha bisogno di liquame da trattare tendenzialmente alcalino per prevenire l’acidificazione dei fanghi e agevolare la fermentazione metanica, e nel contempo prevenire la produzione di idrogeno solforato nella rete fognaria. La consolidata, quanto scomoda, pratica di avviamento del ciclo Imhoff con calce non sarà più necessaria e l’estrazione completa dei fanghi dalla fossa non provocherà i danni al processo, che provoca attualmente. Il progetto del nuovo sistema di scarico, nelle linee essenziali, si può trovare su "Google" digitando "Sistema di scarico domestico"
Si riporta di seguito il processo chimico del trattamento con calce riportato nei più comuni testi di trattamento delle acque che può essere effettuato in un modo molto semplice e automatizzato nelle nostre stesse abitazioni: indipendentemente dalla quantità di fosfati presenti, la calce reagisce con l’alcalinità dell’acqua reflua per produrre dal bicarbonato di calcio, presente in soluzione, carbonato di calcio, che è il principale responsabile della rimozione dei S.S. (solidi sospesi) secondo la reazione: Ca(HCO3)2 + Ca(OH)2 ─> 2CaCO3 ↓ + 2 H2O.
Quando il valore del PH dell’acqua reflua aumenta oltre il valore di 10-11, gli ioni calcio in eccesso reagiscono rapidamente con i fosfati, per precipitare in idrossiapatite ( minerale che si trova nelle ossa e in alcune rocce, costituito dal 60% di calcio, 30% di fosforo, 10% di ossigeno e idrogeno): 10 Ca2+ + 6PO43- + 2OH- ↔ Ca10(PO4) * 6(OH)2 ↓
Gli elementi prodotti con le due reazioni sopra descritte, e altri secondari, genereranno dei fiocchi che tenderanno a raccogliersi nel fondo a tramoggia di una speciale maxicassetta di sciacquo, ma saranno estratti gradualmente e inviati alla fossa imhoff ad ogni scarico del wc. Nella fossa, il PH tende ad essere corretto naturalmente sia dalla natura leggermente acida delle deiezioni umane, sia dalla produzione di anidride carbonica sviluppata dalla fermentazione metanica (assieme al metano) e assorbita dall’acqua. E’ noto che il metano è più leggero dell’aria e non è solubile in acqua, mentre l’anidride carbonica è circa 1,5 volte più pesante dell’aria ed è solubilissima in acqua; pertanto sul pelo libero dell’acqua stratifica nell’ordine CO2 , aria, metano (CH4). L’anidride carbonica si dissolve leggermente in acqua per formare acido carbonico secondo la reazione: CO2 + H2O - - > H2CO3
successivamente l’acido carbonico reagisce leggermente e reversibilmente con l’acqua per formare il catione idronio H3O+ e lo ione bicarbonato HCO3-, secondo la seguente formula:
H2CO3 + H2O ß-à HCO3- + H3O+
Un’altra reazione chimica che tende ad abbassare il PH e dovuta alla presenza stessa del carbonato di calcio prodotto nella maxicassetta ( sopra descritto), confluito nella fossa imhoff, che viene ritrasformato in bicarbonato sempre grazie alla presenza di anidride carbonica:
CaCO3 + CO2 + H2O ßà Ca2+ + 2HCO3
Nel processo non abbiamo preso in considerazione le altre acque di scarico delle abitazioni che non ci interessa recuperare per la pulizia del wc. Queste acque, in particolare quelle della cucina, sono più inquinate e normalmente vengono scaricate in vasche condensa grassi. Per l’abbattimento dei fosfati devono essere dotate di una vasca di contatto posta a monte della stessa e utilizzare come coagulanti dei prodotti commerciali normalmente usati negli impianti di depurazione: come cloruro o solfato ferrico idrato, allume o solfato di alluminio idrato che sono tutti acidi, o polielettroliti che possono essere anche neutri. E’ preferibile un acido in quanto oltre alla precipitazione dei fosfati provoca la disgregazione delle cellule delle sostanze grasse facilitandone l’eliminazione. Consideriamo di usare quello più comunemente usato negli impianti di depurazione ed evidentemente il più economico: cloruro ferrico. Questo prodotto è un acido, normalmente utilizzato in soluzione liquida diluita al 40%. Ma per l’impiego domestico non è opportuno manipolare acidi liquidi, è meglio prevedere delle polveri o dei granulati dosabili che consentano una manipolazione più sicura e a intervalli più distanziati nel tempo. Se si creeranno le condizioni di mercato, il prodotto certamente sarà commercializzato come richiesto. In caso contrario si individuerà un prodotto più o meno equivalente (polielettroliti). Molto probabilmente, se il sistema si affermerà, sarà più comodo usare un solo additivo, da individuare, sia per la cucina che per i bagni, utilizzando la calce solo per la correzione del PH.
Non è utopia dire che grazie alla rivalutazione delle fosse Imhoff, con i criteri sopra esposti, e alla conseguente produzione locale di fanghi riciclabili si può ripristinare parzialmente il ciclo spezzato del fosforo, che per milioni di anni si è rinnovato in modo naturale (l'art.181 c. 1 del TUA auspica il riutilizzo). Se si considera che il periodo di permanenza media del fosforo nel terreno è di circa 20.000 anni, si deve comprendere che non bisogna eccedere con le nuove immissioni, preferendone il riutilizzo. In passato il fosforo asportato dai raccolti agricoli ritornava al suolo per molte vie. Oggi, con l’avvento degli impianti di depurazione non è più possibile. Ma qualcosa si potrebbe ancora salvare. Come? Applicando semplicemente le attuali leggi. Senza deroghe. Anche il cosiddetto "piano casa" potrebbe fare qualcosa se non si parlasse solo di certificazione energetica , ma anche di "certificazione ambientale" delle abitazioni.
Molto dipende dai sindaci, appoggiati da regioni e province, come ho anticipato in altri due articoli dedicati al rapporto dei sindaci con la gestione dell'acqua.