Consiglio di Stato, Sez IV, n. 4693, del24 settembre 2013
Acque.Legittimità diniego alla realizzazione di edifici di civile abitazione nella fascia di rispetto di pozzo idropotabile

Deve rammentarsi che già l'art. 6 del d.P.R. 24 maggio 1988, n. 236, dopo aver indicato al comma 1 che le zone di rispetto "...sono delimitate in relazione alle risorse idriche da tutelare e comunque devono avere un'estensione di raggio non inferiore a 200 metri rispetto al punto di captazione", al successivo comma 3 vietava nelle medesime "... l'insediamento di fognature e pozzi perdenti...", salve le misure possibili per l'allontanamento di quelle esistenti. L'art. 21 del d.lgs. 11 maggio 1999, n. 152, ha bensì demandato alle Regioni di individuare le aree di salvaguardia distinte in zone di tutela assoluta e zone di rispetto delle acque superficiali e sotterranee captate e destinate al consumo mediante impianto di acquedotto, consentendo di differenziare le zone di rispetto in "...zona di rispetto ristretta e zona di rispetto allargata in relazione alla tipologia dell'opera di presa o captazione e alla situazione locale di vulnerabilità e rischio della risorsa", e al comma 6, di disciplinare all'interno della zona di rispetto anche la localizzazione, tra le altre, di fognature (lettera a) e fognature ed edilizia residenziale e relative opere di urbanizzazione (lettera b). Tuttavia al successivo comma 7 l'art. 21 ha sancito, in modo inequivoco, che: " In assenza dell'individuazione da parte della regione della zona di rispetto ai sensi del comma 1, la medesima ha un'estensione di 200 metri di raggio rispetto al punto di captazione o di derivazione", così riproponendo il limite già contenuto nell'art. 6 comma 1 del previgente d.P.R. n. 236/1988. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 04693/2013REG.PROV.COLL.

N. 08804/2005 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8804 del 2005, proposto da: 
"Marina 64" società semplice, con sede in Bruino, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Maurizio Torchia e Nicolò Paoletti e presso lo studio di quest’ultimo elettivamente domiciliata in Roma, alla via B. Tortolini n. 34, per mandato a margine dell’appello;

contro

Comune di Bruino, in persona del Sindaco pro-tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Gabrielle Pirocchi, Antonio Pirocchi e Antonio Ciccia, e presso lo studio del primo elettivamente domiciliato in Roma, alla via Salaria n. 280, per mandato a margine dell’atto di costituzione in giudizio;

per la riforma

della sentenza in forma semplificata del T.A.R. per il Piemonte, Sezione I, n. 2298 del 22 giugno 2005, notificata il 29 giugno 2005, resa tra le parti, con cui è stato rigettato il ricorso in primo grado n.r. 770/2005, proposto per l’annullamento della determinazione dirigenziale n. 3465 del 21 marzo 2005, recante diniego in ordine alla realizzazione di edifici di civile abitazione, ed atti antecedenti, presupposti e consequenziali, in particolare della nota n. 10684 del 5 agosto 2004, nonché per il risarcimento del danno cagionato dal diniego, con compensazione delle spese del giudizio di primo grado,



Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Bruino;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 dicembre 2012 il Cons. Leonardo Spagnoletti e uditi l'avv. Nicolò Paoletti per l'appellante e l'avv. Francesco Pirocchi per il Comune appellato;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO e DIRITTO

1.) La società semplice "Marina 64" ha acquistato in data 31 marzo 2003 da Acque Potabili S.p.A. un suolo in catasto edilizio urbano a fg. 2 particella n. 1190 ricompreso nella fascia di rispetto di pozzo idropotabile appartenente alla società venditrice.

L'interessata assume che sarebbero intercorsi contatti preliminari, anche attraverso il mediatore geom. Morello, con “responsabili dei competenti uffici comunali” che avrebbero rassicurato circa l’assentibilità di un intervento edilizio.

In effetti, però, con nota n. 10684 del 5 agosto 2004 il responsabile dell’ufficio urbanistico-edilizio comunale ha rappresentato che l’intervento non era assentibile perché l'allacciamento degli erigendi fabbricati alla fognatura ricadeva in fascia di rispetto del pozzo idropotabile.

Formalizzata poi la presentazione di istanza di permesso di costruire, con la successiva nota n. 3465 del 21 marzo 2005, il responsabile dell’ufficio ha evidenziato, oltre al profilo già chiarito, altri due motivi ostativi al rilascio del permesso di costruire, ossia l’inclusione del suolo in classe IIIB2 del P.R.G., che subordina ogni intervento edilizio alla attuazione di interventi di riassetto territoriale (sponde del torrente Sangone), e la sua ricadenza nella fascia di rispetto di 10 metri da canale irriguo confinante.

Quanto a quest’ultimo aspetto la società ha presentato nuovi elaborati con riposizionamento dei fabbricati a distanza superiore a quella minima dal canale irriguo, impugnando i due atti provvedimentali innanzi indicati con ricorso in primo grado n.r. 770/2005.

Con sentenza in forma semplificata n. 2298 del 22 giugno 2005, emanata all'esito della camera di consiglio fissata per l'esame dell'istanza incidentale di sospensione dell'efficacia esecutiva degli atti impugnati, il T.A.R. per il Piemonte ha respinto il ricorso in base ai rilievi di seguito sintetizzati:

- l’omessa comunicazione del preavviso di diniego ex art. 10 bis non può avere effetti invalidanti in relazione all’art. 21 octies poiché il diniego è atto vincolato;

- tra i motivi del diniego è insuperabile quello costituito dall’inclusione dell’area nella classe IIIb2, che subordina ogni intervento all’attuazione di interventi di riassetto territoriale, la cui necessità è altresì comprovata da nota della Regione Piemonte Direzione Opere pubbliche, n. 2463/253 dei prot., pervenuta al Comune di Bruino il 24 maggio 2005, emessa a seguito di sopralluoghi.

Con appello notificato il 17 ottobre 2005 e depositato il 7 novembre 2005, l'interessata ha impugnato la sentenza, deducendo i seguenti motivi:

1) Violazione di legge con riferimento all’art. 10 bis legge n. 241/1990, e s.m.i.Carenza assoluta di preventiva comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza e di indicazione delle ragioni ostative all’accoglimento delle osservazioni presentate dall’istante

Con la successiva nota n. 3465 del 21 marzo 2005 sono stati aggiunti ulteriori motivi ostativi al rilascio del permesso di costruire, rispetto a quelli formulati con la precedente nota n. 10684 del 5 agosto 2004, e poiché la società aveva controdedotto anche con parere legale solo a quest'ultima l’Amministrazione non poteva esimersi dalla comunicazione del preavviso di diniego; inoltre la successiva nota provvedimentale non ha tenuto in alcun conto le controdeduzioni presentate in ordine all’unico profilo evidenziato nella nota del 2004.

2) Violazione di legge con riferimento all’art. 21 d.lgs. n. 152/1999 come sostituito dall’art. 5 d.lgs. n. 258/2000. Violazione della normativa di PRG vigente (art. 19) e adottato (art. 20). Eccesso di potere per erroneità e falsità dei presupposti

L’art. 21 del d.lgs. n. 152/1999, a differenza della previgente disciplina di cui al d.P.R. n. 236/1988, non vieta affatto la realizzazione di fognature nelle zone di rispetto di sorgenti, pozzi, punti di presa di acque idropotabili, rinviando a eventuale disciplina regionale l'individuazione delle modalità di realizzazione di tali opere nonché degli interventi di edilizia residenziale; in difetto della disciplina regionale deve ritenersi applicabile l’allegato 3 dell’accordo Stato-Regioni-Province autonome del 12 dicembre 2002, da cui si evince che i sistemi di collettamento di acque nere, miste o bianche sono ammessi sia pure con cautele tecniche; le disposizioni del PRG vigente e adottato rinviano genericamente alla normativa statale.

3) Eccesso di potere per insussistenza e erronea valutazione dei presupposti, insufficiente istruttoria, contraddittorietà con precedenti atti, perplessità della motivazione

Nella nota n. 10684 del 5 agosto 2004 non era contenuto alcun cenno all’ostatività connessa all’inclusione in area di classe IIIb2.

In ogni caso, con deliberazione consiliare n. 494 del 12 novembre 1996 era stata approvata la realizzazione di lavori a difesa della sponda destra del torrente Sangone, e con deliberazione giuntale n. 95 del 24 ottobre 2002 è stato approvato progetto per la realizzazione di una pista ciclabile lungo la medesima sponda: ciò comprova che non sono necessari ulteriori interventi di sistemazione, non potendo assumere rilievo la nota regionale che riguarda un tratto di sponda distante un paio di chilometri dal suolo della società ricorrente.

Si insiste, in ogni caso, nella domanda di risarcimento del danno (con condanna generica) cagionato dalle rassicurazioni ricevute da funzionari comunali in ordine all’assentibilità dell’intervento edilizio, che hanno indotto la società ad acquistare il suolo, richiamando dichiarazione giurata del mediatore geom. Morello.

Costituitosi in giudizio, il Comune di Bruino, con memoria depositata l'8 novembre 2012, e successiva memoria di replica depositata il 19 novembre 2012, ha dedotto, a sua volta, l'infondatezza dell'appello, insistendo sulla natura vincolata del diniego in relazione ai diversi profili di contrasto con la normativa statale e con la normativa urbanistica.

Con memoria depositata il 9 novembre 2012, e successiva memoria di replica depositata il 19 novembre 2012, l'appellante ha ulteriormente illustrato le proprie censure.

All'udienza pubblica dell'11 dicembre 2012 l'appello è stato discusso e riservato per la decisione.

2.) L'appello in epigrafe è destituito di fondamento giuridico e deve essere rigettato, confermandosi la sentenza impugnata.

2.1) Ai fini della delibazione del primo motivo di appello, col quale si censura la sentenza gravata per la parte in cui è stata disattesa la dedotta violazione dell'art. 10 bis della legge 7 agosto 1990, n. 241, come introdotto dall'art. 6 della legge 11 febbraio 2005, n. 15, devono esaminarsi prioritariamente il secondo e terzo motivo d'appello, posto che, ove il diniego impugnato costituisse provvedimento vincolato, in relazione al contrasto dell'intervento edilizio con la normativa statale e/o di piano regolatore, è evidente che sarebbe comunque precluso l'annullamento in relazione alla previsione dell'art. 21 octies comma 2 prima parte della legge n. 241/1990, esso pure introdotto dall' art. 14, comma 1, della legge n. 15 del 2005.

Secondo pacifica giurisprudenza amministrativa, infatti, la violazione formale dell'obbligo di comunicazione dei motivi ostativi all'accoglimento dell'istanza, nei procedimenti a iniziativa di parte, non può comportare l'annullamento del provvedimento finale allorché il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso (cfr. tra le tante, e solo più recenti, Cons. Stato, Sez. IV, 7 dicembre 2012, n. 6265 e 16 febbraio 2012, n. 823, Sez. V, 3 maggio 2012, n. 2548 e Sez. VI, 2 febbraio 2012, n. 585.

2.2) Come anticipato nella narrativa in fatto, con la nota n. 10684 del 5 agosto 2004, in relazione alla prospettata realizzazione di due edifici residenziali sul suolo di cui alla particella n. 1190 del foglio n. 2 del nuovo catasto edilizio urbano -acquistato dalla "Marina 64" società semplice dalla società "Acque Potabili S.p.A.-, veniva rappresentato un primo motivo ostativo, costituito dalla circostanza che "...l'allacciamento dei fabbricati alla fognatura esistente è da considerarsi come ampliamento di tratto fognario non consentibile in fascia di rispetto del pozzo idropotabile".

A seguito della presentazione di formale domanda di permesso di costruire, corredata da parere legale, con la nota n. 3465 del 21 marzo 2005, ribadito il predetto rilievo, venivano prospettati altri due profili ostativi nel senso che:

- "...l'area ricade in classe IIIb2 del PRGC in salvaguardia dove viene indicato che nuovi interventi potranno essere realizzati solo a seguito di interventi di riassetto territoriale vedasi tav. 7 del PRGC e pag. 52 dell'allegato 4 alla deliberazione di C.C. 31 del 26.04.2004 in riferimento alla circolare 7/LAP...";

- "...l'intervento inoltre ricade in parte nella fascia di rispetto di mt. 10,00 dal canale irriguo confinante, così come indicato dalla Tav. 7 del PRGC in salvaguardia".

2.3) Orbene, il giudice amministrativo piemontese ha considerato assorbente il profilo ostativo costituito dalla classificazione urbanistica della zona come di classe IIIb2, con il vincolo strumentale temporaneo d'inedificabilità connesso all'esigenza della previa realizzazione di interventi di riassetto territoriale.

Sotto questo aspetto, la società appellante sostiene, con il terzo motivo, sostanzialmente riproduttivo del secondo motivo del ricorso in primo grado, che tale intervento di riassetto sarebbe già intervenuto e dovrebbe identificarsi con le opere approvate con la deliberazione di Consiglio Comunale n. 494 del 12 novembre 1996, relativa a lavori a difesa della sponda destra del torrente Sangone, e con quelle approvate con deliberazione di Giunta municipale n. 95 del 24 ottobre 2002, concernenti la realizzazione di una pista ciclabile lungo la medesima sponda.

In replica il Comune di Bruino allega che i lavori di sistemazione della sponda dimostrebbero solo che "....si sta lavorando per mettere in sicurezza il tratto spondale..." e che la esecuzione di una pista ciclabile, non assimilabile alla realizzazione di due edifici, non dimostrerebbe affatto che siano superate le esigenze di tutela idrogeologica sottese alla previsione di interventi di riassetto, tanto più che la nota della Regione Piemonte Direzione Opere pubbliche, n. 2463/253 dei prot., pervenuta al Comune di Bruino il 24 maggio 2005, comproverebbe la persistenza di problemi di tutela connessi a erosioni e smottamenti lungo la sponda dell'alveo torrentizio, da risolvere con gli interventi nella stessa prospettati, senza che possa enfatizzarsi la distanza tra il tratto interessato dal sopralluogo e il sito specifico del prospettato intervento edilizio (memoria difensiva depositata l'8 novembre 2012, pag. 7).

2.4) Osserva il Collegio che, peraltro, da tale specifica problematica tecnica, afferente alla valutazione dell'esistenza e sufficienza di adeguati interventi di riassetto idrogeologico, tali da poter superare il vincolo strumentale temporaneo d'inedificabilità, può senz'altro prescindersi perché in chiave più generale e radicale all'esecuzione dell'intervento edilizio osta la normativa statale sia pur elitticamente richiamata con il rilievo dell'insistenza della localizzazione degli edifici, e dei relativi allacci fognari, nella fascia di rispetto del pozzo idropotabile.

Sotto questo profilo, incontestato in punto di fatto, deve rammentarsi che già l'art. 6 del d.P.R. 24 maggio 1988, n. 236 (recante "Attuazione della direttiva CEE n. 80/778 concernente la qualità delle acque destinate al consumo umano, ai sensi dell'art. 15 della legge 16 aprile 1987, n. 183"), dopo aver indicato al comma 1 che le zone di rispetto "...sono delimitate in relazione alle risorse idriche da tutelare e comunque devono avere un'estensione di raggio non inferiore a 200 metri rispetto al punto di captazione" (corsivi dell'estensore), al successivo comma 3 vietava nelle medesime "... l'insediamento di fognature e pozzi perdenti...", salve le misure possibili per l'allontanamento di quelle esistenti.

L'art. 21 del d.lgs. 11 maggio 1999, n. 152 (recante "Disposizioni sulla tutela delle acque dall'inquinamento e recepimento della direttiva 91/271/CEE concernente il trattamento delle acque reflue urbane e della direttiva 91/676/CEE relativa alla protezione delle acque dall'inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole"), come sostituito dall'art. 5 del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 258 (recante " Disposizioni correttive e integrative del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152, in materia di tutela delle acque dall'inquinamento, a norma dell'art. 1, comma 4, della legge 24 aprile 1998, n. 128"), ha bensì demandato alle Regioni di individuare le aree di salvaguardia distinte in zone di tutela assoluta e zone di rispetto delle acque superficiali e sotterranee captate e destinate al consumo mediante impianto di acquedotto, consentendo di differenziare le zone di rispetto in "...zona di rispetto ristretta e zona di rispetto allargata in relazione alla tipologia dell'opera di presa o captazione e alla situazione locale di vulnerabilità e rischio della risorsa", e al comma 6, di disciplinare all'interno della zona di rispetto anche la localizzazione, tra le altre, di fognature (lettera a) e fognature ed edilizia residenziale e relative opere di urbanizzazione (lettera b).

Tuttavia al successivo comma 7 l'art. 21 ha sancito, in modo inequivoco, che:

" In assenza dell'individuazione da parte della regione della zona di rispetto ai sensi del comma 1, la medesima ha un'estensione di 200 metri di raggio rispetto al punto di captazione o di derivazione" (corsivi dell'estensore), così riproponendo il limite già contenuto nell'art. 6 comma 1 del previgente d.P.R. n. 236/1988.

Tali previsioni sono state trasfuse, in modo pressoché testuale (e salva l'assegnazione alle Regioni di un termine di centottanta giorni, chiaramente ordinatorio), nell'art. 94 del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (recante "Norme in materia ambientale", c.d. codice dell'ambiente), e segnatamente, quanto alla fascia di raggio di 200 ml. dal punto di captazione o derivazione.

2.5) A fronte dell'ineludibile vincolo, ostativo alla realizzazione dell'intervento, costituito da tali disposizioni, non hanno consistenza giuridica i rilievi della società appellante secondo i quali esso sarebbe invece ammissibile in base all'accordo della conferenza permanente tra Stato, Regioni e Provincie autonome di Trento e Bolzano del 12 dicembre 2002 (recante "Linee guida per la tutela della qualità delle acque destinate al consumo umano e criteri generali per l'individuazione delle aree di salvaguardia delle risorse idriche di cui all'art. 21 del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152").

Infatti l'art. 1 comma 2 dell'accordo ha stabilito, a sua volta in modo inequivoco, che:

" In assenza della delimitazione definitiva della zona di rispetto da parte delle Regioni resta comunque ferma l'estensione stabilita ai sensi dell'art. 21, comma 7, del decreto legislativo n. 152 del 1999, pari a 200 metri di raggio rispetto al punto di captazione o di derivazione".

E ciò a prescindere dall'ovvio rilievo che ogni eventuale diversa previsione dell'accordo non potrebbe che "cedere" ed esser superata dalla disposizione di rango legislativo dell'art. 94 comma 7 del d.lgs. n. 152/2006.

3.) Alla stregua dei rilievi che precedono, deve concludersi che i due provvedimenti di diniego sono legittimi in quanto motivati col richiamo, implicito ma trasparente, alla disciplina statale a tutela delle acque superficiali e sotterranee destinate ad uso umano, e al correlativo divieto di realizzazione di opere fognarie nel raggio di 200 ml. dal pozzo idropotabile, configurandosi quindi come atti affatto vincolati, rimanendo del tutto irrilevante la violazione formale dell'art. 10 bis della legge n. 241/1990 in relazione alla emanazione della nota n. 3465 del 21 marzo 2005.

4.) In conclusione, l'appello in epigrafe deve essere rigettato, con la conferma, con motivazione diversa, della sentenza impugnata.

5.) Il regolamento delle spese processuali del giudizio d'appello, liquidate come da dispositivo, segue la soccombenza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) così provvede sull'appello in epigrafe n.r. 8804/2005:

1) rigetta l'appello e, per l'effetto, conferma la sentenza in forma semplificata del T.A.R. per il Piemonte, Sezione I, n. 2298 del 22 giugno 2005;

2) condanna l'appellante "Marina 64" società semplice, in persona del suo legale rappresentante pro-tempore, alla rifusione, in favore del Comune di Bruino, in persona del Sindaco pro-tempore, delle spese e onorari del giudizio d'appello, liquidate in complessivi € 2.500,00 (duemilacinquecento/00), oltre IVA e CAP nella misura dovuta.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 11 dicembre 2012 con l'intervento dei magistrati:

Giorgio Giaccardi, Presidente

Diego Sabatino, Consigliere

Raffaele Potenza, Consigliere

Andrea Migliozzi, Consigliere

Leonardo Spagnoletti, Consigliere, Estensore

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 24/09/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)