Acque. Sanzioni amministrative scarichi non autorizzati
In materia di sanzioni amministrative, incorre nella violazione degli artt. 15 e 21 della legge 10 maggio 1976,n. 319 -che sanziona chiunque si renda responsabile dell'apertura o, comunque, dell'effettuazione di uno scarico da un insediamento civile senza autorizzazione,non solo il proprietario dell'immobile o comunque chi, realizzando il relativo impianto, abbia aperto gli scarichi, ma anche chi, valendosi dell'impianto, in quanto lo gestisca o lo detenga di fatto, effettui gli scarichi, e quindi anche il conduttore.
SVOLGIMENTO
DEL PROCESSO
Il Giudice di Pace di Roma, con sentenza del 28 giugno 2002, rigettò l'opposizione proposta dal Raffaele Tardino avverso l'ordinanza n. 308381, notificata il 19 giugno 2001, con la quale il Comune di Roma aveva ingiunto allo Tardino il pagamento della sanzione amministrativa di L. 10.000.000 per violazione di cui all'art. 15, 1. 10 maggio 1976, n. 319, accertata il 21 gennaio 1994, avendo "effettuato in zona priva di fognatura uno scarico da insediamento civile senza avere richiesto l'autorizzazione prescritta dalla legge Regione Lazio n. 41/82".
Premesso che l'art. 15, 1. 10 maggio 1976, n. 319, impone ai titolari degli scarichi già in essere, provenienti da insediamenti civili che non scaricano in pubbliche fognature, di denunciare la loro posizione all'autorità comunale e che 1' art. 6, 1. 15 maggio 1995, n. 172, punisce chiunque effettui scarichi civili (... ) senza avere richiesto l'autorizzazione di cui all'art. 15, 13° co., cit. 1. n. 319/76, osservò il giudice che nessuna autorizzazione dello scarico era stata richiesta ai sensi della 1.r. Lazio n. 41/82 e che "a nulla rileva che, all'epoca dei fatti, il ricorrente fosse solo l'affittuario, e pertanto non responsabile dell'illecito sanzionato, in quanto l'art. 6, della legge sopra citata dispone espressamente "chiunque", compreso quindi l'affittuario dell'immobile".
Lo tardino è ricorso con due motivi per la cassazione della sentenza ed il Comune di Roma ha resistito con controricorso notificato il 7 novembre 2003.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, il ricorso denuncia la nullità della sentenza impugnata per violazione degli artt. 15 e 21, 1. 10 maggio 1976, n. 319, giacché l'effettuazione di uno scarico da insediamento civile senza autorizzazione, in relazione alla quale va individuato il "chiunque" destinatario della sanzione, è costituita non dall'azione materiale dello scarico, bensì dalla realizzazione delle attività che rendono possibile detta effettuazione, quali l'esecuzione delle opere e degli impianti di deflusso delle acque, e detta condotta non è ascrivibile al conduttore dell'immobile, ma al proprietario di esso.
Il motivo è infondato.
La Regione Lazio, nell'esercizio delle funzioni e dei compiti affidatile dalla I. n. 319/76 e, in generale, dagli artt. art, 101, d.p.r. n. 616/77, con 1. 15 settembre 1982, n. 41, ha disciplinato le acque di scarico provenienti da fognature pubbliche e da insediamenti civili, introducendo, all'art. 6, l'obbligo di autorizzazione anche degli scarichi degli insediamenti civili esistenti, non previsto nell'originaria formulazione dell'art. 15, L. n. 319/76, che imponeva soltanto l'onere della loro denuncia.
Benché l'accertamento del 21 gennaio 1994 sottraesse ratione temporis la violazione contestata al regime del d.l. n. 79/95, che, aggiungendo un ultimo comma all'art. 21, l. n. 319/76, ha sanzionato la condotta di "chiunque apra o comunque effettui scarichi civili ... senza avere richiesto l'autorizzazione prevista dalla legislazione regionale", nessuna censura sull'applicabilità della norma sopravvenuta è stata formulata nel ricorso ed il suo rilievo va comunque escluso, tenuto conto che l'opponente ha implicitamente ammesso la permanenza nella condotta illecita sino alla riconsegna dell'immobile ai proprietari in data 6 ottobre 1997.
Con riferimento alla norma sopravvenuta va verificata, dunque, e condivisa l'affermazione del giudice di merito che, in mancanza della richiesta di autorizzazione all'effettuazione degli scarichi, era irrilevante ai fini della sanzionabilità della violazione contestata la qualità dell'autore di conduttore dell'immobile dal quale essi provenivano.
L'art. 21, cit. l. n. 319/76, infatti, nell'individuare il soggetto attivo della violazione in "chiunque" si renda responsabile dell'apertura o, comunque, dell'effettuazione di uno scarico senza avere richiesto l'autorizzazione, chiarisce che, coerentemente con la finalità perseguita dalla normativa sulla tutela delle acque non solo di prevenire, ma anche di reprimere l'inquinamento, la violazione non presuppone una particolare qualità del soggetto attivo, potendo lo stesso identificarsi sia in colui che, realizzando il relativo impianto, abbia aperto gli scarichi e sia in chi, valendosi dell'impianto, in quanto lo gestisca o lo detenga di fatto, od anche in assenza di esso, effettui, gli scarichi.
In assenza di autorizzazione agli utenti non è consentita l'effettuazione degli scarichi, neppure se aperti da terzi, e, se non può escludersi una responsabilità concorrente del proprietario dell'immobile ad uso abitativo o del locatore, nel caso in cui gli scarichi delle acque reflue domestiche non siano autorizzati, non può negarsi neppure quella del conduttore, sia perché costituito detentore e custode dello scarico nella parte in cui esso è destinato all'uso ed al godimento proprio e sia perché direttamente autore della violazione del divieto imposto.
Con il secondo motivo, per violazione dell'art. 3, 1. 24 novembre 1981, n. 689, e per omessa motivazione, non avendo considerato e motivato in ordine alla sussistenza dell'elemento soggettivo della violazione, pur avendo l'opponente dedotto che non era e non poteva essere ragionevolmente a conoscenza della irregolare situazione dello scarico dell'abitazione di cui era conduttore.
Il motivo, sostanzialmente diretto a fare valere un vizio di mancata pronuncia, è fondato.
L'opponente nell'impugnare l'ingiunzione aveva dedotto l'assenza di colpa nella violazione commessa, da un lato, non essendo da lui esigibile l'obbligo di verificare la regolarità degli scarichi dell'immobile locato, e, dall'altro, essendo stato indotto in errore dal comportamento della pubblica amministrazione, che aveva rilasciato il certificato di abitabilità.
L'espresso e specifico richiamo all'incolpevolezza della condotta imponeva, infatti, al giudice di pronunciarsi sulla questione sollevata e di verificare se la commissione dell'illecito fosse attribuibile ad un errore incolpevole sul fatto ovvero ad un errore sulla liceità del fatto indotto nell'agente da un comportamento positivo della p.a. e da lui non evitabile con l'ordinaria diligenza.
Alla fondatezza del secondo motivo segue la cassazione della sentenza impugnata con rinvio, anche per le spese del giudizio di legittimità ad altro Giudice di Pace di Roma.
P.Q.M.
Rigetta il primo motivo di ricorso ed accoglie il secondo. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, ad altro Giudice di Pace di Roma.
Così deliberato in camera di consiglio, in Roma il 27 marzo 2007.
Il Giudice di Pace di Roma, con sentenza del 28 giugno 2002, rigettò l'opposizione proposta dal Raffaele Tardino avverso l'ordinanza n. 308381, notificata il 19 giugno 2001, con la quale il Comune di Roma aveva ingiunto allo Tardino il pagamento della sanzione amministrativa di L. 10.000.000 per violazione di cui all'art. 15, 1. 10 maggio 1976, n. 319, accertata il 21 gennaio 1994, avendo "effettuato in zona priva di fognatura uno scarico da insediamento civile senza avere richiesto l'autorizzazione prescritta dalla legge Regione Lazio n. 41/82".
Premesso che l'art. 15, 1. 10 maggio 1976, n. 319, impone ai titolari degli scarichi già in essere, provenienti da insediamenti civili che non scaricano in pubbliche fognature, di denunciare la loro posizione all'autorità comunale e che 1' art. 6, 1. 15 maggio 1995, n. 172, punisce chiunque effettui scarichi civili (... ) senza avere richiesto l'autorizzazione di cui all'art. 15, 13° co., cit. 1. n. 319/76, osservò il giudice che nessuna autorizzazione dello scarico era stata richiesta ai sensi della 1.r. Lazio n. 41/82 e che "a nulla rileva che, all'epoca dei fatti, il ricorrente fosse solo l'affittuario, e pertanto non responsabile dell'illecito sanzionato, in quanto l'art. 6, della legge sopra citata dispone espressamente "chiunque", compreso quindi l'affittuario dell'immobile".
Lo tardino è ricorso con due motivi per la cassazione della sentenza ed il Comune di Roma ha resistito con controricorso notificato il 7 novembre 2003.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, il ricorso denuncia la nullità della sentenza impugnata per violazione degli artt. 15 e 21, 1. 10 maggio 1976, n. 319, giacché l'effettuazione di uno scarico da insediamento civile senza autorizzazione, in relazione alla quale va individuato il "chiunque" destinatario della sanzione, è costituita non dall'azione materiale dello scarico, bensì dalla realizzazione delle attività che rendono possibile detta effettuazione, quali l'esecuzione delle opere e degli impianti di deflusso delle acque, e detta condotta non è ascrivibile al conduttore dell'immobile, ma al proprietario di esso.
Il motivo è infondato.
La Regione Lazio, nell'esercizio delle funzioni e dei compiti affidatile dalla I. n. 319/76 e, in generale, dagli artt. art, 101, d.p.r. n. 616/77, con 1. 15 settembre 1982, n. 41, ha disciplinato le acque di scarico provenienti da fognature pubbliche e da insediamenti civili, introducendo, all'art. 6, l'obbligo di autorizzazione anche degli scarichi degli insediamenti civili esistenti, non previsto nell'originaria formulazione dell'art. 15, L. n. 319/76, che imponeva soltanto l'onere della loro denuncia.
Benché l'accertamento del 21 gennaio 1994 sottraesse ratione temporis la violazione contestata al regime del d.l. n. 79/95, che, aggiungendo un ultimo comma all'art. 21, l. n. 319/76, ha sanzionato la condotta di "chiunque apra o comunque effettui scarichi civili ... senza avere richiesto l'autorizzazione prevista dalla legislazione regionale", nessuna censura sull'applicabilità della norma sopravvenuta è stata formulata nel ricorso ed il suo rilievo va comunque escluso, tenuto conto che l'opponente ha implicitamente ammesso la permanenza nella condotta illecita sino alla riconsegna dell'immobile ai proprietari in data 6 ottobre 1997.
Con riferimento alla norma sopravvenuta va verificata, dunque, e condivisa l'affermazione del giudice di merito che, in mancanza della richiesta di autorizzazione all'effettuazione degli scarichi, era irrilevante ai fini della sanzionabilità della violazione contestata la qualità dell'autore di conduttore dell'immobile dal quale essi provenivano.
L'art. 21, cit. l. n. 319/76, infatti, nell'individuare il soggetto attivo della violazione in "chiunque" si renda responsabile dell'apertura o, comunque, dell'effettuazione di uno scarico senza avere richiesto l'autorizzazione, chiarisce che, coerentemente con la finalità perseguita dalla normativa sulla tutela delle acque non solo di prevenire, ma anche di reprimere l'inquinamento, la violazione non presuppone una particolare qualità del soggetto attivo, potendo lo stesso identificarsi sia in colui che, realizzando il relativo impianto, abbia aperto gli scarichi e sia in chi, valendosi dell'impianto, in quanto lo gestisca o lo detenga di fatto, od anche in assenza di esso, effettui, gli scarichi.
In assenza di autorizzazione agli utenti non è consentita l'effettuazione degli scarichi, neppure se aperti da terzi, e, se non può escludersi una responsabilità concorrente del proprietario dell'immobile ad uso abitativo o del locatore, nel caso in cui gli scarichi delle acque reflue domestiche non siano autorizzati, non può negarsi neppure quella del conduttore, sia perché costituito detentore e custode dello scarico nella parte in cui esso è destinato all'uso ed al godimento proprio e sia perché direttamente autore della violazione del divieto imposto.
Con il secondo motivo, per violazione dell'art. 3, 1. 24 novembre 1981, n. 689, e per omessa motivazione, non avendo considerato e motivato in ordine alla sussistenza dell'elemento soggettivo della violazione, pur avendo l'opponente dedotto che non era e non poteva essere ragionevolmente a conoscenza della irregolare situazione dello scarico dell'abitazione di cui era conduttore.
Il motivo, sostanzialmente diretto a fare valere un vizio di mancata pronuncia, è fondato.
L'opponente nell'impugnare l'ingiunzione aveva dedotto l'assenza di colpa nella violazione commessa, da un lato, non essendo da lui esigibile l'obbligo di verificare la regolarità degli scarichi dell'immobile locato, e, dall'altro, essendo stato indotto in errore dal comportamento della pubblica amministrazione, che aveva rilasciato il certificato di abitabilità.
L'espresso e specifico richiamo all'incolpevolezza della condotta imponeva, infatti, al giudice di pronunciarsi sulla questione sollevata e di verificare se la commissione dell'illecito fosse attribuibile ad un errore incolpevole sul fatto ovvero ad un errore sulla liceità del fatto indotto nell'agente da un comportamento positivo della p.a. e da lui non evitabile con l'ordinaria diligenza.
Alla fondatezza del secondo motivo segue la cassazione della sentenza impugnata con rinvio, anche per le spese del giudizio di legittimità ad altro Giudice di Pace di Roma.
P.Q.M.
Rigetta il primo motivo di ricorso ed accoglie il secondo. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, ad altro Giudice di Pace di Roma.
Così deliberato in camera di consiglio, in Roma il 27 marzo 2007.