Cass. Civ. SS.UU. sent. 5394 del 9 marzo 2007
Presidente P. Vittoria , Relatore E. Bucciante
Qualora un consorzio di bonifica abbia di fatto provveduto, pur non essendo gravato del relativo obbligo, alla manutenzione di un canale, assumendo cosi' la custodia e la gestione del corso d'acqua, sullo stesso grava anche la relativa responsabilita' e quindi l'obbligo di risarcire i danni derivanti da un difetto di manutenzione. Udienza pubblica del 18/01/2007

SENTENZA N. 1614
REG. GENERALE N. 25010/2003


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI
 


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:


Dott. Paolo VITTORIA - Primo Presidente f.f. -
Dott. Roberto PREDEN - Presidente di sezione -

 "      Giulio GRAZIADEI -            Consigliere    -
 "      Guido VIDIRI                             "

 "      Pasquale PICONE                     "

 "      Mario FINOCCHIARO                 "

 "      Aldo DE MATTEIS                     "

 "      Ettore BUCCIANTE            Rel.  "

 "      Saverio Toffoli                             "

ha pronunciato la seguente


SENTENZA


sul ricorso proposto da:
CONSORZIO DI BONIFICA SUD PONTINO (già CONSORZIO DI BONIFICA N. 6), in persona del Presidente pro-tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA LEONARDO PISANO 16, presso lo studio degli avvocati ARCANGELO GUZZO e
CLAUDIO MARTINO, che lo rappresentano e difendono, giusta delega a margine del ricorso;


- ricorrente -


contro

REGIONE LAZIO, in persona del Presidente pro-tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;


- controricorrente -


nonché contro


FALLIMENTO SOCIETA' FONDITTICA S.P.A.;


- intimato -


e sul 2° ricorso n° 28692/03 proposto da:
FALLIMENTO FONDITTICA S.P.A., in persona del Curatore pro-tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA G. PISANELLI 4, presso lo studio dell'avvocato GIUSEPPE GIGLI, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato GIUSEPPE MERCANTI, giusta delega a margine del controricorso e ricorso incidentale;


- controricorrente e ricorrente incidentale -


contro


CONSORZIO DI BONIFICA SUD PONTINO (già CONSORZIO DI BONIFICA N. 6), in persona del Presidente pro-tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA LEONARDO PISANO 16, presso lo studio degli avvocati ARCANGELO GUZZO CLAUDIO MARTINO, che lo rappresentano e difendono, giusta delega a margine del controricorso al ricorso incidentale;


- controricorrente al ricorso incidentale -


nonchè contro



REGIONE LAZIO;


- intimata -


avverso la sentenza n. 53/03 del Tribunale Superiore delle acque pubbliche di ROMA, depositata il 15/04/03;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 18/01/07 dal Consigliere Dott. Ettore BOCCIANTE;
uditi gli avvocati Claudio MARTINO, Giuseppe GIGLI, Wally FERRANTE dell'Avvocatura Generale dello Stato;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Raffaele PALMIERI che ha concluso, previa riunione dei ricorsi, per il rigetto di entrambi.


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO


La s.p.a. Fondittica, esercente un allevamento di anguille in località Pantanello nel comune di Fondi, ha convenuto in giudizio davanti al Tribunale regionale delle acque pubbliche di Roma il consorzio di bonifica della piana di Fondi e Monte San Biagio e la Regione Lazio, chiedendo che fossero condannati al risarcimento dei danni che aveva subito in seguito all'allagamento del suo impianto, avvenuto il 19 ottobre 1990 per la tracimazione del canale pedemontano e il successivo cedimento di un suo argine. Il consorzio ha contrastato la domanda, sostenendo che la difettosa manutenzione del corso d'acqua, causa secondo l'attrice dell'evento, era addebitabile semmai all'altra convenuta; ha inoltre affermato che in realtà l'inondazione era stata provocata da un eccezionale nubifragio verificatosi quel giorno nella zona. La Regione Lazio è rimasta contumace. Nel corso del giudizio si è costituito, in luogo della s.p.a. Fondittica, il curatore del suo fallimento, che intanto era stato dichiarato dal Tribunale di Latina.


All'esito dell'istruzione della causa, con sentenza pubblicata il 15 luglio 1997 il Tribunale ha respinto la domanda relativamente alla Regione e l'ha parzialmente accolta nei riguardi del consorzio, che ha condannato al risarcimento del 20 per cento del danno subito dall'attrice.


Impugnata in via principale dal consorzio di bonifica n. 6 (già consorzio di bonifica della piana di Fondi e Monte San Biagio) e incidentalmente dal curatore del fallimento della s.p.a. Fondittica, la decisione è stata confermata dal Tribunale superiore delle acque pubbliche, che con sentenza pubblicata il 15 aprile 2003 ha rigettato entrambi gli appelli, ritenendo: - la questione di nullità della sentenza di primo grado, per illegittima costituzione del giudice, è preclusa, in quanto non ha formato oggetto di impugnazione ed è stata sollevata dal consorzio di bonifica n. 6 soltanto nella sua memoria conclusionale; il vizio di costruzione del canale, peraltro escluso dalla consulenza tecnica di ufficio svolta in appello, non era stato fatto valere a fondamento della domanda e quindi non può essere preso in considerazione; - la responsabilità del consorzio discende non dalle norme che disciplinano la materia, ma dall'attività di manutenzione che di fatto esso ha esercitato;
- tale attività è stata carente, come risulta dalla prova testimoniale, dalle fotografie in atti, dalle deduzioni dello stesso appellante principale; - il nubifragio non è stato evento eccezionale, secondo quanto emerge dalle consulenze tecniche di ufficio; la localizzazione dell'allevamento in una conca prossima al canale non comporta concorso di colpa della società Fondittica, poiché la portata del corso d'acqua era del tutto adeguata e non faceva temere allagamenti; nonostante l'esclusione di altre concause imputabili a comportamenti umani, non può essere accordato al fallimento della s.p.a. Fondittica un risarcimento superiore al 20 per cento dell'ammontare totale del danno, poiché il terzo motivo dell'appello incidentale è condizionato all'accoglimento del primo, che invece viene respinto;

- la quantificazione del danno operata dal consulente tecnico di ufficio è condivisibile.


Il consorzio di bonifica Sud Pontino (già consorzio di bonifica n. 6) ha proposto ricorso per cassazione, in base a sette motivi. Si sono costituiti con distinti controricorsi la Regione Lazio e il curatore del fallimento della s.p.a. Fondittica, quest'ultimo formulando anche due motivi di impugnazione in via incidentale, cui il consorzio di bonifica Sud Fontino ha opposto un proprio controricorso. Sono state presentate memorie dal consorzio di bonifica Sud Pontino e dal curatore del fallimento della s.p.a. Fondittica.


MOTIVI DELLA DECISIONE


In quanto proposte contro la stessa sentenza, le due impugnazioni vengono riunite in un solo processo, in applicazione dell'art. 335 c.p.c.


Con il primo motivo del ricorso principale il consorzio di bonifica Sud Pontino si duole del mancato accoglimento, da parte del Tribunale superiore delle acque pubbliche, dell'eccezione di nullità della sentenza di primo grado, per illegittimità della composizione del giudice che l'aveva pronunciata: vizio che avrebbe dovuto, secondo il ricorrente, essere riconosciuto sussistente anche di ufficio, in quanto dava luogo a una ipotesi di difetto di giurisdizione, derivante dalla incostituzionalità, dichiarata dalla Corte costituzionale con la sentenza 17 luglio 2002 n. 353, dell'art. 138 del testo unico sulle acque e gli impianti elettrici, approvato con il regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, nella parte in cui disponeva che ai Tribunali regionali delle acque pubbliche fossero aggregati tre funzionari del genio civile, dei quali uno doveva essere membro del collegio giudicante.


La censura è infondata.


La dichiarazione dell'illegittimità costituzionale di una disposizione processuale comporta bensì che la validità degli atti che ne erano disciplinati debba essere vagliata alla stregua della nuova situazione normativa, purché però la questione sia ancora sub judice (v., per tutte, tra le più recenti, Cass. 16 marzo 2006 n. 5853). Anche nel caso della sopravvenuta dichiarazione di incostituzionalità delle norme che regolano la composizione del giudice, pertanto, per il principio di conversione in mezzo di gravame sancito dall'art. 161 c.p.c., la nullità della sentenza può venire in questione soltanto se è stata fatta valere a suo tempo come ragione di impugnazione (v., tra le altre, Cass. 6 febbraio 2003 n. 1733, 3 marzo 2003 n. 3074, 24 dicembre 2005 n. 20472, con le quali, proprio con riferimento alla dichiarazione di incostituzionalità del citato art. 138 t.u. acque, si è esclusa la rilevabilità del vizio di costituzione del Tribunale regionale delle acque pubbliche, ove non sia stato dedotto nell'atto introduttivo del giudizio di gravame).


Correttamente, quindi, il Tribunale superiore ha ritenuto preclusa la questione relativa alla nullità, della sentenza di primo grado, in quanto era stata prospettata dal consorzio di bonifica n. 6 non con il ricorso in appello, ma soltanto con la memoria conclusionale.


Con il secondo motivo del ricorso principale si sostiene che anche la sentenza di secondo grado è affetta da nullità, poiché gli effetti della pronuncia di incostituzionalità dell'art. 138 t.u. acque debbono essere estesi anche all'art. 139, che disciplina la composizione del Tribunale superiore in maniera analoga a quella dei Tribunali regionali, in quanto dispone che del collegio giudicante faccia parte un membro effettivo del Consiglio superiore dei lavori pubblici.


L'assunto va disatteso.


Come già questa Corte ha avuto occasione di avvertire (v. Cass. 16 marzo 2004 n. 5322, 27 luglio 2004 n. 14082, 24 ottobre 2005 n. 20472), si deve escludere che la menzionata sentenza della Corte costituzionale abbia determinato la caducazione anche dell'art. 139 t.u. acque, oltre che dell'art. 138 al quale esclusivamente si riferisce, senza ulteriori pronunce ai sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87. La prima di quelle norme stabiliva (fino alle modificazioni introdotte, con effetto dal 1 gennaio 2004, dal decreto legge 24 dicembre 2003, n. 354, convertito con legge 26 febbraio 2004, n. 45) che del collegio giudicante del Tribunale superiore dovesse far parte uno dei membri effettivi del Consiglio superiore dei lavori pubblici «non aventi funzioni di amministrazione attiva»; nei Tribunali regionali, invece, il collegio veniva integrato con un funzionario del genio civile. Proprio la persistenza, per quest'ultimo magistrato "laico", del rapporto di servizio con un'amministrazione dotata di un ruolo "attivo" nel campo delle acque pubbliche, ha portato alla dichiarazione di incostituzionalità dell'art. 138, essendosi ritenuto che potessero derivarne condizionamenti, con conseguente compromissione della indipendenza che deve essere assicurata, per il disposto dell'art. 108 Cost., agli estranei che partecipano alla amministrazione della giustizia. Una tale eventualità non è invece prospettabile per i componenti, privi di funzioni di amministrazione attiva, del Consiglio superiore dei lavori pubblici, che è un organo consultivo, avente il compito di dare pareri facoltativi o obbligatori, ma mai vincolanti, nelle materie di sua competenza, sicché è da escludere ogni pericolo di immedesimazione dei suoi membri (funzionari pubblici, magistrati amministrativi ed esperti esterni) con le amministrazioni parti in causa davanti al Tribunale superiore delle acque pubbliche.
Ne consegue altresì che è manifestamente infondata (come del resto già è stata ritenuta con Cass. 27 luglio 2004 n. 14082) la questione di legittimità costituzionale dell'art. 139 t.u. acque, che il consorzio di bonifica Sud Pontino ha formulato nel contesto del secondo motivo del ricorso principale, nell'erroneo presupposto che la questione sia «pressoché identica a quella già decisa - nel senso della incostituzionalità - con la menzionata decisione n. 353/2002».


Con il terzo motivo di ricorso si sostiene, innanzi tutto, che la manutenzione del canale pedemontano, non competeva al consorzio della piana di Fondi e Monte san Biagio, ma alla Regione Lazio.


L'assunto è inconferente, poiché anche nella sentenza impugnata si è escluso che il consorzio fosse tenuto a provvedere alla manutenzione, secondo la legislazione statale e regionale in materia di bonifica: in applicazione del principio enunciato da Cass. 12 giugno 1992 n. 7232, il Tribunale superiore ha confermato la condanna del consorzio al risarcimento dei danni, in quanto di fatto, pur senza esservi obbligato, aveva svolto (in maniera inadeguata) tale compito, così assumendo la custodia e gestione del corso d'acqua e facendosi carico della relativa responsabilità.


Le ulteriori doglianze formulate nello stesso terzo motivo del ricorso principale e nei successivi possono essere prese in esame contestualmente, poiché sono accomunate dalla loro attinenza ad accertamenti di fatto e apprezzamenti di merito compiuti dal giudice a quo: l'effettività della manutenzione del canale da parte del consorzio; le carenze di tale attività; il carattere non eccezionale del nubifragio avvenuto nella zona il giorno dell'allagamento; l'assenza di un concorso della società Fondittica nella causazione dell'evento, per la scelta dell'ubicazione del suo impianto; 1a quantificazione del danno.


Anche queste censure vanno disattese.


Le sentenze del Tribunale superiore delle acque pubbliche, a norma degli art. 200 e 201 del citato t.u. acque, sono soggette a ricorso per cassazione, oltre che per ragioni attinenti alla giurisdizione, soltanto per violazione di legge e dunque, relativamente alla motivazione, esclusivamente nel caso di sua assenza, mera apparenza o irragionevolezza (v., tra le più recenti, Cass. 24 dicembre 2005 n. 20472).


Da tali vizi la sentenza impugnata, sui punti in questione, è del tutto immune, poiché per ognuno è stato dato conto, in maniera esauriente e logicamente coerente, delle ragioni della decisione, attraverso l'esposizione, l'esame e la valutazione delle pertinenti risultanze istruttorie testimoniali, documentali e tecniche.


Con la sua memoria il ricorrente principale, per il caso che i motivi di impugnazione in esame vengano ritenuti riconducibili, anziché alla carenza assoluta di motivazione, al paradigma dell'omissione, insufficienza o contraddittorietà, osserva che l'ultimo comma dell'art. 360 c.p.c., introdotto dall'art. 2 del decreto legislativo 2 febbraio 2006, n. 40, consente di denunciare anche questi ultimi tali vizi, con il ricorso per cassazione avverso le sentenze e gli altri provvedimenti che in precedenza erano impugnabili soltanto per violazione dì legge; eccepisce quindi l'illegittimità costituzionale, per violazione degli art. 3 e 24 Cost., dell'art. 27 dello stesso decreto legislativo, che limita la suddetta facoltà alle sentenze e agli altri provvedimenti pubblicati dopo la sua entrata in vigore.


La questione è manifestamente infondata.


Il giudice delle leggi ha più volte riconosciuto (v., da ultimo, Corte cost. 13 gennaio 2006 n. 9) che «in materia di successione di leggi, il legislatore ha ampia discrezionalità di modulare nel tempo la disciplina introdotta, con l'unico limite della ragionevolezza»: limite che non è superato come neppure è violato il diritto di difesa - se una facoltà processuale viene attribuita, in coerenza con il principio tempus regit actum, soltanto per il futuro, sicché non diventano retroattivamente efficaci atti che la disciplina precedente non consentiva.


Con il primo motivo del ricorso incidentale il curatore della s.p.a. Fondittica lamenta che il Tribunale superiore delle acque pubbliche non ha provveduto sul terzo motivo del suo appello incidentale, erroneamente ritenendolo condizionato all'accoglimento del primo motivo; era invece subordinato al suo rigetto, come doveva apparire logico nonostante un refuso dattilografico, consistito nello scrivere "accoglimento" invece di "non accoglimento".


La doglianza deve essere accolta.


Sebbene rubricata come «violazione dell'art. 112 c.p.c. per omissione di pronuncia», la censura attiene in realtà all'interpretazione data al motivo di gravame in questione dal giudice di secondo grado, il quale in effetti non ha mancato di prenderlo in considerazione, anche se non lo ha esaminato nel merito, reputando che la parte avesse inteso proporlo solo per il caso di accoglimento del primo motivo del suo appello. Non si verte quindi in tema di errores in procedendo, che questa Corte possa accertare mediante l'esame diretto degli atti di causa, bensì di vizi della motivazione, in ordine a una valutazione che è riservata al giudice del merito (V., tra le altre, Cass. 21 febbraio 2006 n. 3702). D'altra parte, come si è prima segnalato in occasione dell'esame del ricorso principale, la motivazione deve essere stata totalmente omessa o risultare soltanto apparente o irragionevole, per costituire valida ragione di cassazione della sentenza impugnata.


Questa, in effetti, è inficiata da tali vizi.


Il contenuto dei due motivi di appello di cui si tratta è esposto compiutamente nel ricorso incidentale (che risulta quindi rispettoso della regola dell'"autosufficienza") e negli stessi termini nel controricorso del consorzio di bonifica Sud Pontino: con il primo di tali motivi si era chiesto che i due convenuti fossero condannati in solido al risarcimento integrale dei danni, nel presupposto che al consorzio di bonifica della piana di Fondi e Monte San Biagio fossero addebitabili le carenze di manutenzione, alla Regione Lazio i difetti di costruzione del canale pedemontano; con il terzo motivo, «in via subordinata ove si ritenesse di accogliere il primo motivo», si era chiesto che comunque il consorzio fosse condannato al risarcimento della metà dei danni, ove delle due concause fosse stata ritenuta «riconoscibile» solo la prima.


Il Tribunale superiore ha disatteso il primo motivo, osservando che i difetti di costruzione non erano stati fatti valere ab initio dalla società attrice come causa petendi ed erano inoltre risultati insussistenti. Ha poi rilevato che «il terzo motivo dell'appello incidentale, siccome condizionato all'accoglimento del primo motivo incidentale - volto ad affermare la responsabilità della Regione Lazio - che viene invece rigettato, non può essere, per assorbimento, preso in esame». Anziché limitarsi alla constatazione del tenore testuale della premessa del terzo motivo dell'appello incidentale, si sarebbe dovuto verificare - e spiegare adeguatamente le ragioni della soluzione adottata - se quella formulazione potesse essere conseguenza di un semplice lapsus, in ipotesi evidenziato dal rapporto tra le due domande, delle quali la minore sarebbe stata illogicamente condizionata all'accoglimento della maggiore, invece di esserne assorbita.


Appunto assorbito resta il secondo motivo del ricorso incidentale, con il quale il curatore del fallimento della s.p.a. Fondittica, per il caso di accoglimento del terzo motivo del ricorso principale, sostiene che il consorzio di bonifica della piana di Fondi e di Monte San Biagio era obbligato alla manutenzione del canale pedemontano non solo perché vi provvedeva di fatto, ma anche perché vi era tenuto di diritto, in base alle norme che disciplinano la materia, contrariamente a quanto in proposito ha ritenuto il Tribunale superiore delle acque pubbliche.


Rigettato dunque il ricorso principale, accolto il primo motivo dell'incidentale e dichiarato assorbito il secondo, la sentenza impugnata è cassata in relazione alla censura accolta, con rinvio al Tribunale superiore delle acque pubbliche, cui viene anche rimessa la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità.


DISPOSITIVO


La Corte riunisce i ricorsi; rigetta il ricorso principale; accoglie il primo motivo del ricorso incidentale e dichiara assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto; rinvia la causa al Tribunale superiore delle acque pubbliche, cui rimette anche la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità.


Roma, 18 gennaio 2007


Il Presidente


Il Consigliere estensore