Continuando il discorso su luoghi comuni e tutela dell’ambiente, penso a un'altra “frase magica” utilizzata frequentemente: ordine pubblico.
Significa tutto e niente ma consente, con un po’ di fantasia, di aggirare qualsiasi legge.
Si sequestra uno stabilimento che inquina? Basta far agitare un gruppetto di operai e la salute passa in secondo piano perché c’è una “questione di ordine pubblico”.
Si sospende un servizio per gravi violazioni ambientali? Pronta la manifestazione spontanea di cittadini che mette in pericolo l’ordine pubblico.
Si deve demolire una casa abusiva? Donne e bambini davanti alle ruspe e il gioco è fatto.
Gli esempi potrebbero continuare all’infinito perché questo sistema è da tempo abusato ed ha validamente sostituito il cosiddetto ricatto occupazionale, che ha tenuto banco dagli anni 70 e che qualche imprenditore poco aggiornato ancora si ostina ad utilizzare, minacciando licenziamenti improbabili delle maestranze come reazione ai provvedimenti della magistratura.
Il giochetto è molto semplice perché distrae l’attenzione dell’opinione pubblica, facendo leva sul timore di scontri e disordini e sposta sul piano della politica e dell’opportunità valutazioni che dovrebbero avere come punto di riferimento solo la legge, esercitando così indebite pressioni su chi deve eseguire il provvedimento o applicare la legge.
Questa “strategia della tensione” applicata alla mondezza non sempre porta a risultati positivi e qualche volta può sfuggire di mano. Altre volte, invece, il problema dell’ordine pubblico esiste veramente, come nel caso dell’emergenza rifiuti in Campania, ma il risultato in quel caso lo si è ottenuto lo stesso perché il fumo della spazzatura in fiamme ha reso meno visibili gli sprechi della pluriennale emergenza e i gravi reati ipotizzati dalla magistratura proprio con riferimento ai rifiuti, così che non si capisce più se le “ecoballe” sono agglomerati di rifiuto secco combustibile o le dichiarazioni di certi personaggi.
Significa tutto e niente ma consente, con un po’ di fantasia, di aggirare qualsiasi legge.
Si sequestra uno stabilimento che inquina? Basta far agitare un gruppetto di operai e la salute passa in secondo piano perché c’è una “questione di ordine pubblico”.
Si sospende un servizio per gravi violazioni ambientali? Pronta la manifestazione spontanea di cittadini che mette in pericolo l’ordine pubblico.
Si deve demolire una casa abusiva? Donne e bambini davanti alle ruspe e il gioco è fatto.
Gli esempi potrebbero continuare all’infinito perché questo sistema è da tempo abusato ed ha validamente sostituito il cosiddetto ricatto occupazionale, che ha tenuto banco dagli anni 70 e che qualche imprenditore poco aggiornato ancora si ostina ad utilizzare, minacciando licenziamenti improbabili delle maestranze come reazione ai provvedimenti della magistratura.
Il giochetto è molto semplice perché distrae l’attenzione dell’opinione pubblica, facendo leva sul timore di scontri e disordini e sposta sul piano della politica e dell’opportunità valutazioni che dovrebbero avere come punto di riferimento solo la legge, esercitando così indebite pressioni su chi deve eseguire il provvedimento o applicare la legge.
Questa “strategia della tensione” applicata alla mondezza non sempre porta a risultati positivi e qualche volta può sfuggire di mano. Altre volte, invece, il problema dell’ordine pubblico esiste veramente, come nel caso dell’emergenza rifiuti in Campania, ma il risultato in quel caso lo si è ottenuto lo stesso perché il fumo della spazzatura in fiamme ha reso meno visibili gli sprechi della pluriennale emergenza e i gravi reati ipotizzati dalla magistratura proprio con riferimento ai rifiuti, così che non si capisce più se le “ecoballe” sono agglomerati di rifiuto secco combustibile o le dichiarazioni di certi personaggi.