TAR Lombardia (MI), Sez. II, n. 2173, del 18 settembre 2013
Urbanistica.Nozione di lotto intercluso

In ogni caso, va ricordato come la nozione di “lotto intercluso” abbia una sua valenza quando non si rinvenga spazio giuridico per un'ulteriore pianificazione, mentre non è applicabile nei casi di zone solo parzialmente urbanizzate, esposte al rischio di compromissione di valori urbanistici, nelle quali la pianificazione può ancora conseguire l'effetto di correggere e compensare il disordine edificativo in atto. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese).

N. 02173/2013 REG.PROV.COLL.

N. 00475/2008 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 475 del 2008, proposto da: 
- Giambelli S.p.a., rappresentata e difesa dall'avv. Bruno Santamaria, con domicilio eletto presso Bruno Santamaria in Milano, Galleria del Corso, 2;

contro

- Comune di Monza, rappresentato e difeso dagli avv. Paola Brambilla e Annalisa Bragante, con domicilio eletto presso Paola Brambilla in Milano, Piazza V Giornate, 10 c/o Atap;
- Provincia di Milano;
- Regione Lombardia;

per l'annullamento

A) della deliberazione n. 71 del 29.11.2007, il cui avviso di approvazione è stato pubblicato sul Bollettino Ufficiale della Regione Lombardia n. 51 del 19 dicembre 2007 (doc. 1), con la quale il Consiglio Comunale di Monza ha controdedotto alle osservazioni presentate e approvato il nuovo Piano di Governo del Territorio (PGT);

B) della deliberazione n. 18 del 09.03.2007 (doc. 2), con la quale il Consiglio Comunale di Monza ha adottato gli atti costituenti il nuovo Piano di Governo del Territorio;

C) di ogni altro atto e/o documento comunque connesso e facente parte del nuovo PGT, con il presente ricorso impugnato in parte qua.



Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Monza;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 3 aprile 2013 la dott.ssa Concetta Plantamura e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO

Giambelli spa (da ora anche solo la società o Giambelli) è proprietaria di un’area sita in Comune di Monza destinata, in base al piano regolatore generale (PRG) del 1971, principalmente, a suo dire, a zona residenziale.

Sennonché, con la deliberazione del Consiglio comunale del 9.3.2007, di adozione del PGT, l’area della ricorrente è stata inserita in un ambito avente in gran parte destinazione ad attività agricole e complementari, in contrasto con l’effettivo stato dell’area, compiutamente edificata ed urbanizzata.

Di tali anomalie la ricorrente ha reso edotta l’amministrazione, con l’osservazione n. 340 del 9.7.2007, con cui è stato chiesto alla p.a. lo stralcio dell’area in questione, con il ripristino della sua precedente destinazione.

La controdeduzione dell'Amministrazione è stata nel senso di non accogliere l'osservazione, ripromettendosi la p.a. di riesaminare la posizione dell'odierna ricorrente nell'ambito del procedimento di variante, avviato immediatamente dopo l'approvazione del PGT (in particolare, l’amministrazione ha dichiarato che: "L'accoglimento, anche parziale della presente osservazione comporterebbe una sostanziale modificazione dei criteri di impostazione del PGT. Peraltro, le aree in questione saranno oggetto di riconsiderazione della qualificazione urbanistica, in sede di successiva variante al PGT”).

Da ciò l’odierno gravame, notificato il 20.02.2008 e depositato il successivo 12.03.2008, affidato ad un unico, complesso motivo, con cui la Società deduce i seguenti vizi:

- travisamento ed errata valutazione dei presupposti di fatto e di diritto; violazione dell'art. 3, l. 241/90; difetto assoluto di istruttoria e motivazione e/o falsità, contraddittorietà e perplessità della stessa; violazione del principio di affidamento del privato; omessa considerazione e comparazione di tutti gli interessi coinvolti; violazione e falsa applicazione della legge 142/1990; della legge n. 1150/1942 e della L.R. n. 12/2005; omessa considerazione delle osservazioni; eccesso di potere per perplessità e sviamento, contraddittorietà, illogicità e irragionevolezza manifesta; violazione degli artt. 41 e 42 Cost, per omessa considerazione del diritto al libero esplicarsi dell’attività economica.

Si è costituito con memoria depositata in atti il 13.03.2013 il Comune di Monza, controdeducendo alle censure avversarie.

La difesa ricorrente, in sede di replica, ha eccepito la tardività della memoria di costituzione del Comune, rilevando di avere autorizzato la difesa dell’amministrazione a depositare fuori termine soltanto i documenti ma non le memorie.

Alla pubblica udienza del 3.04.2013 la causa, dopo la discussione delle parti, è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.

DIRITTO

Preliminarmente, il Collegio deve soffermarsi sulla questione dell’ammissibilità della memoria di costituzione e replica, oltreché dei documenti, tardivamente depositati da parte resistente in data 13.03.2013 ovvero, nel termine prescritto per il deposito delle repliche.

Al riguardo, il patrocinio ricorrente ha rappresentato al Collegio di avere acconsentito, in sede stragiudiziale, al deposito fuori termine dei documenti da parte resistente, ma non alla deroga del termine prescritto per il deposito delle memorie, richiamando all’uopo la sentenza del Consiglio di Stato n.1058 del 23.02.2012.

Il Collegio ritiene, in conformità dell’orientamento ribadito nella recente sentenza del Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 25 febbraio 2013 n.5, di non poter ammettere in giudizio la memoria tardivamente depositata dalla resistente atteso che, pur potendosi accordare alla parte intimata la costituzione in giudizio sino all’udienza di discussione e, ivi, la difesa orale, ad essa non può essere, altresì, concesso di violare i termini perentoriamente posti dall’art. 73, co. 1 c.p.a. per il deposito dei documenti, delle memorie e delle repliche.

Si tratta, infatti, con particolare riguardo al termine perentorio di trenta giorni (computato a ritroso dalla data di celebrazione dell’udienza di discussione), individuato dall’art. 73, co. 1, c.p.a. per il deposito delle memorie illustrative, di termine espressivo di un precetto di ordine pubblico processuale, posto a presidio non soltanto del contraddittorio ma anche dell’ordinato lavoro del giudice (cfr. Cons. Stato n. 1058/2012 cit.; nonché, id. sez. III, 2 agosto 2011, n. 4601; sez. VI, 14 luglio 2011, n. 4283; sez. V, 31 maggio 2011, n. 3252; sez. V, 1° aprile 2011, n. 2032; sez. V, 29 marzo 2011, n. 1926).

Ne consegue che, nessuna rilevanza può essere attribuita all’accordo intercorso fra le parti al fine della produzione fuori termine degli atti di cui all’art. 73 cit., atteso che soltanto il Collegio può “eccezionalmente” autorizzare, ai sensi dell’art. 54, co. 1 c.p.a., la presentazione tardiva di memorie e documenti.

Nel caso di specie, non si ravvisano né i presupposti per una tale autorizzazione, né quelli per la concessione della rimessione in termini per errore scusabile, ex art. 37, co. 1, c.p.a., come rigorosamente interpretato dall’adunanza plenaria del Consiglio di Stato (cfr. sentenza 2 dicembre 2010, n. 3, resa in materia elettorale), non essendo configurabili né impedimenti di fatto, né oggettive ragioni di incertezza.

La violazione dei termini sanciti dal menzionato art. 73, co. 1, c.p.a. conduce all’inutilizzabilità processuale della memoria e dei documenti depositati in data 13.3.2013, con la conseguente inammissibilità delle domande, eccezioni in senso stretto e prove colà introdotte (o allegate).

Si può, così, passare all’esame dell’unico motivo articolato nell’odierno ricorso, per il quale non si può fare a meno di richiamare quanto già affermato da questa stessa Sezione con la sentenza n. 1274/2013, in relazione ad un ricorso coinvolgente sempre l’amministrazione comunale di Monza e recante motivo identico a quella sopra riportato.

Anche qui, infatti, s’impone il richiamo al prevalente orientamento della giurisprudenza, incline a ritenere che le scelte compiute dall'amministrazione in sede di formazione del piano urbanistico (o di variante dello stesso) sono espressione dell'ampia discrezionalità tecnica di cui essa dispone in materia, da cui discende la loro sindacabilità solo nei ristretti limiti costituiti dalla manifesta illogicità, arbitrarietà ed evidente travisamento dei fatti (cfr. ex multis, Cons. Stato, IV, 21-12-2012, n. 6656; id. 27 dicembre 2007, n. 6686).

Non integra, in tal senso, alcuna manifesta illogicità la modificazione della destinazione impressa all’area dell’esponente, non essendosi qui in presenza di una situazione preesistente idonea a creare aspettative o affidamenti, stante l’assenza di posizioni soggettive meritevoli di specifica considerazione.

Al riguardo, giova rammentare che la giurisprudenza ha ripetutamente chiarito che non é configurabile alcuna pretesa alla non reformatio in pejus della precedente disciplina urbanistica, in quanto la titolarità di una posizione giuridica qualificata va esclusa quando l'interesse coinvolto concerna esclusivamente una precedente previsione urbanistica, che consentiva l'utilizzazione dell'area in modo più proficuo, visto che, in tale ipotesi, si tratta di un'aspettativa generica del privato, avente ad oggetto la non reformatio in pejus della destinazione di zona, suscettibile di recedere dinanzi alla natura discrezionale del potere di pianificazione urbanistica (così, T.A.R. Lombardia, Milano, sez. IV, Sent. 03-03-2011, n. 619; id. 18 ottobre 2010, n. 6989).

Nel caso di specie, in particolare, sono del tutto assenti le specifiche situazioni enucleate dalla giurisprudenza per configurare in capo alla p.a. un obbligo di motivazione più incisivo delle proprie scelte discrezionali riguardo alla destinazione di singole aree (scelte che, di regola, non necessitano di apposita motivazione, oltre a quella che si può evincere dai criteri generali, di ordine tecnico-discrezionale, seguiti nell'impostazione del piano e ricavabili dalla relazione di accompagnamento al piano stesso. Cfr. Cons. Stato, Ad. Plen., n. 24/99; id. Sez. IV, n. 6656/2012; id., sez. VI., n. 173/02; id. Sez. IV, n. 6917/02; id. n. 2899/02).

In effetti, le evenienze ritenute idonee a creare aspettative o affidamenti in favore di soggetti le cui posizioni appaiono meritevoli di specifiche considerazioni sono state ravvisate: a) nel superamento degli standards minimi di cui al d.m. 2 aprile 1968, con l'avvertenza che la motivazione ulteriore va riferita esclusivamente alle previsioni urbanistiche complessive di sovradimensionamento, indipendentemente dal riferimento alla destinazione di zona di determinate aree; b) nella lesione dell'affidamento qualificato del privato derivante da convenzioni di lottizzazione, accordi di diritto privato intercorsi fra il Comune e i proprietari delle aree, aspettative nascenti da giudicati di annullamento di dinieghi di concessione edilizia o di silenzio rifiuto su domanda di concessione edilizia etc. (cfr. Cons. Stato, Ad. Plen. n. 24/99 cit.); c) nella modificazione in zona agricola della destinazione di un'area limitata, interclusa da fondi edificati in modo non abusivo (cfr. Cons. Stato, sez. IV, n. 594/99; Cons. Stato, Ad. Plen. n. 24/99 cit.; Cons. Stato, Sez. IV, 2369/00 cit.).

In nessuna di siffatte situazioni si trova la ricorrente, la quale vanta, come già detto, una generica aspettativa alla non modificazione in pejus della precedente previsione urbanistica, onde conseguire un utilizzo, nella sua prospettiva, più proficuo dell'area in questione (cfr. Cons. Stato, Ad. Plen. n. 24/99 cit.; Sez. IV, 25 luglio 2001 n. 4077; T.A.R. Catania, sez. I, 13 febbraio 2012 n. 386; T.A.R. Salerno, 17 dicembre 2002, n. 2358).

La ricorrente, a ben vedere, allega ma non dimostra quali sarebbero stati gli “ostacoli amministrativi …ai progetti edilizi” da lei stessa presentati, di cui agli atti non v’è traccia alcuna. In tal senso, si deve ritenere che la fattispecie in esame si presenti senz’altro diversa da quella decisa da questo Tribunale, con la sentenza n.122/2007 (allegata sub doc. n. 8 da parte ricorrente).

Il caso ivi esaminato, infatti, concerneva l’impugnazione di un’inibitoria di una dia presentata al Comune di Monza, sempre dall’odierna ricorrente, per un’area posta in fregio alla Via Impastato; nel caso all’odierno esame del Collegio, invece, la società non risulta aver presentato alcun titolo edilizio nelle more della zonizzazione urbanistica precedente a quella per cui è causa.

Né si può ritenere che l'obbligo di motivazione venga rafforzato, imposto o mutato in base alla sola presentazione delle osservazioni al piano da parte dei privati, atteso che queste ultime sono semplici apporti collaborativi offerti dai cittadini alla formazione dello strumento urbanistico ed il loro rigetto non richiede una specifica motivazione, essendo sufficiente che siano state esaminate e ritenute in contrasto con gli interessi e le considerazioni generali poste a base della formazione del piano (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 11 ottobre 2007, n. 5357; id. 30 giugno 2004, n. 4804; T.A.R. Lombardia, Milano, II, 25-05-2012 n. 1440; T.A.R. Campania Salerno, sez. I, 08 gennaio 2010, n. 15).

Nel caso in esame, l’amministrazione ha respinto l’osservazione dell’istante sul presupposto (analogo a quello assunto nel caso deciso con la già citata sentenza n. 1274/2013) che il suo accoglimento, anche parziale, “comporterebbe una sostanziale modificazione dei criteri di impostazione del PGT”.

Tale affermazione non appare al Collegio, contrariamente a quanto sostenuto dall’esponente, in palese contraddizione con la successiva affermazione fatta dall’amministrazione, in cui si dà atto che: “Peraltro, le aree in questione saranno oggetto di riconsiderazione della qualificazione urbanistica, in sede di successiva variante al PGT”.

In tal modo, infatti, la p.a., pur dando atto dell’impossibilità di una modifica della destinazione impressa alle aree de quibus in ragione degli attuali criteri di impostazione del PGT, non esclude che, in sede di variante dello strumento urbanistico, si possa rimeditare, unitamente a detti criteri, la destinazione delle ridette aree.

Né appare condivisibile la lettura della propria area come lotto intercluso fornita dalla società, attesa la funzione eccezionale di tale concetto (su cui cfr., da ultimo, Consiglio di Stato, sez. IV, 10 giugno 2010 n. 3699) e la tipologia dell’area de qua (che, essendo contermine a fondi inedificati, come meglio risultante dai documenti allegati sub lett. A e ss. all’osservazione di parte ricorrente depositata sub n. 3, nonché dal doc. n. 9 non pare affatto riconducibile a tale ambito).

In ogni caso, va ricordato come la nozione di “lotto intercluso” abbia una sua valenza quando non si rinvenga spazio giuridico per un'ulteriore pianificazione, mentre non è applicabile nei casi di zone solo parzialmente urbanizzate, esposte al rischio di compromissione di valori urbanistici, nelle quali la pianificazione può ancora conseguire l'effetto di correggere e compensare il disordine edificativo in atto (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 1 dicembre 2003, n. 7799).

Per tali considerazioni, quindi, il ricorso in epigrafe deve essere respinto.

Il Collegio ritiene, nondimeno, configurabili, nella specie, le eccezionali ragioni per la compensazione delle spese di giudizio, ex artt. 26, co.1, c.p.a. e 92, co.2, c.p.c.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Seconda)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 3 aprile 2013 con l'intervento dei magistrati:

Angelo De Zotti, Presidente

Stefano Celeste Cozzi, Primo Referendario

Concetta Plantamura, Primo Referendario, Estensore

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 18/09/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)