TAR Campania (NA) Sez. IV n. 20 del 2 gennaio 2018
Urbanistica. Potere di vigilanza del comune sull’attività edilizia

L'art. 27 del D.P.R. 380/2001, riconosce al Comune un potere di vigilanza sull'attività edilizia, anche con riguardo agli immobili vincolati, in tutti i casi di difformità dalle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici, conferendogli la competenza e imponendogli l'obbligo di provvedere alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi. Ciò indipendentemente dall’applicazione di altre sanzioni previste dall’ordinamento e dalla riconosciuta concorrente competenza sanzionatoria della Soprintendenza, quale autorità preposta alla vigilanza sul vincolo storico e artistico, in base alle specifiche norme di settore

Pubblicato il 02/01/2018

N. 00020/2018 REG.PROV.COLL.

N. 01031/2007 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1031 del 2007, proposto da:
Tortorella Maria Rosaria, rappresentata e difesa dagli avvocati Giuseppe Abbamonte, Orazio Abbamonte, Luisa Acampora, con domicilio eletto presso lo studio Orazio Abbamonte in Napoli, viale Gramsci, n. 16;

contro

Comune di Napoli, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall'Avvocatura Municipale, domiciliata in Napoli, piazza Municipio palazzo San Giacomo.

per l'annullamento

con ricorso originario:

- dell’ordinanza dirigenziale emessa dal Comune di Napoli n. 615 del 30 ottobre 2006, di rigetto dell'istanza di sanatoria ex art. 36 del D.P.R. n. 380 del 2001 – pratica n. 53/06 in relazione alle opere abusive realizzate alla via Mianella n. 34 (muro di contenimento di 18 metri lineari per un’altezza di tre metri, accedente ad un’area cortilizia di un immobile abusivo);

- di ogni altro atto connesso;

con motivi aggiunti depositati in data 12 luglio 2007:

- dei medesimi atti, nonché della relazione integrativa depositata dall’amministrazione a seguito di riesame ordinato dal Tar.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Napoli;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 20 dicembre 2017 il dott. Michele Buonauro e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

La ricorrente Maria Rosaria Tortorella, in qualità di proprietaria dell’area sita in Napoli, via Mianella n. 34, dopo aver impugnato l’ordine ripristinatorio emanato dal dirigente del Comune di Napoli, con il quale si ingiunge di eliminare le opere abusive ivi realizzate (muro di contenimento di 18 metri lineari per un’altezza di tre metri, accedente ad un’area cortilizia di un immobile abusivo), è insorta avverso il rigetto della istanza di accertamento di conformità ai sensi dell’art. 36 del D.P.R. n. 380 del 2001 per la sanatoria delle opere oggetto dell’ordinanza originariamente impugnata.

Articola censure di violazione delle norme edilizie ed urbanistiche e di disparità di trattamento.

L’amministrazione comunale si è costituita in giudizio ed ha chiesto il rigetto del ricorso per infondatezza.

Accolta l’istanza cautelare ai fini del riesame con ordinanza n. 831 del 2007, l’amministrazione comunale, in conformità a quanto richiesto dal tribunale, ha depositato una relazione esplicativa in ordine ai punti cruciali della controversia.

Avverso tal atto la ricorrente è insorta con motivi aggiunti, con i quali denunzia l’illogicità e l’illegittimità derivata dal nuovo atto depositato in giudizio.

La parte in data 7 giugno 2017 ha dichiarato di avere interesse alla decisione nel merito ed all'udienza pubblica del 20 dicembre 2017 il ricorso è trattenuto in decisione.

DIRITTO

1. Il ricorso ed i connessi motivi aggiunti non sono meritevoli di accoglimento.

1.1. L’amministrazione comunale, anche con il conforto della relazione esplicativa successiva, ha evidenziato il contrasto dell’opera (in quanto nuova costruzione con consentita) con le prescrizioni di zona, che vietano entrambe la tipologia di opere qui in rilievo.

2. L’area interessata è classificata come zona F – parco territoriale - sottozona Fa1 (area agricola) e Fa2 (area incolta), nell’ambito Vallone S. Rocco, disciplinato dagli artt. 45 e 46 e 162, comma 7, che impongono il divieto di edificare nuovi volumi e, in particolare, consentono allo stato solo interventi di messa in sicurezza dei terreni da realizzarsi con tecniche di riqualificazione e restauro ambientale. L’amministrazione comunale ha chiarito in modo esaustivo il contrasto del manufatto con le prescrizioni di zona, evidenziando che, con delibera giuntale n. 3417 del 2002, le tecniche di riqualificazione comprendono la realizzazione di interventi a grata viva, a gabbionate e materassi inverditi, o a terra rinforzata, o a scogliera rinverdita, con materiali di origine vegetale.

2.1. Dal contenuto degli riversati in giudizio si ricava che il muro in questione non può qualificarsi quale “muro di cinta”, ma risulta costruito al fine di prevenire possibili smottamenti del terreno, onde va qualificato come “muro di contenimento”.

Mentre il muro di cinta, nella dizione di cui alla legge n. 662/1996, è un’opera di recinzione, non suscettibile di modificare o alterare sostanzialmente la conformazione del terreno, che assume natura pertinenziale, diversa è invece la consistenza e la funzione dei c.d. muri di contenimento, che si differenziano perché servono a sostenere il terreno al fine di evitare movimenti franosi dello stesso. Per assolvere a siffatta funzione, i muri di contenimento devono presentare necessariamente una struttura idonea, per consistenza e modalità costruttive, ad assolvere alla funzione di contenimento.

2.1. Nel sistema dell’ambito del Vallone S. Rocco, vista la peculiare conformazione agricola dell’area, tale incisivo intervento edilizio deve essere caratterizzato dalla funzione di contenimento della smottamento di terreno e da una struttura costituita da materiale organico.

Nella specie, la relazione dell’amministrazione ha evidenziato che, per estensione, tipologia e funzione, il muro realizzato non rispetta le caratteristiche imposte dalla normativa edilizia di riferimento, particolarmente rigorosa anche in considerazione della zona agricola e vincolata paesaggisticamente in cui l’intervento è inserito.

2.2. Da queste premesse deriva che le opere realizzate hanno determinato una palese violazione delle norme urbanistiche, rispetto a cui l’evocata disparità di trattamento non può trovare ingresso, poiché l’irrogazione della misura ripristinatoria rappresenta un’attività doverosa e vincolata.

Il Comune di Napoli, dunque, non poteva legittimamente concedere la richiesta sanatoria, comportando l’accertamento di conformità, a norma dell’art. 36 del d.p.r. 6 giugno 2001, n. 380, la verifica della conformità dell’opera eseguita alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dell’abuso sia al momento della presentazione della domanda, verifica che evidenziava, di contro, il contrasto con le citate norme di attuazione.

Il primo motivo è dunque da disattendere.

3. Con il secondo mezzo si censurano sia il difetto di motivazione e di istruttoria. Nessuna delle richiamate censure merita adesione.

In primo luogo la presenza di pericoli di smottamento (che peraltro potrebbero dipendere proprio dall’attività di costruzione dell’immobile al cui servizio è posto il muro in esame) non costituisce motivo di deroga delle prescrizioni edilizie, né sono state addotte ragioni tecniche specifiche che impedissero una soluzione costruttiva alternativa.; né, su questi presupposti, ricorre il denunciato difetto di motivazione, in quanto l’atto non solo riporta l’iter procedimentale percorso, la compiuta istruttoria e l’acquisito parere della Commissione edilizia, ma esplicita altresì, compiutamente ed analiticamente, le ragioni ostative al rilascio della richiesta sanatoria, in relazione sia alla normativa di riferimento in materia edilizia ed urbanistica, come sopra descritta, sia agli specifici vincoli incidenti sull’area in questione.

5. Con altro motivo di ricorso parte ricorrente ha lamentato l’illegittimità dell’ordine di demolizione in quanto basato sulla previsione dell’art. 27 del D.P.R. n. 380/2001.

Sul punto va chiarito che le previsioni sanzionatorie del D.Lgs. n. 42/2004 per gli abusi edilizi in aree vincolate non si pongono in termini sostitutivi ma aggiuntivi rispetto alle sanzioni previste nel D.P.R. n. 380/2001. Tra l’altro mentre le prime si incentrano sull’assenza dell’autorizzazione paesaggistica, le seconde si collegano all’assenza del permesso di costruire o, comunque, di un idoneo titolo edilizio, in aree paesaggisticamente vincolate.

5.1. Inoltre, la giurisprudenza ha sempre rilevato come l'art. 27 del D.P.R. 380/2001, riconosca al Comune un potere di vigilanza sull'attività edilizia, anche con riguardo agli immobili vincolati, in tutti i casi di difformità dalle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici, conferendogli la competenza e imponendogli l'obbligo di provvedere alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi.

Ciò indipendentemente dall’applicazione di altre sanzioni previste dall’ordinamento e dalla riconosciuta concorrente competenza sanzionatoria della Soprintendenza, quale autorità preposta alla vigilanza sul vincolo storico e artistico, in base alle specifiche norme di settore (T.A.R. Campania Napoli, Sez. IV, 05-08-2009, n. 4733; T.A.R. Campania Napoli, Sez. IV, 05-08-2009, n. 4735; T.A.R. Campania Napoli, sez. IV, n. 2625 del 13 maggio 2009; T.A.R. Campania Napoli, sez. IV, n. 7561/2006; T.A.R. Campania Napoli, sez. IV n. 18670/2005).

5.2. Nè vale sostenere che la demolizione ex art. 27 D.P.R. n. 380/2001 possa essere disposta solo per le opere eseguite su aree inedificate e per opere in corso e non ancora terminate, in quanto l’applicazione di questo articolo presupporrebbe, oltre al vincolo paesaggistico gravate sull’area, anche che i lavori si trovino allo stato iniziale mentre nel caso di specie i manufatti risultavano come interamente completati.


L’art. 27 D.P.R. n. 380/2001 sanziona con la demolizione gli abusi edilizi su aree vincolate indipendentemente dal grado complessivo di edificazione delle aree su cui tali abusi insistono.

Inoltre, il testo del comma 2 dell’art. 27 del D.P.R. n. 380/2001 prevede che il dirigente o il responsabile ordini la demolizione, “quando accerti l'inizio o l'esecuzione di opere eseguite” senza titolo in area vincolata.

Dal testo della norma in questione si evince chiaramente che la misura della demolizione per la realizzazione senza titolo di nuove opere in zone vincolate è applicabile sia che venga accertato l'inizio, sia nel caso di avvenuta completa esecuzione di interventi abusivi

In particolare, la corretta interpretazione dell'art. 27 del D.P.R. n. 380/2001 - la cui formulazione differisce, tra l'altro, dal precedente art. 4 della L. n. 47/1985 anche nel riferimento espresso all'accertamento dell'esecuzione (e non più soltanto dell'"inizio") delle opere - conduce a ritenere innanzi tutto che l'inizio dell'esecuzione dell'opera abusiva costituisca la condizione minima per l'adozione del provvedimento di demolizione, ma né la lettera né lo scopo della norma legittimano a ritenere che l'adozione di tale provvedimento sia preclusa nel caso in cui l'opera sia ultimata (T.A.R. Lazio Roma Sez. I quater Sent., 16-04-2008, n. 3259; in termini Cons. Stato, Sez. IV Sent., 10-08-2007, n. 4396, T.A.R. Campania Napoli Sez. VI, 30-01-2007, n. 766).

6. Né infine coglie nel segno la dedotta inapplicabilità della delibera di giunta regionale n. 3417 del 2002, che, secondo l’assunto attoreo, sarebbe vincolante solo per le opere realizzate dalla medesima amministrazione regionale, poiché si tratta di un atto regolamentare attraverso cui si impongono legittimamente criteri di costruzione edilizia consentiti nelle zone di riferimento, in ossequio al potere demandato dalla Costituzione all’ente regionale di regolazione dell’uso del territorio.

4. In conclusione il ricorso ed i connessi motivi aggiunti vanno respinti. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano nella misura di cui al dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, e sui connessi motivi aggiunti, li rigetta. Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese processuali sostenute dal Comune di Napoli, che liquida in complessivi euro 3.000,00 (tremila).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 20 dicembre 2017 con l'intervento dei magistrati:

Umberto Maiello, Presidente FF

Michele Buonauro, Consigliere, Estensore

Maria Barbara Cavallo, Consigliere

         
         
L'ESTENSORE        IL PRESIDENTE
Michele Buonauro        Umberto Maiello