TAR Veneto Sez. II sent. 3638 del 18 dicembre 2009
Urbanistica. Nozione di pertinenza

Il concetto di pertinenza, previsto dal diritto civile, va distinto dal più ristretto concetto di pertinenza inteso in senso edilizio e urbanistico, che non trova applicazione in relazione a quelle costruzioni che, pur potendo essere qualificate come beni pertinenziali secondo la normativa privatistica, assumono tuttavia una funzione autonoma rispetto ad altra costruzione, con conseguente loro assoggettamento al regime concessorio, come nel caso di un intervento edilizio che non sia coessenziale al bene principale e che possa essere utilizzato in modo autonomo e separato
N. 03638/2009 REG.SEN.
N. 00013/1999 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto

(Sezione Seconda)


ha pronunciato la presente


SENTENZA


Sul ricorso numero di registro generale 13 del 1999, proposto da Giorgio Polegato, rappresentato e difeso dagli avv. Luigi Ronfini e Franco Zambelli, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Venezia-Mestre, via Cavallotti, 22;

contro

il Comune di Volpago del Montello, in persona del Sindaco pro tempore, non costituito in giudizio;

per l\'annullamento

del provvedimento prot. n. 10112/1998/16323 del 15 settembre 1998 con cui il Responsabile del Servizio Tecnico del Comune di Volpago del Montello ha denegato l’applicabilità della sanzione pecuniaria prevista dall’art. 93 della l.r. n.61/1985 in relazione all’abuso edilizio ivi indicato nonché per l’annullamento di ogni altro atto al medesimo connesso, presupposto ovvero conseguente ed in specie per l’annullamento del parere della Commissione Edilizia Integrata reso in data 10 settembre 1998, n.9.


Visto il ricorso con i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell\'udienza pubblica del giorno 29 ottobre 2009 la dott.ssa Brunella Bruno e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO


Con ricorso iscritto al n. 13 del 1999 Giorgio Polegato ha agito in giudizio per l’annullamento del provvedimento con il quale il Comune di Vopago del Montello ha rigettato l’istanza tesa ad ottenere in relazione alla realizzazione di un opera edilizia abusiva l’applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria di cui all’art. 93 della l.r. n.61 del 1985, in luogo di quella demolitoria.

Per poter meglio comprendere il substrato fattuale del ricorso oggetto del presente giudizio è necessario premettere che l’odierno ricorrente è stato destinatario di un provvedimento con il quale - a fronte della commissione di un abuso edilizio sostanziatosi nella realizzazione della copertura di una pergola e della sua chiusura con pareti perimetrali al fine di adibirla a garage ed a magazzino - l’Amministrazione comunale ha ingiunto la demolizione del manufatto abusivo.

Il suddetto provvedimento è stato oggetto di un ricorso proposto dal Polegato, il cui giudizio si è concluso una sentenza di rigetto( n. 1389 del 1997) pronunciata da questa Sezione, depositata il 13 settembre 1997.

Il Polegato ha, dunque, presentato all’Amministrazione comunale un’istanza con la quale, adducendo il pregiudizio che dalla demolizione del manufatto abusivo sarebbe derivato alla parte dell’immobile legittimamente realizzato, ha richiesto l’applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria di cui all’art. 93 della l.r. n.61 del 1985, in luogo di quella demolitoria.

Con provvedimento del 15 settembre 1998, in questa sede impugnato, l’Amministrazione comunale ha rigettato l’istanza in quanto “per il fabbricato in oggetto non può essere applicata la normativa prevista dall’art. 93 della l.r. n.61 del 1985”, trattandosi di “nuova opera eseguita in assenza di concessione e, pertanto, rientrante nell’ambito di applicazione dell’art. 92 della l.r. n.61 del 1985”.

Più in particolare, il Polegato ha dedotto i seguenti motivi di ricorso:

violazione dell’ art. 7 della legge n.94 del 1992, dell’ art. 10 della l. n.47 del 1985, degli artt. 76, 92, 94, della l.r. n.61 del 1985; eccesso di potere per carenza di presupposto. ;

violazione dell’art. 3 della legge n.241 del 1990, degli artt. 9, 10 e 12 della legge n. 47 del 1985, degli artt. 76, 92, 93 e 94 della l.r. n.61 del 1985; eccesso di potere per carenza di presupposto, travisamento dei fatti e carenza di motivazione;

ulteriore violazione dell’art. 3 della legge n.241 del 1990, degli artt. 7, 9 e 12 della legge n. 47 del 1985, degli artt. 92, 93 e 94 della l.r. n.61 del 1985; eccesso di potere per carenza di istruttoria e di presupposto;

ulteriore violazione dell’art. 3 della legge n.241 del 1990, degli artt. 9 e 12 della legge n. 47 del 1985, degli artt. 92 e 93 della l.r. n.61 del 1985; eccesso di potere per carenza di presupposto e di motivazione.

Il Comune di Volpago del Montello non si è costituito in giudizio per resistere al gravame.

All’udienza del 29 ottobre 2009 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.


DIRITTO


Il Collegio ritiene prioritaria la verifica dell’ammissibilità del ricorso in relazione alle statuizioni contenute nella sentenza di questo T.A.R., n. 1389 del 1997, con la quale è stato rigettato il ricorso proposto avverso l’ordinanza che ha ingiunto la demolizione delle opere abusive, sentenza che è divenuta, ormai, incontrovertibile a seguito del suo passaggio in giudicato.

La suddetta pronuncia ha statuito la piena legittimità dell’operato dell’Amministrazione comunale la quale, a fronte della realizzazione dell’opera abusiva in area vincolata ex lege n.1497 del 1939 (area classificata quale zona F3 di rispetto stradale, fluviale e monumentale) e, dunque, in fattispecie nella quale era necessario ottenere una concessione edilizia, ha fatto applicazione dell’art. 92 della l.r. n.61 del 1985.

Il particolare, nella sentenza sopra citata, resa tra le medesime parti del presente giudizio, si afferma che: “l’abuso non può beneficiare del regime più favorevole previsto per le opere realizzate in assenza di autorizzazione e, dunque, non può essere invocato l’assoggettamento alle mere sanzioni pecuniarie in luogo di quelle demolitorie”.

Alla luce di ciò potrebbe, in linea astratta e teorica, venire all’evidenza una ipotesi di inammissibilità correlata, per un verso, al giudicato formatosi in relazione al ricorso avente ad oggetto l’ordinanza di demolizione e, sotto altro profilo, alla irricevibilità di censure che avrebbero dovuto essere fatte valere avverso il medesimo provvedimento demolitorio. L’applicabilità dell’art. 93 (e, nello specifico, di quella parte della disposizione che prevede l’irrogazione della sola sanzione pecuniaria nel caso in cui la demolizione sia suscettibile di recare pregiudizio alla parte dell’opera legittimamente eseguita) in luogo della previsione contenuta nell’art. 92 della l.r. n.61 del 1985 avrebbe, infatti, dovuto costituire oggetto di doglianza nel ricorso proposto avverso l’ordinanza di demolizione, non essendo possibile, per le ragioni sopra esposte, mettere successivamente in discussione il fondamento dell’esercizio del potere di ingiungere la demolizione delle opere abusive.

Sempre in premessa, il Collegio deve evidenziare, peraltro, che l’istanza presentata dal ricorrente non è da qualificare in termini di domanda di sanatoria in senso proprio ma mira ad ottenere l’applicazione della sanzione pecuniaria ai sensi dell’art. 93 della l.r. n.61 del 1985, in luogo della sanzione demolitoria, irrogata ai sensi dell’art.92 della medesima legge.

Ciò premesso, emerge, tuttavia, che l’Amministrazione comunale, a fronte della presentazione dell’istanza in argomento, non ha ritenuto di adottare un atto meramente confermativo di quanto già disposto con l’ordinanza di demolizione sopra richiamata, ma ha svolto una nuova istruttoria, conclusa con il provvedimento gravato, nel quale pure viene ribadita l’applicazione dell’art. 92 e non dell’art. 93 della l.r. n.61 del 1985.

Tale circostanza impone, dunque, la trattazione del merito del presente giudizio.

Il ricorso è infondato.

In relazione a quanto dedotto con il primo motivo di ricorso il Collegio esclude la ravvisabilità del carattere pertinenziale delle opere contestate ( struttura dotata di copertura in coppi e chiusura con pareti perimetrali, composta da due vani uno adibito a deposito ed uno a servizio igienico).

La giurisprudenza consolidata, alla quale il Collegio aderisce, ha avuto da tempo modo di chiarire che il concetto di pertinenza, previsto dal diritto civile, va distinto dal più ristretto concetto di pertinenza inteso in senso edilizio e urbanistico, che non trova applicazione in relazione a quelle costruzioni che, pur potendo essere qualificate come beni pertinenziali secondo la normativa privatistica, assumono tuttavia una funzione autonoma rispetto ad altra costruzione, con conseguente loro assoggettamento al regime concessorio, come nel caso di un intervento edilizio che non sia coessenziale al bene principale e che possa essere utilizzato in modo autonomo e separato (cfr., Cons. St., sez. IV, 23 luglio 2009, n. 4636; T.A.R. Campania Napoli, sez. IV, 01 settembre 2009, n. 4848).

Nella fattispecie in esame l’opera presenta una propria autonomia sotto il profilo oggettivo e funzionale ed è destinata ad un uso durevole (garage/ magazzino), evidenziandosi, quindi, caratteristiche tali da comportare una incidenza sul carico urbanistico ed una modifica permanente del territorio nel quale si inserisce, peraltro vincolato sotto il profilo paesaggistico.

Per l’edificazione di tale opera era, quindi, necessaria la previa acquisizione della concessione edilizia, sicché legittimamente l’Amministrazione comunale, a fronte delle caratteristiche dell’abuso ha ritenuto, con il provvedimento gravato, di dover confermare quanto già disposto con l’ordinanza di demolizione alla quale sopra si è fatto riferimento.

Anche la seconda e la terza censura si palesano infondate e devono essere disattese..

L’abuso realizzato non si sostanzia affatto in una difformità lieve dal permesso di costruire avendo il ricorrente eseguito un’opera che, per le descritte caratteristiche, altera significativamente il progetto assentito, sicché il l’Amministrazione ha correttamente applicato l’art. 92 della l.r. n.61 del 1992 che ha un ambito di applicazione esteso agli interventi realizzati in assenza di concessione edilizia ed a quelli eseguiti in totale difformità o con variazioni essenziali dalla concessione o dalla relativa istanza.

Né tanto meno il provvedimento gravato può considerarsi carente sotto il profilo del substrato motivazionale, emergendo le ragioni sottese al rigetto dell’istanza presentata dall’odierno ricorrente.

Diversamente da quanto sostenuto dalla difesa del ricorrente, inoltre, l’intervento non si presta ad essere qualificato in termini di ristrutturazione edilizia.

La ristrutturazione edilizia, infatti, è tale, come in più occasioni evidenziato dalla consolidata giurisprudenza, se ed in quanto non comporti l’alterazione della tipologia edilizia e della volumetria preesistente, carattere, questo, che non ricorre nella fattispecie in esame, venendo in considerazione una struttura autonomamente rilevante e tipologicamente diversa da quella assentita, che ha determinato un incremento volumetrico (cfr. T.A.R. Veneto, sez. II, 26 febbraio 2008, n.454; T.A.R. Lombardia, Milano, sez. II, 6 settembre 2007, n.5768).

Priva di pregio alcuno si palesa anche l’ultima censura con la quale il ricorrente lamenta l’illegittimità del provvedimento in quanto l’Amministrazione non ha specificamente argomentato in ordine alla assenza di pregiudizio per la parte conforme connesso alla demolizione.

Il Collegio evidenzia, in proposito, che non solo l’art. 92 della l.r. Veneto non prevede, a differenza dell’art. 93 del medesimo testo legislativo, la possibilità di procedere all’irrogazione, in via alternativa e sostitutiva, della sanzione pecuniaria in luogo di quella demolitoria ma, soprattutto, che il ricorrente non spiega in alcun modo, né fornisce alcun elemento concreto, idoneo a sostenere la sussistenza di un pregiudizio per la parte conforme correlato alla demolizione. Anche la relazione allegata all’istanza presentata all’Amministrazione è del tutto carente sotto tale profilo, non emergendo in quale modo, tenuto anche conto delle caratteristiche delle opere abusivamente realizzate, i lavori di demolizione potrebbero determinare il pregiudizio suddetto.

Per le ragioni sopra esposte il ricorso deve essere rigettato.

Non si dispone in ordine alle spese del giudizio in ragione del comportamento processuale della intimata Amministrazione, non costituitasi in giudizio.


P.Q.M.


Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo rigetta.

Nulla sulle spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall\'autorità amministrativa.

Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 29 ottobre 2009 con l\'intervento dei Magistrati:

Giuseppe Di Nunzio, Presidente

Italo Franco, Consigliere

Brunella Bruno, Referendario, Estensore


L\'ESTENSORE IL PRESIDENTE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 18/12/2009