TAR Lombardia (MI) Sez. II n.1268 del 24 maggio 2021  
Urbanistica.Interesse a impugnare lo strumento pianificatorio
 
Chi si ritiene leso da uno strumento pianificatorio sottoposto a V.A.S. non può limitarsi a lamentare vizi e irregolarità concernenti la procedura di V.A.S., ma deve chiarire se e in quale misura tali vizi abbiano inciso sul regime impresso ai suoli di sua proprietà dalla nuova disciplina urbanistica, giacché l’interesse a impugnare lo strumento pianificatorio non può esaurirsi nella generica aspettativa a una migliore pianificazione dei suoli di propria spettanza, richiedendosi, invece che le “determinazioni lesive” fondanti l’interesse a ricorrere siano effettivamente “condizionate”, ossia causalmente riconducibili in modo decisivo, alle preliminari conclusioni raggiunte in sede di V.A.S.

Pubblicato il 24/05/2021

N. 01268/2021 REG.PROV.COLL.

N. 00046/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 46 del 2014, proposto da
MOBA s.r.l. (ora DRS s.r.l.), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Ruggero Tumbiolo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso lo studio Mirco Rizzoglio in Milano, via Nino Bixio n. 14;

contro

Comune di Montorfano, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Maria Cristina Colombo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso lo studio M. Cristina Colombo in Milano, via Durini n. 24;
Regione Lombardia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Piera Pujatti, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso il suo studio in Milano, piazza Città di Lombardia n. 1;

nei confronti

della Provincia di Como, non costituita in giudizio;

per l’annullamento

della deliberazione del Consiglio comunale di Montorfano n. 45 del 30 settembre 2013 di approvazione del Piano di Governo del Territorio e degli atti e provvedimenti presupposti;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Montorfano e della Regione Lombardia;

Visti tutti gli atti della causa;

Tenutasi l’udienza di smaltimento in data 20 aprile 2021, senza discussione orale ai sensi dell’art. 25 d.l. 137/2020, conv. in l. 176/2020, come specificato nel verbale, con relatore la dott.ssa Martina Arrivi;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con il ricorso in epigrafe MOBA s.r.l. (ora DRS s.r.l.), proprietaria delle aree site nel Comune di Montorfano identificate catastalmente ai mappali 2892 e 2893, ha impugnato – nei limiti del proprio interesse – la delibera del Consiglio comunale n. 45 del 30 settembre 2013 con la quale il Comune di Montorfano ha approvato il proprio Piano di Governo del Territorio (P.G.T.).

Vengono censurate, in particolare, le previsioni di Piano che:

(i) ripropongono un vincolo di destinazione a viabilità pubblica su una porzione dei mappali 2892 e 2893;

(ii) subordinano, per gli ambiti BD (produttivo di completamento e di ristrutturazione) cui appartiene il compendio della ricorrente, alcuni interventi edilizi alla pianificazione attuativa o al rilascio di permessi di costruire convenzionati nonché alla cessione di una porzione dei lotti per opere di urbanizzazione:

(iii) collocano il mappale 899, contiguo a quelli di proprietà, in ambito B/SU (servizi urbani di ristrutturazione e di completamento).

2. Costituendosi in giudizio, il Comune ha eccepito l’improcedibilità del ricorso per omessa impugnazione della successiva delibera n. 5 del 26 marzo 2014 di approvazione definitiva del P.G.T. a seguito di ripubblicazione delle previsioni relative ad alcuni ambiti oggetto di stralcio. Ha inoltre dedotto l’inammissibilità per difetto d’interesse rispetto ad alcune censure contenute nel ricorso e ha argomentato in ordine all’infondatezza delle doglianze.

3. La causa è passata in decisione all’esito dell’udienza pubblica di smaltimento del 20 aprile 2014 in vista della quale le parti hanno depositato memorie e repliche.

DIRITTO

4. Preliminarmente va respinta l’eccezione d’improcedibilità sollevata dall’amministrazione resistente.

4.1. Con la delibera n. 5 del 26 marzo 2014, adottata in corso di causa, il Comune ha determinato di «approvare definitivamente il PGT con gli ambiti stralcio modificati in accoglimento delle osservazioni dando atto che lo stesso è comprensivo anche di quanto già approvato con deliberazione di Consiglio Comunale no 45 del 30.09.2013 inerente gli atti costituenti il Piano di Governo del Territorio».

4.2. Siffatta delibera ha carattere provvedimentale esclusivamente con riferimento agli ambiti di stralcio C1, C4 e F12 oggetto di ripubblicazione, poiché solo ad essi attengono il rinnovamento d’istruttoria e la rivalutazione delle scelte pianificatorie. Viceversa per le restanti previsioni, ivi incluse quelle oggi in contestazione, la delibera sopravvenuta è meramente confermativa della precedente e, come tale, è priva di autonoma capacità lesiva, che rimane ascrivibile esclusivamente alla delibera n. 45 del 30 settembre 2013, unica suscettibile di gravame.

La sopravvenienza, pertanto, è inidonea a determinare l’improcedibilità del ricorso.

5. Tanto premesso, con il primo motivo di ricorso, l’esponente contesta il provvedimento per invalidità derivata dalla delibera di Giunta comunale n. 13 del 14 febbraio 2011, che aveva individuato il Sindaco quale autorità competente per il procedimento di Valutazione Ambientale Strategica (V.A.S.).

Adducendo la violazione dell’art. 6, n. 3 della direttiva 2001/42/CE, degli artt. 4 e ss. d.lgs. 152/2002 e il vizio d’incompetenza, la società ricorrente richiama il principio, espresso anche dalla Corte di Giustizia nella sentenza del 20 ottobre 2011 in C-474/10, per cui l’individuazione, quale autorità consultiva in materia ambientale, in un’articolazione organizzativa interna all’autorità che elabora il piano o il programma da assoggettare alla relativa valutazione è possibile solo se l’autorità procedente abbia a sua volta competenze generali in materia di ambiente e sempre che detta articolazione possegga un’autonomia reale in termini di mezzi amministrativi e risorse umane. La scelta di assegnare al Sindaco il ruolo di autorità competente per la V.A.S. si porrebbe in conflitto con il suesposto principio poiché, da un lato, il Comune – autorità procedente – non è istituzionalmente deputato alla cura dell’ambiente e, dall’altro lato, perché il Sindaco – autorità competente – non è un’articolazione dotata di adeguata autonomia rispetto al Comune medesimo.

5.1. Rispetto a tale motivo di ricorso è fondata l’eccezione d’inammissibilità formulata dal Comune.

Per consolidata giurisprudenza, chi si ritiene leso da uno strumento pianificatorio sottoposto a V.A.S. non può limitarsi a lamentare vizi e irregolarità concernenti la procedura di V.A.S., ma deve chiarire se e in quale misura tali vizi abbiano inciso sul regime impresso ai suoli di sua proprietà dalla nuova disciplina urbanistica (Cons. Stato, Sez. IV, 12 gennaio 2011, n. 133; Id., Sez. II, 18 agosto 2020, n. 5084), giacché «l’interesse a impugnare lo strumento pianificatorio non può esaurirsi nella generica aspettativa a una migliore pianificazione dei suoli di propria spettanza, richiedendosi, invece che le “determinazioni lesive” fondanti l’interesse a ricorrere siano effettivamente “condizionate”, ossia causalmente riconducibili in modo decisivo, alle preliminari conclusioni raggiunte in sede di V.A.S.» (T.A.R. Milano, Sez. II, 15 novembre 2016, n. 2140; cfr. altresì T.A.R. Brescia, Sez. I, 20 febbraio 2017, n. 247).

Mancando, nel caso di specie, la prospettazione dell’incidenza del vizio su specifiche previsioni del P.G.T. potenzialmente lesive della sfera giuridica della ricorrente, la doglianza va dichiarata inammissibile per difetto d’interesse alla sua proposizione.

6. Con il secondo motivo di ricorso, il P.G.T. viene censurato nella parte in cui reitera l’apposizione, su una parte dei mappali 2892 e 2893, di un vincolo urbanistico di destinazione a viabilità pubblica per violazione degli artt. 9 e 39 d.p.r. 327/2001 ed eccesso di potere, poiché la previsione non sarebbe supportata da adeguata istruttoria e motivazione in ordine alle attuali esigenze che giustifichino la reiterazione del vincolo e non sarebbe accompagnata dall’indennizzo dovuto al privato.

6.1. Il Comune di Montorfano rileva, per converso, che il vincolo in questione non avrebbe natura espropriativa, ma deriverebbe da una “urbanizzazione di pertinenza” così come individuata all’art. 6 delle Norme Tecniche di Attuazione (N.T.A.) del Documento di Piano. Secondo tale disposizione, le urbanizzazioni di pertinenza sono le «aree di urbanizzazione primaria e secondaria di pertinenza dei singoli insediamenti, individuate nel titolo abilitativo. Queste aree e le opere realizzate, anche se non individuate sulla Tavola dell’Azzonamento, sono assoggettate a vincolo di pertinenza e uso pubblico e potranno essere acquisite al patrimonio pubblico entro i primi 10 anni dalla data di assoggettamento».

Ad avviso del Comune, inoltre, la censura non potrebbe essere positivamente apprezzata poiché la ricorrente ha omesso di impugnare la previsione di cui al terzo periodo dell’art. 8.3 del Piano dei Servizi, introdotto in sede di approvazione del P.G.T., in forza della quale «non costituisce reiterazione dei vincoli la conferma delle urbanizzazioni di pertinenza di cui all’art. 6 se ed in quanto le corrispondenti aree sono state individuate e/o regolamentate nel titolo abilitativo dell’edificio di cui sono pertinenza, pur rimanendo nella disponibilità dei proprietari ma continuando a svolgere le funzioni di urbanizzazione dei relativi insediamenti».

6.2. Il motivo di ricorso è fondato nei limiti dell’omessa motivazione della scelta di reiterazione del vincolo.

6.3. In base alla summa divisio tra vincoli espropriativi e conformativi, i primi concernono beni determinati, in funzione della localizzazione puntuale di un’opera pubblica, la cui realizzazione non può quindi coesistere con la proprietà privata, mentre i secondi incidono su di una generalità di beni, nei confronti di una pluralità indifferenziata di soggetti, in funzione della destinazione assolta dall’intera zona in cui questi ricadono e delle sue caratteristiche intrinseche, o del rapporto con un’opera pubblica (Cons. Stato, Sez. IV, 1 luglio 2015, n. 3256; T.A.R. Aosta, Sez. I, 17 aprile 2019, n. 20). Nello specifico, la destinazione di una determinata porzione di proprietà privata a destinazione stradale costituisce un vincolo sostanzialmente espropriativo, poiché la strada, per sua intrinseca natura, è destinata alla pubblica utilizzazione e pertanto impedisce la permanenza del fondo in proprietà privata (Cons. Stato, Sez. IV, 19 febbraio 2013, n.1021; T.A.R. Napoli, Sez. VIII, 15 febbraio 2019, n. 864; T.A.R. Palermo, Sez. III, 5 luglio 2019, n. 1791; Id., 27 aprile 2020, n. 804).

6.4. Nel caso di specie, parte dei mappali di proprietà della ricorrente risulta essere stata vincolata a viabilità pubblica in previsione della realizzazione di una strada locale di prolungamento della via Dante sino alla via dei Canneti, giusto Programma di fabbricazione approvato con decreto del Ministero dei Lavori pubblici del 1964. Il vincolo è stato poi inserito nel Piano Regolatore Generale (P.R.G.) del 1975 e reiterato nella terza variante al P.R.G. del 2008. Stante la localizzazione del vincolo su una specifica area di proprietà e la previsione della realizzazione su di essa di una strada pubblica, esso assume i connotati del vincolo espropriativo.

6.5. È dunque inconferente il richiamo effettuato dal Comune alle urbanizzazioni di pertinenza, poiché la realizzazione della strada in questione non è affidata al privato né specificamente regolamentata nei titoli abilitativi rilasciati per l’edificazione del comparto, bensì è stata prevista da precedenti strumenti urbanistici come opera pubblica da realizzarsi su terreni privati.

La conferma di siffatta qualificazione si trae dall’atto unilaterale d’obbligo accluso al permesso di costruire n. 20/2012 ottenuto dalla ricorrente per opere di recinzione, di collegamento e fognarie, citato dal Comune per avvalorare la propria tesi. A dispetto di quanto osservato dal Comune, l’atto d’obbligo allegato al titolo edilizio non regolamenta la realizzazione della strada, ma al contrario stabilisce che la società provvederà a rimuovere le opere «in caso di realizzazione da parte del Comune di Montorfano della strada in prosecuzione di via Dante su parte delle aree attualmente di proprietà della predetta società … ed a seguito dell’avvio della procedura volta all’espropriazione delle aree prima descritte».

Consegue a quanto sopra che non sussiste alcun onere per la ricorrente di avversare l’art. 8.3, terzo periodo, del Piano dei Servizi riferito alle urbanizzazioni di pertinenza.

6.6. Ciò posto, la riproposizione del vincolo, ormai decaduto rispetto alla previsione contenuta nella variante al P.R.G. del 2008, avrebbe dovuto essere supportata, ex art. 9, comma 4, d.p.r. 327/2001 da idonea motivazione in ordine alla persistenza delle ragioni di diritto pubblico sottese alla necessità di reiterazione. Per converso, «il principio spettanza di un indennizzo al proprietario nel caso di reiterazione o di tempestiva proroga del vincolo preordinato all’esproprio non rileva per la verifica della legittimità dei provvedimenti, che hanno disposto l’approvazione dello strumento urbanistico con la conseguente reiterazione o proroga del vincolo, atteso che i profili relativi alla spettanza dell’indennizzo e al suo pagamento non attengono alla legittimità del procedimento, ma riguardano questioni di carattere patrimoniale, che presuppongono la conclusione del procedimento di pianificazione e sono devolute alla cognizione della giurisdizione ordinaria» (Cons. Stato, Sez. IV, 6 agosto 2013, n. 4143; cfr. altresì T.A.R. Milano, Sez. II, 2 marzo 2015, n. 595; T.A.R. Napoli, Sez. V, 26 novembre 2015, n. 5474; T.A.R. Perugia, Sez. I, 1 settembre 2017, n. 556).

7. Con il terzo motivo, viene censurata, per violazione degli artt. 28 e 41 quinquies l. 1150/1942 nonché per illogicità e irragionevolezza, la disposizione dell’art. 50 delle N.T.A. del Piano delle Regole nella parte in cui assoggetta determinati interventi edilizi alla preventiva redazione di un piano attuativo o a un permesso di costruire convenzionato non sulla base della valutazione di insufficienza o inadeguatezza delle opere di urbanizzazione esistenti e programmate, bensì solo in relazione agli indici di utilizzazione e/o all’estensione della superficie interessata dall’intervento in progetto.

7.1. Stante la manifesta infondatezza della censura, può soprassedersi dall’eccezione d’inammissibilità sollevata dal Comune per difetto d’interesse alla contestazione di una previsione generale di Piano.

7.2. In linea generale, le scelte urbanistiche costituiscono esercizio di ampia discrezionalità da parte dell’amministrazione e le stesse, nell’ambito del sindacato di legittimità del giudice amministrativo, sono censurabili, oltre che per violazione di legge, solo per manifesta illogicità e/o irragionevolezza ovvero laddove, per quanto riguarda la destinazione di specifiche aree, risultino confliggenti con particolari situazioni che abbiano ingenerato affidamenti e aspettative qualificate (Cons. Stato, Sez. IV, 12 maggio 2016, n. 1907; T.A.R. Milano, Sez. II, 27 febbraio 2017, n. 451; Id., 4 aprile 2019, n. 751; Id., 20 agosto 2019, n. 1895).

7.3. Premesso che nella fattispecie non sussistono – né tantomeno sono allegate – situazioni di legittimo affidamento da tutelare, la previsione di cui all’art. 50 delle N.T.A. del Piano delle Regole non risulta affetta da profili d’illogicità manifesta, essendo viceversa ragionevole sottoporre gli interventi edilizi di maggiore impatto urbanistico (nello specifico, gli interventi che comportino l’utilizzazione di una s.l.p. superiore a 1.000,00 mq o 2.000,00 mq) a pianificazione attuativa o permesso di costruire convenzionato.

La valutazione compiuta dall’amministrazione comunale in sede di P.G.T. è necessariamente astratta, poiché contenuta in uno strumento urbanistico a valenza pianificatoria generale. L’eventuale valutazione della concreta necessità di ricorrere alla pianificazione attuativa è demandata al momento del rilascio dei titoli abilitativi, solo in tal caso potendo trovare applicazione l’orientamento giurisprudenziale richiamato dalla ricorrente secondo cui «il permesso di costruire può essere oggetto di rilascio anche in assenza del piano attuativo, richiesto dalle norme di piano regolatore, quando in sede istruttoria l’Amministrazione abbia accertato che l’area edificanda è l’unica a non essere stata ancora edificata e si trova in una zona integralmente interessata da costruzioni e dotata delle opere di urbanizzazione» (Cons. Stato, Sez. IV, 4 gennaio 2013, n. 5).

7.4. Né la fissazione, ad opera dell’art. 41 quinquies l. 1150/1942, dei presupposti della pianificazione attuativa impedisce al Comune di prevedere condizioni ulteriori, al fine di assicurare un più armonioso sviluppo del territorio.

8. Con il quarto motivo, la società ricorrente censura l’art. 6.a delle N.T.A. del Documento di Piano poiché illogicamente e senza motivazione subordinerebbe l’ampliamento di edifici esistenti alla cessione del «5% dell’intera superficie Sf o St destinata ad attività produttive» per la realizzazione di spazi di sosta o parcheggio, senza tener in considerazione le dimensioni dell’ampliamento programmato e la sua incidenza sul carico urbanistico. Secondo la ricorrente la disposizione andrebbe intesa nel senso di imporre la cessione di una percentuale della superficie dell’intero lotto interessato per qualunque ampliamento di qualsiasi dimensione, sicché «anche per piccolissimi ampliamenti sarebbe prevista la cessione di aree di notevoli dimensioni, che potrebbero anche non esser reperibili all’interno del lotto» (pag. 28 ricorso).

8.1. Anche per tale censura, il Comune solleva eccezione d’inammissibilità per difetto d’interesse in ragione del carattere regolamentare della disposizione avversata. L’eccezione in questione può ritenersi assorbita stante la manifesta infondatezza della doglianza.

8.2. Come chiarito dalla difesa comunale, e come comunque evincibile dalla formulazione letterale dell’art. 6.a delle N.T.A., la disposizione in commento non può essere letta nel senso di applicare agli ampliamenti un onere di cessione riferito all’intero lotto, giacché altrimenti potrebbe potenzialmente incidere sull’edificato. La percentuale di Sf o St da utilizzare per il calcolo delle cessioni non può che essere riferita alla sola porzione in ampliamento, in linea con la ratio della previsione, strumentale ad assicurare la destinazione di parte dei nuovi insediamenti ad aree per sosta e parcheggio, e conformemente al carattere programmatico e alla valenza pro futuro della pianificazione urbanistica.

9. Con il quinto motivo si censura l’inserimento del mappale 899, limitrofo a quelli di proprietà della ricorrente e già classificato in zona D per insediamenti produttivi e di servizio, in ambito B/SU (servizi urbani di ristrutturazione e completamento), imprimendogli senza motivazione una destinazione commerciale, ricettiva e di ristorazione in distonia e in potenziale pregiudizio della vocazione produttiva delle aree circostanti.

9.1. Come anche osservato dal Comune, per tale censura parte ricorrente ha addotto pregiudizi del tutto ipotetici e astratti, concernenti la possibilità che la destinazione urbanistica dell’area limitrofa possa compromettere la sua possibilità di reperire terreni per l’espansione della propria attività produttiva e che l’insediamento di attività turistiche o commerciali possa comportare un aumento del traffico e una riduzione dei parcheggi. Ad ogni modo, pur prescindendo dal profilo d’inammissibilità per carenza d’interesse all’impugnazione, la censura è infondata, alla luce del già rimarcato carattere latamente discrezionale delle scelte di pianificazione urbanistica.

9.2. La determinazione di imprimere una determinata destinazione a un’area costituisce una scelta di merito insindacabile ove non affetta da illogicità manifesta o evidente travisamento dei presupposti.

Nel caso in esame, l’inclusione del mappale 899 nell’ambito destinato a servizi non risulta irragionevole, essendo per converso funzionale a uno sviluppo sostenibile del territorio, stante il minor impatto ambientale degli insediamenti per servizi rispetto a quelli prettamente produttivi.

Né può essere riscontrato alcun travisamento dei fatti, giacché l’area in questione, essendo in disuso, si presta particolarmente a una riqualificazione in chiave di maggiore sostenibilità ambientale, e si trova a confine degli “ambiti di rete ecologia provinciale” del Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (P.T.C.P.) di Como.

9.3. Sotto il profilo motivazionale, è sufficiente richiamare il consolidato principio per cui le determinazioni di pianificazione urbanistica non necessitano di particolare motivazione, poiché esse trovano giustificazione nei criteri generali di ordine tecnico-discrezionale seguiti nella impostazione del piano (ex multis, T.A.R. Milano, Sez. II, 16 settembre 2020, n. 1668; Cons. Stato, Sez. II, 2 dicembre 2020, n. 7636).

10. Conclusivamente, il ricorso deve essere accolto limitatamente alla previsione del P.G.T. che reitera il vincolo espropriativo su parte delle aree di proprietà della ricorrente, dovendo nel resto essere dichiarato inammissibile e respinto secondo quanto innanzi esposto.

11. Il principio della reciproca soccombenza giustifica la compensazione delle spese processuali.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei limiti di cui in motivazione e, pertanto, annulla la delibera n. 45 del 30 settembre 2013 di approvazione del P.G.T. del Comune di Montorfano nella parte in cui reitera il vincolo di destinazione a viabilità pubblica su una porzione dei mappali 2892 e 2893, e nel resto lo dichiara inammissibile e lo respinge per come in motivazione.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 20 aprile 2021, tenutasi in modalità telematica ai sensi del combinato disposto degli artt. 25 d.l. 137/2020, conv. in l. 176/2020 e s.m.i., e 4, comma 1, d.l. 28/2020, conv. in l. 70/2020, con l’intervento dei magistrati:

Roberta Ravasio, Presidente

Laura Patelli, Referendario

Martina Arrivi, Referendario, Estensore