TAR Veneto Sez. II n. 660 del 2 maggio 2022
Urbanistica,Differenza tra ristrutturazione urbanistica ed edilizia

L’articolo 3, comma 1, lett. f) del d.P.R. n. 380 del 2001, qualifica come “interventi di ristrutturazione urbanistica” quelli “rivolti a sostituire l'esistente tessuto urbanistico-edilizio con altro diverso, mediante un insieme sistematico di interventi edilizi, anche con la modificazione del disegno dei lotti, degli isolati e della rete stradale”. Si tratta quindi di interventi ben più pregnanti di quelli di mera ristrutturazione edilizia, come definiti dall’articolo 3, lettera e) del medesimo d.P.R., in quanto riguardanti non già un unico immobile, ma un’intera area degradata, alla quale viene conferita una conformazione del tutto nuova attraverso un “insieme sistematico” di interventi sull’edificato, sulla conformazione dei lotti e sull’intera viabilità. Pertanto, in disparte l’utilizzo comune del termine “ristrutturazione”, “la nozione di "ristrutturazione urbanistica", a differenza di quella di "ristrutturazione edilizia", non può considerarsi antitetica rispetto alla tipologia di intervento costituita dalla "nuova costruzione". Quest'ultima può anch'essa derivare da un intervento di demolizione e ricostruzione purché abbia caratteristiche che per destinazione, tipologia, volume, sedime o altri connotati essenziali si ponga in relazione di discontinuità rispetto ai volumi demoliti


Pubblicato il 02/05/2022

N. 00660/2022 REG.PROV.COLL.

N. 01374/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1374 del 2019, proposto da Giove S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Chiara Cacciavillani e Marta Cendron, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Concordia Sagittaria, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Alessandro Calegari, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l'annullamento

del provvedimento n. 17221, prot. n. 3152/2019 del 16 settembre 2019, di quantificazione degli importi dovuti dalla ricorrente come contributo di costruzione ai sensi dell'art. 16 del D.P.R. n. 380/2001;

per quanto di ragione, e nei limiti dell’interesse della ricorrente, della delibera di Giunta comunale n. 47 del 10 aprile 2018, nella parte in cui non distingue il costo di costruzione tra nuovi edifici e interventi su edifici esistenti;

nonché di ogni atto annesso, connesso o presupposto.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Concordia Sagittaria;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 aprile 2022 la dott.ssa Elena Garbari e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

La ricorrente è proprietaria di un vasto compendio immobiliare, dell’estensione di 5.847,15 mq, nel comune di Concordia Sagittaria (VE) sul quale insistono una casa contadina e numerosi annessi rustici utilizzati in passato per la conduzione del fondo, aventi una volumetria complessiva di circa 4.000 mc.

Espone la società che il suo dante causa ha ottenuto il permesso di costruire (22617/2019) per un intervento di ristrutturazione urbanistica, consistente nella demolizione di tutti i fabbricati esistenti e nella ricostruzione con ampliamento ai sensi del Piano degli Interventi e dell’art. 3, comma 2, lett. a), della legge della Regione Veneto n. 14/2009 (Piano casa), con mutamento di destinazione d’uso a residenziale.

Con l’odierno ricorso l’esponente impugna l’atto indicato in epigrafe, con il quale l’amministrazione comunale ha quantificato la componente del contributo di costruzione dovuta per detto intervento edilizio, per la sola parte commisurata al costo di costruzione e ivi determinata in 344.285,51 euro.

Ne deduce l’illegittimità per “violazione e falsa applicazione dell’art. 16, commi 1, 9 e 10, d.P.R. n. 380/2001; violazione del diritto di proprietà tutelato dall’art. 42 Cost. ed dall’art. 1 del primo protocollo addizionale alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo; violazione del principio di uguaglianza di cui all’art. 3 Cost; eccesso di potere per difetto di proporzionalità; disparità di trattamento e ingiustizia manifesta”.

Sostiene la ricorrente che l’amministrazione avrebbe erroneamente applicato l’articolo 16, comma 9, del D.P.R. 380/2001, che disciplina il costo di costruzione per i nuovi edifici. Secondo tale disposizione il costo di costruzione “è determinato periodicamente dalle Regioni con riferimento ai costi massimi ammissibili per l’edilizia agevolata” ed è adeguato annualmente in base alle variazioni dell’indice ISTAT; detto parametro è stato in specie fissato con delibera della Giunta Regionale 12 aprile 2002, n. 897, che il Comune di Concordia Sagittaria ha aggiornato per il 2018 in 1.004,33 euro/mq (delibera della Giunta comunale n. 47/2018).

Afferma la deducente che il costo di costruzione doveva invece essere quantificato in applicazione del comma 10 del medesimo articolo 16 del TUE, riguardante gli interventi su edifici esistenti, secondo cui: “il costo di costruzione è determinato in relazione al costo degli interventi stessi, così come individuati dal comune in base ai progetti presentati per ottenere il permesso di costruire”.

Lamenta inoltre che il Comune avrebbe disatteso la ratio del costo di costruzione anche sotto altro profilo, atteso che, costituendo tale contributo una forma di compartecipazione pubblica al plusvalore derivante dalla trasformazione edilizia, lo stesso deve essere proporzionato all’utilità che il privato trae dall’intervento e pertanto l’amministrazione doveva considerare, a scomputo, i costi di demolizione dell’edificato esistente e di smaltimento del materiale di risulta, in quanto tali voci di spesa non corrispondono ad effettivi incrementi di valore.

Si è costituito il Comune intimato, instando per la reiezione del gravame. La parte resistente ha eccepito preliminarmente il difetto di interesse ad agire della società deducente, in quanto la stessa non ha prodotto in fase procedimentale né in giudizio alcun computo metrico estimativo comprovante i costi effettivi sostenuti per l’intervento, atti a dimostrare che tale valore è inferiore a quello determinato dall’amministrazione in applicazione dei parametri stabiliti con deliberazione n. 47 del 2018.

Da ultimo, con memoria di replica del 17 marzo 2022, la ricorrente ha prospettato questione di legittimità costituzionale, per violazione del principio di uguaglianza sostanziale sancito dall’articolo 3 Cost., dell’articolo 16, commi 9 e 10 del d.P.R. 380/2001, laddove interpretato nel senso che gli interventi di ristrutturazione urbanistica siano assoggettati al medesimo regime contributivo previsto per le nuove costruzioni.

Il ricorso è stato chiamato all’udienza pubblica del 7 aprile 2022 e ivi trattenuto in decisione.

DIRITTO

Viene a decisione il ricorso con cui Giove S.p.a. contesta la quantificazione del costo di costruzione effettuata dal Comune di Concordia Sagittaria in relazione al titolo edilizio rilasciato per un importante intervento di demolizione e ricostruzione con ampliamento e cambio di destinazione d’uso relativo al compendio di sua proprietà.

Pregiudizialmente il Collegio reputa di non poter dar seguito alla prospettata questione di incostituzionalità dell’articolo 16, commi 9 e 10 del d.P.R. 380/2001, in quanto manifestamente infondata. Va evidenziato, infatti, che l’ipotizzato contrasto con il principio di uguaglianza sostanziale delle richiamate disposizioni, ove interpretate nel senso che gli interventi di ristrutturazione urbanistica sono assoggettati al medesimo regime contributivo degli interventi di nuova costruzione, non è configurabile, in quanto fondato sull’indimostrato e inverosimile presupposto secondo cui la ristrutturazione urbanistica sarebbe un intervento assimilabile alla ristrutturazione edilizia e più oneroso per l’interessato rispetto all’intervento di nuova costruzione. Tale assunto è radicalmente smentito non solo dalla qualificazione normativa degli interventi riconducibili alla nozione di ristrutturazione urbanistica, ma anche, in concreto, dall’esame della tipologia di opere oggetto del titolo edilizio di cui è qui questione, come di seguito approfonditamente illustrato.

In disparte lo scrutinio dell’eccezione di inammissibilità del gravame per difetto di interesse, stante la mancata produzione, da parte di Giove S.p.a., del computo metrico estimativo riportante l’ammontare delle spese sostenute e quindi la mancata prova del pregiudizio derivante -per contro- dall’applicazione del parametro “standard” utilizzato dal Comune, nel merito il ricorso è infondato.

Sostiene la deducente che le opere di ristrutturazione urbanistica assentite sarebbero assimilabili a quelle di ristrutturazione edilizia e quindi andrebbero assoggettate alla corrispondente disciplina prevista dal Testo unico dell’edilizia.

L’assunto non può essere condiviso.

L’articolo 3, comma 1, lett. f) del d.P.R. n. 380 del 2001, qualifica come “interventi di ristrutturazione urbanistica” quelli “rivolti a sostituire l'esistente tessuto urbanistico-edilizio con altro diverso, mediante un insieme sistematico di interventi edilizi, anche con la modificazione del disegno dei lotti, degli isolati e della rete stradale”.

Si tratta quindi di interventi ben più pregnanti di quelli di mera ristrutturazione edilizia, come definiti dall’articolo 3, lettera e) del medesimo d.P.R., in quanto riguardanti non già un unico immobile, ma un’intera area degradata, alla quale viene conferita una conformazione del tutto nuova attraverso un “insieme sistematico” di interventi sull’edificato, sulla conformazione dei lotti e sull’intera viabilità.

Pertanto, in disparte l’utilizzo comune del termine “ristrutturazione”, “la nozione di "ristrutturazione urbanistica", a differenza di quella di "ristrutturazione edilizia", non può considerarsi antitetica rispetto alla tipologia di intervento costituita dalla "nuova costruzione". Quest'ultima può anch'essa derivare da un intervento di demolizione e ricostruzione purché abbia caratteristiche che per destinazione, tipologia, volume, sedime o altri connotati essenziali si ponga in relazione di discontinuità rispetto ai volumi demoliti (argomenta ex sent. Cons. Stato n. 3298/2015, cit.).” (T.R.G.A. Trentino-Alto Adige, Bolzano, 2 novembre 2016, n. 305).

Ai fini della qualificazione dell’intervento edilizio risulta decisivo, comunque, l’esame della concreta tipologia di opere previste nel permesso di costruire.

Come evidenziato nella relazione illustrativa allegata all’istanza di rilascio del titolo edilizio, sull’area della ricorrente insistono una pluralità di fabbricati, uno adibito ad abitazione, gli altri costituenti ex annessi rustici (tettoie di ricovero mezzi agricoli, cantine, magazzini, depositi, fienili, stalle, canili), aventi superficie di 1.439 mq e volume di 4.043 mc. L’intervento assentito prevede il cambio di destinazione d’uso di tutte le superfici non residenziali e lo sviluppo nei termini più ampi possibili della volumetria in applicazione delle previsioni del Piano degli Interventi e del Piano casa, con integrale demolizione di tutti gli edifici e la riconfigurazione sull’area di una diversa occupazione dei sedimi. Le nuove costruzioni saranno articolate infatti in due blocchi di edifici sviluppati da est a ovest e costituiti l’uno da fabbricato condominiale, il secondo da case a schiera, con una superficie di 2.735 mq e un volume di 7.238 mc.

Si tratta quindi di un intervento interamente sostitutivo dell’edificato preesistente, che ne modifica radicalmente superficie, volumetria, collocazione sul sedime, destinazione, e che prevede altresì una nuova urbanizzazione, attraverso un innovativo disegno dell’intera zona.

Giova evidenziare che invece la ristrutturazione edilizia, quale intervento sul preesistente, non può fare a meno di una certa continuità con l’edificato pregresso (T.A.R. Emilia-Romagna, Bologna Sez. II, 16 febbraio 2022, n. 183; Consiglio di Stato, Sez. II, 6 marzo 2020 n. 1641), continuità che, nel caso di specie, è come si è visto del tutto da escludere.

La consistenza dell’intervento giustifica quindi pienamente l’applicazione del regime contributivo previsto per i nuovi edifici.

Né è possibile applicare l’auspicata riduzione del costo di costruzione in ragione delle spese di demolizione e smaltimento materiali, peraltro non indicate nel gravame, atteso che le vecchie edificazioni demolite risultano del tutto diverse dagli edifici costruiti ex novo, quindi non vi è alcuna continuità con l’edificazione pregressa. L’articolo 16, comma 9 del TUE, già nominato, prevede del resto che il costo di costruzione sia commisurato solo al costo standard per i nuovi edifici, sicché l’interpretazione proposta dalla deducente non trova alcun fondamento normativo.

Va evidenziato, peraltro, come sottolineato dalla stessa amministrazione resistente, che proprio la tipologia di intervento prescelta ha consentito alla proprietà di beneficiare delle misure volumetriche premiali in misura massima, con un surplus di volume che consente di ammortizzare il costo di costruzione.

In conclusione il ricorso è infondato e va respinto.

Le spese di lite sono poste a carico della ricorrente soccombente e liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna la società ricorrente al pagamento delle spese di lite in favore del Comune resistente, che liquida in 2.500 euro, oltre oneri dovuti per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 7 aprile 2022 con l'intervento dei magistrati:

Marco Rinaldi, Presidente

Mariagiovanna Amorizzo, Primo Referendario

Elena Garbari, Primo Referendario, Estensore