TAR Puglia (LE) Sez. III sent. 254 del 21 febbraio 2009
Urbanistica. Attività artigianale

Il ricorrente impugna, dapprima con il ricorso introduttivo e poi con motivi aggiunti, gli atti e i provvedimenti in forza dei quali il Comune ha autorizzato la società controinteressata alla realizzazione di lavori di adeguamento di locali adibiti a panificio e successivamente all’esercizio dell’attività di panificazione. L’impugnativa investe anche le denuncie di inizio attività che la controinteressata ha comunicato al civico ente prima di dare avvio ai lavori e l’omesso esercizio del potere repressivo che l’Amministrazione intimata avrebbe dovuto, a giudizio del ricorrente, attivare nei riguardi dell’iniziativa edilizio-commerciale di cui si è detto
REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

sezione staccata di Lecce (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

A) sul ricorso n. 788/2007, proposto da Vito Lovecchio, rappresentato e difeso dall’avv. Domenica Lippolis, con domicilio eletto presso la Segreteria TAR, in Lecce, Via F. Rubichi, 23/A,

contro

Comune di Ginosa, in persona del Sindaco pro tempore, non costituito,

nei confronti di

Nuovo Panificio Laerte Società Cooperativa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Fernanda Chiarelli, e con la stessa elettivamente domiciliata presso lo studio dell’avv. Tiziana Petrachi, in Lecce, Via Lupiae, 53,

Per l’annullamento, previa sospensiva,

della denuncia di inizio attività, presentata dalla società cooperativa Nuovo Panificio Laerte in data 19.1.2007, prot. n. 2652, ovvero del silenzio tenuto dal Comune sulla sollecitazione ad esercitare il potere sanzionatorio, nonché di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale;

B) sui motivi aggiunti, notificati in data 7-9.11.2007 e depositati in data 12.11.2007,

per l’annullamento, previa sospensiva,

della denuncia di inizio attività di panificazione, presentata dalla società cooperativa Nuovo Panificio Laerte in data 21.9.2007, prot. n. 2702, nonché di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale;

C) sui motivi aggiunti, notificati in data 5.3.2008 e depositati in data 28.3.2008,

per l’annullamento

del provvedimento del Comune di Ginosa prot. n. 26875 in data 21.9.2007, conosciuto dal ricorrente in data 10.1.2008, nonché di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale.


Visto il ricorso con i relativi allegati e tutti gli atti di causa;

Visto l’atto di costituzione in giudizio della società controinteressata;

Visti i motivi aggiunti;

Viste le ordinanze 7.6.2007, n. 490, e 22.11.2007, n. 1148, recanti il rigetto delle domande cautelari;

Vista l’ordinanza istruttoria 17.11.2008, n. 1051;

Uditi alla pubblica udienza dell’8 gennaio 2009 il relatore, Primo Referendario Tommaso Capitanio, e, per le parti, gli avv. Lippolis e Chiarelli.


FATTO

1. Il ricorrente sig. Lovecchio impugna, dapprima con il ricorso introduttivo e poi con motivi aggiunti, gli atti e i provvedimenti in forza dei quali il Comune di Ginosa ha autorizzato la società controinteressata alla realizzazione di lavori di adeguamento di locali (in disponibilità della cooperativa Nuovo Panificio Laerte, esercizio gestito dal sig. Vito Di Candia) adibiti a panificio e successivamente all’esercizio dell’attività di panificazione. L’impugnativa investe anche le denuncie di inizio attività che la controinteressata ha comunicato al civico ente prima di dare avvio ai lavori e l’omesso esercizio del potere repressivo che l’Amministrazione intimata avrebbe dovuto, a giudizio del ricorrente, attivare nei riguardi dell’iniziativa edilizio-commerciale di cui si è detto (con i motivi aggiunti del 7-9.11.2007 il ricorrente ha poi rinunciato all’impugnativa del silenzio-rifiuto).

2. Queste le doglianze articolate nel ricorso introduttivo e nei motivi aggiunti:

- violazione delle Norme tecniche di attuazione del vigente P.R.G., che, in zona B di completamento (ossia la zona dove ricade l’immobile in questione), consente solo determinate attività, fra le quali non sono ricomprese quelle produttive (salvo l’artigianato di servizio), che sono invece allocabili unicamente nelle zone omogenee D;

- violazione della L.R. pugliese n. 6/2005, la quale all’art. 13 impone alle imprese artigiane l’iscrizione all’apposito Albo provinciale. Nel caso di specie, il Comune non ha accertato che la controinteressata fosse iscritta al prefato Albo;

- violazione dell’art. 4 del D.L. n. 223/2006, convertito in L. n. 248/2006, nella parte in cui subordina il libero esercizio dell’attività di panificazione alla verifica, da parte del Comune competente, del possesso in capo all’impresa interessata dell’autorizzazione sanitaria rilasciata dall’ASL territoriale e degli altri documenti ivi menzionati;

(le predette censure si riferiscono alla d.i.a. del 19.1.2007);

- violazione dell’art. 22, comma 2, del DPR n. 380/2001, in quanto gli interventi edilizi che implicano cambio di destinazione d’uso di un immobile sono assentibili solo con permesso di costruire;

- violazione dell’art. 25 del DPR n. 380/2001, in quanto alla domanda di rilascio del certificato di agibilità non è stato allegato il nulla osta preventivo dell’ASL Taranto;

- violazione della L. n. 283/1962 e dell’art. 26 del DPR n. 327/1980 (la richiesta di autorizzazione sanitaria presentata dalla società controinteressata in data 28.6.2007 non è conforme al citato art. 26. Infatti, dai documenti allegati emergono alcune incongruità, inerenti in particolare al rispetto delle norme in materia di illuminazione naturale dei locali adibiti alla produzione di cibi e bevande);

- violazione del DPR n. 303/1956 (il locale de quo non è idoneo ad ospitare qualsivoglia attività di lavorazione di prodotti alimentari, in quanto è interrato per tre lati e privo di altre aperture oltre alla porta di ingresso);

- i servizi igienici sono sprovvisti di un sistema di ventilazione forzata dell’aria;

- il rapporto di valutazione dell’inquinamento acustico si riferisce ad una struttura diversa (Blue Marine S.n.c. di Ginosa Marina);

- la società controinteressata non può svolgere attività artigianale, ai sensi del proprio statuto;

(le predette censure si riferiscono alla denuncia di inizio di attività di panificazione del 21.9.2007);

- violazione artt. 91, 183 e 184 del Regolamento comunale d’igiene;

- violazione del Reg. CEE n. 852/2004;

(queste ultime censure si riferiscono alla comunicazione del Comune di Ginosa datata 21.9.2007, avente ad oggetto la notifica unità di impresa, ai sensi del Reg. CEE n. 852/2004).

L’interesse a censurare l’attività della società controinteressata scaturisce dal fatto che il sig. Lovecchio risiede in un appartamento situato al piano immediatamente superiore ai locali per cui è causa e afferma di risentire delle emissioni (sonore e non) provenienti dal forno. Tra l’altro, il ricorrente è convivente con l’anziana madre, la quale è costretta a rimanere quasi sempre in casa in quanto affetta da una grave patologia degenerativa.

3. Si è costituita solo la controinteressata, eccependo l’inammissibilità dell’impugnativa della d.i.a. e chiedendo per il resto il rigetto del ricorso e dei motivi aggiunti.

In particolare, la difesa della società cooperativa evidenzia che:

- la d.i.a. del gennaio 2007 riguarda solo gli aspetti edilizi e non anche quelli relativi al necessario possesso delle autorizzazioni afferenti l’attività di panificazione (i quali ultimi debbono essere acquisiti dall’impresa prima di avviare effettivamente l’attività di produzione del pane e degli altri prodotti di pasticceria);

- nella medesima zona B esistono numerosi altri panifici artigianali (anche quello di cui è titolare la controinteressata è da considerare panificio artigianale, visto che utilizza un forno elettrico con produzione solo di vapore acqueo e che lavora meno di 300 kg. di farina al giorno);

- la documentazione a corredo delle varie domande presentate nel corso del complesso procedimento finalizzato all’apertura del forno è pienamente conforme alla legislazione di settore.

4. Dopo avere, con le ordinanze in epigrafe, rigettato le domande cautelari e disposto istruttoria, alla pubblica udienza dell’8 gennaio 2009 il Tribunale ha introitato la causa per la decisione di merito.

DIRITTO

1. Il ricorso è infondato e va pertanto respinto, per le ragioni che si vanno ad esporre.

2. Il Collegio ritiene anzitutto di dover evidenziare che, ai fini della decisione, si appalesa irrilevante il fatto che il Comune di Ginosa non abbia adempiuto per tempo all’ordinanza istruttoria n. 1051/2008, con cui il Tribunale aveva disposto una verificazione sullo stato dei luoghi interessati dalla presente controversia (per il dettaglio degli adempimenti istruttori, vedasi il testo della citata ordinanza), e ciò in quanto la documentazione versata in atti dall’ASL Taranto – sempre in adempimento dell’ordinanza n. 1051/2008 – soddisfa le esigenze di approfondimento che avevano indotto il TAR a disporre l’istruttoria.

3. Ciò detto, e passando all’esame delle numerose censure formulate dal sig. Lovecchio, le stesse possono essere suddivise in quattro gruppi:

a) il primo gruppo riguarda gli aspetti urbanistici (ed in particolare il preteso contrasto fra la destinazione d’uso dei locali de quibus e il vigente strumento urbanistico di Ginosa, il quale vieta lo svolgimento, nelle zone B, di attività produttive);

b) il secondo gruppo concerne gli aspetti edilizi e igienico-sanitari;

c) il terzo gruppo riguarda la legittimazione della società controinteressata a svolgere attività di tipo artigianale;

d) l’ultimo gruppo riguarda invece aspetti privatistici (dei quali, si anticipa sin d’ora, deve essere investita l’A.G.O., almeno per i profili che si indicheranno infra).

3.1. Partendo dai profili urbanistici, le doglianze formulate dal sig. Lovecchio sono infondate.

In effetti, dalla piana lettura dell’art. 20 delle N.T.A. del vigente P.R.G. emerge che nelle zone omogenee B del territorio di Ginosa sono allocabili le seguenti attività: residenze, uffici e studi professionali, associazioni di varia natura, commercio al dettaglio ed artigianato di servizio, ristoranti, bar ed attività ricreative, attività di servizio e terziarie in genere. Ora, già il fatto che lo strumento urbanistico consente nelle zone B l’esercizio di attività di ristorazione collettiva (bar, ristoranti, pizzerie, etc.) depone in senso sfavorevole alla tesi di parte ricorrente, visto che i suddetti locali presentano, per quanto riguarda le immissioni sonore e olfattive, i medesimi inconvenienti che può provocare l’attività di panificazione; inoltre, in considerazione dei problemi connessi con l’afflusso della clientela, la presenza dei suddetti locali provoca un impatto anche sulla circolazione stradale e sui parcheggi, ben maggiore di quelli causati dalla presenza di un esercizio commerciale adibito alla produzione ed alla vendita di pane. Ma laddove ciò non fosse sufficiente, non c’è dubbio che l’attività di panificazione, svolta a livello individuale e/o familiare (e quindi non a livello industriale) con annessa vendita del prodotto, rientra nella nozione di artigianato di servizio, ammesso nelle zone B.

L’artigianato di servizio consiste,infatti,nella elaborazione di un prodotto o di un servizio in modo artigianale e nella fornitura dello stesso,cioè in un’attività artigianale svolta a favore di uno specifico utente.

Tra l’altro, è lo stesso ricorrente a sottolineare la presenza, proprio nell’edificio a fianco a quello che ospita il forno gestito dal sig. Di Candia, di un’officina meccanica specializzata nella riparazione di macchine agricole; a livello di emissioni sonore e olfattive (nonché in relazione alle problematiche legate alla circolazione stradale) davvero non si comprende perché un’officina meccanica sia compatibile con la zona B, mentre un piccolo forno (quale è quello gestito dal sig. Di Candia, idoneo alla lavorazione giornaliera di un quantitativo di farina non superiore a 1500 kg., come risulta dalla comunicazione datata 13.4.2007, relativa agli adempimenti di cui al DPR 25.7.1991 e s.m.i.) debba essere delocalizzato nella zona industriale-artigianale di Ginosa.

Pertanto, in parte qua il ricorso è infondato.

3.2. Procedendo con l’esame delle doglianze, il Collegio deve affrontare quelli che appaiono indubbiamente gli aspetti essenziali della controversia, ossia l’asserita omessa osservanza, sia da parte della controinteressata che da parte delle autorità che dovevano vigilare su tali aspetti, della normativa che disciplina i parametri edilizi e igienico-sanitari che debbono essere rispettati dal soggetto che intende avviare un’attività di panificazione. La normativa di riferimento è costituita sia dal vigente Regolamento d’Igiene di Ginosa, sia dal Regolamento CEE n. 852/2004 e dalla normativa regionale di recepimento, sia, infine, dalle disposizioni in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro.

Al riguardo, le contestazioni di parte ricorrente investono praticamente tutto lo spettro degli adempimenti che la controinteressata avrebbe dovuto osservare e che, in tesi di parte ricorrente, non ha invece osservato (vedasi il punto 2 dell’esposizione in fatto).

Va premesso che le doglianze formulate al riguardo nel ricorso introduttivo non sono calibrate rispetto al provvedimento inizialmente impugnato, visto che la d.i.a. del 19.1.2007 riguardava esclusivamente i profili edilizi. Tra l’altro, il ricorso introduttivo è infondato nella parte in cui si censura l’inidoneità della d.i.a. a legittimare l’intervento in questione, e ciò in base al disposto dell’art. 10, comma 1, let. c), del T.U. n. 380/2001, il quale prescrive il permesso di costruire per i mutamenti di destinazione d’uso, ma solo per gli immobili ricadenti nelle zone omogenee A, mentre nella specie il locale commerciale per cui è causa ricade in zona B (la disposizione dell’art. 22, comma 2, del T.U. n. 380/2001, invocata dal ricorrente, riguarda la d.i.a. in variante al permesso di costruire, ossia una fattispecie tutto affatto diversa ,atteso che nella specie la d.i.a. non ha riguardato variazioni ad un precedente permesso di costruire). Peraltro, tenuto conto che si trattava di vizio desumibile già dalla d.i.a. del 19.1.2007, la censura è tardiva, atteso che la stessa andava sollevata, al più tardi, in sede di ricorso introduttivo (notificato il 3.5.2007), mentre è stata formulata solo con i motivi aggiunti del 6 e 7.11.2007.

Per quanto concerne le doglianze inerenti la pretesa violazione dell’art. 4 della L. n. 248/2006 (nonché quelle afferenti la natura giuridica della società controinteressata), si rimanda alle considerazioni che saranno espresse nel paragrafo successivo.

Proprio con riferimento alle censure afferenti i profili igienico-sanitari viene in rilievo la relazione istruttoria depositata in atti dal Dipartimento di Prevenzione – Servizio S.I.A.N. dell’ASL Taranto in data 29.12.2008, e la documentazione ad essa allegata. L’Azienda sanitaria, che in questo campo dispone dei poteri accertativi e certificativi più penetranti, ha chiarito in modo inequivocabile che il panificio gestito dal sig. Di Candia è in regola con la vigente normativa, sia dal punto di vista formale (ossia per quanto riguarda la scansione temporale degli atti autorizzativi), sia dal punto di vista sostanziale.

In effetti, una volta conseguito l’assenso edilizio ed eseguiti i lavori di ristrutturazione dell’immobile (i quali, a differenza di quanto sostiene il ricorrente, sono stati ultimati nel marzo 2007, come da certificato di collaudo del 23.3.2007,a firma dell’ing. Giulio Pinto), il sig. Di Candia ha:

- in data 21.5.2007, richiesto al Comune la dichiarazione di agibilità, sulla quale si è formato il silenzio-assenso, ai sensi dell’art. 25, comma 4, del T.. n. 380/2001;

- in data 29.6.2007, richiesto al Comune l’autorizzazione sanitaria per l’attività di panificio. Si deve evidenziare al riguardo che tale istanza era corredata anche del nulla osta preventivo dell’ASL, il che risulta dal timbro apposto sul progetto in data 8.5.2007 da parte del responsabile dell’U.O. del S.I.S.P.;

- in data 21.9.2007, trasmesso una nuova istanza, redatta ai sensi del Reg. CEE n. 852/2004 (che ha sostituito la disciplina di cui alla L. n. 283/1962 ed al DPR n. 327/1980, disposizioni di cui è stata invocata la violazione con i primi motivi aggiunti).


Su quest’ultima istanza, corredata della prevista documentazione, l’ASL ha aperto l’istruttoria, effettuando anche un sopralluogo in situ il giorno 19.10.2007 e disponendo un’integrazione documentale per quanto riguarda gli accorgimenti adottati dal controinteressato circa l’allontanamento degli odori prodotti nell’attività. Infine, l’ASL, in data 23.10.2007 ha proceduto alla registrazione della d.i.a., adempimento che sostituisce la vecchia autorizzazione sanitaria, ai sensi del Reg. CEE n. 852/2004. Per quanto riguarda il merito delle singole censure sollevate dal sig. Lovecchio, il Collegio ritiene di dover condividere le controdeduzioni svolte dall’ASL nei punti da 1 a 7 della citata relazione istruttoria, evidenziando in particolare che:

- alla luce degli orari in cui l’attività di panificazione viene svolta di solito (ossia nelle ore notturne), è evidente che il locale commerciale in questione deve possedere soprattutto un adeguato impianto di illuminazione artificiale;

- il tecnico progettista ha previsto l’installazione di idonei impianti per l’allontanamento degli odori prodotti dall’attività (anche se, al riguardo, bisogna sottolineare che nel panificio è stato installato un forno elettrico, il quale non produce quindi residui di combustione, ma solo vapore acqueo) e per il ricambio di aria nei servizi igienici;

- per quanto concerne il rapporto di valutazione del rumore, l’ASL ha attestato che all’istanza prodotta dal sig. Di Candia era allegato il documento riferito al panificio Laerte, per cui si deve ritenere che l’allegazione, nella documentazione in possesso del Comune di Ginosa, di analogo documento riferito ad altro esercizio commerciale sia dipeso da un mero errore materiale del tecnico. Tale puntualizzazione si rende necessaria in relazione alle censure sollevate nei primi motivi aggiunti (pagine 10 e 11 dei motivi aggiunti del 12.11.2007), dove si sottolinea che la verifica del rispetto della normativa sull’inquinamento acustico è stata svolta sulla base di un rapporto di valutazione del rumore che riguardava l’esercizio commerciale denominato “Blue Marine snc di Marina di Ginosa”. Sempre con riguardo a tale problematica, il Collegio ritiene di dover altresì puntualizzare che le prove che il tecnico dichiara di avere svolto nel giugno 2007 erano pacificamente eseguibili a quella data, visto che, come detto supra, i lavori di ristrutturazione erano terminati a marzo 2007. Per cui non risponde al vero quanto sostenuto a pagina 5 dei secondi motivi aggiunti;

- il sig. Di Candia ha acquisito anche l’autorizzazione al convogliamento in atmosfera delle emissioni, ai sensi dell’art. 272 del D.Lgs. n. 152/2006. A questo proposito, l’art. 272, commi 2 e 3, del D.Lgs. n. 152/2006 stabilisce che “2. Per specifiche categorie di impianti, individuate in relazione al tipo e alle modalità di produzione, l'autorità competente può adottare apposite autorizzazioni di carattere generale, relative a ciascuna singola categoria di impianti, nelle quali sono stabiliti i valori limite di emissione, le prescrizioni, i tempi di adeguamento, i metodi di campionamento e di analisi e la periodicità dei controlli. I valori limite di emissione e le prescrizioni sono stabiliti in conformità all'articolo 271, commi 6 e 8. All'adozione di tali autorizzazioni generali l'autorità competente deve in ogni caso procedere, entro due anni dalla data di entrata in vigore della parte quinta del presente decreto, per gli impianti e per le attività di cui alla parte II dell'Allegato IV alla parte quinta del presente decreto. In caso di mancata adozione dell'autorizzazione generale, nel termine prescritto, la stessa è rilasciata con apposito decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e i gestori degli impianti interessati comunicano la propria adesione all'autorità competente; è fatto salvo il potere di tale autorità di adottare successivamente nuove autorizzazioni di carattere generale, l'adesione alle quali comporta, per il soggetto interessato, la decadenza di quella adottata dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio. I gestori degli impianti per cui è stata adottata una autorizzazione generale possono comunque presentare domanda di autorizzazione ai sensi dell'articolo 269.

3. Il gestore degli impianti o delle attività di cui al comma 2 presenta all'autorità competente, almeno quarantacinque giorni prima dell'installazione dell'impianto o dell'avvio dell'attività, una domanda di adesione all'autorizzazione generale. L'autorità competente può, con proprio provvedimento, negare l'adesione nel caso in cui non siano rispettati i requisiti previsti dall'autorizzazione generale o in presenza di particolari situazioni di rischio sanitario o di zone che richiedono una particolare tutela ambientale. L'autorizzazione generale stabilisce i requisiti della domanda di adesione e può prevedere, per gli impianti e le attività di cui alla parte II dell'Allegato IV alla parte quinta del presente decreto, appositi modelli semplificati di domanda, nei quali le quantità e le qualità delle emissioni sono deducibili dalle quantità di materie prime ed ausiliarie utilizzate…”. L’attività di panificazione per cui è causa rientra fra le attività a ridotto inquinamento atmosferico di cui alla parte II dell’allegato IV alla parte V del D.Lgs. n. 152/2006 (essendo prevista la lavorazione di 1500 kg. di farina al giorno), per le quali è previsto il sistema della c.d. autorizzazione generale (in sostanza, è stato confermato il meccanismo di cui all’art. 5 del DPR 25.7.1991). Nella Regione Puglia, l’autorizzazione generale è stata data con la deliberazione di G.R. n. 1497/2002 (allegato n. 7 alla produzione documentale della controinteressata del 16.11.2007), alla quale il sig. Di Candia si è attenuto, come comprovato dalla autodichiarazione datata 20.8.2007. Né il ricorrente ha provato che la Regione abbia adottato una nuova autorizzazione generale, ai sensi del sopravvenuto D.Lgs. n. 152/2006, alla quale il sig. De Candia non si sia attenuto;

- il locale risulta diviso in due aree (una adibita alla preparazione del prodotto ed ai servizi igienici, l’altra alla vendita). Tenuto conto del fatto che la vetrina del negozio ha una superficie di mq. 7,5 e che sopra il setto divisorio vi è una superficie vetrata apribile di mq. 2,10 circa, risulta sostanzialmente rispettato il rapporto minimo di cui all’art. 90, comma 2, del Regolamento comunale d’igiene (norma che, come correttamente rilevato dall’ASL ammette delle deroghe, laddove ciò sia reso necessario dalla tipologia dell’attività svolta).

In base a quanto precede, anche in parte qua il ricorso e i motivi aggiunti vanno respinti.

3.4. Passando quindi alle censure afferenti la presunta violazione dell’art. 4 della L. n. 248/2006 e il divieto per la controinteressata di svolgere – in ragione della sua natura giuridica – l’attività di panificazione a livello artigianale, il Collegio osserva che:

- anche per questa parte il ricorso introduttivo contiene censure inconferenti, visto che la d.i.a. del 19.1.2007 riguardava solo gli aspetti edilizi;

- l’art. 4 del D.L. n. 223/2006, convertito nella L. n. 248/2006, prescrive chiaramente che la dichiarazione di inizio dell’attività di panificazione (che la norma, come è noto, ha liberalizzato) deve essere corredata anche del titolo edilizio, per cui è evidente che il sig. Di Candia doveva acquisire l’assenso edilizio prima di poter avviare la pratica relativa all’avvio del panificio;

- allo stesso modo, al momento della presentazione della d.i.a. edilizia, la società controinteressata non doveva essere iscritta all’albo delle imprese artigiane;

- nello statuto della società cooperativa Laerte non si rinviene il divieto di svolgere attività artigianale;

- ai fini urbanistici, la nozione di attività artigianale non implica di necessità che il titolare di quella certa attività sia iscritto all’albo delle imprese artigiane (la nozione de qua essendo indispensabile solo al fine di assicurare che in certe zone del territorio comunale non vengano allocate attività produttive particolarmente impattanti, aventi cioè natura industriale);

- la vigente normativa non vieta alle società cooperative l’iscrizione all’albo delle imprese artigiane;

- gli artt. 14 e 25 della L.R. pugliese n. 6/2005 puniscono con la sola sanzione pecuniaria l’esercizio abusivo di attività artigiana da parte di imprese prive dei prescritti requisiti per l'iscrizione all'Albo delle imprese artigiane (l’art. 14, per la verità – il quale stabilisce che “1. L'iscrizione all'Albo o alla separata sezione del medesimo ha carattere costitutivo ed è condizione essenziale per la concessione delle agevolazioni previste a favore delle imprese artigiane e loro consorzi.

2. Nessuna impresa, consorzio o società consortile può adottare, nella propria insegna, ditta o marchio, una denominazione in cui ricorrano riferimenti all'artigianato, se non siano iscritti all'Albo o nella separata sezione dello stesso” – riconnette all’iscrizione all’albo la possibilità di accedere alle agevolazioni previste in favore delle imprese artigiane e non anche il divieto, per le imprese non iscritte all’albo, di svolgere attività artigianali).

3.5. Per quanto concerne, infine, gli aspetti che si sono definiti “privatistici”, il Collegio ritiene di dover precisare che, in materia urbanistico-edilizia (dove, per stessa previsione del vigente Codice civile, i profili privatistici si intersecano con quelli pubblicistici), il Comune, in sede di istruttoria attivata sull’istanza di rilascio di un titolo abilitativo, è certamente chiamato ad occuparsi – incidenter tantum potrebbe dirsi – dei profili privatistici, limitatamente a quelli che siano percepibili icto oculi e con esclusione di quelli che attengono solo ed unicamente alla sfera privatistica.

Per fare qualche esempio, si pensi all’interpretazione della norma di cui all’art. 11, comma 1, del DPR n. 380/2001, nella parte in cui essa stabilisce “Il permesso di costruire è rilasciato al proprietario dell'immobile o a chi abbia titolo per richiederlo”. Al riguardo, il Comune deve solo verificare se il richiedente il titolo edilizio risulti, per tabulas, titolare di una posizione giuridica che a ciò lo abiliti, senza quindi essere tenuto a verificare l’esistenza di (o addirittura risolvere) controversie sulla proprietà dell’immobile. Ancora, per quanto riguarda la disciplina condominiale, il Comune è tenuto a verificare se, trattandosi di innovazioni (artt. 1108 e 1120 c.c.), il richiedente abbia ottenuto l’autorizzazione dell’assemblea, ma non anche le questioni relative, ad esempio, alle immissioni, salvo che non vengano in evidenza questioni relative alla salute pubblica o alla statica degli edifici.

Ora, nel caso di specie, il ricorrente sostiene che l’attività di panificazione esercitata dal panificio del sig. Di Candia provoca, nell’appartamento di sua proprietà, immissioni fastidiose, legate sia al fatto che l’impianto di allontanamento degli odori utilizza una vecchia canna fumaria che scorre al lato di una delle camere da letto dell’appartamento (provocando percezione olfattiva fastidiosa e odori molesti di varia natura – vedasi sul punto la relazione di parte a firma del perito industriale Brunone, allegata all’istanza di prelievo depositata in data 11.6.2008), sia ai rumori notturni che provengono dal forno.

Questi aspetti debbono essere certamente verificati dal Comune e dall’ASL, ma sempre nei limiti degli adempimenti burocratici previsti dalla legge ai fini dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività di panificazione. E a questo proposito, come si è detto nel precedente punto 3.3., sia il Comune che l’ASL Taranto hanno verificato la presenza, nel progetto presentato dal sig. Di Candia, di tutta la documentazione tecnica prevista dalla legge (rapporto sul rumore, autorizzazione per convogliamento in atmosfera delle emissioni, etc.).

Per quanto riguarda, in particolare, il problema della canna fumaria, si tratta evidentemente di controversia meramente “condominiale”, atteso che la canna fumaria era preesistente e che la stessa poteva logicamente essere utilizzata dal proprietario del locale situato al piano terra dell’edificio.

Per quanto concerne le immissioni sonore e olfattive, invece, tenuto conto del fatto che il ricorrente non ha provato la sussistenza di pericoli per la salute pubblica, laddove le immissioni provocate dall’attività di panificazione gestita dal sig. Di Candia dovessero superare la normale tollerabilità all’interno dell’appartamento del sig. Lovecchio, quest’ultimo dovrà proporre azione davanti al Giudice civile, ai sensi dell’art. 844 c.c.

4. Per quanto precede, il ricorso e i motivi aggiunti vanno rigettati.

Sussistono tuttavia giusti motivi per disporre la compensazione delle spese fra le parti costituite.

P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale della Puglia, Terza Sezione di Lecce, respinge il ricorso in epigrafe.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Lecce, l’8 gennaio 2009.

Antonio Cavallari, Presidente

Tommaso Capitanio, Consigliere, Estensore

Silvia Cattaneo, Consigliere



L'ESTENSORE IL PRESIDENTE






DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 21/02/2009

(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

IL SEGRETARIO