La speciale autorizzazione del Genio Civile per l’esecuzione di lavori edili negli abitati a rischio frana

di Massimo GRISANTI

Dal 22 dicembre 1962, momento di entrata in vigore della legge n. 1684/1962 intitolata «Provvedimenti per l’edilizia, con particolari prescrizioni per le zone sismiche», in tutti gli abitati, ricadenti in comuni anche non dichiarati sismici, eretti in territori dichiarati a rischio frana e per i quali lo Stato, o le Regioni dal 1972, abbiano impiegato, o impiegheranno, denari pubblici per il loro consolidamento non possono essere eseguiti lavori edili eccedenti la manutenzione ordinaria senza la preventiva autorizzazione da rilasciarsi a cura del Responsabile dell’Ufficio del Genio Civile.
Tale obbligo fu ribadito con le disposizioni dell’articolo 2 della legge n. 64/1974, le quali sono state trasfuse, senza soluzione di continuità, nell’articolo 61 del d.P.R. n. 380/2001 che costituisce il complesso delle norme della Parte II – Normativa tecnica dell’edilizia, segnatamente del Capo I – Disposizioni di carattere generale:
<<Art. 61 (L) Abitati da consolidare (legge 3 febbraio 1974, n. 64, art. 2)
1. In tutti i territori comunali o loro parti, nei quali siano intervenuti od intervengano lo Stato o la regione per opere di consolidamento di abitato ai sensi della legge 9 luglio 1908, n. 445 e successive modificazioni ed integrazioni, nessuna opera e nessun lavoro, salvo quelli di manutenzione ordinaria o di rifinitura, possono essere eseguiti senza la preventiva autorizzazione del competente ufficio tecnico della regione.
2. Le opere di consolidamento, nei casi di urgenza riconosciuta con ordinanza del competente ufficio tecnico regionale o comunale, possono eccezionalmente essere intraprese anche prima della predetta autorizzazione, la quale comunque dovrà essere richiesta nel termine di cinque giorni dall'inizio dei lavori.>>
Con la sempre vigente legge n. 445/1908 lo Stato ha assegnato, e continua a farlo, provvidenze economiche per rinsaldare o trasferire gli abitati in frana. Non si tratta della prima legge in siffatta particolare materia perché essa costituì la presa d’atto di un più generale stato di dissesto idrogeologico che venne a manifestarsi all’inizio del XX secolo, da poco compiuta l’unità d’Italia, nelle regioni Basilicata e Calabria, a favore delle quali furono emanate le disposizioni contenute nelle leggi n. 140/1904 e n. 255/1906.
Ad oggi, esclusi i provvedimenti adottati dalle regioni all’indomani del trasferimento delle funzioni amministrative effettuato col d.P.R. n. 8/1972 ai sensi e per gli effetti della legge n. 281/1970, ben 1.117 (millecentodiciassette) sono gli abitati riconosciuti in frana, a mezzo di leggi o decreti, e per i quali sono state necessarie opere di consolidamento con spendita di denari pubblici ai sensi e per gli effetti della legge n. 445/1908. Molti decreti di riconoscimento sono sempre vigenti anche all’indomani dell’abrogazione espressa avvenuta ad opera della legge n. 9/2009, del decreto legislativo n. 212/2010 e del d.P.R. n. 248/2010 (c.d. “taglia leggi”).
Sul portale istituzionale Normattiva ciascuno può verificare gli abitati riconosciuti franosi. Fa impressione vedere come San Giuliano di Puglia, ove persero la vita ventisette bambini ed una maestra nel crollo della scuola in occasione del terremoto del 31 ottobre – 2 novembre 2002, fosse stato riconosciuto «abitato in frana» già con il regio decreto n. 374/1922, poi cancellato con il regio decreto n. 1158/1937 perché <<… in seguito alle effettuate opere di consolidamento, il movimento franoso, che già minacciava l’abitato suddetto, si è definitivamente arrestato e che, pertanto, non si rende più necessario l’intervento dello Stato per la esecuzione di altri lavori …>>, salvo poi essere nuovamente inserito con il d.P.R. n. 1099/1956 perché <… in conseguenza della ripresa del movimento franoso, è emersa la necessità di un nuovo intervento dello Stato, e, quindi, di reincludere l’abitato tra quelli da consolidare …>>. Quando avvenne il terremoto nel 2002, formalmente San Giuliano di Puglia non era classificato sismico, ma ciò non ha impedito ai Giudici della Suprema Corte di Cassazione (sentenza n. 24732/2010) di rinvenire la colpa di tecnici e costruttori per aver edificato senza i prescritti controlli in una zona ove <<… la instabilità del territorio del Comune di San Giuliano era, da tempi ancora precedenti, consacrata in legge generale dello Stato, posto che quel territorio era ricompresso nelle zone di consolidamento frane ex L. n. 445 del 1908 ed ex D.P.R. n. 1099 del 1956 …>>. Questi fatti e le conseguenze che ne sono scaturite, anche in termini di responsabilità penale e civile, dovrebbero essere un monito per i tecnici liberi professionisti, comunali, costruttori e proprietari di non iniziare i lavori in zona a rischio frana senza che i responsabili del Genio Civile abbiano autorizzato l’esecuzione dei lavori previo approfondito accertamento della sussistenza di tutti i presupposti di legge in ordine alla tutela della pubblica incolumità e della sicurezza dei fabbricati. E finanche per chi si appresta ad acquistare un immobile: al fine di non contribuire alla causazione di danni, è buona regola far accertare, sempre, il grado di sicurezza del fabbricato; altrimenti è come se venisse accettato il rischio di abitare un immobile potenzialmente insicuro.
L’abrogazione espressa dei decreti di riconoscimento di abitati in frana e di accesso alle provvidenze della legge n. 445/1908 ha sortito solo l’effetto di una forma di certificazione di cessazione del movimento franoso, atteso che l’obbligo di munirsi della preventiva autorizzazione del Genio Civile – lo si ripete, dal 22 dicembre 1962 – prescinde dalla effettiva stabilizzazione della frana già accertata. Appare evidente che in tal caso il legislatore ha attribuito all’autorizzazione non solo la funzione certificativa di avvenuto controllo ex ante circa l’inesistenza di rischi per la pubblica incolumità, ma anche la finalità di evitare che in caso di riattivazione delle frane possano essere rimediati con contributi pubblici i danni conseguenti all’esecuzione dei lavori eseguiti medio tempore dai privati nei loro beni immobili senza seguire le regole costruttive e le norme di prudenza.
Fa riflettere come nell’elenco dei 1.117 abitati in frana vi siano anche comuni dichiarati sismici dopo l’entrata in vigore della legge n. 1684/1962 e che hanno lamentato danni e perdite di vite umane con terremoti verificatesi negli ultimi sessant’anni: non ultimo il terremoto del 24 agosto 2016, c.d. di Amatrice. I rappresentanti delle istituzioni dovrebbero verificare se i lavori eseguiti dopo il 22 dicembre 1962 nei fabbricati costituenti gli abitati in frana siano stati autorizzati, per di più correttamente, dai funzionari del Genio Civile (prima dipendenti statali, poi regionali dal 1972).
Tornando all’autorizzazione ex articolo 61 del Testo unico dell’edilizia, il legislatore ha espressamente stabilito che essa debba essere preventiva: ne consegue che non può essere ottenuta a lavori eseguiti o in corso di esecuzione, atteggiandosi anche a provvedimento integrativo dell’efficacia del normale titolo abilitativo edilizio, in assenza del quale le opere sono abusive a tutti gli effetti perché venute ad esistenza in forza di titolo inefficace. L’impossibilità di ottenere a sanatoria l’autorizzazione ex art. 61 T.U.E. comporta l’inammissibilità delle istanze di sanatoria ex art. 36 T.U.E. (cfr. Corte costituzionale, n. 101/2013). La prudenza del legislatore è rivolta a tutelare la genuinità delle valutazioni dei rappresentanti il Genio Civile, vertendosi in tema di pubblica incolumità. L’idonea garanzia che il cittadino può avere riguardo al corretto uso del territorio può provenire solo dalla pubblica Autorità atteso che mentre in caso di danni lo Stato risponde sempre in ultima istanza per negligenze dei dipendenti pubblici, altrettanto non accade qualora il cittadino leso si sia accontentato di una certificazione o asseverazione del tecnico libero professionista, il quale, peraltro, può essere anche nullatenente.
Concludendo, in un momento in cui, per la vicenda Covid-19, il Presidente della Repubblica e il Presidente del Consiglio dei Ministri richiamano l’attenzione sul fatto che ogni cittadino deve contribuire, con responsabilità, alla tenuta del sistema democratico e alla ragione dello stare insieme, vengo a rivolgere un accorato invito a tutti i cittadini proprietari di immobili in abitati in frana a verificare o far verificare la sicurezza dei fabbricati. Annunciandosi un tempo di maggiori ristrettezze economiche per le casse pubbliche, non aspettiamoci che in caso di ulteriori terremoti vi possa essere una risposta soddisfacente da parte dello Stato per rimediare ai danni causati non dal sisma, ma dalla superficialità di coloro che abitano le case. E prima ancora dai tecnici che, seppur appellati “professionisti” (siano essi pubblici che privati), non si approcciano al problema con tutte le cautele del caso.