Consiglio di Stato Sez. VI  n. 9328  del 20 novembre 2024
Elettrosmog.Illegittimità dei divieti assoluti e generalizzati di installazione impianti telefonia mobile

La pacifica qualificazione degli impianti di telefonia mobile in termini di opere di urbanizzazione primaria non può legittimare l’imposizione di aprioristici divieti assoluti e generalizzati alla loro installazione prescindendo da una valutazione in concreto dell’esigenza di assicurare una copertura di segnale all’intero territorio pena la configurazione di una illegittima limitazione alla localizzazione di dette strutture.

Pubblicato il 20/11/2024

N. 09328/2024REG.PROV.COLL.

N. 00961/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 961 del 2023, proposto da
Comune di Alanno, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocato Lorenzo Passeri Mencucci, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Infrastrutture Wireless Italiane S.p.A. e Telecom Italia S.p.A. in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentate e difese dagli Avvocati Francesco Cardarelli, Filippo Lattanzi e Jacopo D'Auria, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio del secondo, in Roma, via G. P. da Palestrina n.47;

nei confronti

Comune di Cugnoli, SUAP – Associazione del Comuni del Comprensorio Pescarese e Regione Abruzzo, non costituiti in giudizio;

per la riforma

della sentenza breve del Tribunale Amministrativo Regionale per l'Abruzzo sezione staccata di Pescara (Sezione Prima) n. 00262/2022, resa tra le parti;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio e l’appello incidentale di Infrastrutture Wireless Italiane S.p.A. e di Telecom Italia S.p.A.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 novembre 2024 il Cons. Marco Poppi e uditi per le parti gli Avvocati presenti come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

In data 6 agosto 2021 Inwit S.p.A. e Telecom Italia S.p.A. chiedevano all’Associazione dei Comuni del Comprensorio Pescarese di essere autorizzate a realizzare un impianto di telecomunicazioni multigestore in territorio del Comune di Alanno, in «zona E1 - Agricoltura normale del PRG sottoposta a vincolo idrogeologico ai sensi del R.D. n,3267/23» disciplinata sotto il profilo urbanistico dagli artt. 66 e 68 delle NTA.

In data 30 settembre 2021 il Comune, richiamando l’illustrata classificazione urbanistica dell’area ed evidenziata l’individuazione ad opera dell’art. 92 delle NTA di aree (F11 e F12) espressamente destinate all’installazione in via esclusiva di impianti di telecomunicazione, si esprimeva negativamente determinando il rigetto dell’istanza con determinazione n. 423 dell’11 febbraio 2022.

Il diniego veniva impugnato dinanzi al Tar per l’Abruzzo, Sezione staccata di Pescara, con ricorso iscritto al n. 87/2022 R.R. accolto con sentenza ex art. 60 c.p.a. n. 262 del 31 giugno 2022 disattendendo l’eccezione di tardività sollevata dal Comune e rilevando, in estrema sintesi:

- che doveva riconoscersi la tempestività dell’impugnazione atteso che la disciplina di cui alle NTA (artt. 66, 68 e 92) «possono comunque essere letti e intesi, come meglio esposto in seguito, alla luce e in conformità con il D.Lgs. n.259 del 2003, nel senso di consentire l’istallazione dell’impianto di telecomunicazioni de quo laddove richiesto»;

- che ai sensi dell’art. 86 del D. Lgs. n. 259/2003 le infrastrutture di telecomunicazione «sono assimilate ad ogni effetto alle opere di urbanizzazione primaria, dunque compatibili con tutte le destinazioni urbanistiche (cfr. già TAR Abruzzo-Pescara, n.125 del 2016, TAR Campania, VII, n.3179 del 2016, TAR Sicilia-Catania, I, n.764 del 2015), dovendo assicurare un efficace copertura della rete di telecomunicazioni su tutto il territorio (cfr. Cons. Stato, V, n.1050 del 2022)»;

- che la disciplina di settore non ammette l’introduzione di «limitazioni alla localizzazione in aree generalizzate del territorio, restando assegnato allo Stato, ex art. 4 della Legge n.36 del 2001, il compito di tutelare la salute della popolazione, con riferimento ai limiti di esposizione alle onde elettromagnetiche (cfr. sul principio TAR Campania, VII, n.5988 del 2016)»;

- che, quindi, la previsione di aree a destinazione specifica (F11 e F 12) «non può intendersi come esclusiva e preclusiva di ogni altra localizzazione».

Il Comune di Alanno impugnava la sentenza di primo grado con appello depositato il 2 febbraio 2023 deducendone l’erroneità per:

1. «Error in iudicando. Erroneità della sentenza nella parte in cui rigetta l’eccepita irricevibilità per tardività del ricorso proposto rispetto all’impugnazione delle NTA del PRG comunale»;

2. «Error in iudicando. Violazione e falsa applicazione dell’art. 11 L..r. n. 45/2004 e degli artt. 66, 67 e 92 NTA; insufficienza della motivazione in ordine ad un punto decisivo della controversia; violazione del principio di proporzionalità. Erroneità della sentenza nella parte in cui ha ritenuto di interpretare gli artt. 66, 67 e 92 delle NTA nonché l’art. 11 della L.r. Abruzzo n. 45/2004 nel senso della totale irrilevanza delle scelte urbanistiche compiute dall’amministrazione comunale in merito alla ubicazione degli impianti di radiodiffusione».

Inwit e Telecom si costituivano in giudizio il 17 marzo 2023 riproponendo le censure di primo grado assorbite dal Tar e proponendo appello incidentale condizionato con il quale, nell’ipotesi in cui le norme delle NTA dovessero considerarsi ostative all’installazione in questione, ne deducono l’illegittimità.

Con memoria del 14 ottobre 2024 le appellate insistevano per l’accoglimento delle precedenti conclusioni.

All’esito della pubblica udienza del 14 novembre 2024 la causa veniva decisa.

Con il primo motivo parte appellante censura la sentenza nella parte in cui disattendeva l’eccezione di tardività sollevata in primo grado per omessa tempestiva impugnazione della disciplina urbanistica ostativa all’installazione dell’impianto in zona agricola.

In particolare è dedotta l’omessa pronunzia da parte del Tar che supera l’eccezione ritenendo che la corretta interpretazione delle disposizioni delle NTA avrebbe escluso un effetto ostativo delle stesse posticipando quindi il realizzarsi dell’effetto lesivo al momento dell’adozione del provvedimento di diniego.

Ritenendo invece pacifica la portata inibitoria degli artt. 66 e 68 delle NTA, l’effetto preclusivo, e quindi lesivo, non poteva, a parere del Comune, che essere noto 22 al momento della presentazione della SCIA ovvero il 31 agosto 20: data in riferimento alla quale il ricorso era tardivo.

Precisa ulteriormente l’amministrazione che la «questione centrale di merito» della controversia non sarebbe da individuarsi nella legittimità o meno della realizzazione dell’impianto ma nella legittimità di una scelta unilaterale e immotivata dell’operatore privato di realizzare l’impianto in una zona agricola diversa dalle aree alternative e idonee individuate dal PRG.

Il motivo è infondato.

Preliminarmente deve rilevarsi che il Tar, contrariamente a quanto dedotto, non ometteva di pronunciarsi in merito all’eccezione di tardività.

Il giudice di prime cure, infatti, scrutinava il ricorso proposto dalle odierne appellate premettendo che «va in primo luogo esaminata l’eccezione di rito di irricevibilità del ricorso per tardività, da respingere, siccome infondata».

L’eccezione veniva quindi scrutinata rilevando gli «art.66, 68, 92 in questione possono comunque essere letti e intesi, come meglio esposto in seguito, alla luce e in conformità con il D.Lgs. n.259 del 2003, nel senso di consentire l’istallazione dell’impianto di telecomunicazioni de quo laddove richiesto».

Da tale presupposto il giudice di prime cure trae la conclusione che l’effetto lesivo nella sfera giuridica della ricorrente non potesse che verificarsi al momento dell’adozione dell’atto applicativo e che solo da tale momento potesse decorrere il termine decadenziale di impugnazione.

Una volta esclusa la sussistenza della dedotta omissione, come si esporrà in sede di scrutinio del successivo capo d’impugnazione, non può che concordarsi con il Tar anche nel merito della formulata motivazione posto che la disciplina invocata a sostegno del diniego non osta di per sé alla realizzazione dell’impianto nel sito individuato dall’odierna appellata.

Con il secondo motivo il Comune censura la sentenza nella parte in cui afferma che interpretando la disciplina urbanistica, nella specie l’art. 92 delle NTA, in conformità della disciplina nazionale di cui al D. Lgs. n. 259/2003 «la destinazione delle zone F11, F12 all’installazione degli impianti di telecomunicazione non può intendersi come esclusiva e preclusiva di ogni altra localizzazione» e che: «...anche considerando l’orientamento giurisprudenziale in parte differente, secondo cui vanno comunque individuate aree alternative in cui posizionare gli impianti (cfr. Cons. Stato, VI, n.3679 del 2019, III, n.1 del 2021), le cennate disposizioni contenute nelle NTA del PRG non possono essere intese nel senso di precludere la collocazione di dette infrastrutture in tutto il territorio comunale salvo che nelle zone F11, F12».

Censurata è altresì la statuizione per la quale gli artt. 66 e 68 delle NTA «non contemplano divieti di inedificabilità assoluta nelle zone agricole riferendosi alle SRB...essendo evidente che l’installazione dell’infrastruttura in esame non possa minimamente interferire o impedire l’utilizzo dei terreni agricoli».

A parere del Comune la sentenza impugnata riconoscerebbe agli operatori un diritto assoluto di installazione anche in contrasto con le destinazioni urbanistiche di zona, pur in assenza di esigenze di copertura che non consentano una diversa localizzazione dell’impianto.

A sostegno della propria tesi l’amministrazione allega che l’art. 11 della L.R. n. 45/2004 dispone che «al fine di favorire una corretta applicazione da parte dei gestori delle norme contenute nel regolamento, in particolar modo relativamente alla scelta dei siti tra quelli individuati nel P.R.G., il Comune mette a disposizione degli stessi le informazioni contenute nello strumento di pianificazione ed eventualmente favorisce l'individuazione di soluzioni alternative rispetto a quelle inizialmente prospettate dal gestore» (comma 1, terzo periodo) e che «il Comune rilascia le autorizzazioni a seguito della presentazione da parte dei gestori di rete per telefonia mobile del Programma annuale delle installazioni fisse da realizzare sulla base del P.R.G. Il Programma è corredato dalla localizzazione degli apparati e dalla documentazione tecnica per la valutazione dei campi elettromagnetici redatta ai sensi del comma 8» (comma 2).

In coerenza con le illustrate disposizioni, ai sensi delle quali è espressamente demandata al Comune l’individuazione di siti tecnologici ove localizzare gli impianti, l’art. 92 delle NTA recante «Zone per l’installazione di impianti di telecomunicazione F11 e F12» dispone che «tali zone, indicate nelle tavole grafiche del P.R.G. con specifica campitura, sono destinate alla installazione (attuale e futura) di impianti di telecomunicazione ex D.M. n.381/98 sul territorio, a salvaguardia ed a tutela della salute pubblica, e, nel contempo, a garanzia della copertura del territorio con il servizio di telefonia mobile» e che «in attesa della futura redazione di uno specifico ‘Piano Regolatore dei Campi Elettro Magnetici’, non saranno comunque ammesse le installazioni, per impianti tecnologici irradianti Campi Elettromagnetici» sopra edifici sensibili (scuole, asili, parchi pubblici o di gioco, verde pubblico, strutture sanitarie, assistenziali o turistico ricettive, edifici storici o altri fabbricati adibiti a residenza o a permanenza di persone in via continuativa oltre le 4 ore), nonché in aree vincolate «ai sensi delle leggi n. 1497/39 e n. 43/85 e per Decreti specifici».

L’illustrato contesto normativo urbanistico a parere del Comune non prevedrebbe alcun divieto generalizzato di installazione trattandosi al più di un divieto relativo «e questo a prescindere dalla sua estensione territoriale» (pag. 14 dell’appello).

Il Comune allega infine che la possibilità di una diversa localizzazione dell’impianto (in area ove insistono impianti di atri operatori) parimenti efficace ai fini della copertura del segnale non veniva presa in considerazione dall’operatore violando in tal modo il principio di leale collaborazione.

Il motivo è infondato.

L’art. 66 delle NTA al PRG recante «Zone territoriali omogenee di tipo ‘E’» dispone al comma 2 che «è fatto divieto di destinare ad uso diverso da quello agricolo i terreni sui quali siano in atto produzioni ad alta intensità quali, tra l’altro, quella orticola, frutticola, fioricola ed olivicola, nonché i terreni irrigui sui quali siano stati effettuati, nell'ultimo quinquennio, o siano in corso, interventi di miglioramento fondiario assistiti da contribuzioni o finanziamenti pubblici» e al comma 3 che «è, altresì, fatto divieto di destinare ad uso diverso da quello agricolo i terreni che, comunque, concorrono in modo determinante alla configurazione della dimensione economico-funzionale delle aziende».

Il successivo art. 68 recante «Zona agricola normale ‘EI’» prevede al comma 1 che «nelle zone agricole normali sono consentiti interventi edilizi (edificazione, ampliamento, demolizione con e senza ricostruzione, ristrutturazione e manutenzione) per …» (la norma menziona gli edifici per residenza rurale e interventi di recupero del patrimonio esistente; edifici rustici non abitativi; impianti o manufatti edilizi destinati alla lavorazione e trasformazione dei prodotti agricoli o trasformazione di prodotti ed alla produzione zootecnica di tipo interaziendale, cooperativistico e cosiddetto “industriale”) e al successivo comma 2 che «in tali zone sono, altresì, consentiti interventi di cambio di destinazione d’uso esclusivamente per i fabbricati rurali che hanno perso la loro originaria connotazione agricola, finalizzati ad una loro riconversione ed utilizzo a scopi turistico-ricettivi indipendentemente dal lotto di terreno asservito o da asservire. In tal caso il P.R.G. consente la facoltà di cui al precedente art. 66, comma 5 (premio di cubatura 'una tantum'), e si attua per intervento diretto secondo i seguenti indici e parametri: …».

I suesposti dati normativi non contemplano un aprioristico divieto di installazione limitandosi, l’art. 66, a inibire invece un diverso utilizzo dei terreni sui quali «siano in atto produzioni ad alta intensità» o i «terreni irrigui interessati da interventi di miglioramento fondiario» o che concorrano «alla configurazione della dimensione economico-funzionale delle aziende».

Le prescritte limitazioni, come reso palese dall’inequivoco dato testuale, non discendono quindi dalla destinazione urbanistica del comparto ma dalle eventuali interferenze, da comprovarsi, con le coltivazioni presenti in loco.

Nel caso di specie non è comprovato, né smentito, che l’impianto, la cui realizzazione interessa in pianta una superficie di limitata estensione (sviluppandosi in altezza), insista su aree coltivate.

Che nel sito in questione sia inibita qualsivoglia realizzazione estranea alla coltivazione, o più genericamente all’esercizio di attività agricola, trova smentita anche nel testo dell’art. 68 delle NTA che prevede la riconversione di a scopi turistico-ricettivi di immobili «che hanno perso la loro originaria connotazione agricola».

Il parere non favorevole dell’Ufficio Edilizia Privata comunale recepito nel diniego veniva invece espresso sul rilievo che «l’intervento proposto, ricadente al Fg. n.20 Particella n. 88 del Catasto Terreni e ricompreso nella zona Agricola Normale “E l” del vigente PRG di questo Comune, risulta in contrasto con gli articoli 66 e 68 delle N.T.A “Zone territoriali di tipo E”, che prevedono il divieto di destinare ad uso diverso da quello agricolo i relativi terreni» e che l’art. 92 delle stesse NTA prevedrebbe che l’installazione di impianti di telecomunicazione sia ammesso «esclusivamente» nello sole zone F11 e F12.

Sul punto deve in premessa essere rilevato che la L. n. 36/2001, «Legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici» dispone:

- all’art. 4, comma 1, lett. a) che «lo Stato esercita le funzioni relative: a) alla determinazione dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità, in quanto valori di campo come definiti dall'articolo 3, comma 1, lettera d), numero 2), in considerazione del preminente interesse nazionale alla definizione di criteri unitari e di normative omogenee in relazione alle finalità di cui all'articolo 1»;

- «all’art. 8, comma 6, riferito alle le competenze di Regioni, Province e Comuni, che «i comuni possono adottare un regolamento per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici con riferimento a siti sensibili individuati in modo specifico, con esclusione della possibilità di introdurre limitazioni alla localizzazione in aree generalizzate del territorio di stazioni radio base per reti di comunicazioni elettroniche di qualsiasi tipologia e, in ogni caso, di incidere, anche in via indiretta o mediante provvedimenti contingibili e urgenti, sui limiti di esposizione a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici, sui valori di attenzione e sugli obiettivi di qualità, riservati allo Stato ai sensi dell'articolo 4».

Come già precisato dalla Sezione «in forza del citato art. 8, comma 6, della l. 36/2011, rientra nella competenza dei Comuni prevedere regole generali in materia di impianti di radiocomunicazione e della loro localizzazione, esercitando il potere urbanistico di gestione del territorio, con l’unica eccezione data dall’introduzione di limitazioni o divieti generalizzati che, senza giustificazione, possano essere di ostacolo alla diffusione capillare del servizio (Cons. Stato, sez. VI, 19/10/2022, n. 8894) … in argomento si veda anche Cons. Stato, sez. VI, 03/06/2019, n. 3679 che così ha statuito: “l’art. 8 della l. 36/2001 permette ai Comuni di individuare siti nel territorio comunale in cui è vietata l'installazione di impianti di telecomunicazioni, per la protezione della popolazione dall'esposizione ai campi elettromagnetici, ma tale potere regolamentare incontra il limite che esso non può sostanziarsi in divieti generalizzati di installazione degli impianti in intere zone urbanistiche predefinite e, in quest'ultimo caso deve comunque salvaguardare una possibile localizzazione alternativa degli impianti, così da permettere una rete completa di infrastrutture per le telecomunicazioni”» (Cons. Stato, Sez. VI, 15 dicembre 2022, n. 10992).

In tempi più recenti è stato altresì affermato che «deve premettersi che nella presente materia è pacifico che le infrastrutture di reti pubbliche di comunicazione siano assimilate ad ogni effetto alle opere di urbanizzazione primaria di cui all'articolo 16, comma 7, del d.P.R. n.380/2001, ed è altrettanto pacifico che tali impianti rivestano carattere di pubblica utilità. Da tale assimilazione discende che, come recentemente ribadito dalla Sezione, le installazioni in questione «risultano in generale dunque compatibili con qualsiasi destinazione urbanistica e, dunque, con ogni zona del territorio comunale, poiché dall’articolo 86, comma 3, del d.lgs. n. 259/1993 si desume il principio della necessaria capillarità della localizzazione degli impianti relativi ad infrastrutture di reti pubbliche di comunicazioni (cfr. ad es. Consiglio di Stato, sez. VI, n. 3891 del 2017)» (Cons. Stato, Sez. VI, 6 febbraio 2024, n. 1200)» (Cons Stato, Sez. VI, 19 aprile 2024, n. 3540).

La sentenza richiamata dalla decisione da ultimo citata (n. 1200/2024), afferma ulteriormente:

- che «la potestà attribuita all’amministrazione comunale di individuare aree dove collocare gli impianti è condizionata dal fatto che l’esercizio di tale facoltà deve essere rivolto alla realizzazione di una rete completa di infrastrutture di telecomunicazioni, tale da non pregiudicare, come ritenuto dalla giurisprudenza, l’interesse nazionale alla copertura del territorio e all’efficiente distribuzione del servizio (cfr. ad es. Consiglio di Stato sez. VI, n. 1592 del 2018»;

- che «sulla illegittimità di una scelta amministrativa preclusiva condizionata dalla mera distanza da un sito si è pronunciata la stessa Corte costituzionale (Corte cost., 7 novembre 2003, n. 331), la quale, nel dichiarare l’illegittimità dell’art. 3 comma 12 lett. a), l. reg. Lombardia 6 marzo 2002 n. 4, ha ritenuto che: “tale disposizione, stabilendo un generale divieto di installazione di impianti per le telecomunicazioni e per la radiotelevisione entro il limite inderogabile di 75 metri di distanza dal perimetro di proprietà di asili, edifici scolastici, nonché strutture di accoglienza socio assistenziali, ospedali, carceri, oratori, parchi gioco, case di cura, residenze per anziani, orfanotrofi e strutture similari, e relative pertinenze, costituisce non già un criterio di localizzazione, la cui individuazione è rimessa dall'art. 3 lett. d) n. 1, l. 22 febbraio 2001 n. 36 alla legislazione regionale, ma un divieto che, in particolari condizioni di concentrazione urbanistica di luoghi specialmente protetti, potrebbe addirittura rendere impossibile la realizzazione di una rete completa di infrastrutture per le telecomunicazioni, e quindi in una limitazione alla localizzazione, non consentita dalla legge quadro, in considerazione dell'evidente nesso di strumentalità tra impianti di ripetizione e diritti costituzionali di comunicazione, attivi e passivi»;

- che «la modifica dell’articolo 8 della legge n. 36 del 2001 (adottata con l’articolo 38, comma 6 del decreto legge n. 76 del 2020, convertito dalla legge n. 120 del 2020) ha confermato tale interpretazione precisando che i comuni possono adottare un regolamento per i fini indicati “con riferimento a siti sensibili individuati in modo specifico, con esclusione della possibilità di introdurre limitazioni alla localizzazione in aree generalizzate del territorio di stazioni radio base per reti di comunicazione elettroniche di qualsiasi tipologia e in ogni caso di incidere, anche in via indiretta mediante provvedimenti contingibili urgenti, sui limiti di esposizione a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici, sul valori di attenzione e sugli obiettivi di qualità, riservate allo Stato ai sensi dell’articolo 4”. 6.9.1 La successiva modifica, di cui all’art. 18 comma 8 d.l. n. 13 del 2023 ha ulteriormente specificato, in coerenza con gli orientamenti già espressi, che il regolamento debba comunque adottarsi “nel rispetto delle vigenti disposizioni di legge e, in particolare, degli articoli 43, 44, 45, 46, 47 e 48 del decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259”»;

- che «va quindi ribadito, anche dopo la predetta modifica normativa, che in tema di autorizzazione alla realizzazione di stazioni radio base per la telefonia mobile, deve ritenersi illegittimo il regolamento comunale che vieti l'istallazione di tali impianti in aree diverse da quelle individuate dal Comune, comportando una limitazione alla localizzazione in aree generalizzate del territorio».

Ciò premesso non può che affermarsi che la pacifica qualificazione degli impianti di telefonia mobile in termini di opere di urbanizzazione primaria non possa legittimare l’imposizione, come nel caso di specie, di aprioristici divieti assoluti e generalizzati alla loro installazione (in questi sostanziali termini si esprimeva l’amministrazione) prescindendo da una valutazione in concreto dell’esigenza di assicurare una copertura di segnale all’intero territorio pena la configurazione di una illegittima limitazione alla localizzazione di dette strutture.

Quanto infine alla prevista individuazione di siti a tali fini destinati (nel caso di specie F11 e F12), non può che concordarsi con la posizione già espressa dalla Sezione per la quale «la specificazione dei siti è ammessa dalla norma ma in negativo, a fini di tutela, e non può quindi estendersi alla ulteriore limitazione della specificazione dei siti quali unici punti ammessi, pena una illogica inversione del criterio normativamente stabilito» (n. 1200/2024, cit.).

L’infondatezza dell’appello principale elide ogni interesse allo scrutinio delle censure oggetto dell’appello incidentale proposto dalla parte appellata.

Per quanto precede l’appello principale deve essere respinto mentre l’appello incidentale diviene improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse.

Le spese del presente grado di giudizio sono poste a carico dell’amministrazione nella misura liquidata in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto:

respinge l’appello principale;

dichiara improcedibile l’appello incidentale;

condanna il Comune di Alanno al pagamento delle spese del presente grado di giudizio che liquida in € 2.000,00 oltre oneri di legge in favore di ciascuna appellata;

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 novembre 2024 con l'intervento dei magistrati:

Sergio De Felice, Presidente

Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere

Oreste Mario Caputo, Consigliere

Lorenzo Cordi', Consigliere

Marco Poppi, Consigliere, Estensore