Un ricorso alla Corte Costituzionale in merito al certificato di agibilità quale prova della corruzione etica dei rappresentanti dello Stato e delle Regioni

di MASSIMO GRISANTI

Vengo a dare notizia, nel pressoché totale silenzio della stampa e dei siti specializzati di diritto e di urbanistica, che sulla Gazzetta Ufficiale n. 32 del 8/8/2012, serie Corte Costituzionale, è stato pubblicato il Ricorso n. 95 del 18/6/2012 sollevato dal Presidente del Consiglio dei Ministri avverso alcune disposizioni della L.R. Liguria n. 9/2012 relative all’accertamento di conformità urbanistica e all’attestazione di agibilità.

 

Espone l’Avvocatura di Stato, nei motivi di ricorso avverso l’attestazione di agibilità sostitutiva del certificato di agibilità prescritto dalla normativa statale:

 

“1. L'art. 28, comma 3, che sostituisce l'art. 37 della l.r. n. 16/2008, si pone in contrasto con i principi fondamentali in materia di governo del territorio, in particolare per quanto riguarda la disciplina del certificato di agibilità.

La norma infatti prevede che per alcuni interventi edilizi soggetti a DIA obbligatoria o a SCIA, il certificato di agibilità è sostituito dal certificato di collaudo finale o dalla comunicazione di fine lavori (art. 37, co. 2-3, l.r. n. 16/2008, come modificata dalla l.r. n. 9/2012).

Secondo l'art. 24 del d.P.R. n. 380/2001, il certificato di agibilità attesta la sussistenza delle condizioni di igiene, sicurezza, salubrità, risparmio energetico degli edifici e degli impianti negli stessi istallati. Il certificato è richiesto, oltre che per le nuove costruzioni e per le ricostruzioni e sopraelevazioni, per tutti gli interventi sugli edifici esistenti che possano influire sulle condizioni di igiene, salubrità, sicurezza e risparmio energetico, a prescindere dalla qualificazione giuridica dell'intervento. La disposizione regionale, limitando l'obbligo del certificato di agibilità in base alla tipologia degli interventi edilizi realizzati, restringe arbitrariamente l'ambito di applicazione dell'art. 24 del testo unico, escludendo da esso interventi che comunque vi sarebbero soggetti in base alla legislazione statale.

Ne può ritenersi che la verifica delle condizioni di igiene, salubrità, sicurezza e risparmio energetico venga comunque effettuata in sede di rilascio del certificato di collaudo finale.

Infatti, se è vero che il comma 10 dell'art. 26 della L.R. 6-6-2008 n. 16, richiamato dall'art. 28, comma 3, della L.R. 9/2012, prevede che il certificato di collaudo finale redatto dal progettista o da un tecnico abilitato debba attestare la conformità dell'opera al progetto presentato nonché la rispondenza dell'intervento alle norme di sicurezza, igienico - sanitarie, di risparmio energetico previste dalla normativa vigente, tuttavia tale certificazione non può assolutamente sostituire il certificato di agibilità, atteso che mentre il certificato di collaudo e' redatto da un tecnico di parte, invece il certificato di agibilità, a norma dell'art. 24 d.P.R. n. 380/2001 «viene rilasciato dal dirigente o dal responsabile del competente ufficio comunale»: si tratta dunque, di un atto dell'Amministrazione comunale, che effettua una valutazione tecnica super partes su quanto rappresentato dai tecnici di parte. Tale circostanza non appare di secondaria importanza, atteso che solo l'intervento di un'Amministrazione pubblica, che vigila e controlla quanto rappresentato dai privati, può fornire idonee garanzie sull'effettiva tutela di interessi pubblici di fondamentale importanza quali la sicurezza, il rispetto della normativa in materia igienico - sanitaria, il risparmio energetico.

Tale è stata l'intenzione del legislatore nazionale ed il legislatore regionale, ai sensi di quanto disposto dall'art. 117, 3° comma Cost., è tenuto a rispettare i principi fondamentali posti, nella materia, dal legislatore nazionale.

Non vi è dubbio, infatti, che la fattispecie in esame rientri nella materia «governo del territorio», che l'art. 117, 3° comma, Cost. riserva alla competenza concorrente di Stato e Regioni.

Per quanto esposto, l'art. 28 è da ritenersi costituzionalmente illegittimo per violazione dell'art. 117, co. 3 (governo del territorio) della Costituzione, in considerazione del mancato rispetto della norma statale di principio sul certificato di agibilità di cui all'art. 24, d.P.R. 380/2001.”.

 

L’Avvocatura è stata oltremodo chiara e le sue argomentazioni sono pienamente condivisibili (anzi mi meraviglio del contrario).

 

A questo punto, però, bisogna chiedersi quale sia stata la molla che ha interrotto la corrività fin qui dimostrata per fatti concludenti dal Governo statale nei confronti delle leggi regionali (vedi ad esempio quelle della Toscana e Lombardia, senza escluderne altre) che hanno introdotto anch’esse, in passato, l’attestazione del professionista in sostituzione del certificato di agibilità.

 

Io l’ho individuata nella seconda scossa di magnitudo 5.8 del terremoto dell’Emilia, avvenuta il 29/5/2012, a seguito della quale il Prefetto Franco Gabrielli, Capo della Protezione Civile, dichiarò che gli operai ed imprenditori che rimasero uccisi dal crollo dei capannoni erano rientrati negli edifici a proprio loro rischio e pericolo, dal momento che l’attestazione di agibilità fatta eseguire dai proprietari degli immobili ai tecnici privati liberi professionisti non costituiva il certificato di agibilità rilasciato dal Comune, quale unico atto che garantiva sulla sicurezza della costruzione.

 

Tanto è vero che l’impugnativa della L.R. Liguria n. 9/2012 è stata decisa nel Consiglio dei Ministri n. 33 del 07/06/2012, quasi alla scadenza del termine a disposizione del Governo per l’impugnazione.

 

A questo punto dobbiamo, allora, chiederci:

  • per quali reconditi motivi lo Stato ha rinunciato a sollevare, fino ad oggi, la questione di legittimità costituzionale delle altre identiche leggi regionali?

  • quanti saranno, in tutta Italia, i morti per “ragion di Stato” (e non certo a causa dei terremoti, che di per sé non uccidono) che dovremo contabilizzare in futuro a causa della “dimenticanza” dell’esercizio responsabile delle proprie prerogative da parte dei precedenti Presidenti del Consiglio dei Ministri, nonché degli Organi statali a loro supporto, che nei fatti hanno avallato azioni normative irresponsabili degli Organi regionali?

 

Soltanto una catastrofe è stata in grado di far “ammettere ad una classe politica obsoleta ed eticamente corrotta”, attraverso l’obbligato (per le circostanze) ricorso alla Corte Costituzionale, i propri errori di imprudenza (a voler essere magnanimi e fanciulleschi).

 

Politici incarnanti Istituzioni di Governo (sia regionale che statale), i quali, in nome della indefinita crescita o in attuazione del motto “ognuno padroni a casa nostra”, hanno pensato di privatizzare la sicurezza della vita e i destini dei Cittadini.

 

Vedremo se la Magistratura, a cui va il mio pieno sostegno, sarà in grado (oppure vorrà, e questo sarebbe un male) di portare un minimo di Giustizia richiamando alle proprie responsabilità chi, a vario livello di governo, ha fin qui speculato sulla pubblica incolumità.

 

 

 

Scritto il 24 agosto 2012